Ricorso n. 14 del 21 gennaio 2015 (Regione Calabria)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 21 gennaio 2015 (della Regione Calabria).
(GU n. 9 del 2015-03-04)
Ricorso per la Regione Calabria (…), in persona del
Presidente della Giunta regionale, legale rappresentante pro tempore,
On. Gerardo Mario Oliverio, rappresentata e difesa, come da decreto
del Dirigente dell'Avvocatura regionale di assegnazione del relativo
incarico difensivo, provvedimento di autorizzazione e in forza di
procura speciale a margine del presente atto, dagli Avv.ti
Franceschina Talarico (codice fiscale: …) e Paolo
Filippo Arillotta (codice fiscale: …)
dell'Avvocatura regionale ed elettivamente domiciliata in Roma, via
Sabotino n. 12, presso lo studio dell'avv. Graziano Pungi'; (fax n.
…; indirizzo di posta elettronica certificata:
…).
Contro: il Presidente del Consiglio dei Ministri; per la
declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 37 e 38,
del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164 recante: "Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere
pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attivita' produttive" pubblicata in Suppl. Ordinario n. 85 alla
Gazzetta Ufficiale dell'11 novembre 2014, n. 262
Premessa
Con il presente atto la Regione Calabria intende censurare gli
art. 37 e 38 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito,
con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164, nelle parti
in cui il legislatore statale, sulla base di mere enunciazioni di
principio volte a sottolineare supposte esigenze di esercizio
unitario di tali funzioni e il carattere contingente dell'attuale
situazione economica, ha sostanzialmente esautorato le competenze
delle regioni nelle materie ricadenti nella potesta' concorrente
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»,
«governo del territorio», «valorizzazione dei beni ambientali»,
«tutela della salute», «porti e aeroporti», «protezione civile», in
netto contrasto con gli art. 117, terzo e quarto comma, art. 118
della Costituzione ed con il principio di leale collaborazione e di
sussidiarieta', oltre che in violazione dei principi fondamentali di
cui all'art. l, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 23 agosto
2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche' delega al
Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
energia) e agli artt. 30 e 31 del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59) che riservano importanti e sostanziali
competenze alle regioni e agli enti locali interessati
territorialmente, e sotto alcuni profili, con gli artt. 2 e 3 Cost.
In casi analoghi (sent. 278/2010) codesta Ecc.ma Corte ha piu'
volte affermato la necessita' di realizzare un punto equilibrio tra
l'obiettivo di sviluppo di una rete di impianti perseguito dalla
legge statale e la legittima e doverosa aspirazione della fonte
regionale a imporre, in proposito, criteri di salvaguardia del
territorio, precisando che entrambe le esigenze "godono di pari
dignita' costituzionale, cosicche' la compressione di un interesse a
vantaggio di un altro andra' apprezzata su di un piano di necessaria
proporzionalita', nel senso che il legislatore statale potra'
espandere la propria normativa non oltre il punto in cui essa si
renda strettamente servente rispetto alla finalita' perseguita,
preservando, oltre tale linea, la potesta' regionale di sviluppare
con la propria legislazione i principi fondamentali in tal modo
tracciati. E' necessario, in altri termini, che le competenze in
gioco non assumano «carattere di esclusivita', dovendo armonizzarsi e
coordinarsi con la disciplina posta a tutela di tali interessi
differenziati»" (sentenza n. 383 del 2005, punto 12 del Considerato
in diritto).
Orbene, passando ad analizzare le singole disposizioni normative
censurate si sottopongono alla valutazione di codesta Ecc.rna Corte i
seguenti
Motivi
Violazione degli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 della
Costituzione e dei principi di leale collaborazione e di
sussidiarieta'.
Attraverso il comma 1, dell'art. 37, D.L. 133/14 convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 164/14, il legislatore statale, al
dichiarato fine "di aumentare la sicurezza delle forniture di gas al
sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione
delle situazioni di crisi internazionali esistenti", ha
unilateralmente imposto che "i gasdotti di importazione di gas
dall'estero, i terminali di rigassifiazione di GNL, gli stoccaggi di
gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto
del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla
redazione dei progetti e le relative opere connesse rivestono
carattere di interesse strategico e costituiscono una priorita' a
carattere nazionale e sono di pubblica utilita', nonche'
indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 8 giugno 2001, n. 327".
Analogamente, con il comma 1, dell'art. 38, D.L. 133/14
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/14, il legislatore
statale, al dichiarato fine "di valorizzare le risorse energetiche
nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del
Paese", ha, sempre unilateralmente, previsto che tutte "le
attivita'di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e
quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere
di interesse strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e
indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la
dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza
dell'opera e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei
beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della
Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilita'".
Le surrichiamate disposizioni normative, avendo ad oggetto tutta
una serie di attivita' afferenti intere categorie di interventi
(incenerimento dei rifiuti, gasdotti, rigassificatori, stoccaggio di
gas, ricerca, prospezione, coltivazione e stoccaggio del gas naturale
nel sottosuolo) e consentendo la realizzazione delle relative opere
medesime in deroga alle procedure di valutazione ambientale,
giungendo finanche alla eliminazione delle ineludibili intese con le
Regioni, comportano la sostanziale spoliazione delle competenze
legislative delle regioni e di quelle amministrative e regolamentari
degli enti locali interessati.
Tale tecnica legislativa, proprio in ragione dell'ampiezza e
della indeterminatezza dell'intervento operato, si pone in netto
contrasto con gli arti. 117, terzo e quarto comma, Cost. con l'118
Cost. e i principio di leale collaborazione e sussidiarita' non
lasciando il benche' minimo spazio alle necessarie valutazioni delle
caratteristiche fisiche, morfologiche e geografiche dei singoli
territori.
E' facile rilevare che le disposizioni censurate non si limitano
ad una opportuna specificazione di tipologie di interventi definiti e
circoscritti ma configurano una deroga generalizzata nell'ambito di
un settore particolarmente invasivo stante le evidenti implicazione
che tali opere e tali interventi hanno sui territori, sull'ambiente,
sul turismo, e sulla salute dei cittadini residenti nei singoli
territori.
E' evidente infatti che estendere le procedure semplificate e
accelerate ad una larghissima e imprecisata categoria di interventi
inibisce la capacita' di intervento nell'iter autorizzativo di un
numero indefinito di opere da parte di Regioni, enti locali e
cittadini interessati.
Le norme interposte hanno ridefinito, in modo unitario ed a
livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione
della rete di oleodotti e gasdotti, in base al presupposto (del tutto
strumentale e inconsistente) della necessita' di riconoscere un ruolo
fondamentale agli organi statali interponendo esigenze di carattere
unitario che, qualora realmente esistenti, esigevano., comunque, un
diverso e piu' proporzionato bilanciamento delle prerogative
costituzionalmente garantite.
Ed infatti, in ossequio al fondamentale principio di leale
collaborazione, le esigenze di carattere unitario non implicano
necessariamente e "a priori" la totale esclusione di un
coinvolgimento delle regioni nei suddetti procedimenti. E' proprio in
questa prospettiva che Codesta Ecc.ma Corte ha ravvisato nell'intesa
lo strumento necessario ai fini dell'identificazione delle «linee
fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento
all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali
energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi
vigenti», inclusa la rete dei gasdotti, e, sulla base di queste
premesse, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 1,
comma 7, lettera g), della legge n. 239 del 2004 nella parte in cui
non prevedeva il ricorso a tale istituto" (sentenza n. 383 del 2005).
Con specifico riferimento alla materia di potesta' concorrente
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», e'
stato costantemente affermato che «la previsione dell'intesa, imposta
dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima
una norma contenente una "drastica previsione" della decisivita'
della volonta' di una sola parte, in caso di dissenso» (ex plurimis,
sentenza n. 165 del 2011), ma che siano invece necessarie «idonee
procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le
divergenze» (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 121 del 2010), come
presupposto fondamentale di realizzazione del principio di leale
collaborazione (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2013, n. 39 del
2013, n. 24 del 2007 e n. 339 del 2005).
Violazione degli articoli 2, 3, 114, 117. commi 1, 3 e 4, e art. 118
Cost., dei principi di leale collaborazione e sussidiarieta',
nonche', della legge n. 14 del 9 gennaio 2006 di ratifica della
Convenzione europea e del decreto legislativo n. 112/1998.
Il carattere strategico e di pubblica utilita' assegnato
indistintamente alle opere e egli interventi individuati nel comma 1,
dell'art.37 e nel comma 1, dell'art. 38 e' causa di illegittimita'
delle disposizioni contenute nei commi successivi che, nel prevedere
forme semplificate e accelerate dei relativi procedimenti, finiscono
per incidere (fino ad eliminare) sempre e comunque la partecipazione
delle regioni e degli enti locali. E in particolare:
Il comma 2, dell'art. 37 inserisce nell'ambito di operativita'
dell'art. 52- quinquies, comma 2, primo periodo, del decreto del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 anche "i gasdotti
di approvvigionamento di gas dall'estero, incluse le operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative
opere connesse". Prevede, inoltre, l'apposizione del vincolo
preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi e la variazione
degli strumenti urbanistici "e dei piani di gestione e tutela del
territorio comunque denominati", e la sostituzione
dell'Autorizzazione unica non solo a fini urbanistici ed edilizi ma
anche a quelli paesaggistici.
Nel fare cio' tuttavia il legislatore statale ha lasciato
inalterata la disposizione del comma 5, del medesimo art.
52-quinquies che prevede che l'atto conclusivo del procedimento di
cui al comma 2 sia adottato d'intesa con le Regioni interessate solo
limitatamente alle "infrastrutture lineari energetiche" di cui al
comma 2, e, specificatamente, quelle individuate dall'Autorita'
competente come appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti di cui
all'art. 9, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, il quale
assolve alla duplice funzione di fornire gli elementi per
l'individuazione dei gasdotti sui quali si esplica la competenza
dello Stato prevista dall'art. 29, comma 2, lettera g), del decreto
legislativo n. 112/1998, e quella delle Regioni di cui ai successivi
artt. 30 e 31 del citato decreto legislativo. Cio' significa, in
altre parole, che per i gasdotti non inclusi tra quelli succitati,
incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei
progetti e le relative opere connesse si prescinde dall'"intesa
forte" con le regioni prevista dal succitato comma 5, dell'art.
52-quinquies .
Sul punto occorre in primo luogo rilevare un'incomprensibile
differenziazione tra i gasdotti a seconda che siano o no inclusi tra
quelli di cui all'art. 9, del decreto legislativo n. 164/2000.
Differenziazione che, a mente delle disposizioni di legge oggetto
della presente impugnativa, determina una grave discriminazione, con
violazione dell'art. 3 Cost., tra i cittadini e tra le istituzioni, a
seconda della incomprensibile inclusione/non inclusione nella rete
nazionale dei gasdotti della rete insistente nei territori di
riferimento.
Inoltre, riverberando una siffatta autorizzazione i propri
effetti su tutti i piani di gestione del territorio, incide
indiscriminatamente sulle prerogative delle regioni e degli enti
locali in materia di pianificazione territoriale e di protezione
civile, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, tutela della
salute, prerogative riconosciute non solo dalle norme costituzionali
qui richiamate, ma anche dalle norme europee emanate nelle diverse
materie in questione.
Sotto questo profilo, la normativa in questione si pone in
contrasto con la legge n. 14 del 9 gennaio 2006 di ratifica della
Convenzione europea sul paesaggio, laddove la competenza a incidere
sulle scelte in materia e' specificatamente assegnata ai livelli
decentrati di governo del territorio. La convenzione citata intende
il "paesaggio" quale contesto materiale ed immateriale all'interno
del quale si esprime la personalita' dell'uomo, le sue relazione
interpersonali e sociali, la sua identita' attuale e storicizzata, e
ne rimette tutela e valorizzazione, in base al principio di
sussidiarieta', alla competente pianificazione delle istituzioni
rappresentanti un tale concetto comunitario di paesaggio.
Con tali premesse, ogni inibizione da parte dello Stato almeno
alla qualificata ed efficace partecipazione ai procedimenti
interferenti con cotali inviolabili principi si evidenzia quale
gravemente lesiva dei diritti riconosciuti dall'art. 2 Cost., oltre
che del principio di sussidiarieta' e di quanto previsto dall'art.
117, commi 1 e 3, e art. 118 Cost.
Inoltre, nell'introdurre alla lettera c) del comma 2 una
procedura dettagliata per la risoluzione delle interferenze, fornendo
un elenco dei "soggetti interferenti" (titolari/gestori di beni e
aree demaniali marittime/lacuali/fluviali, strade pubbliche,
aeroporti, ferrovie, ecc.), che, se interessati dal passaggio di
gasdotti, partecipano al procedimento di autorizzazione cadenzato da
fasi e scadenze nelle quali assume preminenza la partecipazione
attiva e preponderante dei soggetti privati interessati alla
realizzazione dell'opera, incide sulle competenze assegnate nelle
diverse materie oggetto di "interferenza" alle regioni ed agli enti
locali con il decreto legislativo n. 112/1998, cosi' realizzando una
estrapolazione di tali materie dall'intesa forte che anche su di esse
dovrebbe essere raggiunta.
L'imprescindibile momento di raccordo con le regioni, costituito
dall'intesa di cui al comma 5, del succitato art. 52-quinquies
sembrerebbe essere stato escluso anche dall'art. 38, D.L. 133/14 il
quale, ai commi 5 e 6, prevede il rilascio del c.d. titolo
concessorio unico, accordato, previa intesa con le regioni,
nell'ambito di un procedimento unico svolto nel termine di
centottanta giorni tramite "apposita" conferenza di servizi. Anche
qui, dunque, come nell'art. 37, e' evidente l'intenzione del
legislatore statale di pregiudicare l'indefettibile principio
dell'intesa non potendosi ritenere sufficiente, ai fini della
corretta configurabilita' dei presupposti per la c.d. "intesa forte",
ne' la prevista intesa in sede di Conferenza di servizi, ne' la
partecipazione dell'amministrazione regionale al procedimento unico
previsto dal comma 6, posto che tali interventi non attribuiscono
alla Regione la posizione differenziata che le spetta in ordine alle
scelte sulla localizzazione dell'impianto nell'ambito del proprio
territorio.
Costituisce invero principio ormai acquisito (corte cost.
278/2010) quello secondo cui "nel rapporto tra legislazione statale e
legislazione regionale, la regione possa venire spogliata della
propria capacita' di disciplinare la funzione amministrativa attratta
in sussidiarieta', a condizione che cio' si accompagni alla
previsione di un'intesa in sede di esercizio della funzione, con cui
poter recuperare un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non
gia' al sistema regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto
alla specifica Regione che sia stata privata di un proprio potere"
(sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
A tal proposito Codesta Ecc.ma Corte ha ancora affermato:
«perche' nelle materie di cui all'art. 117, terzo e quarto comma,
Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni
amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne
l'esercizio, e' necessario che essa innanzi tutto rispetti i principi
di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza nella allocazione
delle funzioni amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio
unitario di tali funzioni. E' necessario, inoltre, che tale legge
detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla
regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto
strettamente indispensabile a tale fine. Da ultimo, essa deve
risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la
partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti
di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati
meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni
amministrative allocate in capo agli organi centrali. Quindi, con
riferimento a quest'ultimo profilo la legislazione statale di questo
tipo puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere
condotte in base al principio di lealta'» (sentenza n. 6 del 2004
punto 7 del Considerato in diritto). (sentenza n. 303 del 2003, punto
2.2 del Considerato in diritto).
E' stato inoltre opportunamente precisato che tale principio e'
destinato ad operare senza eccezione alcuna laddove l'attrazione in
sussidiarieta' della funzione, accompagnandosi all'attribuzione alla
legge nazionale della potesta' di disciplinare fattispecie altrimenti
di competenza regionale, implica un'alterazione dell'ordinario
rapporto tra processo di integrazione politica affidato allo Stato e
processo di integrazione politica proprio del sistema regionale, con
l'effetto che il nucleo fondante di una decisione espressiva di
discrezionalita' legislativa si trova collocato interamente entro la
prima sfera, e viene sottratto alla seconda. In presenza di un tale
effetto, ed al fine di assicurare l'emersione degli interessi
intestati dalla Costituzione all'autonomia regionale, la legge
statale deve garantire la riespansione delle capacita' decisionali
della Regione interessata, per mezzo di una paritaria
codeterminazione dell'atto, non superabile per mezzo di una
iniziativa unilaterale di una delle parti (sentenza n. 383 del 2005).
Vale la pena a questo punto evidenziare che la presente censura
non mette in discussione ne' la scelta operata dal legislatore
nazionale di rilancio della fonte energetica, la quale esprime con
ogni evidenza un principio comunitario della produzione dell'energia,
ne' la sussistenza delle condizioni che legittimano la chiamata in
sussidiarieta', ma si contesta il difetto di un idoneo coinvolgimento
regionale, conseguente a tale attrazione di competenza, che comporta
l'evidente contrasto della normativa in oggetto in relazione agli
artt. 117, terzo, quarto e quinto comma, Cost., 118 cost. e ai
principi di leale collaborazione e sussidiarieta' derivante
dall'accentramento in capo allo Stato in assenza della cosiddetta
intesa forte con ciascuna Regione interessata.
Non si puo', infatti, far finta di ignorare che la Regione gode
di una particolare posizione di autonomia, costituzionalmente
protetta, che la distingue dagli enti locali (art. 114 Cost.),
sicche' si deve escludere che il legislatore statale possa
configurare la partecipazione della Regione alla stregua della
partecipazione riservata a qualsiasi altra amministrazione pubblica.
L'intesa della Regione si configura, al contrario, come atto avente
valore politico teso a compensare la perdita di competenza della
Regione dovuta all'attrazione in capo allo Stato per esigenze di
carattere unitario.
Violazione degli art. 117, comma 3, 4 e 5, 118 e 120 della
costituzione dei principi di leale collaborazione e sussidiarieta'.
La grave compromissione delle prerogative regionali si rinviene
anche nel comma 4, dell'art. 38, del decreto legge n. 133/2014 con il
quale lo stato si appropria anche delle competenze amministrative
stabilendo che "per i procedimenti di valutazione di impatto
ambientale in corso presso le regioni alla data di entrata in vigore
del presente decreto, relativi alla prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi, la regione presso la quale e' stato
avviato il procedimento conclude lo stesso entro il 31 marzo 2015.
Decorso inutilmente tale termine, la regione trasmette la relativa
documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone
notizia al Ministero dello sviluppo economico".
Sul punto - in disparte i dubbi sulla legittimita' di assorbire
nell'ambito della nuova disciplina introdotta con il Decreto "sblocca
italia" anche procedure di valutazione di impatto ambientale avviate
dalla Regioni sulla base di norme precedenti, che prevedono modalita'
diverse di svolgimento e di assunzione delle decisioni finali -
bastera' rilevare che anche tale scelta del legislatore statale,
proprio perche' riguarda l'intera materia, non risulta affatto
contemperata da una corretta applicazione dei principi di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza nella allocazione
delle funzioni amministrative, con conseguente violazione degli art.
117, comma 3, 4 e 5, 118 e 120 della costituzione.
Il palese contrasto con i principi sanciti dall'art. 118 della
Cost. appare inoltre ancor piu' grave e evidente allorche' si
consideri che nell'ambito della disciplina dettata dagli articoli 37
e 38 manca il benche' minimo coinvolgimento degli enti locali il cui
intervento e' limitato e relegato nell'ambito di scarni richiami
(comma 2, lett. c-bis, dell'art. 37) peraltro al solo fine di
consentire agli stessi (sui quali, per inciso, ricadono le maggiori
conseguenze negative dell'attivita' disciplinate dalla normativa
censurata) il rilascio di un mero parere non vincolante da esprimersi
nel limitato termine di trenta giorni decorsi i quali il parere si
intende comunque acquisito.
Anche in questo caso e' evidente la violazione dei principi
costituzionali sopra richiamati oltre che la violazioni di norme di
principio contenute innanzitutto nell'art. l della legge 23 agosto
2004, n. 239, nell'art.31 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59) e di recente anche dal vigente articolo
6, comma 17 del decreto legislativo n. 152/2006, nella versione
risultante dalla modifica introdotta dall'35 del d.l. 83/2013 che
vieta le attivita' di ricerca, di prospezione nonche' di coltivazione
di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, salva la possibilita' di
autorizzazione previa sottoposizione alla procedura di valutazione di
impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente
decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di
dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle
attivita' di cui al primo periodo".
La partecipazione degli enti locali sembra essere esclusa anche
dall'ambito del procedimento unico delineato dai commi 5 e 6,
dell'art.38 atteso che la valutazione ambientale preliminare del
programma complessivo dei lavori soggiace anch'essa a forme
accelerate e semplificate - deve infatti essere "espressa entro
sessanta giorni, con parere della Commissione tecnica di verifica
dell'impatto ambientale VIA/VAS del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare" - che sostanzialmente svuotano il
contenuto partecipativo delle amministrazioni preposte alla tutela
dell'ambiente e dei beni paesaggisti e culturali.
Tutto cio' peraltro in netto contrasto con quanto previsto
dall'art. 4, paragrafo 6, della Direttiva "Offshore" 2013/30/UE e
nella, ancor piu' recente, Direttiva VIA 2014/52/UE.
In quest'ultima, in particolare si stabilisce (art.1, paragrafo
1, lett. b) che la valutazione dei progetti "descrive e valuta, in
modo appropriato per ciascun caso particolare gli effetti
significativi diretti e indiretti, di un progetto sui seguenti
fattori: ... b) biodiversita', con particolare attenzione alle specie
e agli habitat protetti in virtu' della direttiva 92/43/CEE e della
direttiva 2009/147/CE", nonche', (art. 6, paragrafo 1) che gli Stati
membri debbano adottare "...tutte le misure necessarie affinche' le
autorita' che possono essere interessate al progetto, per la loro
specifica responsabilita' in materia di ambiente o in virtu' delle
loro competenze locali o regionali, abbiano la possibilita' di
esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e
sulla domanda di autorizzazione.".
Il che' conferma quanto sostenuto sopra in ordine alla
circostanza che l'assolvimento degli obblighi comunitari che
prevedono lo snellimento delle procedure autorizzative in oggetto,
doveva avvenire in maniera diversa rispetto a quella prospettata
dagli articoli 37 e 38 quivi censurati, badando bene a non intaccare,
quantomeno, quel "nucleo irriducibile" di prerogative
costituzionalmente garantite alle regioni e alle amministrazioni
locali, fra cui in primo luogo il principio dell'intesa forte e di
leale collaborazione.
Conclusioni
Voglia codesta Eccellentissima Corte costituzionale per i motivi
esposti in narrativa, dichiarare l'illegittimita' costituzionale
degli articoli 37 e 38 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164;
Si produrranno, all'atto della costituzione in giudizio, gli atti
ed i documenti specificati nel presente atto e comunque elencati
nell'indice del fascicolo di parte.
Catanzaro-Roma, 15 gennaio 2015
Avv. Paolo Filippo Arillotta
Avv. Franceschina Talarico