Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 febbraio 2017 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 11 del 2017-03-15)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall' Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

Contro la Regione Campania, in persona del suo Presidente p.t., per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell' art. 3 della legge della Regione Campania n. 36 del 7 dicembre 2016, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania del 7 dicembre 2016, n. 83, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 2 febbraio 2017.

Fatto

In data 7 dicembre 2016 e' stata pubblicata, sul n. 83 del Bollettino Ufficiale della Regione Campania, la legge regionale n. 36 del 7 dicembre 2016, recante «Assestamento al bilancio di previsione 2016-2018 della Regione Campania».

Una delle disposizioni contenute nella detta legge, come meglio si andra' a precisare in prosieguo, eccede dalle competenze regionali ed e' violativa di previsioni costituzionali e illegittimamente invasiva delle competenze dello Stato; si deve pertanto procedere con il presente atto alla sua impugnazione, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di

Diritto

1. La legge di Assestamento al bilancio di previsione 2016-2018 della Regione Campania (legge regionale n. 36 del 7 dicembre 2016) ha tra l'altro introdotto, per quanto qui interessa, all'art. 3, delle variazioni alle previsioni di spese per l'esercizio finanziario 2016-2017-2018, con variazioni di competenza e di cassa al precedente stato di previsione, meglio illustrate nella Tabella 4 annessa in allegato alla legge.

In particolare, la richiamata norma prevede testualmente che: «1. Nello stato di previsione delle spese per l'esercizio finanziario 2016 sono introdotte le variazioni di competenza e cassa di cui alla annessa tabella n. 4, comprensive della quota annua del maggior disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario  dei  residui accertato in sede di approvazione del rendiconto 2013, pari a € 32.369.826,78  e  della  quota  ripiano  disavanzo  per  la contabilizzazione del decreto-legge n. 35/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64/2013, come stabilito dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge n. 208/2015 pari ad € 64.654.869,92 e del  relativo  Fondo  anticipazione  di  liquidita'  per  € 2.558.633.529,68.

2. Nello stato di previsione delle spese per  l'esercizio finanziario 2017 sono introdotte le variazioni di competenza di cui alla annessa tabella n. 4, comprensive della quota annua del maggior disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario  dei  residui accertato in sede di approvazione del rendiconto 2013, pari a € 16.184.913,39  e  della  quota  ripiano  disavanzo  per  la contabilizzazione del decreto-legge n. 35/2013 convertito,  con modificazioni, dalla legge n. 64/2013 come stabilito dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge n. 208/2015 pari ad € 66.199.255,28 e del  relativo  Fondo  anticipazione  di  liquidita'  per  € 2.492.434.274,40.

3. Nello stato di previsione delle spese per  l'esercizio finanziario 2018 sono introdotte le variazioni di competenza di cui alla annessa tabella n. 4, comprensive della quota annua del maggior disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario  dei  residui accertato in sede di approvazione del rendiconto 2013, pari a € 16.184.913,39  e  della  quota  ripiano  disavanzo  per  la contabilizzazione del decreto-legge n. 35/2013 convertito,  con modificazioni, dalla legge n. 64/2013 come stabilito dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge n. 208/2015 pari ad € 67.783.325,25 e del  relativo  Fondo  anticipazione  di  liquidita'  per  € 2.424.650.949,15».

Cosi' disponendo, tuttavia,  il  legislatore  regionale  ha illegittimamente inciso nelle competenze statali: l'art. 3 della legge regionale n. 36/2016  deve  essere  pertanto  dichiarato incostituzionale alla luce delle considerazioni qui di seguito sviluppate.

2. Va premesso che la Regione Campania ha approvato, in data 14 novembre 2016, la legge regionale n. 31 (pubblicata nel B.U.R. Campania 14 novembre 2016, n. 75), Rendiconto generale della Regione Campania per l'esercizio finanziario 2013. La  legge  contiene l'approvazione del Rendiconto generale e del conto del bilancio della Regione Campania per l'esercizio finanziario 2013.

3. Alla luce degli elementi scaturenti da tali documenti e della conseguente rideterminazione ed aggiornamento delle risultanze di bilancio, con la legge che oggi si impugna si e' pertanto proceduto al recepimento contabile delle risultanze stesse, con variazione in aumento della quota annua del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui da ripianare in trenta esercizi. La Tabella 4 allegata alla legge n. 36/2016 mostra appunto, alla penultima riga, la «Copertura disavanzo tecnico da riaccertamento straordinario dei residui», con variazioni, rispettivamente per gli anni 2016, 2017 e 2018, pari rispettivamente ad € 32.369.826,78; € 16.184.913,39;  € 16.184.913,39.

Trattasi, tuttavia, di artificio contabile che si pone in evidente contrasto con la normativa statale regolante la materia.   3. Va, invero, rammentato che, con il decreto legislativo n. 118/2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), il legislatore statale ha posto principi contabili generali da applicarsi da parte delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali, ai fini della uniformita' dei documenti contabili, disciplinando, espressamente «ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  della  Costituzione», «l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni».

Tale normativa e' stata appunto posta a soddisfare l'esigenza primaria contemplata dalla norma costituzionale richiamata (e qui violata), che rimette alla competenza statale esclusiva la materia della «armonizzazione dei bilanci pubblici».

4. Per quanto qui interessa, l'art. 42 del citato decreto legislativo n. 118/2011 (da qualificarsi quale norma interposta), nel disciplinare il risultato di amministrazione, prevede al comma 12 un preciso procedimento per l'imputazione in bilancio dell'eventuale maggior disavanzo che dovesse risultare rispetto alle previsioni dei precedenti documenti contabili, disponendo che «l'eventuale disavanzo di amministrazione accertato ai sensi del comma 1, a seguito dell'approvazione del rendiconto, al netto del debito autorizzato e non contratto di cui all'art. 40, comma 1, e' applicato al primo esercizio del bilancio di previsione dell'esercizio in corso di gestione. La mancata variazione di bilancio che, in corso di gestione, applica il disavanzo al bilancio e' equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione. Il disavanzo di amministrazione puo' anche essere ripianato negli esercizi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della  legislatura  regionale,  contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio. Il piano di rientro e' sottoposto al parere del collegio dei revisori. Ai fini del rientro, possono essere utilizzate le economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione, nonche' i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in capitale con riferimento a squilibri di parte capitale».

I successivi commi 13 e 14 prevedono, rispettivamente, che «la deliberazione di cui al comma 12 contiene l'impegno formale di evitare la formazione di ogni ulteriore potenziale disavanzo, ed e' allegata al bilancio di previsione e al rendiconto, costituendone parte integrante. Con periodicita' almeno semestrale, il Presidente della giunta regionale trasmette al  Consiglio  una  relazione riguardante lo stato di attuazione del piano di rientro. A decorrere dal 2016, e' fatto salvo quanto previsto dall'art. 40, comma 2», e che «l'eventuale disavanzo di amministrazione presunto, accertato ai sensi del comma 2, e' applicato al  bilancio  di  previsione dell'esercizio successivo secondo le modalita' previste al comma 12. A seguito dell'approvazione del rendiconto e dell'accertamento dell'importo  definitivo  del  disavanzo  di  amministrazione dell'esercizio precedente, si provvede alle eventuali ulteriori iniziative necessarie ai sensi del comma 12».

5. Appare dunque di piena evidenza che il legislatore regionale campano, nell'approvare la legge di assestamento di bilancio oggi impugnata, ha totalmente disatteso il procedimento previsto dalla norma statale di principio che  regola  il  procedimento  per l'imputazione in bilancio dell'eventuale maggior disavanzo.

Invero, come risulta dalla lettura della complessa normativa statale, e' pur vero che il disavanzo di amministrazione ben puo' essere ripianato negli esercizi considerati  nel  bilancio  di previsione (in ogni caso nei limiti costituiti dalla durata della legislazione regionale), in una con l'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro del disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a conseguire il fondamentale obiettivo del pareggio di bilancio. La Regione Campania, tuttavia, non ha seguito il corretto procedimento sopra sommariamente richiamato. E tale comportamento non solo incide sul canone, anche costituzionalmente previsto, della uniformita'/armonizzazione dei bilanci pubblici, ma, sotto un  ben  piu'  rilevante profilo sostanziale, ma conduce ad una non corretta formazione del documento contabile,  aggirando  anche l'altro  principio  costituzionale costituito dal tendenziale pareggio tra entrate e spese (art. 81 Cost.).

In tal senso si e' espressa la stessa Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Campania, proprio nella relazione allegata al giudizio di parificazione del Rendiconto 2013 (cfr. n. 2. che precede): il legislatore regionale, osserva il Giudice contabile, ricorrendo ad  artifici  contabili,  finisce  con  l'utilizzare illegittimamente il riaccertamento straordinario quale «mezzo per eludere il principio costituzionale dell'equilibrio di bilancio» (1).

E' pertanto evidente che la  disposizione  regionale  oggi impugnata, l'art. 3 della legge della Regione Campania n. 36 del 7 dicembre 2016, si pone in contrasto con i principi posti dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e viola pertanto la competenza esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, presentando profili di incostituzionalita' per patente violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, e' viziata, e deve essere dichiarata incostituzionale.

(1) Corte dei conti-Sezione  regionale  di  controllo  per  la   Campania-delibera n. 285/2016 dell'8 luglio 2016: «in conformita'   alla ormai consolidata giurisprudenza di questa Sezione, si rammenta che il riaccertamento straordinario non puo' costituire   mezzo per eludere il principio costituzionale dell'equilibrio di bilancio, utilizzato per accedere al ripiano trentennale di  disavanzi che non hanno causa nel mutamento delle regole di costruzione del bilancio (cfr. da ultimo SRC n. 532016/PRSP la  precedente SRC Campania n. 250/2015/PRSP, oltre a 228/2015/PRSP,   n. 2172015/PRSP, n. 196/2015/PRSP, n. 1622015/PRSP). La nuova   contabilita' armonizzata, infatti, imponendo la «traduzione» del   risultato di amministrazione al 31 dicembre 2013 in una nuova   grandezza, ricomputata in base al principio della competenza   finanziaria «potenziata» ed al principio prudenziale  della   svalutazione standard dei crediti (generante il FCDE), puo'   generare un risultato di amministrazione nettamente peggiorativo.   Cio' per due ragioni: la prima e' che la ridistribuzione   temporale di debiti e crediti e la conseguente imputazione alle   varie annualita' di bilancio puo' generare un «disavanzo tecnico»   (che pure non equivale a violazione del principio del pareggio di   bilancio in quanto, in ottica pluriennale, ciascun  debito   continua ad avere la sua copertura); la seconda riguarda il  principio prudenziale della svalutazione standard dei crediti, in base al criterio della riscossione storica. Mentre nel previgente   ordinamento il Fondo svalutazione crediti era affidato al  prudente apprezzamento dell'ente, mediante una valutazione in   concreto e partita per partita del bilancio, il nuovo istituto   obbliga, pressoche' senza eccezioni, a costruire un fondo di   svalutazione che assume a riferimento unico il criterio della   riscossione storica (diversamente  calcolata  per  la  sede   previsionale e la «competenza» annuale e per la sede consuntiva).   Giova evidenziare che e' proprio il passaggio da un criterio di   svalutazione  concreto  ad  uno  standard  che  rende   costituzionalmente ragionevole il largo lasso temporale (30 anni)   per ripianare i disavanzi da armonizzazione (diversamente che per   le situazioni di conclamato squilibrio attuale e latente a date   precedenti il 1° gennaio 2015): infatti, il riequilibrio secondo   le regole ordinarie avrebbe potuto portare ad un trattamento   eccessivamente rigoroso rispetto allo scopo costituzionale del   Legislatore che e' quello di garantire l'effettivo rispetto del  pareggio di bilancio (art. 81 Cost.), laddove la svalutazione   standard porta a ritenere come non riscuotibili crediti che in   concreto potrebbero invece avere un «nomen bonum» (si pensi a   Crediti per cui sono stati effettuati regolari atti internativi   concernenti aziende debitrici in bonis e con cui e' stato   raggiunto un accordo transattivo regolarmente evaso alle scadenze   stabilite o ad un consistente credito tributario verso una   multinazionale altamente  solvibile  che  si  e'  insediata   improvvisamente in un territorio storicamente depresso e con una   bassa riscossione volontaria e coattiva). Per tale ragione, e   quindi in un'ottica costituzionalmente orientata, e' ammesso il   ripiano trentennale conseguente all'attuazione dei nuovi principi   contabili (art. 3, comma 16, decreto legislativo n. 118/2011).   Diversamente la legge e i principi generali dell'ordinamento   contabile, in primo luogo il principio  costituzionale  di   equilibrio, non consentono che disavanzi effettivi e concreti che  si basano su fatti giuridico-contabili antecedenti al 31 dicembre 2013, (data di  conversione contabile del risultato di amministrazione per la Regione Campania), ed indipendenti dalla tecnica di contabilizzazione, siano ripianti con metodi diversi da quelli ordinariamente previsti a seconda della gravita' dello   squilibrio entro tempi nettamente piu' ridotti, nel rispetto del  principio della solidarieta' finanziaria tra generazioni (art. 2 Cost.), nonche' del principio di  ragionevolezza  e  proporzionalita' (art. 3  Cost.).  Per  tale  ragione,  la   giurisprudenza di questa Corte ha puntualmente sottratto alla regola del ripiano trentennale i disavanzi che hanno ragione in fatti indipendenti dal mutamento di regime contabile».

P.Q.M.

Si chiede che codesta Ecc.ma Corte  costituzionale  voglia dichiarare  costituzionalmente  illegittimo,  e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, l'art. 3 della legge della Regione Campania n. 36 del 7 dicembre 2016, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania del 7 dicembre 2016, n. 83, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 2 febbraio 2017.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:

1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 2 febbraio 2017;

2. copia della legge regionale impugnata;

3. rapporto del Dipartimento degli affari regionali.

 

Con ogni salvezza.

Roma, 3 febbraio 2017

L'Avvocato dello Stato: Salvatorelli

 

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