Ricorso n. 117 del 30 novembre 2010 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 novembre 2010 , n. 117
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 novembre 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 2 del 12-1-2011)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi, 12, contro la Regione Toscana, in persona del Presidente in carica per l'impugnazione della legge regionale della Toscana n. 50 del 6 ottobre 2010, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Toscana n. 41 dell'11 ottobre 2010, recante «Disciplina dell'attivita' di cattura di uccelli da richiamo appartenenti alle specie cacciabili per l'anno 2010 ai sensi dell'art. 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 137 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e dell'art. 34 della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Nome per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio")», nell'art. 2 e nell'allegato A (richiamato nel medesimo art. 2). La legge regionale della Toscana n. 50 del 2010 introduce alcune norme volte a disciplinare per l'anno 2010 l'attivita' di cattura di uccelli da richiamo appartenenti alle spese cacciabili. In particolare l'art. 2 e' cosi' formulato: «1. Le Province di Arezzo, Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia e Siena sono autorizzate ad esercitare l'attivita' di cattura di uccelli per la cessione a fini di richiamo per l'anno 2010, svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province stesse e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall'Istituto superiore per la prevenzione e ricerca ambientale (ISPRA), nei quantitativi suddivisi per provincia, per tipo di impianto e per specie cosi' come risulta dall'allegato A alla presente legge. 2. Tali impianti devono essere dotati di reti selettive rispondenti alle caratteristiche stabilite dalla nota del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali del 22 novembre 1996. 3. Gli uccelli dovranno appartenere a specie cacciabili ed in buono stato di conservazione e precisamente: cesena, merlo, tordo bottaccio e tordo sassello. 4. L'importo per la cessione degli esemplari catturati e' di euro 20,00 a soggetto. 5. L'attivita' di cattura si effettua dall'entrata in vigore della presente legge al 31 dicembre 2010. 6. Le province, una volta raggiunto il contingente di uccelli da catturare assegnato, procedono a sospendere l'attivita' di cattura». Preliminarmente si osserva che, nonostante le regioni abbiano una competenza in materia di autorizzazione all'approvazione del piano di cattura dei richiami vivi, secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 3, legge 157/1992, tale potesta' deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario, secondo quanto sancito dall'art. 117, comma 1 della Costituzione, nonche' dei principi stabiliti dal legislatore statale nella normativa su richiamata, contenente gli standard minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale, secondo quanto disposto dall'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. Le disposizioni indicate in epigrafe della legge regionale in questione sono illegittime per i seguenti motivi. 1. Violazione dell'art. 117, comma 1 della Costituzione - in relazione all'art. 9 della direttiva 79/409/CEE, riprodotto nell'art. 9 della direttiva 2009/147/CE. L'autorizzazione alla cattura delle specie indicate nell'allegato A operata dall'art. 2 della legge regionale in epigrafe avviene in assenza dei presupposti e delle condizioni poste dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE (Direttiva del consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), riprodotta (senza alcuna modificazione di sostanza) nell'art. 9 della direttiva 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), configurandosi, pertanto, la chiara violazione del vincolo comunitario, di cui all'art. 117, primo comma della Costituzione. La direttiva subordina la possibilita' di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantita' alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di condizioni rigidamente controllate e all'impiego di modalita' selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura in cui siano strettamente necessarie a soddisfare le richieste del mondo venatorio. Si tratta di condizioni e misure non rispettate dalla regione, come confermato oltre tutto dal parere negativo dell'ISPRA reso con nota del 25 agosto 2010 n. 28164-ta62. La norma impugnata costituisce peraltro l'esatta riproposizione della legge regionale Toscana n. 53/2009, dichiarata incostituzionale - da codesta Corte con sentenza n. 266/2010, per violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione. Ha affermato al riguardo codesto consesso quanto segue: «La costante giurisprudenza di questa Corte ha gia' chiarito che si tratta di "un potere di deroga esercitabile in via eccezionale" che ammette "l'abbattimento o la cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima, alle condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall'art. 9.1, e secondo le procedure e le modalita' di cui al punto 2 dello stesso art. 9" (sentenze n. 168 del 1999 e n. 250 del 2008). Il carattere eccezionale del potere in questione e' stato peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza comunitaria (in particolare, Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006, causa C-118/94), secondo la quale l'autorizzazione degli Stati membri a derogare al divieto generale di cacciare le specie protette e' subordinata all'adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2. Detti requisiti, infatti - precisa sempre la Corte di giustizia della Comunita' europea (oggi Corte di giustizia dell'Unione europea) - perseguono il duplice scopo di limitare le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza degli organi comunitari a cio' preposti. In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie che formano oggetto delle medesime; b) i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate; d) l'autorita' abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i controlli che saranno effettuati. Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo comunitario derivante dall'art. 9 della direttiva 7914091 CEE (oggi art. 9 della direttiva 2009/ 147 /CE) CE) impone l'osservanza dell'obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate, e cio' a prescindere dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in concreto utilizzato per l'introduzione della deroga al divieto di caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. Ebbene, tale onere non risulta rispettato [...]. [...] Quanto all'art. 2 della legge della Regione Toscana n. 53 del 2009, invece, la motivazione, seppure formalmente esistente, risulta fondata su petizioni di principio prive di alcun riferimento alle condizioni concrete che avrebbero potuto, in ipotesi, giustificare la deroga adottata». Sotto tale profilo, dunque, risulta integrata la violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione, non avendo la Regione Toscana rispettato le misure dettate dalla citata direttiva, il che - come detto - e' confermato dal parere negativo dell'ISPRA formulato con nota del 25 agosto 2010 n. 28164-ta62 (che si produce). In particolare la legge regionale in epigrafe non fornisce valide argomentazioni atte a ritenere sussistente la condizione, imposta dalla direttiva, dell'assenza di soluzioni soddisfacenti alternative, come quella, proposta appunto dall'ISPRA nella sopra citata nota, della riproduzione in cattivita'. In particolare al punto 11 del preambolo della legge regionale si afferma (apoditticamente) che «non esiste al momento altra condizione soddisfacente a fronte delle richieste pervenute, se non quella del metodo delle catture». L'ISPRA aveva invece sottolineato nel suo parere obbligatorio (disatteso dalla regione senza peraltro dedicargli nel preambolo della legge neanche un accenno) che il reperimento dei richiami vivi potesse essere assicurato con la riproduzione in cattivita' in luogo della cattura. In particolare, nella nota del 25 agosto 2010 l'ISPRA aveva precisato che «i dati relativi ai richiami vivi attualmente detenuti in regione mostrano come la riproduzione in cattivita' non solo rappresenti una valida alternativa alla cattura, ma costituisca anche la principale fonte di approvvigionamento per i cacciatori toscani», e che «tale situazione si riscontra per la totalita' dei ivi inclusa l'allodola, specie generalmente di piu' difficile allevamento». Ai fini di quanto disposto dalla direttiva comunitaria, la legge regionale in epigrafe non spiega - neanche nel suo pur articolato preambolo - le ragioni per cui la soluzione della riproduzione in cattivita' (alternativa alla cattura) non possa risultare soddisfacente, e pertanto incorre nella violazione della normativa comunitaria. 2. Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. La normativa regionale in epigrafe, disponendo l'autorizzazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria in corso in contrasto con il parere sfavorevole reso dall'ISPRA, viola l'art. 4, comma 3, legge n. 157/1992, che richiede espressamente l'acquisizione del parere favorevole dell'ISPRA. La disposizione statale su richiamata costituisce indubbiamente una misura minima di tutela e quindi inderogabile per il legislatore regionale; pertanto, il suo mancato rispetto fa venir meno quegli standard minimi e uniformi di tutela della fauna, risultando violata l'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. Nel caso di specie l'ISPRA aveva espresso un parere sfavorevole (nota del 25 agosto 2010, n. 28164-ta62), specificando che i dati relativi ai richiami vivi disponibili in regione mostrassero come la riproduzione in cattivita' non solo rappresentasse una valida alternativa alla cattura, ma costituisse anche la principale fonte di approvvigionamento per i cacciatori toscani. Tale situazione peraltro si riscontrava per la totalita' dei richiami, inclusa l'allodola, specie generalmente piu' difficile per l'allevamento. Pertanto, data la situazione regionale, a giudizio dell'ISPRA era ed e' preclusa la possibilita' di prevedere forme di prelievo in natura, stante la prescrizione dell'art. 9, comma 1, della dir. 409/79/CEE, che ammette eccezionalmente il ricorso al prelievo «sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti». Con la legge regionale in epigrafe la Regione Toscana ha disatteso il parere dell'ISPRA, senza peraltro dedicargli nel preambolo neanche un accenno, e senza spiegare nel medesimo Preambolo (pure dedicato all'illustrazione dell'istruttoria che ha preceduto la promulgazione della legge) le ragioni per cui la soluzione alternativa della riproduzione in cattivita' prospettata dall'ISPRA non potesse essere soddisfacente. Istanza di sospensione dell'esecuzione. Nel caso di specie ricorrono entrambi i presupposti per accordare la tutela in via d'urgenza ai sensi degli artt. 35 e 40, legge n. 87 del 1953, rinvenendosi la concomitanza dei due requisiti, ovvero il fumus boni iuris ed il periculum in mora (cfr. Corte costituzionale, ordinanza, 18 marzo 2010, n. 107). Per quanto attiene al fumus ci si riporta ai motivi di ricorso, e in particolare alla circostanza che codesta Corte ha gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale di disposizioni analoghe adottate, per la precedente stagione venatoria, dalla medesima regione. Con riferimento al periculum in mora si osserva quanto segue. La legge regionale toscana autorizza la cattura dei richiami vivi fino al 31 dicembre 2010. Peraltro, ai sensi dell'art. 18, legge n. 157/1992, l'attivita' venatoria puo' essere esercitata nel periodo ricompreso tra il 1° settembre ed il 31 gennaio con facolta' per le regioni di posticipare il termine non oltre la prima decade di febbraio. Cio' premesso, la mancata sospensione dell'esecuzione della legge impugnata determina il rischio di vedere vanificati gli effetti di un'eventuale pronunzia di accoglimento del ricorso nel merito che intervenga successivamente alla cessazione degli effetti della legge impugnata (31 dicembre) o in ogni caso dopo la chiusura della stagione venatoria (31 gennaio). A cio' si aggiunga che - come gia' esposto - la legge impugnata e' sostanzialmente conforme a quella adottata dalla regione Toscana nell'anno precedente (la legge regionale n. 53 del 2009), dichiarata incostituzionale da codesta Corte con sentenza 22 luglio 2010, n. 266 quando pero' era gia' concluso il periodo di autorizzazione alla cattura dei richiami e dunque di efficacia della legge stessa (31 dicembre 2009). Cio' ha determinato che la decisione della consulta rimanesse priva di effetti, e vi e' il fondato rischio che, adottando leggi regionali che autorizzino il prelievo in natura dei richiami vivi per periodi limitati (inferiori cioe' ai tempi ordinari e fisiologici di proposizione a codesta ecc.ma Corte del ricorso ex art. 127 della Costituzione e di decisione dello stesso), altre regioni come la Toscana riescano ad eludere le nonne costituzionali sopra richiamate, con oltretutto il rischio di una procedura di infrazione comunitaria per la sopra evidenziata violazione delle norme comunitarie in materia. Sussiste pertanto, ai sensi dell'art. 35, legge n. 87 del 1953, il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini.
P. Q. M. Si confida che codesta ecc.ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' dell'art. 2 e dell'allegato A della legge regionale della Toscana n. 50 del 6 ottobre 2010. Roma, addi' 25 novembre 2010 L'Avvocato dello Stato: Lorenzo D'Ascia