Ricorso n. 115 del 22 ottobre 2010 (Regione Puglia)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2010 , n. 115
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 ottobre 2010 (della Regione Puglia).
(GU n. 2 del 12-1-2011)
Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 2188 dell'11 ottobre 2010, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Marcello Cecchetti ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Lungotevere della Vittoria 1, come da mandato a margine del presente atto; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale in parte qua dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), cosi' come convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 2010, n. 192, nella parte in cui ha sostituito i primi quattro commi dell'art. 4 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102. 1. - La legge 13 agosto 2010, n. 129, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 2010, n. 192, ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia). L'art. 1 del suddetto decreto-legge ha sostituito i primi quattro commi dell'art. 4 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticresi, nonche' proroga di termini), a sua volta convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Il menzionato art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, nel testo originario risultante dalla conversione in legge e rubricato «Interventi urgenti per le reti dell'energia», cosi' disponeva: «Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro per la semplificazione normativa, individua gli interventi relativi alla trasmissione e alla distribuzione dell'energia, nonche', d'intesa con le regioni e le province autonome interessate, gli interventi relativi alla produzione dell'energia, da realizzare con capitale prevalentemente o interamente privato, per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico e che devono essere effettuati con mezzi e poteri straordinari» (comma 1); «Per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 sono nominati uno o piu' Commissari straordinari del Governo ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400; la relativa deliberazione del Consiglio dei Ministri e' adottata con le stesse modalita' di cui al comma 1 del presente articolo» (comma 2); «Ciascun Commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi ove necessario dei poteri di sostituzione e di deroga di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2» (comma 3); «Con i provvedimenti di cui al comma 1 sono altresi' individuati le strutture di cui si avvale il Commissario straordinario, senza che cio' comporti nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, nonche' i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti» (comma 4). Avverso tali disposizioni, con i quattro ricorsi nn. 79, 80, 84 e 88 del 2009, la Regione Umbria, la Provincia autonoma di Trento, la Regione Toscana e la Regione Emilia-Romagna hanno promosso altrettanti giudizi di legittimita' costituzionale per violazione delle loro sfere di autonomia costituzionalmente garantite. Con la sentenza n. 215 del 2010, questa Corte ha definito i giudizi dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2, 3 e 4, del d.l. n. 78 del 2009, nel testo risultante dalla conversione in legge. A sostegno della pronuncia di incostituzionalita', questa Corte ha rilevato il mancato rispetto, nelle disposizioni censurate, dei «canoni di pertinenza e proporzionalita' richiesti dalla giurisprudenza costituzionale al fine di riconoscere la legittimita' di previsioni legislative che attraggano in capo allo Stato funzioni di competenza delle Regioni», facendo leva, in particolare, sul fatto che la realizzazione degli interventi fosse affidata a risorse del tutto aleatorie perche' provenienti da capitale interamente o prevalentemente privato e, conseguentemente, dichiarando assorbite tutte le ulteriori questioni sollevate dalle ricorrenti. 2. - Con l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, nel testo risultante dalla conversione in legge, il legislatore statale ha espressamente inteso dare «seguito» ed «esecuzione» alla sentenza di questa Corte n. 215 del 2010, sostituendo integralmente i primi quattro commi dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 nei termini seguenti: «1. Su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per la semplificazione normativa, il Consiglio dei Ministri individua, d'intesa con le regioni e le province autonome interessate, gli interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico, e che devono pertanto essere effettuati con mezzi e poteri straordinari. 2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari del Governo, nominati ai sensi del comma 3, e le regioni e province autonome interessate. Con le intese di cui al comma 1, sono definiti i criteri per l'esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari, regioni e province autonome per l'esercizio dei compiti di cui al presente articolo; tali criteri possono contemplare anche il coinvolgimento di soggetti privati nell'attuazione degli interventi e nel relativo finanziamento, purche' ne siano assicurate l'effettivita' e l'entita'. Ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie. 3. Per la realizzazione degli interventi ai sensi del comma 2, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono nominati uno o piu' commissari straordinari del Governo. Il medesimo decreto determina i compiti del commissario e i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti. Lo stesso decreto, senza che cio' comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, individua altresi' le dotazioni di mezzi e di personale, nonche' le strutture anche di concessionari di cui puo' avvalersi il commissario, cui si applica l' articolo 2-quinquies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, anche ai fini dei relativi oneri. L'incarico e' conferito per il tempo indicato nel decreto di nomina, salvo proroga o revoca. Le nomine di cui al presente comma sono considerate a ogni effetto cariche presso istituzioni che svolgono compiti di alta amministrazione e del conferimento dell'incarico e' data notizia nella Gazzetta Ufficiale. 4. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa, il Governo puo' individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e l'indifferibilita' nonche' definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata. In tal caso il commissario del Governo, nominato con le procedure di cui al comma 3, da' impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di: a) poteri straordinari di sostituzione e di deroga di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2; b) mezzi e risorse finanziarie pubbliche gia' previste a legislazione vigente; in ogni caso l'apporto finanziario dei soggetti privati deve essere proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate». Tali disposizioni, tuttavia, presentano numerosi profili di illegittimita' costituzionale, particolarmente in riferimento alla illegittima compressione dell'autonomia delle Regioni e degli enti territoriali sub-regionali. 3. - La Regione Puglia, con la deliberazione della Giunta indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti a questa Corte le disposizioni contenute nell'art. 1 del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), come convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n. 129 - ed in specie le disposizioni di cui all'art. 4, commi 2, 3 e 4, del d.l. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, nel testo introdotto dal comma 1 del suddetto art. 1 del d.l. n. 105 del 2010 - perche' costituzionalmente illegittime e lesive dell'autonomia che la Costituzione riconosce e garantisce alla Regione Puglia, in riferimento ai seguenti articoli della Costituzione: art. 117, secondo, terzo e sesto comma; art. 118, primo e secondo comma; art. 120, secondo comma. La ricorrente ritiene di non dover contestare la legittimita' costituzionale del nuovo comma 1 introdotto nell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, giacche' l'esplicita previsione dell'intesa con le Regioni interessate, quale requisito indispensabile per l'esercizio in concreto della funzione amministrativa di "individuazione" degli «interventi urgenti ed indifferibili» attratta in sussidiarieta' al livello statale ed in specie affidata al Consiglio dei ministri, costituisce di per se' - fatto salvo quanto si avra' modo di rilevare in relazione alla previsione del comma 4 - garanzia adeguata del rispetto dell'autonomia regionale costituzionalmente garantita. Al contrario, l'illegittimita' costituzionale che si denuncia con il presente atto, in relazione alle disposizioni oggi contenute nei nuovi commi 2, 3 e 4 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, come novellati dal d.l. n. 105 del 2010 impugnato in questa sede, si fonda sulle seguenti ragioni di D i r i t t o 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui affida a «ciascun commissario» straordinario, «sentiti gli enti locali interessati», il potere di emanare «ali atti e i provvedimenti», nonche' di curare «tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie», per violazione dell'art. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione. 4.1. - La normativa posta dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010 interviene indubbiamente nell'ambito della materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost. Si tratta dunque di una materia di competenza legislativa concorrente. La giurisprudenza costituzionale ha in molteplici occasioni evidenziato che, nell'ambito di tale materia, lo Stato puo' intervenire con disciplina di dettaglio, avocando a se' e regolando funzioni amministrative solo ove cio' avvenga nel rispetto dei principi di sussidiarieta' e leale collaborazione, e - per quel che qui piu' specificamente interessa - mediante una disciplina che sia rigorosamente proporzionata alle esigenze unitarie cui, tramite l'intervento in questione, si intenda far fronte (cfr., in particolare, le sentenze n. 6 del 2004; n. 383 del 2005; nn. 215 e 278 del 2010). Senza prendere in considerazione, in questa specifica sede, la questione della sussistenza effettiva di una esigenza unitaria che giustifichi la avocazione in sussidiarieta' delle funzioni amministrative operata mediante altre parti della disciplina dettata dall'atto legislativo qui preso in esame, deve affermarsi che l'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2009 nel testo novellato viola le citate norme costituzionali perche' dispone un intervento assolutamente sproporzionato rispetto all'esigenza unitaria presa in considerazione. Anche concedendo, infatti, che l'effettiva sussistenza di una simile esigenza sorregga la allocazione allo Stato della funzione amministrativa di «individuazione degli interventi urgenti e indifferibili» di cui al precedente comma 1, tale esigenza unitaria potrebbe essere pienamente soddisfatta mediante una normativa che arrechi un minor sacrificio - rispetto a quanto non accada con quella in questa sede sottoposta al giudizio costituzionale - a carico dell'autonomia regionale. Secondo le indicazioni che e' possibile desumere dalla giurisprudenza costituzionale, la inadeguatezza del livello regionale che - in base ai principi contenuti nell'art. 118 Cost., ed in particolare al principio di sussidiarieta' - consente la avocazione di funzioni al livello statale anche in materie affidate dalla competenza concorrente di Stato e Regioni dall'art. 117, terzo comma, Cost., deve essere ricercata confrontando l'ambito valutativo proprio dei poteri pubblici regionali con la ampiezza dell'ambito valutativo coinvolto dalla attivita' amministrativa che in concreto deve essere svolta (sentt. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto); n. 196 del 2004, part. par. 29 del Considerato in diritto; n. 242 del 2005, par. 7 del Considerato in diritto). In sintesi, solo quando alla Regione «sfuggirebbe la valutazione complessiva» necessaria per lo svolgimento della funzione cosi' come conformata dalla legge che la regola (sent. n. 6 del 2004, par. 7 cit.), e' consentito allo Stato avocare a se stesso tale funzione. Ora, se si valutano le disposizioni in questa sede impugnate con i parametri tratti dalla giurisprudenza costituzionale, la conclusione e' agevole. Questa difesa non intende negare che la "individuazione" degli «interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico» comporti un ambito valutativo piu' ampio rispetto a quello che ha a disposizione la Regione, poiche' per adottare scelte amministrative concernenti la politica energetica complessiva e' necessario tener conto di interessi e situazioni localizzati in territori differenti rispetto a quello di ciascuna singola Regione. La allocazione allo Stato di decisioni amministrative che trascendono l'ambito territoriale regionale, nella materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», dunque, e' costituzionalmente legittima, a patto, ovviamente, che rispetti le prescrizioni individuate dalla giurisprudenza di questa Corte per la percorribilita' della strada della c.d. "chiamata in sussidiarieta'". Su tale ultimo punto ci si soffermera' nella pagine che seguono. Qui preme piuttosto evidenziare che, se le esigenze unitarie possono ritenersi sussistenti per la funzione di "individuazione" degli interventi, non altrettanto e' possibile affermare per la successiva attivita' di "realizzazione in concreto" degli stessi, disciplinata dalla disposizione che qui si impugna. E' del tutto evidente, infatti, che anche ove tali interventi, individuati e programmati dallo Stato, fossero affidati, per la loro attuazione, ad autorita' amministrative regionali, sarebbero comunque pienamente raggiungibili i fini individuati dalla legge statale, magari corredando le autorita' statali di poteri di controllo e sostituzione, purche', ovviamente, conformi allo "statuto" che di tali poteri ha disegnato la giurisprudenza di questa Corte. Non occorre, infatti dilungarsi nella dimostrazione della circostanza secondo la quale l'ambito valutativo coinvolto dalla attivita' "attuativa" degli interventi programmati a livello statale non supera in alcun modo quello che caratterizza i poteri pubblici regionali. Una volta individuato l'intervento da realizzare, con le sue caratteristiche tecniche e localizzative, la sua concreta realizzazione implica valutazioni legate essenzialmente al rapporto dell'intervento con il territorio in cui esso e' destinato ad inserirsi. Dunque, valutazioni per le quali e' certamente adeguato il livello regionale di governo. Puo' essere utile, in questa sede, ricordare cio' che questa Corte ha affermato in occasione della decisione con la quale ha ritenuto compatibili con l'autonomia costituzionale degli enti territoriali la previsione di poteri sostitutivi nei loro confronti (sia pure con alcune cautele e precisazioni sulle quali ci si soffermera' piu' avanti). In tale circostanza, infatti, questa Corte ha avuto modo di osservare che la previsione di poteri sostitutivi, ove costituzionalmente ammissibile, risponde alla logica del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost., poiche' la loro mancanza porterebbe all' «assurda conseguenza che, per evitare la compromissione di interessi unitari che richiedono il compimento di determinati atti o attivita', derivante dall'inerzia anche solo di uno degli enti competenti, il legislatore (statale o regionale) non avrebbe altro mezzo se non collocare la funzione ad un livello di governo piu' comprensivo, assicurandone "l'esercizio unitario" ai sensi del primo comma dell'articolo 118 della Costituzione: conseguenza evidentemente sproporzionata e contraria al criterio generale insito nel principio di sussidiarieta'» (sent. n. 43 del 2004, par. 3.2 del Considerato in diritto)». Ebbene, non ci vuol molto per accorgersi che la disciplina che qui si contesta ha determinato proprio quella «assurda conseguenza» che la menzionata sentenza si era preoccupata di scongiurare. Per la tutela di un interesse unitario certamente sussistente - ossia la tempestiva attuazione degli interventi programmati al livello centrale - ha allocato la relativa funzione ad organi statali, quando sarebbe stato sufficiente - e del tutto proporzionato rispetto agli scopi della norma - allocarli al livello regionale, contestualmente prevedendo adeguati poteri sostitutivi e disciplinandoli in conformita' alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza di questa Corte. In sintesi, si puo' osservare quanto segue. La normativa in questa sede censurata ne sostituisce una precedente gia' dichiarata incostituzionale per violazione del principio di proporzionalita', in quanto non in grado di superare il test di idoneita' (sent. n. 215 del 2010, par. 4 del Considerato in diritto). Come insegna la migliore dottrina, il principio di proporzionalita' e' violato non solo quando la normativa che arreca un sacrificio all'interesse concorrente non riesce a raggiungere gli obiettivi che si prefigge - e cio' era, per l'appunto, quanto accadeva nel caso scrutinato con la decisione appena menzionata - ma anche quando la normativa che pure sia in grado di superare il test di idoneita' non superi invece quello di necessita', il quale richiede, per la legittimita' costituzionale dello strumento sottoposto a scrutinio, che non ne esista un altro in grado di raggiungere i medesimi risultati con minor sacrificio dell'interesse concorrente (cfr., per tutti, R. Alexy, Collisione e bilanciamento quale problematica di base della dogmatica dei diritti fondamentali, in M. La Torre, A. Spadaro (a cura di), La ragionevolezza nel diritto, Torino, Giappichelli, 2000, pag. 27 e ss.). Cio' e' precisamente quel che accade nel caso della disposizione in questa sede censurata. Gli obiettivi dalla medesima perseguiti sarebbero raggiungibili, come mostrato piu' sopra, mediante un minor sacrificio dell'autonomia regionale. Essa non supera dunque il test di necessita', e dunque non rispetta il principio di proporzionalita'. Per questa ragione, la norma considerata e' incostituzionale, non soddisfacendo i requisiti che - a partire dalla sent. n 6 del 2004 - sono richiesti per la c.d. "chiamata in sussidiarieta'" di funzioni amministrative presso organi dello Stato in materie di legislazione concorrente e, pertanto, ponendosi in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. 5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui affida a «ciascun commissario» straordinario, «sentiti gli enti locali interessati», il potere di emanare «gli atti e i provvedimenti», nonche' di curare «tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie», per violazione dell'art. 118, primo comma, e dell'art. 120, secondo comma, della Costituzione. 5.1. - La presente censura e' proposta dalla Regione Puglia in via subordinata rispetto a quella prospettata al paragrafo precedente. La disposizione di cui all'art. 4, comma 2, ultimo periodo, infatti, anche ove si ritenesse infondata la questione piu' sopra sollevata, sarebbe comunque incostituzionale per violazione degli artt. 118 e 120, secondo comma, Cost. La disposizione in questione, infatti, prevede un potere sostitutivo affidato ad un organo dello Stato nei confronti di Regioni ed enti locali, senza che pero' tale disciplina rispetti alcuno dei due modelli di potere sostitutivo contemplati dal nostro diritto costituzionale: ne' quello del potere sostitutivo ordinario, riconducibile al principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost., ne' quello del potere sostitutivo straordinario, disciplinato dall'art. 120, secondo comma, Cost. 5.2. - In via preliminare, deve essere osservato che, da un primo punto di vista, la Regione Puglia intende impugnare la disposizione sopra indicata perche' lesiva della propria posizione costituzionalmente garantita ove si ritenesse che i poteri sostitutivi da essa disciplinati siano destinati ad essere utilizzati anche nei confronti della Regione stessa, e non soltanto nei confronti degli enti territoriali sub-regionali. A tale conclusione interpretativa potrebbe giungersi ritenendo che nell'espressione «enti locali» - con la quale si designano i soggetti istituzionali che devono necessariamente essere sentiti prima della adozione di atti sostitutivi da parte del Commissario straordinario - rientrino anche le Regioni; ovvero, ritenendo che tale espressione non valga in alcun modo a circoscrivere l'ambito degli enti sostituendi, e dunque che la surrogazione rispetto ad atti ed attivita' di competenza regionale sia effettuabile, in base alla norma impugnata, senza coinvolgere in alcun modo la Regione, ma limitandosi a "sentire" gli enti locali territorialmente interessati dall'atto che da quest'ultima dovrebbe essere compiuto. E' evidente, invece, che ove si ritenesse, all'inverso, che i poteri sostitutivi disciplinati alla norma qui impugnata non possano in alcun modo esplicarsi nei confronti delle Regioni, la censura qui proposta, da questo primo punto di vista, sarebbe destinata a cadere. La questione appena prospettata ed approfondita nelle pagine che seguono, dunque, e' un questione interpretativa. Solo per scrupolo difensivo, puo' essere utile evidenziare, al riguardo, che se la possibilita' di proporre simili questioni deve senz'altro ritenersi esclusa nell'ambito del giudizio in via incidentale, esse devono viceversa considerarsi ammissibili ove proposte mediante ricorso nell'ambito del giudizio in via principale (cfr., ad es., la sent. n. 88 del 2007, par. 5 del Considerato in diritto). 5.3. - La censura qui proposta nei confronti dell'art. 4, comma 2, ultimo periodo, peraltro, mantiene la sua ragion d'essere da un secondo punto di vista, anche se si interpretasse la disposizione da ultimo citata come rivolta a disciplinare soltanto poteri sostitutivi esercitabili nei confronti degli enti territoriali sub-regionali. E' noto, infatti, che la giurisprudenza di questa Corte, in svariate occasioni, ha ritenuto le Regioni legittimate a sollevare in via principale questioni di legittimita' costituzionale avverso una legge statale, che invochino quale parametro norme costituzionali poste a presidio di competenze degli enti locali. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, deve riconoscersi l'ammissibilita' di simili censure e la sussistenza «in via generale» in capo alle Regioni della legittimazione a sollevarle «perche' la stretta connessione (...) tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (sent. n. 95 del 2007, par. 3 del Considerato in diritto; nello stesso senso, si vedano anche le sentenze nn. 169 del 2007, par. 3 del Considerato in diritto, 417 del 2005, par. 3 del Considerato in diritto, 196 del 2004, par. 14 del Considerato in diritto). Quella «stretta connessione» tra competenze regionali e locali, che, secondo l'orientamento citato, determina «in via generale» la sussistenza della legittimazione regionale, nel caso oggetto del presente ricorso e' particolarmente evidente. Gli atti che gli enti locali sono chiamati a svolgere in attuazione degli interventi programmati al livello statale, ed in relazione ai quali, in base alla normativa qui contestata, e' possibile attivare i poteri sostitutivi, ineriscono soprattutto la cura del territorio e delle attivita' che in esso sono destinate a svolgersi in relazione alla materia della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia". Si tratta, quindi, di ambiti materiali di competenza legislativa regionale, in relazione ai quali la Regione esercita importanti e numerose funzioni amministrative, il cui esercizio e' sovente interconnesso con i compiti dalla legge assegnati agli enti territoriali dimensionalmente minori. Non e' un caso, oltretutto, che i predetti interventi siano "individuati", ai sensi del comma 1, «d'intesa con le Regioni interessate» e, pertanto, che tale "individuazione" comporti, per esplicito riconoscimento dello stesso legislatore statale, l'esercizio di competenze costituzionalmente spettanti alla Regione. Per queste ragioni, non puo' non ritenersi sussistente quella "stretta connessione" tra attribuzioni regionali e locali che rende comunque ammissibile la censura. 5.4. - Come e' noto, a partire dalle sentenze nn. 313 del 2003 e (soprattutto) 43 del 2004, questa Corte ha ritenuto ammissibile, anche nel sistema scaturente dalla riforma di cui alla legge cost. n. 3 del 2001, la previsione di poteri sostitutivi nei confronti degli enti territoriali ad autonomia costituzionalmente garantita - e precisamente di quelli indicati dall'art. 114 Cost. (cfr., sul punto, la sent. n. 397 del 2006) - pur al di fuori dei casi contemplati negli artt. 117, quinto comma, e 120, secondo comma, Cost. Cio' in quanto la miglior implementazione del principio di sussidiarieta' rende necessaria la previsione di ipotesi di sostituzione, dal momento che, grazie a queste ultime, e' possibile attribuire a livelli "piu' bassi" funzioni che, altrimenti, dovrebbero necessariamente essere allocate a livelli "piu' alti". Se l'art. 120 Cost. non vieta la possibilita', anche per le leggi regionali, di prevedere ulteriori ipotesi di poteri sostitutivi, cio' non vuol dire, tuttavia, che queste ultime siano senz'altro conformi al disegno costituzionale. Perche' cio' si realizzi, infatti, e' necessario che esse siano disegnate in modo tale da rispettare alcune condizioni inestricabilmente connesse, secondo la sent. n. 43 del 2004, con la posizione di autonomia costituzionalmente garantita dell'ente sostituendo. In particolare, lo "statuto" costituzionale elaborato da questa Corte per la legittima previsione di poteri sostitutivi contempla i seguenti punti: a) «le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi debbono essere previste e disciplinate dalla legge (...), che deve definirne i presupposti sostanziali e procedurali»; b) «la sostituzione puo' prevedersi esclusivamente per il compimento di atti o di attivita' "prive di discrezionalita' nell'an (anche se non necessariamente nel quid o nel quomodo)" (...), la cui obbligatorieta' sia il riflesso degli interessi unitari alla cui salvaguardia provvede l'intervento sostitutivo»; c) «il potere sostitutivo deve essere (...) esercitato da un organo di governo della Regione o sulla base di una decisione di questo»; d) «la legge deve (...) apprestare congrue garanzie procedimentali per l'esercizio del potere sostitutivo, in conformita' al principio di leale collaborazione»; in particolare, dovra' essere previsto «un procedimento nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso procedimento» (sent. n. 43 del 2004, par. 4 del Considerato in diritto). Si tratta, come e' agevole rilevare, di statuizioni gia' anticipate dalla citata sent. n. 313 del 2003, largamente riprese dalla precedente giurisprudenza costituzionale in tema di potere sostitutivo, del resto esplicitamente richiamata (cfr. le sentenze nn. 153 del 1986, 177 del 1988, 338 del 1989, 460 del 1989, 324 del 1994 e 416 del 1995), e comunque ampiamente confermate dalla giurisprudenza successiva (cfr. le sentenze nn. 69, 70, 71, 72, 73, 112, 140, 172, 173, 227 e 240 del 2004; 397 del 2006). Nel caso di specie, e' facile mostrare che la previsione legislativa di cui all'art. 4, comma 2, ultimo periodo, nel testo introdotto dalla disposizione che qui si impugna, non rispetta almeno due di questi parametri. In particolare, essa viola i criteri sopra indicati alle lettere c) e d), ossia: il necessario affidamento ad un organo politico del potere surrogatorio in questione; la necessita' di disciplinare l'esercizio del potere mediante un procedimento che rispetti il principio di leale collaborazione e, in particolare, che consenta di garantire che l'ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento e di interloquire nello stesso procedimento. Quanto al primo punto, e' sufficiente osservare che il Commissario straordinario titolare dei poteri di sostituzione, evidentemente, non puo' in alcun modo essere ritenuto facente parte del Governo. Ne', del resto, egli e' chiamato ad operare a seguito ed in esecuzione di una decisione presa, ad hoc per il caso concreto, da tale organo. In relazione al secondo punto, invece, deve essere rilevato come il solo strumento collaborativo previsto dalla disposizione impugnata e' che debbano essere previamente «sentiti gli enti locali interessati». Dunque, non si tratta certamente di «un procedimento nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso procedimento». L'ente sostituendo, infatti, dovrebbe essere quantomeno diffidato ad adempiere prima dell'effettivo attivarsi del poteri sostitutivi perche' la prescrizione costituzionale individuata da questa Corte possa ritenersi soddisfatta. Per queste ragioni, la disposizione di cui all'art. 4, comma 2, ultimo periodo, viola l'art. 118 Cost. 5.5. - Le considerazioni fin qui proposte sono fondate sull'assunto secondo il quale il potere sostitutivo disciplinato dalla disposizione impugnata si inserisca nell'ambito del c.d. "potere sostitutivo ordinario". L'incostituzionalita' dell'art. 4, comma 2, ultimo periodo, tuttavia, risulterebbe palese, per contrasto con l'art. 120, secondo comma, Cost., ove si volesse ritenere, al contrario, che il legislatore statale abbia voluto individuare una fattispecie di potere sostitutivo "straordinario", ai sensi di questa disposizione costituzionale. Cio' per le ragioni che seguono. Come ha efficacemente evidenziato la giurisprudenza di questa Corte, il potere sostitutivo introdotto nel nostro sistema costituzionale dall'art. 120, secondo comma, Cost., e' «straordinario» ed «aggiuntivo» (sent. n. 43 del 2004, par. 3 del Considerato in diritto). La "straordinarieta'" del potere in questione e' innanzi tutto connessa alla circostanza che tale intervento prescinde da una specifica previsione legislativa che lo attribuisca al Governo in relazione a determinati atti delle autonomie territoriali il cui mancato compimento sia idoneo a vulnerare gli interessi cristallizzati dalla citata disposizione costituzionale. In altre parole, se «le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi debbono essere previste e disciplinate dalla legge (...), che deve definirne i presupposti sostanziali» (cosi', ancora, la sent. n. 43 del 2004), cio' non e' vero per i poteri sostitutivi straordinari previsti dall'art. 120: e' il secondo comma di tale disposizione costituzionale ad attribuire direttamente ed immediatamente al Governo la possibilita' di sostituirsi agli enti territoriali. La legge dello Stato e' invece richiesta dalla medesima disposizione solo ed esclusivamente per definire le «procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarieta' e di leale collaborazione». Un secondo motivo di "straordinarieta'" dell'intervento di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., e' connesso alla peculiarita' ed all'importanza dei suoi presupposti giustificativi. Si tratta, come e' noto, del «mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumita' e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano la tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica ed in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali». Da cio' consegue che non tutti gli interessi affidati alla cura dei poteri pubblici sono in grado di fondare la sostituzione "straordinaria": viceversa, il Governo potra' sostituirsi solo alle attivita' che si rivolgano alla cura degli interessi sottesi ai presupposti legittimanti previsti da tale disposizione. Da ultimo, la "straordinarieta'" indicata dalla giurisprudenza di questa Corte deve essere connessa alla circostanza secondo la quale il potere sostitutivo contemplato dall'art. 120, secondo comma, Cost. e' configurato dalla Costituzione come un potere che, in quanto attribuito al Governo direttamente, si puo' esercitare, ove ne ricorrano i presupposti, in deroga all'ordinario riparto di competenze, senza alcuna mediazione legislativa che non sia quella "meramente procedimentale" richiesta dallo stesso art. 120, secondo comma, sulla base del solo presupposto che gli enti competenti in via ordinaria non abbiano posto in essere gli atti necessari alla cura dei sopra citati interessi. Si tratta, dunque, di un istituto nel quale prende corpo il principio di sussidiarieta' nell'esercizio delle funzioni, in quanto prefigura l'intervento surrogatorio per il caso in cui, in concreto, gli interessi non siano stati adeguatamente curati dai livelli di governo ordinariamente titolari della competenza in base al principio di sussidiarieta' nella allocazione delle funzioni. Questo potere sostitutivo in grado di superare l'ordinario riparto delle competenze, tuttavia, incontra nella disciplina costituzionale (per quel che qui interessa) tre vincoli molto importanti. Innanzi tutto, puo' essere utilizzato solo ove ricorra, in concreto, il pericolo della lesione ad uno degli interessi indicati dall'art. 120, secondo comma, Cost. In secondo luogo, deve essere necessariamente esercitato dal Governo. Infine, deve essere posto in essere mediante un procedimento, previsto dalla legge ordinaria, che sia conforme ai principi di sussidiarieta' e leale collaborazione. La disciplina in questa sede contestata non rispetta alcuno di questi tre vincoli. Quanto al primo, questa difesa non intende sostenere che la legge ordinaria non possa provare a tipizzare in astratto i casi in cui ricorrano i pericoli agli interessi sopra citati, e dunque sia possibile far uso dello strumento di cui all'art. 120, secondo comma, Cost. Una previsione del genere non sarebbe, di per se stessa, incostituzionale. Tuttavia la "straordinarieta'" del potere sostitutivo in questione, piu' sopra illustrata, richiede che i presupposti per l'esercizio di tale potere ricorrano in concreto, in relazione a ciascuno specifico caso in cui ad esso si faccia ricorso. La tipizzazione generale, dunque, non puo' mai, in nessun caso, impedire la verifica, volta per volta, della sussistenza dei presupposti. Da questo punto di vista, la disciplina in esame e' incostituzionale perche' non prevede che l'esistenza dei presupposti che giustificano la sostituzione straordinaria debba essere verificata in ciascun caso concreto di esercizio del potere. Quanto al secondo vincolo, esso non e' rispettato in quanto il potere sostitutivo e' affidato ad un Commissario straordinario, anziche' essere riservato al Governo, cosi' come impone l'art. 120, secondo comma, Cost. Infine, e' agevole dimostrare che il procedimento disciplinato dalla disposizione in questione non rispetti il principio di leale collaborazione, ove si consideri che esso appare meno partecipato di quello che la giurisprudenza costituzionale sopra richiamata richiede per l'esercizio del meno invasivo (per le autonomie territoriali) potere sostitutivo ordinario. Del resto, cio' e' confermato dall'art. 8 della legge n. 131 del 2003, la quale ha attuato in via generale l'art. 120, secondo comma, Cost., predisponendo a tal fine un procedimento ben piu' partecipato, nel quale - a tacer d'altro - l'ente sostituendo viene messo in condizioni di adempiere autonomamente mediante il meccanismo della preventiva diffida. Per queste ragioni, l'art. 4, comma 2, ultimo periodo, nell'ipotesi in cui vi si voglia rinvenire la previsione di una ipotesi di potere sostitutivo "straordinario" ai sensi dell'art. 120, secondo comma, Cost., e' costituzionalmente illegittimo per contrasto proprio con tale disposizione costituzionale. 6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, il quale affida a «ciascun commissario» straordinario, «sentiti gli enti locali interessati», il potere di emanare «gli atti e i provvedimenti», nonche' di curare «tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie», nella parte in cui non prevede che il potere sostitutivo da esercitare nei confronti degli enti territoriali diversi dalla Regione venga esercitato senza alcun coinvolgimento di quest'ultima, per violazione dell'art. 118, primo comma, della Costituzione. 6.1. - A prescindere dai motivi di censura esposti ai paragrafi 4 e 5, l'art. 4, comma 2, ultimo periodo, e' costituzionalmente illegittimo per violazione di una competenza amministrativa costituzionalmente garantita alle Regioni, in quanto alloca un potere sostitutivo in capo allo Stato (anche) nei confronti degli enti territoriali sub-regionali, senza disporre alcun coinvolgimento della Regione interessata nell'esercizio di questo potere. 6.2. - Questa previsione viola l'art. 118, primo comma, Cost., ed il principio di sussidiarieta' in esso contenuto. A sostegno della fondatezza di tale doglianza, si rivela dirimente quanto affermato da questa Corte in occasione del recente scrutinio di una norma legislativa statale che delegava il Governo a prevedere un potere sostitutivo dello Stato nei confronti degli enti locali. Le censure regionali che lamentavano l'esclusione da tale potere sostitutivo sono state ritenute inammissibili in quanto la «doverosa interpretazione costituzionalmente conforme della delega» impone di escludere un significato della disposizione in essa contenuta tale da «precludere l'introduzione di forme partecipative della Regione nell'esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo» (sent. n. 278 del 2010, par. 14.3 del Considerato in diritto). In sintesi, dunque, in base al principio di sussidiarieta' e all'art. 118 Cost., se non puo' escludersi la possibilita' che la legge dello Stato attribuisca ad organi statali il potere di sostituirsi direttamente agli enti locali, deve pero' senz'altro escludersi che tale sostituzione possa essere disciplinata senza prevedere il diretto coinvolgimento della singola Regione interessata. Nel caso di specie, a differenza della norma scrutinata da questa Corte nella citata sentenza n. 278 del 2010, non siamo di fronte ad una delega legislativa rivolta al Governo e non e' dunque possibile quella interpretazione adeguatrice fondata sul rapporto tra legge di delega e potere legislativo delegato che ha consentito, nel caso della sentenza richiamata, di integrare la lacuna della norma di delega con il contenuto normativo costituzionalmente imposto. Pertanto, la disposizione censurata e' senz'altro incostituzionale nella parte in cui non prevede che il potere sostitutivo da esercitare nei confronti degli enti territoriali diversi dalla Regione venga esercitato senza alcun coinvolgimento di quest'ultima. 7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che i commissari straordinari ivi disciplinati possano fissare termini, in deroga alla legge, per lo svolgimento delle attivita' «occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie», per violazione dell'art. 117, terzo e sesto comma, e dell'art. 118, primo comma, della Costituzione. 7.1. - Questa disposizione, nella parte in cui prevede che atti del Commissario straordinario possano intervenire, in deroga alla legge, a stabilire termini piu' brevi di quelli da quest'ultima previsti per lo svolgimento delle attivita' dalla medesima individuate, pone in essere una forma di delegificazione "anomala", poiche' ben lontana dal modello individuato dall'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988. Tale forma di delegificazione e' incostituzionale, nel caso di specie, in quanto e' destinata a svolgersi in una materia inserita nell'elenco di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., ossia quella della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia". Si tratta percio' di una normativa che istituisce un potere regolamentare che esorbita certamente dai limiti imposti alla competenza dall'art. 117, sesto comma, Cost. In senso diverso, del resto, non potrebbe essere invocata la circostanza secondo la quale l'atto commissariale di fissazione dei termini piu' brevi in deroga a quelli gia' previsti dalla legge non corrisponde alle consuete forme in cui si esprime la potesta' regolamentare dell'esecutivo, ossia quella dei regolamenti governativi e ministeriali, ne' la mancata attribuzione del nomen iuris di "regolamento" a tale atto. A questo specifico proposito, e' possibile richiamare, ancora una volta, la recente sentenza di questa Corte n. 278 del 2010. In essa, infatti, e' stato efficacemente chiarito che lo Stato non puo' "eludere" i criteri costituzionali di ripartizione della potesta' regolamentare semplicemente imponendo ai medesimi un nomen iuris che ne escluda la natura regolamentare. Al riguardo, rileva il seguente passaggio: «Attesa la ripartizione operata dall'art. 117 Cost. di tale potesta' tra Stato e Regioni, secondo un criterio obiettivo di corrispondenza delle norme prodotte alle materie ivi indicate, non possono essere requisiti di carattere formale, quali il nomen iuris e la difformita' procedimentale rispetto ai modelli di regolamento disciplinati in via generale dall'ordinamento, a determinare di per se' l'esclusione dell'atto dalla tipologia regolamentare, giacche', in tal caso, sarebbe agevole eludere la suddivisione costituzionale delle competenze, introducendo nel tessuto ordinamentale norme secondarie, surrettiziamente rivestite di altra forma, laddove cio' non sarebbe consentito» (par. 16 del Considerato in diritto). Pertanto, cio' che conta ai fini della qualificazione di un atto come "regolamento" e, dunque, ai fini della sua collocazione nell'ambito del riparto costituzionale delle competenze, e' il suo contenuto normativo, ossia generale e astratto, e non certo il suo procedimento di approvazione o il suo nomen iuris. Ebbene, che l'atto commissariale qui considerato abbia natura normativa, in quanto caratterizzato da generalita' ed astrattezza, non puo' certo essere seriamente posto in dubbio. La disposizione in questa sede censurata, infatti, prevede che il Commissario possa fissare termini, in deroga a quelli gia' stabiliti dalla legge, per lo svolgimento delle attivita' «occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie». Si tratta, pertanto, di atti in grado di intervenire sulla "previa norma" alla quale, in virtu' del principio di legalita', deve uniformarsi la successiva attivita' amministrativa. 7.2. - Il riconoscimento (obbligato, come si e' visto) della natura normativa di questi atti commissariali conduce in modo pressoche' automatico alla conclusione della loro incostituzionalita'. In senso inverso, infatti, non sarebbe possibile invocare neppure l'argomento della c.d. "chiamata in sussidiarieta'". Ove infatti si volesse ritenere che lo Stato sia legittimato ad individuare termini diversi per il compimento degli atti e delle attivita' in questione in base al titolo "straordinario" da ultimo menzionato, la disposizione presa in considerazione violerebbe comunque l'art. 117, terzo e sesto comma, Cost., in quanto la fissazione di tali termini, in un ambito di indiscussa potesta' legislativa concorrente, risulta affidata ad una fonte sub-legislativa e non alla legge, come richiesto invece dalla giurisprudenza costituzionale sulla "chiamata in sussidiarieta'" a partire dalla sent. n. 303 del 2003. In questa decisione, infatti, si legge che «la nuova formulazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., secondo il quale la potesta' regolamentare e' dello Stato, salva delega alle Regioni, nelle materie di legislazione esclusiva, mentre in ogni altra materia e' delle Regioni» esclude che la fonte secondaria statale possa «vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale o (...) incidere su disposizioni regionali preesistenti» (sentenza n. 22 del 2003)». Inoltre - ed e' cio' che in questa sede maggiormente interessa - «neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario» (par. 7 del Considerato in diritto). 8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che i commissari straordinari ivi disciplinati possano fissare - in mancanza di una intesa con la Regione interessata - termini, in deroga alla legge, per lo svolgimento delle attivita' «occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie», per violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art. 118, primo comma, della Costituzione. 8.1. - La Regione Puglia ritiene che, anche ove la censura esposta al precedente paragrafo 7 dovesse essere considerata non meritevole di accoglimento, la disciplina posta dall'art. 4, comma 2, ultimo periodo, dovrebbe comunque considerarsi costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art. 118, primo comma, Cost. 8.2. - Per illustrare adeguatamente questa censura e' ancora una volta necessario prendere le mosse dall'inquadramento della normativa oggetto del presente giudizio nell'ambito della materia, di competenza concorrente tra Stato e Regioni, della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia". La disciplina censurata istituisce un potere commissariale destinato ad operare in tale materia e caratterizzato da una forte incidenza sul complesso delle funzioni regionali. Ove si volesse ritenere che - nonostante le considerazioni sopra esposte e, in particolare, le chiarissime affermazioni della cent. n. 303 del 2003 gia' richiamate - lo Stato possa comunque, in base al meccanismo della c.d. "chiamata in sussidiarieta'", affidare al Commissario un simile potere, la normativa impugnata risulterebbe incostituzionale, in quanto non prevede la necessarieta' dell'intesa con la Regione nell'esercizio delle funzioni istituite. Al riguardo - rinviando al successivo paragrafo 12.1 del presente atto una trattazione maggiormente approfondita del tema - e' sufficiente richiamare l'attenzione sulla circostanza secondo la quale la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte richiede - ai fini della legittimita' costituzionale di leggi di questo tipo - la previsione, da parte delle medesime, della necessarieta' dell'intesa forte" con la Regione interessata al fine dell'esercizio delle funzioni amministrative attratte in sussidiarieta' al livello statale (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 303 del 2003, 6 del 2004, 383 del 2005, 278 del 2010). 9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che «per la realizzazione degli interventi ai sensi del comma 2, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono nominati uno o piu' commissari straordinari del Governo», per violazione degli artt. 117, secondo comma, e 118 Cost., senza prevedere, al contempo, che detta nomina avvenga d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, oppure, per l'ipotesi di pluralita' di commissari, con le Regioni direttamente interessate. 9.1. - Questa censura viene in considerazione solo ove si ritenga priva di fondamento quella formulata al par. 4 del presente atto. Anche in questo caso, per l'illustrazione dei rilievi mossi alla disciplina statale impugnata, e' necessario muovere dalla premessa della individuazione della materia su cui essa interviene, ossia la materia di competenza legislativa concorrente della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia". Come ricordato nel precedente paragrafo - e come si avra' modo di evidenziare piu' approfonditamente al successivo paragrafo 12.1 - la giurisprudenza costituzionale ha in varie occasioni evidenziato che in tale materia (come, piu' in generale, nelle materie diverse da quelle di competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, Cost.) lo Stato puo' intervenire con disciplina di dettaglio, avocando a se' e regolando funzioni amministrative, solo ove, oltre a rispettare i principi di proporzionalita' e sussidiarieta', preveda nella medesima disciplina, l'intesa c.d. "forte" con (a seconda delle circostanze) la Conferenza Stato-Regioni o le Regioni direttamente interessate all'esercizio delle funzioni amministrative attratte in sussidiarieta' (cfr., in particolare, le gia' richiamate sentenze nn. 303 del 2003, 6 del 2004, 383 del 2005, 278 del 2010). La nomina di uno o piu' commissari straordinari rappresenta senz'altro una attivita' amministrativa attratta in sussidiarieta' dallo Stato nell'ambito di una materia di legislazione concorrente. La illegittimita' costituzionale della disciplina in questione, dunque, deriva dalla circostanza che, nonostante le diverse indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale, essa non abbia previsto il coinvolgimento delle Regioni - nella forma dell'intesa - nella emanazione dell'atto di nomina dei commissari. L'intesa, evidentemente, dovra' essere raggiunta con la singola Regione direttamente interessata, nel caso in cui il Commissario, o ciascun Commissario (nell'ipotesi di nomina di una pluralita' di questi) in questione si vedano affidati il compito di procedere alla attuazione di opere insistenti in una singola Regione. Viceversa, ove si opti per la nomina di un solo Commissario competente per gli interventi in tutto il territorio nazionale, ai fini del rispetto dell'autonomia regionale costituzionalmente riconosciuta, sara' necessario addivenire all'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Per i motivi appena evocati, dunque, l'art. 4, comma 3, viola palesemente gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nella parte in cui non prevede che la nomina del Commissario straordinario avvenga, a seconda dei casi, previa intesa acquisita con la singola Regione interessata o in sede di Conferenza Stato-Regioni. 10. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che «con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri», siano determinati «i compiti del commissario» straordinario nominato col medesimo decreto, nonche' «i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti», per violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118 della Costituzione. 10.1. - Questa disposizione, nella parte in cui prevede che un decreto del Presidente della Repubblica possa individuare i compiti che devono essere svolti dai Commissari straordinari cui e' affidata l'attuazione degli interventi - individuando cosi' anche i limiti dei poteri affidati a costoro - nonche' determinare i poteri di controllo e di vigilanza dei Ministri competenti, configura una forma di potere regolamentare "anomala", poiche' ben lontana dal modello individuato dall'art. 17 della legge n. 400 del 1988. Tale forma di potere regolamentare e' incostituzionale, nel caso di specie, in quanto e' destinata a svolgersi in una materia inserita nell'elenco di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., ossia quella della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia". Si tratta percio' di una normativa che istituisce un potere regolamentare che esorbita certamente dai limiti imposti dall'art. 117, sesto comma, Cost. In senso diverso, del resto, non potrebbe essere invocata la circostanza secondo la quale il presente potere regolamentare non corrisponde alle consuete forme in cui si esprime la potesta' regolamentare dell'esecutivo, ossia quella dei regolamenti governativi e ministeriali di cui all'art. 17 della legge n. 400 del 1988, ne' la mancata attribuzione del nomen iuris di "regolamento" a tale atto. Al riguardo, e' possibile riferirsi nuovamente alla recente sentenza di questa Corte n. 278 del 2010 (gia' richiamata al precedente par. 7.1 del presente atto), nella quale e' stato chiarito che lo Stato non puo' "eludere" i criteri costituzionali di ripartizione della potesta' regolamentare semplicemente imponendo ai medesimi un nomen iuris che ne escluda la natura regolamentare (cfr., in part., il par. 16 del Considerato in diritto). Il d.P.R. previsto dalla disposizione impugnata ha certamente natura normativa, in quanto caratterizzato da generalita' ed astrattezza. Esso, infatti, e' deputato a determinare «i compiti del commissario» straordinario nominato col medesimo decreto, nonche' «i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti». Si tratta, dunque, di atti il cui compito e' quello di predispone la "previa norma" alla quale, in virtu' del principio di legalita', deve uniformarsi la successiva attivita' amministrativa del Commissario e dei Ministri sopra citati. 10.2. - Il riconoscimento (obbligato, come si e' visto) della natura normativa del d.P.R. in questione conduce, in modo pressoche' automatico, a concludere per la sua illegittimita' costituzionale. In senso inverso, infatti, non sarebbe possibile invocare neppure l'argomento della c.d. "chiamata in sussidiarieta'". Ove infatti si volesse ritenere che lo Stato sia legittimato ad individuare i compiti del Commissario e a definire i poteri di controllo e vigilanza dei Ministri competenti in base al titolo "straordinario" da ultimo menzionato, la disposizione presa in considerazione violerebbe comunque la Costituzione, in quanto la fissazione di tali termini e' affidata ad una fonte sub-legislativa e non alla legge, come richiesto invece dalla giurisprudenza costituzionale a partire dalla sent. n. 303 del 2003 (al riguardo, e' sufficiente rinviare al par. 7 del Considerato in diritto di questa decisione, gia' richiamato, in relazione ad analoga questione, nel precedente par. 7.2 del presente atto). 11. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che «con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri», siano determinati «i compiti del commissario» straordinario nominato col medesimo decreto, nonche' «i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti», senza prevedere, al contempo, la necessaria acquisizione di una intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, oppure, per l'ipotesi di pluralita' di commissari, con le Regioni direttamente interessate, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione. 11.1. - Ove la censura sub 10 venga ritenuta priva di fondamento, la disciplina posta dall'art. 4, comma 3, deve comunque considerarsi incostituzionale per violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art. 118, primo comma, Cost. Tale disciplina, infatti, prevede che mediante un d.P.R., adottato «su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri», si assumano determinazioni destinate ad operare nella materia di legislazione concorrente della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia", e caratterizzate da una forte incidenza sul complesso delle funzioni regionali. Ove si volesse ritenere che - nonostante le considerazioni sopra esposte - lo Stato possa comunque, in base al meccanismo della c.d. "chiamata in sussidiarieta'", affidare ad un d.P.R. un simile potere, la normativa impugnata risulterebbe palesemente incostituzionale in quanto non prevede la necessaria acquisizione dell'intesa con la Conferenza Stato-Regioni o con la Regione direttamente interessata in sede di esercizio delle funzioni istituite. L'intesa, evidentemente, dovra' essere raggiunta con la singola Regione, nel caso in cui il Commissario, o ciascun Commissario (nell'ipotesi di nomina di una pluralita' di questi) in questione si vedano affidati il compito di procedere alla attuazione di opere insistenti in una singola Regione. Viceversa, ove si opti per la nomina di un solo Commissario competente per gli interventi in tutto il territorio nazionale, sara' necessario addivenire all'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Al riguardo - rinviando al successivo par. 12.1 del presente atto una trattazione maggiormente approfondita del tema - e' sufficiente richiamare l'attenzione sulla circostanza secondo la quale la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte richiede - ai fini della legittimita' costituzionale di norme legislative statali di questo tipo - la previsione, da parte delle medesime, della necessarieta' dell'intesa forte" con il sistema delle autonomie regionali o con la singola Regione interessata al fine dell'esercizio delle funzioni da esse previste (cfr., in particolare, le gia' richiamate sentenze nn. 303 del 2003, 6 del 2004, 383 del 2005, 278 del 2010). Per queste ragioni, la norma censurata viola comunque gli artt. 117, terzo comma, e 118, Cost., nella parte in cui non prevede che la determinazione dei compiti del Commissario straordinario, nonche' dei poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti, avvenga, a seconda dei casi, previa intesa acquisita con la singola Regione interessata o in sede di Conferenza Stato-Regioni. 12. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, primo periodo del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che «in caso di mancato raggiungimento dell'intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa, il Governo puo' individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e l'indifferibilita' nonche' definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata», per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione. 12.1. - L'art. 4, comma 4, del d.l. n. 78 del 2009, nel testo novellato dal d.l. n. 105 del 2010, rappresenta il cuore della disciplina che qui si contesta. Come gia' ricordato, il comma 1 dell'art. 4, nel testo attualmente in vigore, prevede la individuazione, da parte del Governo, degli «interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico, e che devono pertanto essere effettuati con mezzi e poteri straordinari». Al riguardo, si e' gia' avuto moto di notare come la Regione Puglia non contesti l'esistenza di esigenze unitarie alla base della avocazione allo Stato, mediante il meccanismo della c.d. "chiamata in sussidiarieta'", di questa funzione amministrativa, e conseguentemente dell'esercizio della funzione legislativa al fine di disciplinarla. Del resto, il comma in parola - considerato isolatamente - appare senz'altro rispettoso delle prerogative regionali, dal momento che prevede la necessarieta', ai fini della individuazione degli interventi suddetti, dell' «intesa con le regioni e le province autonome interessate». Nessuna censura, dunque, e' stata proposta nei confronti di tale disposizione. Ove si consideri il disposto del comma 4, che in questa sede si impugna, le carte in tavola cambiano pero' in modo significativo. Esso, infatti, prevede la possibilita' di superare l'eventuale mancato raggiungimento dell'intesa in questione tramite un meccanismo attivabile, da parte del Governo, a partire dal trentesimo giorno «dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa». Decorso tale termine, infatti, l'intesa non serve piu': secondo la disposizione impugnata «il Governo puo' individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e l'indifferibilita' nonche' definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata». Da concertato, come si vede, il procedimento di individuazione degli interventi diventa ipso iure e "improvvisamente" unilaterale. La disciplina appena richiamata viola in modo macroscopico lo "statuto" della c.d. "chiamata in sussidiarieta'" come individuato nella giurisprudenza di questa Corte, e per questo motivo contrasta evidentemente con i parametri costituzionali invocati. Al riguardo, si deve osservare quanto segue. Piu' sopra, nel paragrafo 4.1, si e' ricordato come, secondo la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, lo Stato possa allocare ad organi propri funzioni amministrative nell'ambito delle materie estranee al secondo comma dell'art. 117 Cost., dettandone la relativa disciplina sostanziale, solo in presenza di alcuni requisiti e rispettando alcune condizioni. Su alcune di questi requisiti e condizioni ci si e' gia' soffermati nelle pagine che precedono. Cosi', nello stesso paragrafo 4.1, si e' posto in evidenza come la normativa statale che qui si contesta non rispetti il principio di proporzionalita', dettando - per la parte inerente alle funzioni commissariali, e non per quella concernente la individuazione e programmazione degli interventi - una disciplina che impone un sacrifico non necessario, e dunque sproporzionato, all'autonomia regionale. Al paragrafo 7.2 si e' invece mostrato come l'ipotizzata "chiamata in sussidiarieta'" realizzata dall'art. 4, comma 2, ultimo periodo, affidi ad (eventuali) atti commissariali un potere di normazione regolamentare in materia, contravvenendo ad un'altra importante condizione individuata dalla giurisprudenza costituzionale. In questa sede, invece, si ritiene necessario soffermarsi sul mancato rispetto, da parte della disciplina impugnata, della condizione "procedurale" che, ormai da tempo, questa Corte ha ritenuto che debba necessariamente caratterizzare - pena la loro incostituzionalita' - il contenuto delle leggi statali che avochino presso organi dello Stato funzioni amministrative in materie di competenza concorrente o regionale residuale. A partire dalla ormai "celebre" sent. n. 303 del 2003 e poi dalla sent. n. 6 del 2004, infatti, questa Corte ha con chiarezza affermato che, in situazioni quali quella oggi in discussione, la legge statale dovrebbe essere «adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sent. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto). Di conseguenza, «nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti legislativi - anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (sent. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto), le normative statali che realizzino l'avocazione in sussidiarieta' della funzione legislativa possono «aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'» (sent. n. 303 del 2003, par. 2.2. del Considerato in diritto; sent. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto). La sent. n. 6 del 2004, inoltre, ha precisato che l'intesa, prevista dalla normativa adottata "in sussidiarieta'" dallo Stato, per l'esercizio della funzione amministrativa, deve necessariamente caratterizzarsi come "intesa in senso forte", «nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento» (par. 7 del Considerato in diritto). Sul punto, peraltro, non hanno mancato di intervenire alcune altre note pronunce successive. Al riguardo, rilevano soprattutto la sent. n. 383 del 2005 e la piu' recente sent. n. 278 del 2010. Nella prima di tali decisioni, infatti, questa Corte ha ritenuto di fornire alcune precisazioni molto importanti per la questione oggi in discussione. I) Innanzi tutto, ha evidenziato come la necessita' di prevedere una "intesa forte" nella legislazione che avoca in sussidiarieta' funzioni amministrative e' particolarmente stringente «in riferimento ad una legislazione come quella oggetto del presente scrutinio, che spesso si riferisce alla dimensione "nazionale" (unilateralmente definita) di fenomeni od attrezzature, da cui sembra che spesso si vogliano escludere le Regioni, malgrado l'esplicito riferimento alla stessa dimensione "nazionale" che e' contenuto nella denominazione della materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.» (par. 15 del Considerato in diritto). E' inutile sottolineare quanto queste parole si attaglino alle disposizioni che qui si impugnano. II) In secondo luogo, ha affermato che le intese di cui si discorre «costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimita' costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la "chiamata in sussidiarieta'" di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in senso forte", ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti». Da questa premessa ha inoltre tratto la conclusione secondo la quale «in questi casi (...) deve escludersi che, ai fini del perfezionamento dell'intesa, la volonta' della Regione interessata possa essere sostituita da una determinazione dello Stato, il quale diverrebbe in tal modo l'unico attore di una fattispecie che, viceversa, non puo' strutturalmente ridursi all'esercizio di un potere unilaterale» (par. 30 del Considerato in diritto). III) Infine, la sent. n. 383 del 2005 ha mostrato di tener conto dell'«esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo», sottolineando pero' che se tale esigenza «potra' certamente ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta' a conseguire l'intesa», tali procedure, tuttavia, «non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte», disponendo lo Stato, «nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa», dello «strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni» (par. 30 del Considerato in diritto). Tali principi sono stati poi da ultimo ribaditi, sia pure in termini di estrema sintesi, dalla sent. n. 278 del 2010 (par. 13 del Considerato in diritto). In essa si legge che «e' oramai principio acquisito nel rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale che quest'ultima possa venire spogliata della propria capacita' di disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarieta', a condizione che cio' si accompagni alla previsione di un'intesa in sede di esercizio della funzione, con cui poter recuperare un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non gia' al sistema regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto alla specifica Regione che sia stata privata di un proprio potere (sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). Cio' ovviamente a prescindere dalla necessita' di una puntuale disciplina legislativa delle modalita' di esercizio dell'intesa e delle eventuali procedure per ulteriormente ricercarla in caso di diniego o comunque per supplire alla sua carenza, come anche questa Corte ha auspicato». 12.2. - Ove si confronti la disciplina qui impugnata con i parametri costituzionali, come delineati dalla giurisprudenza di questa Corte appena richiamata, la illegittimita' costituzionale della prima appare inequivoca. Come gia' detto, essa, infatti, al comma 1 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 nel testo novellato, prevede la necessita' dell'intesa con le Regioni e le Province autonome interessate ai fini della individuazione degli «interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale». Al comma 4 del medesimo articolo, pero', si dispone che «in caso di mancato raggiungimento dell'intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa, il Governo puo' individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e l'indifferibilita' nonche' definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata». Come si vede, tale disciplina consegna ad uno strumento del tutto unilaterale la possibilita' di superare il mancato raggiungimento dell'intesa. Per di piu', ove si consideri che tale strumento unilaterale puo' essere utilizzato allo scadere del brevissimo termine di «trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa», e' agevole rendersi conto che, in presenza di una disciplina siffatta, non appare neanche corretto discorrere di intesa. Le trattative per addivenire alla medesima, infatti, sono costrette in un tempo talmente ristretto, allo scadere del quale il Governo puo' decidere in assoluta solitudine (con il semplice "parere" del Presidente della Regione "invitato" a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri), che la volonta' della Regione puo' senz'altro dirsi coartata dal timore di giungere ad un simile esito. In sintesi, lo strumento predisposto dallo Stato per il superamento della mancata intesa non rispetta assolutamente il principio della «posizione paritaria delle parti coinvolte» richiesto, come si e' visto, dalla giurisprudenza di questa Corte. E tale assoluta asimmetria delle parti, a sfavore della Regione, unita al brevissimo lasso di tempo a disposizione per addivenire all'intesa prima che il Governo possa far uso di questo strumento, pone la prima in una posizione di assoluta subalternita' nei confronti del secondo anche nel corso delle trattative volte a raggiungere l'intesa. Per le ragioni appena esposte, risultano inequivocabilmente violati gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 13. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo sostituito dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che «il commissario del Governo, nominato con le procedure di cui al comma 3, da' impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di: a) poteri straordinari di sostituzione (...) di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2», per violazione degli artt. 118, primo comma, e 120, secondo comma, Cost. 13.1. - La disposizione in questione e' incostituzionale per violazione degli artt. 118 e 120, secondo comma, Cost. Essa infatti prevede un potere sostitutivo affidato ad un organo dello Stato nei confronti di Regioni ed enti locali, senza che pero' tale disciplina rispetti alcuno dei due modelli di potere sostitutivo contemplati dal nostro diritto costituzionale: ne' quello del potere sostitutivo ordinario, riconducibile all'art. 118 Cost., ne' quello del potere sostitutivo straordinario, disciplinato dall'art. 120, secondo comma, Cost. Cio' per le seguenti ragioni. 13.2. - Il potere sostitutivo ordinario, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte che si e' gia' avuto modo di richiamare al precedente paragrafo 5.4, puo' essere previsto da norme di legge soltanto a condizione che risultino rispettati una serie di "parametri" individuati in via giurisprudenziale. La previsione dell'art. 4, comma 4, secondo periodo, qui considerata non rispetta almeno due di questi parametri. In particolare, essa viola: a) il necessario affidamento ad un organo politico del potere surrogatorio in questione, o almeno la necessita' che l'organo amministrativo agisca quale organo esecutivo di una delibera adottata dall'organo politico; b) la necessita' di disciplinare l'esercizio del potere mediante un procedimento che rispetti il principio di leale collaborazione e, in particolare, che consenta di garantire che l'ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento e di interloquire nello stesso procedimento. 13.3. - Per illustrare adeguatamente queste censure e' necessario richiamare il disposto dell'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, nel testo esitato dal procedimento di conversione, a cui la norma in questa sede impugnata fa esplicito rinvio. L'art. 20 citato prevede quanto segue: «Per l'espletamento dei compiti stabiliti al comma 3, il commissario ha, sin dal momento della nomina, con riferimento ad ogni fase dell'investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione, i poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari. Il commissario provvede in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonche' dei principi generali dell'ordinamento giuridico, e fermo restando il rispetto di quanto disposto dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; i decreti di cui al comma 1 del presente articolo contengono l'indicazione delle principali norme cui si intende derogare». A sua volta, l'art. 8, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008, richiamato dalla norma cui la disposizione che qui si impugna fa rinvio, riguarda il divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle acque del golfo di Venezia. Dunque, un tema del tutto estraneo a quello oggi in discussione. Cercando di tirare le somme, e' possibile osservare quanto segue. La disposizione qui censurata introduce una nuova previsione di potere sostitutivo, la cui disciplina e' posta in parte dalla disposizione medesima, in parte da una previgente disposizione cui la prima rinvia. Dunque, per valutare la rispondenza di tale potere sostitutivo ai parametri costituzionali individuati dalla giurisprudenza di questa Corte, e' necessario considerare il combinato disposto dell'una e dell'altra. 13.4. - Il parametro sopra indicato sub a) - ossia la necessarieta' della provenienza della sostituzione da un organo di governo - non e' rispettato dalla normativa in questione. La disposizione introdotta dal d.l. n. 105 del 2005 nel nuovo art. 4, comma 4, del d.l. 78 del 2009, infatti, affida il relativo potere ad un Commissario, estraneo, evidentemente, al Governo, e certo non qualificabile quale "organo politico". D'altra parte, ne' dal testo dell'art. 4, comma 4, appena citato, ne' da quello dell'art. 20, comma 4, del d.l. n. 185 del 2008, cui esso rinvia, e' desumibile il precetto secondo il quale il Commissario deve esercitare il potere sostitutivo sulla base di una previa delibera di un organo di governo. Risulta inequivocabilmente violato anche il secondo dei due parametri sopra indicati. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, nella legge che preveda un potere sostitutivo nei confronti di uno degli enti territoriali che compongono la Repubblica dovra' essere previsto «un procedimento nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso procedimento» (sent. n. 43 del 2004, par. 4 del Considerato in diritto). Nella normativa che qui si contesta, invece, non solo non e' prevista una modalita' di cooperazione che metta l'ente destinatario della sostituzione in grado di evitare quest'ultima attraverso l'autonomo adempimento, ma non e' prevista alcuna forma di collaborazione dell'ente sostituendo. Per queste ragioni, dunque, la disposizione indicata viola palesemente l'art. 118 Cost. 13.5. - Anche ove si volesse ricondurre il potere sostitutivo disciplinato dalla disposizione impugnata nell'alveo dell'art. 120, secondo comma, Cost. - magari sfruttando la denominazione di «poteri straordinari di sostituzione» in essa contenuta - non si potrebbe che concludere comunque nel senso dell'incostituzionalita' della disciplina. Cio' in quanto quest'ultima non rispetta il disposto della disposizione costituzionale da ultimo citata da almeno tre punti di vista. 13.6. - Come gia' si e' avuto modo di argomentare al precedente paragrafo 5.5, l'art. 120, secondo comma, Cost., predispone uno speciale potere sostitutivo straordinario che si affianca all'ordinario riparto delle competenze effettuato dalla legge statale e regionale in base al principio di sussidiarieta' ex art. 118 Cost., per garantire che, nei casi concreti, l'inadempimento dei compiti spettanti in base a tale riparto agli enti che compongono la Repubblica determini la vulnerazione di quegli interessi essenziali espressamente codificati nello stesso art. 120. Cio' comporta, da un lato, che il Governo non necessita di una esplicita e particolare previsione legislativa per esercitare il potere in questione, occorrendo semplicemente una disciplina che ne detti le modalita' procedimentali. Dall'altro, pero', quanto osservato in precedenza comporta che - a prescindere da eventuali tipizzazioni della sussistenza del pericolo di lesione ai suddetti interessi - tale pericolo debba ricorrere in concreto, nei casi specifici, perche' il potere sostitutivo di cui trattasi possa essere legittimamente esercitato. La normativa qui sottoposta al giudizio di questa Corte, dunque, viola L'art. 120, secondo comma, Cost., in quanto contiene una previsione generalizzata di sostituzione, abilitando dunque il Governo ad intervenire con tale strumento anche ove in concreto non ricorrano il pericolo della lesione ad uno degli interessi elencati da questa disposizione costituzionale. 13.7. - La previsione di cui al secondo periodo dell'art. 4, comma 4, inoltre, contrasta con l'art. 120, secondo comma, Cost., anche per la parte in cui tale disposizione costituzionale stabilisce che il potere sostitutivo straordinario non puo' che essere esercitato dal Governo: la norma impugnata, infatti, affida il detto potere ad un Commissario, ponendosi in contrasto diretto con la norma costituzionale citata. 13.8. - Infine, l'art. 120, secondo comma, Cost., e' violato anche per un ulteriore motivo. Come e' noto, tale disposizione prevede che la legge ordinaria disciplini le modalita' tramite le quali il potere sostitutivo straordinario puo' essere esercitato, imponendo che esse rispettino i principi di sussidiarieta' e leale collaborazione. Non e' necessario spendere molte parole per mostrare come il principio di leale collaborazione non sia in alcun modo rispettato dalla normativa impugnata. Come si accennava piu' sopra, non solo essa non prevede modalita' procedimentali che siano tali da mettere l'ente sostituendo in condizioni di evitare la sostituzione mediante l'autonomo adempimento, ma addirittura essa non contempla alcuna modalita' collaborativa. Per queste ragioni l'art. 4, comma 4, secondo periodo, viola anche l'art. 120, secondo comma, Cost. 14. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo introdotto dal d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui prevede che, nel caso in cui si sia fatto fronte al mancato raggiungimento dell'intesa di cui al comma 1 con gli strumenti predisposti dal medesimo comma 4, «il commissario del Governo, nominato con le procedure di cui al comma 3, da' impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di: a) poteri straordinari (...) di deroga di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2», per violazione dei limiti costituzionali che si impongono alla previsione legislativa di poteri di ordinanza contingibili e urgenti, e dunque per violazione degli artt. 70, 76 e 77 della Costituzione, in combinato disposto con gli artt. 117 e 118 della medesima. 14.1. - La disposizione che qui si impugna si salda con quella contestata al precedente paragrafo 12, riguardante il meccanismo di superamento unilaterale della mancata intesa, istituendo un potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti e allocandolo in capo ai Commissari straordinari nominati ai sensi del comma 3 del medesimo art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 nel testo novellato dal d.l. n. 105 del 2010. La disciplina posta dalla prima parte del comma 4 riguarda la individuazione degli interventi, mentre quella qui in discussione concerne la loro attuazione. In buona sostanza, essa prevede che nel caso in cui la Regione o la Provincia autonoma interessata non abbiano prestato la loro intesa nel termine di 30 giorni dalla prima convocazione del primo incontro volto a raggiungerla, non solo il Governo puo' individuare unilateralmente gli interventi da effettuare, ma puo' anche attuarli mediante un proprio Commissario dotato del potere straordinario di adottare ordinanze contingibili e urgenti. In grado, dunque, di sostituirsi alle Regioni ed agli enti locali e di adottare provvedimenti in deroga anche alle norme legislative dettate dalle prime. Quanto alla disciplina sostanziale di tale potere, la disposizione rinvia a cio' che e' previsto, in relazione ad analoghi poteri, dall'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185. E' dunque a questa normativa che bisogna fare riferimento per capire se la disciplina che istituisce un nuovo potere d'ordinanza, facendo ad essa rinvio, sia costituzionalmente legittima. Al riguardo, si deve osservare che la disposizione di cui all'art. 20 citato dispone quanto segue: «Per l'espletamento dei compiti stabiliti al comma 3, il commissario ha, sin dal momento della nomina, con riferimento ad ogni fase dell'investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione, i poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari. Il commissario provvede in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonche' dei principi generali dell'ordinamento giuridico, e fermo restando il rispetto di quanto disposto dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; i decreti di cui al comma 1 del presente articolo contengono l'indicazione delle principali norme cui si intende derogare». Non e' difficile scorgere l'intento di chi ha scritto il testo della disposizione che qui si contesta. Dinanzi ad una Regione che non adotti una politica accondiscendente nei confronti del Governo, si vuole dotare il Commissario statale di poteri idonei a superare qualunque altra possibile resistenza, legittima e illegittima, di tale Regione, addirittura consentendogli di derogare alle leggi da essa approvate. E' del tutto evidente che un simile assetto normativo contrasta con la Costituzione. Nel precedente paragrafo 4.1 del presente atto si e' gia' mostrato come sia costituzionalmente illegittima l'attribuzione ad organi statali delle funzioni di "attuazione" degli interventi di cui al comma 1 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009. Questa conclusione non perde certamente il suo valore ove si discorra di interventi stabiliti nonostante il dissenso regionale. Prescindendo in questa sede dalla legittimita' costituzionale di una simile possibilita', sulla quale ci si e' concentrati nel precedente par. 12.1, deve infatti essere ribadito cio' che si e' osservato piu' sopra: ai fini della realizzazione in concreto degli interventi, il livello regionale di governo e' del tutto adeguato, e - per il caso in cui gli organi regionali rimangano inerti - la legge statale puo' prevedere, corredandoli delle necessarie garanzie, poteri sostitutivi c.d. "ordinari". Inoltre, ove si ritenga che nella attuazione degli interventi possano verificarsi evenienze tali da rendere necessaria la adozione di ordinanze contingibili e urgenti, che operino in deroga alle disposizioni legislative vigenti, anche per l'esercizio di tali poteri gli organi regionali devono ritenersi adeguati. E' ad essi, dunque, che debbono essere conferiti. In base a quanto appena esposto, la normativa che qui si impugna deve ritenersi incostituzionale per violazione dell'art. 118 Cost., secondo quanto si cerchera' ora di rendere piu' esplicito. 14.2. - Al riguardo, e' necessario prendere le mosse dalla natura amministrativa dei poteri di ordinanza in questione, riconosciuta da questa Corte sin dalla sentenza "capostipite" n. 8 del 1956. La immediata conseguenza di questa ben nota premessa e' che anche i poteri di adottare ordinanze contingibili e urgenti devono essere affidati ai livelli amministrativi locali, regionali o statali in base ai principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione. Sul punto, e' necessario notare che - ove lo Stato avesse ritenuto indispensabile garantire l'attuazione degli interventi programmati ai sensi del comma 1 del medesimo art. 4 qui censurato - avrebbe dovuto, per rispettare i precetti costituzionali, affidare a commissari individuati dalle Regioni tale attuazione, e prevedere la possibilita', per la Regione stessa, di esercitare i necessari poteri di ordinanza. Il motivo per il quale non sussistono, nel caso dei poteri in questione, le esigenze unitarie che consentono la avocazione in sussidiarieta', e' il medesimo che sostiene la censura proposta al precedente paragrafo 4.1: per esercitare in concreto tali poteri l'ambito valutativo a disposizione delle autorita' regionali e' assolutamente idoneo. L'attribuzione ad organi statali del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti viola dunque l'art. 118 Cost., ed i principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione. 14.3. - La normativa qui impugnata e' costituzionalmente illegittima anche per ulteriori ragioni. Come e' noto, la giurisprudenza costituzionale ha da molto tempo riconosciuto la legittimita' costituzionale delle leggi che conferiscono ad autorita' amministrative poteri di emergenza del tipo in discorso, a patto, pero' che tali leggi soddisfino alcuni requisiti specificamente individuati. Significativo e', al riguardo, quando affermato dalla sent. n. 201 del 1987. In essa, infatti, si legge: «Per l'esercizio da parte di autorita' amministrative di siffatti poteri, con effetto di deroga - ma non anche di abrogazione o di modifica - della normativa primaria, occorre, come questa Corte ha gia' piu' volte chiarito (cfr. sentt. nn. 4 del 1977, 26 del 1961 e 8 del 1956) una specifica autorizzazione legislativa che, anche senza disciplinare il contenuto dell'atto (questo in tal senso puo' considerarsi libero), indichi il presupposto, la materia, le finalita' dell'intervento e l'autorita' legittimata» (par. 5 del Considerato in diritto; cfr. anche la sent. 617 del 1987, par. 4.2 del Considerato in diritto). Si consideri, inoltre, quanto affermato dalla sent. n. 127 del 1995: «Questa Corte ha gia' sottolineato il carattere eccezionale del potere di deroga della normativa primaria, conferito ad autorita' amministrative munite di poteri di ordinanza, sulla base di specifica autorizzazione legislativa; e ha precisato trattarsi di deroghe temporalmente delimitate, non anche di abrogazione o modifica di norme vigenti (sentenze 201 del 1987, 4 del 1977, 26 del 1961 e 8 del 1956). Proprio il carattere eccezionale dell'autorizzazione legislativa implica, invero, che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi, nelle modalita' di esercizio (sent. n. 418 del 1992): il potere di ordinanza non puo' dunque incidere su settori dell'ordinamento menzionati con approssimativita', senza che sia specificato il nesso di strumentalita' tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione» (par. 2 del Considerato in diritto). E' agevole rendersi conto che il potere di adottare le ordinanze contingibili e urgenti configurato dalla norma qui censurata, mediante il rinvio all'art. 10, comma 4, del d.l. n. 185 del 2008, viola almeno in parte i precetti sopra indicati. In particolare, se l'autorita' legittimata e il fine dell'intervento possono dirsi sufficientemente definiti (si tratta, rispettivamente, del Commissario, e dell'«impulso agli interventi»), non altrettanto e' possibile dire per il presupposto dell'atto e per la materia in cui esso deve intervenire. Ancora, non puo' certo dirsi che «i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi, nelle modalita' di esercizio», visto che manca qualunque indicazione al riguardo. Specificamente in relazione ai tempi, inoltre, non si puo' non rilevare come manchi, nella previsione legislativa, la necessaria indicazione della limitazione temporale della deroga alla legislazione vigente che le ordinanze in questione sono in grado di effettuare, e che, come si e' visto, e' richiesta dalla giurisprudenza costituzionale. Infine, appare evidente come manchi nella legge anche la "specificazione" del «nesso di strumentalita' tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione», anch'esso richiesto dalla decisione da ultimo citata come presupposto indefettibile per la legittimita' costituzionale della previsione dei poteri di ordinanza. In sintesi, quanto a presupposti, materia, contenuto, tempi e modalita' di esercizio, e strumentalita' rispetto alla concreta emergenza, non si individua, nelle disposizioni che compongono il quadro legislativo che istituisce e regola il potere d'urgenza qui in discussione, alcuna indicazione. Leggendo le disposizioni sopra menzionate, infatti, risultano ammissibili - purche' adottati dal Commissario, e purche' finalizzati, genericamente, a dare «impulso agli interventi» - atti aventi qualunque contenuto, vertenti su qualunque materia, e adottabili in qualunque circostanza, purche' essi siano ritenuti «indispensabili» da chi li adotta. E' dunque evidente che la disposizione legislativa che qui si impugna, lungi dal configurare un potere di urgenza conforme alle prescrizioni costituzionali desumibili dalle decisioni di questa Corte, conferisce al Commissario un potere di derogare ad ogni disposizione legislativa (anche regionale) che, in relazione a non pochi aspetti, e' sostanzialmente "in bianco" e, pertanto, pressoche' illimitato. 14.4. - Prima di passare all'esame di un ultimo punto di vista dal quale e' necessario considerare la legittimita' costituzionale della disposizione qui impugnata in relazione allo "statuto" delle disposizioni legislative che prevedono poteri contingibili e urgenti, questa difesa ritiene di dover spendere alcune parole in relazione alla ammissibilita' della censura appena esposta. Essa infatti, invoca a parametro norme costituzionali che non sono specificamente e direttamente dettate a presidio della posizione costituzionalmente garantita alle Regioni. Al riguardo, in via generale, deve essere notato che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, e' possibile, per la Regione, invocare nel giudizio in via principale un parametro diverso da quelli che regolano il riparto di competenza soltanto in quei casi in cui la violazione di tale parametro ridondi in lesioni delle sfere di competenza regionale. Questa evenienza, in particolare, si verifica soltanto ove «il contrasto con norme costituzionali diverse» da quelle che disciplinano il riparto di competenze «si risolva in una esclusione o limitazione dei poteri regionali» (sentenza n. 50 del 2005, par. 3 del Considerato in diritto). In altre parole, perche' la relativa questione sia da considerare ammissibile, «dalla invocata violazione» di norme extracompetenziali deve «derivare una compressione dei poteri della ricorrente» (cosi' la sentenza n. 383 del 2005, par. 8 del Considerato in diritto). Cio' e' precisamente quanto si verifica in relazione alla violazione delle norme costituzionali in questa sede invocate. L'esercizio dei poteri di ordinanza disciplinati dalla normativa che qui si contesta, infatti, puo' giungere fino alla sostituzione nei confronti di organi regionali (oltre che locali) e, comunque, e' destinato a consentire deroghe ad ogni disposizione legislativa, anche di produzione regionale. In questo modo, dunque, non solo si incide, genericamente, su "poteri" della Regione, ma si comprimono specificamente funzioni legislative e amministrative che alla Regione sono attribuite dalla legge in base agli articoli 117 e 118 Cost. 14.5. - Deve, infine, essere messo in evidenza che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, tra i precetti costituzionali che si impongono al legislatore statale che voglia istituire e disciplinare poteri di ordinanza contingibili e urgenti e' possibile annoverarne uno che concerne specificamente la posizione costituzionalmente garantita delle Regioni. La nostra Costituzione, infatti, mette esplicitamente a disposizione dello Stato uno strumento - definito da questa Corte "straordinario" - per derogare alle competenze delle Regioni e degli enti locali, al fine di fronteggiare emergenze di particolari gravita'. Si tratta del gia' evocato potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost. La sua "straordinarieta'" esclude che il medesimo risultato possa essere conseguito con strumenti diversi e, in particolare, mediante l'affidamento ad organi amministrativi di poteri contingibili e urgenti. In altre parole, lo Stato ha a disposizione due tipi di strumenti per derogare alle norme sulla competenza degli enti territoriali: a) il potere sostitutivo straordinario; b) il potere sostitutivo ordinario. La non riconducibilita' a tali strumenti dell'istituto in questa sede in discussione e' gia' stata dimostrata nell'ambito delle argomentazioni poste a sostegno della censura di cui al paragrafo 13. In aggiunta a quanto osservato in quella sede, e' necessario precisare che lo Stato non dispone di altri strumenti, oltre ai due appena evocati, per raggiungere questo obiettivo. Da cio' risulta chiaramente l'incostituzionalita' della normativa in questa sede impugnata, nella parte in cui consente al Commissario di derogare alle norme attributive delle competenze legislative e amministrative alle Regioni ed agli enti locali, sostituendosi a tali enti. 14.6. - Ove, peraltro, questa Corte volesse ritenere infondate le censure illustrate nei paragrafi 14.1, 14.2 e 14.5, deve essere affermata l'incostituzionalita' della normativa impugnata almeno nella parte in cui essa non prevede che il concreto esercizio dei poteri di urgenza affidati al Commissario straordinario avvenga con l'adeguato coinvolgimento collaborativo della Regione interessata. A questo riguardo, gia' prima della riforma avvenuta mediante la legge cost. n. 3 del 2001, questa Corte si era premurata di evidenziare che «l'"emergenza" non legittima il sacrificio illimitato dell'autonomia regionale», e che "il richiamo a una finalita' di interesse generale - "pur di precipuo e stringente rilievo" - non da' fondamento, di per se', a misure che vulnerino tale sfera di interessi, garantita a livello costituzionale (sent. n. 307 del 1983, Considerato in diritto, n. 3)». Da qui una prima conseguenza nel senso che «l'esercizio del potere di ordinanza deve quindi risultare circoscritto per non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali» (sent. n. 127 del 1995, par. 2 del Considerato in diritto). E' evidente che alla domanda se una ordinanza contingibile e urgente adottata in attuazione della normativa impugnata comprima o meno in modo eccessivo l'autonomia regionale sara' possibile rispondere soltanto in concreto, in relazione alle effettive caratteristiche dell'urgenza, alle determinazioni adottate, ed al procedimento utilizzato per addivenirvi. Cio' e' chiaramente dimostrato, tra l'altro, dalla conclusione cui perviene la stessa sent. n. 127 del 1995, con la quale questa Corte risolve il conflitto di attribuzione proposto avverso una ordinanza concernente «Immediati interventi per fronteggiare lo stato di emergenza socio-economico-ambientale determinatosi nella Regione Puglia», «nella parte in cui statuisce solo il parere, e non l'intesa con la Regione, per quanto attiene alla programmazione degli interventi, fermo restando che in caso di mancato accordo entro un congruo lasso di tempo vi potra' essere - assistita da adeguata motivazione - un'iniziativa risolutiva dell'organo statuale, per evitare rischi di paralisi decisionale» (par. 6 del Considerato in diritto). Come emerge chiaramente dalla motivazione che sorregge il dispositivo di accoglimento, infatti, specialmente nei casi in cui sono in gioco importanti competenze regionali, il principio di leale cooperazione esige che la Regione sia coinvolta al massimo livello possibile compatibilmente con la situazione di emergenza che in concreto ci si trovi a fronteggiare. Si noti, peraltro, che queste ragioni sono state, se possibile, ulteriormente rafforzate dall'intervenuta riforma operata mediante la legge cost. n. 3 del 2001. Essa, infatti, ha introdotto il fondamentale principio di sussidiarieta' quale criterio per la distribuzione delle funzioni amministrative. Ed e' evidente che di esso non puo' non tenersi conto nel momento in cui si valuta la legittimita' costituzionale di una legge che istituisce poteri contingibili e urgenti. In particolare, in queste sede risulta particolarmente importante la "valenza procedimentale" che, secondo l'insegnamento di questa Corte, e' necessario annettere al principio di sussidiarieta' (cosi' la ben nota, e gia' citata piu' sopra, cent. n. 303 del 2003, par. 2.2 del Considerato in diritto). Tale "valenza procedimentale" merita un breve approfondimento. Il principio di sussidiarieta', infatti, esprime un precetto in forza del quale il livello di governo piu' vicino ai cittadini deve essere oggetto del massimo coinvolgimento possibile: cio' deve accadere mediante la diretta attribuzione della funzione amministrativa, ove tale livello sia adeguato rispetto allo svolgimento della funzione; ovvero mediante l'attribuzione della medesima ad un livello di governo "piu' alto", qualora il livello "piu' basso" non risulti adeguato. In questo secondo caso, pero', e' proprio il principio di sussidiarieta' ad imporre che l'attribuzione della funzione al livello di governo "piu' alto" sia accompagnata dal coinvolgimento del livello "piu' basso" nell'esercizio della funzione medesima nelle forme maggiormente partecipative che siano compatibili con la adeguatezza dello svolgimento della funzione in questione. Di qui, dunque, il legame tra sussidiarieta' e collaborazione: la preferenza per il livello di governo piu' vicino ai destinatari della funzione pubblica considerata non si esprime solo con la diretta attribuzione della funzione, ma anche con la necessaria individuazione delle forme di partecipazione all'esercizio di quest'ultima ove essa sia allocata ad un livello diverso. Il principio di sussidiarieta', peraltro, offre cosi' anche il criterio per valutare la "correttezza costituzionale" della modalita' collaborativa stabilita in concreto per l'esercizio della funzione amministrativa. Ordinando le forme di collaborazione da un "valore zero" - l'assenza di qualsiasi forma di collaborazione - ad un "valore massimo" - l'intesa "forte", la codecisione paritaria - e' possibile affermare che il legislatore sara' obbligato a scegliere quella piu' vicina al valore massimo senza pregiudicare la funzionalita' dell'azione amministrativa. Le conclusioni di quanto appena evidenziato per il caso qui sottoposto all'attenzione di questa Corte sono evidenti. La Regione Puglia, con il presente motivo di ricorso, non intende sostenere che, senz'altro, la disposizione impugnata e' incostituzionale nella misura in cui conferisce poteri contingibili e urgenti ad un organo statale in una materia di competenza regionale. Cio' che pero' e' senza dubbio contrario alle norme della nostra Costituzione e' che la disciplina legislativa oggetto di censura non preveda alcuna forma di collaborazione degli enti territoriali interessati nell'ambito del procedimento volto ad adottare le citate ordinanze. In altre parole, e' evidente che non e' possibile prevedere, nella sede legislativa, e con prescrizione generale e astratta, una specifica forma di collaborazione che si attagli a qualunque circostanza concreta. Cio' che pero' e' necessario prevedere, in virtu' dei principi di sussidiarieta' e proporzionalita', e' che il procedimento di adozione delle ordinanze commissariali debba seguire le forme maggiormente collaborative che siano consentite dalle particolarita' del caso concreto, e dall'urgenza dalla quale esso e' caratterizzato. 14.7. - In chiusura, puo' essere opportuna un'ultima precisazione. Le argomentazioni fin qui esposte sono basate sulla premessa interpretativa secondo la quale i poteri commissariali si ritengano esercitabili anche nei confronti delle Regioni, e non solo degli enti locali. Questa difesa intende evidenziare che le censure di cui sopra mantengono la loro ragion d'essere anche ove si accedesse ad una differente interpretazione delle norme oggetto del giudizio, tale da escludere le Regioni dal novero degli enti che possono essere sostituiti dall'attivita' commissariale contigibile e urgente. Da un lato, infatti, anche gli enti territoriali sub-regionali sono - a seguito della riforma costituzionale del 2001 - titolari di funzioni amministrative che, nonostante siano loro attribuite dalla legge, devono ritenersi costituzionalmente garantite, in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza: e del resto cio' e' confermato dal fatto che la "straordinarieta'" dell'intervento sostitutivo del Governo e' contemplata dall'art. 120, secondo comma, Cost., non solo per le Regioni, ma anche per questo tipo di enti. In secondo luogo - ed in punto di ammissibilita' - devono essere ribadite le considerazioni proposte al precedente par. 5.3, le quali mostrano come, in base alla ormai consolidata giurisprudenza costituzionale, sia consentito alle Regioni proporre nell'ambito del giudizio in via principale simili questioni di legittimita' costituzionale che alleghino la violazione di norme della Costituzione poste a presidio dell'autonomia locale.
P.Q.M. Si chiede che questa ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, cosi' come convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, nella parte in cui ha sostituito i primi quattro commi - e, in particolare, i commi 2, 3 e 4 - dell'art. 4 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, nei termini sopra esposti. Con ossequio. Roma, addi' 11 ottobre 2010 Avv. Prof. Marcello Cecchetti