Ricorso n. 127 del 25 settembre 2012 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 25 settembre 2012 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 44 del 7.11.2012)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. … - n. fax … ed indirizzo P.E.C. per il ricevimento degli atti …) e presso la stessa domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi 12, giusta delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 14 settembre 2012 ricorrente;
Contro la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta provinciale, con sede in Trento, piazza Dante n. 15, intimata;
Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, e dell'art. 13, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento del 20 luglio 2012, n. 14, pubblicata nel B.U.R. Trentino del 24 luglio 2012, n. 30 per violazione dell'art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 670 del 1972, recante il testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, e dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.
F a t t o
Con la legge n. 14 del 20 luglio 2012 la Provincia autonoma di Trento ha approvato norme modificative della legge provinciale sulle cave e della legge provinciale sulla valutazione d'impatto ambientale.
Tra le disposizioni introdotte, quella recata dell'art. 4, comma 2 - che sostituisce la lettera a) dell'art. 7, comma 5 della legge provinciale 24 ottobre 2006, n. 7, recante disciplina in materia di cave - e quella, alla prima collegata, recata dall'art. 13, comma 2, si prestano a censure di illegittimita' costituzionale per i seguenti
motivi di
Diritto
In via preliminare, si evidenzia che il testo previgente dell'art. 7, comma 5, della legge provinciale n. 7/2006, in tema di autorizzazioni alla coltivazione di cave, disponeva che i comuni potessero prorogare le autorizzazioni, su motivata richiesta dell'interessato, alle condizioni stabilite nell'atto originale, solo per il periodo necessario a: «a) completare i lavori di coltivazione autorizzati, compresi quelli di ripristino; in tal caso la proroga puo' essere disposta per un periodo non superiore a un anno; b) adottare il provvedimento di rinnovo dell'autorizzazione.».
La nuova previsione recata dall'art. 4, comma 2, della legge oggetto del presente ricorso, modificando la lettera a) del menzionato articolo 7, comma 5, della legge provinciale n. 7/2006, ha disposto la proroga delle autorizzazioni per il periodo necessario «a) completare i lavori di coltivazione autorizzati, compresi quelli di ripristino; in tal caso la proroga puo' essere disposta per un massimo di due volte per periodi non superiori a tre anni;».
Inoltre, l'art. 13, comma 2, della medesima legge provinciale n. 14/2012 stabilisce che «2. Dopo il comma 7-ter dell'articolo 37 della legge provinciale sulle cave e' inserito il seguente: «7-quater.
L'articolo 7, comma 5, si applica anche alle autorizzazioni rilasciate antecedentemente alla data di entrata in vigore di questa legge.», estendendo in tal modo la possibilita' della proroga a tutte le autorizzazioni rilasciate in precedenza.
Tanto premesso, appare evidente che, a seguito delle modifiche apportate, le citate disposizioni consentono che tutte le autorizzazioni per le quali non vi sia stato il completamento dei lavori di coltivazione possano essere rinnovate senza alcuna
condizione, verifica o procedura volta alla tutela ambientale, in quanto viene previsto che i titolari presentino una mera istanza al competente ufficio comunale, il quale puo' disporre sic et simpliciter la proroga delle autorizzazioni (emettendo di fatto una
nuova autorizzazione alla prosecuzione dell'attivita' estrattiva).
Tale possibilita' contrasta con quanto previsto dall'articolo 26, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006 secondo cui «i progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento puo' stabilire un periodo piu' lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente,
dall'autorita' che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell'impatto ambientale deve essere reiterata».
Pertanto, la proroga potrebbe essere ammissibile per tutti i progetti che siano gia' stati sottoposti alla procedura di VIA o alla procedura di verifica di assoggettabilita' a VIA entro gli ultimi cinque anni, cioe' entro il termine di decadenza stabilito dal citato
art. 26, comma 6, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ma risulta, invece, sicuramente illegittima per quei progetti che in precedenza non siano mai stati sottoposti alle citate procedure di VIA o di verifica di assoggettabilita' a VIA (in quanto precedenti all'entrata
in vigore della normativa comunitaria): infatti, sottraendo tali progetti a dette procedure, si determina una palese violazione delle disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale recate dagli articoli da 20 a 28 e dagli Allegati alla Parte Seconda - III,
lettera s) e IV, punto 8, lettera i), dello stesso decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Al riguardo occorre considerare che la durata di ogni singola autorizzazione costituisce una delle condizioni fondamentali del provvedimento autorizzativo, alla scadenza del quale e' diritto-dovere dell'amministrazione titolare del relativo potere verificare sia l'eventuale mutamento delle condizioni territoriali ed ambientali sia gli aggiornamenti intervenuti nel quadro normativo di riferimento prima di assumere una qualsiasi decisione liberatoria, sia pure in termini prescrittivi, o, in alternativa, interdittiva.
E', inoltre, innegabile che il limite temporale dell'autorizzazione attiene al nucleo sostanziale di essa, determinando il momento oltre il quale l'intervento autorizzato perde ogni ragione giuridica di esistenza. Ne consegue che modificare, ovvero prorogare il termine di un'autorizzazione, o comunque rinnovarla definendone un nuovo termine, significa modificare la «sostanza» dell'autorizzazione medesima: e' proprio per questo che, in tali casi, alla stregua della direttiva 85/337/CEE, c.d. VIA, secondo l'interpretazione offertane dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea, e' necessaria una vera e propria nuova autorizzazione, che postula il preventivo espletamento delle procedure in materia di VIA stabilite dalla direttiva medesima (Corte di Giustizia, Quinta sezione, causa C-201/02, sentenza 7 gennaio 2004
- c.d. Delena-Wells - punti 44-47).
Alla luce di siffatte considerazioni, e' dunque evidente che la procedura di proroga prevista dalle norme provinciali in parola costituisce un'evidente modifica delle previgenti autorizzazioni che non puo' essere legittimamente sottratta alle imprescindibili
procedure in materia di VIA (a seconda dei casi VIA propriamente detta o, rispettivamente, verifica di assoggettabilita' a VIA) stabilite dalla direttiva VIA, allegato I, punto 22, ed allegato II, punto 13, primo trattino.
In altri termini, quella verifica ovvero quella valutazione dell'impatto ambientale non effettuata in sede di prima autorizzazione deve obbligatoriamente precedere il rinnovo della prima autorizzazione successiva all'entrata in vigore della normativa di VIA.
In tal senso si e', peraltro, gia' espressa codesta ecc.ma Corte Costituzionale con le sentenze nn. 1/2010 e n. 67/2010, in riferimento ad analoghe norme adottate dalla Regione Campania.
E' appena il caso di evidenziare che la conclusione qui raggiunta non e' intaccata dalla considerazione che la Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell'art. 8, comma 1, punto 14 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante il testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, gode di potesta' legislativa primaria in materia di miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere. In proposito, infatti, occorre per un verso considerare che il legislatore provinciale e' assoggettato, nelle materie di propria competenza, ai vincoli posti dall'art. 8, comma 1, dello Statuto del Trentino Alto Adige, vincoli
consistenti - tra l'altro - nella necessita' di rispettare gli obblighi internazionali e gli interessi nazionali. Per altro verso, occorre tener conto del fatto che, secondo consolidati insegnamenti di codesta ecc.ma Corte, in presenza di norme che afferiscono alla tutela ambientale, la potesta' di disciplinare l'ambiente nella sua interezza, come entita' organica, deve ritenersi affidata in via esclusiva allo Stato ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, il quale, come e' noto, parla di «ambiente» (ponendovi accanto la parola ecosistema) in termini generali e
onnicomprensivi (in tal senso, ex plurimis, Corte Cost. n. 378/2007).
Codesta ecc. ma Corte ha precisato, al riguardo, che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario (sent. n. 151/1986) ed assoluto (sent. n. 210/1987) e deve garantire, come prescrive il
diritto comunitario, un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore. La disciplina unitaria del bene complessivo ambiente costituisce, pertanto, un limite comunque invalicabile per la disciplina che le Regioni e le Province
autonome sono legittimate ad adottare in materie di loro competenza (cfr. sent. n. 380/2007).
Alla luce di tali principi, e' evidente che il legislatore provinciale, nella specie, nell'esercizio della propria competenza legislativa in materia di miniere, cave e torbiere, avrebbe dovuto conformarsi alle richiamate disposizioni statali, oltre che
comunitarie, in materia di procedimento di valutazione dell'impatto ambientale.
Siffatte disposizioni, secondo consolidati insegnamenti di codesta ecc.ma Corte, rientrano infatti a pieno titolo nell'ambito della previsione di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, «trattandosi di procedure che valutano in concreto e preventivamente la "sostenibilita' ambientale"» (sent. n.
67/2010).
Le norme qui censurate, invece, contrastano palesemente, come si e' visto, con le suindicate disposizioni statali e comunitarie in materia di VIA, risultando cosi' obiettivamente pregiudizievoli delle inderogabili esigenze di tutela del bene ambiente; esse, pertanto, devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime sia in quanto elusive dei richiamati vincoli posti al legislatore provinciale dall'art. 8, comma 1, dello Statuto del Trentino Alto Adige sia in quanto invasive della competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.
P. Q. M.
Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, e dell'art. 13, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento del 20 luglio 2012, n. 14, pubblicata nel B.U.R. Trentino del 24 luglio 2012, n. 30, per
violazione dell'art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 670 del 1972, recante il testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, e dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.
Unitamente all'originale notificato del presente ricorso, si depositera' copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 14 settembre 2012, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa.
Roma, 19 settembre 2012
L'Avvocato dello Stato: Di Martino