Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 12 settembre 2012 (del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 43 del 31.10.2012 )  
 
 
 
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  nei  cui  uffici
domicilia in Roma dei Portoghesi, 12; 
    Contro la Regione Basilicata, in persona del Presidente in carica
per l'impugnazione della legge regionale della Basilicata  13  luglio
2012, n.  12,  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione
Basilicata n. 21 del 16 luglio 2012, recante «Norme per  orientare  e
sostenere il consumo dei prodotti agricoli  di  origine  regionale  a
chilometri zero» in relazione ai suoi articoli 2, comma 1, 3, comma 1
e 4, commi 2 e 4. 
    La legge  della  Regione  Basilicata  n.  12  del  2012  persegue
l'obiettivo, enunciato nel proprio art. 1, della valorizzazione delle
produzioni  agricole   regionali,   favorendo   il   consumo   e   la
commercializzazione dei prodotti provenienti dalle  aziende  agricole
ubicate nel  territorio  regionale,  garantendo  ai  consumatori  una
maggiore   trasparenza   dei   prezzi   e   assicurando   un'adeguata
informazione ai consumatori sull'origine e le  specificita'  di  tali
prodotti. 
    A tale fine, la legge regionale si propone di: 
        incentivare l'impiego da parte dei  gestori  dei  servizi  di
ristorazione collettiva pubblica  di  prodotti  agricoli  di  origine
regionale nella preparazione dei pasti; 
        favorire  l'incremento  della  vendita  diretta  di  prodotti
agricoli regionali da parte degli imprenditori agricoli; 
        sostenere  l'acquisto  di  prodotti   agricoli   di   origine
regionale da parte delle imprese esercenti attivita' di  ristorazione
o ospitalita' nell'ambito del territorio regionale; 
        garantire  il  rispetto  della  normativa   in   materia   di
presentazione  ed  etichettatura  dei  prodotti  agricoli  freschi  e
trasformati  attraverso  idonea  attivita'  di  controllo  anche  con
l'utilizzo di strumenti tecnologici a tutela del consumatore; 
        favorire l'incremento della vendita di prodotti  agricoli  di
origine regionale da parte della distribuzione. 
    L'art. 2 della legge regionale, rubricato «Utilizzo dei  prodotti
agricoli di origine regionale nei servizi di ristorazione  collettiva
affidati da enti pubblici», al comma 1, dispone quanto segue:  «Negli
appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari  ed
agroalimentari destinati  alla  ristorazione  collettiva  costituisce
titolo preferenziale per  l'aggiudicazione,  l'utilizzo  di  prodotti
agricoli di origine regionale». 
    L'art.   3   della   legge   regionale   impugnata,    intitolato
«Disposizioni  in  materia  di  vendita  diretta   da   parte   degli
imprenditori agricoli», stabilisce, al  comma  1,  quanto  segue:  «I
comuni riservano agli  imprenditori  agricoli  esercenti  la  vendita
diretta di prodotti agricoli lucani, ai sensi dell'art. 4 del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228, almeno il 20 per cento del totale
dei posteggi nei mercati al dettaglio in aree  pubbliche.  I  comuni,
anche in deroga a quanto previsto dalla legge regionale 30  settembre
2008, n. 23 "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 20 luglio  1999,  n.
19 concernente la disciplina  del  commercio  al  dettaglio  su  aree
private in  sede  fissa  e  su  aree  pubbliche'',  sono  autorizzati
all'istituzione di nuovi posteggi, fino  al  raggiungimento  di  tale
percentuale». 
    L'art.  4  della  legge  regionale,  rubricato  «Promozione   dei
prodotti agricoli di origine regionale a chilometri zero», stabilisce
quanto segue: 
        «1. (...). 
        2. Alle imprese esercenti  attivita'  di  ristorazione  o  di
vendita  al  pubblico  ed  operanti  nel  territorio  regionale  che,
nell'ambito degli acquisti di prodotti agricoli effettuati nel  corso
dell'anno, si approvvigionino per almeno il 30 per cento, in  termini
di valore, di prodotti agricoli di origine  regionale,  a  chilometri
zero, viene assegnato, al  fine  di  pubblicizzarne  l'attivita',  un
apposito  contrassegno  con  lo   stemma   della   Regione   le   cui
caratteristiche sono determinate con apposita delibera  della  Giunta
regionale da  collocare  all'esterno  dell'esercizio  e  utilizzabile
nell'attivita' promozionale. 
        3. (..). 
        4. Le imprese di cui  al  comma  2  saranno  inserite  in  un
apposito circuito regionale  veicolato  nell'ambito  delle  attivita'
promozionali della Regione  Basilicata.  La  Giunta  regionale  entro
centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge produrra'
il  regolamento  di  utilizzo  del  marchio   e   il   programma   di
valorizzazione del  circuito,  comprendente  anche  eventuali  sgravi
fiscali e specifici contributi o premialita' nell'ambito dei bandi di
finanziamento del settore». 
    Si tratta di disposizioni illegittime per il seguente; 
 
                             M o t i v o 
 
    In  relazione  all'art.  117,  comma   1,   della   Costituzione,
violazione dei vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario.  In
relazione  all'art.  117,  comma  2,  lettera  e),  violazione  della
potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  nelle  materie  della
«tutela della concorrenza». 
    Come si e' descritto in narrativa, la legge  regionale  impugnata
non mira a promuovere tutte le merci caratterizzate da  una  limitata
distanza tra  il  luogo  di  produzione  e  il  luogo  di  consumo  -
caratteristiche  che,  peraltro,  la  legge  regionale  individua  in
maniera quanto mai vaga, attraverso la locuzione «a chilometri  zero»
di cui non fornisce alcuna  definizione  (ne'  altra  definizione  e'
rinvenibile  in  fonti  normative   di   portata   generale)   -   ma
esclusivamente i prodotti lucani rientranti in tale categoria. 
    La promozione dei c.d.  prodotti  «a  chilometri  zero»  risponde
tipicamente ad obiettivi di tutela dell'ambiente e della  salute  dei
consumatori, in ragione della riduzione dei processi di  trasporto  e
di conservazione degli alimenti. 
    Risulta, tuttavia, evidente come la  legge  regionale  ecceda  da
tali obiettivi, introducendo un requisito, come  quello  dell'origine
lucana, non giustificato dal loro perseguimento e, dunque,  contrario
al principio di proporzionalita', cui, in base ai Trattati istitutivi
dell'Unione europea,  devono  rispondere  le  restrizioni  dirette  o
indirette alla libera circolazione delle merci, pur giustificate  dal
perseguimento di ragioni imperative di interesse pubblico. 
    E' chiaro, infatti, che le caratteristiche  che  giustificano  il
favor per i prodotti a chilometri zero possono  rinvenirsi  ad  egual
titolo - e anche a maggior titolo, qualora il luogo  di  consumo  sia
situato nelle zone periferiche del territorio regionale - in prodotti
ottenuti o realizzati al di fuori della Regione Basilicata. 
    Il   requisito   dell'origine   lucana,   imposto   dalle   varie
disposizioni   impugnate,   finisce,   pertanto,   per    determinare
inammissibili effetti discriminatori. 
    Cosi', innanzitutto, per l'art. 2, comma 1, della legge regionale
impugnata,  secondo  il  quale   l'impiego   di   suddetti   prodotti
costituisce  titolo  preferenziale  ai  fini  dell'aggiudicazione  di
appalti pubblici di servizi di ristorazione. 
    Tale  norma,  infatti,  favorendo  la   commercializzazione   dei
prodotti regionali, ostacola gli scambi intracomunitari, ponendosi in
contrasto  con  le  disposizioni  del  Trattato   sul   funzionamento
dell'Unione europea (articoli da 34 a 36) e finendo  per  falsare  la
concorrenza: nel privilegiare  alcuni  prodotti  in  base  alla  loro
provenienza territoriale, la  disposizione  risulta  discriminatoria,
avvantaggiando le aziende agricole del luogo, dalle quali  i  gestori
dei servizi di ristorazione collettiva saranno indotti  a  rifornirsi
preferibilmente, al fine di conseguire l'aggiudicazione dell'appalto. 
    Vale,  al  riguardo,  evidenziare  che  nel  «Libro  verde  sulla
modernizzazione  della  politica  dell'UE  in  materia   di   appalti
pubblici, per una  maggiore  efficienza  del  mercato  europeo  degli
appalti» pubblicato dalla Commissione europea il 27 gennaio 2011,  si
afferma,  a  proposito  di  «come  acquistare»  per  realizzare   gli
obiettivi della strategia Europa 2020, che la  previsione,  da  parte
delle amministrazioni appaltanti, del necessario acquisto di prodotti
in loco puo'  essere  giustificato,  risultando  compatibile  con  il
diritto dell'Unione, solo in  casi  del  tutto  eccezionali  «in  cui
esigenze  legittime  e   obiettive   che   non   sono   associate   a
considerazioni  di  natura   puramente   economica   possono   essere
soddisfatte soltanto dai prodotti di una certa regione» (punto 4.1). 
    Le  norme  impugnate  sono,  pertanto,  illegittime  per  ragioni
analoghe a quelle enunciate dalla Corte nelle recenti sentenze n.  86
e n. 191 del 2012, relative a leggi istitutive  di  marchi  regionali
con finalita' di promozione della produzione locale, nelle  quali  la
Corte ha ricordato che gli articoli da 34 a 36 del TFUE vietano  agli
Stati di porre in essere restrizioni quantitative all'importazione  e
all'esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente e che,  in
base  alla  giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia   dell'Unione
europea, la «misura di effetto equivalente»  deve  essere  intesa  in
senso ampio, tale da ricomprendere ogni normativa  commerciale  degli
Stati che possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto  o
in potenza, gli scambi intracomunitari. 
    Parimenti illegittimo, per  contrasto  con  i  vincoli  derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea, e' l'art.  3,  comma  1,  della
legge regionale impugnata, atteso che esso introduce una  riserva  di
concessioni pubbliche in favore di chi commercializza taluni prodotti
agricoli,  questi  ultimi  essendo  individuati   non   in   base   a
caratteristiche obiettive e rispondenti  ad  un  effettivo  interesse
pubblico connesso alla  tutela  della  salute  o  dell'ambiente,  ma,
nuovamente, in base all'origine lucana. 
    La disposizione, oltre a contrastare  con  il  principio  di  non
discriminazione garantito dal Trattato,  viola  il  diritto  derivato
dell'Unione europea, che espressamente preclude simili  riserve,  ove
non giustificate da  ragioni  imperative  di  interesse  pubblico  o,
comunque, non proporzionate al perseguimento di tale obiettivo. 
    Si allude, in particolare, alla direttiva 12  dicembre  2006,  n.
2006/123/CE -  Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. «Direttiva  servizi»  o
«Bolkestein»), il cui art. 12 stabilisce che  qualora  il  numero  di
«autorizzazioni»  -  per  come  definite  dall'art.  4,  n.  6  della
direttiva (ed  entro  tale  definizione  rientrano  pacificamente  le
concessioni di posteggio in aree  pubbliche  a  fini  commerciali)  -
disponibili per una determinata attivita' sia limitato per via  della
scarsita'  delle  risorse  naturali  o   delle   capacita'   tecniche
utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura  di  selezione
tra i candidati potenziali, nel rispetto del principio  della  libera
concorrenza. 
    Tale procedura dovrebbe offrire  garanzie  di  trasparenza  e  di
imparzialita' e l'autorizzazione cosi' rilasciata non dovrebbe  avere
una  durata  eccessiva,   non   dovrebbe   poter   essere   rinnovata
automaticamente o conferire vantaggi al prestatore uscente. 
    La disposizione e' stata trasposta nell'ordinamento italiano  dal
decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, che nella  parte  generale,
all'art.  16,  richiama  i   descritti   precetti   della   direttiva
Bolkestein. Ne' principi diversi si rinvengono  nel  successivo  art.
70, che si occupa specificamente del commercio su aree pubbliche,  il
quale si limita a prefigurare,  al  comma  5,  possibili  deroghe  da
introdurre - nel rispetto, evidentemente, dei canoni posti  dall'art.
12, par. 3 della direttiva servizi - sulla base di intese, allo stato
non raggiunte, in Conferenza unificata. 
    Con l'art. 3,  comma  1,  della  legge  impugnata,  pertanto,  il
Legislatore regionale ha violato i vincoli derivanti dall'ordinamento
dell'Unione europea e, prevedendo una disciplina difforme  da  quella
risultante dal decreto legislativo n.  59  del  2010,  ha  invaso  la
competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di   tutela   della
concorrenza. 
    Per analoghe ragioni - e  cioe'  in  quanto  fonte  di  possibili
ostacoli agli scambi intracomunitari  e  alla  libera  concorrenza  -
sono, infine, illegittime anche  le  impugnate  disposizioni  di  cui
all'art. 4 della legge regionale, le quali, al fine di valorizzare  i
prodotti agricoli regionali, assegnano alle imprese di ristorazione o
di vendita al pubblico operanti sul territorio che  utilizzano  nella
misura  di  almeno  il  30  prodotti   «a   chilometro   zero»   (ma
necessariamente di origine lucana), un  contrassegno  con  lo  stemma
della regione, da collocare all'esterno dell'esercizio,  utilizzabile
nell'attivita' promozionale. 
    Anche  tali  norme  hanno  l'effetto  di  indurre  le  imprese  a
privilegiare l'acquisto di prodotti locali, a discapito degli  altri,
al fine di fregiarsi del citato contrassegno,  da  considerarsi  alla
stregua  di  un  vero   e   proprio   marchio   illegittimo   secondo
l'insegnamento di cui alle citate sentenze n. 86 e n. 191  del  2012,
senza che rilevi che, nella fattispecie, il marchio  inerisca  non  a
prodotti, ma a servizi di ristorazione e  di  commercializzazione  di
alimenti. 
    Da ultimo, merita evidenziare che i profili  di  incompatibilita'
con il diritto dell'Unione europea non possono ritenersi elisi  dalla
previsione di cui all'art. 7  della  legge  regionale  impugnata,  la
quale  subordina  gli  effetti  dell'intera  legge   all'acquisizione
dell'assenso della Commissione europea ai sensi degli articoli 107  e
108 del TFUE. 
    Infatti, il richiamo  a  tale  procedimento,  che  disciplina  la
materia degli aiuti di Stato, non e' pertinente nel presente contesto
- con la conseguenza che la  notifica  della  legge  ai  sensi  delle
richiamate disposizioni del TFUE e' evidentemente priva di effetti  -
considerato che la legge  regionale  non  prevede  l'attribuzione  di
risorse pubbliche e, pertanto, non si vede come possa impingere nella
disciplina comunitaria degli aiuti di Stato. 
 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si  confida  che   codesta   ecc.ma   Corte   vorra'   dichiarare
l'illegittimita' dell'art.  2,  comma  1,  dell'art.  3,  comma  1  e
dell'art. 4, commi 2 e 4 della legge regionale  della  Basilicata  13
luglio 2012, n. 12. 
    Si produrra' copia autentica della  deliberazione  del  Consiglio
dei ministri del 5 settembre 2012, con l'allegata relazione. 
      Roma, addi' 7 settembre 2012 
 
                 L'avvocato dello Stato: Fiorentino 
 
 

 

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