Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 23 novembre 2011 (della Regione Puglia).

 

 

(GU n. 53 del 21.12.2011)

 

     Ricorso  della  Regione  Puglia,  in  persona   del   Presidente pro-tempore, autorizzato con  deliberazione  della  Giunta  regionale dell'11 novembre 2011, n.  2449,  rappresentata  e  difesa,  come  da procura speciale a margine del presente atto, dall'Avv. Prof.  Nicola Colaianni con domicilio eletto in Roma presso  la  Delegazione  della

Regione Puglia, via Barberini 36;

    Contro il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi,  n. 12,

    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:

        dell'art. 16  del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011, per violazione:

          dell'art. 117, primo,  secondo,  terzo,  quarto,  quinto  e sesto comma, della Costituzione;

          dell'art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione;

          dell'art. 119 della Costituzione;

          dell'art. 114 della Costituzione

    nei modi e per i profili di seguito illustrati.

    1. Con il decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 recante  «Ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione  finanziaria  e  lo  sviluppo.

Delega al Governo per la  riorganizzazione  della  distribuzione  sul territorio degli uffici giudiziari», poi convertito  nella  legge  14 settembre 2011 n.  148,  sono  state  adottate  numerose  innovazioni legislative  e  modifiche   normative   che   incidono   sull'assetto ordinamentale ed istituzionale di  soggetti  aventi  piena  rilevanza costituzionale, tra i quali i Comuni e le Regioni.

    In particolare, l'art. 16 nei commi da 1 a 16 prevede:

        che a decorrere dalla data fissata dal comma 9 i  comuni  con popolazione fino a 1000 abitanti debbano esercitare obbligatoriamente in forma associata tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti tramite una Unione, disciplinata dall'art. 32

del TUEL e dalle norme puntuali, e ampiamente  innovative,  contenute nei citati commi dell'art. 16;

        che di queste unioni possano far parte anche comuni superiori a 1000 abitanti ai quali e' data la facolta' di esercitare attraverso di esse le funzioni fondamentali o, a loro scelta, tutte le  funzioni o servizi loro attribuiti, cosi' come stabilito per i comuni  fino  a 1000 abitanti; che a queste unioni spetta «per conto dei  comuni  che ne sono membri la programmazione finanziaria e la gestione  contabile con riferimento alle funzioni esercitate per mezzo dell'unione» e che «i comuni concorrono ala predisposizione del bilancio  di  previsione dell'unione»  soltanto   «mediante   l'adozione   di   un   documento programmatico, nell'ambito del piano generale di indirizzo deliberato dall'unione» (comma 4);

        che «l'unione  succede  a  tutti  gli  effetti  nei  rapporti giuridici in essere alla data di cui al comma 9  che  siano  inerenti alle funzioni e ai servizi ad essa affidati ai sensi dei commi 1, 2 e 4» e «nonche' i relativi rapporti finanziaria derivanti da  bilancio;

che  i  comuni  che  fanno  parte  dell'unione  entro  quattro   mesi dall'istituzione delle unione devono adeguare i loro ordinamenti alla disciplina delle unioni» (comma 7);

        che dal momento  dell'istituzione  dell'unione  per  tutti  i comuni fino a mille abitanti che ne fanno parte e  anche  per  quelli con popolazione superiore che svolgano  mediante  l'unione  tutte  le loro funzioni decadono le giunte e gli organi sono il  sindaco  e  il consiglio e che «ai consigli dei comuni  che  sono  membri  competono esclusivamente i poteri di indirizzo» e solo per  quelli  dei  comuni sopra i 1000 abitanti che non esercitino tutte  le  funzioni  tramite unione i consigli esercitano anche i poteri normativi  rispetto  alle funzioni residue;

        che l'unione e' dotata di propri organi e in particolar di un consiglio composto dai sindaci e da un certo numero  dei  consiglieri dei comuni membri, i quali eleggono il presidente  che  a  sua  volta nomina la giunta e che e' previsto che successivamente il legislatore statale possa anche prevedere l'elezione  a  suffragio  universale  e diretto di questi organi (commi 10 e 11);

        che composizione, funzioni, durata in  carica  ed  emolumenti degli organi delle unioni sono minutamente  disciplinati  (commi  12, 13, 14, 15);

        che i comuni inferiori  a  mille  abitanti  possono  derogare all'obbligo di esercitare tutte le loro funzioni  e  i  loro  servizi solo se adottano altra forma associativa, quale la convenzione di cui all'art. 30 TUEL, fermo restando che  anche  in  questo  caso  devono gestire tutte le funzioni e i servizi ad essi attribuiti  tramite  la convenzione.

    2. La normativa qui puntualmente richiamata appare  in  ogni  sua parte e nel suo complesso viziata  da  illegittimita'  costituzionale per violazione degli artt. 114, primo e secondo comma,  117,  secondo comma, lett. p), 118 e 133 Cost. nonche' per violazione del principio di ragionevolezza e di buon andamento di cui agli art. 3 e 97 Cost.

    Il comma 1 e' incostituzionale nella misura in  cui  pretende  di allocare funzioni amministrative in ambiti di competenza  legislativa regionale, concorrente e residuale, violando cosi' l'art. 117,  terzo e quarto comma, e l'art. 118, secondo comma, Cost.

    In particolare, l'incostituzionalita'  e',  in  primo  luogo,  da individuare nella conformazione generale dell'ambito di  applicazione della norma considerata. Essa, infatti, riguarda «tutte  le  funzioni amministrative»  esercitate  dagli  enti  locali  in  questione,   in qualunque materia esse si  collochino.  Dunque,  e'  incostituzionale nella  parte  in   cui   pretende   di   applicarsi   alle   funzioni amministrative che ricadono nelle materie di cui  ai  commi  terzo  e quarto dell'art. 117 Cost.

    Ancor piu' evidente e' l'incostituzionalita' della previsione  in esame nella parte in cui  pretende  di  allocare  tutte  le  funzioni amministrative che riguardano i «servizi pubblici» svolti dagli  enti locali. E' infatti  ormai  approdo  indiscusso  della  giurisprudenza costituzionale che i servizi pubblici locali costituiscono un  ambito affidato alla competenza legislativa residuale regionale.

    3. I commi da 2 a 16, poi, regolano l'ordinamento delle unioni di comuni, rendendo peraltro  la  loro  istituzione,  ove  ricorrano  le condizioni  previste,  obbligatoria  da  parte  degli   enti   locali interessati.

    Tali disposizioni devono  senz'altro  ritenersi  incostituzionali perche' violano la  competenza  legislativa  residuale  regionale  in materia di «!ordinamento degli enti locali», non  potendo  del  resto trovare fondamento nell'art. 117, secondo comma, lett. p), Cost. Come ha evidenziato un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale (cfr. le sentt. nn. 244 e  456  del  2005  e  237  del 2009),  infatti,  non  esiste  nessuna   norma   costituzionale   che attribuisca allo Stato una competenza generale  in  materia  di  enti locali. L'unica norma che e' espressamente rivolta a disciplinare  la competenza legislativa su tale oggetto e'  il  menzionato  art.  117, secondo comma, lett. p), Cost., il quale pero' limita  il  titolo  di intervento statale anche  in  relazione  al  «tipo»  di  enti  locali (Comuni, Province e Citta' metropolitane), e non  solo  in  relazione

agli  aspetti  degli  ordinamenti  di  questi  ultimi   (legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali).

    La citata  disposizione  costituzionale,  infatti,  «fa  espresso riferimento ai Comuni, alle Province e alle  Citta'  metropolitane  e l'indicazione  deve  ritenersi  tassativa».  Da  tale  premessa,  «la conseguenza  che  la  disciplina  delle  Comunita'  montane,  pur  in presenza della loro qualificazione come  enti  locali  contenuta  nel

d.lgs.  n.  267  del  2000,  rientra  nella  competenza   legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117, quarto  comma,  della Costituzione». Ed e' del tutto evidente che questa  conclusione  puo' essere estesa alla disciplina de qua, poiche'  le  Comunita'  montane non sono altro che un tipo di unioni di  comuni,  come  riconosce  la

stessa giurisprudenza costituzionale.

    Invero, i commi indubbiati di contrasto configurano sia  l'unione che la convenzione come  forme  associative  di  fatto  obbligatorie, anche se la seconda e' prospettata come  derogatoria  ed  eccezionale rispetto alla prima, tramite le quali i comuni fino a  1000  abitanti sono tenuti ad esercitare tutte le loro  funzioni,  mentre  i  comuni

superiori a tale quota di popolazione hanno facolta' di scegliere  se esercitare  solo  le  funzioni  fondamentali  o  tutte  quelle   loro assegnate dalla legge.

    La obbligatorieta' dell'esercizio di tutte le funzioni e di tutti i servizi mediante queste due forme associative  appare  violare  gli artt. 114, 117, 118 della Costituzione.

    L'art. 114 della Costituzione stabilisce che: «La  Repubblica  e' costituita dai Comuni, dalle Province,  dalle  Citta'  metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

    I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le  Regioni  sono enti autonomi  con  propri  statuti,  poteri  e  funzioni  secondo  i principi fissati dalla Costituzione».

    L'indirizzo politico-istituzionale che sta alla base primo  comma e'  quello  di  assegnare  pari  dignita'  costituzionale  a  Comuni, Province e Citta'  metropolitane  ponendoli  sullo  stesso  piano  di Regioni e Stato. Cio' significa che gli enti di cui all'art. 114  non sono piu' ripartizioni territoriali, ma  enti  costitutivi,  soggetti

equiordinati e dunque connotati da pari dignita' istituzionale.

    Tale fondamentale principio regolativo dei rapporti fra gli  enti costitutivi    dell'ordinamento    repubblicano    trova    ulteriore precisazione nel secondo comma dello stesso art. 114.  Infatti,  tale previsione estende a  Comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane  la medesima garanzia costituzionale prevista per le  Regioni,  ossia  il

riconoscimento  costituzionale  della  propria   autonomia   che   si estrinseca nella potesta'  statutaria,  nell'esercizio  di  poteri  e funzioni autonome secondo  i  principi  fissati  dalla  Costituzione.

Pertanto, e' la cornice costituzionale che regola i rapporti, fissa i limiti, definisce gli ambiti dei poteri e delle funzioni  di  ciascun soggetto costitutivo e nel rapporto con  gli  altri  soggetti,  ferma restando la funzione unificante propria dello Stato  in  ragione  dei

principi superiori dell'unita' ed indivisibilita' ai sensi  dell'art. 5 della Costituzione.

    Il contenuto della norma censurata viola  percio'  il  quadro  di garanzie costituzionali fissate dall'art. 114.

    Il legislatore non puo' spingersi  sino  al  punto  di  sottrarre all'ente comune la titolarita' delle funzioni e dei servizi,  se  non violando il secondo comma dell'art. 114. Inoltre, prevedere una forma associativa titolare della  gestione  di  ogni  funzione  e  servizio assegnato ai comuni membri e della quale questi  comuni  sono  tenuti

obbligatoriamente a far parte,  impone  a  questa  classe  di  comuni vincoli e limiti  che  li  differenziano  completamente  dagli  altri comuni ai quali questi vincoli non si applicano.

    Una differenziazione che appare  in  netto  contrasto  tanto  con l'art. 114 quanto anche con l'art. 118  Cost.  nella  misura  in  cui prevede forme associate obbligatorie  per  l'esercizio  di  tutte  le funzioni e di tutti i servizi.

    Una scelta  siffatta  crea  due  diverse  classi  di  comuni  con caratteristiche istituzionali diverse, articolando  in  tal  modo  in maniera rigida, netta e definitiva  un  livello  di  governo,  quello comunale appunto, che l'art.  114  Cost.  vuole  invece  ispirato  al

principio di eguaglianza e di pari dignita'  istituzionale:  principi che l'art. 114 applica ai rapporti tra tutti i livelli  istituzionali costitutivi della repubblica e che quindi, a  maggior  ragione,  deve valere rispetto a un categoria specifica di essi.

    Si deve dunque considerare come un  punto  fermo  che  il  quadro costituzionale non tolleri una forma di differenziazione  generale  e onnipervasiva  dei  comuni,  tale  da  irrigidire  in  due  categorie distinte l'unitaria categoria del comune come livello territoriale di governo. E  cio'  tanto  piu'  se  si  considera  il  ruolo  generale

riconosciuto al comune, dal combinato disposto degli artt. 114 e 118, quale  soggetto  titolare  in  prima   istanza   di   ogni   funzione amministrativa, proprio quel potere amministrativo che in  definitiva viene sottratto dalla norma censurata ad una categoria  specifica  di comuni.

    4. Peraltro, emerge anche una violazione dell'art.  117,  secondo comma, lettera p).

    La legge statale  ha  competenza  in  via  esclusiva  per  quanto riguarda le funzioni fondamentali, per le quali, di conseguenza, puo' certamente anche imporre forme associate di esercizio, ed ha  inoltre la competenza a definire  a  chi  spetti  l'attivita'  amministrativa nell'ambito di ogni altra sua competenza legislativa, cosicche' anche per queste puo' disporre modalita' associate di esercizio.

    Sembra invece doversi escludere che possa imporre forme associate di esercizio anche delle funzioni proprie dei comuni, e  comunque  di quelle ad essi assegnate da leggi regionali.  Per  il  primo  aspetto deve valere l'autonomia organizzativa degli enti, che  certamente  si estende anche alla possibilita' di una decisione autonoma di gestione

in forma associata; per il secondo spetta al  legislatore  regionale, sulla base di quanto previsto  dall'art.  118  Cost.  in  termini  di differenziazione e adeguatezza, prevedere forme di associazione  come condizione per l'attribuzione  delle  funzioni  stesse.  Resta  fermo peraltro  che  lo  Stato  puo'  disciplinare  quali  siano  le  forme associative  alle  quali  i  comuni  possono  con  propria  decisione autonoma conferire le proprie funzioni ovvero alle quali  le  regioni possono far  riferimento  quando  ritengano  di  vincolare  i  comuni all'esercizio in forma associata di funzioni amministrative  comprese

nell'ambito della competenza regionale.

    In ogni caso non ha certamente fondamento costituzionale  che  la legge statale possa imporre forme di gestione associata di  tutte  le funzioni e di tutti i servizi dei comuni.

    5.  Infine,  altro  vizio  di  costituzionalita'   attiene   alla alternativita'  delle   forme   associative   possibili,   unione   e convenzione, rimessa ai comuni e all'apprezzamento, davvero difficile da ammettere come conforme a Costituzione, del Ministero dell'interno (comma 16 dell'art. 16).

    Per questa parte il testo normativo  appare  chiaramente  viziato per violazione del principio di ragionevolezza e di buon andamento.

    Essa, infatti, configura come forme alternative per  la  medesima gestione onnicomprensiva delle funzioni  e  dei  servizi:  una  forma associativa configurata come ente, dotato di  propri  organi,  di  un proprio bilancio, di una propria dimensione territoriale  e  di  ogni altro elemento costitutivo di una  persona  giuridica;  e  una  forma associativa estremamente flessibile, variabile nel tempo,  facilmente modificabile scaduti i  termini  previsti  dalla  legge  per  la  sua adozione, che comunque non si configura ne'  puo'  configurarsi  come ente. La discrepanza fra i due modelli e' tale da far ritenere che la norma che la prevede e ne dispone la  alterita'  risulta  viziata  da illogicita',  irragionevolezza  e  lesione  del  principio  di   buon andamento.

    Non si vede infatti, alla luce degli artt. 3 e 97 Cost., come  si possa sostenere che  due  forme  associative  cosi'  diverse  possano svolgere con efficacia ed effetti analoghi  il  medesimo  compito  di assicurare la gestione di tutte le funzioni e di tutti i servizi  dei comuni che ne fanno parte, secondo le modalita' e i vincoli  previsti dall'articolo in questione.

    6. Il comma 4, ultimo periodo,  dell'art.  16  prevede  che  «con regolamento da adottare,  entro  centottanta  giorni  dalla  data  di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988,  n.  400,  e successive modificazioni, su proposta del Ministro  dell'interno,  di

concerto con il Ministro per le  riforme  per  il  federalismo,  sono disciplinati il procedimento amministrativo-contabile di formazione e di variazione del documento  programmatico,  i  poteri  di  vigilanza sulla   sua   attuazione    e    la    successione    nei    rapporti amministrativo-contabili tra ciascun comune e l'unione».

    Questa disposizione e' gravata da una ulteriore e specifica causa di illegittimita' costituzionale rispetto a  quelle  evidenziate  nei paragrafi precedenti. Essa, infatti, viola l'art. 117,  sesto  comma, Cost., in quanto autorizza un regolamento statale in una  materia  di competenza residuale regionale.

 

                               P.Q.M.

 

    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando  l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.   16   del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con  modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148 per violazione  degli  articoli 117, primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma; 118,  primo

e secondo comma; 119; 114 della Costituzione.

        Bari - Roma, addi' 11 novembre 2011

 

                        Prof. Avv. Colaianni

 

    Si allega la delibera Giunta regionale n. 2449/2011

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