Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'11 settembre 2012 (del  Presidende  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 43 del 31.10.2012 )  
 
 
 
    Ricorso della Presidenza del Consiglio dei  Ministri  in  persona
del  Presidente  del  Consiglio  dei   Ministri   pro-tempore   (c.f.
…),  rappresentato   e   difeso   per   mandato   ex   lege
dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  (cod.  fisc.:   …;
indirizzo          posta           elettronica           certificata:
…; telefax: n. …),  presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei 
Portoghesi 12, ricorrente; 
    Contro Regione Marche, in persona  del  Presidente  della  Giunta
Regionale attualmente in carica resistente; 
    Per   la   dichiarazione   di    illegittimita'    costituzionale
dell'articoli 1, commi 1 e 3, della legge regionale 29  giugno  2012,
n. 22,  recante  «Disposizioni  per  il  personale  dei  consorzi  di
sviluppo industriale e modifica della  legge  regionale  15  novembre
2010, n. 16 assestamento del bilancio 2010», pubblicata nel BUR n. 68
del 12 luglio 2012. 
    Nell'esercizio della propria competenza legislativa,  la  Regione
Marche ha emanato la legge  regionale  n.  22/2012  composta  da  due
articoli. 
    Con l'art. 1 e' stato imposto ai Comuni e alle Province che fanno
parte rispettivamente dei  Consorzi  di  Sviluppo  Industriale  delle
Valli del Tronto, dell'Aso e del Tesino e del Consorzio  di  Sviluppo
Industriale del Fermano di provvedere alla copertura di posti vacanti
in  organico  mediante  attivazione  delle  procedure  di   mobilita'
previste dall'art. 30  del  D.Lgs.vo  n.  165/2001  preordinate  alla
immissione in ruolo dei  dipendenti  dei  predetti  Consorzi  che  ne
facciano domanda. 
    Recita infatti la norma appena menzionata: 
    «1.  Prima  di   procedere   all'espletamento   delle   procedure
concorsuali per la copertura dei posti vacanti in organico, i  Comuni
e le Province  che  fanno  parte  rispettivamente  del  Consorzio  di
sviluppo industriale delle Valli del Tronto, dell'Aso e del Tesino di
cui alla legge  regionale  4  dicembre  2008,  n.  35  (Riordino  del
Consorzio di sviluppo industriale delle Valli del Tronto, dell'Aso  e
del Tesino) e del Consorzio di sviluppo industriale  del  Fermano  di
cui alla legge regionale 1°  giugno  1999,  n.  16  (Istituzione  del
Consorzio di sviluppo industriale del Fermano) attivano le  procedure
di mobilita' previste dall'art. 30 del decreto legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche),  provvedendo  in  via
prioritaria all'immissione in ruolo dei dipendenti del  Consorzio  di
sviluppo industriale che facciano domanda di trasferimento. 
    2. La disposizione contenuta nel comma 1 prevale sul disposto  di
cui al comma 14-bis dell'art. 23  della  legge  regionale    luglio
2008, n. 18 (Norme in materia di Comunita'  montane  e  di  esercizio
associato di funzioni e servizi comunali). 
    3. Le spese per il personale dei  Consorzi  di  cui  al  comma  1
trasferito ai Comuni e alle Province  consorziate,  a  seguito  della
soppressione di servizi gestiti in  forma  associata  per  conto  dei
consorziati, non sono computate ai fini dell'art. 1, commi 557 e 562,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria
2007) e dell'art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.
112   (Disposizioni   urgenti   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    4. I Comuni e le Province di cui al comma 1 trasmettono  i  bandi
per la copertura dei  posti  vacanti  in  organico  al  Consorzio  di
sviluppo industriale delle Valli del Tronto, dell'Aso e del Tesino  e
al Consorzio di sviluppo industriale del Fermano.» 
    E'  fermo  convincimento  della  Presidenza  del  Consiglio   dei
Ministri che il comma 1 della menzionata disposizione nella misura in
cui consente alle  Province  e  ai  Comuni  di  immettere  in  ruolo,
mediante la procedura di cui all'art. 30 del  d.lgs.vo  n.  165/2001,
personale dei suddetti Consorzi di cui fanno  parte,  i  quali  hanno
natura di enti pubblici economici, confligge con l'art. 97, comma  3,
della Costituzione a  norma  del  quale  l'accesso  nei  ruoli  delle
pubbliche amministrazioni puo' aver  luogo  solo  per  concorso.  Per
altro verso l'art. 1, comma 3, della stessa legge  con  il  quale  e'
stato previsto che la  spesa  derivante  dalle  immissioni  in  ruolo
effettuate ai sensi del comma 1 non si computa ai fini  dell'art.  1,
commi 557 e 562 della L. n. 296/2006 e dell'art.  76,  comma  7,  del
d.l. n. 112/2008 convertito in legge, con modificazioni, dalla L.  n.
113/2008  introduce  una  deroga  non  consentita   alle   menzionate
disposizioni con le quali il legislatore ordinario ha inteso  fissare
principi fondamentali di  coordinamento  della  finanza  pubblica  ai
sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    La  predetta  legge  della  Regione  Marche  viene  impugnata  in
conformita' alla delibera del Consiglio dei Ministri  adottata  nella
riunione del 24  agosto  2012:  delibera  che  verra'  depositata  in
estratto unitamente al presente ricorso per  le  ragioni  di  seguito
esposte. 
Art.  1,  comma  1,  in  relazione  all'art.  97,  comma   3,   della
Costituzione. 
    Come  e'  ben  noto  l'art.  97,  comma  3,  della   Costituzione
stabilisce che «Agli  impieghi  nelle  pubbliche  amministrazioni  si
accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge». 
    Orbene i Consorzi di Sviluppo Industriale hanno  natura  di  Enti
Pubblici Economici come chiarito dalla L. n. 317/1991 che al fine  di
razionalizzare il quadro normativo di riferimento  caratterizzato  da
interventi fra loro frammentati ebbe a definirne ruolo e funzioni. In
ragione della natura di enti pubblici economici i rapporti di  lavoro
costituiti dai Consorzi in questione con  i  propri  dipendenti  sono
regolati dalle norme  di  legge  concernenti  i  rapporti  di  lavoro
privato e ovviamente dal CCNL di settore (da ultimo dal CCNL  per  il
triennio 2010-2012 sottoscritto il 21 aprile 2011). 
    E' del tutto  evidente,  pertanto,  che  mediante  la  norma  qui
considerata il legislatore marchigiano ha inteso  estendere  l'ambito
di applicazione dell'art. 30 del d.lgs.vo n. 165/2001.  La  norma  in
questione, infatti,  puo'  trovare  applicazione  esclusivamente  nei
riguardi delle pubbliche amministrazioni fra le quali l'art. 1, comma
2,  del  d.lgs.vo  che  individua  l'ambito  di  applicazione   delle
disposizioni in  esso  contenute  annovera  esclusivamente  gli  enti
pubblici economici. 
    La conseguenza che discende dalla disposizione  impugnata  e'  la
possibilita' per le Province e i Comuni che partecipano  ai  Consorzi
indicati dall'art. 1, comma 1, della L.R. n.  22/2012  di  effettuare
immissioni in ruolo di personale il cui rapporto  di  lavoro  non  e'
stato costituito a seguito di superamento  di  pubblico  concorso  la
qual  cosa  comporta  l'evidente  violazione  del  principio  di  cui
all'art. 97, comma 3, della Costituzione. 
    A proposito di quest'ultimo codesta Corte costituzionale ha avuto
modo di ribadire in svariate occasioni che «Il  concorso  pubblico  -
quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei  piu'
capaci sulla base del criterio del  merito  -  costituisce  la  forma
generale   e   ordinaria   di   reclutamento   per    le    pubbliche
amministrazioni.  Esso  e'  posto  a  presidio  delle   esigenze   di
imparzialita' e  di  efficienza  dell'azione  amministrativa»  (cosi'
testualmente la sentenza n. 363/2006 e prima sentenze  nn.  159/2005,
205/2004, 39/2004 cui adde Corte costituzionale nn. 109/2011, 7/2011,
235/210, 149/2010, 215/2009). 
    Il vulnus della menzionata disposizione costituzionale  e'  ancor
piu' evidente se si considera che il legislatore regionale ha imposto
a Province e Comuni di procedere al  reclutamento  di  personale  per
ovviare alle proprie carenze d'organico in primis mediante immissioni
in ruolo del personale (che abbia  fatto  domanda)  dei  Consorzi  di
Sviluppo Industriale di cui fanno parte e poi mediante  indizione  di
pubblici concorsi. 
    Per completezza di discorso giova accennare  che  seppure  l'art.
97,  comma  3,  della  Costituzione  contempla  la  possibilita'   di
introdurre con legge eccezioni alla suddetta regola e', tuttavia,  da
tener presente l'insegnamento di codesta Corte secondo il  quale  «Le
eccezioni a  tale  regola  consentite  dall'art.  97  Cost.,  purche'
disposte con legge, debbono rispondere a «peculiari  e  straordinarie
esigenze di interesse pubblico» (sentenza n. 81 del 2006). Altrimenti
la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie piu'
o  meno  ampie  di  persone  (sentenza  n.  205  del  2006).»  (cosi'
testualmente ancora la citata sentenza n. 363/2006). 
    Orbene,  non   sembra   in   alcun   modo   di   poter   scorgere
nell'intervento posto in essere dalla Regione  Marche  la  ricorrenza
delle ricordate condizioni sicche' la disposizione e'  manifestamente
in contrasto con il piu' volte ricordato l'art. 97, comma 3,  sicche'
ne andra' senz'altro dichiarata l'incostituzionalita'. 
Art. 1, comma 3, in relazione agli artt. 1, commi 557 e 562 della  L.
n. 296/2006 e 76, comma 7,  del  d.l.  n.  112/2008  convertito,  con
modificazioni, dalla L. n. 133/2008 attraverso i quali il legislatore
ordinario ha  introdotto  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    E' d'uopo premettere che l'art. 1, comma 3, della L.R. n. 22/2012
che, in  sostanza,  stabilisce  la  non  computabilita'  della  spesa
derivante dall'immissione nei ruoli delle Province e dei  Comuni  del
personale dei Consorzi di Sviluppo Industriale  di  cui  fanno  parte
mediante la procedura prevista dall'art. 30 del d.lgs.vo n.  165/2001
in deroga alle citate disposizioni  statali  in  quanto  strettamente
correlato al primo comma del medesimo articolo dovrebbe  condividerne
la sorte se non altro  in  ragione  del  fatto  che  la  declaratoria
d'incostituzionalita' dell'art. 1, comma 1, renderebbe  a  tutti  gli
effetti impossibile l'applicazione della norma de qua e, tuttavia, la
Presidenza del Consiglio in conformita'  alla  delibera  assunta  dal
Consiglio dei Ministri intende  comunque  impugnare  la  disposizione
affinche' ne venga dichiarata l'incostituzionalita'. 
    L'art. 1, comma 557 della L. n. 296/2006  (nel  testo  risultante
dalle modifiche introdotte dapprima con l'art. 3, comma 120, della L.
24 dicembre 2007, n. 244 e poi con l'art. 76, comma 1,  del  D.L.  25
giugno 2008, n. 112 sostituito dall'art. 14,  comma  7  del  D.L.  31
maggio 2010, n. 78, come modificato legge di conversione n. 122/2010)
dispone letteralmente «Ai fini del concorso delle autonomie regionali
e locali al rispetto degli obiettivi di finanza  pubblica,  gli  enti
sottoposti al patto di stabilita'  interno  assicurano  la  riduzione
delle spese di personale, al lordo  degli  oneri  riflessi  a  carico
delle  amministrazioni  e  dell'IRAP,  con  esclusione  degli   oneri
relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo  il  contenimento  della
dinamica  retributiva  e  occupazionale,  con  azioni   da   modulare
nell'ambito  della  propria  autonomia  e  rivolte,  in  termini   di
principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: 
        a)  riduzione  dell'incidenza  percentuale  delle  spese   di
personale rispetto al  complesso  delle  spese  correnti,  attraverso
parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il
lavoro flessibile; 
        b)   razionalizzazione   e   snellimento   delle    strutture
burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti  di  uffici
con l'obiettivo di ridurre l'incidenza  percentuale  delle  posizioni
dirigenziali in organico; 
        c)   contenimento   delle   dinamiche   di   crescita   della
contrattazione integrativa, tenuto anche conto  delle  corrispondenti
disposizioni dettate per le amministrazioni statali». 
    A propria volta l'art. 1, comma 562, della L.  n.  296/2006  (nel
testo risultante dalle modifiche introdotte dapprima  con  l'art.  3,
comma 121, della L. 24 dicembre 2007, n. 244 poi con l'art. 10  comma
7  del  D.L.  31  maggio  2010,  n.  78,  come  modificato  legge  di
conversione n. 122/2010 ed infine con l'art. 4-ter, comma 11 del D.L.
2 marzo 2012, n. 16, nel testo integrato dalla legge  di  conversione
26 aprile 2012,  n.  44)  dispone  testualmente  «Per  gli  enti  non
sottoposti alle regole del patto di stabilita' interno, le  spese  di
personale,  al  lordo   degli   oneri   riflessi   a   carico   delle
amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri  relativi  ai
rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare
dell'anno 2008. Gli enti di cui al primo  periodo  possono  procedere
all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni  di  rapporti
di lavoro a  tempo  indeterminato  complessivamente  intervenute  nel
precedente anno, ivi compreso il personale di cui al comma 558». 
    Infine l'art. 76,  comma  7  del  d.l.  n.  112/2008  (nel  testo
risultante dalle modifiche introdotte dalla legge di  conversione  n.
133/2008 poi sostituito dall'art. 14, comma 9, D.L. 31  maggio  2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L.  30  luglio  2010,  n.
122) a propria volta dispone «E' fatto divieto agli  enti  nei  quali
l'incidenza delle spese di personale e' pari o superiore  al  50  per
cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale  a
qualsiasi  titolo  e  con  qualsivoglia  tipologia  contrattuale;   i
restanti enti possono procedere ad assunzioni di  personale  a  tempo
indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa  corrispondente
alle cessazioni dell'anno precedente. Ai soli fini del calcolo  delle
facolta'  assunzionali,  l'onere  per  le  assunzioni  del  personale
destinato allo svolgimento  delle  funzioni  in  materia  di  polizia
locale, di istruzione pubblica e del  settore  sociale  e'  calcolato
nella misura  ridotta  del  50  per  cento;  le  predette  assunzioni
continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle  spese  di
personale previsto dal primo periodo del presente comma. Ai fini  del
computo della percentuale di cui al primo  periodo  si  calcolano  le
spese sostenute anche dalle societa' a partecipazione pubblica locale
totale o di controllo che sono titolari  di  affidamento  diretto  di
servizi pubblici locali senza  gara,  ovvero  che  svolgono  funzioni
volte a soddisfare esigenze di interesse  generale  aventi  carattere
non industriale, ne' commerciale, ovvero che svolgono  attivita'  nei
confronti della  pubblica  amministrazione  a  supporto  di  funzioni
amministrative di natura pubblicistica. 
    Ferma restando l'immediata applicazione della disposizione di cui
al precedente periodo, con decreto del Presidente del  Consiglio  dei
Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione  e
la semplificazione, di concerto con i Ministri dell'economia e  delle
finanze e dell'interno, d'intesa con la Conferenza unificata, possono
essere ridefiniti i criteri di calcolo della spesa di  personale  per
le predette societa'. La disposizione di cui al terzo periodo non  si
applica alle societa' quotate su mercati regolamentari. Per gli  enti
nei quali l'incidenza delle spese di personale e' pari o inferiore al
35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga  al  limite
del 40 per cento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di
stabilita' interno e dei limiti  di  contenimento  complessivi  delle
spese  di  personale,  le  assunzioni  per  turnover  che  consentano
l'esercizio delle funzioni fondamentali previste dall'art. 21,  comma
3, lettera b), della legge 5 maggio 2009,  n.  42;  in  tal  caso  le
disposizioni di cui al secondo periodo trovano applicazione  solo  in
riferimento alle assunzioni del personale destinato allo  svolgimento
delle funzioni in  materia  di  istruzione  pubblica  e  del  settore
sociale.» 
    Come si evince  con  estrema  chiarezza  mediante  il  richiamato
complesso normativo, inserito nell'ambito dei  piu'  ampi  interventi
posti in essere dal legislatore per  fronteggiare  la  situazione  di
grave difficolta' finanziaria in cui lo Stato si e' venuto a  trovare
a causa  della  crisi  economica  che  ancora  oggi  non  puo'  dirsi
superata, ha fissato una serie di limiti alla spesa che le  pubbliche
amministrazioni  e,  piu'  in  generale,  tanto  gli  enti  che  sono
sottoposti al patto di stabilita' finanziaria quanto gli enti che non
sono sottoposti a detto patto possono sostenere. 
    Trattasi all'evidenza di disposizioni di principio in materia  di
finanza pubblica espressione della potesta' che in  subiecta  materia
l'art. 117,  comma  3,  della  Costituzione  riserva  al  legislatore
statale  e  in  relazione  alle  quali  le  regioni  non   hanno   la
possibilita' di introdurre alcuna deroga  o  modifica  nell'esercizio
della propria potesta' legislativa. 
    Ai fini che qui interessano va in particolare evidenziato che con
l'art. 1, comma 557, della L. n. 296/2006 il  legislatore  ha  inteso
fissare alcuni principi  fondamentali  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica improntati: a) alla riduzione della spesa  del
personale rispetto alla spesa corrente; b) alla razionalizzazione  ed
accorpamento degli uffici preordinata alla riduzione delle  posizioni
dirigenziali in organico;  c)  al  contenimento  delle  dinamiche  di
crescita della contrattazione integrativa. 
    Codesta Corte, del resto, gia' in alcune occasioni ha avuto  modo
di riconoscere che la disposizione in precedenza  citata  costituisce
«principio fondamentale in materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica» (cfr. Corte costituzionale sentenza  n.  212/2012  e  prima
sentenza  n.  108/2011)  e  la  medesima  conclusione  si  impone  in
relazione alle  altre  disposizioni  citate  che,  come  visto,  sono
ispirate dalla medesima ratio. 
    Rispetto a tale contesto normativo il  legislatore  regionale  ai
sensi dell'art. 117, comma 3 della Costituzione aveva la possibilita'
di  intervenire  solo  ed  esclusivamente  introducendo  disposizioni
destinate a orientare le scelte delle Province, dei Comuni  (e  delle
altre amministrazioni locali) nel rispetto di  quanto  stabilito  dal
legislatore statale. 
    Al contrario la norma  impugnata  finisce  con  l'introdurre  una
importante  eccezione  a  quanto  previsto  dal  legislatore  statale
poiche' la spesa derivante dalle assunzioni effettuate ai  sensi  del
comma  1  dell'art.   1   della   stessa   legge   regionale   (ossia
dall'immissione in ruolo da parte di Province e Comuni del  personale
dei Consorzi di Sviluppo Industriale di cui  fanno  parte)  non  puo'
essere considerata ai fini del rispetto  delle  soglie  dal  medesimo
fissate al fine di  contenere  gli  oneri  finanziari  derivanti  dai
rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A.  risultando,  pertanto,
evidente che la disciplina con essa  introdotta  esorbita  ampiamente
dall'ambito entro cui il legislatore marchigiano poteva esercitare la
propria potesta' legislativa. 
 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si   conclude   affinche'   sia    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 3  della  legge  della  Regione
Marche del 29 giugno 2012, n. 22 pubblicata nel B.U.R. n. 68  del  12
luglio 2007, recante «Disposizioni per il personale dei  consorzi  di
sviluppo industriale e modifica della  legge  regionale  15  novembre
2010, n. 16 assestamento del bilancio 2010». 
    Contestualmente al presente ricorso si provvede  al  deposito  di
estratto della delibera adottata nella riunione del  24  agosto  2012
del Consiglio dei Ministri. 
      Roma, addi' 4 settembre 2012 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Varrone 

 

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