N. 14 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 marzo 2003 (della Regione Marche) I
(GU n. 13 del 2-4-2003)

Ricorso ai sensi dell'art. 127, comma secondo, Cost., della
Regione Marche, in persona del presidente pro tempore della Giunta
regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della giunta
regionale n. 161 dell'11 febbraio 2003, rappresentato e difeso
dall'avv. prof. Stefano Grassi del foro di Firenze ed elettivamente
domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, piazza
Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio
Simonetta Sabatini di Ancona n. rep. 37852 del 17 febbraio 2003;
Contro lo Stato in persona del Presidente del Consiglio dei
ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale degli artt. 34, commi 2, 3, 4, 11, 13 e 53 della legge
27 dicembre 2002 n. 289 ("legge finanziaria 2003", pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 350, S.O. del 31 dicembre 2002), per violazione
degli artt. 117, 118 e 119 Cost.;

F a t t o

1. - La legge n. 289 del 27 dicembre 2002, indicata in epigrafe,
contiene una serie di disposizioni che la Regione Marche ritiene
lesive della propria sfera di competenza costituzionalmente
garantita.
Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni:
l'art. 34, comma 2 che, in materia di organici e assunzioni
di personale da parte delle Amministrazioni pubbliche, stabilisce che
le "dotazioni organiche rideterminate" (ai sensi del comma 1 dello
stesso art. 34) "non possono comunque superare il numero dei posti di
organico complessivi vigenti alla data del 29 settembre 2002";
l'art. 34, comma 3, che in particolare prevede che "sino al
perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione di cui al comma
1, le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura
pari ai posti coperti al 31 dicembre 2002, tenuto anche conto dei
posti per i quali alla stessa data risultano in corso di espletamento
procedure di reclutamento, di mobilita' o di riqualificazione del
personale";
l'art. 34, comma 4, secondo cui "per l'anno 2003, alle
amministrazioni di cui al comma 1, ivi comprese le Forze armate, i
Corpi di polizia, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e' fatto
divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo
indeterminato, fatte salve le assunzioni di personale relative a
figure professionali non fungibili la cui consistenza organica non
sia superiore all'unita', nonche' quelle relative alle categorie
protette";
l'art. 34, comma 11, che, in particolare stabilisce che "ai
fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto
degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, previo accordo tra Governo,
regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza
unificata, sono fissati per le amministrazioni regionali, per le
province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che
abbiano rispettato le regole del patto di stabilita' interno per
l'anno 2002, per gli altri enti locali e per gli enti del Servizio
sanitario nazionale, criteri e limiti per le assunzioni a tempo
indeterminato per l'anno 2003. Tali assunzioni, fatto salvo il
ricorso alle procedure di mobilita', devono, comunque, essere
contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del
Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50
per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi entro l'anno
2002 tenuto conto, in relazione alla tipologia di enti, della
dimensione demografica, dei profili professionali del personale da
assumere, della essenzialita' dei servizi da garantire e
dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Per
gli enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte
esclusivamente assunzioni, entro i predetti limiti, di personale
appartenente al ruolo sanitario"; e che "con i decreti di cui al
presente comma e' altresi' definito, per le regioni, per le autonomie
locali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'ambito
applicativo delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente
articolo";
l'art. 34, comma 13, nella parte in cui stabilisce che "per
l'anno 2003 le amministrazioni di cui al comma 1 possono procedere
all'assunzione di personale a tempo determinato, ad eccezione di
quanto previsto all'articolo 108 del testo unico di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero alla
stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel
limite del 90 per cento della spesa media annua sostenuta per le
stesse finalita' nel triennio 1999-2001. Tale limitazione non trova
applicazione nei confronti delle regioni e delle autonomie locali,
fatta eccezioni per le province e i comuni che per l'anno 2002 non
abbiamo rispettato le regole del patto di stabilita' interno, nonche'
nei confronti del personale infermieristico del Servizio sanitario
nazionale";
l'art. 53 ("Medici con titolo di specializzazione"), secondo
cui "ai medici che conseguono il titolo di specializzazione e'
riconosciuto, ai fini dei concorsi, l'identico punteggio attribuito
per il lavoro dipendente".
2. - La Regione Marche, con deliberazione della giunta n. 161
dell'11 febbraio 2003, ha deliberato di impugnare davanti a questa
Corte le norme sopra richiamate, perche' illegittime e lesive
dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla
stessa Regione ricorrente, per le seguenti ragioni di

D i r i t t o

3. - Illegittimita' dell'art. 34, commi 2, 3, 4 e 13 della legge
27 dicembre 2002 n. 289, per lesione della sfera di competenza
legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117,
commi secondo, terzo e quarto, della Costituzione.
3.1. - L'art. 34 della legge n. 289 del 2002 stabilisce, in
particolare, che le "dotazioni organiche rideterminate" (ai sensi del
comma 1 dello stesso art. 34) "non possono comunque superare il
numero dei posti di organico complessivi vigenti alla data del 29
settembre 2002" (comma 2); che "fino al perfezionamento dei
provvedimenti di rideterminazione di cui al comma 1, le dotazioni
organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari ai posti
coperti al 31 dicembre 2002, tenuto anche conto dei posti per i quali
alla stessa data risultino in corso di espletamento procedure di
reclutamento, di mobilita' o di riqualificazione del personale"
(comma 3); che per l'anno 2003 "e' fatto divieto di procedere
all'assunzione di personale a tempo indeterminato, fatte salve le
assunzioni di personale relative a figure professionali non fungibili
la cui consistenza organica non sia superiore all'unita', nonche'
quelle relative alle categorie protette" (comma 4); che le assunzioni
di personale a tempo indeterminato - salvo talune eccezioni - sono
ammesse "nel limite del 90 per cento della spesa media annua
sostenuta per le stesse finalita' nel triennio 1999-2001" (comma 13).
Le disposizioni ora richiamate dispongono dunque un vero e
proprio blocco generalizzato della assunzione di personale, da parte
delle Amministrazioni pubbliche.
E' necessario difatti sottolineare che le disposizioni
dell'art. 34 interessano, secondo quanto stabilito dall'art. 34,
comma 1, le "Amministrazioni pubbliche di cui agli artt. 1, comma 2,
e 70, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e successive
modificazioni, ad esclusione dei comuni con popolazione inferiore a
3.000 abitanti". In concreto, dunque, sono soggetti all'applicazione
dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002 - ai sensi dell'art. 1,
comma 2 del d.lgs n. 165 del 2001 - le "Amministrazioni dello Stato,
ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
istituzione educative, le aziende e le amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunita'
montane, i loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di
commercio, industria artigianato e agricoltura e loro associazioni,
tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali,
le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale, l'agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAM) e le agenzie di cui al decreto legislativo 30
luglio 1999 n. 300".
3.2. - Si deve rilevare che la disciplina delle assunzioni e
delle dotazioni organiche delle amministrazioni regionali e degli
enti facenti parte del Servizio sanitario nazionale non rientra tra
le materie per le quali lo Stato puo' esercitare potesta' legislativa
esclusiva.
Nessuna delle materie elencate nella disposizione di cui all'art.
117, comma secondo, Cost. e' in grado di costituire per il
legislatore statale titolo legittimante all'esercizio di potesta'
legislativa nella disciplina delle assunzioni relative alle Regioni,
agli enti territoriali regionali, e in particolare, agli enti del
Servizio sanitario.
Al legislatore statale e' riservata la sola disciplina di cui
all'art. 117, comma secondo, lettera g), Cost., relativa alla materia
"ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali"; di talche' la corrispondente materia
"ordinamento e organizzazione amministrativa delle regioni, degli
enti locali e degli enti pubblici substatali", non essendo
contemplata in nessuno degli elenchi contenuti nello stesso art. 117,
spetta inequivocabilmente alla competenza residuale del legislatore
regionale.
Poiche' i meccanismi di contenimento delle dotazioni organiche
disciplinati con le norme impugnate attengono all'organizzazione
della funzione amministrativa regionale e locale, e' da ritenere che
la loro disciplina sia riservata alla competenza del legislatore
regionale; competenza che, nel caso di specie, risulta
inequivocabilmente lesa.
Non e' possibile sostenere che le norme impugnate siano
riconducibili, in particolare, alla "determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale",
materia riservata allo Stato ai sensi della lettera m) del secondo
comma dell'art. 117 Cost. E', infatti, evidente che la determinazione
dei livelli essenziali per garantire determinati diritti sul
territorio nazionale e' cosa del tutto diversa dalla decisione circa
la necessita' di bloccare le assunzioni e le dotazioni organiche in
particolar modo delle strutture del Servizio sanitario nazionale.
Ne' appare richiamabile, nel caso di specie, la lettera g)
dell'art. 117, comma secondo, Cost. che riserva allo Stato la
legislazione esclusiva della materia relativa all'"ordinamento e
organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici
nazionali": le norme impugnate si riferiscono, infatti, non solo allo
Stato e o agli enti pubblici nazionali, ma - come gia' sottolineato -
anche alle Regioni, agli enti regionali e alle strutture del Servizio
sanitario.
3.3. - Anche qualora si dovesse ritenere che la disciplina
impugnata possa essere ricondotta ad ambiti di competenza legislativa
concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. - piu'
precisamente, alle materie "tutela della salute" e "armonizzazione
dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica del
sistema tributario" - l'art. 34, commi 2, 3, 4 e 13, della legge
n. 289 del 2002, sarebbe comunque da ritenere costituzionalmente
illegittimo per violazione dell'art. 117, comma terzo Cost., per la
parte in cui disciplina, con norme non di principio, direttamente
applicabili da parte dei destinatari e comunque non derogabili dal
legislatore regionale, una materia compresa tra quelle affidate alla
legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni.
Sotto questo profilo, la disciplina della legge impugnata si pone
chiaramente in contrasto con il ruolo specificamente riservato allo
Stato nella legislazione concorrente; ruolo che la norma
costituzionale limita alla determinazione dei principi fondamentali
della materia e, dunque, solo agli aspetti relativi al "modo di
esercizio della potesta' legislativa regionale", senza "comportare
l'inclusione o l'esclusione di singoli settori dalla materia o
dall'ambito di essa". In particolare, si devono ritenere e
qualificare "principi fondamentali" - anche con riferimento alla
nuova formulazione dell'art. 117 Cost. - "solo i nuclei essenziali
del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono per i
principi enunciati o da esse desumibili" (Corte cost., sent. n. 482
del 1995).
Le norme impugnate sacrificano cioe', in maniera del tutto
illegittima ed incoerente, quel contenuto minimo dell'autonomia
legislativa regionale che, nelle materie attribuite alla competenza
legislativa concorrente delle Regioni, il legislatore statale non
puo' viceversa comprimere o eliminare.
Piu' precisamente, e' certo che i principi fondamentali stabiliti
dalle leggi-quadro nazionali debbano avere un "livello di maggior
astrattezza" rispetto alle regole positivamente stabilite dal
legislatore regionale (Corte cost., sent. n. 65 del 2001) e debbono
comunque lasciare ampi spazi decisionali agli organi rappresentativi
della comunita' regionale, nelle materie affidate costituzionalmente
alla loro competenza concorrente.
Anche a voler ammettere - ma la Regione ricorrente contesta tale
interpretazione - che lo Stato abbia il potere di emanare discipline
autoapplicative o di dettaglio nelle materie di potesta' legislativa
concorrente, si deve ricordare che, per costante giurisprudenza di
questa Corte, tale potere si puo' estrinsecare solo attraverso norme
a carattere cedevole rispetto agli interventi del legislatore
regionale. Carattere, con tutta evidenza, da escludere per le norme
impugnate, che impongono limiti gravi e immediatamente efficaci alle
dotazioni di personale, disciplinando tali limiti in via esclusiva
(senza lasciare alcuno spazio di autonomia alla legislazione
regionale), in maniera dunque gravemente lesiva della competenza
legislativa della Regione.
Non vi puo' d'altro canto essere dubbio sul carattere puntuale e
di dettaglio delle disposizioni recate dall'art. 34, commi 2, 3, 4 e
13. Le norme impugnate non determinano semplici principi per il
contenimento della spesa in materia di personale degli enti regionali
e degli enti del Servizio sanitario nazionale, ma arrivano a
determinare il numero massimo di posti in dotazione organica e a
disporre un blocco generale e coattivo delle assunzioni, per di piu'
legato a date puntualmente individuate.
E' quindi evidente che, di fronte a questa disciplina, non esiste
da parte del legislatore regionale la possibilita' di intervenire a
livello legislativo e amministrativo in materie che, invece, sono
riconducibili alla sua competenza legislativa concorrente.
L'art. 34, commi 2, 3, 4 e 13, cioe', in palese violazione di
quanto previsto dall'art. 117, comma terzo, Cost., non contiene norme
di principio volte e definire il quadro normativo della materia che
il legislatore regionale dovrebbe rispettare nell'esercizio della sua
autonomia legislativa costituzionalmente garantita. Al contrario,
stabilisce norme puntuali rivolte direttamente ai soggetti
destinatari della disciplina, senza lasciare alcuno spazio alla
necessaria interposizione del legislatore regionale.
E' necessario anche sottolineare che, ai sensi dell'art. 2 del
d.lgs. n. 502 del 1992, competono alle Regioni, nel rispetto dei
principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed
amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. La
stessa norma prevede, in particolare, che alle Regioni spetti la
"determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e
sull'attivita' destinata alla tutela della salute e dei criteri di
finanziamento delle unita' sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere, le attivita' di indirizzo tecnico, promozione e supporto
nei confronti delle predette unita' sanitarie locali ed aziende,
anche in relazione al controllo di gestione ed alla valutazione della
qualita' delle prestazioni sanitarie". In conclusione, lo Stato puo'
dettare principi generali di carattere finanziario per le regioni e
per le aziende sanitarie: ma non puo' stabilire e determinare azioni
strumentali puntuali e di dettaglio, quali la determinazione delle
dotazioni organiche e il blocco delle assunzioni, al fine di
realizzare tali principi.
3.4. - In questa prospettiva, e' evidente che anche un eventuale
riferimento all'"interesse nazionale" non potrebbe giustificare
l'attribuzione allo Stato della potesta' di disciplinare il blocco
delle assunzioni e la determinazione delle dotazioni organiche delle
regioni, degli enti regionali e delle aziende del Servizio sanitario.
Indipendentemente dalla circostanza che, in nessun modo, il
limite dell'interesse nazionale e' oggi espressamente menzionato
nelle norme del Titolo V della Costituzione, si deve comunque
rilevare che l'eventuale richiamo ad interessi nazionali non puo' di
per se' escludere la potesta' legislativa regionale negli ambiti
materiali di competenza concorrente o residuale di cui ai commi terzo
e quarto dell'art. 117 Cost.
La scelta del legislatore di revisione costituzionale e' stata,
infatti, chiaramente quella di non attribuire al rilievo nazionale
della materia e agli interessi nazionali da essa soddisfatti, il
significato di un fattore di esclusione della potesta' legislativa
regionale.
Il nuovo testo costituzionale, non prevedendo l'interesse
nazionale come limite alla potesta' legislativa delle Regioni, non
prevede neppure l'esercizio di un generale potere di indirizzo e
coordinamento (che, nel contesto costituzionale previgente,
costituiva il corollario positivo dell'interesse nazionale). E,
infatti, la tutela degli interessi nazionali - o ultraregionali - e'
espressa, nel nuovo articolo 117 Cost., solo in sede di elencazione
tassativa dei compiti specificatamente riservati alla potesta'
legislativa esclusiva dello Stato.
4. - Illegittimita' dell'art. 34, commi 2, 3, 4 e 13, della legge
27 dicembre 2002, n. 289, per lesione della sfera di competenza
regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117, terzo e
quarto comma, e dell'art. 119 della Costituzione.
4.1. - Le disposizioni impugnate - oltre a violare la competenza
legislativa piena o comunque concorrente delle Regioni - prevista
dall'art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, violano
l'autonomia di spesa, costituzionalmente riconosciuta e garantita
alle Regioni dal comma primo dell'art. 119 Cost.
La drastica limitazione delle dotazioni organiche e il blocco
delle assunzioni imposto dalle norme della legge n. 289 del 2002
determina, nel caso delle amministrazioni regionali e degli enti del
Servizio sanitario regionale, una lesione della sfera di autonomia
finanziaria della Regione, la quale non puo' che essere l'unico
soggetto abilitato a prevedere procedure e criteri di controllo della
propria spesa pubblica.
Cio' vale sicuramente fino a quando lo Stato non avra' dettato "i
principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario" previsti dal comma secondo dell'art. 119 Cost.
La ratio del disegno costituzionale ricavabile da quest'ultima
disposizione rende, infatti, inammissibile ritenere che allo Stato -
pure in difetto di una disciplina di coordinamento della finanza cui
il legislatore regionale possa ispirarsi nell'esercizio
dell'autonomia finanziaria che gli e' garantita - sia consentito
dettare norme che limitino direttamente tale autonomia, introducendo
specifiche forme di controllo dettate dal livello centrale.
Le norme in esame violano quindi l'art. 119 Cost., nella parte in
cui, disconoscendo il carattere autonomo e non piu' prevalentemente
derivato della finanza regionale, pongono limiti al legislatore
regionale nella definizione delle proprie politiche di bilancio.
Infatti, la scelta circa l'eventuale ricorso a forme di blocco
delle assunzioni non puo' che spettare esclusivamente alla Regione,
oltretutto nel perseguimento di finalita' autonomamente definite
nell'esercizio della propria funzione di indirizzo politico. Di qui
le denunciate lesioni dell'autonomia finanziaria della Regione
ricorrente, riconosciuta dall'art. 119 Cost.
5. - Illegittimita' dell'art. 34, comma 11, della legge 27
dicembre 2002, n. 289, per lesione della sfera di competenza
regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117, terzo,
quarto e sesto comma, e dell'art. 118 Cost.
5.1. - L'at. 34, comma 11, della legge n. 289 del 2002 prevede,
in particolare - come gia' sottolineato - che "ai fini del concorso
delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di
finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei
ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, previo accordo tra Governo, regioni e
autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, sono
fissati per le amministrazioni regionali, per le province e i comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le
regole del patto di stabilita' interno per l'anno 2002, per gli altri
enti locali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri
e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003". Lo
stesso art. 34, comma 11, determina la percentuale massima di tali
assunzioni (che dovranno essere "non superiori al 50% delle
cessazioni dal servizio verificatesi entro l'anno 2002"); esclude
determinate categorie di personale dalle possibili assunzioni ("per
gli enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte
esclusivamente assunzioni, entro i predetti limiti, di personale
appartenente al ruolo sanitario"); e infine stabilisce che sempre con
gli stessi "decreti" dovra' essere "definito per le Regioni, per le
autonomie locali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale,
l'ambito applicativo delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del
presente articolo".
In sostanza, la norma impugnata demanda ad un decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione, in particolare
per le Regioni e "per gli enti del Servizio sanitario nazionale" di
"criteri e limiti" - assolutamente puntuali e cogenti - per le
"assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003".
La norma statale impugnata prevede dunque un'ipotesi di
allocazione di decisioni amministrative presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri che incardina in organi statali le relative
funzioni ed attivita'.
In tal modo, le disposizioni richiamate si pongono in palese
contrasto con quanto stabilito dall'art. 117, comma sesto, Cost., e
dall'art. 118 Cost., che fissano, rispettivamente, una ripartizione
rigida della potesta' regolamentare e i parametri costituzionali per
la corretta allocazione/distribuzione delle funzioni amministrative
tra gli enti che "costituiscono" la Repubblica.
Allo Stato la potesta' regolamentare spetta solo nelle materie di
legislazione esclusiva statale; alle Regioni spetta, invece, "in ogni
altra materia". Poiche' l'oggetto della disciplina del decreto
impugnato e' riconducibile a materie elencate nell'art. 117, commi
terzo e quarto, Cost., e' altrettanto innegabile che la potesta' di
dettare norme a contenuto regolamentare, in tale ambito disciplinare,
deve essere riconosciuta solo alla Regione.
5.2. - L'attribuzione di funzioni amministrative ad organi
dell'Amministrazione statale viola, nel caso di specie, anche l'art.
118 comma primo, Cost. In proposito, l'art. 118, comma primo, Cost.
stabilisce che "le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni
salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a
Province, Citta' metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei
principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza".
La norma costituzionale non contiene un'attribuzione diretta di
funzioni amministrative ai diversi livelli territoriali di governo;
fissa, semplicemente, criteri e principi per la ripartizione di tali
funzioni da parte dell'ente che risulti, di volta in volta, titolare
di una potesta' legislativa nella specifica materia. Di conseguenza,
l'art. 118, primo comma, costituisce necessario parametro di
legittimita' costituzionale di ogni intervento normativo finalizzato
ad allocare funzioni amministrative.
Tale parametro e' individuato nell'esigenza che sussistano
specifiche ragioni di esercizio unitario della funzione, puntualmente
motivate in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza, tali da giustificare nei singoli casi l'attrazione della
competenza ad un livello di governo superiore rispetto a quello "piu'
vicino" al cittadino. Di qui il necessario rigore nel valutare ogni
norma dalla quale consegua l'attribuzione delle competenze al livello
di governo "piu' lontano" dal cittadino, ossia al livello statale.
Vi e' dunque un obbligo per il legislatore, particolarmente per
quello statale, di accompagnare qualunque scelta di allocazione di
funzioni amministrative ad un livello diverso da quello comunale, con
una analisi ed una verifica sostanziale dell'effettiva rispondenza
della scelta (pur sempre discrezionale) ai parametri indicati dalla
norma costituzionale. Cio' implica che la norma che alloca le
funzioni dovra' anche enunciare le circostanze e le finalita' che
rendono legittima la scelta effettuata.
Le disposizioni impugnate non soddisfano tali requisiti, non
essendo rinvenibile, neppure implicitamente o indirettamente, alcun
riferimento ad una qualunque ragione in grado di giustificare
l'attribuzione ad organi statali di funzioni amministrative relative
ai limiti delle assunzioni di personale negli enti regionali e negli
enti del Servizio sanitario nazionale.
Anche se questa Corte volesse ritenere che lo Stato possa
autoattribuirsi funzioni amministrative nella materia in oggetto (a
prescindere dall'illegittimita' del riconoscimento di una sua
potesta' legislativa, denunciata nei paragrafi precedenti) senza
sottostare ad alcun vincolo formale di espressa indicazione dei
presupposti che ne motivano la scelta, le disposizioni impugnate si
devono comunque ritenere costituzionalmente illegittime in quanto
lesive dei limiti sostanziali che l'art. 118, comma primo, stabilisce
per la distribuzione delle competenze amministrative
nell'ordinamento.
In altri termini, non si vede alcun motivo per allocare a livello
centrale funzioni amministrative che risultano collegate alla
specifica localizzazione sul territorio dei singoli enti e alla
concreta modalita' di realizzazione delle funzioni svolte a tali
enti. Tali funzioni, infatti, potrebbero adeguatamente essere svolte
dalle amministrazioni preposte alla cura degli interessi che
insistono sul territorio regionale.
5.3. - Il fatto che il decreto del presidente del Consiglio dei
ministri previsto dall'art. 34, comma 11 debba essere adottato previo
accordo tra Governo, Regioni e autonomie locali in sede di conferenza
unificata, non acquista evidentemente rilievo alcuno.
Da un lato, difatti, la stessa previsione di un accordo viola
chiaramente le specifiche competenze legislative attribuite alla
Regione dalla Costituzione; dall'altro - attraverso l'accordo - lo
Stato avrebbe la possibilita' di dettare norme di mero dettaglio,
espropriando quindi del tutto l'autonomia legislativa ed
amministrativa della Regione.
6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, per lesione della sfera di competenza
regionale, particolarmente per violazione degli artt. 117, commi
secondo, terzo e quarto, e 119 Cost.
6.1. - Lo Stato non puo' fondare la propria competenza sulla
circostanza che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
previsto dalla disposizione impugnata (in particolare dal comma XI)
ha come finalita' quella di garantire il "concorso delle autonomie
regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica".
L'obiettivo indicato dal legislatore statale non puo consentirgli
di intervenire in settori materiali dell'ordinamento che gli sono
sottratti, come quello relativo all'organizzazione amministrativa
della Regione e degli enti subregionali al quale deve essere ascritto
l'art. 34, comma 11 della legge n. 289 del 2002.
Peraltro, un intervento dello Stato, potrebbe giustificarsi
solamente ove fosse rivolto alla determinazione dei principi di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117,
commi terzo e quarto, e 119 Cost.
In proposito, deve essere evidenziato che l'art. 34, in
particolare al comma 11, nel disporre che le "assunzioni, fatto salvo
il ricorso alle procedure di mobilita', devono, comunque, essere
contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del
Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50
per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso
dell'anno 2002 tenuto conto, in relazione alla tipologia di enti,
della dimensione demografica, dei profili professionali del personale
da assumere, della essenzialita' dei servizi da garantire e
dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti"
nonche' che "per gli enti del Servizio sanitario nazionale possono
essere disposte esclusivamente assunzioni, entro i predetti limiti,
di personale appartenente al ruolo sanitario" e che "non puo' essere
stabilita, in ogni caso, una percentuale superiore al 20 per cento
per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e le province
che abbiano un rapporto dipendenti-popolazione superiore a quello
previsto dall'articolo 119, comma 3, del decreto legislativo 25
febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni, maggiorato del 30
per cento o la cui percentuale di spesa del personale rispetto alle
entrate correnti sia superiore alla media regionale per fasce
demografiche" non introduce norme di coordinamento della finanza
pubblica, ma stabilisce dei vincoli alla politica delle assunzioni di
Regioni ed enti locali; ne' tali vincoli possono essere ricondotti
per la loro intensita' normativa al rango di principi della materia,
apparendo ictu oculi puntuali e dettagliati.
La circostanza che l'intervento del legislatore statale non possa
essere ricondotto all'ambito materiale del coordinamento della
finanza pubblica (cioe' ai principi di coordinamento della finanza
pubblica) risulta evidente se si considera l'art. 3 della stessa
legge n. 289 del 2002.
Tale norma prevede che sia un ulteriore provvedimento legislativo
statale a dettare "i principi generali del coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi degli articoli
117, terzo comma, 118 e 119 della Costituzione" ed istituisce un
organo consultivo, l'Alta Commissione di studio, con il compito di
indicare al Governo i principi suddetti.
Orbene, se i principi di coordinamento della finanza pubblica
dovranno costituire l'oggetto di un futuro provvedimento legislativo
statale, e' evidente che le norme contenute nell'art. 34, comma 11,
sfuggono a tale ambito materiale, per ascriversi alla sfera di
competenza legislativa residuale della Regione.
6.2. - La previsione, gia' sopra censurata, della conclusione di
un accordo tra Governo, Regioni ed autonomie locali per fissare
criteri e limiti per le assunzioni per l'anno 2003, indicati dal
comma 11 dell'art. 34, non e' in grado di sanare l'illegittimita'
della norma denunciata.
Lo strumento dell'accordo e' certamente coerente con il principio
del coordinamento di cui all'art. 119 Cost. Ma e' evidente che
l'accordo idoneo a consentire un coordinamento rispettoso
dell'autonomia costituzionale delle Regioni non puo' intervenire come
strumento per definire le modalita' di applicazione di puntuali
limiti fissati unilateralmente dal legislatore statale che, in tal
modo, si pone in violazione dell'art. 119 Cost.
6.3. - In ogni caso, il comma 11 dell'art. 34, stabilisce
l'applicabilita' dei divieti fissati dal precedente comma 4 fino a
quando non sia stato stipulato l'accordo interistituzionale tra
Governo centrale e autonomie locali. Sotto questo profilo e' evidente
la conferma della violazione dell'art. 119 Cost., denunciata nel
precedente paragrafo.
7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 53 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, per lesione della sfera di competenza
legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117,
commi secondo, terzo e quarto, Cost.
7.1. - L'art. 53 della legge n. 289 del 2002 stabilisce, "ai fini
dei concorsi", che "ai medici che conseguono il titolo di
specializzazione e' riconosciuto ... l'identico punteggio attribuito
per il lavoro dipendente".
Il meccanismo di equivalenza ai fini concorsuali tra titolo di
specializzazione e lavoro dipendente incide pero', per quanto
riguarda in special modo le aziende del Servizio sanitario nazionale
ed i concorsi ad esse relativi, su materia appartenente chiaramente
alla competenza esclusiva della Regione.
La definizione della disciplina di accesso agli enti regionali
ovvero agli enti facenti parte del Servizio sanitario nazionale non
rientra difatti tra le materie affidate alla legislazione esclusiva
dello Stato, ne' tra di quelle affidate alla legislazione concorrente
di Stato e regioni; ma e' da considerare tra quelle di legislazione
residuale delle regioni.
Infatti, si deve ritenere che la materia riferita al rapporto di
lavoro presso le Pubbliche Amministrazioni, a seguito della riforma
del sistema costituzionale e delle competenze legislative e
amministrative delle regioni operate con legge costituzionale n. 3
del 2001, risulta estranea alla competenza esclusiva dello Stato di
cui al secondo comma dell'art. 117 Cost., per lo meno quando,
riferendosi anche ad amministrazioni diverse da quelle indicate alla
lettera g) del medesimo comma, vada al di la' delle linee
ordinamentali e della determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti diritti civili e sociali.
In ogni caso, quando la disciplina del rapporto di impiego presso
le Pubbliche Amministrazioni, come nel caso di specie, si incroci con
la materia dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa
regionale degli enti locali (e non presenti profili di "tutela e
sicurezza del lavoro"), non e' possibile dubitare del fatto che
spetti solo al legislatore regionale regolare la materia con la
massima liberta', o direttamente o ripartendola tra le varie
possibili fonti di regolamentazione interna.
La disposizione impugnata, per la parte in cui prevede una
equivalenza obbligata, ai fini dei concorsi, tra titolo di
specializzazione e lavoro dipendente, preclude al legislatore
regionale la possibilita' di regolare liberamente l'accesso al
rapporto di impiego con le amministrazioni del Servizio sanitario
nazionale ed e', pertanto, lesiva della competenza legislativa piena
o residuale di cui all'art. 117, comma quarto, Cost.

P. Q. M.
Si chiede la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
dell'art. 34, commi 2, 3, 4, 11 e 13, nonche' dell'art. 53 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, per violazione degli artt. 117, 118,
119 della Costituzione.
Firenze - Roma, addi' 25 febbraio 2003
Prof. avv.: Stefano Grassi

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