Ricorso n. 12 del 5 marzo 2007 (Provincia autonoma di Bolzano)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2007 , n. 12
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2007 (dalla Provincia autonoma di Bolzano)
(GU n. 13 del 28-3-2007)
Ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente pro tempore della Provincia, dott. Luis Durnwalder, rappresentata e difesa, in virtu' di procura speciale dd. 19 febbraio 2007 rep. n. 21710 (all. 1), rogata dal Segretario generale della giunta provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, nonche' in virtu' di deliberazione di G.P. di autorizzazione a stare in giudizio n. 539 del 19 febbraio 2007 (all. 2), dagli avv. proff. Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz, e con questi elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via di Ripetta n. 142; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pubblicata in G.U., S.O., Serie gen. n. 299 del 27 dicembre 2006, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)", con particolare riferimento ai commi da 587 a 591, da 725 a 730, da 733 a 735 e 1226 dell'articolo 1. F a t t o Sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006 e' stata pubblicata la legge finanziaria per l'anno 2007 (legge n. 296 del 27 dicembre 2006). Essa riunisce in un unico articolo una congerie di disposizioni assai varie. Tra esse alcune (commi da 587 a 590) sono dedicate alla partecipazione delle amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali in societa' e consorzi, altre (commi da 725 a 730 e da 733 a 735) disciplinano i compensi ed il numero massimo dei componenti dei consigli di amministrazione delle societa' partecipate, fissando parametri peculiari con riferimento ad adempimenti di pubblicita' e cause di incompatibilita' alla carica, ed altre ancora (comma 1226), infine, individuano alcuni specifici adempimenti a carico di regioni e province autonome per la conservazione degli habitat naturali. Benche' l'art. 1, comma 1363, legge n. 296/2006, nel contempo, contenga una disposizione generale di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, che recita: "le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione", a ben vedere le disposizioni sopra citate finiscono per comprimere fortemente l'autonomia concessa alla Provincia odierna ricorrente in forza dello Statuto di autonomia e relative norme di attuazione, nonche' della legge cost. n. 3/2001, oltre a contrastare con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 81, 97, 116, 117 e 119 Cost. Di qui la necessita' della proposizione del presente ricorso, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 587 a 591, da 725 a 730, da 733 a 735 e 1226, della citata legge, alla luce dei seguenti motivi di D i r i t t o I) - Violazione degli artt. 3, 81, 97, 116, 117 e 119 Cost, e dell'art. 10, legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Violazione dell'art. 8, n. 1, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Violazione del Titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come modificato con legge 30 novembre 1989, n. 386. Violazione delle norme di attuazione dello Statuto di cui al d.P.R. 15 luglio 1988. n. 305, al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, ed al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268. Il comma 587 introduce per le amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali l'obbligo di comunicare annualmente (entro il 30 aprile) al Dipartimento della finzione pubblica alcuni dati, e segnatamente l'elenco dei consorzi di cui fanno parte e delle societa' totalmente o parzialmente da esse partecipate, indicandone la ragione sociale, la misura della partecipazione, La durata dell'impegno, l'onere complessivo gravante a qualsiasi titolo sul bilancio dell'amministrazione, il numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo ed il trattamento economico ad essi spettante. L'inosservanza dell'obbligo imposto con la disposizione richiamata (mancata o incompleta comunicazione dei dati) e' sanzionata dal comma 588 con il divieto assoluto in capo alle amministrazioni interessate di erogazione di somme a favore dell'ente partecipato o dei propri rappresentanti negli organi di governo degli stessi. Per l'ipotesi di mancata o incompleta comunicazione dei dati ed inosservanza del divieto di erogazione di cui al comma 588, il comma successivo prevede che una cifra pari alle spese sostenute da ciascuna amministrazione nell'anno venga detratta dai fondi a qualsiasi titolo trasferiti a quella amministrazione dallo Stato nello stesso anno. Le disposizioni in parola sono qualificate dal legislatore statale (comma 590) come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai fini del rispetto dei parametri stabiliti dal patto di stabilita' e crescita dell'Unione europea. Tuttavia, a ben vedere, le norme richiamate non possono rivestire il carattere di norme di principio, atteso il grado di estremo dettaglio che le caratterizza e la natura puntuale e vincolante delle disposizioni da esse dettate, peraltro assistite da sanzioni immediatamente precettive. A nulla vale il richiamo del necessario rispetto degli obiettivi stabiliti a livello europeo, dal momento che le previsioni di cui ai commi 588 e 589 si rivelano evidentemente come strumenti non proporzionati a tale dichiarata finalita'. Le funzioni nella specie attribuite al Dipartimento della funzione pubblica dal comma 587 si traducono, in realta', in una forma di controllo, anche di merito, costituzionalmente non prevista ed attribuita ad un organo statale privo dei necessari requisiti di indipendenza. Pur non avendo in linea di principio la mera previsione di una raccolta di dati afferenti la partecipazione delle regioni o province in consorzi e societa' portata immediatamente lesiva, le norme qui contestate attribuiscono ad organi statali evidenti funzioni di controllo e correlati poteri sanzionatori non previsti dallo Statuto di autonomia e dalle relative norme di attuazione. In particolare, il d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305, rimette in via esclusiva alle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e Bolzano, rispettivamente, il controllo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle due province. A sua volta, il d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, recante "norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e coordinamento", all'art. 4 nega che possano essere attribuite ad organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione, in tutte le materie di competenza della Regione Trentino-Alto Adige o delle Province autonome. Non puo' dunque ammettersi la legittimita' di un intervento legislativo quale quello qui in esame, dal momento che esso introduce strumenti anomali di controllo sulla gestione finanziaria regionale o provinciale, senza dubbio non consentiti nel corretto esercizio del potere di coordinamento della finanza regionale o provinciale. Ai sensi del comma 2 dell'art. 3 dello stesso d.lgs. n. 266/1992 gia' citato, del resto, gli atti di indirizzo e coordinamento statali - ammesso che siano ancora consentiti dopo la revisione costituzionale del Titolo V operata nel 2001 - possono vincolare la regione e le province autonome solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti. Non si puo' dunque, ex adverso, invocare la titolarita' in capo allo Stato della potesta' di stabilire i principi fondamentali in materia di "coordinamento della finanza pubblica", cosi' come previsto dall'art. 117, comma 3, Cost. E' vero che la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ha, di recente, sottolineato la dimensione "nazionale" degli interventi compiuti nell'esercizio ditale potesta' (v., ad es., sent. nn. 17 e 36 del 2004), ma non e' meno vero che il concetto stesso di coordinamento implica unicamente la fissazione di obiettivi e di paradigmi generali dell'azione, laddove, come si e' dimostrato, nella specie la normativa impugnata si caratterizza invece per introdurre precetti analitici e dettagliati, andando ben al di la' della semplice identificazione degli obiettivi dell'azione pubblica. Anche ove fosse quindi possibile - cosa che comunque si nega - ricondurre le disposizioni impugnate nell'alveo della materia di competenza legislativa concorrente della "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica" di cui all'art. 117, comma 3, Cost., continuerebbero pertanto a sussistere i profili di illegittimita' costituzionale denunciati nella misura in cui le norme censurate non introducono principi fondamentali, bensi' disposizioni di dettaglio, direttamente applicabili ai destinatari e non cedevoli a fronte dell'esercizio della potesta' legislativa provinciale, e non si limitano ad indicare gli obiettivi ma impongono anche i mezzi per farvi fronte. Vi e' pertanto una lesione delle prerogative provinciali non giustificabile neppure con la competenza statale relativa all'armonizzazione dei bilanci pubblici ed al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, posto che le norme impugnate non sono norme tese a realizzare effetti finanziari, bensi' si risolvono in misure tipicamente organizzatorie, come tali estranee al contenuto proprio della legge finanziaria e afferenti ad una materia pacificamente riservata alla potesta' legislativa provinciale. Deve rammentarsi, del resto, che la Provincia autonoma di Bolzano gode, in forza dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione, di attribuzioni primarie specifiche in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto (art. 8, n. 1, Statuto T-T.A.). Inoltre, l'art. 17, d.lgs. n. 268/1992, recante "norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale", demanda alle Province autonome la potesta' di disciplinare con propria legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza locale. Ne discende l'evidente violazione delle attribuzioni provinciali appena ricordate da parte delle disposizioni censurate, nella misura in cui esse, stabilendo rigidi precetti vincolanti anche nei confronti delle Province autonome, di fatto invadono ambiti di competenza strettamente provinciali. E' ravvisabile, al tempo stesso, una violazione dell'autonomia di spesa riconosciuta e garantita alle Province autonome dall'art. 119 Cost., secondo cui queste sono l'unico soggetto abilitato a prevedere procedure e criteri di controllo della propria spesa pubblica. Le disposizioni contestate, infatti, attraverso il meccanismo sanzionatorio della riduzione dei trasferimenti erariali, finiscono per limitare la spesa delle amministrazioni provinciali e locali relativa alla loro partecipazione in consorzi o societa', ledendo in tal modo non solo l'autonomia di spesa della Provincia ricorrente, garantita anche dall'art. 119, primo comma, Cost., ma anche la stessa autonomia finanziaria provinciale, come delineata dal Titolo VI dello Statuto di autonomia e, con disposizioni non unilateralmente derogabili dal legislatore statale, dalle relative norme di attuazione introdotte dai decreti legislativi nn. 266 e 268 del 1992 e dal d.P.R. n. 305/1988, nonche' dalla legge 30 novembre 1989, n. 386. Il denunciato comma 589, poi, nel riferirsi evidentemente anche alle Province autonome e nell'utilizzare l'ampia formula "fondi a qualsiasi titolo trasferiti a quella amministrazione dallo Stato", prevede un meccanismo del tutto anomalo ed illegittimo di ridimensionamento delle entrate provinciali, in caso di esercizio da parte della provincia della propria autonomia di spesa non accompagnata dalla comunicazione dei dati di cui al comma 587. L'irrazionalita' del criterio in questione e le conseguenze in termini di disparita' di trattamento tra enti territoriali (in violazione degli artt. 3 e 97 Cost.) sono palesi. Peraltro, la previsione alquanto generica di una riduzione dei fondi a qualsiasi titolo trasferiti alla Provincia dallo Stato non consente neppure di comprendere quali trasferimenti e quali settori della spesa saranno colpiti dalla misura sanzionatoria de qua, traducendosi cosi' in un fattore di incertezza e di intralcio alla programmazione provinciale. L'illegittimita' delle disposizioni contenute nei commi da 587 a 591 dell'art. 1 della legge finanziaria per l'anno 2007 viene, altresi', in evidenza sotto un ulteriore e diverso profilo. Si deve rilevare, anzitutto, come lo Stato non possa modificare con legge ordinaria le attribuzioni riconosciute alla Provincia autonoma di Bolzano dallo Statuto speciale (norma di rango costituzionale) e dalle relative norme di attuazione (norme esecutive ed integrative del precetto statutario). Va ricordato, in proposito, che lo Statuto speciale e le sue norme di attuazione si trovano in una posizione di sovraordinazione gerarchica rispetto alle leggi statali e prevalgono sulle stesse (cfr., ex plurimis, Corte cost., nn. 249/2005, 239/2004 e 221/2003). Lo Stato non puo', quindi, incidere unilateralmente con legge ordinaria sul quadro statutario e di attuazione dello stesso della provincia ricorrente. Viceversa, emerge in modo inequivoco il netto contrasto tra le disposizioni censurate ed il dettato statutario vigente nella Provincia di Bolzano (comprensivo delle norme di attuazione dello Statuto). Si consideri, per esempio, il disposto dell'art. 16, d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, che riserva alle province il potere di emanare norme in materia di bilanci, rendiconti, amministrazione del patrimonio e contratti delle province medesime e degli enti dalle stesse dipendenti. Ancora, gli artt. 69, 70, 71, 75 e 78 dello Statuto, unitamente alle relative norme di attuazione contenute nel d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, garantiscono alle province una compartecipazione al gettito di tributi erariali che l'art. 1, comma 589, qui impugnato va a menomare, prevedendo una riduzione dei trasferimenti statali a qualsiasi titolo spettanti alla Provincia di Bolzano laddove quest'ultima ometta di comunicare o comunichi in misura incompleta i dati relativi alla sua partecipazione a consorzi o societa' ed al tempo stesso continui ad erogare somme a favore di tali enti partecipati o dei suoi rappresentanti negli organi di governo degli stessi. Risulta palesemente violato poi l'art. 104 dello Statuto, nella parte in cui delinea la particolare procedura, per cosi' dire "rinforzata", prevista per l'eventuale modifica del quadro statutario concernente l'autonomia finanziaria provinciale ad opera del legislatore statale. A cio' si aggiunga quanto prescritto, con disposizione dal tenore inequivoco e in ordine al quale codesta ecc.ma Corte ha gia' avuto plurime occasioni di pronunciarsi (come si dira' meglio piu' oltre), dall'art. 5, legge 30 novembre 1989, n. 386 (recante "Norme per il coordinamento della finanza della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano con la riforma tributaria"), alla stregua del quale: "1. - Le province autonome partecipano alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, secondo i criteri e le modalita' per gli stessi previsti. 2. - I finanziamenti recati da qualunque altra disposizione di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni, sono assegnati alle province autonome ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore, con riscontro nei conti consuntivi delle rispettive province. 3. - Per l'assegnazione e l'erogazione dei finanziamenti di cui al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto". Dalla lettura della norma appena richiamata, infatti, si desume, da un lato, che il censurato meccanismo di riduzione dei trasferimenti statali a favore della Provincia autonoma di Bolzano introdotto dalla disposizione di cui al comma 589 si pone in insanabile contrasto con la compartecipazione alla ripartizione dei fondi statali di cui al comma 1 dell'art. 5 appena citato, la quale non puo' tollerare deroghe unilaterali da parte del legislatore statale e, dall'altro lato, che la disciplina legislativa impugnata viola al tempo stesso anche i commi 2 e 3 dello stesso art. 5, nella misura in cui questi ultimi subordinano l'assegnazione e l'erogazione dei finanziamenti statali ai soli adempimenti relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto fissati dalla legge dello Stato. Infine, il censurato comma 589 finisce per sovvertire illegittimamente il meccanismo di assegnazione dei finanziamenti statali disegnato dall'art. 13, commi 3 e 4, d.lgs. n. 268/1992: ai sensi del citato comma 3, infatti, "in caso di assegnazione di finanziamenti ai sensi dell'art 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386, i relativi stanziamenti di spesa sono comunque iscritti nel bilancio provinciale nella misura necessaria per far fronte rispettivamente agli impegni ed ai pagamenti previsti per l'esercizio in corso, salvo l'obbligo di compensare gli eventuali minori stanziamenti rispetto alle assegnazioni con maggiori stanziamenti negli esercizi successivi"; il successivo comma 4 conferma il sopra richiamato regime speciale dei trasferimenti in favore delle province autonome prevedendo che "le somme assegnate ai sensi dell'art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386, sono erogate in una o piu' soluzioni, prescindendo da qualunque altro adempimento". Il rilevato contrasto tra le disposizioni della legge finanziaria impugnate, da un lato, e le norme statutarie e di attuazione statutaria sopra richiamate, dall'altro, incide sul sistema delle fonti alterando il naturale rapporto tra le fonti statali e quelle della provincia autonoma e viziando quindi in radice le norme statali oggetto di censura (Corte cost., n. 84/2001). Del resto, la sottrazione di competenze garantite alla provincia autonoma dalle predette norme speciali non poteva avvenire correttamente sul piano costituzionale, secondo l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte (cfr., ex plurimis, Corte cost., n. 341/2001), se non ricorrendo - cosa che non e' avvenuta - ad una procedura particolare di modifica, oltre che delle disposizioni statutarie, anche delle norme di attuazione dello Statuto speciale, che sono pacificamente dotate di forza prevalente su quella delle leggi ordinarie, anche per la loro valenza integrativa del precetto statutario (cfr., in tal senso, Corte cost., n. 249/2005, 406/2001, 520/2000). Le considerazioni sin qui svolte non perdono di forza ed efficacia neppure per il richiamo, contenuto nelle disposizioni censurate, ed in specie nel cornma 590, ai principi dell'Unione europea quale preteso fondamento giuridico delle scelte del legislatore statale: pur non volendo mettere in dubbio la rilevanza giuridica del vincolo europeo, infatti, preme ribadire che, soprattutto dopo la revisione del Titolo V della Costituzione, non puo' derivarne un'alterazione dell'ordine di competenze sancito dalla Costituzione. II) - Violazione degli artt. 3, 81, 97, 116, 117, commi 2, lett. g) e l), 3 e 4, 119 Cost. - e dell'art. 10, legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, nonche' dell'art. 8, n. 1, e del Titolo VI, con particolare riferimento agli artt. 80 e 81, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come modificato dalla legge n. 386/1989 e relative norme di attuazione, con particolare riferimento al d.lgs. n. 266/1992 ed al d.lgs. n. 268/1992. L'art. 1, comma 730, legge n. 296/2006, introduce, in capo alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, l'obbligo di adeguare ai principi (sic) di cui ai commi da 725 a 735 del medesimo articolo 1 la rispettiva disciplina in materia di compensi degli amministratori e del numero massimo dei componenti del Consiglio di amministrazione delle societa' partecipate dagli stessi soggetti pubblici, qualificando l'obbligo ora descritto quale principio di coordinamento della finanza pubblica. La disciplina di cui all'art. 1, comma 730, legge n. 296/2006, ed ai commi ivi richiamati - con particolare riferimento ai commi da 725 a 729 e da 733 a 735 - integra una palese violazione, in primo luogo, dell'art. 117, comma 3, Cost., il quale riconduce all'alveo della potesta' legislativa concorrente la materia "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario". La natura concorrente della potesta' legislativa nella materia de qua impone precisi vincoli al legislatore statale, che deve limitarsi ad attivita' di normazione di principio, lasciando al legislatore regionale la competenza alla normazione di dettaglio. Nel caso di specie tale riparto di competenze e' stato violato, posto che, benche' il comma 730 in esame qualifichi i parametri di cui ai commi in esso richiamati quali "principi", e evidente, solo che si proceda alla lettura delle medesime disposizioni, come si sia di fronte, in realta', a disciplina di estremo dettaglio. La circostanza per cui il comma 730 non contenga disposizioni immediatamente precettive, imponendo alle regioni ed alle province autonome un obbligo di adeguamento ai principi dettati dai commi che il medesimo comma 730 richiama, non esclude, peraltro, la evidente incostituzionalita' delle previsioni censurate, in quanto non lascia al livello regionale e provinciale alcuna facolta' di desumere dalle previsioni stesse i principi cui ispirare ed adeguare la propria produzione legislativa, essendo le disposizioni sostanziali di cui ai commi 725 - 729 e 733 - 735, come detto, di estremo dettaglio. Piu' in particolare, il comma 725 stabilisce, per le societa' a totale partecipazione provinciale o comunale, che il compenso lordo annuale ed omnicomprensivo spettante al presidente ed ai componenti del C.d.A. delle medesime societa' non possa essere superiore per il presidente all'80% e per i componenti al 70% delle indennita' spettanti, rispettivamente, al sindaco ed al presidente della provincia ex art. 82, d.lgs. n. 267/2000, precisando che l'indennita' di risultato puo' essere prevista solo in caso di produzione di utili ed in misura ragionevole e proporzionata. Il successivo comma 726, con specifico riferimento alle societa' a totale partecipazione pubblica di una pluralita' di enti locali, stabilisce che il compenso commisurato ai sensi del comma 725 debba essere calcolato in percentuale della indennita' spettante al rappresentante del socio pubblico con la maggiore quota di partecipazione e, in caso di parita' di quote, a quella di maggiore importo tra le indennita' spettanti ai rappresentanti dei soci pubblici. Il comma 727 stabilisce che al presidente ed ai componenti del Consiglio di amministrazione sono dovuti gli emolumenti di cui all'art. 84, d.lgs. 267/2000, alle condizioni e nella misura ivi stabilite. Il comma 728 si dedica a disciplinare poi la questione del compenso degli amministratori con riferimento all'ipotesi di societa' a partecipazione mista di enti locali ed altri soggetti pubblici o privati, precisando che i compensi di cui ai citati commi 725 e 726 possono essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, nella misura di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle societa' in cui la partecipazione degli enti locali e' pari o superiore al 50% del capitale, e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle societa' in cui la partecipazione degli enti locali e' inferiore al 50% del capitale. Il comma 729, con riferimento all'aspetto del numero dei componenti del C.d.A. di societa' partecipate totalmente, anche in via indiretta, o parzialmente da enti locali, prevede che il numero complessivo di tali componenti per le societa' a totale partecipazione dell'ente locale non possa essere superiore a tre, ovvero a cinque per le societa' con capitale, interamente versato, pari o superiore all'importo che sara' determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato - Citta' e Autonomie Locali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge n. 296/2006. Rispetto alle societa' miste, il numero massimo dei componenti del C.d.A. designati dai soci pubblici locali, comprendendo nel numero anche quelli eventualmente designati dalle regioni, non puo', ai sensi del medesimo comma 729, essere superiore a cinque. Il comma in esame impone alle societa' predette di adeguare i propri statuti ed eventuali patti parasociali alle prescrizioni in esso contenute entro tre mesi dall'entrata in vigore del citato d.p.c.m. Il comma 733 introduce una deroga alla disciplina ora descritta, prescrivendo che la medesima non si applica alle societa' quotate in borsa. Il comma 734 introduce specifiche ipotesi di incompatibilita' con la carica di amministratore di ente, istituzione o azienda pubblica e di societa' a totale o parziale capitale pubblico, prevedendo che l'assunzione dell'incarico de quo sia precluso a chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi. Infine, il comma 735, impone un preciso obbligo di pubblicita' in ordine agli incarichi di amministratore delle societa' di cui ai commi da 725 a 734 ed ai relativi compensi, che devono essere pubblicati nell'albo e nel sito informatico dei soci pubblici, ed aggiornati semestralmente, a cura di un responsabile individuato da ciascun ente, pena l'irrogazione, da parte del prefetto territorialmente competente, di una sanzione pecuniaria fino a 10.000 euro, con estensione di tale sanzione agli amministratori che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento, ovvero, per le indennita' di cui al comma 725, entro trenta giorni dal percepimento. Le disposizioni elencate sono evidentemente di dettaglio e violano in modo palese, in primo luogo, il disposto dell'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 266/1992, in virtu' del quale "l'emanazione delle norme di organizzazione eventualmente occorrenti per l'attuazione degli atti predetti", ossia gli atti di indirizzo e coordinamento emanati dal Governo della Repubblica, ammesso che se ne possa ritenere la perdurante legittimita', "e' riservata, per quanto di rispettiva competenza, alla regione o alle province autonome", e cio' soprattutto nella parte in cui le disposizioni censurate prevedono provvedimenti amministrativi vincolanti (in particolare, il comma 729). Inoltre, i commi impugnati si pongono in contrasto con il riparto di competenze di cui all'art. 117, comma 3, Cost. nella materia "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario". Sul punto la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ha, infatti, precisato che "il legislatore statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette dell'autonomia di spesa degli enti), ma solo con "disciplina di principio", per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, potendo la legge statale stabilire solo un limite complessivo che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa", con la conseguenza che deve dichiararsi l'incostituzionalita' di prescrizioni con cui siano "previsti vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali. Siffatte norme non costituiscono infatti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117 Cost., comma 3, e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost." (Corte cost., nn. 417/2005, 36/2004, 4/2004, 390/2004 e 376/2003). Le disposizioni censurate, quindi, nel travalicare i limiti imposti dall'art. 117, comma 3, Cost., alla potesta' legislativa statale nella materia "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario", violano, posta la specifica materia in cui la disciplina in esame impinge, non solo il citato art. 117, comma 3, Cost., ma, altresi', gli artt. 81 e 119 Cost., oltre che il Titolo VI del d.P.R. n. 670/1972, con particolare riferimento agli artt. 80 ed 81, e gli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 268/1992, nonche' i principi di autonomia finanziaria e di bilancio ivi sanciti. Per tali motivi, le disposizioni denunciate limitano illegittimamente il peculiare ambito di autonomia riconosciuto alle province autonome dagli statuti e dall'art. 116 Cost., senza che siffatta compressione possa essere in alcun modo giustificata alla luce dei principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, Cost., o degli obiettivi di equilibrio di bilancio di cui all'art. 81 Cost., posto che, lo si e' gia' rilevato, l'eccessivo dettaglio delle prescrizioni censurate comporta un sicuro superamento dei confini della normazione di principio di competenza statale. Le prescrizioni censurate, imponendo limiti puntualmente individuati all'entita' del compenso degli amministratori delle societa' partecipate (commi da 725 a 728) ed al numero di componenti dei C.d.A. delle medesime societa' (comma 729), nonche' indicando peculiari ipotesi di incompatibilita' con le cariche societarie (comma 734) e deroghe all'ambito soggettivo di applicazione della citata disciplina (comma 733), oltre a specifici obblighi di pubblicita' (comma 735), si identificano in un "precetto che, proprio perche' specifico e puntuale e per il suo oggetto, si risolve in un'indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area (organizzazione della propria struttura amministrativa) riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" (Corte cost., n. 390/2004). Non bisogna dimenticare, infatti, che ai sensi dell'art. 8, n. 1, d.P.R. n. 670/1972, alle province autonome spetta in via esclusiva la potesta' di emanare norme legislative in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto. Ora, la disciplina di cui alla legge n. 296/2006 sopra richiamata certamente incide, pur intervenendo apparentemente in un ambito in cui sono presenti aspetti di ordinamento civile, sulla materia dell'ordinamento degli uffici provinciali e del personale addetto sopra richiamata, che spetta, ai sensi dello Statuto provinciale, ed in forza del disposto dell'art. 116 Cost., alla potesta' legislativa primaria della Provincia di Bolzano e si estende all'ordinamento e all'organizzazione degli enti strumentali della Provincia medesima. Gli evidenti punti di contatto e sovrapposizione tra i due ambiti descritti, quindi l'ordinamento civile di cui all'art. 117, comma 2, lett. l), Cost. e l'ordinamento degli uffici provinciali e del personale addetto di cui all'art. 8, n. 1, d.P.R. n. 670/1972, danno luogo ad una innegabile lesione delle prerogative provinciali, dato che l'intervento statale, anche ove, in ipotesi, posto in essere nell'esercizio della potesta' legislativa di cui all'art. 117, comma 2, lett. l), Cost., importa un'evidente compressione, per la natura ed il contenuto delle prescrizioni impugnate, delle competenze provinciali di cui al citato art. 8, n. 1, d.P.R. n. 670/1972 e, in generale, di cui all'art. 116 Cost., posto che si tratta di limitazioni alla generalita' delle attivita' provinciali, riconducibili alle attribuzioni statutarie, suscettibili di essere svolte attraverso lo strumento delle societa' a capitale totalmente o parzialmente pubblico. I commi impugnati, impingendo nella materia dell'ordinamento degli uffici e del relativo personale riservata alle province per quanto osservato, comportano, altresi', una violazione dell'art. 117, comma 2, lett. g), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa unicamente in materia di "ordinamento ed organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali", con conseguente violazione, altresi', delle competenze residuali spettanti alla Provincia autonoma di Bolzano in punto di ordinamento ed organizzazione amministrativa delle proprie strutture e degli enti pubblici provinciali sia in forza dello Statuto che in forza dell'art. 117, comma 4, Cost. Ne', per quanto riguarda la materia della "organizzazione e funzionamento degli enti locali", puo' essere invocata dallo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di "organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane", di cui all'art. 117, secondo comma, lettera p), alla quale e' peraltro del tutto estranea la dettagliata disciplina statale. Infatti, rispetto agli enti locali situati nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano, lo Stato non puo' esercitare tale competenza esclusiva (ex art. 10 legge cost. n. 3/2001), anche perche' lo Statuto T.-A.A., all'art. 4 n. 3, assegna alla competenza primaria della Regione T.-A.A. la materia "ordinamento degli enti locali". Nella parte in cui fanno riferimento agli enti locali situati nel territorio provinciale ed alle societa' da essi padecipate, pedanto, i commi denunciati si pongono altresi' in contrasto con l'art. 4, n. 3, dello Statuto di autonomia, oltre che con le invocate disposizioni costituzionali, statutarie e di attuazione, che attribuiscono alla ricorrente competenze in materia organizzazione degli uffici provinciali e garantiscono l'autonomia finanziaria della provincia, anche con riferimento al coordinamento della finanza locale in ambito provinciale (a quest'ultimo riguardo, come si e' detto, l'art. 17, d.lgs. n. 268/1992, recante "norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale", demanda alle province autonome la potesta' di disciplinare con propria legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza locale). Da quanto precede appare incontestabile la lesivita', per la ricorrente, della disciplina di cui all'art. 1, commi 725 - 730 e 733 - 735, in esame, in quanto afferente ad aspetti - quali i compensi spettanti agli amministratori di societa' partecipate, il numero massimo di componenti dei C.d.A. delle medesime societa', le cause di incompatibilita' alle cariche de quibus e specifici obblighi di pubblicita' inerenti a tali aspetti afferenti all'organizzazione ed al funzionamento degli enti locali della provincia, nonche' all'ordinamento ed all'organizzazione amministrativa delle relative strutture, oltre che all'organizzazione degli uffici e degli enti pubblici provinciali e del personale ad essi addetto, materie, tutte, nelle quali il legislatore statale non ha, come si e' mostrato, alcuna competenza. Ne' vale a superare le censure sopra esposte la circostanza che il comma 729 introduca un momento di confronto e coordinamento tra lo Stato e le Autonomie Locali, nell'ambito del procedimento finalizzato alla determinazione, con d.p.c.m., dell'importo di riferimento del capitale sociale rilevante ai fini di individuare il numero massimo di componenti del C.d.A. delle societa' de quibus ammesso dal medesimo comma 729, in quanto la previsione di un intervento di matrice statale, neppure di natura legislativa, nella materia esaminata e' viziata in radice: l'emissione di tale decreto non puo' sostituire l'esercizio di una potesta' legislativa costituzionalmente affidata alla Provincia autonoma di Bolzano. La pretermissione di qualunque reale sede di confronto con la Provincia ricorrente rende palesemente illegittima la disciplina di cui ai commi da 725 a 735, legge n. 296/2006, in quanto posta in essere, tra l'altro, in spregio del principio di leale collaborazione, nonche' in violazione del principio di cui all'art. 3, comma 3, d.lgs. n. 266/1992, in virtu' del quale la Regione o le Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo le rispettive competenze, sono consultate, a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, su ciascun atto di indirizzo e di controllo, ai fini della verifica della compatibilita' dello stesso con lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione (sempre che, come si e' detto, tali atti statali possano ritenersi ammissibili; cosa peraltro da escludersi, a seguito della revisione del Titolo V, che non ammette una funzione statale di indirizzo e coordinamento). La gia' citata previsione di cui all'art. 1, comma 735, legge n. 296/2006, e', peraltro, illegittima non solo in quanto destinata a comprimere l'ambito di autonomia riconosciuto alla Provincia autonoma di Bolzano dall'art. 8, n. 1, d.P.R. n. 670/1972 e dall'art. 117, comma 4, Cost., in materia di ordinamento ed organizzazione amministrativa delle proprie strutture e degli enti pubblici provinciali e del personale ad essi addetto, ma, altresi', per violazione del disposto degli artt. 81 e 119 Cost.. Assume rilevanza ai t'mi di dimostrare la fondatezza del lamentato profilo di illegittimita' costituzionale la circostanza che mediante la forma di controllo centralizzato prescritta dal comma in esame si realizza un'indebita ingerenza dello Stato nelle competenze provinciali, in quanto viene a configurarsi un'ipotesi di vigilanza da parte di un organo statale in materie che si sono dette riconducibili all'alveo della potesta' legislativa esclusiva provinciale ai sensi dell'art. 8, n. 1, d.P.R. n. 670/1972 e dell'art. 117, comma 4, Cost., e che non e' giustificabile nemmeno alla luce dei principi di cui agli artt. 81 e 119 Cost., che non possono consentire, come gia' in precedenza sottolineato, che il legislatore statale intervenga a comprimere l'ambito di autonomia della provincia disciplinando "nel dettaglio gli strumenti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" di equilibrio di bilancio e coordinamento della finanza pubblica ad esso afferenti (Corte cost., n. 390/2004). L'ecc.ma Corte costituzionale ha avuto peraltro modo di precisare che nelle ipotesi in cui la competenza provinciale in determinate materie non sia posta in dubbio, come nel caso della organizzazione delle strutture provinciali e del personale ad esse addetto, "eventuali irregolarita' [...] riferibili ad attivita' gestorie devono essere accertate attraverso i controlli e le verifiche rimesse alla competenza della provincia autonoma" (Corte cost., n. 182/1997). Sul punto giova infine osservare come in piu' di un'occasione codesta ecc.ma Corte abbia escluso l'illegittimita' di prescrizioni comportanti specifici poteri di controllo statali sull'attivita' di regioni e province autonome sulla base di peculiari presupposti, quali la configurabilita' dell'intervento di vigilanza statale come "espressione di un coordinamento meramente informativo" (Corte cost., n. 376/2003) e la natura mista dell'organo di controllo (Corte cost., n. 412/1994), certo non ricorrenti nel caso di specie, posto che alla violazione della prescrizione di cui al comma 735 in esame e' riconnessa la diretta conseguenza dell'erogazione di una sanzione amministrativa prefettizia. La previsione di cui al comma 735 in esame viola, inoltre, il disposto dell'art. 4, d.lgs. n. 266/1992, in virtu' del quale "nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione". La disciplina impugnata in questa sede non sfugge, poi, a censure di incostituzionalita' per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., in quanto palesemente irragionevole e contraria al principio di buon andamento. La disciplina contenuta nei commi 725 - 729 e 733 - 735, infatti, imponendo regole uniformi per tutti gli enti locali, incide sulla autonomia finanziaria riconosciuta alle Province autonome dall'art. 119 Cost. e, in particolare, per quanto in questa sede direttamente rileva, dal Titolo VI del d.P.R. n. 670/1972 e dall'art. 116 Cost., nonche' sulla potesta' provinciale in materia di finanza locale, nella misura in cui impone vincoli di spesa agli enti locali della provincia senza tenere conto delle risorse effettivamente disponibili e dello stato dei bilanci, nonche' delle peculiarita' delle realta' di riferimento, in evidente violazione altresi' dei principi espressi dagli artt. 3 e 97 Cost.. Con la normativa impugnata, dunque, il legislatore statale, da un lato, esercita competenze in materia di finanza locale che sono statutariamente riservate alla Provincia autonoma di Bolzano, e, dall'altro, finisce per ledere del pari la stessa autonomia finanziaria della provincia nella misura in cui impone alla stessa un obbligo di adeguamento ai principi statali in punto di societa' da essa partecipate. Vale la pena di richiamare, infine, quanto gia' rilevato sub I) in merito all'illegittimita' costituzionale di un intervento statale quale quello qui contestato, modificativo di competenze statutariamente riconosciute alla provincia: tanto lo Statuto quanto le relative norme di attuazione (nella specie, l'art. 8 ed il Titolo VI dello Statuto, con particolare riferimento agli artt. 80 e 81, nonche' le norme attuative contenute nei decreti legislativi nn. 226 e 268/1992), infatti, si trovano in una posizione gerarchicamente sovraordinata rispetto alle leggi statali e, prevalendo sulle stesse, compongono un quadro non suscettibile di essere inciso unilateralmente dal legislatore statale (Corte cost., nn. 249/2005, 239/2004 e 221/2003). III) - Violazione degli artt. 116 e 117 Cost. e dell'art. 10, legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Violazione dell'art. 8, nn. 1, 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 18, 20 e 21, dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Violazione dell'art. 9, nn. 10 e 11, dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Violazione dell'art. 16 dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Violazione del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279: del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, del d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463; del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197. Violazione degli artt. 7 e 8, d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, nonche' degli artt. 2 e 4, d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266. Con l'art. 1, comma 1226, legge n. 296/2006, il legislatore statale, al dichiarato fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione a carico dello Stato italiano per il mancato adeguamento all'ordinamento comunitario, ha ribadito quanto gia' previsto dagli artt. 4 e 6, d.P.R. n. 357/1997 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche), stabilendo che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano devono provvedere agli adempimenti previsti dai sopra citati articoli o al loro completamento entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge finanziaria, sulla base di criteri minimi uniformi stabiliti con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La disposizione in commento appare costituzionalmente illegittima sotto diversi profili. In primis, si consideri quanto stabilito dall'art. 117 Cost., quinto comma, nella parte in cui prevede che le regioni e le province autonome nelle materie di legislazione concorrente e residuale (commi 3 e 4) partecipino all'attuazione delle norme comunitarie. In conformita' a tale principio costituzionale, l'art. 16, comma 1, legge n. 11/2005, ha sostituito alla precedente facoltativita' il dovere per le regioni e province autonome di dare attuazione, autonomamente e tempestivamente, agli obblighi di adeguamento discendenti dalla normativa comunitaria nelle materie di propria competenza. Ebbene, non vi e' chi non veda come la materia ambientale ricada nell'ambito della potesta' provinciale, in quanto materia trasversalmente incidente nei seguenti settori individuati dallo Statuto agli artt. 8 e 9 come ambiti di legislazione della provincia (e correlativamente come ambiti di potesta' amministrativa ex art. 16): tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare (art. 8, n. 3), urbanistica e piani regolatori (art. 8, n. 5), tutela del paesaggio (art. 8, n. 6), usi civici (art. 8, n. 7), ordinamento delle minime proprieta' colturali (ad. 8, n. 8), porti lacuali (ad. 8, n. 11), prevenzione e calamita' pubbliche (ad. 8, n. 13), miniere, cave e torbiere (art. 8, n. 14), caccia e pesca (art. 8, n. 15), apicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna (ad. 8, n. 16), comunicazioni e trasporti di interesse provinciale (ad. 8, n. 18), turismo e industria alberghiera (ad. 8, n. 20), agricoltura e foreste e corpo forestale (ad. 8, n. 21), igiene e sanita' (art. 9, n. 10), attivita' sportive e ricreative (ad. 9, n. 11). Ne discende che nella materia de qua e' rintracciabile un vero e proprio obbligo di adeguamento diretto ed autonomo delle Province di Trento e Bolzano alla normativa di derivazione comunitaria, in via di competenza esclusiva. Con specifico riferimento alla direttiva 92/43/CEE, la Provincia autonoma di Bolzano ha gia' provveduto a darvi tempestiva attuazione con due provvedimenti successivi, il primo rappresentato dal decreto del Presidente della Provincia n. 63 del 26 ottobre 2001, ed il secondo, parzialmente modificativo del primo, rappresentato dal recentissimo decreto del Presidente della Provincia n. 8 del 22 febbraio 2006. Non solo, dunque, la disposizione statale qui censurata reintroduce, anche con riferimento diretto alla provincia ricorrente, un obbligo generale di adeguamento alla normativa comunitaria in una materia in cui la provincia ha gia' esercitato le proprie potesta' legislative ed amministrative, ma essa finisce altresi' per subordinare gli adempimenti attuativi posti a carico della provincia al rispetto di un emanando decreto ministeriale, evidentemente coinvolgente ambiti di indiscussa competenza provinciale, senza che al tempo stesso sia prevista sul punto una qualsivoglia forma di intesa (nemmeno in sede di Conferenza Stato-Regioni e Province autonome). Cio' comporta una violazione, oltre che delle competenze provinciali in materia ambientale, altresi' del sistema di coordinamento dei poteri normativi nazionali e di quelli regionali e provinciali, sistema previsto e disciplinato, nella Provincia di Bolzano, dal d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, e basato sul potere delle province, nelle materie di loro competenza esclusiva, quali per l'appunto quelle coinvolte dalla disciplina regolamentare di cui al d.P.R. 357/1997, di "dare immediata attuazione alle direttive comunitarie, salvo adeguarsi nei limiti previsti dallo Statuto speciale, alle leggi statali di attuazione dei predetti atti comunitari" (art. 7, d.P.R. citato). Infatti - come rilevato da codesta ecc.ma Corte (cfr. sentenza n. 425/1999) - l'attuazione da parte della provincia della direttiva comunitaria 92/43/CEE puo' incontrare il limite, previsto dallo Statuto speciale ed in conformita' ai principi costituzionali di cui la norma di attuazione costituisce un'esplicitazione, dell'adeguamento alla legislazione statale di attuazione della direttiva stessa, per la parte relativa ed in conformita' agli interessi di natura unitaria di cui tale legislazione e' portatrice, ma l'art. 7, d.P.R. n. 526/1987, preclude allo Stato di limitare la potesta' provinciale con norme regolamentari. Se, dunque, l'intervento statale e' ammesso solo per supplire all'eventuale inerzia delle autonomie regionali e provinciali, emerge con tutta evidenza l'incostituzionalita' di una norma quale quella in esame, che pretende invece - in materia di competenza pacificamente provinciale - di imporsi direttamente alle Province autonome e di sottomettere queste ultime e le scelte normative e regolamentari da esse gia' compiute in attuazione del dettato comunitario al rispetto di obblighi e vincoli ulteriori, peraltro sanciti con decreto ministeriale. Risultano palesemente violate, oltre all'art. 7 piu' volte citato, anche le stesse norme di attuazione dello Statuto concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, contenute nel d.lgs. n. 266/1992, nella parte in cui sanciscono chiaramente "l'immediata applicabilita' nel territorio regionale ... delle norme internazionali e comunitarie direttamente applicabili", nonche' laddove fanno obbligo alla Presidenza del Consiglio dei ministri di consultare la regione o le province autonome "su ciascun atto di indirizzo e coordinamento per quanto attiene alla compatibilita' di esso con lo Statuto speciale e con le relative norme di attuazione", ed allorquando, soprattutto, precisano che "nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative ... diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione". Nel caso di specie, dal momento che la disposizione censurata demanda ad un organo statale (Ministro per l'ambiente) l'esercizio di funzioni in materia di competenza pacificamente provinciale, peraltro diverse da quelle che lo Stato potrebbe esercitare in forza dello Statuto e delle relative norme di attuazione (potendo lo Stato intervenire solo per supplire ad un'eventuale inerzia nell'attuazione della direttiva comunitaria, nella fattispecie non verificatasi), non se ne puo' non riconoscere la grave illegittimita', anche sotto il profilo della violazione del rapporto di sovraordinazione tra norme statutarie e leggi statali. Una volta ricostruito il quadro delle competenze normative e delle attribuzioni amministrative della Provincia autonoma di Bolzano in materia di adeguamento agli obblighi comunitari, infatti, e' agevole rilevare come la legge finanziaria per l'anno 2007 si ponga in netto contrasto con le disposizioni appena citate: essa, del resto, come gia' sottolineato, pone una serie di adempimenti attuativi assai stringenti a carico della Provincia, peraltro subordinandoli al rispetto di un emanando decreto ministeriale per il quale, al contempo, non e' neppure prevista alcuna forma di intesa, quanto meno con il sistema delle Regioni (Conferenza Stato-Regioni): cio', peraltro, in palese spregio dei principi di leale collaborazione. L'incostituzionalita' della disposizione in parola appare evidente ove si consideri che essa statuisce l'applicazione degli obblighi de quibus anche nei confronti delle Province autonome, con cio' mostrando di ignorare totalmente la normativa provinciale vigente in materia e sopra menzionata, benche' quest'ultima sia recata da una fonte sovraordinata quale quella che reca attuazione di uno statuto di autonomia speciale. Si assiste, dunque, ad una palese violazione dell'autonomia provinciale nella materia de qua. In considerazione del rango costituzionale delle norme contenute nello Statuto di autonomia della Provincia di Bolzano e nelle relative norme di attuazione, e' dunque ravvisabile nel contempo, oltre alla violazione di queste ultime, sia la violazione dell'art. 116, comma 1, Cost., nella parte in cui riconosce alla Regione Trentino-Alto Adige e alle sue due Provincie forme e condizioni particolari di autonomia, che quella dell'art. 117, comma 1, Cost., laddove fa obbligo allo Stato di esercitare la propria potesta' legislativa nel rispetto della Costituzione.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 299, S.O. del 27 dicembre 2006, con particolare riferimento all'articolo 1, commi da 578 a 591, da 725 a 730, da 733 e 735 e 1226. Milano-Roma, addi' 22 febbraio 2007 Avv. Prof. Giuseppe Franco Ferrari - Avv. Prof. Roland Riz