N. 12 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 gennaio 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 gennaio 2004 (della Regione Friuli-Venezia Giulia)
(GU n. 7 del 18-2-2004)

Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del
presidente della giunta regionale pro-tempore Riccardo Illy,
autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 3838 del 28
novembre 2003, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del
presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con
domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di rappresentanza della
regione, piazza Colonna, n. 355;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 24
novembre 2003, n. 326, «Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25 novembre
2003 - Supplemento ordinario n. 181, nella parte in cui converte, con
modificazioni, l'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
ed in particolare i commi:
1, 2, 3, 4, 25, 26, lett. a), qualora si debba intendere che
con essi il legislatore statale prevede, nonostante la salvaguardia
disposta dal comma 4, un nuovo condono edilizio destinato ad operare
anche nella regione Friuli-Venezia Giulia;
25, in quanto non eccettua dal condono gli abusi per i quali
il procedimento sanzionatorio sia gia' iniziato;
26, lett a), in quanto subordina la sanabilita' alla legge
regionale per gli abusi minori in zone non vincolate, sottraendo a
questo regime gli abusi maggiori e gli abusi minori in zone
vincolate;
3, 25, 26, lett. a), 28, 32, 35, lett. a) e b), 37, 38, 40 e
Allegato 1, in quanto, con disciplina dettagliata ed autoapplicativa,
stabiliscono le condizioni, le modalita', i termini e le procedure
relative al condono edilizio;
25 e 35, in quanto consentono di «far passare» per gia'
costruite opere in corso di costruzione o ancora da costruire;
37, in quanto prevede un meccanismo di silenzio-assenso;
25, in quanto prevede un limite di volume per ogni singola
richiesta;
1, 2, 3, 25, 26, lett. a), per mancato coinvolgimento delle
regioni, in violazione dell'art. 4, n. 12, e dell'art. 8 della legge
cost. n. 1/1963, degli articoli 3, primo comma, 5, 9, 97, primo
comma, della Costituzione nonche' del principio di ragionevolezza, di
indisponibilita' dei valori costituzionalmete tutelati, di leale
collaborazione tra lo Stato e le regioni dell'art. 2 d.lgs.
n. 281/1997.

F a t t o

La Regione Friuli-Venezia Giulia ha gia' impugnato l'art. 32 del
decreto-legge n. 269/2003 con ricorso n. 89/2003, pendente avanti a
codesta Corte. La legge 24 novembre 2003, n. 326, ha convertito il
d.l. n. 269/2003, lasciando nella sostanza inalterate quasi tutte le
disposizioni censurate con il ricorso n. 89/2003. La legge n. 326/03
e' dunque affetta dai medesimi vizi di costituzionalita' denunciati
in relazione al decreto-legge.
Con legge regionale 11 dicembre 2003, n. 22, la Regione
Friuli-Venezia Giulia ha sancito, nell'esercizio della propria
potesta' legislativa primaria in materia urbanistica, il Divieto di
sanatoria eccezionale delle opere abusive, stabilendo che «non e'
ammessa la sanatoria delle opere edilizie realizzate in assenza dei
necessari titoli abilitativi previsti ovvero in difformita' o con
variazioni essenziali rispetto a questi ultimi» (art. 1, comma 1).
L'art. 1, comma 2, pero', fa salva l'oblazione penale degli illeciti
edilizi. La regione ha dunque ipotizzato che, nonostante la clausola
di salvaguardia di cui all'art. 32, comma 4, d.l. n. 269/2003, le
norme sul condono siano rivolte anche alla Regione Friuli-Venezia
Giulia e, «al fine di salvaguardare l'identita' e l'integrita' del
territorio regionale» (v. sempre l'art. 1, comma 1, l.r. n. 22/2003),
ha adottato la legge sopra citata.
Tale legge e' ancora suscettibile di impugnazione da parte del
Presidente del Consiglio dei ministri, per cui si rende necessario
ribadire anche in relazione alla legge n. 326/2003 le censure fatte
valere contro il d.l. n. 269/2003.
Pare opportuno non riprodurre per esteso nel presente ricorso
tutte le considerazioni svolte nel ricorso n. 89/2003, ma limitarsi a
sintetizzare i motivi di impugnazione, rinviando, per tutto il resto,
alle argomentazioni svolte nella parte in Fatto e nella parte in
Diritto del ricorso n. 89.

D i r i t t o

1. - lllegittimita' costituzionale dei commi 1, 2, 3, 4, 25, 26,
lett. a), in quanto dispongono il nuovo condono edilizio, ver
violazione dell'art. 4, n. 12 e dell'art. 8 della legge cost.
n. 1/1963.
La Regione Friuli-Venezia Giulia dispone di potesta' primaria in
materia urbanistica.
Dunque, a termini dell'art. 4 dello Statuto la potesta'
legislativa della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia
urbanistica e' soggetta solo ai limiti rappresentati dalla
Costituzione, dai principi generali dell'ordinamento giuridico della
Repubblica, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali
e dagli obblighi internazionali dello Stato.
Nel ricorso n. 89/2003 si e' osservato che le norme sul condono
edilizio potrebbero giustificarsi o in quanto norme fondamentali di
riforma economico-sociale, o in quanto principi fondamentali nella
materia del «coordinamento della finanza pubblica» o in quanto
esercizio di potesta' legislativa nella materia dell'ordinamento
penale. Si e' anche illustrato, pero', che tutte queste ipotesi sono
da escludere radicalmente (v. pp. 13-16). Tali censure sono ribadite
attraverso il presente ricorso. Ne risulta confermata la lesione
delle potesta' legislativa ed amministrativa regionale in materia
urbanistica.
2. - Illegittimita' costituzionale degli stessi commi 1, 2, 3,
25, 26, lett. a), in quanto dispongono il nuovo condono edilizio, per
violazione dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza,
dell'art. 97, primo comma, nonche' degli articoli 117 e 118 Cost.
Oltre alle ragioni di illegittimita' costituzionale della
normativa impugnata collegate al riparto di poteri legislativi tra lo
Stato e la Regione Friuli-Venezia Giulia, nel ricorso n. 89/2003 si
sono riproposte tutte le ragioni di dogliana gia' prospettate dalle
regioni con il ricorso rivolto avverso il condono attivato dalla
legge n. 724 del 1994: ragioni delle quali codesta stessa Corte
costituzionale ebbe ad affermare, nella sentenza n. 416 del 1995, che
- se pure non potevano in quell'occasione accogliersi - sarebbero
state pienamente valide e necessariamente da accogliere nell'ipotesi
«di altra reiterazione di una norma del genere, soprattutto con
ulteriore e persistente spostamento dei termini temporali di
riferimento del commesso abusivismo edilizio.». Nel ricorso n. 89 si
e' dunque illustrato come le norme di cui sopra violino il principio
di ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione e di
eguaglianza (pp. 17 s.) e come questi vizi si traducano in una
lesione delle competenze costituzionali della regione, che - a causa
del condono - vede illegittimamente frustrata la propria attivita'
legislativa ed amministrativa di governo del territorio, in quanto
gli abusi compiuti possono sfuggire alle sanzioni amministrative e si
incentivano abusi futuri.
Tali censure sono ribadite attraverso il presente ricorso.
3. - Illegittimita' costituzionale degli stessi commi 1, 2, 3,
25, 26, lett. a), in quanto dispongono il nuovo condono edilizio, per
violazione dell'art. 9 Cost. e del principio costituzionale di
indisponibilita' dei valore costituzionalmente tutelati.
Nel ricorso n. 89/2003 si e' poi denunciata una ulteriore e piu'
profonda violazione del principio implicito nella Costituzione di non
disponibilita', da parte del legislatore ordinario (non importa se
statale o regionale), dei valori costituzionalmente tutelati,
osservando che il valore dell'ordinato assetto del territorio
(costituzionalmente tutelato come risulta dall'art. 9, 2° comma,
Cost. e dalla stessa costruzione costituzionale del governo del
territorio come autonoma materia di legislazione) non puo' essere
scambiato con valori puramente finanziari, e che il condono edilizio
non e' in nessun modo paragonabile ad altri condoni che pure
comportino «clemenza» penale, quali i condoni fiscali, in occasione
dei quali una pretesa economica viene rinunciata in vista di una
diversa, e sia pure piu' ridotta, pretesa economica: v. pp. 18-21 del
ricorso n. 89/03.
Tali censure sono ribadite attraverso il presente ricorso.
4. - In subordine: illegittimita' del comma 26, lett. a), in
quanto subordina la sanabilita' alla legge regionale per gli abusi
minori in zone non vincolate, sottraendo alla decisione regionale gli
abusi maggiori e gli abusi minori in zone vincolate.
Nel ricorso n. 89 (p. 21) si e' censurato specificamente il comma
26, che determina la paradossale situazione per cui chi ha commesso
abusi piu' gravi puo' senz'altro usufruire della possibilita' del
condono, mentre chi ha commesso abusi meno gravi puo' usufruirne se
le regioni lo prevedono: il che implica chiaramente la violazione dei
principi di ragionevolezza e di eguaglianza (e mediatamente
dell'art. 4, n. 12, e dell'art. 8 della legge cost. n. 1/1963, per la
ripercussione di quei vizi sulle competenze regionali in materia di
governo del territorio). E' stato dunque impugnato il comma 26, lett.
a) nella parte in cui non condiziona la sanabilita' dell'illecito
amministrativo all'intervento di una legge regionale che la preveda.
Tale censura viene ribadita attraverso il presente ricorso.
5. - In subordine: illegittimita' del comma 25, in quanto non
eccettua dal condono gli abusi per i quali il procedimento
sanzionatorio sia gia' iniziato.
Nella denegata ipotesi che le censure sopra esposte non
risultassero da condividere, la regione ha poi lamentato, nel ricorso
n. 89/2003 (p. 22 s.), che la disciplina impugnata non abbia escluso
- dall'ambito di applicazione del condono - gli abusi per i quali il
procedimento sanzionatorio sia gia' iniziato. Infatti, in casi di
questo tipo, la possibilita' di condono risulta ancora piu'
irragionevole e maggiormente lesiva del principio di buon andamento
dell'amministrazione: perche', quando il procedimento sanzionatorio
e' gia' iniziato, il condono non arreca alcun vantaggio al pubblico
interesse, ne' in termini di «uscita allo scoperto» di chi ha
commesso l'abuso ne' in termini economici, dato che spesso le
sanzioni urbanistiche hanno carattere pecuniario.
Anche tale censura e' ribadita attraverso il presente ricorso.
6. - In subordine: illegittimita' costituzionale dei commi 3, 25,
26, lett. a), 28, 32, 35, lett. a) e b), 37, 38, 40 e Allegato 1, in
quanto, con disciplina dettagliata ed autoapplicativa, stabiliscono
le modalita', i termini e le procedure relative al condono edilzio.
Come illustrato nel motivo n. 6 del ricorso n. 89/2003, va poi
osservato che, qualora, in denegata ipotesi, si ritenesse che la
previsione di un nuovo condono sia, per qualunque e qui imprevedibile
ragione, legittima, si dovrebbe perlomeno ammettere l'illegittimita'
di quelle norme di dettaglio che stabiliscono le modalita', i termini
e le procedure relative al condono edilizio, e cioe', in particolare,
dei commi 28 (concernente i termini), 32 (concernente la
presentazione della domanda), 35, lett. a) e b) (concernente la
documentazione da allegare alla domanda), 37 (che prevede il
meccanismo del silenzio-assenso), 38 (quanto meno nella parte in cui
fa riferimento alla misura degli oneri concessori e alle relative
modalita' di versamento) e 40 (concernente i diritti e gli oneri
previsti per l'istruttoria della domanda di sanatoria). Infatti, la
presenza di norme di dettaglio potrebbe giustificarsi solo sulla base
di una competenza statale esclusiva: ma non si vede quale titolo di
competenza statale possa comprendere le norme sulle modalita', sui
termini e sulle procedure relative al condono edilizio: per il resto,
v. le pp. 23-25 del ricorso n. 89/2003.
7. - In subordine: ulteriore illegittimita' dei commi 25 e 35, in
quanto consentono di «far passare» per gia' costruite opere in corso
di costruzione o ancora da costruire. Violazione degli articoli 3, 9
e 97 Cost. e degli artt. 4 e 8 St. FVG.
Nel ricorso n. 89/2003 si sono poi impugnati specificamente il
comma 25 dell'art. 32 (che estende il condono alle opere abusive
ultimate entro il 31 marzo 2003: dunque, solo sei mesi prima della
pubblicazione del decreto-legge, mentre l'art. 39 legge n. 724/1994
si applicava alle opere ultimate un anno prima e l'art. 31 legge
n. 47/1985 alle opere ultimate diciassette mesi prima) ed il comma
35, che definisce la documentazione da allegare alla domanda di
condono.
Tali norme, infatti, favoriscono la possibilita' che si «facciano
passare» per gia' costruite opere in corso di costruzione o ancora da
costruire, con conseguente violazione del principio di ragionevolezza
e lesione delle ragioni della buona amministrazione e della tutela
del territorio (e dunque degli articoli 3, 9 e 97 Cost. e degli
artt. 4 e 8 St. FVG): v. p. 26-28.
Dunque, il comma 35 e' illegittimo nella parte in cui non prevede
in tutti i casi la necessita' che il costruttore o il direttore dei
lavori attesti, sotto la propria responsabilita' anche penale,
l'ultimazione dei lavori alla data prevista. Dal canto suo, il comma
25 e' illegittimo nella parte in cui fissa il termine del 31 marzo
2003 anziche' uno piu' risalente, che potrebbe essere individuato
considerando quale minimo intervallo ragionevole per la
condonabilita' di abusi passati quello fissato a suo tempo
dall'art. 31 legge n. 47/1985.
La censura in questione e' ribadita con il presente ricorso.
8. - In subordine, ulteriore illegittimita' del comma 37, in
quanto prevede un meccanismo di silenzio-assenso. Violazione degli
articoli 3, 9 e 97 Cost. e degli articoli 4 e 8 St. FVG.
L'art. 32, comma 37, prevede il meccanismo del silenzio-assenso
in relazione alle domande di sanatoria, laddove tale istituto non e'
contemplato neppure dalla disciplina generale del permesso edilizio
(v. art. 20 d.P.R. n. 380/2001). E' del tutto irragionevole e
discriminatorio assoggettare le domande di permesso che si
riferiscono ad opere sicuramente abusive (perche' dichiarate tali dai
richiedenti) ad un regime di verifica meno severo di quello vigente
per le domande di permesso che vengono dichiarate dagli interessati
conformi alla disciplina urbanistica. Tale norma, inoltre, viola gli
artt. 9 e 97 e gli artt. 4 e 8 St. FVG, perche' rende eventuale il
controllo dei comuni sull'ammissibilita' delle domande di condono,
ledendo ulteriormente le competenze regionali in materia di governo
del territorio. Per il resto v. il ricorso n. 89/2003, p. 28 s.
9. - In subordine: ulteriore illegittimita' del comma 25, in
quanto prevede un limite di volume per ogni singola richiesta.
Violazione degli articoli 3, 9, 97, 117 e 118 Cost.
L'art. 32, comma 25, d.l. n. 269/2003, come gia' l'art. 39 legge
n. 724/1994, prevedeva, prima della conversione, che fossero sanabili
le «opere abusive ... relative a nuove costruzioni residenziali non
superiori a 750 mc per ogni singola richiesta di titolo abilitativo
edilizio in sanatoria.».
Ora, dopo la conversione, esso stabilisce che sono sanabili le
«opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove
costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola
richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione
che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri
cubi.». Dunque, ora la disposizione pone un limite non solo in
relazione alla singola opera da sanare ma anche in relazione alla
costruzione complessiva. Resta, pero', l'illegittimita' gia'
denunciata con il ricorso n. 89/03, in quanto la norma in questione
appare irragionevole e lesiva dei parametri indicati in epigrafe
nella parte in cui non precisa che non sono ammesse piu' richieste
riferite alla medesima area: e' chiaro, infatti, che, anche alla luce
di quanto previsto dall'art. 39 legge n. 724/1994, potrebbero essere
stati costruiti edifici attigui, ognuno dei quali rispettoso del
limite di volume sanabile, al fine di eludere il limite stesso. Cio'
arreca un ulteriore pregiudizio alle esigenze di tutela del
territorio e alle relative competenze regionali.
Poiche' gli emendamenti apportati al decreto-legge hanno
efficacia solo per il futuro (v. art. 15, comma 5, legge n. 400/1988,
che in realta' conferma il generale principio di irretroattivita), si
censura qui specificamente l'art. 32, comma 25, nella versione
originaria (che potrebbe essere stato gia' applicato, qualora una
domanda di condono sia stata accolta prima dell'entrata in vigore
della legge di conversione), in quanto non solo non precisa che non
sono ammesse piu' richieste riferite alla medesima area ma non pone
neppure un limite di volume complessivo per la nuova costruzione
abusiva: cosi' risultando ancora piu' irragionevole della norma
introdotta dalla legge n. 326/03 e maggiormente lesivo delle esigenze
di tutela del territorio e delle relative competenze regionali. Tale
norma, pur se efficace solo in relazione al periodo di vigenza del
decreto-legge, e' stata «stabilizzata» dalla legge di conversione,
che l'ha modificata solo per il futuro.
10. - In subordine: illegittimita' costituzionale dei commi 1, 2,
3, 4, 25, 26, lett. a) per mancato coinvolgimento, delle autonomie
regionali.
Infine, nel ricorso n. 89/2003 (p. 29 s.) si e' censurato il
fatto che, a quanto risulta, ne' in sede di adozione del
decreto-legge ne' in sede di adozione del disegno di legge di
conversione ne' nel corso dell'esame parlamentare della legge stessa
le autonomie regionali sono state consultate attraverso la Conferenza
Stato-regioni. Poiche', come visto, la disciplina qui impugnata
riguarda materie di competenza regionale, tale mancato coinvolgimento
lede il principio di leale collaborazione, espressamente sancito ora
nel Titolo V della Costituzione.
In particolare, risulta violato l'art. 2, comma 3, d.lgs.
n. 281/1997, ne' si puo' obiettare che, nel caso di specie, la
consultazione non era possibile, dato che l'art. 2, comma 5, d.lgs.
n. 281 disciplina espressamente i casi di urgenza: «quando il
Presidente del Consiglio dei ministri dichiara che ragioni di urgenza
non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza
Stato-regioni e' consultata successivamente ed il Governo tiene conto
dei suoi pareri: a) in sede di esame parlamentare dei disegni di
legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge». Dunque, la
mancata consultazione della Conferenza risulta comunque illegittima
per violazione di regola attuativa del principio costituzionale di
leale cooperazione (v. anche la sent. della Corte costituzionale
n. 398/1998, punto 16 del Diritto).


P. Q. M.
Chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
costituzionalmente illegittima la legge 24 novembre 2003, n. 326,
nella parte in cui converte, con modificazioni, l'art. 32 del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ed in particolare i commi 1,
2, 3, 4, 25, 26, lett. a), 28, 32, 35, lett. a) e b), 37, 38, 40 e
Allegato 1, per le parti e sotto i profili illustrati nel presente
ricorso, anche in collegamento con quanto esposto nel ricorso
n. 89/2003.
Padova, addi' 16 gennaio 2004
Prof. avv. Giandomenico Falcon

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