RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 31 Gennaio 2005 - 31 Gennaio 2005 , n. 12

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 31 gennaio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 7 del 16-2-2005)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato, nei confronti della
Regione Toscana, in persona del Presidente della giunta regionale pro
tempore, per dichiarazione di illegittimita' costituzionaIe delle
seguenti disposizioni della legge della Regione Toscana n. 63 del 15
novembre 2004 in BUR n. 46 del 24 novembre 2004:

art. 2, a fronte dell'art. 3 Cost. e del principio
fondamentale in materia di tutela del lavoro delle categorie
svantaggiate di cui all'art. 2, lett. k) del d.lgs. n. 276/2003 in
relazione all'art. 117, terzo comma Cost.;
artt. 3 e 4 a fronte dell'art. 117, secondo comma, lettera
i), Cost.;
art. 5 a fronte dell'art. 117, secondo comma, lettera i),
Cost.;
art. 7, comma 1 ed art. 8, a fronte dell'art. 117, secondo
comma, Cost. e principi fondamentali in materia di tutela della
salute in relazione all'art. 117, terzo comma Cost.;
art. 7, comma 5, a fronte dell'art. 117, secondo comma,
lettera i) Cost. e principi fondamentali in materia di tutela della
salute di cui all'art. 3, legge n. 154/1982 in relazione all'art.
117, terzo comma, Cost.;
art. 16, commi 1 e 4, a fronte degli artt. 3 e 117, secondo
comma, lettera i), Cost.
La legge della Regione Toscana, che adotta politiche finalizzate
a consentire ad ogni persona la libera espressione del proprio
orientamento sessuale e della propria identita' di genere, promovendo
il superamento delle situazioni di discriminazione nei vari settori
della formazione professionale e delle politiche del lavoro, della
sanita', delle attivita' turistiche e commerciali, eccede dalle
competenze regionali, collegando a diversita' sessuale diritti e
situazioni giuridiche che costituiscono diritti fondamentali della
persona la cui tutela deve realizzarsi dallo Stato in maniera
uniforme sul territorio nazionale ai sensi degli artt. 2, 3 e 5 della
Costituzione.
Non appare pertanto consentito che le situazioni in discorso
trovino considerazione differenziata nelle singole regioni, non
essendo ammissibile che le diverse comunita' regionali possano tra
loro diversificarsi in ragione del riconoscimento di valori diversi e
contrastanti, che, oltre a contraddire il principio fondamentale di
unita' contenuto nell'art. 5 Cost., si concretizzerebbe, per i
singoli, in un'ingiustificata disparita' di trattamento violativa
dell'art. 3 Cost. A questa disposizione coerentemente si collega la
previsione dell'art. 117, secondo comma, lettera i), Cost.
(sull'ordinamento civile e penale) rimessa alla competenza esclusiva
statale e violata da varie disposizioni della legge in esame.
Va prioritariamente rilevato che l'ordinamento giuridico italiano
non contiene norme discriminatorie legate all'orientamento sessuale
ed alla identita' di genere, sicche', sotto il profilo giuridico,
qualsiasi norma tendesse, sulla base di una presupposta
discriminazione legata ad orientamento sessuale o ad identita' di
genere, ad introdurre istituti o misure di tutela dei soggetti che si
presumono discriminanti, finirebbe essa stessa col dare rilevanza
giuridica a diversita' rispetto alle quali l'ordinamento e' del tutto
indifferente.
Tale tipo di norme arricchirebbe il patrimonio delle posizioni
giuridiche e dei diritti di taluni soggetti dell'ordinamento a
svantaggio di altri ed inciderebbe percio' sullo stato e la capacita'
delle persone e cioe' sull'ordinamento civile.
La materia dell'ordinamento civile ricade nell'ambito della
competenza esclusiva dello Stato a sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera i) Cost. e non puo' percio' essere disciplinata con
norme regionali.
Alla luce di questa premessa appaiono illegittime le disposizioni
sopraindicate dalla legge regionale Toscana n. 63/2004.
B) In particolare si osserva:
1) l'art. 2 configurando misure di sostegno e tutela delle
politiche del lavoro specificamente destinate a «persone discriminate
per motivi derivanti dall'orientamento sessuale o dalla identita' di
genere» e ai transessuali e i transgender, determina una disparita'
di trattamento in favore di tali soggetti senza un'adeguata
giustificazione razionale dal momento che l'ordinamento giuridico e'
neutrale rispetto alle situazioni sessuali e l'articolo in oggetto
finisce esso stesso col creare trattamenti differenziati per motivi
sessuali. Tale articolo, inoltre ricomprende nelle «categorie
svantaggiate» ai fini dell'accesso al lavoro, figure non indicate
nell'art. 2, lettera k), del d.lgs. n. 276 del 2003, che deve
considerarsi principio fondamentale in materia di tutela del lavoro,
di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., analogamente l'art. 3, nel
garantire opportune misure di accompagnamento, anche al fine di
assicurare percorsi di formazione e di riqualificazione alle persone
che risultino discriminate e esposte al rischio di esclusione sociale
per motivi derivanti dall'orientamento sessuale o dall'identita' in
genere, e l'art. 4, comma 1, nel favorire l'accrescimento della
cultura professionale correlata all'acquisizione positiva
dell'orientamento sessuale o dell'identita' di genere di ciascuno,
esulano dalla competenza regionale, trattandosi di aspetti ricompresi
nella materia dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera l), la cui disciplina spetta, a livello unitario su
tutto il territorio allo Stato.
2) L'art. 5, contenendo disposizioni in materia di
responsabilita' sociale delle imprese e delle relative
certificazioni, esula dalla competenza regionale, invadendo la
materia del regime dell'impresa disciplinato dal codice civile ed
incidendo in tal modo sulla materia, dell'ordinamento civile,
riservata alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo
comma, lettera i), Cost.).
3) L'art. 7, comma 1 e l'art. 8 dettano norme in tema di
individuazione del soggetto competente ad esprimere il consenso per
un determinato trattamento terapeutico per conto di chi si trovi in
condizione naturale di incapacita' e grave pericolo per la salute o
l'integrita' fisica che rendono urgente ed indifferibile la
decisione, e in tema di relative modalita' procedurali.
Tali norme toccano direttamente la disciplina dei poteri di
disposizione del proprio corpo che e' gia' dettata da norme statali
sui diritti della personalita' e sulla loro tutela e quindi
sull'ordinamento civile e penale che e' di esclusiva competenza
statale a sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera i), Cost.
Al riguardo va richiamato l'art. 5 cod. civ. che configura gli
atti di disposizione del proprio corpo come atti personalissimi
vietati se in contrasto con l'ordine pubblico, norme imperative e
buon costume.
Alla stregua di tale norma che rappresenta - norma cardine
dell'ordinamento civile - non puo' prevedersi, come invece intende
fare la Regione Toscana, che il consenso in caso di necessita' per
atti di disposizione del corpo sia data da persona liberamente
individuata dall'interessato.
Se cio' fosse consentito si prescinderebbe per la tutela della
integrita' fisica, che e' il bene fondamentale del complessivo
patrimonio della persona, dal rispetto di criteri etici sociali ed
affettivi cui si ispirano anche le norme in materia di successione
poste con disciplina statale di principio a tutela di beni della
persona di assai minor rilievo.
Anche sotto il diverso profilo della tutela della salute
risulterebbero violati principi fondamentali sui diritti dell'uomo
sulla biomedicina (convenzione di Oviedo 4 aprile 1997 ratificata con
legge 28 marzo 2001, n. 145).
4) L'art. 7, comma 5, non indicando alcuna specifica ragione
o motivo a sostegno del trattamento sanitario che abbia ad oggetto la
modificazione dell'orientamento sessuale o dell'identita' di genere,
si presta a consentire trattamenti sanitari legati non a esigenze
terapeutiche o stati patologici ma anche a scelte diversamente
motivate, incidendo in tal modo nell'ordinamento civile (art. 5 cod.
civ.) e penale (artt. 582 e 583 cod. pen.) relativamente agli atti di
disposizione del proprio corpo (a loro volta coordinati al principio
di tutela della dignita' della persona umana di cui agli artt. 2, 13
e 32 della Costituzione), riservati alla competenza statale ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera i), Cost. Tale disposizione
contrasta inoltre con il principio fondamentale in materia di tutela
della salute contenuto nell'art. 3 della legge n. 164 del 1982
(recante norme riguardanti la rettificazione di attribuzione di
sesso) che riserva al tribunale l'autorizzazione al trattamento
medico-chiruirgico quando lo stesso tribunale ritenga necessario un
adeguamento dei caratteri sessuali.
5) L'art. 16, commi 1 e 4 introduce la previsione di un
regime sanzionatorio amministrativo a carico di esercenti di pubblici
servizi e di operatori turistici e commerciali che nello svolgimento
delle loro attivita' discriminino gli utenti «per motivi
riconducibili all'orientamento sessuale o all'identita' di genere»
esula dalla competenza regionale. Infatti la Corte costituzionale ha
piu' volte sostenuto che la competenza sanzionatoria consegue a
quella della materia cui al sanzione afferisce (Corte cost.
nn. 123/1992 e 365/1991), di talche', non avendo la regione, per i
motivi sopra esposti, competenza legislativa in tale specifica
materia, alla stessa non puo' ritenersi attribuita la conseguente
potesta' sanzionatoria.



P. Q. M.
Si chiede pertanto che le norme denunziate siano dichiarate
costituzionalmente illegittime.
Sara' depositata per estratto delibera del Consiglio dei ministri
21 gennaio 2005.
Roma, addi' 21 gennaio 2005
Avvocato dello Stato: Aldo Linguiti

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