RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 Febbraio 2005 - 2 Febbraio 2005 , n. 15

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 2 febbraio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 8 del 23-2-2005)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i
cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia, contro, la
Regione Autonoma della Sardegna in persona del Presidente della
giunta regionale, pro tempore, per la declaratoria
dell'illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 4, commi 1 e 2,
7 ed 8, comma 3, della legge regionale 25 novembre 2004 n. 8,
pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 38 del 25
novembre 2004 e recante «Norme urgenti di provvisoria salvaguardia
per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territori
regionale».

La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal
Consiglio dei ministri nella riunione del 14 gennaio 2005 (si
depositeranno estratto del verbale e relazione del ministro
proponente).
Con il provvedimento legislativo in esame, la Regione Autonoma
della Sardegna detta norme urgenti per la salvaguardia del paesaggio,
in funzione dei tempi occorrenti per l'approvazione, secondo
modalita' stabilite nello stesso provvedimento legislativo, di Piani
paesaggistici regionali, destinati a sostituire i Piani territoriali
paesistici,13 dei quali, sul complessivo numero di 14 per l'intero
territorio regionale, sono stati annullati dal Tribunale
Amministrativo Regionale della Sardegna ovvero, in sede
straordinaria, dal Capo dello Stato, in accoglimento di ricorsi
proposti da associazioni ambientalistiche e da terzi.
La Regione Autonoma della Sardegna - com'e' noto - vanta, ai
sensi degli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale di autonomia,
competenze primarie in materia di urbanistica ed edilizia, mentre,
per quanto riguarda la tutela paesaggistica e' vincolata dalle
disposizioni statali in materia, ed in particolare dagli articoli 131
e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, normativa
peraltro espressamente richiamata nel provvedimento legislativo in
esame.
Sempre in via preliminare va precisato:
a) che l'annullamento in sede giurisdizionale dei piani
territoriali paesistici ha trovato, in tema di cosiddette «misure di
salvaguardia», una disciplina legislativa profondamente mutata
rispetto al momento della loro originaria adozione.
Mentre per le aree assoggettate a vincolo ex lege l'articolo
1-quinquies della legge 31 agosto 1985 vietava «ogni modificazione
dell'assetto del territorio nonche' ogni opera edilizia», «fino
all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'articolo
1-bis», l'articolo 159 del decreto legislativo n. 42/04 prevede
invece un particolare procedimento di autorizzazione in via
transitoria «fino all'approvazione dei piani paesaggistici, ai sensi
dell'articolo 156 ovvero ai sensi dell'articolo 143 e al conseguente
adeguamento degli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 145»,
ribadendo altresi' che «Per i beni che alta data di entrata in vigore
del presente codice siano oggetto di provvedimenti adottati ai sensi
dell'articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985 n. 312,
convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431 e
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale in data anteriore al 6 settembre
1985, l'autorizzazione prevista dal comma 1 e dagli articoli 146 e
147 puo' essere concessa solo dopo l'approvazione dei piani
paesaggistici».
b) i contenuti dei piani territoriali paesaggistici (e le
deroghe ivi previste secondo la legislazione regionale, di cui si
lamenta l'illegittimita' costituzionale) riguardano la disciplina
d'uso sia di beni paesaggistici individuati direttamente dalla «legge
Galasso» sia di vaste ed importanti aree, anche urbane e costiere,
che erano stata specificatamente individuate come «bellezze
naturali», da distinti, motivati e tuttora vigenti provvedimenti
dell'amministrazione statale.
In tale contesto l'intervento normativo della Regione Autonoma
della Sardegna ed in particolare le norme contenute negli articoli 3,
4, commi 1 e 2, e, per certi aspetti, nello stesso articolo 7,
relativo ad interventi pubblici, prevede autonome e non coordinate
misure di salvaguardia, comportanti il divieto di realizzare nuove
opere, soggette a concessione ed autorizzazione edilizia, nelle zone
costiere, ed esclusioni e deroghe di tale divieto che risultano, in
relazione alla disciplina generale statale, illogiche e
manifestamente irragionevoli e, conseguentemente, in contrasto con
gli articoli 3, 97 della Costituzione e con la disciplina nazionale
in tema di tutela del paesaggio.
I criteri adottati dal legislatore regionale, infatti, non
trovano giustificazione in alcuna valutazione paesaggistica e
risultano pertanto del tutto inidonei a soddisfare le finalita' di
tutela che si dichiarano di perseguire, sia per quanto riguarda i
limiti fissati entro i quali e' vietata la realizzazione di nuove
opere sia per la previsione delle deroghe ed esclusione di tali
divieti.
Va ricordato al riguardo che secondo la giurisprudenza
amministrativa la sopravvenienza di un vincolo paesistico e/o delle
disposizioni di un piano territoriale paesaggistico prevalgono sulle
determinazioni urbanistiche che non abbiano trovato effettiva
realizzazione e sulla stessa condonabilita' degli abusi realizzati
anteriormente al vincolo (Consiglio di Stato. Ad. PI. 20 luglio 1999
n. 20), sicche' il fatto che una serie di interventi di modifica del
territorio fossero accidentalmente previsti in piani urbanistici
comunali o programmi di fabbricazione, ovvero finanziati da
particolari soggetti pubblici e' circostanza che, sul piano
dellatutela paesaggistica, si presenta come del tutto priva di
rilevanza e tale da non giustificare o sorreggere razionalmente alcun
divieto e/o deroga. Del tutto priva di logica e' inoltre la
possibilita' di dar corso ad interventi ed opere, allorche' le stesse
sino previsti in piani urbanistici comunali che risultino adeguati ai
piani territoriali paesaggistici, gli stessi dichiarati illegittimi
dalla giurisprudenza amministrativa per contrasto con la cura
dell'interesse pubblico alla tutela paesaggistica e ambientale.
L'indicazione di un limite generale di divieto pari a 2000 metri
dalla costa, indipendentemente dalla sussistenza in concreto di un
vincolo paesaggistico, lungi dall'individuare un preciso criterio di
tutela ambientale, finisce per contro per paralizzare senza
plausibile ragione, per tutto l'arco temporale della approvazione dei
piani regionali paesaggistici, una serie di iniziative ed attivita'
che, ai sensi della legislazione nazionale e regionale devono
considerarsi lecite, se non di interesse generale.
In realta' l'utilizzazione dello strumento normativo (la legge
regionale) nella concreta cura dell'interesse paesaggistico, ed in
particolare nell'apposizione di divieti generali e relative deroghe,
appare costituire cattivo uso della discrezionalita' amministrativa
(art. 97 Cost.) e costituisce sostanziale ed immotivata deroga al
principio, stabilito nella legislazione statale, per il quale
l'interesse paesaggistico deve essere (soprattutto dall'autorita'
regionale delegata) valutato nel concreto.
2. - La norma transitoria contenuta nell'articolo 8, comma 3,
vieta, fino all'approvazione del Piano Paesistico Regionale, la
realizzazione di impianti di produzione di energia eolica nell'intero
territorio regionale, ammette altresi' la prosecuzione dei lavori di
realizzazione degli impianti gia' autorizzati sono nel caso in cui lo
stato dei lavori stessi abbia gia' comportato una irreversibile
modificazione dei luoghi e sottopone e a procedura di Valutazione di
Impatto Ambientale gli impianti gia' autorizzati in assenza della
medesima, laddove i lavori non abbiano comportato una irreversibile
modificazione dello stato dei luoghi. Tali disposizioni eccedono
dalla competenza statutaria di cui agli articoli 3 e 4 dello Statuto
d'autonomia, ponendosi in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera
s) della Costituzione, che riserva allo stato la competenza esclusiva
in materia di tutela dell'ambiente e dei beni culturali.
Inoltre la norma regionale viola le prescrizioni del decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di recepimento della direttiva
2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili, laddove (art. 12, comma 1) prevedono che
tali fonti sono considerate di pubblica utilita' con la conseguente
dichiarazione di indifferibilita' ed ugenza dei lavori necessari alla
realizzazione degli impianti.



P. Q. M.
Si chiede che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale
degli articoli 3, 4, comma 1 e 2, 7 e 8, comma 3 della legge della
Regione Autonoma della Sardegna n. 8 del 25 novembre 2004, pubblicata
sul B.U.R. n. 38 del 25 novembre 2004, con ogni consequenziale
pronuncia e si confida che, prima della discussione del ricorso la
regione faccia autonomamente cessare la materia del contendere.
Roma, addi' 16 gennaio 2005
Avvocato dello Stato: Giuseppe Fiengo

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