RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 Dicembre 2004 - 30 Dicembre 2004 , n. 115
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 dicembre 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 4 del 26-1-2005 )

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti
della regione Toscana, in persona del suo Presidente della giunta,
avverso, l'art. 2, commi 1, 2, 5 (solo la lettera c) e 6 della legge
regionale 20 ottobre 2004, n. 53, intitolata «norme in materia di
sanatoria edilizia straordinaria», pubblicata nel Boll. Uff. n. 40
del 27 ottobre 2004.

La determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata
approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 10 dicembre
2004 (si depositera' estratto del relativo verbale).
L'art. 1 della legge in esame giustamente riconosce che l'art. 32
del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24
novembre 2003, n. 326, determina principi fondamentali ai quali le
Regioni devono conformarsi. Ed invero la sentenza 28 giugno 2004,
n. 196 di codesta Corte ha riconosciuto «al legislatore regionale un
ruolo rilevante .... di articolazione e specificazione delle
disposizioni dettate dal legislatore statale in tema di condono, sul
versante amministrativo» ed ha affermato che «l'adozione della
legislazione, (di articolazione e specificazione) da parte delle
regioni appare non solo opportuna ma doverosa e da esercitare entro
il termine determinato dal legislatore nazionale.».
Le disposizioni ora sottoposte a scrutinio di legittimita'
costituzionale non hanno pero' dato coerente seguito alla premessa,
contenuta nell'anzidetto art. 1. L'art. 2, comma 1 ha ammesso a
sanatoria «solo le opere e gli interventi ....realizzati con
variazioni essenziali dal titolo abilitativo o comunque in
difformita' rispetto ad esso» (lettera a), cioe' non anche quelli
realizzati in assenza di concessione edilizia (alias, permesso di
costruire) e, per di piu', solo «nel rispetto dei limiti indicati dal
comma 2.». In tal modo il legislatore regionale ha escluso dalla
sanatoria straordinaria:
I) le «nuove costruzioni residenziali» che invece il citato
art. 32 ha ammesso ad essa, se aventi volumetria non superiore a
quanto stabilito nel comma 25 del teste' citato articolo;
II) gli altri interventi ed opere, comprese le
ristrutturazioni, realizzati in assenza di concessione edilizia;
III) gli ampliamenti e in genere gli aumenti di volumetria
superiori a quelli indicati con limitazioni oltremodo restrittive -
nel comma 2, dell'art. 2.
I commi 1 e 2 dell'art. 2 in esame contrastano con gli
articoli 117 e 119 Cost. Come dianzi osservato, la regione ha
riconosciuto di essere tenuta ad attenersi ai principi posti dalla
legislazione statale, poiche' la disciplina amministrativa del
condono edilizio (non anche la repressione penale degli abusi piu'
gravi) rientra nella materia di competenza concorrente, «governo del
territorio», (art. 117, comma terzo Cost.). In questo quadro, la
regione puo' specificare i limiti (quantitativi e non) della
sanabilita', e persino «limare» entro margini di ragionevole e
tollerabilita' (come qualche altra Regione ha fatto) le volumetrie
massime previste del legislatore statale; non puo' invece negare in
toto o in misura prevalente (rispetto al quantum di volumetria
ammesso dalla legge statale) la sanabilita' di dette nuove
costruzioni.
Un diniego totale ed aprioristico della sanabilita' sia delle
«nuove costruzioni residenziali» di relativamente modeste dimensioni
realizzate in contrasto con strumenti urbanistici (non anche con
vincoli extraurbanistici) sia degli altri interventi realizzati in
assenza di concessione edilizia contraddice principi determinati dal
legislatore statale e persino la configurabilita' - ammessa anche da
codesta Corte - di una sanatoria straordinaria degli illeciti
urbanistici.
Gli anzidetti commi 1 e 2 contrastano inoltre con gli artt. 117
comma secondo e 119 Cost.. L'art. 117, comma secondo, lettere A) ed
E) attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di
rapporti con l'Unione europea (e relativi stringenti «vincoli») e di
«moneta» (oggi moneta unica difesa dai noti parametri di Maastrich)
nonche' in materia di sistema tributario e contabile dello Stato.».
D'altro canto, l'art. 117 comma terzo e l'art. 119 comma secondo
attribuiscono allo Stato il compito - particolarmente arduo - di
coordinare la finanza pubblica» (al singolare). Notoriamente, piu'
leggi del Parlamento fanno affidamento sul gettito del condono
edilizio per la copertura (art. 81 Cost.) di spese pubbliche e di
minori entrate; comprimere in misura oggettivamente eccessiva le
possibilita' di accedere alla sanatoria straordinaria riduce
sensibilmente quel gettito, lede le potesta' statali di governo della
finanza pubblica, e potrebbe persino essere considerato indebita
turbativa dell'equilibrio finanziario del Paese nel suo insieme. Del
resto, la Regione non assume a proprio carico l'onere conseguente
alla riduzione del predetto gettito, non sposta cioe' prelievo da
coloro che hanno commesso gli abusi edilizi alla generalita' dei
cittadini che in essa risiedono.
Parimenti grave appare la lesione del principio di eguaglianza
(art. 3 comma 1 Cost.) delle persone rispetto alla legge e della
competenza esclusiva ex art. 117, comma secondo, lettera L) Cost.
(ordinamento civile e penale). Indubbiamente i giudici comuni devono
applicare anche le leggi regionali; conseguentemente l'eccessiva
restrizione, ad opera del legislatore toscano, dell'ambito di
applicazione della legislazione statale in tema di condono edilizio
obbliga i giudici comuni a rendere, a carico dei proprietari ed
autori di illeciti (e di eventuali controinteressati e parti offese),
pronunce quanto meno asistematiche.
Identiche doglianze per inosservanza dei dianzi evocati parametri
costituzionali devono essere mosse anche nei confronti dei limiti
quantitativi posti dall'art. 2 comma 2 della legge in esame alla
sanabilita' di ampliamenti e ristrutturazioni. Detti limiti
irrazionalmente ed eccessivamente si discostano da quelli previsti
dall'art 32, comma 25 citato e dalla legislazione statale in esso
comma richiamata: il comma 2 in esame ammette «aumenti della
volumetria» diversamente modulati comunque costantemente esigui (ad
esempio, appena 30 metri quadri per unita' abitativa).
L'art 2, comma 5), lettera c) della legge in esame esclude dalla
sanatoria straordinaria «le opere e gli interventi in contrasto con
le destinazioni d'uso ammesse, nella zona interessata, dagli
strumenti urbanistici vigenti al momento dell'entrata in vigore della
presente legge». Questa disposizione, oltre ad essere poco coerente
con il comma 2, lettera b) del medesimo articolo, contrasta essa pure
con i dianzi evocati parametri costituzionali, anche perche'
introdurre un limite non sorretto da principio determinato dal
legislatore statale e perche' consente, nella concreta applicazione
discrezionalita' non compatibili con la «meccanica» di un condono
edilizio. La disposizione, utilizzando le nozioni di «zona» di
destinazione d'uso per ciascuna zona prevista, ipotizza una
urbanistica integralmente «funzionale» che non trova rispondenza ne'
nei dati normativi (si pensi alle zone definite centro storico) ne'
nella realta' fattuale specialmente nei minori centri abitati dotati
di strumento urbanistico alternativo al P.R.G. E, se puo' essere
giustificato impedire la sanatoria di una trasformazione in unita'
abitative di edificio produttivo sito in una zona D, non pare invece
razionale impedire, ad esempio, la sanatoria della mutata
destinazione a laboratorio artigiano di un magazzino dismesso sol
perche' sito in una zona B. In ordine all'interpretazione di questa
disposizione, la difesa della regione potrebbe fornire
puntualizzazioni.
L'art. 2, comma 6 - pervero parecchio oscuro - parrebbe
attribuire a «vincoli ...istituiti dopo l'entrata in vigore della
presente legge», istituiti cioe' non entro il 28 ottobre 2004 (come
nel comma 4) ma addirittura dopo detta data, la forza di impedire la
sanatoria straordinaria.
La disposizione, se cosi' interpretata, vistosamente contrasta
con i dianzi evocati parametri costituzionali ed inoltre con il
principio di eguaglianza (art. 3, comma primo Cost.) irrazionalmente
leso dalla facolta' (e dalla attuale minaccia) di travolgere in
futuro ed in modo discrezionale l'affidamento del cittadino che
autodenuncia l'abuso edilizio, e con le regole costituzionali della
imparzialita' e del buon andamento (art. 97, comma primo Cost.). In
pratica, l'art. 2, comma 6 reca una norma «in bianco» che potrebbe -
per di piu' senza limiti di tempo aprire la strada a provvedimenti
persino «individuali.».
A tutto concedere, una disposizione avente il contenuto del comma
6 potrebbe essere tollerabile solo per la tutela di interessi
idrogeologici oggettivamente verificabili.
La demolizione delle disposizioni considerate non produce lacune,
posto che essa consente il riespandersi della normativa statale. Si
confida peraltro in un nuovo sollecito intervento legislativo della
Regione intervento che se effettivamente idoneo a superare la
controversia - potrebbe non essere reputato tardivo.



P. Q. M.
Si chiede pertanto che sia dichiarata la illegittimita'
costituzionale delle disposizioni legislative sottoposte a giudizio,
con ogni consequenziale pronuncia e con invito alla regione a non
procedere alla attuazione delle disposizioni stesse in pendenza del
giudizio.
Roma, addi' 23 dicembre 2004
Vice Avvocato generale: Franco Favara

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