Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 4 febbraio 2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 9 del 27.2.2013) 
 
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso  i  cui
Uffici, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato; 
    Contro la Regione Veneto, in persona del  Presidente  pro-tempore
della Giunta regionale; 
    Per la declaratoria della illegittimita' costituzionale in  parte
qua della  legge  della  Regione  Veneto  3  dicembre  2012,  n.  46,
pubblicata nel Bollettino ufficiale  Regione  Veneto  n.  100  del  4
dicembre  2012  e  recante  il  titolo  «Modifiche  di   disposizioni
regionali   in   materia   di   programmazione   ed    organizzazione
socio-sanitaria e di tutela della salute». 
    La  presentazione  del  presente  ricorso  e'  stata  decisa  dal
Consiglio dei Ministri nella riunione del 18 gennaio  2013,  come  da
estratto del verbale che si deposita. 
    La legge della Regione Veneto n. 46 del 4 dicembre 2012, titolata
«Modifiche di disposizioni regionali in materia di programmazione  ed
organizzazione socio-sanitaria e di tutela della salute»  presenta  i
seguenti profili di  illegittimita'  costituzionale,  per  violazione
degli articoli 117, terzo comma, e 97 della Costituzione. 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, che modifica  il  comma
8-ter dell'art. 13 della legge regionale n. 56/1994,  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella  parte  in  cui
stabilisce  che  l'incarico  di  direttore  generale  delle   aziende
sanitarie regionali di norma  ha  una  durata  pari  a  quella  della
legislatura regionale e che il mandato del direttore  generale  scade
centottanta giorni dopo l'insediamento della nuova legislatura. 
    L'art. 7 della legge in esame modifica il comma  8-ter  dell'art.
13 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 (secondo  il  quale
l'incarico del direttore generale aveva  durata  pari  a  tre  anni),
stabilendo che «l'incarico di direttore  generale  di  norma  ha  una
durata pari a quella della  legislatura  regionale.  Il  mandato  del
direttore generale scade centottanta giorni dopo l'insediamento della
nuova legislatura». 
    Tale norma regionale  contrasta,  da  un  lato,  con  i  principi
fondamentali della legislazione statale riguardante gli incarichi dei
direttori generali delle aziende e degli enti del servizio  sanitario
e, dall'altro, con il principio di  imparzialita'  e  buon  andamento
della  pubblica   amministrazione,   di   cui   all'art.   97   della
Costituzione, come precisato da costante  giurisprudenza  di  codesta
Ecc.ma Corte costituzionale. 
    La durata in carica del direttore generale delle aziende e  degli
enti del  servizio  sanitario  e',  infatti,  disciplinata  dall'art.
3-bis, comma 8 del d.lgs. n. 502/1992, secondo il quale «Il  rapporto
di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e  del
direttore sanitario e' esclusivo  ed  e'  regolato  da  contratto  di
diritto privato, di durata non inferiore a  tre  e  non  superiore  a
cinque anni, rinnovabile, stipulato in  osservanza  delle  norme  del
titolo terzo del libro quinto del codice civile». 
    Pertanto la norma regionale in esame, nella misura in cui dispone
che l'incarico del direttore generale ha durata pari a  quella  della
legislatura regionale, e che il relativo mandato  scada  decorsi  180
giorni  dall'insediamento  della  «legislatura»,  contrasta  con   il
richiamato art. 3-bis, comma  8,  del  d.lgs.  n.  502/1992,  recante
principi fondamentali in materia di tutela della salute, violando  in
tal modo l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, che modifica  il  comma
8-ter dell'art. 13 della legge regionale n. 56/1994,  per  violazione
dell'art. 97 della Costituzione, nella parte in  cui  stabilisce  che
l'incarico di direttore generale delle aziende sanitarie regionali di
norma ha una durata pari a quella della legislatura regionale  e  che
il mandato del  direttore  generale  scade  centottanta  giorni  dopo
l'insediamento della nuova legislatura. 
    Fermo il rilievo assorbente svolto sub 1), sotto altro profilo la
suddetta disposizione regionale,  legando  l'incarico  del  direttore
generale a quello della legislatura, stabilisce una forma  di  spoils
system nei confronti di  una  figura  manageriale,  come  appunto  e'
quella del direttore generale delle ASL, che, essendo  caratterizzata
dal fatto di possedere una professionalita' eminentemente tecnica, ed
essendo  preposta  alla   gestione   di   una   struttura   parimenti
caratterizzata da una elevatissimo  grado  di  tecnicita',  non  puo'
seguire le sorti degli organi politici della  regione,  perche'  cio'
contrasterebbe con il richiamato principio di  imparzialita'  e  buon
andamento dell'amministrazione. 
    Si richiama, al riguardo, la sentenza n. 104/2007, che ha  deciso
una  analoga  questione  di  legittimita'  costituzionale,  sollevata
avverso norme della Regione Lazio contenute nelle leggi regionali  n.
1/2004 e n. 9/2005, in base alle quali  veniva  configurato  in  tale
regione un sistema volto a commisurare la durata delle nomine e degli
incarichi dirigenziali, compresi i direttori generali delle ASL, alla
durata degli organi di indirizzo politico. 
    Nell'occasione codesta Ecc.ma Corte  pronuncio'  l'illegittimita'
costituzionale della norma che prevedeva  che  i  direttori  generali
delle ASL decadessero dalla carica il novantesimo  giorno  successivo
alla prima seduta del Consiglio  regionale,  salvo  conferma  con  le
stesse modalita' previste per la nomina. Si  tratta  di  disposizione
del tutto analoga a  quella  della  legge  regionale  in  esame,  con
l'unica  differenza  che  quest'ultima,  dopo   aver   previsto   che
l'incarico di direttore generale ha una durata pari  a  quella  della
legislatura regionale, specifica, poi, che «il mandato del  direttore
generale scade centottanta giorni  dopo  l'insediamento  della  nuova
legislatura». 
    Codesta Ecc.ma Corte nella menzionata  sentenza  n.  104/2007  ha
precisato, a tal riguardo, che  «le  Asl,  in  quanto  strutture  cui
spetta di erogare l'assistenza, i servizi e le prestazioni  sanitarie
nell'ambito dei servizi  sanitari  regionali,  assolvono  compiti  di
natura essenzialmente tecnica, che esercitano con la veste  giuridica
di aziende pubbliche, dotate di autonomia imprenditoriale, sulla base
degli indirizzi generali contenuti nei  piani  sanitari  regionali  e
negli indirizzi applicativi impartiti dalle Giunte regionali». 
    Pertanto, il Direttore generale delle ASL viene qualificato dalle
norme «come una figura tecnico-professionale che  ha  il  compito  di
perseguire, nell'adempimento di un'obbligazione di risultato (oggetto
di un contratto di  lavoro  autonomo),  gli  obiettivi  gestionali  e
operativi  definiti  dal  piano  sanitario  regionale  (a  sua  volta
elaborato  in  armonia  con  il  piano  sanitario  nazionale),  dagli
indirizzi della Giunta, dal provvedimento di nomina, e dal  contratto
di lavoro con l'amministrazione regionale». 
    Sulla  base  di  cio',  codesta  Ecc.ma   Corte   ha   dichiarato
l'illegittimita' della  norma  regionale  esaminata,  osservando  che
«nell'assetto organizzativo regionale  vi  e'  una  molteplicita'  di
livelli intermedi lungo la linea di collegamento che unisce  l'organo
politico ai direttori generali delle Asl [...]. Dunque, non vi e'  un
rapporto istituzionale diretto e  immediato  fra  organo  politico  e
direttori generali». 
    Peraltro, ad avviso della  Corte,  sulla  base  della  disciplina
regionale censurata, «la decadenza automatica del direttore  generale
e' collegata al verificarsi di un evento  -  il  decorso  di  novanta
giorni  dall'insediamento  del   consiglio   regionale   -   che   e'
indipendente dal rapporto tra organo politico e direttori generali di
Asl. Dunque, il direttore generale viene fatto cessare  dal  rapporto
(di ufficio e di lavoro) con la Regione per una causa  estranea  alle
vicende  del  rapporto  stesso,  e  non  sulla  base  di  valutazioni
concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi
di tutela della salute e di funzionamento dei servizi, o -  ancora  -
per una delle altre cause che  legittimerebbero  la  risoluzione  per
inadempimento del rapporto». 
    Di conseguenza, secondo codesta Ecc.ma Corte, la previsione della
decadenza automatica dei  direttori  delle  ASL,  una  volta  decorsi
novanta  giorni  dalla  prima  seduta  del  Consiglio  Regionale  (ma
considerazioni  analoghe  possono  riferirsi  alla  legge  in  esame,
secondo cui il  mandato  del  direttore  generale  scade  centottanta
giorni dopo l'insediamento della nuova legislatura) viola  l'art.  97
della Costituzione sotto il duplice profilo dell'imparzialita' e  del
buon andamento dell'amministrazione,  in  quanto  «la  selezione  dei
pubblici funzionari non  ammette  ingerenze  di  carattere  politico,
"espressione di interessi non riconducibili  a  valori  di  carattere
neutrale e distaccato" (sentenza n. 333 del  1993),  unica  eccezione
essendo costituita dall'esigenza che  alcuni  incarichi,  quelli  dei
diretti  collaboratori  dell'organo  politico,  siano  attribuiti   a
soggetti individuati intuitu personae, vale a dire con una  modalita'
che mira a "rafforzare la coesione tra  l'organo  politico  regionale
(che indica le linee generali dell'azione amministrativa e conferisce
gli incarichi  in  esame)  e  gli  organi  di  vertice  dell'apparato
burocratico (ai quali tali  incarichi  sono  conferiti  ed  ai  quali
compete di attuare il programma indicato),  per  consentire  il  buon
andamento dell'attivita' di direzione dell'ente (art. 97 Cost.)». 
    Secondo codesta Ecc.ma Corte, in definitiva,  «l'imparzialita'  e
il buon andamento dell'amministrazione esigono che la  posizione  del
direttore generale sia circondata da garanzie; in particolare, che la
decisione dell'organo politico relativa  alla  cessazione  anticipata
dall'incarico del direttore generale di Asl rispetti il principio del
giusto procedimento. La dipendenza funzionale del dirigente non  puo'
diventare  dipendenza  politica.  Il  dirigente  e'  sottoposto  alle
direttive del vertice politico e al suo giudizio,  ed  in  seguito  a
questo  puo'  essere  allontanato.  Ma  non  puo'  essere  messo   in
condizioni di  precarieta'  che  consentano  la  decadenza  senza  la
garanzia del giusto procedimento». Per i suddetti  motivi,  e'  stata
dichiarata l'illegittimita' costituzionale delle norme della  regione
Lazio nella parte in cui prevedevano che i direttori  generali  delle
Asl decadessero dalla carica il novantesimo  giorno  successivo  alla
prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma  con  le  stesse
modalita' previste per la  nomina;  che  tale  decadenza  operasse  a
decorrere dal primo rinnovo,  successivo  alla  data  di  entrata  in
vigore dello Statuto; che  la  durata  del  contratti  dei  direttori
generali  delle  Asl  venisse  adeguata  di  diritto  al  termine  di
decadenza dall'incarico. 
    Appare di tutta evidenza, pertanto, che  la  norma  regionale  in
esame, per la sua evidente affinita' con quella della  Regione  Lazio
teste richiamata, si pone in stridente contrasto con  i  principi  di
imparzialita'  e  buon  andamento  dell'amministrazione,   incorrendo
conseguentemente nella palese violazione anche dell'art. 97 Cost. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si chiede  che  sia  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 7 della legge della Regione Veneto n.  46  del  3  dicembre
2012, titolata «Modifiche di disposizioni  regionali  in  materia  di
programmazione ed organizzazione socio-sanitaria e  di  tutela  della
salute» per violazione degli articoli 117, terzo  comma  e  97  della
Costituzione. 
    Con ogni consequenziale statuizione. 
      Roma, 22 gennaio 2013 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Tamiozzo 
 

 

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