Ricorso n. 12 del 19 gennaio 2015 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 19 gennaio 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 9 del 2015-03-04)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, pro
tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato,
(c.f. …, fax … e PEC
…) presso i cui uffici in Roma alla
via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato ex lege;
Contro la Regione Umbria, in persona del suo Presidente p.t. per
la Declaratoria della illegittimita' costituzionale della Legge della
Regione Umbria 7.11.2014 n. 19, pubblicata nel BUR n. 52 del
12/11/2014, recante «Disposizioni in materia di valorizzazione e
promozione delle discipline bionaturali» relativamente agli artt. 2
comma 1 e 5 comma 1, come da delibera del Consiglio dei ministri in
data 24.12.2014, per violazione dell'art. 117 comma 3 Cost.
Fatto
In data 12 novembre 2014, sul n. 52 del BUR, e' stata pubblicata
la Legge della Regione Umbria recante «Disposizioni in materia di
valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali».
La legge, che si pone come obiettivo quello di valorizzare le
discipline bionaturali favorendo il coordinamento tra i relativi
operatori e promuovendo la qualificazione dell'offerta dei servizi,
non individua puntualmente le pratiche cui si riferisce, demandando
tale compito alla Giunta regionale, ma le caratterizza con una
generica finalita' di «mantenimento e recupero dello stato di
benessere della persona per il miglioramento della qualita' della sua
vita», stabilisce la loro funzione intesa «a stimolare le risorse
vitali dell'individuo con metodi ed elementi naturali» ponendo un
criterio di valutazione dell'efficacia ricavabile dalla verifica nei
contesti culturali e geografici in cui le discipline sono sorte e si
sono sviluppate ed infine le qualifica con un connotato negativo:
l'esclusione del carattere di prestazione sanitaria.
Nel breve articolato di cui consta, la Legge regionale prevede la
costituzione di «Reti del benessere» tra gli operatori, l'istituzione
di un elenco dei soggetti che offrono formazione nelle suddette
discipline, l'istituzione di un apposito Comitato Tecnico per la
valorizzazione delle stesse, composto da un assessore regionale, due
dirigenti della struttura regionale, un rappresentante dei
consumatori ed uno degli enti di formazione per operatori.
All'art. 5, in particolare, la legge che qui si impugna dispone
l'istituzione dell'«elenco regionale ricognitivo degli operatori in
discipline bionaturali». Con la delibera in epigrafe indicata il
Consiglio dei ministri ha assunto la determinazione di impugnare
dinanzi a codesta Corte tale legge, sulla base di una relazione del
Ministro per gli affari regionali (che si produce) in cui vengono
rilevate le criticita' esistenti nell'art. 2 comma 1 e nell'art. 5
comma 1, in relazione alla previsione dell'art. 117 comma 3 della
Costituzione per la parte in cui attribuisce alla competenza
concorrente di Stato e Regione, tra le altre, le materie
«professioni» e «tutela della salute».
Diritto
La questione e' stata gia' affrontata diverse volte da codesta
Corte, almeno a partire dalla sentenza 12.12.2003 n. 353, che verteva
sulla legge Regione Piemonte n. 25/2002 relativa alle pratiche
terapeutiche delle «discipline non convenzionali» quali l'agopuntura,
la fitoterapia, l'omeopatia, la omotossicologia, e la sentenza
8.2.2006 n. 40 riguardante l'impugnativa della Legge della Regione
Liguria n. 18/2004 contenente norme sulle «discipline bionaturali per
il benessere».
Come gia' avvenuto nei ricordati precedenti, anche qui si deve
denunciare l'illegittimita' del riconoscimento «regionale» di
professioni aventi ad oggetto l'esercizio di pratiche terapeutiche
non ancora istituite dalle norme statali, alle quali ultime
esclusivamente compete la previa formulazione dei principi generali
in materia, senza i quali le Regioni non possono emanare norme aventi
ad oggetto la disciplina di tali pratiche attraverso l'istituzione di
un registro, un albo od un elenco e la regolamentazione dei requisiti
per la relativa iscrizione nonche' di figure di operatori
professionali non ancora individuate dal legislatore statale,
ricordando che l'art. 6 comma 3 del decreto legislativo n. 502/92 e
l'art. 1 comma 2 della legge n. 42/1999 hanno riservato allo Stato
l'individuazione delle figure professionali sanitarie, e, come
ritenuto da codesta Corte, nella cit. sent. 353/2003, dopo l'entrata
in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione «la disciplina de qua
e' da ricondurre nell'ambito della competenza concorrente in materia
di professioni» e deve rispettare il principio secondo cui
«l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili
ed ordinamenti didattici» deve essere riservata allo Stato.
Inoltre l'art.1 della legge 5.6.2003 n. 131 al comma 3 prevede
che: «Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le
Regioni esercitano la potesta' legislativa nell'ambito dei principi
fondamentali espressamente determinati dallo Stato».
Non varrebbe obiettare che nella Legge della Regione Umbria qui
impugnata si ha cura di precisare che le pratiche bionaturali non
hanno carattere di prestazione sanitaria, in primo luogo poiche'
comunque si tratta di «professioni» la cui disciplina generale e'
devoluta allo Stato anche se non si tratti di materia sanitaria (cfr.
sent. 355/2005) ed inoltre perche' non basta una qualificazione
formale negativa per escludere la reale natura delle prestazioni di
cui trattasi, soprattutto quando si omette di specificarle, lasciando
alla Giunta regionale il compito di individuare le relative pratiche
con un'ampiezza discrezionale tale da consentire qualunque scelta,
potenzialmente anche idonea a sottrarsi alla verifica del giudice
delle leggi.
D'altra parte le finalita' evidenziate nell'art. 2 come «il
mantenimento o il recupero dello stato di benessere della persona per
il miglioramento delle qualita' della sua vita» «con metodi ed
elementi naturali» gia' verificati in altri contesti culturali e
geografici non lasciano spazio a dubbi sulla natura sanitaria delle
pratiche in questione, in relazione alla nota evoluzione verso forme
di medicina naturale che si va diffondendo in ampie fasce della
popolazione e negli stessi ambienti medici.
Se cosi' non fosse peraltro assai grave sarebbe il rischio che le
norme in bianco contenute nella legge impugnata lascino spazio ad
attivita' curative prive di garanzie per la loro efficacia e persino
per la loro non lesivita', con gravi conseguenze per la tutela della
salute pubblica il cui controllo sarebbe totalmente sottratto alla
normativa statale.
Peraltro codesta Corte ha valorizzato come sintomo di
individuazione di nuove figure professionali proprio quella
descrizione indeterminata di compiti assegnati agli operatori di
discipline bionaturali per il benessere compendiati nell'espressione
assai simile, contenuta nella Legge Reg. Liguria n. 6//2006, che
faceva menzione di attivita' che concorrono «a prevenire gli stati di
disagio fisici e psichici stimolando le risorse vitali proprie di
ciascuno individuo» e nella Legge Reg. Veneto n. 19/2006 che si
riferiva all'azione degli operatori «per la piena e consapevole
assunzione di responsabilita' di ciascun individuo in relazione al
proprio stile di vita e per stimolare le risorse vitali della persona
intesa come entita' globale od indivisibile, attraverso metodi ed
elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata». (sent.
300/2007).
Si tratta in sostanza di una terminologia il cui significato
reale e' gia' stato chiarito e la cui reiterazione in leggi
successive assume carattere di riproposizione di normative la cui
legittimita' e' gia' stata negata.
Sotto altro profilo giova ricordare come codesta Corte abbia
anche respinto la possibilita' di far rientrare disciplina analoga
alla presente nell'ambito della formazione professionale «sia per un
motivo di consequenzialita', per cui anche le attivita' di formazione
non possono che accedere ad ambiti professionali gia' riconosciuti
con l'osservanza, sia da parte dello Stato sia che delle Regioni, dei
rispettivi piani di competenza» (sent. 300/2007) sia rilevando che in
materia di discipline naturali dai principi fondamentali ricavabili
dalla legislazione statale «non si trae alcuno spunto che possa
consentire iniziative legislative regionali» (sent. 424/2005).
Nonostante il tempo trascorso non risulta che alcunche' sia
mutato in questo ambito nella normativa statale, sicche' permane
vincolante il principio secondo cui l'individuazione di figure
professionali e l'istituzione di nuovi albi e' riservata allo Stato,
principio che si configura, al di la' della particolare attuazione ad
opera di singoli precetti normativi, quale limite di ordine generale
invalicabile da parte della legge regionale (cfr. sent. 424 e
319/2005 nonche' 40/2006).
P.Q.M.
Si chiede che codesta Ecc.ma Corte Costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente
annullare, per i motivi tutti ut supra specificati, gli art. 2 comma
1 e 5 co 1 L. Reg. n. 19/2014, pubblicata nel BUR n. 52 del 12
novembre 2014, della Regione Umbria, come da delibera del Consiglio
dei ministri in data 24.12.2014, per violazione degli artt. 117 comma
3 della Costituzione.
Vorra' inoltre codesta Corte valutare se le restanti disposizioni
contenute nella Legge regionale presentino quelle inscindibili
connessioni con quelle oggetto di specifica impugnazione tale da
comportare l'estensione della declaratoria di illegittimita'
all'intero testo ai sensi dell'art. 27 legge n. 87/1953.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri
24.12.2014;
2. copia della Legge regionale impugnata;
3. relazione del Ministero degli Affari Regionali.
Roma, 9 gennaio 2015
Avvocato dello Stato: Gian Paolo Polizzi