Ricorso n. 116 del 22 novembre 2010 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 novembre 2010 , n. 116
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 ottobre 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 2 del 12-1-2011)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Lombardia in persona del Presidente pro-tempore per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale in parte qua della legge regionale Lombardia del 21 settembre 2010, n. 16, pubblicata sul B.U.R. della Regione Lombardia del 23 settembre 2010, n. 38, I supplemento ordinario, recante: «Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2010/2011 ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura di richiami vivi)» in relazione all'art. 1, ed al conseguente allegato A. La proposizione del presente ricorso e' stata deliberata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 18 novembre 2010 e si depositano a tal fine estratto conforme, del verbale e relazione del Ministro proponente. La legge regionale Lombardia n. 16/2010, e' composta da due articoli, di cui il primo reca l'approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2010/2011 ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3, come riportato nell'allegato A; il secondo articolo disciplina l'entrata in vigore della legge. La legge regionale e' illegittima nell'art. 1, e nel conseguente allegato A per i seguenti. Motivi Preliminarmente va premesso che, nonostante le regioni abbiano una competenza in materia di autorizzazione all'approvazione del piano di cattura dei richiami vivi, secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 3 della legge n. 157/1992, tale potesta' deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario, di cui all'art. 117, primo comma, Cost., nonche' dei principi stabiliti dal legislatore statale nella normativa su richiamata, contenente gli standards minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale, secondo quanto disposto dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 1) Violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione - in relazione all'art. 9 della direttiva 79/409/CEE, riprodotto nell'art. 9 della direttiva 2009/147/CE - con riferimento all'art. 1, e all'annesso allegato A, legge regionale Lombardia n. 16/2010. L'autorizzazione alla cattura delle specie indicate nell'allegato A, avviene in assenza dei presupposti e delle condizioni poste dall'art. 9 della dir. 79/409/CEE (Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), riprodotta (senza alcuna modificazione di sostanza) nell'art. 9 della direttiva 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), configurandosi, pertanto, la chiara violazione del vincolo comunitario, di cui all'art. 117, primo comma, Cost. Infatti, la direttiva su richiamata subordina la possibilita' di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantita' alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di condizioni rigidamente controllate e all'impiego di modalita' selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura in cui siano strettamente necessarie a soddisfare le richieste del mondo venatorio. Si tratta di misure non rispettate dalla regione, come confermato dal parere negativo dell'ISPRA, formulato con note del 20 luglio 2010 e del 20 agosto 2010. La norma impugnata, costituisce l'esatta riproposizione della legge regionale Lombardia n. 19/2009, dichiarata incostituzionale da codesta Corte con sentenza n. 266/2010 per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. Ha affermato al riguardo codesto consesso che: «La costante giurisprudenza di questa Corte ha gia' chiarito che si tratta di "un potere di deroga esercitabile in via eccezionale" che ammette "l'abbattimento o la cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima, alle condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall'art. 9.1, e secondo le procedure e le modalita' di cui al punto 2 dello stesso art. 9" (sentenze n. 168 del 1999 e n. 250 del 2008). Il carattere eccezionale del potere in questione e' stato peraltro ribadito anche, dalla giurisprudenza comunitaria (in particolare, Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006, causa C-118/94), secondo la quale l'autorizzazione degli Stati membri a derogare al divieto generale di cacciare le specie protette e' subordinata all'adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2. Detti requisiti, infatti - precisa sempre la Corte di giustizia della Comunita' europea (oggi Corte di giustizia dell'Unione europea) - perseguono il duplice scopo di limitare le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza degli organi comunitari a cio' preposti. In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie che formano oggetto delle medesime; b) i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in, cui esse possono essere applicate; d) l'autorita' abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i controlli che saranno effettuati. Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo comunitario derivante dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE (oggi art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l'osservanza dell'obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate, e cio' a prescindere dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in concreto utilizzato per l'introduzione della deroga al divieto di caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. Ebbene, tale onere non risulta rispettato. In particolare, quanto alla legge della Regione Lombardia n. 19 del 2009, deve rilevarsi la completa omissione di qualsiasi cenno in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei presupposti richiesti dalla direttiva.». Sotto tale profilo, dunque, risulta integrata la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., non avendo la Regione Lombardia rispettato le misure dettate dalla direttiva citata, cosi' come, peraltro, e' confermato dal parere negativo dell'ISPRA formulato con note del 20 luglio 2010 e del 20 agosto 2010. 2) Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in relazione all'art. 1, legge regionale Lombardia n. 16/2010. La normativa in esame, disponendo l'autorizzazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria in corso, in assenza del parere favorevole dell'ISPRA, contrasta con l'art. 4, comma 3 della legge n. 157/1992 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che lo richiede espressamente, nonche' con la legge quadro regionale in materia di cattura dei richiami vivi, la legge regionale n. 5/2007, di cui la presente costituisce attuazione. La disposizione statale su richiamata costituisce indubbiamente una misura minima di tutela e quindi inderogabile per il legislatore regionale; pertanto, il suo mancato rispetto fa venir meno quegli standard minimi e uniformi di tutela della fauna, risultando violata l'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Istanza di sospensione dell'esecuzione Preliminarmente va premesso che nel caso di specie ricorrono entrambi i presupposti per accordare la tutela in via d'urgenza ai sensi degli artt. 35 e 40 legge n. 87 del 1953, rinvenendosi la concomitanza dei due requisiti, ovvero il fumus boni iuris ed il periculum in mora (cfr. Corte cost., ord., 18 marzo 2010, n. 107). Per quanto attiene al fumus ci si riporta ai motivi di ricorso. Per quanto investe il periculum in mora si osserva quanto segue. Ai sensi dell'art. 18, legge 11 febbraio 1992, n. 157, l'attivita' venatoria puo' essere esercitata nel periodo ricompreso tra il 1° settembre ed il 31 gennaio con facolta' per le regioni di posticipare il termine non oltre la prima decade di febbraio. In particolare con riferimento all'allegato A della legge impugnata, il precitato art. 18, legge n. 157/1992, prescrive la data del 31 dicembre quale termine ultimo per l'attivita' di caccia dell'allodola, e del merlo e quello del 31 gennaio per la cesena, il tordo bottaccia ed il tordo sassello. Cio' premesso la mancata sospensione dell'esecuzione della legge impugnata, determina il rischio di veder vanificati gli effetti di un'eventuale pronunzia di accoglimento del ricorso nel merito che intervenga successivamente alla chiusura della stagione venatoria (31 gennaio). Come gia' esposto, la legge impugnata e' sostanzialmente conforme a quella dell'anno precedente n. 19 del 2009, dichiarata incostituzionale da codesta Corte con sentenza 22 luglio 2010, n. 266, intervenuta, purtroppo, quando era gia' concluso il periodo in cui la caccia era consentita. Cio' ha determinato che la decisione della Consulta rimanesse priva di effetti. Sussiste pertanto, ai sensi dell'art. 35, legge n. 87 del 1953, il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini. La mancata concessione della tutela cautelare richiesta pone altresi' la regione Lombardia, che approva anno per anno il piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria, nella condizione di non subire gli effetti pregiudizievoli derivanti da eventuali decisioni di illegittimita' costituzionale, che nel rispetto dei termini del processo costituzionale, intervengano successivamente alla chiusura della stagione venatoria.
P. Q. M. Si confida che codesta Corte vorra' dichiarare, previa sospensione dell'esecuzione, l'illegittimita' delle disposizioni sopra indicate della legge regionale Lombardia n. 16/2010. Si allega: 1. estratto conforme, del verbale della seduta del Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2010; 2. relazione del Ministro proponente; 3. parere negativo dell'ISPRA formulato con note del 20 luglio 2010 e del 20 agosto 2010; 4. legge Regione Lombardia n. 16/2010. Roma, addi' 22 novembre 2010 L'avvocato dello Stato: Marco Stigliano Messuti