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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1º marzo 2011 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 13 del 23-3-2011)
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Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, (c.f.
80188230587) rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura
Generale dello Stato (c.f. 80224030587) presso i cui uffici e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12, contro la Regione
Lombardia, (c.f. 80050050154) in persona del Presidente della Giunta
Regionale pro tempore, per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. r) della Legge Regione
Lombardia 5 febbraio 2010 n. 7, come da delibera del Consiglio dei
Ministri in data 1º aprile 2010.
Sul B.U.R. Lombardia 28 dicembre 2010 n. 52 e' stata pubblicata
la Legge Regionale 27 dicembre 2010 n. 21, recante «Modifiche alla
legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 Disciplina dei servizi locali
di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei
rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche,
in attuazione dell'articolo 2, comma 186-bis della legge 23 dicembre
2009, n. 191».
Il Governo Ritiene che tale legge sia censurabile nelle
disposizioni contenute nell'art. 1, comma 1, lett. t) e pertanto
propone questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art.
127 comma 1 cost. per i seguenti
Motivi
La legge in esame che, in attuazione dell'art. 2, comma 186-bis,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191, detta modifiche alla legge
regionale 12 dicembre 2003, n. 26, recante la disciplina dei servizi
locali di interesse economico generale e norme in materia di gestione
dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse
idriche, presenta diversi profili di illegittimita' costituzionale
relativamente alla disposizione di cui all'art. 1, comma 1, lettera
t).
L'art. 1, comma 1, lettera t) della legge in esame novella l'art.
49, della 1.r. n. 26/2003, in tema di organizzazione del servizio
idrico integrato.
Il nuovo articolo 49 della legge regionale n. 26/2003 risulta
censurabile relativamente ai commi 2 e 4 per i seguenti motivi:
1) La norma contenuta nel novellato art. 49, comma 2, stabilisce
che: «Gli enti locali possono costituire una societa' patrimoniale
d'ambito ai sensi dell'articolo 113, comma 13 del d.lgs. n. 267/00, a
condizione che questa sia unica per ciascun ATO e vi partecipino
direttamente o indirettamente mediante conferimento della proprieta'
delle reti, degli impianti, delle altre dotazioni patrimoniali del
servizio idrico integrato e, in caso di partecipazione indiretta del
relativo ramo d'azienda, i comuni rappresentativi di almeno i due
terzi del numero dei comuni dell'ambito.».
In proposito, si evidenzia, che il comma 13 dell'art. 113 del d.
lgs. 267/2000, richiamato dalla norma regionale, pur non risultando
esplicitamente abrogato dal combinato disposto degli artt. 23-bis,
comma 10, lett. m., del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e 12 del D.P.R. n. 168 del
2010, recante il regolamento in materia di servizi pubblici locali di
rilevanza economica, e' stato implicitamente abrogato dall'art.113
citato laddove nel comma 5 si afferma il principio della proprieta'
pubblica delle reti e nel comma 10 si prevede l'abrogazione delle
disposizioni dell'art.113 divenute incompatibili proprio con la
disposizione menzionata.
Per di piu' il medesimo comma 13 del citato art.113 prevede
espressamente che la disciplina in esso contenuta si applichi «nei
casi in cui non sia vietato dalle normative di settore».
Il settore idrico integrato e' disciplinato ai sensi degli
artt.141 e ss del d.lgs. n. 152/06 da norme statali per quanto
concerne la tutela dell'ambiente, della concorrenza, nonche' la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio
idrico integrato.
Piu' in particolare la disciplina della proprieta' delle reti e'
regolata dall'art. 143, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 a mente del
quale «Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le
altre infrastrutture idriche di proprieta' pubblica, fino al punto di
consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi dell'art.
822 e ss. del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei
limiti stabiliti dalla legge».
Richiamando in questa sede i principi sanciti da codesto Giudice
delle leggi in subiecta materia (Cfr. C. cost. 16-20 novembre 2009,
n. 307), il comma richiamato costituisce norma di settore che prevale
sul disposto del citato comma 13 dell'articolo 113 del TUEL e rende
quindi illegittima la previsione di un trasferimento della proprieta'
degli impianti ad una societa', ancorche' a partecipazione pubblica.
Il trasferimento della proprieta', come previsto dalla norma
regionale, ad una societa' che e' soggetto di diritto privato
comunque in posizione di autonomia soggettiva rispetto agli enti
pubblici soci, si pone in contrasto non soltanto con la citata
disposizione statale, bensi' anche con gli artt. 822, 823, 824, del
cod. civ., dalla lettura combinata dei quali si evince che gli
acquedotti provinciali e comunali sono soggetti al regime del demanio
pubblico che, per l'appunto, ne prevede la inalienabilita' se non nei
modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Pertanto, quand'anche non si ritenesse implicitamente abrogato il
comma 13 dell'articolo 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, la clausola di
salvezza ivi contenuta riguardo alle discipline di settore determina
la prevalenza del citato art. 143, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, e
(di riflesso) il contrasto fra quest'ultimo e la norma della LR. in
oggetto.
La norma regionale risulta inoltre violare l'art. 23-bis, comma 5
del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 133 del 2008, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza
economica, dove si afferma che resta ferma la proprieta' pubblica
delle reti.
Le medesime illegittimita' si rilevano in ordine al collegato
comma 6, lettera c) del novellato articolo 49 che dispone che l'ente
responsabile dell'ATO definisca i criteri per il trasferimento dei
beni e del personale delle gestioni esistenti.
2) Il nuovo comma 4, dell'art. 49, stabilisce che in ogni caso la
societa' patrimoniale pone a disposizione del gestore incaricato
della gestione del servizio le reti, gli impianti, le altre dotazioni
patrimoniali, e l'ente responsabile dell'ATO puo' assegnare alla
societa' il compito di espletare le gare per l'affidamento del
servizio, le attivita' di progettazione preliminare delle opere
infrastrutturali relative al servizio idrico e le attivita' di
collaudo delle stesse.
La nuova formulazione del comma 4, nella parte in cui consente di
sottrarre all'ATO la competenza ad aggiudicare la gestione del
servizio idrico integrato, contrasta con le disposizioni della
normativa statale di riferimento, di cui l'art. 150, comma 2, del
d.lgs. n. 152/2006 e l'art. 12, comma 1, lettera b), del D.P.R. n.
168/2010, che prevedono che sia l'autorita' d'Ambito ad aggiudicare
la gestione del servizio idrico integrato.
Del resto, la riserva alla legge statale del potere di attribuire
ad altri le funzioni gia' di competenza degli ATO e' confermata anche
dalla legge n. 191/2009, all'art. 2, comma 186-bis, la quale, nel
prevedere la soppressione delle AATO e la successiva attribuzione
delle relative funzioni, ha previsto la loro attribuzione in blocco
ad altro, unico soggetto, anziche', come invece previsto dalla
disposizione regionale in parola, l'enucleazione di una singola
attribuzione da devolvere a soggetto formalmente privato isolatamente
dalle rimanenti competenze (quale, ad es., la redazione del Piano
d'ambito, che come noto costituisce una sorta di antecedente logico,
giuridico, economico e tecnico‑operativo degli atti, ad iniziare dal
bando, necessari alla indizione e celebrazione della gara per
l'affidamento).
Conclusivamente, le norme censurate appaiono costituzionalmente
illegittime e meritano di essere annullate in quanto, risultando non
conformi alla citata legislazione di settore, sono invasive delle
competenze statali per violazione dell'art. 117 Cost., comma 2, che
attribuiscono rispettivamente alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato la tutela della concorrenza, la materia dell'ordinamento
civile nel cui ambito rientra il regime dei beni demaniali, la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale ed infine la tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali.
Il comma 2 del novellato art. 49 della 1.r. della cui
legittimita' si controverte risulta peraltro contrastante con l'art.
117 primo comma Cost. in quanto attribuendo la proprieta' delle reti
a soggetti privati deroga ad un vincolo derivante dall'ordinamento
comunitario in ossequio al quale l'art.15, comma 1-ter DI n. 135/09
ha previsto tra l'altro che tutte le forme di affidamento della
gestione del servizio idrico integrato devono avvenire nel rispetto
dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena
ed esclusiva proprieta' pubblica delle risorse idriche.
P.Q.M.
Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente
annullare l'articolo nell'art. 1, comma 1, lett. t) della legge
Regione Lombardia 27 dicembre 2010, n. 21, nelle parti e per i motivi
illustrati nel presente ricorso.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 23
febbraio 2011;
2. copia della Legge regionale impugnata.
Roma, addi' 24 febbraio 2011
L'Avvocato dello Stato: Aiello