Ricorso n. 15 del 5 marzo 2014 (Regione Trentino-Alto Adige)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 marzo 2014 (della Regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol).
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 -
(GU n. 17 del 16.4.2014)
Ricorso della REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE/SÜDTIROL (cod. fiscale
…), in persona del Presidente della Giunta regionale
pro-tempore Alberto Pacher, autorizzato con deliberazione della
Giunta regionale n. 38 del 5 febbraio 2014 (doc. 1), rappresentata e
difesa, come da procura speciale n. rep. 5787 del 18 febbraio 2014
(doc. 2), rogata dall'avv. Edith Engl, Ufficiale rogante della
Regione, dal prof. avv. Giandomenico Falcon di Padova (cod. fisc.
…) e dall'avv. Luigi Manzi di Roma (cod. fisc.
…), con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma,
via Confalonieri, 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1,
commi 55, 388, 427, 429, 487, 499, 500 e 508 della legge 27 dicembre
2013, n. 147, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)",
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 -
Supplemento ordinario, per violazione:
degli articoli 4, n. 1, n. 2, n. 3 e n. 8; 16; 24; 31; 43;
44; 67; 87; 88; 103; 104 e 107 del DPR 31 agosto 1972, n. 670
(Statuto speciale), nonche' delle correlate norme di attuazione;
del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli
articoli 69 e 79 e delle relative norme di attuazione (decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268);
del dPR 31 luglio 1978, n. 1017;
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (in particolare
degli articoli 2, 3 e 4);
dell'articolo 117 della Costituzione in collegamento con
l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
del principio di leale collaborazione, nei modi e per i
profili di seguito illustrati.
Fatto e Diritto
Premessa
Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita'
2014).
Tale legge ha contenuto eterogeneo, e contenuto eterogeneo hanno
anche le diverse disposizioni qui impugnate.
EE' risultato percio' preferibile evitare una illustrazione
generale in fatto, e trattare invece direttamente delle singole
disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia
il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto.
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 55.
Il comma 55 stabilisce quanto segue:
"Una somma pari a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni
2014, 2015 e 2016 e' destinata dal sistema delle camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura al sostegno dell'accesso al
credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei
confidi, ivi compresi quelli non sottoposti alla vigilanza della
Banca d'Italia, anche utilizzando una quota della dotazione annuale
del fondo di perequazione di cui all'articolo 18, comma 9, della
legge 29 dicembre 1993, n. 580. I criteri e le modalita' di
attuazione e di monitoraggio degli effetti delle norme del presente
comma sono definiti con il decreto di cui all'articolo 18, comma 4,
della suddetta legge n. 580 del 1993. La presente disposizione non
comporta effetti di aumento sulla determinazione della misura annuale
del diritto camerale di cui all'articolo 18, comma 4, della legge n.
580 del 1993".
Il richiamato art. 18, co. 4, 1. 580/1993 dispone che "la misura
del diritto annuale dovuto ad ogni singola camera di commercio da
parte di ogni impresa iscritta o annotata nei registri di cui
all'articolo 8, ivi compresi gli importi minimi e quelli massimi,
nonche' gli importi del diritto dovuti in misura fissa, e'
determinata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, sentite l'Unioncamere e le
organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello
nazionale, in base al... metodo" di seguito indicato. In base
all'art. 18, co. 9, pure richiamato, "con il decreto di cui al comma
4, si determinano una quota del diritto annuale da riservare ad un
fondo di perequazione istituito presso l'Unioncamere, nonche' criteri
per la ripartizione del fondo stesso tra le camere di commercio e,
per specifiche finalita', le Unioni regionali, al fine di rendere
omogeneo su tutto il territorio nazionale l'espletamento delle
funzioni attribuite da leggi dello Stato al sistema delle camere di
commercio"
Il comma 55 fa riferimento alle camere di commercio in generale,
e non contiene alcun riferimento esplicito alla ricorrente Regione.
Tale circostanza, unita al tenore stesso della disposizione, nella
quale - come si dira' - anche i poteri di formazione secondaria sono
affidati all'amministrazione statale, nel quadro di un riferimento
alla legge generale statale n. 580 del 1993, lascia ragionevolmente
ritenere che tale disposizione non sia destinata ad applicarsi alle
autonomie speciali aventi competenza in materia di ordinamento delle
Camere di commercio, ed in particolare alla ricorrente Regione, alla
quale l'art. 4, n. 8), dello Statuto speciale attribuisce ampia
potesta' legislativa esclusiva, appunto, in materia di "ordinamento
delle camere di commercio", come confermato anche dalla sent.
477/2000 di codesta Corte.
La presente impugnazione e' percio' prospettata in via
prudenziale, per l'ipotesi che, al contrario di quanto ritenuto dalla
Regione, la disposizione di cui all'art. 1, comma 55, risultasse
destinata ad applicarsi anche alle camere di commercio di Trento e
Bolzano, per la sola circostanza che nella l. 147/2013 manca una
clausola generale di salvaguardia delle competenze delle Regioni
speciali.
In tale ipotesi, la disposizione sopra esposta risulterebbe
costituzionalmente illegittima per le seguenti ragioni.
Come appena ricordato, lo Statuto assegna alla Regione potesta'
legislativa primaria in materia di Camere di commercio. La previsione
statutaria e' stata attuata dal dPR 31 luglio 1978, n. 1017, Norme di
attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige
in materia di artigianato, incremento della produzione industriale,
cave e torbiere, commercio, fiere e mercati.
In attuazione della propria competenza legislativa primaria, la
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ha approvato la legge regionale
7/1982, Ordinamento delle Camere di commercio, industria, artigianato
e agricoltura di Trento e di Bolzano; il finanziamento delle Camere
e' regolato nell'art. 19, come sostituito dalla 1.r. 3/2007.
In sostanza, il comma 55 verrebbe a vincolare una parte dei fondi
delle camere di commercio di Trento e Bolzano (corrispondente alla
quota dei 70 milioni di euro annui che sara' imputata alle camere
trentine dal d.m. di cui all'art. 18, co. 4, 1. 580/1993) al
perseguimento di un determinato scopo ("sostegno dell'accesso al
credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei
confidi").
Il meccanismo e' simile a quello dei "fondi vincolati", piu'
volte censurati da codesta Corte, con la rilevante (ed aggavante)
differenza che - nel caso di specie - il vincolo non riguarda somme
erogate dallo Stato ma risorse delle stesse camere di commercio.
La norma impugnata, dunque, lede chiaramente l'autonomia
amministrativa e finanziaria delle camere di commercio, in quanto
condiziona l'autonomia di spesa e impedisce alle camere di utilizzare
quelle risorse per altri scopi. Da cio' deriva la lesione
dell'autonomia legislativa primaria della Regione in materia di
"ordinamento delle camere di commercio", dato che spetterebbe alla
Regione, nel rispetto dell'autonomia delle camere, compiere scelte
sul modo in cui le camere devono usare le proprie risorse.
E' da sottolineare che la norma in questione e' del tutto
estranea al tema del "coordinamento della finanza pubblica", in
quanto non e' volta a limitare la spesa ma solo a condizionarla verso
un determinato scopo.
Oltre all'art. 4, n. 8, dello Statuto, e' violato l'art. 2 d.
lgs. 266/1992, in quanto il comma 55 non prevede un recepimento
regionale ma pretende diretta applicabilita' in una materia
regionale.
La lesione dell'autonomia regionale e' aggravata dal fatto che la
disciplina dettagliata, attuativa del comma 55, e' rimessa ad un
decreto ministeriale, nella cui adozione le Regioni neppure sono
coinvolte. Dunque, il legislatore statale si e' mosso nella
prospettiva di una sua (inesistente) competenza esclusiva, mentre,
con riferimento al Trentino-Alto Adige/Südtirol, si verte in una
materia di competenza primaria regionale.
Pertanto, risulta violato anche il principio che esclude la
previsione di fonti secondarie statali in materie regionali (v. art.
117, co. 6, Cost. e art. 2 d. lgs. 266/1992). Qualora, in denegata
ipotesi, si ritenesse legittima la previsione di un regolamento in
materia regionale, sarebbe comunque violato il principio di leale
collaborazione per mancata previsione del coinvolgimento della
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol nell'adozione del decreto
attuativo del comma 55. Infine, il comma 55 (ove applicabile alla
ricorrente Regione) ne violerebbe l'autonomia finanziaria (artt. 69
ss. Statuto). Infatti, nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol le
Camere di commercio di Trento e di Bolzano sono parte del sistema
complessivo della finanza regionale e di quella delle Province
autonome, tanto che parte considerevole delle spese delle Camere di
commercio sono a carico del bilancio regionale e di quelli
provinciali. La Regione assegna i finanziamenti alle Camere di
commercio attraverso le due Province all'interno delle risorse del
fondo unico. Complessivamente, nel 2012 sono stati erogati dalla
Provincia autonoma di Trento euro 1.840.000,00 di parte corrente e
euro 1.112.000,00 di parte in conto capitale, e dalla Provincia di
autonoma di Bolzano euro 4.874.318,00 di parte corrente.
Poiche' il comma 55, ultimo periodo, dispone che "la presente
disposizione non comporta effetti di aumento sulla determinazione
della misura annuale del diritto camerale", e' chiaro che il vincolo
posto ad una parte considerevole delle risorse delle camere di
commercio si ripercuoterebbe sulla finanza regionale.
Di qui la completa illegittimita' della disposizione,
nell'ipotesi interpretativa negativa qui prospettata in via
cautelativa.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 388.
Il comma 388 dispone quanto segue:
"Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di
contenimento della spesa, i contratti di locazione di immobili
stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1,
comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,... non possono essere
rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito delle proprie
competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della
data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi della
facolta' di comunicare il recesso dal contratto. Nell'ambito della
propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del demanio autorizza
il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione
di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano
immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione
delle disposizioni del presente comma sono nulli".
Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, co.
2, 1. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli
enti locali ed i rispettivi enti strumentali.
Per vero, anche in questo caso - come in quello del comma 55 - lo
stesso tenore tutto "intrastatale" della normativa lascia pensare che
essa non sia destinata ad applicarsi agli enti dotati di autonomia
costituzionale, ivi compresi i loro enti locali e strumentali.
Tuttavia, vista l'assenza, nella l. 147/2013, di una clausola di
salvaguardia delle autonomie speciali, e' possibile che la
disposizione in esame possa essere interpretata come direttamente
vincolante anche per questa Regione, le Province autonome, gli enti
locali trentini ed i rispetti enti strumentali, con la conseguenza
che i contratti di locazione stipulati dai predetti enti sarebbero
sottoposti ad un controllo preventivo di merito da parte di una
Amministrazione statale.
Se questo fosse il senso del comma 388, esso violerebbe la
potesta' legislativa primaria di questa Regione in materia di
organizzazione dei propri uffici e degli enti pararegionali e la
corrispondente potesta' amministrativa: v. l'art. 4, n. 1) e n. 2) e
l'art. 16 St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4,
e l'art. 118 Cost. (in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto
16.5). E' chiaro, infatti, che la soggezione del rinnovo del
contratto di locazione di immobili al nulla-osta dell'Agenzia del
demanio rappresenta una ingerenza nell'autonomia organizzativa della
Regione e degli enti para-regionali, una vera forma di "tutela
amministrativa" che non trova alcun fondamento nello Statuto e nella
Costituzione.
Per le stesse ragioni sarebbero lese anche le competenze
regionali in materia di organizzazione degli enti locali e delle
camere di commercio (art. 4, n. 3 e n. 8 dello Statuto), dato che
anche questi enti rientrano tra le "amministrazioni" di cui al comma
388.
E' opportuno ricordare che, in base all'art. 67 dello Statuto,
"gli edifici destinati a sedi di uffici pubblici regionali con i loro
arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio regionale
costituiscono il patrimonio indisponibile della regione"; inoltre, "i
beni immobili patrimoniali dello Stato situati nella regione sono
trasferiti al patrimonio della regione" e "i beni immobili situati
nella regione che non sono proprieta' di alcuno spettano al
patrimonio della regione". L'art. 4 d.P.R. n. 115 del 1973 ha poi
disposto il trasferimento alle Province autonome, in relazione
all'ubicazione territoriale, di tutti i beni patrimoniali della
regione non destinati a sedi di uffici regionali o ad un servizio
regionale. Inoltre, ai sensi del primo comma dell'articolo 16 del d.
lgs. 268/1992, "spetta alla regione e alle province emanare norme in
materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio
e di contratti della regione e delle province medesime e degli enti
da esse dipendenti".
E' dunque pacifica l'ingerenza del comma 388 nell'autonomia
organizzativa regionale, spettando alla Regione disciplinare
l'organizzazione dei propri uffici e la gestione del proprio
patrimonio.
Tale ingerenza non potrebbe in alcun caso essere giustificata
sulla base della competenza statale in materia di coordinamento della
finanza pubblica. In primo luogo, rilevano due norme speciali: il
gia' citato art. 16 d. lgs. 268/1992 (che attribuisce espressamente
alla Regione competenza sull'amministrazione del patrimonio e sui
contratti regionali) e l'art. 79 dello Statuto, che regola in modo
esaustivo i modi in cui la Regione concorre "all'assolvimento degli
obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,
dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento
della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" (co. 1), e
al comma 3 stabilisce che, "al fine di assicurare il concorso agli
obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano
con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi
al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio
da conseguire in ciascun periodo", aggiungendo che "non si applicano
le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante
territorio nazionale". Dunque, l'applicazione del comma 388, che
rappresenta una misura di coordinamento finanziario, alla Regione
Trentino-Alto Adige si pone in contrasto con l'art. 79 St.
In secondo luogo, il comma 388 non rappresenta comunque un
principio di coordinamento, in quanto e' volto a limitare una voce
ultra-minuta di spesa, in modo non temporaneo e senza lasciare
margini di svolgimento alla Regione: anche sotto questo profilo,
dunque, sono violati l'art. 117, co. 3, Cost. e l'autonomia
finanziaria regionale.
Inoltre, la previsione di un potere preventivo di autorizzazione
in capo ad un organismo statale e la disciplina del relativo
procedimento si pongono in violazione del sistema dei rapporti fra
Stato, Regione e Province autonome, quale risulta delineato dagli
articoli 87 e 88 dello Statuto speciale e dalle relative norme di
attuazione, tra cui, in particolare, il decreto del Presidente della
Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, Norme di attuazione dello statuto
speciale per la regione Trentino - Alto Adige per l'istituzione delle
sezioni di controllo della corte dei conti di Trento e di Bolzano e
per il personale ad esse addetto. La legge statale non puo'
introdurre, a carico della Regione, controlli statali non previsti da
queste fonti perche' la materia dei controlli rientra, appunto, nella
sfera dei "rapporti tra Stato e Regione", di competenza dello Statuto
e delle norme di attuazione.
Infine, il comma 388 si pone in contrasto con l'art. 2 d. 1gs.
266/1992, in quanto detta una norma direttamente applicabile in
materia regionale (organizzazione regionale o coordinamento della
finanza pubblica); l'esistenza di un mero dovere di adeguamento e'
ribadita dall'art. 79, co. 4, St. per le "specifiche disposizioni
legislative dello Stato" aventi "finalita' di coordinamento della
finanza pubblica".
E' pure violato l'art. 4 d. lgs. 266/1992, secondo il quale,
nelle materie di competenza della Regione e delle Province autonome,
la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni
amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia
amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative,
diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e
le relative norme di attuazione. Il nulla-osta contemplato dal comma
388 e' una funzione amministrativa e l'Agenzia del demanio, pur
essendo un ente autonomo, e' riconducibile al sistema ordinamentale
statale, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale che ammette
le Regioni a sollevare conflitto di attribuzioni contro gli atti
delle agenzie fiscali.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 427, primo
periodo, e del comma 429.
Il comma 427, primo periodo, dispone che "sulla base degli
indirizzi indicati dal Comitato interministeriale di cui all'articolo
49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito,
con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, in
considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario
di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle proposte da questi
formulate, entro il 31 luglio 2014 sono adottate misure di
razionalizzazione e di revisione della spesa, di ridimensionamento
delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche'
di ottimizzazione dell'uso degli immobili tali da assicurare, anche
nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, in misura non inferiore a 488,4 milioni di
euro per l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per l'anno 2015, a
1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e a 1.186,7 milioni
di curo a decorrere dall'anno 2018".
Il richiamato art. 49-bis, co. 1, d.l. 69/2013 istituisce un
comitato interministeriale "al fine di coordinare l'azione del
Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa
pubblica e migliorare la qualita' dei servizi pubblici offerti". Il
comma 2 dispone che, "ai fini della razionalizzazione della spesa e
del coordinamento della finanza pubblica, il Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
puo' nominare con proprio decreto un Commissario straordinario, con
il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere
normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al comma 1, terzo
periodo".
Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, co.
2, 1. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli
enti locali ed i rispettivi enti strumentali.
Il comma 429 si occupa della misura in cui le Regioni, le
Province autonome e gli enti locali debbono contribuire al risparmio
complessivo, ed a questo scopo stabilisce che "a seguito delle misure
di cui al comma 427, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le regioni e le
province autonome, a valere sui risparmi connessi alle predette
misure, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a
complessivi 344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi
449-bis e 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228,
come modificato dai commi 497 e 499 del presente articolo".
A chiarimento del meccanismo, conviene ricordare che l'art. 1,
co. 454, l. 228/2012 prevede una riduzione delle spese di 3 milioni
di euro, ad opera di questa Regione, per gli anni 2015-2017.
In sintesi, il comma 427, primo periodo, determina l'importo
complessivo annuo della riduzione delle spese di tutte le pubbliche
amministrazioni (riduzione operata sulla base degli indirizzi
indicati dal Comitato interministeriale), mentre il comma 429
determina l'importo a carico degli enti territoriali e ripartisse
l'onere fra di essi, prevedendo un ulteriore contributo alla finanza
pubblica, che si aggiunge ai numerosi contributi gia' previsti da
diverse leggi in questi anni.
Le norme cosi' descritte violano l'autonomia finanziaria della
Regione e, in particolare, l'art. 79 St. che, come visto, stabilisce
che "la regione e le province concorrono... all'assolvimento degli
obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,
dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento
della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" nei modi di
seguito indicati e "con le modalita' di coordinamento della finanza
pubblica definite al comma 3" (co. 1), precisando che "le misure di
cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la
procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale
modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza
pubblica di cui al comma 1" (co. 2).
Il richiamato comma 3 dispone che, "al fine di assicurare il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di
bilancio da conseguire in ciascun periodo", e che "non si applicano
le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante
territorio nazionale".
Ora, sembra evidente che disposizioni come quelle dettate dai
commi 427, primo periodo, e 429, che hanno chiaramente uno scopo di
coordinamento della finanza pubblica (tramite la limitazione della
spesa pubblica), sono esattamente quelle di cui l'art. 79 afferma che
non si applicano alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige. Ed esse
non si applicano non perche' la Regione sia estranea al sistema
complessivo della finanza pubblica, ma perche' le regole della sua
partecipazione a tale sistema sono definite in termini precisi ed
alternativi dall'art. 79 dello Statuto. Infatti, la Regione concorda
il saldo di bilancio da conseguire nei diversi anni, sulla base
dell'art. 79, co. 3, St.: sicche' risulta poi del tutto assurdo,
prima ancora che costituzionalmente illegittimo, che essa si veda
imporre unilateralmente ulteriori riduzioni di spesa.
Le norme impugnate violano anche il principio dell'accordo che,
come risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt.
82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime dei
rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali. Tale principio
emerge chiaramente dal Titolo VI dello Statuto, dato che le norme di
esso sono modificabili (salva la legge costituzionale di cui all'art.
103 St., adottata su parere dei consigli provinciali e regionale)
solo "con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del
Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle
due province" (art. 104) e possono essere attuate e integrate solo
con la speciale procedura paritetica di cui all'art. 107 St. La
procedura concertata di cui all'art. 104 e' stata appunto seguita per
le modifiche apportate dalla 1. 191/2009 e ora l'art. 79, co. 3, St.
ha codificato il principio consensuale (comunque sempre seguito dalle
leggi statali finanziarie) per la conclusione del patto di
stabilita'. Le sentenze di codesta Corte sopra citate hanno
confermato l'essenzialita' e la generalita' del principio consensuale
nella materia dei rapporti finanziari Stato-Regioni speciali.
Inoltre, la norma secondo la quale le misure di razionalizzazione
della spesa debbano essere adottate "sulla base degli indirizzi
indicati dal Comitato interministeriale" e "in considerazione delle
attivita' svolte dal Commissario straordinario" pone un vincolo che
comporta una lesione dell'autonomia legislativa e amministrativa
della Regione in materia di organizzazione (art. 4, n. 1 , e art. 16
St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e l'art.
118 Cost.: in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto 16.5).
Se e' vero che il comma 427 non detta esso stesso le norme di
dettaglio, e' anche vero che, invece di lasciare alle Regioni la
scelta degli strumenti per raggiungere l'obiettivo di risparmio, esso
rinvia ad un'anomala fonte secondaria (gli "indirizzi" del Comitato),
con violazione anche degli artt. 43 e 44 dello Statuto (che prevedono
la potesta' regolamentare della Regione), dell'art. 117, co. 6, Cost.
e dell'art. 2 d. lgs. 266/1992, che preclude l'adozione di fonti
secondarie nelle materie regionali.
Qualora poi gli "indirizzi" fossero considerati un atto di
indirizzo e coordinamento, il comma 427 sarebbe comunque illegittimo
per violazione dell'art. 3 d. lgs. 266/1992, per la mancata
previsione della competenza del Consiglio dei ministri e del parere
della Regione. Qualora gli "indirizzi" fossero considerati un atto
amministrativo, il comma 427 violerebbe l'art. 4 d. 1gs. 266/1992, in
base al quale "nelle materie di competenza propria della regione o
delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi
statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di
polizia amministrativa e di accertamento di violazioni
amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione". In generale, il
comma 427, primo periodo, viola comunque il principio di leale
collaborazione in quanto non prevede il coinvolgimento degli enti
territoriali nell'adozione di "indirizzi" che intervengono in materie
regionali (organizzazione interna e coordinamento della finanza
pubblica) e sono destinati a condizionare pesantemente la loro
autonomia.
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 487.
Il comma 486 stabilisce che, "a decorrere dal 1° gennaio 2014 e
per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti
pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza
obbligatorie complessivamente superiori a quattordici volte il
trattamento minimo INPS, e' dovuto un contributo di solidarieta' a
favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento
della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino
all'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS,
nonche' pari al 12 per cento per la parte eccedente l'importo lordo
annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per
la parte eccedente l'importo lordo annuo di trenta volte il
trattamento minimo INPS" (primo periodo). E' inoltre disposto che "le
somme trattenute vengono acquisite dalle competenti gestioni
previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al
finanziamento degli interventi di cui al comma 191 del presente
articolo".
Dunque, tale disposizione stabilisce in via generale un concorso
al finanziamento delle gestioni previdenziali obbligatorie a carico
dei trattamenti pensionistici erogati dagli "enti gestori" (sempre
nell'ambito di forme di previdenza obbligatoria) per importi
superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS. Il sistema
opera nel senso di devolvere una quota parte del trattamento erogato,
quantificata in via proporzionale, secondo tre scaglioni crescenti, a
vantaggio delle predette gestioni previdenziali obbligatorie.
Tale disposizione non riguarda le regioni, e non forma dunque
oggetto di impugnazione nel presente ricorso.
Tuttavia, al comma 486 si connette il successivo comma 487,
prevedendo un particolare meccanismo di penalizzazione delle finanze
regionali.
Precisamente, il comma 487 dispone che "i risparmi derivanti
dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei
principi di cui al comma 486, dagli organi costituzionali, dalle
regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano,
nell'esercizio della propria autonomia, anche in riferimento ai
vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto funzioni pubbliche
elettive, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per
essere destinati al Fondo di cui al comma 48".
In altre parole - mentre in linea di principio le trattenute
operate ai sensi del comma 486 sono destinate a beneficiare lo stesso
ente erogatore del trattamento previdenziale obbligatorio -
nell'ipotesi in cui, per effetto dell'applicazione dei principi del
comma 486, derivino alla Regione dei risparmi di spesa, essa sarebbe
tenuta a riversare tali risparmi a favore dello Stato e,
specificamente, a vantaggio del "Fondo di cui al comma 48".
Ad avviso della ricorrente Regione, tale previsione risulta
incostituzionale in quanto lesiva dell'autonomia del Consiglio
regionale e dell'autonomia finanziaria regionale garantita dallo
Statuto.
Come noto, il Consiglio regionale e' un organo previsto dallo
Statuto speciale e dotato di autonomia statutariamente garantita (v.
gli artt. 24, 26 e 31 St.). Nell'esercizio della propria autonomia,
il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige ha disciplinato la
materia delle indennita' e della previdenza dei consiglieri regionali
con la l.r. 2/1995, con la l.r. 4/2004, con la l.r. 4/2008 e, da
ultimo, con la l.r. 6/2012, "Trattamento economico e regime
previdenziale dei membri del Consiglio della Regione autonoma
Trentino-Alto Adige". L'art. 15 di quest'ultima legge dispone che "a
carico degli assegni vitalizi diretti e di reversibilita' viene
effettuata una trattenuta variabile fino a un massimo del 12 per
cento a titolo di contributo di solidarieta'", e che "l'Ufficio di
Presidenza disciplina con propria deliberazione le modalita'
operative" (gia' la l.r. 4/2004 aveva introdotto una trattenuta del
4%).
La lesione derivante dal comma 487 non consiste tanto nella
previsione che vi debbano essere "risparmi derivanti dalle misure di
contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al
comma 486", circostanza che il comma 487 non sembra considerare un
vero e proprio obbligo della Regione, dal momento che essa deve
operare "nell'esercizio della propria autonomia".
La lesione consiste invece nella circostanza che, ove la Regione
adotti, conformemente allo spirito della legge statale, ed alle
esigenze dei tempi, tali misure di contenimento della spesa,
beneficiario dei risparmi stessi non sarebbe la Regione ma lo Stato:
a causa del citato obbligo di trasferirli a vantaggio dello Stato.
In questi termini, la norma in questione dispone null'altro che
un ingiustificato trasferimento allo Stato di somme che ai sensi
dello Statuto spettano alla Regione. A tale conclusione non osta
quanto deciso da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 151 del 2012,
in relazione a norme che pure prevedevano la destinazione a Fondi
statali dei risparmi per riduzioni di spese volontariamente
deliberate dalle Regioni con riferimento ai trattamenti economici
degli organi indicati nell'art. 121 della Costituzione (Consiglio
regionale, Giunta e Presidente).
In tale occasione codesta Corte, accertato che la disposizione
statale oggetto del ricorso doveva "essere interpretata non nel senso
che le Regioni hanno l'obbligo di adottare deliberazioni di riduzione
di spesa, ma nel senso che, nel caso in cui dette Regioni,
nell'esercizio della loro autonomia, abbiano deliberato per il
triennio dal 2011 al 2013 tali riduzioni, i risparmi cosi' ottenuti
«sono riassegnati»" ai predetti fondi statali (nella specie si
trattava del Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato), ne ha
ritenuto la legittimita', affermando che tale trasferimento sarebbe
stato il frutto dello "esercizio di un atto di autonomia, con il
quale la Regione sceglie liberamente se e quanto ridurre la spesa",
sicche' la limitazione all'autonomia di spesa era "meramente
ipotetica e potenziale".
Ad avviso della ricorrente Regione tale argomentazione, che puo'
riferirsi alle regole della finanza delle Regioni a statuto
ordinario, non puo' invece valere in relazione alle regole statutarie
che governano le autonomie speciali, e segnatamente quella della
Regione Trentino-Alto Adige.
Infatti, in relazione alle Regioni a statuto ordinario - fermo
restando il dovere dello Stato di porle in condizione di esercitare
le proprie funzioni, e di contribuire alla loro finanza nei modi
stabiliti dall'art. 119 Cost. - non vi e' a livello costituzionale
una indicazione precisa delle entrate ad esse spettanti. In queste
condizioni, puo' essere comprensibile che, a fronte delle
"eccezionali e contingenti esigenze di solidarieta' politica,
economica e sociale" evocate dalla stessa sentenza n. 151/2012, lo
Stato "assorba" per un determinato periodo il risparmio derivante da
scelte regionali, diminuendo cosi' di fatto i propri trasferimenti,
che non sono condizionati da alcuna specifica regola costituzionale.
Ma la finanza delle Regioni ad autonomia speciale (e fra esse -
in particolare - della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol) e' - per
scelta di rango costituzionale - regolata in modo del tutto
differente.
Le attribuzioni finanziarie della Regione non sono determinate
"discrezionalmente" dal legislatore statale, secondo variabili
considerazioni di opportunita', ma trovano invece precisa e sicura
parametrazione direttamente nell'art. 69 dello Statuto speciale,
essendo ivi previste come quote di compartecipazione, rigidamente
predeterminate, ai tributi erariali.
Poste tali basi alla finanza regionale, sembra chiaro non solo
che ogni decisione su dove e come allocare le risorse e su dove e
come risparmiare e' riservata alla Regione (fermo ovviamente
l'adempimento dei propri doveri istituzionali e il rispetto di ogni
altro vincolo legittimamente posto), ma che tali scelte non possono
dare luogo a singole "restituzioni" di fondi allo Stato, in quanto
tali restituzioni si tradurrebbero in null'altro che in una
decurtazione delle risorse che lo Statuto richiede siano messe a
disposizione della Regione.
Non essendovi alcun fondamento per il passaggio allo Stato del
risparmio di spesa eventualmente ottenuto dalla Regione in
applicazione dei principi di cui al comma 486, la disposizione di cui
la comma 487 risulta illegittima e lesiva dell'art. 69 dello Statuto
speciale e in generale dell'autonomia finanziaria regionale.
Inoltre, il comma 487 lede l'autonomia finanziaria regionale in
quanto l'obbligo di versare al bilancio dello Stato i risparmi in
questione implica un ulteriore contributo a carico del bilancio
regionale, in contrasti con l'art. 79 St., che - come visto -
disciplina compiutamente il concorso della Regione agli obiettivi di
finanza pubblica e dispone l'inapplicabilita', nella regione, delle
misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite in generale
dal legislatore statale.
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 499 e 500.
Il comma 499 modifica il comma 454 dell'articolo 1 della legge n.
228 del 2012. Nella versione originaria, tale comma (il comma 454)
non si riferiva ne' alla Regione Trentino - Alto Adige ne' alle
Province autonome, che erano al contrario espressamente escluse dalla
sua applicazione.
Ora invece, pur permanendo l'esclusione nel primo periodo del
comma 1, la lett. b) del comma 499, qui impugnata, inserisce nel
comma 454 una tabella che prevede una riduzione di spese, da parte di
questa Regione, di tre milioni per gli anni 2015-2017; e la lett. c),
pure impugnata, aggiunge nel comma 454 la lett. d-bis), che prevede
"ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali".
Il comma 500 modifica il comma 455 dell'articolo 1 della legge n.
228 del 2012, che e' espressamente riferito alla Regione Trentino -
Alto Adige e alle Province autonome. Dopo le modifiche (che sono
evidenziate) il comma 455 ora dispone quanto segue: "al fine di
assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per
ciascuno degli anni dal 2013 al 2017, il saldo programmatico
calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il
saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati
per il 2013 nella tabella di cui all'articolo 32, comma 10, della
legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto
dall'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201... come rideterminato dall'articolo 35, comma 4, del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'articolo 4, comma 11,
del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli importi indicati
nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al
2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione dell'articolo 16,
comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95...; d) degli importi
indicati nella tabella di cui al comma 454; d-bis) degli ulteriori
contributi disposti a carico delle autonomie speciali. A tale fine,
entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette
la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze".
E' evidente dunque che le modifiche apportate al comma 455 sono
conciate a quelle apportate al comma 454.
La ricorrente Regione autonoma ha gia' impugnato con il ricorso
33/2013 l'art. 1, co. 455, 1. 228/2012. Le norme qui impugnate
aggravano la lesione prodotta dal comma 455, sia dal punto di vista
temporale (mediante la proroga al 2017) che dal punto di vista
quantitativo (mediante la tabella di cui al comma 454), e sono
affette dai medesimi vizi.
Valgono dunque in relazione ad esse le stesse censure gia'
prospettate avverso la versione originaria del comma 455 (e 456) nel
ricorso 33/2013, che qui per dovere di completezza argomentativa si
ripropongono in relazione alla versione modificata dalla l. n. 147
del 2013 (che porta ad includere nell'impugnazione anche la tabella
di cui al comma 454):
"Il comma 455 dispone che, "al fine di assicurare il concorso
agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e
le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il
Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal
2013 al 2016, il saldo programmatico calcolato in termini di
competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico
dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella
tabella di cui all'articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre
2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'articolo 28, commi 3,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato
dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012. n.
1,... e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.
16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016
[ora anche 2017], emanato in attuazione dell'articolo 16, comma 3.
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,...; [ora anche "d) degli
importi indicati nella tabella di cui al comma 454;"] d) [ora d bis)]
degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie
speciali". A tale fine, "entro il 31 marzo di ciascun anno, il
presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro
dell'economia e delle finanze".
Il comma 456 stabilisce che, "in caso di mancato accordo di cui
ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio,... gli obiettivi della regione
Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano
sono determinati applicando agli obiettivi definiti nell'accordo
relativo al 2011 i contributi previsti dal comma 455".
Dunque, il comma 455 prevede in teoria l'accordo tra la Regione
ed il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di
stabilita', ma in realta' stabilisce unilateralmente che il saldo
programmatico e' "determinato aumentando il saldo programmatico
dell'esercizio 2011" dei contributi previsti da alcune leggi. Il
comma 456 conferma il carattere illusorio della determinazione
concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo.
I commi 455 e 456 violano, in primo luogo, l'art. 79, co. 3,
primo periodo dello Statuto (secondo il quale "al fine di assicurare
il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le
province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli
obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai
saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo"), che assicura la
natura pattizia della regolazione degli obblighi relativi al patto di
stabilita' interno.
Inoltre, essi violano il principio dell'accordo in materia
finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze
n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n.
133 del 2010).[su esso v. il punto 3 del presente ricorso]
Ancora, le norme sono affette da irragionevolezza in quanto
internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo
e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del
suo contenuto. I commi 455 e 456 contraddicono anche il comma 458, in
base al quale "l'attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel
rispetto degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano e delle relative norme di
attuazione". La Regione e' legittimata a far valere il principio di
ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in
materia regionale (coordinamento della finanza pubblica) e incidono
sull'autonomia finanziaria della Regione".
Risulta dunque evidente, per i motivi indicati, l'illegittimita'
costituzionale anche dell'art. 1, commi 499, lett. b) e c), e 500,
della l. n. 147 del 2013.
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 508.
Il comma 508 dispone che, "al fine di assicurare il concorso
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilita' del
debito pubblico, in attuazione dell'articolo 97, primo comma, della
Costituzione, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138... e dal decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201... sono riservate all'Erario, per un periodo di
cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente
destinate alla copertura degli oneri per il servizio del debito
pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico
stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla
stabilita', sul coordinamento e sulla governante nell'Unione
economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, ratificato
ai sensi della legge 23 luglio 2012, n. 114" (primo periodo). Il
comma 508 prevede anche che, "con apposito decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte
regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le
modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata
contabilizzazione" (secondo periodo).
Dunque, il comma 508, primo periodo, si riferisce a tutte le
maggiori entrate derivanti dal d.l. 138/2011 (come, per la ricorrente
Regione, quelle derivanti dall'art. 2, che prevede maggiori entrate
provenienti dal gioco del Lotto - co. 3 - e aumenta l'aliquota IVA al
21%) e dal d.l. 201/2011. Quanto a quest'ultimo decreto, esso prevede
maggiori entrate erariali rilevanti per questa Regione all'art. 10 (a
seguito dell'emersione della base imponibile) e all'art. 18 (che
aumenta le aliquote Iva).
Anche il d.l. 138/2011 e il d.l. 201/2011 contenevano clausole di
riserva all'erario, che sono state impugnate da questa Regione con i
ricorsi 143/2011 e 33/2012. Il comma 508, dunque, ripropone le
lesioni gia' denunciate in quella sede.
L'art. 69 dello Statuto stabilisce che "sono devoluti alla
regione i proventi delle imposte ipotecarie percette nel suo
territorio, relative ai beni situati nello stesso" (co. 1). In base
al comma 2, "sono altresi' devolute alla regione le seguenti quote
del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato,
percette nel territorio regionale: a) i nove decimi delle imposte
sulle successioni e donazioni e sul valore netto globale delle
successioni; b) i due decimi dell'imposta sul valore aggiunto,
esclusa quella relativa all'importazione...; c) i nove decimi del
provento del lotto, al netto delle vincite".
L'art. 2, co. 108, 1. 191/2009 (approvato ai sensi dell'art. 104
St.) regola la corresponsione alla Regione delle quote dei tributi
erariali ad essa spettanti.
Il comma 508, dunque, riservando all'Erario le maggiori entrate
erariali derivanti dal d.l. 138/2011 e dal d.l. 201/2011, risulta
contrastante con l'art. 69, co. 2, lett. b) e c) dello Statuto, che
garantisce alla Regione una precisa compartecipazione all'Iva e al
provento del lotto.
Ne' si potrebbe affermare che la riserva all'erario di cui al
comma 508 sia giustificata in virtu' del d. lgs. 268/1992. Essa,
infatti, non rispetta affatto i requisiti posti dall'art. 9 d. lgs.
268/1992 per la riserva all'erario del "gettito derivante da
maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi". In
primo luogo, l'art. 2, co. 3, d.l. 138/2011 prevede "nuove modalita'
di gioco del lotto" e non maggiorazioni di aliquote o l'istituzione
di nuovi tributi; esse non sono contemplate neppure dall'art. 10 d.l.
201/2011.
Inoltre, secondo la sentenza di codesta Corte n. 182/2010, l'art.
9 d. lgs. 268/1992 "richiede, per la legittimita' della riserva
statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita' diverse
da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b),
dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe' da
finalita' diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di
riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla
copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali
delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il
gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell'art.
81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non
continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della
regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita'
naturali»; c) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonche'
contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi
quantificabile»". La riserva disposta dal comma 508, primo periodo,
non soddisfa i requisiti di cui all'art. 9 d. lgs. 268/1992. Infatti,
la finalita' della riserva ("copertura degli oneri per il servizio
del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito
pubblico stesso") corrisponde a quella esclusa dall'art. 9
(«raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica»).
Cio' risulta confermato dai commi 511 e 515. Il primo, prevedendo
una possibile misura alternativa alla riserva di cui al comma 508,
conferma che la finalita' del comma 508 e' il "conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica", cioe' la finalita' esclusa dall'art.
9 d. lgs. 268/1992. Anche il comma 515 prevede una "misura
alternativa" alla riserva di cui al comma 508 e conferma che la
finalita' del comma 508 e' il "concorso al riequilibrio della finanza
pubblica", cioe' la finalita' esclusa dall'art. 9 d. lgs. 268/1992.
E' opportuno ricordare che per tale obiettivo lo Statuto prevede
(come tra breve si dira') diversi e appropriati strumenti, ma esclude
lo strumento della semplice riserva all'erario.
Inoltre, se pure la finalita' e la destinazione delle risorse
fossero appropriate, sarebbe comunque da rimarcare che mancano i
caratteri della novita', della specificita' e della temporaneita'
delle spese statali a cui la riserva di gettito prevista dal comma
508 e' destinata. Anche sotto questo profilo, dunque, la riserva non
corrisponde al modello normativo che la renderebbe ammissibile.
L'illegittimita' costituzionale delle "riserve all'erario" e'
stata confermata dalla sent. 142/2012, che ha dichiarato illegittima
la riserva allo Stato del gettito dell'addizionale erariale sulla
tassa automobilistica, per la mancanza dei presupposti di cui
all'art. 9 d. lgs. 268/1992.
E' poi intervenuta la sent. 241/2012, che ha accertato, con
riferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia ed all'art. 2, co. 36,
d.l. 138/2011, che "nella specie... non risulta realizzata alcuna
delle ipotesi statutarie di riserva integrale allo Stato delle
entrate erariali"; con riferimento "al citato primo comma dell'art. 4
del d.P.R. n. 114 del 1965 [formulato in modo corrispondente all'art.
9 d. lgs. 268/1992], infatti, ricorrono solo i requisiti relativi
alla delimitazione temporale del gettito ed alla sua
quantificabilita' e distinta contabilizzazione nel bilancio statale
(prevista dal secondo periodo del comma 36), ma non ricorre anche il
requisito consistente nella «copertura di nuove specifiche spese di
carattere non continuativo», richiesto anch'esso dall'evocato
parametro". Infatti, "gli obiettivi ai quali e' finalizzato il
maggior gettito - le indicate «esigenze prioritarie di raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea» -
sono privi della specificita' richiesta dall'indicata norma di
attuazione statutaria in materia di finanza regionale" (punto 6.1; v.
anche i punti da 6.2 a 6.5). Cio' costituisce ulteriore ragione a
dimostrazione dell'incostituzionalita' del comma 508.
Escluso che l'art. 48 possa trovare fondamento nell'art. 9 d.
lgs. 268/1992, e' anche da escludere che esso possa ricondursi
all'art. 10 e all'art. 10-bis del medesimo decreto.
In primo luogo, l'art. 10, co. 6, ha ad oggetto "una quota del
previsto incremento del gettito tributario... spettante alle province
autonome", per cui esso non e' applicabile alla Regione.
Inoltre, abrogato l'art. 78 dello Statuto e soppressa la somma
spettante in base ad esso (v. anche l'art. 79, co. l , St.), sono da
ritenere inapplicabili le norme attuative dell'art. 78, quale l'art.
10 d. 1gs. 268/1992. Questo vale anche per l'art. 10, co. 6,
strettamente connesso alla disciplina dell'accordo (menzionato in due
punti del comma 6) relativo alla determinazione della quota
variabile, ora soppressa. Ancora, l'art. 10, co. 6, prevedeva un
meccanismo consensuale per far partecipare le Province "al
raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica", che e' stato ora sostituito da quelli, sempre consensuali,
regolati dall'art. 79: anche sotto questo profilo, dunque, il
meccanismo precedente non risulta piu' operativo. Conferma espressa
di cio' si ricava dal testo attuale dell'art. 79, co. 4, secondo cui
"le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di
perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi
derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione
con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso
sostituite da quanto previsto dal presente articolo".
Qualora, in denegata ipotesi, non si ritenesse superato l'art.
10, co. 6, si dovrebbe perlomeno riconoscere che la determinazione
della quota in questione dovrebbe pur sempre rispettare il principio
di leale collaborazione e, in particolare, il principio consensuale
che domina le relazioni finanziarie fra lo Stato e le Regioni
speciali. In altre parole, anche venuto meno l'accordo per la
determinazione della quota variabile, lo Stato avrebbe pur sempre
dovuto cercare l'accordo con la Regione autonoma Trentino-Alto
Adige/Südtirol, non potendo unilateralmente alterare le regole sulle
compartecipazioni e gli strumenti con cui la Regione partecipa al
risanamento finanziario, disciplinati dall'art. 79 dello Statuto.
Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e
Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo, pienamente
riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale (v. il punto 3 del
ricorso).
In effetti, e' assolutamente incongruo ed ad avviso della Regione
illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente
adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti
finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio consensuale e'
da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito proprio
con la recente riforma statutaria.
Inoltre, la norma impugnata non rispetta l'art. 10, co. 6 (sempre
nella denegata ipotesi che esso sia ritenuto applicabile), anche
perche' riserva all'erario tutte "le maggiori entrate", mentre la
norma di attuazione limita ad "una quota del previsto incremento del
gettito tributario" la possibilita' di destinazione "al
raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica".
Infine, il comma 508 viola l'art. 12 l. 243/2012, la' dove questo
consente solo "nelle fasi favorevoli del ciclo economico" di porre a
carico degli enti territoriali un contributo al Fondo per
l'ammortamento dei titoli di Stato, e solo "tenendo conto della quota
di entrate proprie degli enti di cui al comma 1 influenzata
dall'andamento del ciclo economico". Considerato che il comma 508 si
applica dall'1.1.2014 al 31.12.2018 e che l'art. 12 l. 243/2012 si
applica dall'1.1.2016 (v. l'art. 21, co. 3, l. 243/2012), da tale
data fino al 31.12.2018 la riserva prevista dal comma 508 si pone in
contrasto con l'art. 12 l. 243/2012, che puo' fungere da parametro
perche' si tratta di una legge "rinforzata", approvata a maggioranza
assoluta dalle Camere ai sensi dell'art. 81, co. 6, Cost.
Il comma 508, primo periodo, viola anche l'art. 79 St. e, di
nuovo, il gia' citato principio dell'accordo (sul quale v. il punto 3
del ricorso).
L'art. 79 stabilisce che "la regione e le province concorrono al
conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e
all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche'
all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti
dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle
altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla
normativa statale" nei modi di seguito indicati e "con le modalita'
di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3" (co. 1),
aggiungendo che "le misure di cui al comma 1 possono essere
modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104
e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso
agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (co. 2).
Sia il comma 3 ("Non si applicano le misure adottate per le
regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale") che
il comma 4, poi, stabiliscono la non applicazione alla Regione e alle
Province delle norme statali che, in questa materia, valgono per le
altre Regioni.
Poiche' il comma 508 riserva le maggiori entrate "alla copertura
degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire
la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi
stabiliti dal Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla
governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2
marzo 2012", ne deriva la violazione delle norme - sopra citate -
contenute nell'art. 79 St., che configurano un sistema completo di
concorso della Regione e delle Province agli "obblighi di carattere
finanziario posti dall'ordinamento comunitario", non derogabile se
non con le modalita' previste dallo Statuto.
In effetti, e' assolutamente incongruo e ad avviso della Regione
illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente
adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti
finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio consensuale e'
da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito proprio
con la riforma statutaria di cui alla l. 191/2009, frutto essa stessa
di un solenne accordo tra lo Stato, la Regione Trentino Alto Adige
Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Infine, proprio perche' agli artt. 69 e 79 St. e al d. 1gs.
268/1992 si e' derogato con una fonte primaria "ordinaria", il comma
508 viola anche gli artt. 103 (che prevede il procedimento di
revisione costituzionale per le modifiche dello Statuto), 104 (che
prevede la possibilita' di modificare "le norme del titolo VI...con
legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per
quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province")
e l'art. 107 (che disciplina la speciale procedura per l'adozione
delle norme di attuazione dello Statuto speciale.
Il secondo periodo del comma 508 dispone che "con apposito
decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i
Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito,
attraverso separata contabilizzazione". Si tratta dunque di una norma
volta a regolare l'attuazione del primo periodo: la quale, pertanto,
e' affetta in via derivata dai medesimi vizi sopra illustrati.
In subordine, essa e' poi censurabile specificamente ed
autonomamente sotto un ulteriore aspetto, cioe' per la mancata
previsione dell'intesa con questa Regione in relazione al decreto che
stabilisce le modalita' di individuazione del maggior gettito.
Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a risorse che
spetterebbero alla Regione, in una materia dominata dal principio
consensuale, risulta specificamente illegittima, per violazione del
principio di leale collaborazione, la previsione di un decreto
ministeriale senza intesa con la Regione Trentino-Alto Adige.
P.Q.M.
Voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 1, commi 55, 388, 427, 429, 487, 499,
500 e 508 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(Legge di stabilita' 2014)", nelle parti, nei termini e sotto i
profili esposti nel presente ricorso.
Padova-Roma, 24 febbraio 2014
Prof. avv. Falcon - Avv. Manzi