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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 dicembre 2010 (del Commissario dello Stato per la
Regione Siciliana).
(GU n. 7 del 9-2-2011) |
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L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 14 dicembre
2010, ha approvato il disegno di legge n. 645 dal titolo «Proroga di
interventi per l'esercizio finanziario 2011. Misure di
stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato»,
pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli
effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 17 dicembre 2010.
In particolare, le disposizioni contenute nell'articolo 1, comma
4; nell'articolo 6, commi 2, 4 e 7; nell'articolo 10 commi 1 e 2;
nell'articolo 11 si ritengono in contrasto con gli articoli 3, 51 e
97 della Costituzione in quanto prevedono direttamente e/o
indirettamente procedure e modalita' diverse dal concorso pubblico
per l'accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni.
Codesta eccellentissima Corte, infatti, nella sentenza n. 293 del
2009 ha affermato che la forma generale ed ordinaria di reclutamento
per le pubbliche amministrazioni «e' rappresentata da una selezione
trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito ed aperta
a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente ed
obiettivamente definiti. Il rispetto di tale criterio e' condizione
necessaria per assicurare che l'amministrazione pubblica risponda ai
principi della democrazia dell'efficienza e dell'imparzialita'».
Inoltre, sempre secondo codesta eccellentissima Corte «il
concorso pubblico e' innanzitutto, condizione per la piena
realizzazione del diritto di partecipazione all'esercizio delle
funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini».
La procedura concorsuale «consente infatti ai cittadini di
accedere ai pubblici uffici in condizione di uguaglianza e "senza
altre distinzioni che quella delle loro virtu' e dei loro talenti"».
Il concorso, chiarisce sempre codesta Corte nella sentenza n. 205
del 2004, «e' meccanismo strumentale al canone di efficienza
dell'amministrazione, cioe' al principio di buon andamento, sancito
dall'articolo 97, primo comma, Cost.
Il reclutamento dei dipendenti in base al merito si riflette,
migliorandolo, sul rendimento delle pubbliche amministrazioni e sulle
prestazioni da queste rese ai cittadini. Il concorso pubblico
garantisce il rispetto del principio di imparzialita', enunciato
dall'articolo 97 e sviluppato dall'articolo 98 Cost.».
Nella sentenza n. 453 del 1990 codesta eccellentissima Corte ha
altresi' affermato che «il concorso impedisce che il reclutamento dei
pubblici impiegati avvenga in base a criteri di appartenenza politica
e garantisca, in tal modo, un certo grado di distinzione fra l'azione
del Governo, "normalmente legata agli interessi di una parte
politica" e quella dell'amministrazione "vincolata invece ad agire
senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle
finalita' pubbliche obiettivate nell'ordinamento". Sotto tale profilo
il concorso rappresenta pertanto "il metodo migliore per la provvista
di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di
imparzialita' ed al servizio esclusivo della nazione"».
Codesta Corte, altresi', ha progressivamente precisato e
circoscritto l'ampiezza della deroga al principio del pubblico
concorso che puo' essere stabilita con legge.
Nella sentenza n. 453 del 1990 ha, infatti, affermato che «anche
le modalita' organizzative e procedurali del concorso devono
ispirarsi al rispetto rigoroso del principio di imparzialita'».
Conseguentemente non qualsiasi procedura selettiva, diretta
all'accertamento della professionalita' dei candidati, puo' dirsi di
per se compatibile con il principio del concorso pubblico in quanto
quest'ultimo non e' rispettato nell'ipotesi in cui le selezioni sono
caratterizzate da arbitrarie forme di restrizioni dei soggetti
legittimati a parteciparvi (ex plurimis sentenza n. 194 del 2002).
Codesta Corte infine ha chiarito che «al concorso pubblico deve
riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere
soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente
estranei alle pubbliche amministrazioni» (sentenza n. 34 del 2004).
Il concorso e' necessario anche in caso di nuovo inquadramento di
dipendenti gia' in servizio (sentenza n. 1 del 1999) e di
trasformazione di rapporti non di ruolo in rapporti di ruolo
(sentenza n. 205 del 2004).
Sotto quest'ultimo profilo codesta Corte, con ormai consolidata
giurisprudenza, ha precisato i limiti entro i quali si puo'
consentire al legislatore di disporre procedure di stabilizzazioni di
personale precario che derogano al principio del concorso (ex
plurimis sentenze n. 81 e n. 363 del 2006).
Sono infatti ritenute legittime le deroghe al pubblico concorso
solo «in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse
pubblico ricollegabili alla peculiarita' delle funzioni che il
personale reclutato e' chiamato a svolgere e dalla specifica
professionalita' maturata da quest'ultimo che facciano ritenere che
la deroga alla procedura selettiva aperta sia essa stessa funzionale
alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione, non essendo
sufficiente la semplice circostanza che determinate categorie di
dipendenti abbiano prestato attivita' a tempo determinato presso
l'amministrazione pubblica, ne' la personale aspettativa degli
aspiranti ad una misura di stabilizzazione» (sentenza n. 81/2006).
Alla luce dei principi costituzionali e secondo i sopra
richiamati consolidati orientamenti giurisprudenziali non ci si puo'
esimere dal sottoporre al vaglio di codesta eccellentissima Corte le
disposizioni regionali che di seguito analiticamente si censurano.
L'art. 1, 4° comma che si trascrive, si pone in evidente
contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione:
«4. i contratti di lavoro stipulati ai sensi dell'art. 3
della legge regionale 30 ottobre 1995, n. 76 e successive modifiche
ed integrazioni e dell'art. 1 della legge regionale 28 giugno 2010,
n. 14, possono essere prorogati, nei limiti degli stanziamenti di
bilancio, fino al 31 dicembre 2011, osservando i periodi di
discontinuita' previsti dal comma 3 dell'art. 5 del d.lgs. 6
settembre 2001, n. 368. Le garanzie occupazionali di all'art. 1,
comma 2, della legge regionale 1 ° febbraio 2006 n. 4, e dall'art. 1
della legge regionale n. 28 giugno 2010, n. 14, sono confermate, nei
limiti degli stanziamenti di bilancio, fino al 31 dicembre 2011. Per
le finalita' del presente comma e' autorizzata, per l'esercizio
finanziario 2011 la spesa di 24.852 migliaia di euro. I relativi
oneri trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione per il
triennio 2010-2012 UPB 4.2.1.5.2. accantonamento 1001.».
La norma de qua infatti nella sostanza autorizza la generalizzata
proroga, per un ulteriore anno, di tutti i contratti di lavoro a
tempo determinato stipulati dai consorzi di bonifica senza alcuna
correlazione, come puo' evincersi dalla relazione illustrativa al
testo normativo redatta dalla competente commissione legislativa
permanente, ad esigenze obiettive, specifiche e particolari delle
amministrazioni. Siffatta proroga non e' peraltro connessa ne'
all'avvio di procedure per la progressiva stabilizzazione del
personale precario ne' all'attuazione dell'art. 14, commi 24-bis e
24-ter del decreto-legge n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010.
Al riguardo, si osserva che il legislatore, a differenza di quanto
disposto per le altre proroghe di rapporti di lavoro previsti dalla
presente delibera legislativa, non ha fatto esplicito riferimento
alla norma statale. Dai chiarimenti forniti dagli Uffici regionali
(all. 1), ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969, i destinatari
della disposizione sono oltre 300 alcuni dei quali avrebbero gia'
avviato «azioni giudiziarie volte alla dichiarazione di nullita' del
termine nel relativo contratto di lavoro e conseguente trasformazione
dello stesso a tempo indeterminato».
La proroga dei rapporti di lavoro in questione si connota quindi
come uno strumento surrettizio per consentire l'immissione definitiva
in ruolo dei dipendenti in questione indipendentemente da qualsiasi
forma di procedura selettiva pubblica nonche' dalla necessaria,
preventiva verifica dei fabbisogni di personale degli enti medesimi e
dalla conseguente programmazione delle assunzioni.
La disposizione inoltre, nel consentire il consolidarsi di
situazioni di precariato, potrebbe alimentare ulteriore contenzioso
giudiziario con inevitabile aggravio delle finanze degli enti
pubblici in evidente contrasto con il principio di buon andamento
della P.A.
La norma in questione, non solo non delimita i presupposti per
l'esercizio dei potere di proroga dei contratti, non essendo la
stessa subordinata all'accertamento di specifiche necessita'
funzionali dell'amministrazione, ma anche non consente una selezione
del personale i cui contratti di lavoro sono prorogati, poiche' non
risulta prevista alcuna procedura imparziale ed obiettiva di verifica
dell'attivita' svolta e della qualificazione professionale dei
lavoratori destinatari della disposizione (sentenza C.c. n. 363/2006
e n. 215/2009).
Invero, al di la' delle comprensibili e condivisibili aspettative
personali dei destinatari della nonna, non risulta sussistere, ne' e'
stato evidenziato nei lavori preparatori della legge, alcun motivo di
pubblico interesse che possa legittimare una deroga al principio del
concorso aperto a soggetti esterni all'amministrazione ne', tanto
meno, e' desumibile dai chiarimenti forniti, sulle funzioni
amministrative ed esecutive svolte da questo personale alcuna
peculiarita' che, in astratto, possa giustificare una prevalenza
dell'interesse ad una sua ulteriore utilizzazione rispetto a quello
di assicurare l'accesso all'impiego pubblico dei piu' capaci e
meritevoli ed, in tal senso, l'imparzialita' ed il buon andamento
dell'amministrazione pubblica.
I commi 2 e 4 dell'art. 6 che integralmente si riportano, si
ritengono anche esse in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della
Costituzione.
«2. Per il triennio 2011-2013 le amministrazioni pubbliche di cui
all'art. 5, nel rispetto dei vincoli di cui al comma 1, possono
procedere, altresi', alla stabilizzazione a tempo indeterminato del
personale utilizzato con contratti a tempo determinato in essere,
stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, destinatario del regime
transitorio dei lavori socialmente utili di cui al fondo unico del
precariato istituito dall'articolo 71 della legge regionale n.
17/2004, con un'anzianita' complessiva non inferiore a 8 anni
nell'ultimo decennio per attivita' lavorativa e/o per utilizzazione
in attivita' socialmente utili e che abbia avuto accesso al lavoro
e/o all'utilizzazione mediante procedure selettive di natura
concorsuali o previste da norme di legge».
«4. alle procedure di stabilizzazione di cui al presente articolo
non si applica la limitazione alle qualifiche di cui all'art. 16
della legge 28 febbraio 1987, n. 56 nei casi di specifiche necessita'
funzionali e organizzative rappresentate nella programmazione
triennale dei fabbisogni e, nell'interesse pubblico, anche al fine di
consolidare le esperienze professionali gia' maturate all'interno
dell'amministrazione»;
Il 2° comma introduce, infatti, criteri diversi da quelli
richiesti dall'art. 1, comma 558 della legge n. 296/2006 per
individuare i beneficiari delle procedure di stabilizzazione previste
dall'art. 17 commi 10, 11 e 12 del d.l. n. 78/2009, convertito in
legge n. 102/2009. Il disporre, infatti, che si faccia riferimento al
personale con contratti a tempo determinato in essere stipulati
anteriormente al 31 dicembre 2009, anziche' all'anno 2007, amplia la
portata, in misura non quantificabile, delle procedure di
stabilizzazione del precariato previste dall'impianto normativo
statale, ritenuto da codesta Corte unica legittima eccezione, in
quanto giustificata da esigenze di interesse pubblico (ex plurimis
sent. n. 150/2010), alla regola del pubblico concorso.
L'eventuale applicazione della norma regionale de qua, in
combinato disposto con il 4° comma, estende le previsioni dell'art.
16 della legge n. 56 del 1987, relative alle assunzioni dei
lavoratori da inquadrare nei livelli retributivi -funzionali per i
quali e' richiesto il titolo di studio della scuola dell'obbligo,
alle qualifiche superiori per le quali e' necessario il diploma e/o
la laurea; configurando cosi' una singolare modalita' di privilegiato
e semplificato accesso alla P.A. lesiva del principio del concorso
pubblico quale strumento ineludibile di ingresso nel pubblico impiego
come piu' volte ribadito da costante e consolidata giurisprudenza
costituzionale (ex plurimis sent. n. 205/2004, n. 159/2005, n.
190/2005 e n. 205/2006).
Le disposizioni in questione danno luogo ad un trattamento
differenziato rispetto al personale precario di tutte le altre
amministrazioni pubbliche ponendosi in contrasto con la normativa
statale di riferimento e quindi violano i principi di ragionevolezza
imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione
eccedendo la competenza statutaria di cui all'art. 14 lett. o) e q)
con specifico riferimento al principio del pubblico concorso che
costituisce «la regola per l'accesso all'impiego alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche» (sentenza n. 81/2006).
Esse infatti contrastano con quanto affermato dall'art. 17, commi
da 10 a 13 del d.l. n. 78/2009 convertito in legge n. 102/2009 che,
con riferimento alla generalita' delle pubbliche amministrazioni,
stabiliscono determinate specifiche modalita' di valorizzazione delle
esperienze professionali acquisite attraverso l'espletamento di
concorsi pubblici, con parziale riserva di posti.
Parimenti censurabile per violazione degli articoli 3, 51 e 97
della Costituzione e' la norma contenuta nel comma 7 del medesimo
art. 6 secondo cui
«7. In applicazione dei commi 558 e 560 dell'articolo 1 della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, e del comma 94 dell'art. 3 della
legge 24 dicembre 2007, n. 244, gli enti locali, senza alcun onere a
carico della regione, procedono a stabilizzare a tempo indeterminato
il personale assunto, con contratto a tempo determinato in essere,
tramite concorso pubblico che abbia previsto il superamento di una
prova scritta ed una orale e le cui figure professionali siano
previste nella dotazione organica dell'ente».
La disposta trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo
determinato a tempo indeterminato si risolve invero in una deroga
ingiustificata alla regola del concorso pubblico.
«La circostanza che il personale suscettibile di essere
stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo
assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico
concorso, per effetto della diversita' di qualificazione richiesta
dalle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato
non offre adeguate garanzie ne' della sussistenza della
professionalita' necessaria per il suo stabile inquadramento nei
ruoli degli enti locali, ne' del carattere necessariamente aperto
delle procedure selettive» (sentenza n. 235/2009).
Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale
e' infatti un requisito troppo generico per autorizzare la successiva
stabilizzazione senza concorso in quanto la norma in questione non
garantisce che il previo concorso sia riferibile alla tipologia e al
livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato
sara' chiamato a svolgere.
L'art. 11 estende, al 31 dicembre 2014, il termine previsto per
le riserve, le priorita' e le precedenze e preferenze in favore dei
lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente
utili, per i concorsi pubblici e per le assunzione di cui all'art. 5
della l.r. n. 16/2006, norma questa che peraltro ha cessato di
produrre i suoi effetti sin dal 31 dicembre 2007.
In proposito codesta Corte nella sentenza n. 205/2006 ha chiarito
che «l'aver prestato attivita' a tempo determinato alle dipendenze
dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se, ed
in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni, un valido
presupposto per una riserva di posti».
Orbene, la disposizione censurata essendo riferita
indistintamente a tutti coloro che hanno svolto una qualsiasi
attivita' in favore delle amministrazioni pubbliche operanti nella
Regione nell'arco di oltre un decennio non identifica, come richiesto
dalla giurisprudenza di codesta Corte, alcuna peculiare situazione
giustificatrice della deroga al principio di cui all'art. 97, 3°
comma della Costituzione. Essa appare piuttosto costituire un
privilegio a favore di una vasta categoria di persone che riduce
indebitamente la possibilita' di accesso dall'esterno, violando il
carattere pubblico del concorso (sentenza n. 34/2004) e
conseguentemente i principi di imparzialita' e buon andamento
dell'amministrazione
Al riguardo, nella sentenza n. 100 del 2010 codesta Corte ha
espressamente chiarito che sebbene in passato siano state ritenute
legittime procedure riservate «la piu' recente giurisprudenza
costituzionale ha sottolineato come sia necessario, affinche' sia
assicurata la generalita' del concorso pubblico disposta dall'art. 97
Cost., che l'area delle eccezioni alla regola sia delimitata in modo
rigoroso». Le deroghe sono legittime solo in presenza di peculiari e
straordinarie esigenze di interesse pubblico ricollegabili alle
funzioni che il personale da reclutare e' chiamato a svolgere, in
particolare relativamente all'esigenza di consolidare specifiche
esperienze professionali che facciano ritenere che la deroga al
principio del concorso pubblico sia funzionale al buon andamento
dell'amministrazione. Situazione questa gia' tenuta in debita
considerazione dalla normativa statale in materia di stabilizzazione
dei lavoratori precari per la generalita' delle pubbliche
amministrazioni con le previste riserve di posti nei concorsi, cui si
aggiungerebbe quella ora disposta dal legislatore regionale,
riducendo, e quasi escludendo nella sostanza, la possibilita' di
accesso dall'esterno nelle procedure concorsuali delle istituzioni ed
enti pubblici operanti nella regione.
Del pari in contrasto con gli articoli 3, 51, 97 oltreche'
dell'art. 81, 4° comma della Costituzione si pongono le disposizioni
contenute nell'art. 10.
Detto articolo, infatti dispone l'erogazione per un decennio di
contributi a carico del bilancio regionale alle amministrazioni
pubbliche che attuino le procedure di stabilizzazione previste dal
provvedimento legislativo in esame.
Si prevede peraltro che i contributi verranno corrisposti,
secondo quanto disposto dal 2° comma, anche nel caso di mancata
assunzione a tempo indeterminato per mancanza dei presupposti
previsti dall'art. 6 per le procedure di reclutamento e saranno
riconosciuti «anche in caso di prosecuzione», in costanza di
rapporto, dei contratti a tempo determinato attualmente in essere.
La disposizione quindi sostanzialmente consente la proroga
indiscriminata e generalizzata sino al 2023 di tutti i rapporti di
lavoro precario, in evidente violazione degli artt. 3, 51 e 97 della
Costituzione per le argomentazioni gia' svolte nel corpo del presente
atto di gravame, senza peraltro prevedere, in contrasto con 1'art.
81, 4 comma della Costituzione, in alcun modo la copertura dei
rilevanti oneri finanziari a carico degli esercizi futuri, indicando
le necessarie risorse con cui farvi fronte.
Codesta ecc.ma Corte ha espressamente chiarito in proposito,
nella sentenza n. 359/2007, che il legislatore regionale non puo'
sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidita' di
bilancio cui l'art. 81 della Costituzione si ispira, affermando
altresi' che la copertura di nuove spese deve essere credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato
rapporto con la spesa che si intende effettuare negli esercizi futuri
(sentenza n. 213/2008).
Orbene, nell'ipotesi in esame la legge nulla dispone quanto alla
copertura finanziaria degli oneri di spesa quantificati in 314.100
migliaia di euro annui per gli esercizi successivi al 2012,
limitandosi a prevedere al comma 2 dell'art. 13 che «agli oneri a
regime riferiti all'art. 10 si provvede, per gli anni successivi
all'esercizio finanziario 2010, per la corrispondente quota, a carico
della medesima spesa annua continuativa autorizzata ai sensi
dell'art. 71 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17».
Questa ultima disposizione richiamata tuttavia, piuttosto che
indicare le risorse finanziarie con cui fare fronte alla spesa, ha
istituito nel bilancio regionale il capitolo 321301, denominato fondo
unico per il precariato e ne ha disciplinato l'utilizzazione
autorizzando, per l'assunzione degli impegni, il ricorso all'art. 11,
comma 6 della l.r. n. 47/1977.
Ne' tantomeno dai chiarimenti forniti dall'amministrazione
regionale ai sensi dell'art. 3 d.P.R. n. 488/1969 (All. 2) possono
evincersi elementi idonei ad identificare le necessarie risorse
finanziarie. Non e' stata infatti redatta dall'amministrazione
regionale la relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri e
sulla correlata copertura finanziaria di cui all'art. 7, comma 2,
l.r. n. 47/1977 in quanto «la materia delle stabilizzazioni e' stata
di iniziativa parlamentare».
Invero, l'indicazione in bilancio di uno o piu' capitoli relativi
a una o piu' spese, non puo' di per se' significare che per quelle
spese sia soddisfatta l'esigenza di indicazione della corrispondente
copertura voluta dall'art. 81 ultimo comma della Costituzione
(sentenza C.c. n. 66/1959) ne', tantomeno, si puo' sostenere che la
copertura di nuove spese di carattere permanente puo' essere
correttamente operata mediante il richiamo a capitoli gia' previsti
in bilancio (sent. C.c. n. 123/1975).
Codesta Corte in proposito ha affermato nella sentenza n. 31/1961
che l'obbligo del legislatore di indicare i mezzi di copertura di una
nuova o maggiore spesa non puo' ritenersi assolto mediante
l'autorizzazione ad iscrizioni nel bilancio. Tali iscrizioni non
producono e non possono produrre alcun effetto di per se' ove non
trovino corrispondenza in una legge sostanziale che preveda la spesa
nonche' i mezzi per farvi fronte.
E' infatti tautologico e non risolutivo ai fini del rispetto
dell'art. 81 della Costituzione (sentenza C.c. n. 135/1968)
legittimare la mancata indicazione della copertura della spesa nella
legge di autorizzazione con l'inserzione della stessa nelle
successive leggi di bilancio. L'inserzione della spesa nelle
successive leggi di bilancio sarebbe, infatti, sorretta da una
previsione legislativa priva dell'indispensabile indicazione dei
mezzi di copertura.
L'art. 15 si ritiene essere in contrasto con gli artt. 81, 4°
comma e 97 della Costituzione in quanto, quasi a conclusione
dell'esercizio finanziario, introduce nell'elenco delle spese
obbligatorie, allegate alla legge di approvazione del bilancio di
previsione per il corrente anno n.12/2010, i capitoli 443302 e
443305. Gli impegni assunti e assumibili su tali capitoli sono
attinenti al trasferimento di finanziamenti in favore degli enti
parco e degli enti gestori delle riserve naturali per le spese di
impianto e gestione e la dotazione annuale degli stessi viene
determinata in considerazione delle disponibilita' delle risorse e in
funzione dell'equilibro tra entrate ed uscite del documento
finanziario.
Il considerare come obbligatorie le spese imputabili sui
menzionati capitoli comporterebbe per l'amministrazione regionale
l'obbligo del pagamento a pie' di lista degli oneri assunti dagli
enti in questione, senza possibilita' di intervenire sul controllo
degli stessi, di quantificarne preventivamente l'ammontare nonche' di
individuare la copertura finanziaria necessaria ai sensi dell'art.
81, 4° comma Cost., in caso di incremento rispetto alla previsione di
bilancio inizialmente autorizzata. Per le spese imputabili ai
capitoli in questione sarebbe, infatti, autorizzato in caso di
incapienza degli stessi il ricorso a variazioni di bilancio anche
«allo scoperto» con prelievi dal fondo per le spese obbligatorie e
d'ordine, con conseguente alterazione dell'equilibrio economico
finanziario del bilancio.
La disposizione e' da ritenersi particolarmente pericolosa per il
mantenimento dei saldi pubblici poiche', nel rendere incontrollabile
la spesa nel settore, potrebbe ulteriormente peggiorare la situazione
del bilancio regionale, che presenta, secondo quanto rilevabile
dall'analisi dei conti consuntivi dell'ultimo triennio, un deficit
strutturale di circa 1.500 milioni di euro all'anno.
L'art. 2, comma 1 , secondo periodo - nella parte in cui prevede
che al personale dell'Ente Autonomo Fiera di Palermo e dell'Ente
Autonomo Fiera di Messina si applica per un anno «la disciplina sulle
modalita' di utilizzazioni previste per il personale dell'area
speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la Resais
S.p.A.» - si ritiene essere in contrasto con gli articoli 3 e 97
della Costituzione.
Esso infatti estende per un limitato lasso temporale ai
dipendenti di enti autonomi tuttora formalmente esistenti ed
operanti, sebbene prossimi alla liquidazione, il trattamento
riservato al personale proveniente dai soppressi enti pubblici
economici della Regione e confluito in una societa' a totale
partecipazione regionale.
Anche condividendo le ragioni del legislatore che intenderebbe
mantenere inalterati i livelli occupazionali dei lavoratori, non ci
si puo' esimere dal censurare la disposizione che, parificando
situazioni differenti ed obiettivamente non omogenee, e' fonte di
disparita' di trattamento rispetto alla generalita' di dipendenti di
altri enti prossimi alla liquidazione, anticipando soluzioni che
dovrebbero, piuttosto, essere rinvenute nei principi generali in
materia di mobilita' del personale nei casi di trasferimento o
conferimento di attivita' di cui all'articolo 31 del decreto
legislativo n. 165/2001 (sentenze C.c. n. 108, n. 194 e n. 366 del
2006).
P.Q.M.
Impugna i sottoelencati articoli del disegno di legge n. 645 dal
titolo «Proroga di interventi per l'esercizio finanziario 2011.
Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo
determinato», approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana il 14
dicembre 2010:
art. 1, comma 4, primo periodo; art. 6, commi 2, 4 e 7; art. 11
per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione;
art. 10, commi 1 e 2 per violazione degli articoli 3, 51, 97 e
81, comma 4 della Costituzione;
art. 13, commi 2 ultimo periodo e 4 per violazione dell'articolo
81, comma 4 della Costituzione;
art. 15 per violazione art. 81, comma 4 e 97 della Costituzione;
art. 2, comma 1, secondo periodo per violazione degli articoli 3
e 97 della Costituzione.
Palermo, addi' 21 dicembre 2010
Il vice Commissario dello Stato per la Regione Siciliana: Missineo