RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5  marzo 2007 , n. 12

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 marzo 2007 (dalla Provincia autonoma di Bolzano)

(GU n. 13 del 28-3-2007) 
 
    Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  in persona del
presidente  pro  tempore  della  Provincia,  dott.  Luis  Durnwalder,
rappresentata e difesa, in virtu' di procura speciale dd. 19 febbraio
2007  rep.  n. 21710  (all. 1),  rogata dal Segretario generale della
giunta  provinciale  della  Provincia autonoma di Bolzano, nonche' in
virtu' di deliberazione di G.P. di autorizzazione a stare in giudizio
n. 539  del  19  febbraio  2007  (all. 2), dagli avv. proff. Giuseppe
Franco  Ferrari  e Roland Riz, e con questi elettivamente domiciliata
presso lo studio del primo in Roma, via di Ripetta n. 142;

    Contro  la  Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  per  la  dichiarazione  di
illegittimita'  costituzionale  della legge 27 dicembre 2006, n. 296,
pubblicata  in  G.U.,  S.O.,  Serie gen. n. 299 del 27 dicembre 2006,
recante  "Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale e
pluriennale  dello  Stato  (legge finanziaria 2007)", con particolare
riferimento  ai commi da 587 a 591, da 725 a 730, da 733 a 735 e 1226
dell'articolo 1.

                              F a t t o

    Sul  supplemento  ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27
dicembre  2006  e'  stata  pubblicata la legge finanziaria per l'anno
2007 (legge n. 296 del 27 dicembre 2006).
    Essa  riunisce  in un unico articolo una congerie di disposizioni
assai  varie. Tra esse alcune (commi da 587 a 590) sono dedicate alla
partecipazione  delle  amministrazioni pubbliche statali, regionali e
locali  in  societa' e consorzi, altre (commi da 725 a 730 e da 733 a
735)  disciplinano i compensi ed il numero massimo dei componenti dei
consigli  di  amministrazione  delle  societa'  partecipate, fissando
parametri  peculiari  con riferimento ad adempimenti di pubblicita' e
cause  di incompatibilita' alla carica, ed altre ancora (comma 1226),
infine,  individuano alcuni specifici adempimenti a carico di regioni
e province autonome per la conservazione degli habitat naturali.
    Benche'  l'art. 1,  comma  1363, legge n. 296/2006, nel contempo,
contenga  una  disposizione generale di salvaguardia per le regioni a
statuto  speciale  e  le  Province  autonome di Trento e Bolzano, che
recita:  "le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle
Regioni  a  statuto  speciale  e  nelle Province autonome di Trento e
Bolzano  compatibilmente  con le norme dei rispettivi statuti e delle
relative  norme  di  attuazione",  a ben vedere le disposizioni sopra
citate  finiscono per comprimere fortemente l'autonomia concessa alla
Provincia  odierna  ricorrente  in forza dello Statuto di autonomia e
relative  norme  di  attuazione, nonche' della legge cost. n. 3/2001,
oltre  a  contrastare  con  i  principi  costituzionali  di  cui agli
artt. 3, 81, 97, 116, 117 e 119 Cost.
    Di qui la necessita' della proposizione del presente ricorso, per
la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
da  587 a 591, da 725 a 730, da 733 a 735 e 1226, della citata legge,
alla luce dei seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    I)  -  Violazione  degli  artt. 3, 81, 97, 116, 117 e 119 Cost, e
dell'art. 10,   legge   cost.   18  ottobre  2001,  n. 3.  Violazione
dell'art. 8,  n. 1,  d.P.R.  31  agosto  1972, n. 670. Violazione del
Titolo  VI  del  d.P.R.  31  agosto 1972, n. 670, come modificato con
legge  30 novembre 1989, n. 386. Violazione delle norme di attuazione
dello  Statuto  di cui al d.P.R. 15 luglio 1988. n. 305, al d.lgs. 16
marzo 1992, n. 266, ed al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268.
    Il  comma 587 introduce per le amministrazioni pubbliche statali,
regionali  e  locali l'obbligo di comunicare annualmente (entro il 30
aprile)  al  Dipartimento  della  finzione  pubblica  alcuni  dati, e
segnatamente  l'elenco  dei  consorzi  di  cui  fanno  parte  e delle
societa'  totalmente  o parzialmente da esse partecipate, indicandone
la  ragione  sociale,  la  misura  della  partecipazione,  La  durata
dell'impegno,  l'onere  complessivo  gravante  a qualsiasi titolo sul
bilancio   dell'amministrazione,   il   numero   dei   rappresentanti
dell'amministrazione  negli  organi  di  governo  ed  il  trattamento
economico ad essi spettante.
    L'inosservanza   dell'obbligo   imposto   con   la   disposizione
richiamata   (mancata   o   incompleta  comunicazione  dei  dati)  e'
sanzionata  dal  comma  588  con  il  divieto  assoluto  in capo alle
amministrazioni interessate di erogazione di somme a favore dell'ente
partecipato o dei propri rappresentanti negli organi di governo degli
stessi.
    Per  l'ipotesi  di mancata o incompleta comunicazione dei dati ed
inosservanza  del divieto di erogazione di cui al comma 588, il comma
successivo  prevede  che  una  cifra  pari  alle  spese  sostenute da
ciascuna   amministrazione  nell'anno  venga  detratta  dai  fondi  a
qualsiasi  titolo  trasferiti  a  quella  amministrazione dallo Stato
nello stesso anno.
    Le  disposizioni  in  parola  sono  qualificate  dal  legislatore
statale (comma 590) come principi fondamentali di coordinamento della
finanza  pubblica,  ai  fini del rispetto dei parametri stabiliti dal
patto di stabilita' e crescita dell'Unione europea.
    Tuttavia, a ben vedere, le norme richiamate non possono rivestire
il  carattere  di  norme  di  principio,  atteso  il grado di estremo
dettaglio che le caratterizza e la natura puntuale e vincolante delle
disposizioni   da   esse  dettate,  peraltro  assistite  da  sanzioni
immediatamente precettive.
    A  nulla vale il richiamo del necessario rispetto degli obiettivi
stabiliti  a livello europeo, dal momento che le previsioni di cui ai
commi  588  e  589  si  rivelano  evidentemente  come  strumenti  non
proporzionati a tale dichiarata finalita'.
    Le   funzioni  nella  specie  attribuite  al  Dipartimento  della
funzione  pubblica  dal  comma  587  si traducono, in realta', in una
forma  di controllo, anche di merito, costituzionalmente non prevista
ed  attribuita  ad un organo statale privo dei necessari requisiti di
indipendenza.
    Pur  non  avendo  in linea di principio la mera previsione di una
raccolta di dati afferenti la partecipazione delle regioni o province
in  consorzi  e  societa' portata immediatamente lesiva, le norme qui
contestate  attribuiscono  ad  organi  statali  evidenti  funzioni di
controllo  e correlati poteri sanzionatori non previsti dallo Statuto
di autonomia e dalle relative norme di attuazione. In particolare, il
d.P.R.  15 luglio 1988, n. 305, rimette in via esclusiva alle sezioni
di   controllo   della   Corte   dei   conti  di  Trento  e  Bolzano,
rispettivamente,  il  controllo  sulla  gestione  del  bilancio e del
patrimonio  delle due province. A sua volta, il d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266,  recante  "norme  di attuazione dello Statuto speciale per il
Trentino-Alto  Adige  concernenti  il  rapporto  tra atti legislativi
statali  e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale
di  indirizzo  e  coordinamento",  all'art. 4 nega che possano essere
attribuite ad organi statali funzioni amministrative, comprese quelle
di  vigilanza,  diverse  da  quelle  spettanti  allo Stato secondo lo
Statuto  speciale  e  le  relative  norme  di attuazione, in tutte le
materie  di  competenza  della  Regione  Trentino-Alto  Adige o delle
Province autonome.
    Non  puo'  dunque  ammettersi  la  legittimita'  di un intervento
legislativo quale quello qui in esame, dal momento che esso introduce
strumenti anomali di controllo sulla gestione finanziaria regionale o
provinciale,  senza  dubbio non consentiti nel corretto esercizio del
potere  di  coordinamento  della  finanza regionale o provinciale. Ai
sensi  del  comma  2 dell'art. 3 dello stesso d.lgs. n. 266/1992 gia'
citato,  del  resto,  gli atti di indirizzo e coordinamento statali -
ammesso  che siano ancora consentiti dopo la revisione costituzionale
del  Titolo  V  operata  nel 2001 - possono vincolare la regione e le
province  autonome  solo al conseguimento degli obiettivi o risultati
in essi stabiliti.
    Non  si  puo' dunque, ex adverso, invocare la titolarita' in capo
allo  Stato  della  potesta'  di stabilire i principi fondamentali in
materia   di  "coordinamento  della  finanza  pubblica",  cosi'  come
previsto  dall'art. 117, comma 3, Cost. E' vero che la giurisprudenza
di  codesta  ecc.ma  Corte ha, di recente, sottolineato la dimensione
"nazionale"  degli interventi compiuti nell'esercizio ditale potesta'
(v.,  ad es., sent. nn. 17 e 36 del 2004), ma non e' meno vero che il
concetto  stesso di coordinamento implica unicamente la fissazione di
obiettivi  e  di  paradigmi generali dell'azione, laddove, come si e'
dimostrato,  nella  specie  la  normativa  impugnata  si caratterizza
invece  per  introdurre precetti analitici e dettagliati, andando ben
al  di la' della semplice identificazione degli obiettivi dell'azione
pubblica.
    Anche  ove  fosse  quindi possibile - cosa che comunque si nega -
ricondurre  le  disposizioni  impugnate  nell'alveo  della materia di
competenza  legislativa concorrente della "armonizzazione dei bilanci
pubblici e coordinamento della finanza pubblica" di cui all'art. 117,
comma  3,  Cost.,  continuerebbero pertanto a sussistere i profili di
illegittimita' costituzionale denunciati nella misura in cui le norme
censurate  non introducono principi fondamentali, bensi' disposizioni
di  dettaglio, direttamente applicabili ai destinatari e non cedevoli
a fronte dell'esercizio della potesta' legislativa provinciale, e non
si  limitano ad indicare gli obiettivi ma impongono anche i mezzi per
farvi   fronte.   Vi   e'  pertanto  una  lesione  delle  prerogative
provinciali  non  giustificabile  neppure  con  la competenza statale
relativa  all'armonizzazione dei bilanci pubblici ed al coordinamento
della  finanza  pubblica e del sistema tributario, posto che le norme
impugnate non sono norme tese a realizzare effetti finanziari, bensi'
si risolvono in misure tipicamente organizzatorie, come tali estranee
al  contenuto  proprio  della  legge  finanziaria  e afferenti ad una
materia    pacificamente    riservata   alla   potesta'   legislativa
provinciale.
    Deve rammentarsi, del resto, che la Provincia autonoma di Bolzano
gode,  in  forza  dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e
delle   relative   norme  di  attuazione,  di  attribuzioni  primarie
specifiche  in  materia di ordinamento degli uffici provinciali e del
personale  ad  essi  addetto (art. 8, n. 1, Statuto T-T.A.). Inoltre,
l'art. 17,  d.lgs.  n. 268/1992,  recante  "norme di attuazione dello
Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige in materia di finanza
regionale  e provinciale", demanda alle Province autonome la potesta'
di  disciplinare  con  propria  legge  i  criteri  per  assicurare un
equilibrato  sviluppo  della  finanza  locale. Ne discende l'evidente
violazione  delle  attribuzioni provinciali appena ricordate da parte
delle  disposizioni  censurate,  nella misura in cui esse, stabilendo
rigidi   precetti  vincolanti  anche  nei  confronti  delle  Province
autonome,   di  fatto  invadono  ambiti  di  competenza  strettamente
provinciali.
    E' ravvisabile, al tempo stesso, una violazione dell'autonomia di
spesa  riconosciuta  e garantita alle Province autonome dall'art. 119
Cost., secondo cui queste sono l'unico soggetto abilitato a prevedere
procedure  e  criteri  di  controllo della propria spesa pubblica. Le
disposizioni    contestate,   infatti,   attraverso   il   meccanismo
sanzionatorio  della  riduzione dei trasferimenti erariali, finiscono
per  limitare  la  spesa  delle  amministrazioni provinciali e locali
relativa  alla loro partecipazione in consorzi o societa', ledendo in
tal  modo  non  solo l'autonomia di spesa della Provincia ricorrente,
garantita anche dall'art. 119, primo comma, Cost., ma anche la stessa
autonomia finanziaria provinciale, come delineata dal Titolo VI dello
Statuto   di   autonomia  e,  con  disposizioni  non  unilateralmente
derogabili   dal   legislatore   statale,  dalle  relative  norme  di
attuazione  introdotte dai decreti legislativi nn. 266 e 268 del 1992
e  dal  d.P.R.  n. 305/1988,  nonche'  dalla  legge 30 novembre 1989,
n. 386.
    Il  denunciato  comma 589, poi, nel riferirsi evidentemente anche
alle  Province  autonome  e  nell'utilizzare l'ampia formula "fondi a
qualsiasi  titolo  trasferiti  a quella amministrazione dallo Stato",
prevede   un   meccanismo   del   tutto  anomalo  ed  illegittimo  di
ridimensionamento  delle entrate provinciali, in caso di esercizio da
parte   della   provincia   della  propria  autonomia  di  spesa  non
accompagnata  dalla  comunicazione  dei  dati  di  cui  al comma 587.
L'irrazionalita'  del  criterio  in  questione  e  le  conseguenze in
termini  di  disparita'  di  trattamento  tra  enti  territoriali (in
violazione  degli  artt. 3  e  97  Cost.)  sono  palesi. Peraltro, la
previsione  alquanto  generica di una riduzione dei fondi a qualsiasi
titolo  trasferiti alla Provincia dallo Stato non consente neppure di
comprendere  quali  trasferimenti e quali settori della spesa saranno
colpiti  dalla  misura sanzionatoria de qua, traducendosi cosi' in un
fattore di incertezza e di intralcio alla programmazione provinciale.
    L'illegittimita'  delle disposizioni contenute nei commi da 587 a
591  dell'art. 1  della  legge  finanziaria  per  l'anno  2007 viene,
altresi', in evidenza sotto un ulteriore e diverso profilo.
    Si  deve  rilevare, anzitutto, come lo Stato non possa modificare
con  legge  ordinaria  le  attribuzioni  riconosciute  alla Provincia
autonoma   di   Bolzano   dallo  Statuto  speciale  (norma  di  rango
costituzionale) e dalle relative norme di attuazione (norme esecutive
ed integrative del precetto statutario).
    Va  ricordato,  in  proposito,  che  lo Statuto speciale e le sue
norme  di  attuazione si trovano in una posizione di sovraordinazione
gerarchica  rispetto  alle  leggi  statali  e prevalgono sulle stesse
(cfr., ex plurimis, Corte cost., nn. 249/2005, 239/2004 e 221/2003).
    Lo  Stato  non  puo',  quindi, incidere unilateralmente con legge
ordinaria  sul  quadro  statutario e di attuazione dello stesso della
provincia ricorrente.
    Viceversa,  emerge  in  modo inequivoco il netto contrasto tra le
disposizioni   censurate  ed  il  dettato  statutario  vigente  nella
Provincia  di  Bolzano  (comprensivo  delle norme di attuazione dello
Statuto).
    Si  consideri,  per  esempio, il disposto dell'art. 16, d.lgs. 16
marzo  1992,  n. 268,  che riserva alle province il potere di emanare
norme   in   materia  di  bilanci,  rendiconti,  amministrazione  del
patrimonio  e  contratti  delle  province medesime e degli enti dalle
stesse dipendenti.
    Ancora,  gli  artt. 69, 70, 71, 75 e 78 dello Statuto, unitamente
alle relative norme di attuazione contenute nel d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 268,  garantiscono  alle province una compartecipazione al gettito
di  tributi  erariali  che  l'art. 1,  comma  589, qui impugnato va a
menomare,  prevedendo  una  riduzione  dei  trasferimenti  statali  a
qualsiasi   titolo   spettanti  alla  Provincia  di  Bolzano  laddove
quest'ultima  ometta di comunicare o comunichi in misura incompleta i
dati  relativi  alla  sua  partecipazione a consorzi o societa' ed al
tempo  stesso  continui  ad  erogare  somme  a  favore  di  tali enti
partecipati  o  dei suoi rappresentanti negli organi di governo degli
stessi.
    Risulta  palesemente  violato poi l'art. 104 dello Statuto, nella
parte  in  cui  delinea  la  particolare  procedura,  per  cosi' dire
"rinforzata", prevista per l'eventuale modifica del quadro statutario
concernente   l'autonomia   finanziaria   provinciale  ad  opera  del
legislatore statale.
    A cio' si aggiunga quanto prescritto, con disposizione dal tenore
inequivoco  e  in  ordine al quale codesta ecc.ma Corte ha gia' avuto
plurime  occasioni di pronunciarsi (come si dira' meglio piu' oltre),
dall'art. 5,  legge  30  novembre 1989, n. 386 (recante "Norme per il
coordinamento della finanza della Regione Trentino-Alto Adige e delle
Province  autonome  di  Trento e Bolzano con la riforma tributaria"),
alla stregua del quale:
        "1.  -  Le province autonome partecipano alla ripartizione di
fondi  speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni
in  modo uniforme su tutto il territorio nazionale, secondo i criteri
e le modalita' per gli stessi previsti.
        2.  -  I finanziamenti recati da qualunque altra disposizione
di  legge  statale,  in  cui  sia  previsto il riparto o l'utilizzo a
favore  delle  regioni,  sono  assegnati  alle  province  autonome ed
affluiscono  al  bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo
normative  provinciali,  nell'ambito  del corrispondente settore, con
riscontro nei conti consuntivi delle rispettive province.
        3.  -  Per l'assegnazione e l'erogazione dei finanziamenti di
cui  al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle
stesse  leggi  ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei
parametri o delle quote di riparto".
    Dalla  lettura della norma appena richiamata, infatti, si desume,
da   un   lato,   che   il  censurato  meccanismo  di  riduzione  dei
trasferimenti  statali  a  favore della Provincia autonoma di Bolzano
introdotto  dalla  disposizione  di  cui  al  comma  589  si  pone in
insanabile  contrasto  con la compartecipazione alla ripartizione dei
fondi  statali  di cui al comma 1 dell'art. 5 appena citato, la quale
non  puo'  tollerare  deroghe  unilaterali  da  parte del legislatore
statale  e,  dall'altro lato, che la disciplina legislativa impugnata
viola  al tempo stesso anche i commi 2 e 3 dello stesso art. 5, nella
misura in cui questi ultimi subordinano l'assegnazione e l'erogazione
dei    finanziamenti    statali    ai   soli   adempimenti   relativi
all'individuazione  dei  parametri  o  delle quote di riparto fissati
dalla legge dello Stato.
    Infine,   il   censurato   comma   589   finisce  per  sovvertire
illegittimamente  il  meccanismo  di  assegnazione  dei finanziamenti
statali  disegnato  dall'art. 13, commi 3 e 4, d.lgs. n. 268/1992: ai
sensi  del  citato  comma  3,  infatti,  "in  caso di assegnazione di
finanziamenti  ai  sensi dell'art 5, comma 2, della legge 30 novembre
1989, n. 386, i relativi stanziamenti di spesa sono comunque iscritti
nel  bilancio  provinciale  nella  misura  necessaria  per far fronte
rispettivamente agli impegni ed ai pagamenti previsti per l'esercizio
in   corso,  salvo  l'obbligo  di  compensare  gli  eventuali  minori
stanziamenti  rispetto  alle  assegnazioni  con maggiori stanziamenti
negli  esercizi  successivi"; il successivo comma 4 conferma il sopra
richiamato regime speciale dei trasferimenti in favore delle province
autonome  prevedendo  che  "le  somme assegnate ai sensi dell'art. 5,
comma  2, della legge 30 novembre 1989, n. 386, sono erogate in una o
piu' soluzioni, prescindendo da qualunque altro adempimento".
    Il rilevato contrasto tra le disposizioni della legge finanziaria
impugnate,  da  un  lato,  e  le  norme  statutarie  e  di attuazione
statutaria  sopra  richiamate,  dall'altro,  incide sul sistema delle
fonti  alterando  il  naturale rapporto tra le fonti statali e quelle
della provincia autonoma e viziando quindi in radice le norme statali
oggetto di censura (Corte cost., n. 84/2001).
    Del  resto, la sottrazione di competenze garantite alla provincia
autonoma   dalle   predette   norme   speciali  non  poteva  avvenire
correttamente  sul  piano  costituzionale,  secondo l'insegnamento di
codesta  ecc.ma  Corte (cfr., ex plurimis, Corte cost., n. 341/2001),
se  non  ricorrendo  -  cosa  che  non e' avvenuta - ad una procedura
particolare  di  modifica,  oltre  che delle disposizioni statutarie,
anche  delle  norme  di  attuazione  dello Statuto speciale, che sono
pacificamente  dotate  di  forza  prevalente  su  quella  delle leggi
ordinarie,  anche  per  la  loro  valenza  integrativa  del  precetto
statutario  (cfr.,  in tal senso, Corte cost., n. 249/2005, 406/2001,
520/2000).
    Le  considerazioni  sin  qui  svolte  non  perdono  di  forza  ed
efficacia  neppure  per  il  richiamo,  contenuto  nelle disposizioni
censurate,  ed  in  specie  nel  cornma  590, ai principi dell'Unione
europea   quale   preteso   fondamento  giuridico  delle  scelte  del
legislatore  statale:  pur non volendo mettere in dubbio la rilevanza
giuridica   del   vincolo   europeo,  infatti,  preme  ribadire  che,
soprattutto  dopo  la  revisione del Titolo V della Costituzione, non
puo' derivarne un'alterazione dell'ordine di competenze sancito dalla
Costituzione.
    II)  - Violazione degli artt. 3, 81, 97, 116, 117, commi 2, lett.
g)  e  l),  3 e 4, 119 Cost. - e dell'art. 10, legge cost. 18 ottobre
2001,   n. 3,  nonche'  dell'art. 8,  n. 1,  e  del  Titolo  VI,  con
particolare  riferimento  agli  artt. 80 e 81, d.P.R. 31 agosto 1972,
n. 670,  come  modificato dalla legge n. 386/1989 e relative norme di
attuazione,  con  particolare riferimento al d.lgs. n. 266/1992 ed al
d.lgs. n. 268/1992.
    L'art. 1,  comma  730, legge n. 296/2006, introduce, in capo alle
Regioni  ed  alle Province autonome di Trento e Bolzano, l'obbligo di
adeguare  ai principi (sic) di cui ai commi da 725 a 735 del medesimo
articolo  1  la  rispettiva  disciplina  in materia di compensi degli
amministratori  e  del numero massimo dei componenti del Consiglio di
amministrazione  delle  societa'  partecipate  dagli  stessi soggetti
pubblici,  qualificando  l'obbligo  ora  descritto quale principio di
coordinamento della finanza pubblica.
    La disciplina di cui all'art. 1, comma 730, legge n. 296/2006, ed
ai commi ivi richiamati - con particolare riferimento ai commi da 725
a 729 e da 733 a 735 - integra una palese violazione, in primo luogo,
dell'art. 117,  comma  3,  Cost.,  il quale riconduce all'alveo della
potesta'  legislativa  concorrente  la  materia  "armonizzazione  dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario".
    La natura concorrente della potesta' legislativa nella materia de
qua impone precisi vincoli al legislatore statale, che deve limitarsi
ad  attivita'  di  normazione  di principio, lasciando al legislatore
regionale la competenza alla normazione di dettaglio.
    Nel  caso  di specie tale riparto di competenze e' stato violato,
posto  che,  benche'  il comma 730 in esame qualifichi i parametri di
cui  ai  commi  in esso richiamati quali "principi", e evidente, solo
che  si proceda alla lettura delle medesime disposizioni, come si sia
di fronte, in realta', a disciplina di estremo dettaglio.
    La  circostanza  per  cui  il comma 730 non contenga disposizioni
immediatamente  precettive,  imponendo  alle regioni ed alle province
autonome  un obbligo di adeguamento ai principi dettati dai commi che
il  medesimo  comma  730 richiama, non esclude, peraltro, la evidente
incostituzionalita'  delle previsioni censurate, in quanto non lascia
al  livello regionale e provinciale alcuna facolta' di desumere dalle
previsioni  stesse  i  principi  cui  ispirare ed adeguare la propria
produzione legislativa, essendo le disposizioni sostanziali di cui ai
commi 725 - 729 e 733 - 735, come detto, di estremo dettaglio.
    Piu'  in  particolare, il comma 725 stabilisce, per le societa' a
totale  partecipazione  provinciale o comunale, che il compenso lordo
annuale  ed  omnicomprensivo spettante al presidente ed ai componenti
del  C.d.A. delle medesime societa' non possa essere superiore per il
presidente  all'80%  e  per  i  componenti  al  70%  delle indennita'
spettanti,   rispettivamente,  al  sindaco  ed  al  presidente  della
provincia ex art. 82, d.lgs. n. 267/2000, precisando che l'indennita'
di risultato puo' essere prevista solo in caso di produzione di utili
ed  in  misura  ragionevole e proporzionata. Il successivo comma 726,
con  specifico  riferimento  alle  societa'  a  totale partecipazione
pubblica di una pluralita' di enti locali, stabilisce che il compenso
commisurato  ai  sensi  del  comma  725  debba  essere  calcolato  in
percentuale  della  indennita'  spettante al rappresentante del socio
pubblico  con  la  maggiore  quota  di  partecipazione  e, in caso di
parita'  di  quote,  a  quella  di maggiore importo tra le indennita'
spettanti ai rappresentanti dei soci pubblici.
    Il  comma  727  stabilisce che al presidente ed ai componenti del
Consiglio  di  amministrazione  sono  dovuti  gli  emolumenti  di cui
all'art. 84,  d.lgs.  267/2000,  alle  condizioni  e nella misura ivi
stabilite. Il comma 728 si dedica a disciplinare poi la questione del
compenso degli amministratori con riferimento all'ipotesi di societa'
a  partecipazione  mista  di enti locali ed altri soggetti pubblici o
privati,  precisando  che i compensi di cui ai citati commi 725 e 726
possono essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti
diversi  dagli enti locali, nella misura di un punto percentuale ogni
cinque  punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli
enti locali nelle societa' in cui la partecipazione degli enti locali
e'  pari  o superiore al 50% del capitale, e di due punti percentuali
ogni  cinque  punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi
dagli  enti locali nelle societa' in cui la partecipazione degli enti
locali e' inferiore al 50% del capitale.
    Il   comma  729,  con  riferimento  all'aspetto  del  numero  dei
componenti  del  C.d.A.  di societa' partecipate totalmente, anche in
via  indiretta,  o parzialmente da enti locali, prevede che il numero
complessivo   di   tali   componenti   per   le   societa'  a  totale
partecipazione  dell'ente  locale  non  possa essere superiore a tre,
ovvero  a  cinque  per le societa' con capitale, interamente versato,
pari  o  superiore  all'importo che sara' determinato con decreto del
Presidente  del  Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per
gli  affari  regionali  e  le  autonomie  locali,  di concerto con il
Ministro  dell'interno  e  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze,  sentita  la  Conferenza  Stato - Citta' e Autonomie Locali,
entro  sei  mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge
n. 296/2006.  Rispetto  alle  societa'  miste,  il numero massimo dei
componenti   del   C.d.A.   designati   dai   soci  pubblici  locali,
comprendendo  nel  numero  anche quelli eventualmente designati dalle
regioni,  non puo', ai sensi del medesimo comma 729, essere superiore
a cinque. Il comma in esame impone alle societa' predette di adeguare
i  propri statuti ed eventuali patti parasociali alle prescrizioni in
esso  contenute  entro  tre  mesi  dall'entrata  in vigore del citato
d.p.c.m.
    Il  comma 733 introduce una deroga alla disciplina ora descritta,
prescrivendo  che la medesima non si applica alle societa' quotate in
borsa.
    Il comma 734 introduce specifiche ipotesi di incompatibilita' con
la carica di amministratore di ente, istituzione o azienda pubblica e
di  societa'  a  totale  o parziale capitale pubblico, prevedendo che
l'assunzione   dell'incarico  de  quo  sia  precluso  a  chi,  avendo
ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso
in perdita tre esercizi consecutivi.
    Infine, il comma 735, impone un preciso obbligo di pubblicita' in
ordine  agli  incarichi  di  amministratore  delle societa' di cui ai
commi  da  725  a  734  ed  ai  relativi  compensi, che devono essere
pubblicati  nell'albo  e  nel  sito informatico dei soci pubblici, ed
aggiornati  semestralmente,  a cura di un responsabile individuato da
ciascun   ente,   pena   l'irrogazione,   da   parte   del   prefetto
territorialmente competente, di una sanzione pecuniaria fino a 10.000
euro,  con  estensione  di  tale sanzione agli amministratori che non
comunicano  ai  soci  pubblici  il  proprio  incarico  ed il relativo
compenso  entro  trenta  giorni  dal  conferimento,  ovvero,  per  le
indennita' di cui al comma 725, entro trenta giorni dal percepimento.
    Le  disposizioni  elencate  sono  evidentemente  di  dettaglio  e
violano  in  modo  palese,  in  primo luogo, il disposto dell'art. 3,
comma  2, d.lgs. n. 266/1992, in virtu' del quale "l'emanazione delle
norme  di  organizzazione  eventualmente  occorrenti per l'attuazione
degli  atti  predetti",  ossia  gli atti di indirizzo e coordinamento
emanati  dal  Governo  della  Repubblica,  ammesso  che  se  ne possa
ritenere  la  perdurante  legittimita',  "e' riservata, per quanto di
rispettiva competenza, alla regione o alle province autonome", e cio'
soprattutto  nella  parte  in cui le disposizioni censurate prevedono
provvedimenti  amministrativi  vincolanti  (in  particolare, il comma
729).
    Inoltre, i commi impugnati si pongono in contrasto con il riparto
di  competenze  di  cui  all'art. 117,  comma  3, Cost. nella materia
"armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica  e  del  sistema tributario". Sul punto la giurisprudenza di
codesta  ecc.ma  Corte  ha,  infatti,  precisato  che "il legislatore
statale  puo'  legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle
politiche  di  bilancio  (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in
limitazioni  indirette  dell'autonomia  di spesa degli enti), ma solo
con   "disciplina   di   principio",  per  ragioni  di  coordinamento
finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli
obblighi  comunitari,  potendo  la  legge  statale  stabilire solo un
limite  complessivo  che  lascia  agli  enti stessi ampia liberta' di
allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa",
con  la  conseguenza  che  deve  dichiararsi l'incostituzionalita' di
prescrizioni  con  cui  siano  "previsti  vincoli puntuali relativi a
singole  voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali.
Siffatte  norme  non  costituiscono  infatti principi fondamentali di
coordinamento  della  finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117 Cost.,
comma 3, e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita
dall'art. 119  Cost."  (Corte  cost.,  nn. 417/2005, 36/2004, 4/2004,
390/2004 e 376/2003).
    Le  disposizioni  censurate,  quindi,  nel  travalicare  i limiti
imposti  dall'art. 117,  comma  3,  Cost.,  alla potesta' legislativa
statale   nella   materia  "armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e
coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema tributario",
violano,  posta  la  specifica  materia in cui la disciplina in esame
impinge,  non  solo il citato art. 117, comma 3, Cost., ma, altresi',
gli  artt. 81  e  119  Cost.,  oltre  che  il  Titolo  VI  del d.P.R.
n. 670/1972,  con  particolare riferimento agli artt. 80 ed 81, e gli
artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 268/1992, nonche' i principi di autonomia
finanziaria e di bilancio ivi sanciti.
    Per    tali   motivi,   le   disposizioni   denunciate   limitano
illegittimamente  il  peculiare ambito di autonomia riconosciuto alle
province  autonome  dagli  statuti  e  dall'art. 116 Cost., senza che
siffatta  compressione  possa  essere in alcun modo giustificata alla
luce  dei  principi  di  coordinamento  della finanza pubblica di cui
all'art. 117,  comma  3,  Cost.,  o  degli obiettivi di equilibrio di
bilancio di cui all'art. 81 Cost., posto che, lo si e' gia' rilevato,
l'eccessivo dettaglio delle prescrizioni censurate comporta un sicuro
superamento  dei  confini della normazione di principio di competenza
statale.  Le  prescrizioni  censurate,  imponendo limiti puntualmente
individuati  all'entita'  del  compenso  degli  amministratori  delle
societa'  partecipate (commi da 725 a 728) ed al numero di componenti
dei  C.d.A.  delle  medesime  societa' (comma 729), nonche' indicando
peculiari  ipotesi  di  incompatibilita'  con  le  cariche societarie
(comma  734)  e  deroghe  all'ambito soggettivo di applicazione della
citata   disciplina  (comma  733),  oltre  a  specifici  obblighi  di
pubblicita' (comma 735), si identificano in un "precetto che, proprio
perche'  specifico  e  puntuale  e  per il suo oggetto, si risolve in
un'indebita  invasione,  da  parte  della  legge  statale,  dell'area
(organizzazione  della  propria  struttura  amministrativa) riservata
alle  autonomie  regionali  e  degli enti locali, alle quali la legge
statale  puo'  prescrivere  criteri  [...]  ed obiettivi (ad esempio,
contenimento  della  spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli
strumenti  da  utilizzare  per  raggiungere  quegli obiettivi" (Corte
cost., n. 390/2004).
    Non bisogna dimenticare, infatti, che ai sensi dell'art. 8, n. 1,
d.P.R. n. 670/1972, alle province autonome spetta in via esclusiva la
potesta' di emanare norme legislative in materia di ordinamento degli
uffici provinciali e del personale ad essi addetto.
    Ora, la disciplina di cui alla legge n. 296/2006 sopra richiamata
certamente  incide,  pur  intervenendo apparentemente in un ambito in
cui  sono  presenti  aspetti  di  ordinamento  civile,  sulla materia
dell'ordinamento  degli  uffici  provinciali  e del personale addetto
sopra  richiamata, che spetta, ai sensi dello Statuto provinciale, ed
in  forza del disposto dell'art. 116 Cost., alla potesta' legislativa
primaria  della  Provincia  di Bolzano e si estende all'ordinamento e
all'organizzazione degli enti strumentali della Provincia medesima.
    Gli evidenti punti di contatto e sovrapposizione tra i due ambiti
descritti,  quindi l'ordinamento civile di cui all'art. 117, comma 2,
lett. l),  Cost.  e  l'ordinamento  degli  uffici  provinciali  e del
personale  addetto di cui all'art. 8, n. 1, d.P.R. n. 670/1972, danno
luogo  ad  una innegabile lesione delle prerogative provinciali, dato
che  l'intervento  statale,  anche  ove,  in ipotesi, posto in essere
nell'esercizio  della potesta' legislativa di cui all'art. 117, comma
2,  lett. l),  Cost., importa un'evidente compressione, per la natura
ed  il  contenuto  delle  prescrizioni  impugnate,  delle  competenze
provinciali  di  cui al citato art. 8, n. 1, d.P.R. n. 670/1972 e, in
generale,   di  cui  all'art. 116  Cost.,  posto  che  si  tratta  di
limitazioni    alla    generalita'   delle   attivita'   provinciali,
riconducibili  alle  attribuzioni  statutarie, suscettibili di essere
svolte attraverso lo strumento delle societa' a capitale totalmente o
parzialmente pubblico.
    I  commi  impugnati,  impingendo  nella  materia dell'ordinamento
degli  uffici  e  del  relativo personale riservata alle province per
quanto osservato, comportano, altresi', una violazione dell'art. 117,
comma  2,  lett. g),  Cost.,  che  riserva  allo  Stato la competenza
legislativa  unicamente  in materia di "ordinamento ed organizzazione
amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti pubblici nazionali", con
conseguente   violazione,   altresi',   delle   competenze  residuali
spettanti  alla Provincia autonoma di Bolzano in punto di ordinamento
ed organizzazione amministrativa delle proprie strutture e degli enti
pubblici  provinciali  sia  in  forza  dello  Statuto  che  in  forza
dell'art. 117, comma 4, Cost.
    Ne',  per  quanto  riguarda  la  materia  della "organizzazione e
funzionamento degli enti locali", puo' essere invocata dallo Stato la
competenza  legislativa  esclusiva in materia di "organi di governo e
funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane", di
cui  all'art. 117,  secondo comma, lettera p), alla quale e' peraltro
del  tutto  estranea  la  dettagliata  disciplina  statale.  Infatti,
rispetto  agli  enti  locali  situati  nel territorio della Provincia
autonoma  di  Bolzano,  lo  Stato non puo' esercitare tale competenza
esclusiva  (ex  art. 10  legge  cost.  n. 3/2001),  anche  perche' lo
Statuto  T.-A.A.,  all'art. 4  n. 3, assegna alla competenza primaria
della  Regione  T.-A.A.  la  materia "ordinamento degli enti locali".
Nella  parte  in  cui  fanno riferimento agli enti locali situati nel
territorio  provinciale ed alle societa' da essi padecipate, pedanto,
i  commi  denunciati  si  pongono altresi' in contrasto con l'art. 4,
n. 3,   dello  Statuto  di  autonomia,  oltre  che  con  le  invocate
disposizioni   costituzionali,   statutarie   e  di  attuazione,  che
attribuiscono  alla  ricorrente  competenze in materia organizzazione
degli uffici provinciali e garantiscono l'autonomia finanziaria della
provincia,  anche  con  riferimento  al  coordinamento  della finanza
locale  in  ambito  provinciale  (a quest'ultimo riguardo, come si e'
detto,  l'art. 17,  d.lgs.  n. 268/1992, recante "norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige in materia di
finanza  regionale  e provinciale", demanda alle province autonome la
potesta'  di  disciplinare con propria legge i criteri per assicurare
un equilibrato sviluppo della finanza locale).
    Da  quanto  precede  appare  incontestabile  la lesivita', per la
ricorrente, della disciplina di cui all'art. 1, commi 725 - 730 e 733
-  735,  in  esame, in quanto afferente ad aspetti - quali i compensi
spettanti  agli  amministratori  di  societa'  partecipate, il numero
massimo di componenti dei C.d.A. delle medesime societa', le cause di
incompatibilita'  alle  cariche  de  quibus  e  specifici obblighi di
pubblicita'  inerenti  a tali aspetti afferenti all'organizzazione ed
al   funzionamento   degli   enti  locali  della  provincia,  nonche'
all'ordinamento  ed  all'organizzazione amministrativa delle relative
strutture,  oltre  che  all'organizzazione  degli uffici e degli enti
pubblici provinciali e del personale ad essi addetto, materie, tutte,
nelle  quali  il  legislatore  statale  non  ha, come si e' mostrato,
alcuna competenza.
    Ne'  vale  a superare le censure sopra esposte la circostanza che
il comma 729 introduca un momento di confronto e coordinamento tra lo
Stato e le Autonomie Locali, nell'ambito del procedimento finalizzato
alla  determinazione,  con  d.p.c.m., dell'importo di riferimento del
capitale  sociale  rilevante ai fini di individuare il numero massimo
di  componenti  del  C.d.A.  delle  societa'  de  quibus  ammesso dal
medesimo  comma  729,  in  quanto  la  previsione di un intervento di
matrice   statale,  neppure  di  natura  legislativa,  nella  materia
esaminata  e' viziata in radice: l'emissione di tale decreto non puo'
sostituire l'esercizio di una potesta' legislativa costituzionalmente
affidata alla Provincia autonoma di Bolzano.
    La  pretermissione  di  qualunque  reale sede di confronto con la
Provincia  ricorrente  rende palesemente illegittima la disciplina di
cui  ai  commi  da  725  a 735, legge n. 296/2006, in quanto posta in
essere,   tra   l'altro,   in   spregio   del   principio   di  leale
collaborazione,   nonche'   in   violazione   del  principio  di  cui
all'art. 3,  comma  3,  d.lgs.  n. 266/1992,  in  virtu' del quale la
Regione  o  le  Province  autonome di Trento e di Bolzano, secondo le
rispettive  competenze,  sono consultate, a cura della Presidenza del
Consiglio  dei ministri, su ciascun atto di indirizzo e di controllo,
ai  fini  della  verifica  della  compatibilita'  dello stesso con lo
Statuto  speciale e le relative norme di attuazione (sempre che, come
si  e'  detto,  tali atti statali possano ritenersi ammissibili; cosa
peraltro  da  escludersi, a seguito della revisione del Titolo V, che
non ammette una funzione statale di indirizzo e coordinamento).
    La  gia'  citata  previsione  di cui all'art. 1, comma 735, legge
n. 296/2006, e', peraltro, illegittima non solo in quanto destinata a
comprimere l'ambito di autonomia riconosciuto alla Provincia autonoma
di  Bolzano  dall'art. 8,  n. 1,  d.P.R. n. 670/1972 e dall'art. 117,
comma   4,   Cost.,  in  materia  di  ordinamento  ed  organizzazione
amministrativa   delle   proprie  strutture  e  degli  enti  pubblici
provinciali  e  del  personale  ad  essi  addetto,  ma, altresi', per
violazione del disposto degli artt. 81 e 119 Cost..
    Assume   rilevanza  ai  t'mi  di  dimostrare  la  fondatezza  del
lamentato profilo di illegittimita' costituzionale la circostanza che
mediante  la forma di controllo centralizzato prescritta dal comma in
esame  si realizza un'indebita ingerenza dello Stato nelle competenze
provinciali,  in  quanto viene a configurarsi un'ipotesi di vigilanza
da  parte  di  un  organo  statale  in  materie  che  si  sono  dette
riconducibili   all'alveo   della   potesta'   legislativa  esclusiva
provinciale   ai   sensi  dell'art. 8,  n. 1,  d.P.R.  n. 670/1972  e
dell'art. 117,  comma  4,  Cost., e che non e' giustificabile nemmeno
alla  luce  dei  principi  di  cui agli artt. 81 e 119 Cost., che non
possono  consentire,  come  gia'  in  precedenza sottolineato, che il
legislatore  statale  intervenga  a  comprimere l'ambito di autonomia
della   provincia  disciplinando  "nel  dettaglio  gli  strumenti  da
utilizzare   per  raggiungere  quegli  obiettivi"  di  equilibrio  di
bilancio  e  coordinamento  della  finanza pubblica ad esso afferenti
(Corte cost., n. 390/2004).
    L'ecc.ma Corte costituzionale ha avuto peraltro modo di precisare
che  nelle  ipotesi  in  cui la competenza provinciale in determinate
materie  non  sia posta in dubbio, come nel caso della organizzazione
delle   strutture  provinciali  e  del  personale  ad  esse  addetto,
"eventuali  irregolarita'  [...]  riferibili  ad  attivita'  gestorie
devono essere accertate attraverso i controlli e le verifiche rimesse
alla competenza della provincia autonoma" (Corte cost., n. 182/1997).
    Sul  punto  giova  infine  osservare come in piu' di un'occasione
codesta  ecc.ma  Corte abbia escluso l'illegittimita' di prescrizioni
comportanti  specifici  poteri di controllo statali sull'attivita' di
regioni  e  province  autonome  sulla  base di peculiari presupposti,
quali  la  configurabilita' dell'intervento di vigilanza statale come
"espressione di un coordinamento meramente informativo" (Corte cost.,
n. 376/2003) e la natura mista dell'organo di controllo (Corte cost.,
n. 412/1994), certo non ricorrenti nel caso di specie, posto che alla
violazione  della  prescrizione  di  cui  al  comma  735  in esame e'
riconnessa  la  diretta  conseguenza  dell'erogazione di una sanzione
amministrativa prefettizia.
    La  previsione  di  cui  al comma 735 in esame viola, inoltre, il
disposto  dell'art. 4, d.lgs. n. 266/1992, in virtu' del quale "nelle
materie di competenza propria della regione o delle province autonome
la   legge   non   puo'   attribuire  agli  organi  statali  funzioni
amministrative,    comprese   quelle   di   vigilanza,   di   polizia
amministrativa   e  di  accertamento  di  violazioni  amministrative,
diverse  da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e
le relative norme di attuazione".
    La disciplina impugnata in questa sede non sfugge, poi, a censure
di  incostituzionalita'  per  violazione degli artt. 3 e 97 Cost., in
quanto  palesemente  irragionevole  e  contraria al principio di buon
andamento.
    La disciplina contenuta nei commi 725 - 729 e 733 - 735, infatti,
imponendo  regole  uniformi  per  tutti gli enti locali, incide sulla
autonomia    finanziaria    riconosciuta   alle   Province   autonome
dall'art. 119  Cost.  e,  in  particolare,  per quanto in questa sede
direttamente   rileva,   dal  Titolo  VI  del  d.P.R.  n. 670/1972  e
dall'art. 116 Cost., nonche' sulla potesta' provinciale in materia di
finanza locale, nella misura in cui impone vincoli di spesa agli enti
locali   della   provincia   senza   tenere   conto   delle   risorse
effettivamente  disponibili  e dello stato dei bilanci, nonche' delle
peculiarita'  delle  realta'  di  riferimento, in evidente violazione
altresi' dei principi espressi dagli artt. 3 e 97 Cost..
    Con la normativa impugnata, dunque, il legislatore statale, da un
lato,  esercita  competenze  in  materia  di  finanza locale che sono
statutariamente  riservate  alla  Provincia  autonoma  di Bolzano, e,
dall'altro,   finisce   per  ledere  del  pari  la  stessa  autonomia
finanziaria della provincia nella misura in cui impone alla stessa un
obbligo  di  adeguamento  ai principi statali in punto di societa' da
essa partecipate.
    Vale  la  pena di richiamare, infine, quanto gia' rilevato sub I)
in  merito all'illegittimita' costituzionale di un intervento statale
quale    quello    qui   contestato,   modificativo   di   competenze
statutariamente  riconosciute alla provincia: tanto lo Statuto quanto
le  relative norme di attuazione (nella specie, l'art. 8 ed il Titolo
VI  dello  Statuto,  con  particolare riferimento agli artt. 80 e 81,
nonche'  le norme attuative contenute nei decreti legislativi nn. 226
e  268/1992),  infatti,  si  trovano in una posizione gerarchicamente
sovraordinata rispetto alle leggi statali e, prevalendo sulle stesse,
compongono    un   quadro   non   suscettibile   di   essere   inciso
unilateralmente  dal  legislatore statale (Corte cost., nn. 249/2005,
239/2004 e 221/2003).
    III)  -  Violazione  degli  artt. 116 e 117 Cost. e dell'art. 10,
legge  cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Violazione dell'art. 8, nn. 1, 3,
5,  6,  7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 18, 20 e 21, dello Statuto speciale
della  Regione  Trentino-Alto  Adige,  approvato con d.P.R. 31 agosto
1972,  n. 670.  Violazione  dell'art. 9,  nn. 10  e 11, dello Statuto
speciale  della  Regione Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31
agosto  1972,  n. 670. Violazione dell'art. 16 dello Statuto speciale
della  Regione  Trentino-Alto  Adige,  approvato con d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670. Violazione del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279: del d.P.R.
19  novembre 1987, n. 526, del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115; d.P.R.
22  marzo  1974,  n. 381,  del  d.lgs.  11 novembre 1999, n. 463; del
d.P.R.  28  marzo  1975,  n. 474; del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197.
Violazione  degli  artt. 7  e  8,  d.P.R.  19  novembre 1987, n. 526,
nonche' degli artt. 2 e 4, d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
    Con  l'art. 1,  comma  1226,  legge  n. 296/2006,  il legislatore
statale,  al  dichiarato  fine  di  prevenire  ulteriori procedure di
infrazione  a  carico dello Stato italiano per il mancato adeguamento
all'ordinamento  comunitario,  ha ribadito quanto gia' previsto dagli
artt. 4 e 6, d.P.R. n. 357/1997 (Regolamento recante attuazione della
direttiva   92/43/CEE   relativa  alla  conservazione  degli  habitat
naturali   e   seminaturali,   nonche'  della  flora  e  della  fauna
selvatiche),  stabilendo  che  le  Regioni  e le Province autonome di
Trento  e  Bolzano  devono  provvedere  agli adempimenti previsti dai
sopra  citati  articoli  o  al  loro  completamento  entro  tre  mesi
dall'entrata in vigore della legge finanziaria, sulla base di criteri
minimi   uniformi   stabiliti   con  apposito  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
    La disposizione in commento appare costituzionalmente illegittima
sotto diversi profili.
    In  primis,  si  consideri  quanto stabilito dall'art. 117 Cost.,
quinto comma, nella parte in cui prevede che le regioni e le province
autonome nelle materie di legislazione concorrente e residuale (commi
3  e  4)  partecipino  all'attuazione  delle  norme  comunitarie.  In
conformita'  a  tale  principio  costituzionale,  l'art. 16, comma 1,
legge  n. 11/2005,  ha  sostituito  alla precedente facoltativita' il
dovere  per  le  regioni  e  province  autonome  di  dare attuazione,
autonomamente   e   tempestivamente,  agli  obblighi  di  adeguamento
discendenti  dalla  normativa  comunitaria  nelle  materie di propria
competenza.
    Ebbene,  non vi e' chi non veda come la materia ambientale ricada
nell'ambito   della   potesta'   provinciale,   in   quanto   materia
trasversalmente  incidente  nei  seguenti  settori  individuati dallo
Statuto  agli artt. 8 e 9 come ambiti di legislazione della provincia
(e   correlativamente  come  ambiti  di  potesta'  amministrativa  ex
art. 16):  tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e
popolare  (art. 8,  n. 3),  urbanistica  e  piani regolatori (art. 8,
n. 5),  tutela  del  paesaggio  (art. 8,  n. 6),  usi civici (art. 8,
n. 7),  ordinamento  delle minime proprieta' colturali (ad. 8, n. 8),
porti  lacuali (ad. 8, n. 11), prevenzione e calamita' pubbliche (ad.
8,  n. 13),  miniere, cave e torbiere (art. 8, n. 14), caccia e pesca
(art.  8, n. 15), apicoltura e parchi per la protezione della flora e
della  fauna  (ad.  8, n. 16), comunicazioni e trasporti di interesse
provinciale  (ad.  8, n. 18), turismo e industria alberghiera (ad. 8,
n. 20),  agricoltura  e  foreste  e  corpo  forestale (ad. 8, n. 21),
igiene  e  sanita'  (art. 9,  n. 10), attivita' sportive e ricreative
(ad. 9, n. 11).
    Ne  discende che nella materia de qua e' rintracciabile un vero e
proprio  obbligo di adeguamento diretto ed autonomo delle Province di
Trento e Bolzano alla normativa di derivazione comunitaria, in via di
competenza esclusiva.
    Con  specifico riferimento alla direttiva 92/43/CEE, la Provincia
autonoma  di Bolzano ha gia' provveduto a darvi tempestiva attuazione
con  due provvedimenti successivi, il primo rappresentato dal decreto
del  Presidente  della  Provincia  n. 63  del  26 ottobre 2001, ed il
secondo,  parzialmente  modificativo  del  primo,  rappresentato  dal
recentissimo  decreto  del  Presidente  della  Provincia  n. 8 del 22
febbraio 2006.
    Non   solo,   dunque,   la  disposizione  statale  qui  censurata
reintroduce, anche con riferimento diretto alla provincia ricorrente,
un  obbligo generale di adeguamento alla normativa comunitaria in una
materia  in  cui  la provincia ha gia' esercitato le proprie potesta'
legislative   ed   amministrative,   ma  essa  finisce  altresi'  per
subordinare  gli adempimenti attuativi posti a carico della provincia
al  rispetto  di  un  emanando  decreto  ministeriale,  evidentemente
coinvolgente  ambiti  di indiscussa competenza provinciale, senza che
al  tempo  stesso  sia  prevista  sul punto una qualsivoglia forma di
intesa  (nemmeno  in  sede  di  Conferenza  Stato-Regioni  e Province
autonome).
    Cio'   comporta   una  violazione,  oltre  che  delle  competenze
provinciali   in   materia   ambientale,   altresi'  del  sistema  di
coordinamento  dei poteri normativi nazionali e di quelli regionali e
provinciali,  sistema  previsto  e  disciplinato,  nella Provincia di
Bolzano,  dal  d.P.R.  19  novembre 1987, n. 526, e basato sul potere
delle province, nelle materie di loro competenza esclusiva, quali per
l'appunto  quelle  coinvolte dalla disciplina regolamentare di cui al
d.P.R.   357/1997,  di  "dare  immediata  attuazione  alle  direttive
comunitarie,  salvo  adeguarsi  nei  limiti  previsti  dallo  Statuto
speciale,   alle  leggi  statali  di  attuazione  dei  predetti  atti
comunitari" (art. 7, d.P.R. citato).
    Infatti  -  come  rilevato da codesta ecc.ma Corte (cfr. sentenza
n. 425/1999)  - l'attuazione da parte della provincia della direttiva
comunitaria  92/43/CEE  puo'  incontrare  il  limite,  previsto dallo
Statuto  speciale ed in conformita' ai principi costituzionali di cui
la     norma    di    attuazione    costituisce    un'esplicitazione,
dell'adeguamento   alla  legislazione  statale  di  attuazione  della
direttiva  stessa,  per  la  parte  relativa  ed  in conformita' agli
interessi  di natura unitaria di cui tale legislazione e' portatrice,
ma  l'art. 7,  d.P.R. n. 526/1987, preclude allo Stato di limitare la
potesta' provinciale con norme regolamentari.
    Se,  dunque,  l'intervento  statale  e' ammesso solo per supplire
all'eventuale inerzia delle autonomie regionali e provinciali, emerge
con tutta evidenza l'incostituzionalita' di una norma quale quella in
esame,  che  pretende invece - in materia di competenza pacificamente
provinciale  -  di  imporsi  direttamente alle Province autonome e di
sottomettere  queste  ultime e le scelte normative e regolamentari da
esse  gia' compiute in attuazione del dettato comunitario al rispetto
di  obblighi  e  vincoli  ulteriori,  peraltro  sanciti  con  decreto
ministeriale.
    Risultano   palesemente  violate,  oltre  all'art. 7  piu'  volte
citato, anche le stesse norme di attuazione dello Statuto concernenti
il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e  leggi  regionali  e
provinciali,  contenute  nel  d.lgs.  n. 266/1992, nella parte in cui
sanciscono  chiaramente  "l'immediata  applicabilita'  nel territorio
regionale  ...  delle norme internazionali e comunitarie direttamente
applicabili",  nonche'  laddove  fanno  obbligo  alla  Presidenza del
Consiglio  dei  ministri  di  consultare  la  regione  o  le province
autonome  "su  ciascun  atto  di indirizzo e coordinamento per quanto
attiene  alla compatibilita' di esso con lo Statuto speciale e con le
relative norme di attuazione", ed allorquando, soprattutto, precisano
che  "nelle  materie  di  competenza  propria  della  regione o delle
province  autonome  la  legge non puo' attribuire agli organi statali
funzioni  amministrative  ...  diverse da quelle spettanti allo Stato
secondo  lo  Statuto speciale e le relative norme di attuazione". Nel
caso  di specie, dal momento che la disposizione censurata demanda ad
un  organo  statale (Ministro per l'ambiente) l'esercizio di funzioni
in  materia di competenza pacificamente provinciale, peraltro diverse
da  quelle  che lo Stato potrebbe esercitare in forza dello Statuto e
delle relative norme di attuazione (potendo lo Stato intervenire solo
per  supplire ad un'eventuale inerzia nell'attuazione della direttiva
comunitaria,  nella fattispecie non verificatasi), non se ne puo' non
riconoscere  la  grave  illegittimita',  anche sotto il profilo della
violazione  del  rapporto  di sovraordinazione tra norme statutarie e
leggi statali.
    Una  volta  ricostruito  il  quadro  delle competenze normative e
delle attribuzioni amministrative della Provincia autonoma di Bolzano
in  materia  di  adeguamento  agli  obblighi  comunitari, infatti, e'
agevole  rilevare  come la legge finanziaria per l'anno 2007 si ponga
in  netto  contrasto  con  le  disposizioni  appena citate: essa, del
resto,   come  gia'  sottolineato,  pone  una  serie  di  adempimenti
attuativi   assai  stringenti  a  carico  della  Provincia,  peraltro
subordinandoli al rispetto di un emanando decreto ministeriale per il
quale,  al  contempo, non e' neppure prevista alcuna forma di intesa,
quanto  meno con il sistema delle Regioni (Conferenza Stato-Regioni):
cio',   peraltro,   in   palese   spregio   dei   principi  di  leale
collaborazione.
    L'incostituzionalita'   della   disposizione   in  parola  appare
evidente  ove  si  consideri  che essa statuisce l'applicazione degli
obblighi  de  quibus anche nei confronti delle Province autonome, con
cio'  mostrando  di  ignorare  totalmente  la  normativa  provinciale
vigente  in  materia  e  sopra  menzionata,  benche' quest'ultima sia
recata da una fonte sovraordinata quale quella che reca attuazione di
uno statuto di autonomia speciale.
    Si  assiste,  dunque,  ad  una  palese  violazione dell'autonomia
provinciale nella materia de qua.
    In  considerazione del rango costituzionale delle norme contenute
nello  Statuto  di  autonomia  della  Provincia  di  Bolzano  e nelle
relative  norme  di  attuazione,  e' dunque ravvisabile nel contempo,
oltre   alla   violazione   di   queste  ultime,  sia  la  violazione
dell'art. 116,  comma  1,  Cost.,  nella  parte in cui riconosce alla
Regione  Trentino-Alto  Adige  e  alle  sue  due  Provincie  forme  e
condizioni  particolari di autonomia, che quella dell'art. 117, comma
1,  Cost.,  laddove  fa  obbligo  allo Stato di esercitare la propria
potesta' legislativa nel rispetto della Costituzione.

        
      
                              P. Q. M.
    Voglia   codesta  ecc.ma  Corte,  in  accoglimento  del  presente
ricorso,  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale della legge 27
dicembre  2006,  n. 296,  pubblicata  in  Gazzetta  Ufficiale,  serie
generale   n. 299,   S.O.  del  27  dicembre  2006,  con  particolare
riferimento  all'articolo 1, commi da 578 a 591, da 725 a 730, da 733
e 735 e 1226.
        Milano-Roma, addi' 22 febbraio 2007
     Avv. Prof. Giuseppe Franco Ferrari - Avv. Prof. Roland Riz

 

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