Ricorso n. 14 del 5 marzo 2014 (Provincia autonoma di Trento)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 marzo 2014 (della Provincia autonoma di Trento).
(GU n. 17 del 16.4.2014)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc.
…), in persona del Presidente della Giunta provinciale
pro-tempore Ugo Rossi, previa deliberazione della Giunta provinciale
14 febbraio 2014, n. 210 (doc. 1) e delibera di ratifica del
Consiglio provinciale 19 febbraio 2014, n. 5 (doc. 2), rappresentata
e difesa, come da procura speciale n. rep. 27992 del 19 febbraio 2014
(doc. 3), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante
della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc.
…) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc.
…) dell'Avvocatura della Provincia di Trento, nonche'
dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. …) di Roma, con
domicilio eletto presso quest'ultimo in via Confalonieri, n. 5, Roma;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
157, 179, 388, 427, primo periodo, 429, 481, 499, lettere b) e c),
500, 502, 504, 508, 511, 515, terzo periodo, 516, 521, 526, 527, 711,
712, 723, 725, 727 e 729 della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)», pubblicata nella
Gazzetta ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 - Supplemento
ordinario;
Per violazione:
dell'art. 8, n. 1), dello Statuto speciale;
dell'art. 9, n. 10), dello Statuto speciale nonche' del decreto
del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474;
degli articoli 16, 53, 54, 103, 104, 107, 108 dello Statuto
speciale, nonche' delle correlative norme di attuazione;
degli articoli 87 e 88 dello Statuto speciale e del decreto del
Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305;
del titolo V dello Statuto speciale, in particolare dell'art.
68, e del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n.
115;
del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli
articoli 75, 79, 80 e 81, e delle relative norme di attuazione
(decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare articoli
9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19);
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare
articoli 2 e 4;
del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8;
degli articoli 117, 118, 119, 120 e 136 della Costituzione in
combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3;
nonche' del principio di leale collaborazione, nei modi e per i
profili di seguito illustrati.
Fatto e diritto
Premessa
Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita'
2014).
Tale legge ha contenuto eterogeneo, e contenuto eterogeneo hanno
anche le diverse disposizioni qui impugnate.
E' risultato percio' preferibile evitare una illustrazione
generale in fatto, e trattare invece direttamente delle singole
disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia
il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto.
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 388
Il comma 388 dispone quanto segue:
«Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di
contenimento della spesa, i contratti di locazione di immobili
stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1,
comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,... non possono essere
rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito delle proprie
competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della
data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi della
facolta' di comunicare il recesso dal contratto. Nell'ambito della
propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del demanio autorizza
il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione
di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano
immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione
delle disposizioni del presente comma sono nulli».
Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1, co. 2,
l. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli
enti locali ed i rispettivi enti strumentali. Per vero, lo stesso
tenore tutto «intrastatale» della normativa lascia pensare che essa
non sia destinata ad applicarsi agli enti dotati di autonomia
costituzionale, ivi compresi i loro enti locali e strumentali.
Tuttavia, vista l'assenza, nella l. 147/2013, di una clausola di
salvaguardia delle autonomie speciali, e' possibile che la
disposizione in esame possa essere interpretata come direttamente
vincolante anche per le Province autonome, gli enti locali trentini
ed i rispettivi enti strumentali, con la conseguenza che i contratti
di locazione stipulati dai predetti enti sarebbero sottoposti ad un
controllo preventivo di merito da parte di una Amministrazione
statale.
Se questo fosse il senso del comma 388, esso violerebbe la
potesta' legislativa primaria di questa Provincia in materia di
organizzazione dei propri uffici e degli enti paraprovinciali e la
corrispondente potesta' amministrativa: v. l'art. 8, n. 1), e l'art.
16 St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e
l'art. 118 Cost. (in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto
16.5). E' chiaro, infatti, che la soggezione del rinnovo del
contratto di locazione di immobili al nulla-osta dell'Agenzia del
demanio rappresenta una ingerenza nell'autonomia organizzativa della
Provincia e degli enti para-provinciali, una vera forma di «tutela
amministrativa» che non trova alcun fondamento nello Statuto e nella
Costituzione.
L'art. 68 dello Statuto speciale stabilisce che «le province, in
corrispondenza delle nuove materie attribuite alla loro competenza,
succedono, nell'ambito del proprio territorio, nei beni e nei diritti
demaniali e patrimoniali di natura immobiliare dello Stato e nei beni
e diritti demaniali e patrimoniali della regione» (v. anche l'art.
108 St.); il relativo trasferimento e' stato concretamente attuato
con il decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n.
115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino -
Alto in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e
di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della
regione), e conseguentemente le funzioni amministrative sui beni
demaniali e su quelli patrimoniali trasferiti a questa Provincia sono
esercitate della strutture amministrative della medesima.
Inoltre, ai sensi del primo comma dell'art. 16 del d.lgs.
268/1992, «spetta alla regione e alle province emanare norme in
materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio
e di contratti della regione e delle province medesime e degli enti
da esse dipendenti».
E' dunque pacifica l'ingerenza del comma 388 nell'autonomia
organizzativa provinciale, spettando alla Provincia disciplinare
l'organizzazione dei propri uffici e la gestione del proprio
patrimonio.
Tale ingerenza non potrebbe in alcun caso essere giustificata
sulla base della competenza statale in materia di coordinamento della
finanza pubblica. In primo luogo, rilevano due norme speciali: il
gia' citato art. 16 d.lgs. 268/1992 (che attribuisce espressamente
alla Provincia competenza sull'amministrazione del patrimonio e sui
contratti regionali) e l'art. 79 dello Statuto, che regola in modo
esaustivo i modi in cui la Provincia concorre «all'assolvimento degli
obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,
dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento
della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» (co. 1), e
al comma 3 stabilisce che, «al fine di assicurare il concorso agli
obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano
con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi
al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio
da conseguire in ciascun periodo», aggiungendo che «non si applicano
le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante
territorio nazionale». Dunque, l'applicazione del comma 388, che
rappresenta una misura di coordinamento finanziario, alla Provincia
di Trento si pone in contrasto con l'art. 79 St.
In secondo luogo, il comma 388 non rappresenta comunque un
principio di coordinamento, in quanto e' volto a limitare una voce
ultra-minuta di spesa, in modo non temporaneo e senza lasciare
margini di svolgimento alla Provincia: anche sotto questo profilo,
dunque, sono violati l'art. 117, co. 3, Cost. e l'autonomia
finanziaria provinciale.
Inoltre, la previsione di un potere preventivo di autorizzazione
in capo ad un organismo statale e la disciplina del relativo
procedimento si pongono in violazione del sistema dei rapporti fra
Stato e Province autonome, quale risulta delineato dagli articoli 87
e 88 dello Statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, tra
cui, in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica 15
luglio 1988, n. 305, Norme di attuazione dello statuto speciale per
la regione Trentino - Alto Adige per l'istituzione delle sezioni di
controllo della corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il
personale ad esse addetto. La legge statale non puo' introdurre, a
carico della Provincia, controlli statali non previsti da queste
fonti perche' la materia dei controlli rientra, appunto, nella sfera
dei «rapporti tra Stato e Provincia», di competenza dello Statuto e
delle norme di attuazione.
Infine, il comma 388 si pone in contrasto con l'art. 2 d.lgs.
266/1992, in quanto detta una norma direttamente applicabile in
materia provinciale (organizzazione provinciale o coordinamento della
finanza pubblica); l'esistenza di un mero dovere di adeguamento e'
ribadita dall'art. 79, co. 4, St. per le «specifiche disposizioni
legislative dello Stato» aventi «finalita' di coordinamento della
finanza pubblica».
E' pure violato l'art. 4 d.lgs. 266/1992, secondo il quale, nelle
materie di competenza della Regione e delle Province autonome, la
legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni
amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia
amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative,
diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e
le relative norme di attuazione. Il nulla-osta contemplato dal comma
388 e' una funzione amministrativa e l'Agenzia del demanio, pur
essendo un ente autonomo, e' riconducibile al sistema ordinamentale
statale, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale che ammette
le Regioni a sollevare conflitto di attribuzioni contro gli atti
delle agenzie fiscali.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 157 e 179
Il comma 156, che non forma oggetto di impugnazione, estende
l'arco temporale di applicazione della disciplina della rivalutazione
dei valori di acquisto ai fini della applicazione dell'imposta
sostitutiva sulle plusvalenze di cui al Testo Unico delle imposte sui
redditi, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). Nel nuovo testo l'art. 2,
co. 2, d.l. 282/2002 dispone che «le disposizioni degli articoli 5 e
7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni,
si applicano anche per la rideterminazione dei valori di acquisto
delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei
terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data
del 1° gennaio 2014», e che «le imposte sostitutive possono essere
rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a
decorrere dalla data del 30 giugno 2014».
E' invece impugnato il comma 157, il quale destina le maggiori
entrate derivanti dal comma 156 a confluire nel «Fondo per interventi
strutturali di politica economica» di cui all'art. 10, co. 5, d.l.
282/2004, nella misura di 200 milioni di euro per il 2014 e di 100
milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016.
Similmente, il comma 179 dispone che «le maggiori entrate
derivanti dai commi 151, 177 e 178, pari complessivamente a 237,5
milioni di euro per l'anno 2014, a 191,7 milioni di euro per l'anno
2015, a 201 milioni di euro per l'anno 2016 e a 104,1 milioni di euro
a decorrere dall'anno 2017, affluiscono al Fondo per interventi
strutturali di politica economica, di cui all'art. 10, comma 5, del
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282». Il comma 151 riguarda
l'imposta sostitutiva applicabile per la rivalutazione di determinati
valori contabili in relazione all'Ires: il comma 177 riguarda, per le
societa' del settore della raccolta di pubblicita' on-line, gli
indicatori di profitto da utilizzare ai fini della determinazione del
reddito di impresa per determinate operazioni; infine, il comma 178
riguarda l'obbligo di utilizzo di strumenti di pagamento idonei ad
assicurare la tracciabilita' di operazioni di acquisto di servizi di
pubblicita' on-line soggette ad Iva.
A sua volta, il richiamato art. 10, co. 5, d.l. 282/2004 dispone
che, "al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione
della pressione fiscale, nello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze e' istituito un apposito «Fondo per
interventi strutturali di politica economica»...".
Nei termini esposti, ad avviso della ricorrente Provincia
autonoma di Trento il comma 157 ed il comma 179 violano l'autonomia
finanziaria della Provincia, e in particolare l'art. 75 St. e il
d.lgs. 268/1992, che disciplina tassativamente le ipotesi di riserva
all'erario (articoli 9, 10 e 10-bis).
Infatti, l'art. 75 dello Statuto speciale dispone che «sono
attribuite alle province le seguenti quote del gettito delle
sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi
territori provinciali:... g) i nove decimi di tutte le altre entrate
tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate,
inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di
spettanza regionale o di altri enti pubblici».
La natura «erariale» dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e
delle imposte di cui al comma 179 e' pacifica. Dunque, il maggior
gettito riservato allo Stato dalle norme impugnate rientra
evidentemente tra le «entrate tributarie erariali, dirette o
indirette, comunque denominate», di cui all'art. 75, co. 1, lett. g),
St. In questi termini, i nove decimi di esso spettano alla Provincia.
Percio' i commi 157 e 179 sono costituzionalmente illegittimi.
La fondatezza della censura sopra esposta non potrebbe essere
contestata facendo valere la clausola di possibile riserva all'erario
statale prevista dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. 268/1992,
che al contrario risulta anch'essa violata.
Per quanto qui rileva, infatti, l'art. 9 di tale decreto dispone
che «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o
dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge, per
finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma
1, lettera b), dell'art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell'art.
81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non
continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della
regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita'
naturali, e' riservato allo Stato, purche' risulti temporalmente
delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale
e quindi quantificabile»; si aggiunge poi che «fuori dei casi
contemplati nel presente articolo si applica quanto disposto dagli
articoli 10 e 10-bis».
Per una piu' completa comprensione di questa clausola conviene
ricordare che l'art. 10 regolava la «quota variabile» di cui all'art.
78 dello Statuto, quota che e' stata soppressa dall'art. 1, comma
107, della legge n. 191 del 2009 (comma emanato ai sensi dell'art.
104 dello Statuto di autonomia), come parte del contributo delle
Province autonome al conseguimento degli obbiettivi di perequazione e
di stabilita'. In relazione ad essa il comma 6 dell'art. 10 stabiliva
che «una quota del previsto incremento del gettito tributario,
escludendo comunque gli incrementi derivanti dall'evoluzione
tendenziale, spettante alle province autonome e derivante dalle
manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge
finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli
altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita' e non
considerati ai fini della determinazione dell'accordo relativo
all'esercizio finanziario precedente, da valutarsi al netto delle
eventuali previsioni di riduzione di gettito conseguenti
all'applicazione di norme connesse, puo' essere destinata,
limitatamente agli esercizi previsti dall'accordo, al raggiungimento
degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai
precedenti provvedimenti».
A sua volta, l'art. 10-bis dispone che «entro la data di cui al
comma 2 dell'art. 10 e' altresi' definito l'accordo tra il Governo e
il presidente della giunta regionale che individua: a) la quota da
destinare al bilancio dello Stato del gettito tributario derivante da
maggiorazioni di aliquote di tributi o dall'istituzione di nuovi
tributi, se destinato per legge alla copertura, ai sensi dell'art. 81
della Costituzione, delle spese di cui all'art. 9, qualora il
predetto gettito non risulti distintamente contabilizzato nel
bilancio dello Stato, ovvero temporalmente delimitato; b) l'eventuale
quota delle spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali
delegate alla regione, che rimane a carico del bilancio della regione
medesima, in relazione alle disposizioni di cui al comma 6 dell'art.
10, da determinarsi nei limiti del previsto incremento del gettito
tributario derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica,
nonche' tenuto conto della quota di cui alla lettera a)».
In altre parole, sin da prima della modifica dello Statuto
concordata nel 2009 tra lo Stato e la Regione e le Province autonome
(e tradotta - a termini dell'art. 104 dello Statuto - nelle
pertinenti disposizioni della l. n. 191 del 2009), solo attraverso lo
strumento dell'accordo possono essere riservate risorse allo Stato,
secondo le disposizioni degli artt. 10 e 10-bis dello stesso d.lgs.
n. 268/1992, al di fuori dei rigorosi presupposti per la riserva
all'erario di cui all'art. 9 del d.lgs. 268/1992.
Ad avviso della ricorrente Provincia risulta evidente che, nel
caso dei commi 157 e 179, non sussistono i requisiti posti dall'art.
9 d.lgs. 268/1992 per la riserva all'erario. Innanzi tutto, non si
tratta in questi casi del «gettito derivante da maggiorazioni di
aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi». Infatti il comma 156
non prevede una maggiorazione di aliquota ne' istituisce un nuovo
tributo, ma soltanto - come detto - estende l'arco temporale di
applicazione di un istituto dalla cui applicazione derivano entrate
fiscali seconde le regole precedenti; e neppure i commi 151, 177 e
178 prevedono maggiorazioni di aliquote o nuovi tributi.
Inoltre, se pure si trattasse di nuovo tributo, non sussistono i
requisiti sintetizzati dalla sentenza di codesta Corte n. 182/2010,
secondo la quale "tale articolo richiede, per la legittimita' della
riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita'
diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1,
lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e
cioe' da finalita' diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi
di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto
dalla copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle funzioni
statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b)
il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi
dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di
carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di
competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle
relative a calamita' naturali»; c) il gettito sia «temporalmente
delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale
e quindi quantificabile»".
Ora, i commi 157 e 179 non soddisfano questi requisiti per quanto
riguarda la finalita' della riserva. Il «Fondo per interventi
strutturali di politica economica», come risulta dallo stesso nome,
non e' destinato a «nuove specifiche spese di carattere non
continuativo», ma a interventi «strutturali», aventi per di piu'
finalita' («al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica») corrispondente a quella esclusa dall'art. 9 d.lgs.
268/1992 .
Pare chiara, dunque, l'illegittimita' dei commi 157 e 179, per
violazione dell'art. 75, lett. g), dello Statuto speciale e degli
artt. 9, 10 e 10-bis d.lgs. 268/1992.
Si puo' qui comunque ricordare, ad ulteriore supporto
dell'argomentazione ora illustrata, che la sent. 142/2012 ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 21,
d.l. 98/2011, «nella parte in cui dispone che sia integralmente
versato al bilancio dello Stato il gettito dell'addizionale erariale
sulla tassa automobilistica provinciale percetto nei rispettivi
territori delle Province autonome di Trento e di Bolzano e non
attribuisce a ciascuna di tali Province autonome i nove decimi di
detto gettito».
Analogo orientamento e' espresso anche nella sentenza della Corte
costituzionale n. 241 del 2012, relativa alle simili condizioni
richieste per le riserve all'erario anche dagli ordinamenti di altre
autonomie speciali.
I commi 157 e 179 violano poi il principio dell'accordo che, come
risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt. 82/2007,
353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime dei rapporti
finanziari fra Stato e Regioni speciali. Tale principio emerge
chiaramente dal Titolo VI dello Statuto, dato che le norme di esso
sono modificabili (salva la legge costituzionale di cui all'art. 103
St., adottata su parere dei consigli provinciali e regionale) solo
«con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e,
per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due
province» (art. 104) e possono essere attuate e integrate solo con la
speciale procedura paritetica di cui all'art. 107 St. La procedura
concertata di cui all'art. 104 e' stata appunto seguita per le
modifiche apportate dalla l. 191/2009 e ora l'art. 79, co. 3, St. ha
codificato il principio consensuale (comunque sempre seguito dalle
leggi statali finanziarie) per la conclusione del patto di
stabilita'. Le sentenze di codesta Corte sopra citate hanno
confermato l'essenzialita' e la generalita' del principio consensuale
nella materia dei rapporti finanziari Stato-Regioni speciali.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 508
E' opportuno ora, di seguito, illustrare l'incostituzionalita'
del comma 508, dato che anch'esso prevede un'ipotesi di riserva
all'erario.
Il comma 508 dispone che, «al fine di assicurare il concorso
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilita' del
debito pubblico, in attuazione dell'art. 97, primo comma, della
Costituzione, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138... e dal decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201... sono riservate all'Erario, per un periodo di
cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente
destinate alla copertura degli oneri per il servizio del debito
pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico
stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla
stabilita', sul coordinamento e sulla governance nell'Unione
economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, ratificato
ai sensi della legge 23 luglio 2012, n. 114» (primo periodo). Il
comma 508 prevede anche che, «con apposito decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte
regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le
modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata
contabilizzazione» (secondo periodo).
Dunque, il comma 508, primo periodo, si riferisce a tutte le
maggiori entrate derivanti dal d.l. 138/2011 (come quelle derivanti
dall'art. 1, co. 6, dall'art. 2 - che ad esempio introduce il
contributo di solidarieta' e aumenta l'aliquota IVA al 21 % - e
dall'art. 7) e dal d.l. 201/2011. Quanto a quest'ultimo decreto, esso
prevede maggiori entrate erariali, ad esempio, all'art. 10 (a seguito
dell'emersione della base imponibile), all'art. 15 (che aumenta le
aliquote di accisa sui carburanti), all'art. 16 (che aumenta la tassa
automobilistica per le auto di lusso e istituisce la tassa annuale di
stazionamento sulle imbarcazioni e l'imposta erariale sugli
aeromobili privati), all'art. 18 (che aumenta le aliquote Iva),
all'art. 19 (che aumenta l'imposta di bollo relativa a conti correnti
e strumenti finanziari, introduce un'imposta di bollo speciale
annuale sulle attivita' finanziarie che hanno beneficiato del c.d.
scudo fiscale e un'imposta straordinaria per le stesse attivita' se
gia' prelevate dal rapporto di deposito, istituisce un'imposta sul
valore degli immobili situati all'estero e istituisce un'imposta sul
valore delle attivita' finanziarie detenute all'estero dalle persone
fisiche residenti nel territorio dello Stato), all'art. 20 (in
materia di riallineamento delle partecipazioni) e all'art. 24 (il cui
comma 31 regola la tassazione delle indennita' di fine rapporto di
importo complessivamente eccedente euro 1.000.000 e dei compensi e
indennita' a qualsiasi titolo erogati agli amministratori delle
societa' di capitali, ed il cui comma 31-bis aumenta il contributo di
solidarieta' sulle c.d. pensioni d'oro).
Dunque, anche il comma 508 (come i commi 157 e 179) riserva
interamente all'erario maggiori entrate che spettano, invece, pro
quota a questa Provincia, ai sensi dell'art. 75 St. (sul quale v. il
punto precedente).
Questa Provincia ha gia' impugnato con ricorso 142/2011 (che
sara' discusso all'udienza del 20 maggio 2014) il comma 3, ultimo
periodo, ed il comma 36 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del
2011, che riservano all'erario le maggiori entrate tributarie
disposte nello stesso decreto-legge n. 138 del 2011; ha anche
impugnato con ricorso 34/2012 l'art. 48 d.l. 201/2011, in quanto
diretto a riservare al bilancio dello Stato il maggior gettito
fiscale derivante dalle maggiori entrate tributarie disposte dal
medesimo decreto.
Neppure la riserva disposta dal comma 508, primo periodo,
soddisfa i requisiti di cui all'art. 9 d.lgs. 268/1992, come
illustrati al punto precedente. Infatti, la finalita' della riserva
(«copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine
di garantire la riduzione del debito pubblico stesso») corrisponde
(come risulta anche dai commi 511 e 515: v. infra) a quella esclusa
dall'art. 9 («raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della
finanza pubblica»).
E' opportuno ricordare che per tale obiettivo lo Statuto prevede
(come tra breve si dira') diversi e appropriati strumenti, ma esclude
lo strumento della semplice riserva all'erario.
Inoltre, se pure la finalita' e la destinazione delle risorse
fossero appropriate, sarebbe comunque da rimarcare che mancano i
caratteri della novita', della specificita' e della temporaneita'
delle spese statali a cui la riserva di gettito prevista dal comma
508 e' destinata. Anche sotto questo profilo, dunque, la riserva non
corrisponde al modello normativo che la renderebbe ammissibile.
E' da sottolineare che la sent. 241/2012 ha gia' dichiarato
l'incompatibilita' dell'analoga riserva prevista dal d.l. 138/2011
con alcune norme di Statuti di altre Regioni speciali del tutto
simili all'art. 9 d.lgs. 268/1992. Il comma 508, dunque, si pone in
contrasto anche con il giudicato costituzionale, in violazione
dell'art. 136 Cost.
Inoltre, la norma impugnata non rispetta l'art. 10, co. 6 (nella
denegata ipotesi che esso sia ritenuto applicabile: v. il punto 1),
anche perche' riserva all'erario tutte «le maggiori entrate», mentre
la norma di attuazione limita ad «una quota del previsto incremento
del gettito tributario» la possibilita' di destinazione «al
raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica».
Infine, il comma 508 viola l'art. 12 l. 243/2012, la' dove
consente solo «nelle fasi favorevoli del ciclo economico» di porre a
carico degli enti territoriali un contributo al Fondo per
l'ammortamento dei titoli di Stato, e solo «tenendo conto della quota
di entrate proprie degli enti di cui al comma 1 influenzata
dall'andamento del ciclo economico». Considerato che il comma 508 si
applica dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2018 e che l'art. 12 l.
243/2012 si applica dal 1° gennaio 2016 (v. l'art. 21, co. 3, l.
243/2012), da tale data fino al 31 dicembre 2018 la riserva prevista
dal comma 508 si pone in contrasto con l'art. 12 l. 243/2012, che
puo' fungere da parametro perche' si tratta di una legge
«rinforzata», approvata a maggioranza assoluta dalle Camere ai sensi
dell'art. 81, co. 6, Cost.
Il comma 508, primo periodo, viola anche l'art. 79 St. ed il
principio dell'accordo che, come risulta dalla giurisprudenza
costituzionale (v. le sentt. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000,
133/2010), governa il regime dei rapporti finanziari fra Stato e
Regioni speciali: v. l'ultimo capoverso del punto 2.
L'art. 79 stabilisce che «le province concorrono al conseguimento
degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei
diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento
degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di
coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa
statale» nei modi di seguito indicati e «con le modalita' di
coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3» (co. 1),
aggiungendo che «le misure di cui al comma 1 possono essere
modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e
fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli
obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1» (co. 2).
Sia il comma 3 («Non si applicano le misure adottate per le
regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale») che
il comma 4, poi, stabiliscono la non applicazione alle Province delle
norme statali che, in questa materia, valgono per altre Regioni.
Poiche' il comma 508 riserva le maggiori entrate «alla copertura
degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire
la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi
stabiliti dal Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla
governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2
marzo 2012», ne deriva la violazione delle norme - sopra citate -
contenute nell'art. 79 St., che configurano un sistema completo di
concorso delle Province agli «obblighi di carattere finanziario posti
dall'ordinamento comunitario», non derogabile se non con le modalita'
previste dallo Statuto.
In effetti, e' assolutamente incongruo e ad avviso della
Provincia illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria
unilateralmente adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto
dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia, laddove il principio
consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato
ribadito proprio con la riforma statutaria di cui alla l. 191/2009,
frutto essa stessa di un solenne accordo tra lo Stato, la Regione
Trentino Alto Adige/Sűdtirol e le Province autonome di Trento e di
Bolzano.
Il secondo periodo del comma 508 dispone che «con apposito
decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i
Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito,
attraverso separata contabilizzazione». Si tratta dunque di una norma
volta a regolare l'attuazione del primo periodo: la quale, pertanto,
e' affetta in via derivata dai medesimi vizi sopra illustrati.
In subordine, essa e' poi censurabile specificamente ed
autonomamente sotto un ulteriore aspetto, cioe' per la mancata
previsione dell'intesa con la Provincia di Trento in relazione al
decreto che stabilisce le modalita' di individuazione del maggior
gettito. Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a
risorse che spetterebbero alla Provincia, in una materia dominata dal
principio consensuale, risulta specificamente illegittima, per
violazione del principio di leale collaborazione, la previsione di un
decreto ministeriale senza intesa con la Provincia di Trento.
4) In connessione. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
511
Il comma 511 dispone che «le disposizioni di cui ai commi 508,
510 e 526 cessano di avere applicazione qualora vengano raggiunte
intese, entro il 30 giugno 2014, tra lo Stato e ciascuna autonomia
speciale in merito all'adozione di interventi diversi, in grado di
concorrere in misura corrispondente al conseguimento degli obiettivi
di finanza pubblica per il periodo considerato nei medesimi commi
508, 510 e 526».
La ricorrente Provincia non contesta il comma 511 in quanto esso
prevede una possibile intesa: al contrario, essa ha argomentato come
lo strumento dell'intesa sia esattamente quello previsto dal sistema
statutario, ed in particolare dall'art. 79 dello Statuto.
Essa lo contesta, invece, sotto profili diversi.
In primo luogo, prevedendo una possibile misura alternativa alla
riserva di cui al comma 508 (sul quale v. il punto 3) e all'ulteriore
concorso alla finanza pubblica di cui al comma 526 (sul quale v.
infra), esso conferma che la finalita' del comma 508 e' il
«conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica», cioe' la
finalita' esclusa dall'art. 9 d.lgs. 268/1992. Sotto questo profilo,
il comma 511 rende ancora piu' evidente l'illegittimita'
costituzionale del comma 508.
In secondo luogo, rinviando ai commi 508 e 526, esso presuppone
la legittimita' delle riserve all'erario di cui al comma 508 e dei
concorsi previsti dal comma 526, e quindi risulta anch'esso lesivo
dei medesimi parametri violati dalle disposizioni di cui presuppone
la legittimita'.
Infine, il comma 511 pretende di vincolare il contenuto delle
intese che possono essere raggiunte tra lo Stato e ciascuna autonomia
speciale ad un risultato «corrispondente al conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica per il periodo considerato nei medesimi
commi 508, 510 e 526».
Ora, e' evidente che, quando lo Statuto afferma che il concorso
della Provincia autonoma di Trento e' determinato d'intesa con lo
Stato, ne' i contenuti ne' gli effetti di tale intesa possono essere
vincolati a priori unilateralmente dalla legge ordinaria.
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 515, terzo
periodo
Il comma 515 dispone, nei suoi primi tre periodi, quanto segue:
«Mediante intese tra lo Stato, la regione Valle d'Aosta e le
province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro il 30
giugno 2014, sono definiti gli ambiti per il trasferimento o la
delega delle funzioni statali e dei relativi oneri finanziari
riferiti, in particolare, ai servizi ferroviari di interesse locale
per la Valle d'Aosta, alle Agenzie fiscali dello Stato e alle
funzioni amministrative, organizzative e di supporto riguardanti la
giustizia civile, penale e minorile, con esclusione di quelle
relative al personale di magistratura, nonche' al Parco nazionale
dello Stelvio, per le province autonome di Trento e di Bolzano. Con
apposite norme di attuazione si provvede al completamento del
trasferimento o della delega delle funzioni statali oggetto
dell'intesa. Laddove non gia' attribuiti, l'assunzione di oneri
avviene in luogo e nei limiti delle riserve di cui al comma 508, e
computata quale concorso al riequilibrio della finanza pubblica nei
termini dello stesso comma».
Anche il terzo periodo del comma 515, dunque, prevede una «misura
alternativa» alla riserva di cui al comma 508 ed e' illegittimo, in
primo luogo, nella parte in cui presuppone la legittimita' e
l'operativita' del comma 508. Anch'esso, poi, conferma che la
finalita' del comma 508 e' il «concorso al riequilibrio della finanza
pubblica», cioe' la finalita' esclusa dall'art. 9 d.lgs. 268/1992.
Inoltre, esso pone a carico delle Province autonome gli oneri per
le funzioni statali trasferite e delegate ed appare quindi in
contrasto con le norme statutarie che definiscono i termini e le
modalita' del concorso delle medesime agli obiettivi di risanamento
della finanza pubblica, ed, in particolare, con l'art. 79, comma 1,
lettera c), il quale prevede che le Province concorrano al
riequilibrio della finanza pubblica anche mediante l'assunzione di
oneri relativi all'esercizio di funzioni statali, anche delegate,
definite d'intesa con il Ministero dell'Economia e delle finanze, nei
limiti dell'importo di 100 milioni di euro annui.
Tale norma statutaria deroga alla regola generale dell'art. 16,
comma terzo, dello Statuto speciale, in base al quale «lo Stato puo'
inoltre delegare, con legge, alla regione, alla provincia e ad altri
enti pubblici locali funzioni proprie della sua amministrazione», e
«in tal caso l'onere delle spese per l'esercizio delle funzioni
stesse resta a carico dello Stato».
L'art. 16 St. trova specifica attuazione nell'art. 14 d.lgs.
268/1992, in base al quale «per l'esercizio delle funzioni delegate
di cui all'art. 16 dello statuto, lo Stato provvede a rimborsare la
regione e le province delle spese dalle stesse sostenute», e «la
relativa quantificazione e' disposta sulla base dei criteri previsti
nelle singole norme di delega, ovvero d'intesa tra il Governo ed i
presidenti delle rispettive giunte».
Risulta dunque illegittima la previsione di deleghe statali da
finanziare autonomamente da parte della Provincia di Trento, al di
la' di quanto espressamente previsto per tale istituto dall'art. 79
dello Statuto, nella parte in cui tale finanziamento e' correlato ai
(e condizionato dai) vincoli posti unilateralmente, di cui al comma
508.
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 427, primo
periodo, e del comma 429
Il comma 427, primo periodo, dispone che «sulla base degli
indirizzi indicati dal Comitato interministeriale di cui all'art.
49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito,
con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, in
considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario
di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle proposte da questi
formulate, entro il 31 luglio 2014 sono adottate misure di
razionalizzazione e di revisione della spesa, di ridimensionamento
delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche'
di ottimizzazione dell'uso degli immobili tali da assicurare, anche
nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre
2009, n. 196, in misura non inferiore a 488,4 milioni di euro per
l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.874,7
milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e a 1.186,7 milioni di euro
a decorrere dall'anno 2018».
Il richiamato art. 49-bis, co. 1, d.l. 69/2013 istituisce un
comitato interministeriale «al fine di coordinare l'azione del
Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa
pubblica e migliorare la qualita' dei servizi pubblici offerti». Il
comma 2 dispone che, «ai fini della razionalizzazione della spesa e
del coordinamento della finanza pubblica, il Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
puo' nominare con proprio decreto un Commissario straordinario, con
il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere
normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al comma 1, terzo
periodo».
Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1, co. 2,
l. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli
enti locali ed i rispettivi enti strumentali.
Il comma 429 si occupa della misura in cui le Regioni, le
Province autonome e gli enti locali debbono contribuire al risparmio
complessivo, ed a questo scopo stabilisce che «a seguito delle misure
di cui al comma 427, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le regioni e le
province autonome, a valere sui risparmi connessi alle predette
misure, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a
complessivi 344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi
449-bis e 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come
modificato dai commi 497 e 499 del presente articolo». Parimenti,
«per gli anni 2016 e 2017 gli enti locali, mediante le percentuali
recate ai commi 2 e 6 dell'art. 31 della legge 12 novembre 2011, n.
183, come modificate dai commi 532 e 534 del presente articolo,
assicurano un contributo di 275 milioni di euro annui per i comuni e
di 69 milioni di euro annui per le province».
A chiarimento del meccanismo, conviene ricordare che l'art. 1,
co. 454, l. 228/2012 prevede una riduzione delle spese di 34 milioni
di euro, ad opera di questa Provincia, per gli anni 2015-2017.
Conviene inoltre ricordare che le percentuali recate dai commi 2 e 6
dell'art. 31 l. 183/2011, come modificate dai commi 532 e 534
dell'art. 1 l. 147/2013, sono stabilite ai fini della determinazione
dell'obbiettivo di saldo finanziario degli enti locali e sono
applicate alla media della spesa corrente dei predetti enti riferita
ad un determinato periodo; le modificazioni introdotte dalla l.
147/2013 consistono nella diversificazione delle predette percentuali
stabilendo una variazione a cadenza biennale a decorrere dal 2014.
In sintesi, il comma 427, primo periodo, determina l'importo
complessivo annuo della riduzione delle spese di tutte le pubbliche
amministrazioni (riduzione operata sulla base degli indirizzi
indicati dal Comitato interministeriale), mentre il comma 429
determina l'importo a carico degli enti territoriali e ripartisce
l'onere fra di essi, prevedendo un ulteriore contributo alla finanza
pubblica, che si aggiunge ai numerosi contributi gia' previsti da
diverse leggi in questi anni.
Le norme cosi' descritte violano l'autonomia finanziaria della
Provincia e, in particolare, l'art. 79 St. che, come visto,
stabilisce che «le province concorrono... all'assolvimento degli
obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,
dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento
della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» nei modi di
seguito indicati e «con le modalita' di coordinamento della finanza
pubblica definite al comma 3» (co. 1), precisando che «le misure di
cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la
procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale
modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza
pubblica di cui al comma 1» (co. 2).
Il richiamato comma 3 dispone che, «al fine di assicurare il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di
bilancio da conseguire in ciascun periodo»; che, inoltre, «fermi
restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta alle
province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita'
interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento
agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle
aziende sanitarie, alle universita' non statali di cui all' art. 17,
comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127, alle camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e agli altri enti od
organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle
stesse in via ordinaria», e che, infine, «non si applicano le misure
adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio
nazionale».
Ora, sembra evidente che disposizioni come quelle dettate dai
commi 427, primo periodo, e 429, che hanno chiaramente uno scopo di
coordinamento della finanza pubblica (tramite la limitazione della
spesa pubblica), sono esattamente quelle di cui l'art. 79 afferma che
non si applicano alla Provincia autonoma di Trento. Ed esse non si
applicano non perche' la Provincia sia estranea al sistema
complessivo della finanza pubblica, ma perche' le regole della sua
partecipazione a tale sistema sono definite in termini precisi ed
alternativi dall'art. 79 dello Statuto. Infatti, la Provincia
concorda il saldo di bilancio da conseguire nei diversi anni, sulla
base dell'art. 79, co. 3, St.: sicche' risulta poi del tutto assurdo,
prima ancora che costituzionalmente illegittimo, che essa si veda
imporre unilateralmente ulteriori riduzioni di spesa.
Le norme impugnate violano anche il principio dell'accordo che,
come risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt.
82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime dei
rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali: v. l'ultimo
capoverso del punto 2.
Inoltre, la norma secondo la quale le misure di razionalizzazione
della spesa debbano essere adottate «sulla base degli indirizzi
indicati dal Comitato interministeriale» e «in considerazione delle
attivita' svolte dal Commissario straordinario» pone un vincolo che
comporta una lesione dell'autonomia legislativa e amministrativa
della Provincia in materia di organizzazione (art. 8, n. 1, e art. 16
St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e l'art.
118 Cost.: in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto 16.5).
Se e' vero che il comma 427 non detta esso stesso le norme di
dettaglio, e' anche vero che, invece di lasciare alle Regioni la
scelta degli strumenti per raggiungere l'obiettivo di risparmio, esso
rinvia ad un'anomala fonte secondaria (gli «indirizzi» del Comitato),
con violazione anche degli artt. 53 e 54 dello Statuto (che prevedono
la potesta' regolamentare della Provincia), dell'art. 117, co. 6,
Cost. e dell'art. 2 d.lgs. 266/1992, che preclude l'adozione di fonti
secondarie nelle materie provinciali.
Qualora poi gli «indirizzi» fossero considerati un atto di
indirizzo e coordinamento, il comma 427 sarebbe comunque illegittimo
per violazione dell'art. 3 d.lgs. 266/1992, per la mancata previsione
della competenza del Consiglio dei ministri e del parere delle
Province. Qualora gli «indirizzi» fossero considerati un atto
amministrativo, il comma 427 violerebbe l'art. 4 d.lgs. 266/1992, in
base al quale «nelle materie di competenza propria della regione o
delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi
statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di
polizia amministrativa e di accertamento di violazioni
amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione». In generale, il
comma 427, primo periodo, viola comunque il principio di leale
collaborazione in quanto non prevede il coinvolgimento degli enti
territoriali nell'adozione di «indirizzi» che intervengono in materie
regionali (organizzazione interna e coordinamento della finanza
pubblica) e sono destinati a condizionare pesantemente la loro
autonomia.
Infine, i commi 427, primo periodo, e 429, nella parte in cui si
applicano agli enti locali trentini e agli enti strumentali della
Provincia, violano l'art. 79, co. 3, St., la' dove affida alla
Provincia il potere di «stabilire gli obblighi relativi al patto di
stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con
riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali,
alle aziende sanitarie».
Tali norme ledono anche la competenza provinciale in materia di
finanza locale, prevista dagli artt. 16, 80 e 81 St. E' da segnalare
che l'art. 80 e' stato modificato dall'art. 1, comma 518, l. 147/2013
(approvato ai sensi e per gli effetti dell'art. 104 dello Statuto di
autonomia), e che in forza di cio' la competenza in questione ha
assunto ora carattere primario. L'art. 80 e' stato attuato dall'art.
17 d.lgs. 268/1992, il cui comma 3 dispone che «nel rispetto delle
competenze regionali in materia di ordinamento dei comuni, le
province disciplinano con legge i criteri per assicurare un
equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti
all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso
all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita'
contrattuale». E' dunque illegittima la sostituzione della legge
ordinaria statale nell'esercizio di una competenza propria del
legislatore provinciale.
7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 481
Il comma 481 dispone quanto segue: «Per effetto delle
disposizioni di cui ai commi 452, 453, 454, 455 e 456 il livello del
finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre
ordinariamente lo Stato e' ridotto di 540 milioni di euro per l'anno
2015 e 610 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016. La predetta
riduzione e' ripartita tra le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano secondo criteri e modalita' proposti in sede di
autocoordinamento dalle regioni e province autonome di Trento e di
Bolzano medesime, da recepire, in sede di espressione dell'intesa
sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la
ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard, entro il 30
giugno 2014. Qualora non intervenga la proposta entro i termini
predetti, la riduzione e' attribuita secondo gli ordinari criteri di
ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard. Le regioni
a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, ad
esclusione della Regione siciliana, assicurano il concorso di cui al
presente comma mediante le procedure previste dall'art. 27 della
legge 5 maggio 2009, n. 42. Fino all'emanazione delle norme di
attuazione di cui al predetto art. 27, l'importo del concorso alla
manovra di cui al presente comma e' annualmente accantonato, a valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali». Dunque, il
comma 481 regola il concorso delle Regioni speciali alla riduzione
del livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del
correlato finanziamento. La norma e' corrispondente a quelle
contenute nell'art. 15, co. 22, d.l. 95/2012 (impugnato dalla
ricorrente Provincia con il ricorso 156/2012) e nell'art. 1, co. 132,
l. 228/2012 (impugnato dalla ricorrente Provincia con il ricorso
35/2013).
Data l'identita' delle disposizioni, anche il comma 481 risulta
illegittimo per le medesime ragioni svolte nel gia' citato ricorso
35/2013, che si possono qui richiamare. «Vanno premesse[...] alcune
considerazioni generali. Lo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige
attribuisce alle Province autonome potesta' legislativa concorrente
in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria
ed ospedaliera, e la corrispondente potesta' amministrativa (art. 9,
n. 10), e art. 16) St.). Tali norme statutarie sono state attuate ed
integrate con il dPR 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello
statuto per la regione Trentino - Alto Adige in materia di igiene e
sanita') e con il dPR 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per il Trentino - Alto Adige concernenti
integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanita'
approvate con d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474).
La competenza della Provincia di Trento in materia di sanita' si
e' ampliata a seguito della riforma del Titolo V, in quanto ad essa
si estende la competenza di cui all'art. 117, co. 3, Cost., che,
secondo codesta Corte, e' «assai piu' ampia» di quella prevista dallo
Statuto (sentt. 240/2007, 162/2007 e 181/2006).
Tuttavia, l'autonomia della Provincia di Trento in campo
sanitario ha ormai da quasi due decenni una caratteristica che la
differenzia radicalmente dalla condizione delle Regioni ordinarie.
Infatti, in relazione all'assetto statutario delle competenze sopra
descritto e quale concorso delle Province autonome al riequilibrio
della finanza pubblica nazionale, gia' l'art. 34, comma 3, della
legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha disposto che le Province autonome
di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio
sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a
carico del bilancio dello Stato, utilizzando prioritariamente le
entrate derivanti dai contributi sanitari e dalle altre imposte
sostitutive e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci.
Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento
del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia
finanziaria provinciale.
Il quadro statutario in materia finanziaria si caratterizza, tra
l'altro, per la previsione espressa di una disposizione volta a
disciplinare in modo completo i termini e le modalita' del concorso
della Regione e delle Province autonome al conseguimento degli
obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento
degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di
coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa
statale (art. 79, co. 1, St.). Tali misure «possono essere modificate
esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla
loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi
di finanza pubblica di cui al comma 1».
L'art. 79, co. 3, stabilisce che, «al fine di assicurare il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di
bilancio da conseguire in ciascun periodo». Fermi restando gli
obiettivi complessivi di finanza pubblica, «spetta alle province
stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e
provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti
locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende
sanitarie...», e «non si applicano le misure adottate per le regioni
e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Le province
«vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da
parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli stessi
il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla
competente sezione della Corte dei conti».
Anche il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali relative
all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta',
nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita'
interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle
province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal
presente articolo». Tenuto conto della speciale autonomia finanziaria
della Provincia, sia nel settore sanitario che in generale, lo Stato
non puo' limitare le spese provinciali in campo sanitario. Poiche',
come sopra esposto, le Province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei
rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello
Stato, ne deriva che «lo Stato, quando non concorre al finanziamento
della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di
coordinamento finanziario» (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del
2010).
Inoltre, le limitazioni sarebbero incongrue anche se commisurate
alla generale autonomia finanziaria provinciale, quale definita dalle
disposizioni sopra illustrate del Titolo VI dello Statuto. Da esse,
ed in particolare dalla disciplina di cui all'art. 79 St. e dal
principio dell'accordo, che domina il regime dei rapporti finanziari
tra Stato e autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenze n. 82
del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133
del 2010), risulta che la Provincia non e' soggetta alle misure di
coordinamento finanziario relative alle Regioni ordinarie, ma a
quelle stabilite a priori dallo Statuto ed a quelle ulteriori
concordate con lo Stato.
In definitiva, e' illegittima l'assimilazione alle Regioni
ordinarie della Provincia di Trento, che finanza con proprie risorse
il SSN ed e' dotata di uno speciale regime per quel che riguarda il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, regime che prevede
espressamente, tra l'altro, il potere della Provincia di «provvedere
alle funzioni di coordinamento con riferimento... alle aziende
sanitarie» (art. 79, comma 3, statuto).
Premesso cio', valgono anche avverso l'art. 1, comma 132, della
l. 228/2012 [ed ora avverso l'art. 1, comma 481, l. 147/2013] le
seguenti argomentazioni, gia' svolte nel ricorso 156/2012 contro
l'art. 15, co. 22, d.l. 95/2012:
«Dunque, nella disciplina cosi' stabilita le norme di
razionalizzazione della spesa contenute nell'art. 15 costituiscono la
premessa di un minor fabbisogno e di un minore «correlato
finanziamento», cioe' di una minore dimensione del Fondo sanitario
nazionale: che poi si traduce, ovviamente, in un minor trasferimento
di risorse dallo Stato alle Regioni che partecipano di tale fondo.
Sin qui il meccanismo e' logico.
Non si puo' dire ugualmente della applicazione delle disposizioni
sopra descritte alle autonomie speciali nelle quali la sanita' e' a
carico della Regione stessa: come accade appunto per la Provincia di
Trento.
In esse non esiste un separato finanziamento per il servizio
sanitario, che e' invece finanziato con il bilancio generale. La
Provincia, che finanzia in proprio il servizio, rivendica - come
esposto ai punti precedenti - di non essere soggetta alle forzose
riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritti. Ma ove tali
riduzioni si verificassero - e con esse un minore livello di spesa -
si tratterebbe pur sempre di una minore incidenza della spesa
sanitaria sull'autonomo bilancio complessivo della Provincia
autonoma, come definito dalle entrate che lo Statuto attribuisce ad
essa e dalle spese necessarie o opportune.
Nel meccanismo ideato dalle norme qui contestate, invece, la
violazione dell'autonomia della Provincia nella organizzazione e
gestione del servizio sanitario, con la forzosa riduzione dei suoi
livelli, si traduce addirittura in una forzosa acquisizione allo
Stato delle risorse che lo statuto di autonomia garantisce alla
Provincia autonoma. Tale, e non altro, e' infatti il significato del
passaggio di risorse da tali autonomie speciali allo Stato. La
lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia nelle finzioni
si somma l'illegittima sottrazione di risorse.
E' dunque costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione
dell'art. 75 dello statuto - il principio stesso di tale
acquisizione. Infatti l'art. 75 St. attribuisce alle Province quote
del gettito di determinate entrate tributarie dello Stato, percepite
nei rispettivi territori provinciali, e poi «nove decimi di tutte le
altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque
denominate» (co. 1, lett. g), affinche' queste vengano spese
nell'esercizio delle finzioni e competenze costituzionali della
Provincia stessa, e non affinche' lo Stato ne possa disporre a suo
piacimento. In pratica, il comma 22 determina un contributo
straordinario permanente, a carico della Provincia, al risanamento
della finanza pubblica statale.
Inoltre, e' violato anche l'art. 79 St., in quanto si dispone un
concorso della Provincia al risanamento della finanza statale, al di
la' di quanto previsto dalla norma statutaria, che definisce in modo
esaustivo gli strumenti con cui la Provincia concorre agli obiettivi
di finanza pubblica, come gia' esposto ai punti 1 e 2.
Ancora, le norme del comma 22 alterano unilateralmente l'assetto
dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia di Trento, violando il
principio dell'accordo che domina tali rapporti (anche su cio' v. i
punti 1 e 2) e gli artt. 103 e 104 dello Statuto, che regolano la
procedura di revisione dello Statuto e la particolare procedura di
modifica delle norme finanziarie di esso.
[...]
II quomodo del concorso e' definito nei modi previsti dal quarto
e quinto periodo: il quarto periodo effettua un rinvio alle norme di
attuazione dello statuto, mentre il quinto prevede che, fino
all'emanazione di esse, lo Stato trattenga ogni anno, sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali previste dallo Statuto,
l'importo del concorso della Provincia alla riduzione della spesa
sanitaria.
Ora, il rinvio alle norme di attuazione (quarto periodo) e'
comunque illegittimo, in quanto l'art. 79 e' modificabile solo con la
procedura di cui all'art. 104 St. e non in sede di attuazione.
Inoltre, la norma in questione determina (illegittimamente) un
vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio
alla fonte «concertata» appare fittizio e contrasta con l'art. 107
St.
Infine, la previsione dell'accantonamento di un importo
imprecisato su tali quote autonomamente viola l'art. 75, dato che le
somme da esso garantite alla Provincia vengono indebitamente ridotte.
Esso viola altresi' l'art. 2, co. 108, l. 191/2009 (approvato ai
sensi dell'art. 104 St.: v. l'art. 2, co. 106, l. 191/2009), che, nel
dare attuazione all'art. 75 St., ha stabilito che «le quote dei
proventi erariali spettanti alla regione Trentino-Alto Adige/Sűdtirol
e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli
articoli 69, 70 e 75» dello Statuto, «a decorrere dal 1° gennaio
2011, sono riversate dalla struttura di gestione individuata
dall'art. 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i
tributi oggetto di versamento unificato e di compensazione, e dai
soggetti a cui affluiscono, per gli altri tributi, direttamente alla
regione e alle province autonome sul conto infruttifero, intestato ai
medesimi enti, istituito presso la tesoreria provinciale dello Stato,
nei modi e nei tempi da definire con apposito decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa con la regione
e le province autonome».
Sono dunque lesivi e costituzionalmente illegittimi sia il
principio stesso del trasferimento di risorse provinciali allo Stato,
sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti».
Come detto, tutte tali considerazioni valgono puntualmente
avverso l'art. 1, comma 481, della l. n. 147 del 2013.
8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 499, lett. b) e
e), e 500
Il comma 499 modifica il comma 454 dell'art. 1 della legge n. 228
del 2012.
Nella versione originaria, tale comma (il comma 454) non si
riferiva ne' alla Regione Trentino - Alto Adige ne' alle Province
autonome, che erano al contrario espressamente escluse dalla sua
applicazione.
Ora invece, pur permanendo l'esclusione nel primo periodo del
comma 1, la lett. b) del comma 499, qui impugnata, inserisce nel
comma 454 una tabella che prevede una riduzione di spese, da parte di
questa Provincia, di 34 milioni per gli anni 2015-2017; e la lett.
c), pure impugnata, aggiunge nel comma 454 la lett. d-bis), che
prevede «ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie
speciali».
Il comma 500 modifica il comma 455 dell'art. 1 della legge n. 228
del 2012, che e' espressamente riferito alla Regione Trentino - Alto
Adige e alle Province autonome. Dopo le modifiche (che sono
evidenziate) il comma 455 ora dispone quanto segue: «al fine di
assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per
ciascuno degli anni dal 2013 al 2017, il saldo programmatico
calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il
saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati
per il 2013 nella tabella di cui all'art. 32, comma 10, della legge
12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'art. 28,
comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come
rideterminato dall'art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio
2012, n. 1,... e dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo
2012, n. 16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016,
emanato in attuazione dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95...; d) degli importi indicati nella tabella di cui
al comma 454; d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico
delle autonomie speciali. A tale fine, entro il 31 marzo di ciascun
anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al
Ministro dell'economia e delle finanze».
E' evidente dunque che le modifiche apportate al comma 455 sono
correlate a quelle apportate al comma 454.
La ricorrente Provincia autonoma ha gia' impugnato con il ricorso
35/2013 l'art. 1, co. 455, l. 228/2012. Le norme qui impugnate
aggravano la lesione prodotta dal comma 455, sia dal punto di vista
temporale (mediante la proroga al 2017) che dal punto di vista
quantitativo (mediante la tabella di cui al comma 454), e sono
affette dai medesimi vizi.
Valgono dunque in relazione ad esse le stesse censure gia'
prospettate avverso la versione originaria del comma 455 (e 456) nel
ricorso 35/2013, che qui per dovere di completezza argomentativa si
ripropongono in relazione alla versione modificata dalla l. n. 147
del 2013 (che porta ad includere nell'impugnazione anche la tabella
di cui al comma 454):
«Il comma 455 dispone che, "al fine di assicurare il concorso
agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e
le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il
Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal
2013 al 2016, il saldo programmatico calcolato in termini di
competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico
dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella
tabella di cui all'art. 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011,
n. 183; b) del contributo previsto dall'art. 28, comma 3, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato dall'art.
35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'art.
4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli
importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle
finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016 [ora anche 2017],
emanato in attuazione dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95,...; [ora anche "d) degli importi indicati nella
tabella di cui al comma 454"] d) [ora d bis)] degli ulteriori
contributi disposti a carico delle autonomie speciali". A tale fine,
"entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette
la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze".
Il comma 456 stabilisce che, "in caso di mancato accordo di cui
ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio,... gli obiettivi della regione
Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano
sono determinati applicando agli obiettivi definiti nell'accordo
relativo al 2011 i contributi previsti dal comma 455".
Dunque, il comma 455 prevede in teoria l'accordo tra la Provincia
ed il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di
stabilita', ma in realta' stabilisce unilateralmente che il saldo
programmatico e' "determinato aumentando il saldo programmatico
dell'esercizio 2011" dei contributi previsti da alcune leggi. Il
comma 456 conferma il carattere illusorio della determinazione
concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo.
I commi 455 e 456 violano, in primo luogo, l'art. 79, co. 3,
primo periodo dello Statuto (secondo il quale «al fine di assicurare
il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le
province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli
obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai
saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo"), che assicura la
natura pattizia della regolazione degli obblighi relativi al patto di
stabilita' interno.
Inoltre, essi violano il principio dell'accordo in materia
finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze
n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n.
133 del 2010)" [su cio' v. il punto 2, ultimo capoverso, del presente
ricorso].
"Ancora, le norme sono affette da irragionevolezza in quanto
internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo
e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del
suo contenuto. I commi 455 e 456 contraddicono anche il comma 458, in
base al quale "l'attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel
rispetto degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano e delle relative norme di
attuazione». La Provincia e' legittimata a far valere il principio di
ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in
materia provinciale (coordinamento della finanza pubblica) e incidono
sull'autonomia finanziaria della Provincia».
Risulta dunque evidente, per i motivi indicati, l'illegittimita'
costituzionale anche dell'art. 1, commi 499, lett. b) e c), e 500,
della l. n. 147 del 2013.
9) Illegittimita' costituzionale dell'art. l, commi 502 e 504
Il comma 502 modifica l'art. 1, co. 461, l. 228/2012.
Nella versione originaria, la disposizione ora modificata
disponeva, tra l'altro, che ove la certificazione da essa prevista,
sebbene trasmessa in ritardo, attestasse il rispetto del patto di
stabilita', si applicassero alle regioni e province autonome
ritardatarie «le sole disposizioni di cui all'art. 7. comma 1.
lettera d), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149».
Sennonche' tale ultima disposizione (l'art. 7, co. 1, lett. d,
del lgs. 149/2011) e' stata dichiarata illegittima dalla sent.
219/2013. Di qui la necessita' di una modifica. Nel nuovo testo, il
rinvio e' ora al comma 462, lett. d) della stessa l. 228/2012.
Il comma 462, lett. d), stabilisce che, «in caso di mancato
rispetto del patto di stabilita' interno la Regione o la Provincia
autonoma inadempiente, nell'anno successivo a quello
dell'inadempienza:... d) non puo' procedere ad assunzioni di
personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia
contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi
di stabilizzazione in atto. E' fatto altresi' divieto di stipulare
contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente
disposizione».
I commi 461 e 462 della l. 228/2012 sono stati impugnati da
questa Provincia con il gia' citato ricorso 35/2013. Il comma 502,
modificando il comma 461 e richiamando le sanzioni di cui al comma
462, riproduce le lesioni derivanti da quelle norme.
Tenuto conto di cio', si possono qui riproporre avverso la nuova
formulazione le argomentazioni gia' svolte nel ricorso 35/2013:
«I commi da 461 a 465 prevedono le condizioni per l'adempimento
del patto di stabilita', i casi di inadempimento e le relative
sanzioni, anche in relazione alla Provincia di Trento.
Il comma 461 dispone che, «ai fini della verifica del rispetto
degli obiettivi del patto di stabilita' interno, ciascuna regione e
provincia autonoma e' tenuta ad inviare, entro il termine perentorio
del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al
Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato una certificazione, sottoscritta dal
rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario,
secondo i prospetti e con le modalita' definite dal decreto di cui al
comma 460». La disposizione prosegue statuendo che «la mancata
trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31
marzo costituisce inadempimento al patto di stabilita' interno»; nel
caso «in cui la certificazione, sebbene trasmessa in ritardo, attesti
il rispetto del patto, si applicano le sole disposizioni di cui
all'art. 7, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 6 settembre
2011, n. 149».
Il comma 462 stabilisce quanto segue:
«In caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno la
Regione o la Provincia autonoma inadempiente, nell'anno successivo a
quello dell'inadempienza: a) e' tenuta a versare all'entrata del
bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la
trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di
stabilita' interno, l'importo corrispondente alla differenza tra il
risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Per
gli enti per i quali il patto di stabilita' interno e' riferito al
livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli
scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza. Dal 2013,
per gli enti per i quali il patto di stabilita' interno e' riferito
al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli
scostamenti registrati in termini di competenza eurocompatibile o di
competenza finanziaria. In caso di mancato versamento si procede, nei
sessanta giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere
sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria
statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla
normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte
dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo
dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non
viene acquisita[..]; b) non puo' impegnare spese correnti, al netto
delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale
minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; c)
non puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e
i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie
e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere
corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento
degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno
precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non
puo' procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in
assenza della predetta attestazione; d) non puo' procedere ad
assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia
tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con
riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresi'
divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come
elusivi della presente disposizione; e) e' tenuta a rideterminare le
indennita' di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei
componenti della Giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto
all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010».
Il comma 463 dispone che «le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano che si trovano nelle condizioni indicate
dall'ultimo periodo dell'art. 7, comma 1, lettera a), del decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 149, si considerano adempienti al
patto di stabilita' interno se, nell'anno successivo: a) non
impegnano spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in
misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti
impegni effettuati nell'ultimo triennio; b) non ricorrono
all'indebitamento per gli investimenti; c) non procedono ad
assunzioni di personale a qualsiasi titolo con qualsivoglia tipologia
contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi
di stabilizzazione in atto»; dispone ancora che «e' fatto, altresi',
divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come
elusivi della presente disposizione», che «a tal fine, il
rappresentante legale e il responsabile del servizio finanziario
certificano trimestralmente il rispetto delle condizioni di cui alle
lettere a) e b) e di cui alla presente lettera», e che «la
certificazione e' trasmessa, entro i dieci giorni successivi al
termine di ciascun trimestre, al Ministero dell'economia e delle
finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato»; che
«in caso di mancata trasmissione della certificazione, le regioni si
considerano inadempienti al patto di stabilita' interno», e che «lo
stato di inadempienza e le sanzioni previste, ivi compresa quella di
cui all'art. 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 149, hanno effetto decorso il termine perentorio
previsto per l'invio della certificazione».
[...]
Ad avviso della ricorrente Provincia anche tali disposizioni sono
illegittime per violazione dell'art. 79 St., che pone le regole per
la definizione del patto di stabilita', precisando che «non si
applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel
restante territorio nazionale» (co. 3) e in particolare che «le
disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di
perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi
derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione
con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso
sostituite da quanto previsto dal presente articolo» (co. 4).
E' evidente, nella disposizione concordata dell'art. 79 Statuto,
l'intento di creare una disciplina del patto di stabilita' completa e
completamente sostitutiva della normativa statale ordinaria
concernente il patto di stabilita', codificando la permanente
specialita', sotto questo profilo, della Regione Trentino-Alto
Adige/Sűdtirol.
Ugualmente, e' evidente che le disposizioni qui impugnate sono
«relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di
solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto
di stabilita' interno» e che dunque esse «non trovano applicazione
con riferimento alla regione e alle province» e sono «sostituite da
quanto previsto dal presente articolo»: in questo caso come «in ogni
caso», secondo l'espressa previsione dell'art. 79 Statuto.
E' dunque illegittima, nelle impugnate disposizioni, la
previsione che esse si applichino alla ricorrente Provincia.
Posto il quadro statutario, il legislatore statale ordinario,
infatti, non puo' definire unilateralmente le condizioni perche' la
Provincia sia considerata adempiente al patto di stabilita', le
fattispecie di inadempimento e le sanzioni, in violazione del gia'
illustrato principio consensuale che domina i rapporti finanziari fra
Stato e Regioni speciali e degli artt. 103, 104 e 107 St., che
richiedono o il procedimento di revisione costituzionale o comunque
un procedimento concertato per la modifica o attuazione del Titolo VI
dello Statuto.
Nel caso in cui le norme succitate fossero intese come
applicabili anche in relazione agli obblighi concernenti il patto di
stabilita' degli enti locali, esse violerebbero l'art. 79, co. 4,
dello Statuto (sopra citato) e l'art. 79, co. 3, in base al quale
spetta alle Province stabilire gli obblighi relativi al patto di
stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con
riferimento agli enti locali, mentre «non si applicano le misure
adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio
nazionale»; inoltre, viene stabilito che «le province vigilano sul
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli
enti di cui al presente comma».
Inoltre, sarebbero violati gli artt. 80 e 81 St., che
garantiscono competenza legislativa alle Province in materia di
finanza locale, e l'art. 17, co. 3, d.lgs. 268/1992, che attribuisce
alle Province il potere di disciplinare «con legge i criteri per
assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi
compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di
ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita'
contrattuale».
Tale potesta' legislativa e' stata attuata con la l.p. 36/1993,
il cui art. 3 - come visto - dispone che «in sede di definizione
dell'accordo previsto dall'art. 81 dello Statuto speciale sono
stabilite... le misure necessarie a garantire il coordinamento della
finanza comunale e quella provinciale, con particolare riferimento
alle misure previste dalla legge finanziaria per il perseguimento
degli obiettivi della finanza provinciale correlati al patto di
stabilita' interno».
Le norme in questione, dunque, pretendono di sovrapporsi con
diretta applicabilita' ad una disciplina gia' vigente in provincia,
con conseguente violazione dell'art. 2 d.lgs. 266/1992».
Il comma 504 stabilisce che l'art. 1, co. 463, l. 228/2012, che
pure rinviava all'art. 7 d.lgs. 149/2011, «e' abrogato a decorrere
dall'esercizio 2014». In questo modo esso appare limitare
l'inapplicabilita' della disposizione ora abrogata, confermandone
l'operativita' per il 2013: qualora il comma 463 avesse trovato
applicazione nel 2013, il comma 504 sarebbe dunque, per questa parte,
illegittimo e lesivo per le ragioni sopra esposte.
10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 516
Il comma 516, primo periodo, dispone che, «relativamente alla
regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e di
Bolzano, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica sia in
termini di saldo netto da finanziare sia in termini di indebitamento
netto, previsto dalla normativa vigente, viene ripartito fra le
stesse con intesa da comunicare al Ministero dell'economia e delle
finanze, entro il 30 giugno 2014». La disposizione aggiunge poi
(secondo periodo) che, «in caso di mancata intesa, il contributo e'
ripartito secondo criteri definiti dal Ministero dell'economia e
delle finanze».
Ad avviso della ricorrente Provincia sia il primo che il secondo
periodo sono affetti da illegittimita' costituzionale.
Il primo periodo risulta illegittimo, in quanto esso viola l'art.
79, co. 3, St., che demanda alla Regione Trentino-Adige e alle
Province autonome, direttamente e separatamente, il potere di
concordare con il Ministro dell'Economia e delle finanze «gli
obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai
saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo».
La norma impugnata potrebbe risultare costituzionalmente
legittima solo ove si trattasse di norma meramente facoltizzante, ove
cioe' essa prevedesse la possibilita', ma non l'onere di addivenire a
tale intesa. Il carattere oneroso, invece, appare nel collegamento
con il secondo periodo del comma 516, che prevede, in caso di mancata
intesa, l'intervento del Ministero al fine di definire i criteri di
riparto.
Il meccanismo complessivo che ne risulta viola, in primo luogo,
il principio di leale collaborazione e l'art. 79, co. 3, St., che
appunto prevede un'intesa tra le singole autonomie speciali ed il
Ministro per definire gli obblighi relativi al patto di stabilita'.
Lo Statuto speciale garantisce alla Regione Trentino-Alto Adige e
alle Province autonome una procedura concertata, con riferimento al
rispettivo concorso finanziario. Pertanto, la previsione di un
successivo atto unilaterale dello Stato, in grado di ripartire i
concorsi stabiliti ugualmente dallo Stato, porrebbe nel nulla tale
specifica garanzia statutaria.
Infine, il comma 516, secondo periodo, istituisce un potere
sostitutivo unilaterale, laddove, con riferimento alle materie
assegnate dallo Statuto, opera soltanto (v. la sent. 236/2004) l'art.
8 dPR 526/1987, che ne prevede i presupposti e la specifica
procedura. Ora, che si tratti di materie di competenza statutaria non
puo' esser dubbio, essendo essa stabilita dall'art. 79 St.
Il comma 516, primo periodo, fa generico riferimento alla
«normativa vigente», cioe' alle norme legislative statali che hanno
unilateralmente previsto misure di concorso alla finanza pubblica a
carico delle autonomie speciali (d.l. 78/2010; d.l. 138/2011; l.
183/2011; d.l. 201/2011; d.l. 1/2012; d.l. 95/2012; l. 228/2012), fra
le quali la stessa l. 147/2013.
Molte di tali disposizioni, ivi comprese, sono state impugnate
dalla ricorrente Provincia, e quelle della l. n. 147 lo sono con il
presente ricorso. (v. i motivi n. 6 e n. 11, in relazione ai commi
429 e 526). Il richiamo in questione sarebbe ovviamente affetto dagli
stessi vizi delle norme richiamate, ove intendesse dare ad esse una
ulteriore base giuridica.
11) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 526 e 527
Il comma 526 dispone quanto segue:
«Per l'anno 2014, con le procedure previste dall'art. 27 della
legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni a statuto speciale e le
province autonome di Trento e di Bolzano assicurano un ulteriore
concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 240
milioni di euro. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui
al predetto art. 27, l'importo del concorso complessivo di cui al
primo periodo del presente comma e' accantonato, a valere sulle quote
di compartecipazione ai tributi erariali, secondo gli importi
indicati, per ciascuna regione a statuto speciale e provincia
autonoma, nella tabella seguente:[...]». La tabella prevede, per la
Provincia di Trento e per il 2014, un accantonamento di 19.913.000
euro.
Dunque, il comma 526, come il comma 481, prevede una riduzione di
spesa a carico delle Regioni speciali ed un rinvio alle norme di
attuazione per l'attuazione di tale previsione; inoltre, il comma
526, come il comma 481, dispone - in attesa delle norme di attuazione
- un accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi
erariali. La differenza tra le due norme sta solo nel fatto che,
mentre il comma 481 non precisa l'importo dell'accantonamento, il
comma 526 reca una tabella che determina la somma da accantonare.
Il contenuto lesivo delle due norme e', pero', comune, ragion per
cui anche il comma 526 viola gli artt. 75, 79, 103, 104 e 107 dello
Statuto speciale, il principio dell'accordo in materia finanziaria e
l'art. 2, co. 108, l. 191/2009, per le stesse ragioni gia' esposte al
motivo n. 7 del presente ricorso, che qui si intendono richiamate
(sul principio dell'accordo v. anche l'ultimo capoverso del motivo n.
2).
Oltre a prevedere unilateralmente un ulteriore concorso alla
finanza pubblica, in violazione dell'art. 79 St., a predeterminare il
contenuto delle norme di attuazione (in contrasto con l'art. 107 St.)
e a disporre un accantonamento (in contrasto con l'art. 75 St.), il
comma 526 non precisa il criterio di riparto dell'ulteriore concorso
tra le diverse autonomie speciali e, in tal modo, non consente una
verifica di proporzionalita' del riparto stesso. In subordine alle
censure principali va percio' rilevato che, cosi' operando, il comma
526 viola l'art. 3 Cost. (principio di ragionevolezza) e che tale
violazione si traduce in una lesione dell'autonomia finanziaria della
Provincia.
Il comma 527 (secondo cui «gli importi indicati per ciascuna
regione a statuto speciale e provincia autonoma nella tabella di cui
al comma 526 possono essere modificati, a invarianza di concorso
complessivo alla finanza pubblica, mediante accordo da sancire, entro
il 31 gennaio 2014, in sede di Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano», con la precisazione che «tale riparto e' recepito con
successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze») e'
illegittimo in quanto rinvia al comma 526, presupponendo la
legittimita' del concorso da esso previsto.
12) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 521, 711, 712,
723, 725, 727 e 729
Vengono qui in considerazione i commi 521 711, 712, 723, 725, 727
e 729 i quali, con riferimento alla riserva allo Stato di quote di
tributi locali, e in particolare alla riserva prevista dall'art. 1,
co. 380, lett. f), l. 228/2012, ribadita dal comma 521, confermano il
meccanismo dell'accantonamento sulle quote spettanti alla Provincia
di compartecipazione ai tributi erariali di cui al gia' impugnato
art. 13, co. 17, d.l. 201/2011, gia' tenuto fermo dall'art. 1, co.
380, lett. h), l. 228/2012.
Sia l'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011 che l'art. 1, co. 380, lett.
f) l. 228/2012 sono stati impugnati da questa Provincia con i ricorsi
n. 34 del 2012 e n. 35 del 2013, tuttora pendenti. Facendo
riferimento agli stessi meccanismi, i commi sopra citati sono dunque
affetti dagli stessi vizi denunciati con tali ricorsi, come meglio
ora si illustrera' per esigenze di chiarezza e completezza
dell'impugnazione.
Precisamente, il comma 521 stabilisce che, «a decorrere dall'anno
2014, per le province autonome di Trento e di Bolzano, le quote di
gettito riservate allo Stato in riferimento ai tributi locali sono
assicurate con le modalita' di cui al comma 17 dell'art. 13 del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201...» (primo periodo), cioe' con
l'accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi
erariali. Inoltre, lo stesso comma prevede che «sino al riordino
della disciplina nazionale dei tributi locali immobiliari, resta
acquisito all'entrata del bilancio dello Stato il gettito dell'IMU
relativo agli immobili di categoria D, per la quota riferita
all'aliquota standard, di cui all'art. 1, comma 380, lettera g),
della legge 24 dicembre 2012, n. 228». In tal modo, il comma 521
ribadisce la riserva allo Stato prevista dall'art. 1, co. 380, lett.
f), della stessa l. n. 228/2012, a nulla rilevando l'espressione
«sino al riordino della disciplina nazionale dei tributi locali
immobiliari».
Il comma 711 stabilisce che, «per i comuni delle regioni a
statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle
province autonome di Trento e di Bolzano a cui la legge attribuisce
competenza in materia di finanza locale, la compensazione del minor
gettito dell'imposta municipale propria, derivante dai commi 707,
lettera c), e 708, avviene attraverso un minor accantonamento per
l'importo di 5,8 milioni di euro a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi del comma 17 del
citato art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011».
Tale norma - come oltre meglio si dira' - e' simile all'art. 3,
co. 2-bis, d.l. 102/2013, impugnato da questa Provincia con ricorso
3/2014.
Il comma 712 dispone che, «a decorrere dall'anno 2014, per i
comuni ricadenti nei territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e
Valle d'Aosta, nonche' delle province autonome di Trento e di
Bolzano, ai fini di cui al comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201,... non si tiene conto del minor gettito da
imposta municipale propria derivante dalle disposizioni recate dal
comma 707».
Il significato di questa disposizione non e' del tutto chiaro:
essa potrebbe essere intesa nel senso che la somma corrispondente al
minor gettito non viene accantonata, oppure nel senso che il minor
gettito derivante dal comma 707 non viene scomputato
dall'accantonamento, cioe' nel senso che viene accantonata sulle
quote di compartecipazione ai tributi erariali una somma
corrispondente ad un gettito inesistente (ed anche su cio' si
tornera' piu' avanti).
Il comma 723 statuisce che, «per le somme concernenti gli anni di
imposta 2013 e seguenti, gli enti locali interessati comunicano al
Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno
gli esiti della procedura del riversamento di cui al comma 722 al
fine delle successive regolazioni,... per i comuni delle regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'art. 13
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201».
Il comma 725 dispone che, «a decorrere dall'anno di imposta 2012,
nel caso in cui sia stata versata allo Stato, a titolo di imposta
municipale propria, una somma spettante al comune, questo, anche su
comunicazione del contribuente, da' notizia dell'esito
dell'istruttoria al Ministero dell'economia e delle finanze e al
Ministero dell'interno il quale effettua le conseguenti regolazioni a
valere sullo stanziamento di apposito capitolo anche di nuova
istituzione del proprio stato di previsione». Relativamente «agli
anni di imposta 2013 e successivi, le predette regolazioni sono
effettuate,... per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e
Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in
sede di attuazione del comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201».
Il comma 727 detta una norma simile per il caso opposto, cioe'
per il «caso in cui sia stata versata al comune, a titolo di imposta
municipale propria, una somma spettante allo Stato».
Il comma 729 apporta diverse modifiche all'art. 1, co. 380, l.
228/2012 e, tra l'altro, sostituisce la lett. h), nella quale si
ribadisce che «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del
2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di
Trento e di Bolzano».
Oltre al comma 521, dunque, anche i commi 711, 712, 723, 725, 727
e 729 confermano il meccanismo dell'accantonamento di cui al gia'
impugnato art. 13, co. 17, d.l. 201/2011, gia' tenuto fermo dall'art.
1, co. 380, lett. h), l. 228/2012. Come si e' visto, poi, il comma
521 ribadisce la riserva allo Stato prevista dall'art. 1, co. 380,
lett. f), l. 228/2012. Poiche' tali norme della legge di stabilita'
per il 2013 sono state a suo tempo impugnate da questa Provincia, si
devono qui riproporre e rinnovare le censure gia' formulate con il
ricorso 35/2013, precisando che la sostituzione dell'art. 80 St. ad
opera dell'art. 1, co. 518, l. 147/2013 non fa che avvalorare tali
censure, dato che la competenza statutaria provinciale in materia di
finanza locale ha ora assunto rango primario:
«A) Premessa. La disciplina dell'Imu e la sottrazione delle
risorse al sistema locale.
Illegittimita' costituzionale delle lett. b), f), h) e i).
Il comma 380 detta diverse norme «al fine di assicurare la
spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale propria, di
cui all'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,[...] per
gli anni 2013 e 2014». Si tratta, in altre parole, della disciplina e
soprattutto della destinazione dell'IMU.
Converra' ricordare che l'art. 13 d.l. 201/2011 ha regolato
l'Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria,
stabilendo (comma 1) che l'istituzione di tale imposta «e'
anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed e'
applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in
base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.
23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono», e che
conseguentemente, «l'applicazione a regime dell'imposta municipale
propria e' fissata al 2015».
Il riferimento a «tutti i comuni del territorio nazionale» ha
indotto a ritenere che l'art. 13 intenda applicarsi anche nella
regione Trentino-Alto Adige, ed in relazione alla relativa disciplina
la Provincia autonoma di Trento ha introdotto il ricorso n. 34/2012
tuttora pendente.
Quanto al contenuto della disciplina, l'art. 8, co. 1, d.lgs.
23/2011, richiamato dall'art. 13, comma 1, del d.l. 201/11 ora
citato, stabilisce che l'imposta municipale propria istituita dallo
stesso articolo «sostituisce, per la componente immobiliare,
l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali
dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati,
e l'imposta comunale sugli immobili».
Dunque, l'Imu e' venuta a sostituire - oltre gia' destinata ai
Comuni - imposte destinate alla Provincia: o per nove decimi, come
l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati (art.
75 Statuto) o interamente, come le addizionali provinciale e comunale
relative ai redditi fondiari degli immobili non locati: va infatti
ricordato che, in base all'art. 80, co. 1-ter, St., le addizionali
altrimenti comunali spettano alla Provincia, nel quadro della sua
complessiva competenza e responsabilita' in materia di finanza locale
prevista dall'art. 80, co. 1, St.
Ora, se lo Stato si fosse limitato a rinunciare, in favore della
finanza comunale, a determinati tributi, non vi sarebbe nulla da
eccepire. Ma se, come avviene nel vigente disegno normativo dell'IMU,
il reddito dell'imposta «municipale» viene assegnato allo Stato, ne
risulta una violazione dello Statuto, che determina un complessivo
impoverimento del sistema locale: dietro la «municipalizzazione»,
infatti, vi e' sempre l'imposta erariale, soltanto che il suo gettito
viene sottratto alla Provincia autonoma, con evidente sostanziale
violazione dell'art. 75 dello Statuto.
Cio' e' avvenuto con le disposizioni dell'art. 13 d.l. 201/2011
(che percio', come detto, e' stato impugnato da questa Provincia)) e
accade ora con le disposizioni dell'art. 1, comma 380, del quale
tocca ora esaminare il contenuto specifico.
[...]
La lett. f) riserva «allo Stato il gettito dell'imposta
municipale propria di cui all'art. 13 del citato decreto-legge n. 201
del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel
gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per
cento».
La lett. h) abroga l'art. 13, comma 11, d.l. 201/2011 e l'art. 2,
commi 3 e 7, d.l. 23/2011; inoltre, precisa che «per gli anni 2013 e
2014 non operano i commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9 del medesimo art. 2» e che
«il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua
ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia
e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano».
[...]
Cosi' descritti i contenuti dell'art. 1, comma 380, occorre ora
esaminare in quali parti essi incidano sull'autonomia finanziaria.
[...]
Riguarda invece sicuramente la Provincia di Trento ed i suoi
comuni la disposizione di cui alla lett. f) riserva «allo Stato il
gettito dell'imposta municipale propria di cui all'art. 13 del citato
decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso
produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota
standard dello 0,76 per cento». Ad avviso della Provincia, tale
riserva e' illegittima per le ragioni che di seguito si esporranno.
Poiche' gli importi di cui (tra l'altro) alla lett. f) possono essere
modificati ai sensi della lett. i), anche questa e' impugnata.
Inoltre, secondo la lett. h) «il comma 17 dell'art. 13 del
decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli
territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle
Province autonome di Trento e Bolzano».
Si tratta della disposizione secondo la quale lo Stato si
appropria di tutto il maggior gettito, cioe' ogni importo eccedente
le entrate che affluivano ai comuni della provincia di Trento in base
alle norme previgenti: e lo fa acquisendo tali fondi dalla Provincia.
Infatti, il comma 17, terzo periodo, dispone - in relazione alle
autonomie speciali competenti in materia di finanza locale - che «con
le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province
autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio
statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel
proprio territorio». Ed il quarto periodo precisa che, «fino
all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso art. 27,
a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e'
accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al
precedente periodo». Il quinto periodo, infine, prevede che
«l'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al
presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per
l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162
milioni di euro». E sembra da ritenere che - al di la' dell'oscuro
riferimento alla «riduzione del recupero» - i numeri indicati
rappresentino la quantificazione del «recupero» a carico delle
autonomie speciali.
Tale disposizione e' gia' stata contestata con il ricorso n.
34/2012, e per le corrispondenti ragioni deve essere impugnata anche
con il presente ricorso.
In sintesi, del comma 380 sono qui impugnati: la lett. b) in via
cautelativa; la lett. f) e - in quanto collegata ad essa - la lett.
i); la lett. h), in quanto confermativa del regime del comma 17
dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011.
Tutte le norme impugnate determinano una attribuzione allo Stato
- o in via diretta attraverso la riserva di cui alla lettera f),[..]
- di risorse devolute al sistema finanziario locale. [...]
Infine, come visto, la lett. h) tiene ferma l'applicazione
dell'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011 nella provincia di Trento.
In relazione alla Provincia di Trento, dunque, la nuova
disciplina conserva le caratteristiche e il contenuto sostanziale
della precedente, gia' impugnata. Lo Stato ha provveduto a
ristrutturare le imposte «immobiliari» e a rideterminare le basi
imponibili, ma - nel periodo 2013-2014 - i maggiori incassi derivanti
da questa operazione sono interamente destinati allo Stato, il quale
in parte li riceve direttamente dai contribuenti in base alla riserva
di cui al comma 380, lett. f), in parte li riceve dalla Provincia con
i meccanismi di «recupero» o «accantonamento» di cui all'art. 13,
comma 17, d.l. 201/2011, e in parte dai comuni (per il Fondo di
solidarieta' di cui alla lett. b, ove questa risultasse applicabile).
Come gia' accennato, l'Imu sostituisce - oltre all'ICI, gia'
destinata ai Comuni - imposte destinate alla Provincia in base allo
Statuto: o per nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari
degli immobili non locati (art. 75 Statuto) o interamente, come le
addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari degli
immobili non locati: va infatti ricordato che, in base all'art. 80,
co. 1-ter, St., le addizionali altrimenti comunali spettano alla
Provincia, nel quadro della sua complessiva competenza e
responsabilita' in materia di finanza locale prevista dall'art. 80,
co. 1, St. e dall'art. 81, co. 2, St. («Allo scopo di adeguare le
finanze dei comuni al raggiungimento delle finalita' e all'esercizio
delle funzioni stabilite dalle leggi, le province di Trento e di
Bolzano corrispondono ai comuni stessi idonei mezzi finanziari, da
concordare fra il Presidente della relativa Provincia ed una
rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni»).
In questi termini, attraverso una nominalistica comunalizzazione
dei tributi immobiliari si realizza il transito delle corrispondenti
risorse dal bilancio provinciale al bilancio statale, per effetto
delle norme di cui alle lett. b), f) e h). La Provincia, che prima
«integrava» la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora
ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie
dei comuni (art. 81, co. 2, St.), e dovrebbe contestualmente versare
allo Stato proprie risorse in misura corrispondente alle maggiori
entrate dei Comuni, o comunque in misura corrispondente a quella a
priori determinata dall'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011.
In un sistema nel quale la Provincia ha la responsabilita'
complessiva della finanza locale, la sottrazione ai comuni delle
risorse derivanti dalle imposte ad essi destinate costituisce
contemporaneamente una lesione dell'autonomia finanziaria
provinciale: in questi termini, la devoluzione di parte dell'Imu allo
Stato viola lo Statuto (artt. 80 e 81) anche in relazione alle
risorse sostitutive dell'Ici, cioe' dell'imposta che affluiva ai
comuni.
Dunque, le lett. b), f) e h) (e la collegata lett. i) violano gli
artt. 75, 80, co. 1 e co. 1-ter, e 81, co. 2, St. in quanto
attribuiscono allo Stato risorse che spettano alla Provincia (per
nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili
non locati - art. 75 St. - o interamente, come le addizionali
provinciale e comunale relative ai redditi fondiari; art. 80, co.
1-ter, St.) o che rappresentano una componente essenziale della
finanza comunale, con ripercussioni sulla responsabilita' provinciale
in materia (art. 81, co. 2, St.).
Inoltre, la lett. f) e la lett. h) violano l'art. 79 St., che
definisce in modo completo i termini e le modalita' del concorso
delle Province autonome e degli enti locali trentini al conseguimento
degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche'
all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti
dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle
altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla
normativa statale. Infatti, la devoluzione di parte dell'Imu al
bilancio statale rappresenta una misura di concorso al raggiungimento
degli obiettivi finanziari dello Stato (su cio' v. amplius infra,
punto C).
Le norme in questione violano anche gli artt. 9, 10 e 10-bis del
d.lgs. 268/1992, perche' riservano allo Stato parte del gettito Imu
in assenza dei presupposti previsti dalle succitate norme di
attuazione (su cio' v. amplius infra, punto B).
Infine, tutte le norme impugnate violano il principio
dell'accordo che regola i rapporti fra Stato e Regioni speciali in
materia finanziaria (Corte costituzionale, sentenze n. 82 del 2007,
n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000). In particolare per
questa Provincia la Corte costituzionale (sentenza n. 133 del 2010)
ha ribadito che i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione
Trentino - Alto Adige e le Province autonome sono regolati secondo
procedure paritetiche garantite a norma degli articoli 103, 104 e 107
dello Statuto speciale.
B) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett.
f) e lett. i).
Come sopra esposto, il comma 380, lett. f) riserva «allo Stato il
gettito dell'imposta municipale propria..., derivante dagli immobili
ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad
aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo
periodo, del citato art. 13». In base al comma 380, lett. g), «i
comuni possono aumentare sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota
standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo
del citato art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 per gli immobili
ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D».
Dunque, l'Imu derivante dagli immobili produttivi e' versata
direttamente allo Stato, che regola anche la possibilita' dei comuni
di aumentare l'aliquota.
L'art, 75 dello Statuto speciale dispone che «sono attribuite
alle province le seguenti quote del gettito delle sottoindicate
entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi territori
provinciali:... g) i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie
erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta
locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o
di altri enti pubblici».
Dunque, la quota di Imu riservata allo Stato dalla lett. f)
rientra tra le «entrate tributarie erariali, dirette o indirette,
comunque denominate», di cui all'art. 75, co. 1, lett. g), St.
Infatti, il senso della disposizione statutaria e' esattamente quello
di riservare al sistema locale i nove decimi di tutte le entrate
tributarie destinate in via generale allo Stato.
In questi termini, i nove decimi di essa sono destinati alla
Provincia, ai sensi dell'art. 75 Statuto: ma la lett. f) contraddice
tale destinazione, e la clausola di salvaguardia di cui al comma 554
non e' in grado di garantire un'applicazione della lett. f) conforme
a Statuto.
Percio' la lett. f) si pone in contrasto con l'art. 75, co. 1,
lett. g) dello Statuto.
La fondatezza della censura sopra esposta non potrebbe essere
contestata facendo valere la clausola di possibile riserva all'erario
statale prevista dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. 268/1992.
[...Sugli artt. 9, 10 e 10-bis d.lgs. 268/1992 v. sopra, punto 2]
Ad avviso della ricorrente Provincia risulta evidente che in
relazione alla quota erariale dell'Imu non sussistono i requisiti
posti dall'art. 9 d.lgs. 268/1992 per la riserva all'erario del
«gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di
nuovi tributi».
Tali requisiti sono stati sintetizzati dalla sentenza di codesta
Corte n. 182/2010, secondo la quale «tale articolo richiede, per la
legittimita' della riserva statale, che: a) detta riserva sia
giustificata da «finalita' diverse da quelle di cui al comma 6
dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso
d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe' da finalita' diverse tanto dal
«raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese
derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla
regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia
destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della
Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo
che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle
province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»; c) il
gettito sia «temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato
distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»".
Ora, il comma 380, lett. f) non contiene alcuna specifica
destinazione, ne' alcuna ulteriore particolare disposizione che possa
riferirsi all'applicazione dell'art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992:
sicche' da questo punto di vista e' chiara l'illegittimita' della
riserva.
C) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett.
h)
Come visto, il comma 380, lett. h) stabilisce che «il comma 17
dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi
nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle
d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano». L'art. 13,
co. 17, terzo periodo prevede che «con le procedure previste
dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome
di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale
del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio
territorio». Il quarto periodo aggiunge che, «fino all'emanazione
delle norme di attuazione di cui allo stesso art. 27, a valere sulle
quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un
importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente
periodo». In base al quinto periodo, «l'importo complessivo della
riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno
2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di
euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro».
Come detto, tali norme sono state impugnate con il ricorso
34/2012.
Dunque, lo Stato non solo trattiene direttamente una parte
dell'Imu come entrata erariale (in base alla lett. f), ma vorrebbe
incamerare dalla Provincia anche tutto l'importo eccedente le entrate
che affluivano ai comuni in base alle norme previgenti. Si noti che -
come gia' rilevato con il ricorso 34/2011 - il comma 17 e' formulato
in modo tale da poter essere inteso nel senso che l'importo Imu non
debba essere confrontato con l'importo 2011 dei tributi sostituiti ma
solo con l'importo dei tributi comunali sostituiti (cioe', l'Ici
2011). Se cosi' fosse, il taglio delle risorse assumerebbe un
carattere del tutto particolare rispetto alla Provincia di Trento (ed
ovviamente a quella di Bolzano). Infatti, delle tre componenti
sostituite dall'Imu (cioe' l'Irpef fondiaria, le addizionali
provinciali e comunali e l'ICI), soltanto l'ICI era precedentemente
destinata direttamente ai comuni, mentre sia le risorse derivanti
dall'Irpef fondiaria che quelle derivanti dalle addizionali
pervenivano poi ai comuni per il tramite del finanziamento
provinciale. Ne risulta che - concentrata la fiscalita' nell'Imu - il
«maggior gettito stimato dei comuni» della Provincia sara'
particolarmente elevato, comprendendo anche il gettito dei tributi
che prima costituivano entrate della Provincia. Se cosi' fosse, la
Provincia e i suoi enti locali risulterebbero depauperati:
dei nove decimi dell'Irpef sui redditi immobiliari, soppressi;
delle addizionali provinciale e comunale precedentemente
previste (la seconda era incassata dalla Provincia in luogo dei
comuni);
Inoltre, il comma 17 potrebbe essere interpretato anche nel senso
che dal gettito precedente sia esclusa la somma che perveniva ai
comuni (tramite le Province autonome) ai sensi dell'art. 1, co. 4,
d.l. 98/2008, che aveva previsto un fondo sostituivo delle entrate
comunali relative all'ICI sull'abitazione principale (norma ora
abrogata dall'art. 13, comma 14, lett. a, del d.l. n. 201 del 2011).
Se cosi' fosse, ne risulterebbe un ulteriore rilevante depauperamento
del sistema provinciale.
Il terzo e quarto periodo del comma 17 violano l'art. 75 St. e
gli artt. 9 e 10 d.lgs. 268/1992 perche' pretendono di avocare allo
Stato risorse di spettanza provinciale, al di fuori dei casi
previsti.
Cio' e' vero sia nel caso in cui si ritenga che il comma 17
produca l'effetto di avocare allo Stato le risorse che prima
spettavano alla Provincia a titolo di compartecipazione all'Irpef
fondiaria (art. 75 St.) e di addizionali provinciale e comunale (art.
80, co. 1-ter), sia nel caso in cui si ritenga che la Provincia
dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le
proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce l'effetto di
«far tornare» nelle casse statali risorse spettanti alla Provincia e
ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie poste dallo
Statuto e dalle norme di attuazione (co. 17, terzo periodo).
Inoltre, essi violano l'art. 79 St. perche' l'avocazione e'
disposta con il fine del concorso al risanamento della finanza
pubblica, mentre la norma statutaria configura un sistema completo di
concorso delle Province agli obiettivi di finanza pubblica, non
derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto. In
particolare, l'art. 79, co. 1, fissa gli strumenti con i quali le
Province concorrono «al conseguimento degli obiettivi di perequazione
e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli
stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere
finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di
stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della
finanza pubblica stabilite dalla normativa statale», ed il comma 2
precisa che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate
esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla
loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi
di finanza pubblica di cui al comma 1». Il comma 3 stabilisce che,
«al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza
pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro
dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di
stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire
in ciascun periodo», e attribuisce alle Province poteri di
coordinamento della finanza pubblica in relazione agli enti locali,
precisando che «non si applicano le misure adottate per le regioni e
per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Infine, il
comma 4 dispone che «le disposizioni statali relative all'attuazione
degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al
rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno,
non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province
e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente
articolo».
Ancora, il terzo e quarto periodo del comma 17 violano gli artt.
103, 104 e 107 St., proprio perche' pretendono di derogare agli artt.
75 e 79 St. e al d.lgs. 268/1992 con una fonte primaria «ordinaria».
L'art. 107 St. e' violato anche perche' il comma 17, terzo
periodo, pretende di vincolare unilateralmente il contenuto delle
norme di attuazione.
Una menzione separata e specifica richiede l'illegittimita' del
quarto periodo del comma 17 che prevede lo «accantonamento» delle
quote di compartecipazione previste dall'art. 75 Statuto.
Va rilevato, infatti, che tale «accantonamento» contrasta
anch'esso frontalmente con l'art. 75 dello Statuto e con l'intero
sistema finanziario della Provincia da esso istituito.
E' evidente, infatti, che le risorse che lo Statuto prevede come
entrate provinciali sono cosi' stabilite perche' esse vengano
utilizzate dalla Provincia per lo svolgimento delle sue funzioni
costituzionali, e non perche' esse vengano «accantonate». L'istituto
dell'accantonamento non ha nel sistema statutario cittadinanza
alcuna.
Inoltre, l'illegittimita' del trasferimento previsto determina
anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva
del trasferimento».
Oltre a queste ragioni di illegittimita', che riguardano tutte le
norme sopra citate, alcuni specifici profili riguardano i commi 711 e
712.
Come si e' detto, il comma 711 e' simile all'art. 3, co. 2-bis,
d.l. 102/2013 (gia' impugnato da questa Provincia con il ricorso
3/2014), che pure ha previsto un minor accantonamento ai sensi
dell'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011, per temperare l'impatto sulle
finanze locali dell'eliminazione dell'IMU sulla prima casa.
Come nel ricorso appena citato, anche in questo caso la Provincia
autonoma di Trento osserva che, ove il proprio ricorso contro l'art.
13, co. 17, venisse ritenuto fondato, non vi sarebbe alcun
«accantonamento» delle somme che lo Statuto prevede spettino alla
Provincia, ne' dunque alcun possibile «minor accantonamento».
In altre parole, il comma 711 e' illegittimo in quanto, invece di
prevedere un effettivo trasferimento di risorse dal bilancio statale
in favore delle Province autonome, pari all'importo dovuto ai comuni
a titolo di rimborso della minore entrata derivante dalla riduzione
del gettito Imu (cosi' come gia' previsto dall'art. 1, co. 4, d.l.
93/2008), prevede la diminuzione di un accantonamento di fondi che e'
gia' di per se' costituzionalmente illegittimo.
Tra l'altro, il comma 711 conferma anche ulteriormente la natura
«sottrattiva» e lesiva dello stesso accantonamento, che anche il
legislatore statale tratta come se fosse non un regime di temporanea
indisponibilita' ma una vera posta passiva, il cui ammontare puo'
venire diminuito da una iniezione di risorse.
In relazione al comma 712, si e' sopra evidenziato che esso
potrebbe essere inteso nel senso che la somma corrispondente al minor
gettito non viene accantonata, oppure nel senso che il minor gettito
derivante dal comma 707 non viene scomputato dall'accantonamento. In
questa seconda ipotesi, esso sarebbe illegittimo anche nella parte in
cui non tiene conto, ai fini dell'accantonamento, del minor gettito
derivante dalle disposizioni recate dal comma 107. In altri termini,
se anche - in denegata ipotesi - fosse legittimo il meccanismo
dell'accantonamento, sarebbe certamente lesivo dell'autonomia
finanziaria provinciale (come sopra illustrata) non considerare una
riduzione del gettito ai fini della misura dell'accantonamento
stesso.
Oltre a cio', e' da sottolineare che sarebbe palesemente
irragionevole un sistema in cui una norma (l'art. 13, co. 17) prevede
un accantonamento sulle compartecipazioni provinciali corrispondente
al maggior gettito Imu dei comuni e un'altra norma (il comma 712 qui
impugnato) stabilisce che la misura dell'accantonamento debba restare
ferma nonostante il gettito in questione abbia subito una
diminuzione. Tale irragionevolezza, che implica violazione dell'art.
3 Cost., si ripercuote evidentemente sull'autonomia finanziaria della
Provincia, che si vede sottratte risorse statutariamente spettanti ad
essa, senza alcuna base logica (oltre che giuridica).
P. Q. M.
Voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 157, 179, 388, 427, primo periodo,
429, 481, 499, lettere b) e c), 500, 502, 504, 508, 511, 515, terzo
periodo, 516, 521, 526, 527, 711, 712, 723, 725, 727 e 729 della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di
stabilita' 2014)», nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti
nel presente ricorso.
Padova-Trento-Roma, 24 febbraio 2014
Prof. avv. Falcon - Avv. Pedrazzoli - Avv. Manzi