Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 18 ottobre 2012 (della Provincia autonoma di Trento).

 

 

(GU n. 49 del 12.12.2012)

 

    Ricorso  della  Provincia  autonoma   di   Trenta   (cod.   fisc.

…), in persona  del  Presidente  della  Giunta  provinciale

pro-tempore  Lorenzo  Dellai,  autorizzato  con  deliberazione  della

Giunta provinciale 21  settembre  2012,  n.  1971  (doc.  1),  e  con

delibera del Consiglio provinciale 28 settembre 2012, n. 15 (doc. 2),

rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27777 del 25

settembre  2012  (doc.  3),  regata  dal  dott.  Tommaso  Sussarellu,

Ufficiale  rogante  della  Provincia,  dall'avv.  prof.  Giandomenico

Falcon (cod. fisc. …)  di  Padova,  dall'avv.  Nicolo'

Pedrazzoli  (cod.  fisc.  …)   dell'Avvocatura   della

Provincia  di  Trento   e   dall'avv.   Luigi   Manzi   (cod.   fisc.

…) di Roma, con domicilio eletto in Roma nello  studio

di questi in via Confalonieri, n. 5;

    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la

dichiarazione di illegittimita' costituzionale:

        dell'art. 15, comma 13, lett. c), commi da 15 a  17  e  comma

22, dal secondo al quinto periodo;

        dell'art. 16, commi 3 e 4;

        dell'art. 24-bis, nella parte in cui  prevede  l'applicazione

delle predette disposizioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95,

Disposizioni urgenti  per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con

invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento

patrimoniale delle imprese del settore bancario, come convertito, con

modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n.  135,  pubblicata  nella

G.U. n. 189 del 14 agosto 2012, suppl. ord. n. 173, per violazione:

          degli articoli 4, n. 7); 8, n. 1); 9, n. 10),  e  16  dello

Statuto speciale;

          del Titolo VI dello  Statuto  speciale,  e  in  particolare

degli articoli 75 e 79;

          degli  articoli  103,  104  e  107  del  medesimo   Statuto

speciale;

          delle relative norme di attuazione, tra le quali il decreto

legislativo 16 marzo 1992, n. 266, il decreto  legislativo  16  marzo

1992, n. 268, il dPR 474/1975, il dPR 197/1980;

          degli artt. 117, 118 e 119 Cost., in combinato disposto con

l'art. 10 l. cost. 3/2001;

          dell'art. 2, co. 108, l. 191/2009;

          dei  principi   di   leale   collaborazione,   certezza   e

ragionevolezza, nelle parti, nei modi e  per  i  profili  di  seguito

illustrati.

 

                              F a t t o

 

    Il d.l. 95/2012, convertito nella legge 7  agosto  2012,  n.  135

(c.d. spending review 2), contiene norme volte  a  ridurre  la  spesa

pubblica.

    Viene qui in considerazione il Titolo  III,  Razionalizzazione  e

riduzione della spesa sanitaria, che contiene solo l'art.  15.  Viene

anche in considerazione il Titolo IV, Razionalizzazione  e  riduzione

della  spesa  degli  enti   territoriali,   che   comprende   diverse

disposizioni, fra le quali qui  rileva  l'art.  16,  Riduzione  della

spesa degli enti territoriali. Infine, viene in considerazione l'art.

24-bis, che  detta  una  clausola  di  salvaguardia  delle  autonomie

speciali, precisando, pero', che resta  fermo  «il  contributo  delle

regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento  e  di

Bolzano  all'azione  di  risanamento  cosi'  come  determinata  dagli

articoli 15 e 16, comma 3».

    Ad avviso della Provincia di Trento, tali norme risultano  lesive

delle prerogative costituzionali e costituzionalmente illegittime per

le seguenti ragioni di

 

                            D i r i t t o

 

1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 13, lett. e).

    L'art. 15 detta Disposizioni urgenti per l'equilibrio del settore

sanitario  e  misure  di  governo  della  spesa  farmaceutica.   Tali

disposizioni hanno il «fine di garantire il rispetto  degli  obblighi

comunitari e la realizzazione degli obiettivi  di  finanza  pubblica,

l'efficienza nell'uso delle risorse destinate al settore sanitario  e

l'appropriatezza nell'erogazione delle  prestazioni  sanitarie»  (co.

1). I commi da 2 a 11-bis riguardano la  spesa  farmaceutica,  e  non

vengono qui in considerazione.

    I commi 12, 13 e 14  contengono  misure  di  razionalizzazione  e

riduzione della spesa per acquisti di  beni  e  servizi  e  ulteriori

misure in campo sanitario.

    La presente impugnazione riguarda la lett. c) del  comma  13,  la

quale dispone quanto segue:

    «c)  sulla  base  e  nel  rispetto  degli  standard  qualitativi,

strutturali,  tecnologici  e  quantitativi  relativi   all'assistenza

ospedaliera fissati,  entro  il  31  ottobre  2012,  con  regolamento

approvato ai sensi dell'art. 1, comma 169, della  legge  30  dicembre

2004, n.  311,  previa  intesa  della  Conferenza  permanente  per  i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e

di Bolzano, nonche' tenendo conto della mobilita' interregionale,  le

regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano  adottano,  nel

rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle  cure

primarie finalizzate all'assistenza  24  ore  su  24  sul  territorio

adeguandoli  agli  standard  europei,  entro  il  31  dicembre  2012,

provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri

accreditati  ed  effettivamente  a  carico  del  servizio   sanitario

regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti  letto  per  mille

abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille  abitanti  per  la

riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente

le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed  assumendo

come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a  160  per  mille

abitanti di cui il 25  per  cento  riferito  a  ricoveri  diurni.  La

riduzione dei  posti  letto  e'  a  carico  dei  presidi  ospedalieri

pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del  totale  dei

posti letto da ridurre ed e' conseguita esclusivamente attraverso  la

soppressione di unita' operative complesse. Nelle singole  regioni  e

province autonome, fino ad avvenuta  realizzazione  del  processo  di

riduzione dei posti letto e  delle  corrispondenti  unita'  operative

complesse, e' sospeso il conferimento o il rinnovo  di  incarichi  ai

sensi dell'art. 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre  1992,

n. 502  e  successive  modificazioni.  Nell'ambito  del  processo  di

riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e  di  Bolzano

operano una verifica, sotto il profilo  assistenziale  e  gestionale,

della funzionalita' delle piccole  strutture  ospedaliere  pubbliche,

anche  se  funzionalmente  e  amministrativamente  facenti  parte  di

presidi ospedalieri articolati in piu' sedi, e promuovono l'ulteriore

passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno  e  dal  ricovero

diurno all'assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l'assistenza

residenziale e domiciliare».

    In sintesi, il comma 13, lett. c),

        affida  ad  un  regolamento  statale  la  definizione   degli

standard  qualitativi,  strutturali,   tecnologici   e   quantitativi

relativi all'assistenza ospedaliera, concepiti - come sembra  -  come

standard inderogabili sia nel minimo che nel massimo;

        prescrive alle Regioni e alle Province autonome di ridurre lo

standard  dei   posti-letto   ospedalieri,   applicando   i   criteri

dettagliati fissati dalla stessa disposizione (il primo,  il  secondo

ed il terzo  periodo  della  lett.  e)  contengono  regole  puntuali,

comprensive di percentuali, e non certo principi fondamentali);

        stabilisce anche che, «fino  ad  avvenuta  realizzazione  del

processo di riduzione dei posti letto e delle  corrispondenti  unita'

operative complesse, e' sospeso  il  conferimento  o  il  rinnovo  di

incarichi»   a   tempo   determinato,   direttamente    disciplinando

l'attivita' organizzativa e  amministrativa  in  campo  assistenziale

sanitario.

    Tali  previsioni  e  prescrizioni,  in  quanto   applicate   alla

ricorrente  Provincia,  ne  ledono  le  competenze  costituzionali  e

statutarie, e sono costituzionalmente illegittime.

    Lo Statuto speciale  del  Trentino-Alto  Adige  attribuisce  alle

Province autonome potesta'  legislativa  concorrente  in  materia  di

igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera,

e la corrispondente potesta' amministrativa (art. 9, n. 10),  e  art.

16) St.).

    La competenza della Provincia di Trento in materia di sanita'  si

e' ampliata a seguito della riforma del Titolo V, in quanto  ad  essa

si estende la competenza di cui all'art.  117,  co.  3,  Cost.,  che,

secondo codesta Corte, e' «assai piu' ampia» di quella prevista dallo

Statuto (sentt. 240/2007, 162/2007 e 181/2006).  La  Corte  ha  anche

osservato che «la sanita', d'altro canto, e' ripartita fra la materia

di competenza  regionale  concorrente  della  "tutela  della  salute"

(terzo comma), la quale deve essere intesa  come  "assai  piu'  ampia

rispetto alla precedente materia assistenza sanitaria e  ospedaliera"

(sentenze  n.  181  del  2006  e  n.  270   del   2005),   e   quella

dell'organizzazione sanitaria, in cui  le  Regioni  possono  adottare

"una  propria  disciplina  anche  sostitutiva  di   quella   statale"

(sentenza n. 510 del 2002)» (sent. 328/2006, punto 3.1 del Diritto).

    E' evidente, comunque, che l'autonomia della ricorrente Provincia

non puo' essere inferiore a quella ad essa specificamente  assicurata

dalle disposizioni di attuazione dello statuto, emanate con il dPR 28

marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la  regione

Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita') e con il  dPR  26

gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale  per

il  Trentino-Alto  Adige  concernenti  integrazioni  alle  norme   di

attuazione in materia di igiene e sanita'  approvate  con  d.P.R.  28

marzo 1975, n. 474).

    L'art. 2, co. 2, dPR 474/1975 dispone che «alle province autonome

competono le potesta'  legislative  ed  amministrative  attinenti  al

funzionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari», e

aggiunge che «nell'esercizio di tali potesta' esse  devono  garantire

l'erogazione  di  prestazioni  di  assistenza  igienico-sanitaria  ed

ospedaliera  non  inferiori  agli  standards  minimi  previsti  dalle

normative nazionale e comunitaria».

    La  speciale  autonomia  della  Provincia  di  Trento  in   campo

sanitario ha ormai quasi due decenni il suo risvolto  nel  meccanismo

di finanziamento del servizio sanitario provinciale.

    Infatti, in relazione  all'assetto  statutario  delle  competenze

sopra  descritto  e  quale  concorso  delle  Province   autonome   al

riequilibrio della finanza pubblica nazionale, gia' l'art. 34,  comma

3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha disposto che le  Province

autonome di Trento e  di  Bolzano  provvedono  al  finanziamento  del

Servizio sanitario nazionale nei rispettivi  territori,  senza  alcun

apporto   a   carico   del   bilancio   dello   Stato,    utilizzando

prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari e dalle

altre imposte sostitutive e, ad integrazione, le risorse  dei  propri

bilanci.

    Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento

del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia

finanziaria provinciale.

    Il quadro statutario in materia finanziaria si caratterizza,  tra

l'altro, per la previsione  espressa  di  una  disposizione  volta  a

disciplinare in modo completo i termini e le modalita'  del  concorso

della Regione  e  delle  Province  autonome  al  conseguimento  degli

obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento

degli  obblighi  di  carattere  finanziario  posti   dall'ordinamento

comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure  di

coordinamento  della  finanza  pubblica  stabilite  dalla   normativa

statale (art. 79, co. 1, St.). Tali misure «possono essere modificate

esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104  e  fino  alla

loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi

di finanza pubblica di cui al comma 1».

    L'art. 79, co. 3, stabilisce  che,  «al  fine  di  assicurare  il

concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province

concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi

relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai  saldi  di

bilancio da  conseguire  in  ciascun  periodo».  Fermi  restando  gli

obiettivi complessivi di  finanza  pubblica,  «spetta  alle  province

stabilire gli obblighi relativi al  patto  di  stabilita'  interno  e

provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento  agli  enti

locali,  ai  propri  enti  e  organismi  strumentali,  alle   aziende

sanitarie...», e «non si applicano le misure adottate per le  regioni

e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Le  province

«vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza  pubblica  da

parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli  stessi

il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla

competente sezione della Corte dei conti».

    Anche il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali  relative

all'attuazione degli obiettivi di  perequazione  e  di  solidarieta',

nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di  stabilita'

interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle

province e sono in  ogni  caso  sostituite  da  quanto  previsto  dal

presente articolo».

    Commisurate al complesso di disposizioni ora  esposte,  volte  ad

assicurare  in  termini  del  tutto   peculiari   l'autonomia   della

ricorrente Provincia nella  disciplina  dell'organizzazione  e  della

gestione  del  servizio  sanitario,  le  disposizioni  impugnate   si

rivelano  con   esse   contrastanti   e   dunque   costituzionalmente

illegittime, sotto vari e distinti profili.

    In primo luogo, illegittimo e'  il  vincolo  al  «rispetto  degli

standard  qualitativi,  strutturali,   tecnologici   e   quantitativi

relativi all'assistenza ospedaliera» fissati con regolamento statale,

ove con tale espressione si intenda non - come nella  tradizione  dei

livelli essenziali, ai quali pure la norma si  richiama  mediante  il

riferimento all'art. 1, comma 169, della l. n.  311  del  2004  -  il

rispetto dei minimi fissati da tali standard,  ma  l'obbligo  di  non

oltrepassarli.

    Ove la disposizione dovesse  essere  intesa  come  fissazione  di

standard inderogabili anche nel massimo,  la  sua  applicazione  alla

ricorrente Provincia non avrebbe fondamento alcuno, e sarebbe  dunque

costituzionalmente illegittima. Sarebbe  violata,  letteralmente,  la

norma  di  attuazione  sopra  citata,  che  vincola  la  Provincia  a

«garantire    l'erogazione    di    prestazioni     di     assistenza

igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi

previsti dalle normative nazionale e comunitaria» (art. 2, co. 2, dPR

474/1975). Il dovere di garantire standard  non  inferiori  a  quelli

stabiliti dello Stato implica infatti - come sembra ovvio - il potere

di garantire, ove possibile standard superiori a tale livello.

    Ma sarebbe altresi' violata l'autonomia finanziaria  provinciale.

In primo luogo, si tratta della specifica  autonomia  in  materia  di

finanziamento della sanita'. Poiche', come sopra esposto, le Province

autonome di Trento e  di  Bolzano  provvedono  al  finanziamento  del

Servizio sanitario nazionale nei rispettivi  territori,  senza  alcun

apporto a carico del bilancio dello Stato, ne deriva che  «lo  Stato,

quando non concorre al finanziamento della spesa  sanitaria,  neppure

ha titolo per dettare norme di coordinamento  finanziario»  (sentenze

n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010).

    Inoltre, tale limitazione sarebbe incongrua anche se  commisurata

alla generale autonomia finanziaria provinciale, quale definita dalle

disposizioni sopra illustrate del Titolo VI dello statuto.  Da  esse,

ed in particolare dalla disciplina di  cui  all'art.  79  St.  e  dal

principio dell'accordo, che domina il regime dei rapporti  finanziari

tra Stato e autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenze n.  82

del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000  e  n.  133

del 2010), risulta che la Provincia non e' soggetta  alle  misure  di

coordinamento finanziario  relative  alle  Regioni  ordinarie,  ma  a

quelle stabilite  a  priori  dallo  statuto  ed  a  quelle  ulteriori

concordate con lo Stato.

    In  definitiva,  e'  illegittima  l'assimilazione  alle   Regioni

ordinarie della Provincia di Trento, che finanza con proprie  risorse

il SSN ed e' dotata di uno speciale regime per quel che  riguarda  il

concorso agli obiettivi  di  finanza  pubblica,  regime  che  prevede

espressamente, tra l'altro, il potere della Provincia di  «provvedere

alle  funzioni  di  coordinamento  con  riferimento...  alle  aziende

sanitarie» (art. 79, comma 3, statuto).

    Ugualmente illegittime, commisurate  ai  predetti  parametri,  si

rivelano le disposizioni secondo le quali la  Provincia  autonoma  di

Trento dovrebbe adottare «provvedimenti di riduzione  dello  standard

dei posti letto ospedalieri accreditati ed  effettivamente  a  carico

del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore  a  3,7

posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7  posti  letto  per

mille abitanti per la riabilitazione e la  lungodegenza  post-acuzie,

adeguando  coerentemente   le   dotazioni   organiche   dei   presidi

ospedalieri pubblici  ed  assumendo  come  riferimento  un  tasso  di

ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento

riferito a ricoveri diurni», ponendo la riduzione dei posti letto  «a

carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota  non  inferiore

al  50  per  cento  del  totale  dei  posti  letto  da   ridurre»   e

conseguendola «esclusivamente attraverso la  soppressione  di  unita'

operative complesse».

    A  tale  vincolo  si  oppongono  intanto,   qualificandolo   come

illegittimo,  le  stesse  considerazioni  sopra  esposte   circa   la

violazione della norma di attuazione di cui all'art. 2,  co.  2,  del

dPR 474/1975, come pure quelle relative  alla  autonomia  finanziaria

provinciale, sia quella  specifica  in  campo  sanitario  che  quella

generale stabilita dallo statuto.

    A tali profili di illegittimita' - che tra l'altro escludono  che

i  vincoli  cosi'  posti  si  possano  giustificare   a   titolo   di

coordinamento finanziario - si aggiunge quello relativo al  carattere

palesemente dettagliato dei vincoli in  questione.  Mentre  nulla  vi

sarebbe da eccepire se essi fossero stabiliti come livelli minimi, ne

sembra  invece  evidente  l'illegittimita'  in  quanto   essi   siano

concepiti  come  la  definizione  dal  centro  delle  caratteristiche

organizzative ed operative del  servizio.  Si  noti  che  la  materia

attiene qui all'organizzazione sanitaria, materia che la costituzione

affida alle Regioni.

    Nella sostanza, si verrebbero  in  questo  modo  a  vincolare  le

scelte provinciali circa  l'organizzazione  del  servizio  sanitario,

senza  fondamento  ne'  finanziario  ne'  di  principio.  Di  qui  la

constatazione della illegittimita'.

    Ancora, e' costituzionalmente illegittima la disposizione di  cui

al terzo periodo del  comma  13,  secondo  la  quale  «nelle  singole

regioni e province  autonome,  fino  ad  avvenuta  realizzazione  del

processo di riduzione dei posti letto e delle  corrispondenti  unita'

operative complesse, e' sospeso  il  conferimento  o  il  rinnovo  di

incarichi ai sensi dell'art. 15-septies del  decreto  legislativo  30

dicembre 1992, n. 502».

    Tale disposizione e' illegittima in  primo  luogo  in  quanto  si

connette   strumentalmente    alle    disposizioni    precedentemente

contestate, rendendo ancora piu' evidente che la loro natura  non  e'

quella di livelli minimi da rispettare, ma quella di livelli  massimi

da non superare.

    Ma  essa  e'  illegittima  anche  in   quanto   reca   disciplina

direttamente  operativa,  facendo  sorgere  immediatamente  doveri  e

divieti. Risulta violato, oltre alle  disposizioni  statutarie  e  di

attuazione gia' citate, in particolare l'art. 2 d. lgs. 266/1992,  in

base al quale nelle materie  provinciali  le  leggi  statali  non  si

applicano direttamente ma fanno sorgere solo  doveri  di  adeguamento

della legislazione provinciale, nella misura in cui  esse  concretano

limiti statutari.

2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 15. commi da 15 a 17.

    I commi da 15 a 17 riguardano le tariffe  da  corrispondere  alle

strutture accreditate. Il comma  15  prevede  che,  «in  deroga  alla

procedura  prevista  dall'art.  8-sexies,  comma   5,   del   decreto

legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,  in  materia  di  remunerazione

delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a

carico del servizio sanitario nazionale, il Ministro della salute, di

concerto con il Ministro dell'economia e delle  finanze,  sentita  la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le

province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto,  entro

il 15 settembre 2012, determina le tariffe massime che le  regioni  e

le   province   autonome   possono   corrispondere   alle   strutture

accreditate, di cui all'art.  8-quater  del  decreto  legislativo  30

dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sulla base dei dati

di costo  disponibili  e,  ove  ritenuti  congrui  ed  adeguati,  dei

tariffari regionali, tenuto conto dell'esigenza di recuperare,  anche

tramite la determinazione  tariffaria,  margini  di  inappropriatezza

ancora esistenti a livello locale e nazionale» (enfasi aggiunta).

    In base al comma 16, «le tariffe massime  di  cui  al  comma  15,

valide dalla data di entrata  in  vigore  del  decreto  del  Ministro

previsto dal medesimo comma 15, fino alla data del 31 dicembre  2014,

costituiscono riferimento per la valutazione della  congruita'  delle

risorse a carico del Servizio sanitario nazionale, quali principi  di

coordinamento della finanza pubblica».

    Il comma 17 stabilisce poi che «gli  importi  tariffari,  fissati

dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime di cui al comma

15 restano a carico dei bilanci regionali».

    In sintesi, le norme  in  questione  prevedono  che  con  decreto

ministeriale, adottato previo parere della Conferenza (mentre  l'art.

8-sexies, co. 5, d.lgs. 502/1992 prevede  l'intesa),  siano  adottate

tariffe massime volte a limitare il peso  finanziario  a  carico  del

Fondo sanitario nazionale (e dunque in definitiva  dello  Stato)  dei

rimborsi da corrispondere alle strutture accreditate. Se  le  Regioni

superano tali tariffe massime, l'onere ulteriore e'  posto  a  carico

dei loro bilanci.

    Come  risulta  dal  testo  riportato,  il  comma  15  si  rivolge

espressamente  anche  alle  Province  autonome,  inserendole  tra   i

destinatari delle predette disposizioni  e  cosi'  vincolandole  alle

specifiche restrizioni sopra esposte, autoqualificate quali «principi

di  coordinamento  della  finanza  pubblica»,  il  cui  contenuto  e'

stabilito da un  atto  amministrativo  generale  del  Ministro  della

salute.

    Sennonche', il sistema provinciale di finanziamento del  servizio

sanitario,  sopra  esposto,  basta  da   se'   a   rendere   evidente

l'incongruita'  di  tale  applicazione.  L'intera  disciplina   delle

tariffe e' finalizzata a limitare il  costo  di  tali  prestazioni  a

carico del Fondo sanitario nazionale: e poiche'  nella  provincia  di

Trento  nessuna  prestazione  e'  a  carico  del  Fondo,   alla   cui

distribuzione la Provincia non partecipa, applicare ad essa le stesse

limitazioni significa soltanto  privare  la  Provincia  stessa  della

liberta' di gestire autonomamente il proprio bilancio.

    Tale incongruita' e'  poi  ampiamente  illustrata  dall'ulteriore

circostanza che il comma 17 prevede, quale sanzione per la violazione

dei limiti tariffari, che il maggiore costo sia a carico del bilancio

regionale. Ora, dato che per quanto riguarda  il  servizio  sanitario

provinciale ogni onere e' interamente  e  comunque  finanziato  dalla

Provincia,  la  «sanzione»  coinciderebbe  con  quella  che   e'   la

situazione giuridica generale di ogni spesa.

    Puo' dunque supporsi che il riferimento sopra  evidenziato  anche

alle Province autonome sia un mero difetto di  coordinamento,  dovuto

alla  attrazione  esercitata  dal  vicino  richiamo  alla  Conferenza

Stato-Regioni, che ovviamente include anche le Province autonome. Ove

cosi' fosse, tale  difetto  non  produrrebbe  altro  effetto  che  di

ridurre la certezza del diritto, che potrebbe essere rimediato  dalla

stessa pronuncia di codesta ecc.ma Corte costituzionale.

    Ove invece alla menzione delle Province autonome dovesse darsi un

reale valore normativo, il vincolo cosi' posto dalle norme  impugnate

da un lato  costituirebbe  -  nei  termini  esposti  -  una  evidente

violazione del principio di  ragionevolezza,  dall'altro  verrebbe  a

contraddire, sul piano della autonomia finanziaria  della  Provincia,

il principio - riconosciuto da codesta  ecc.ma  Corte  -  secondo  il

quale «lo Stato, quando non concorre  al  finanziamento  della  spesa

sanitaria, neppure ha  titolo  per  dettare  norme  di  coordinamento

finanziario» (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010).

    Nella stessa ipotesi, inoltre, i  commi  da  15  a  17  sarebbero

illegittimi per violazione delle gia' citate norme dell'art. 79  St.,

in base alle quali la Provincia non puo' essere vincolata dalle nonne

di  coordinamento  relative  alle  Regioni  ordinarie,  perche'  essa

concorre agli obiettivi di finanza pubblica nei modi  previsti  dallo

stesso art. 79.

    I commi da 15 a 17 sarebbero  illegittimi,  poi,  per  violazione

delle  norme  -  sopra  citate  -  che  configurano   la   competenza

provinciale in materia sanitaria (art. 9, n. 10, e art. 16 St.,  art.

2 dPR 474/1975, art. 117, co. 3, Cost. e art. 10 l. cost. 3/2001), in

quanto pretendono di vincolare la Provincia a presunti  «principi  di

coordinamento della finanza pubblica», che in realta' sono  norme  di

dettaglio (limitano una  voce  di  spesa  puntuale,  con  regola  non

temporanea  e  non  suscettibile  di  svolgimento  da   parte   della

Provincia).

    Infine, tali «principi» non sono neppure  dettati  con  legge  ma

sono  «delegificati»,  essendo  rimessi  ad   un   semplice   decreto

ministeriale. A tale  decreto  e'  per  giunta  attribuita  efficacia

diretta, venendo cosi' a violare anche  gli  artt.  2  e  3  d.  lgs.

266/1992,  in  base  ai  quali  -  nelle  materie  provinciali  -  le

competenze della Provincia possono  essere  limitate  solo  con  atto

legislativo non direttamente applicabile o con atto  di  indirizzo  e

coordinamento, in presenza, pero', di certi requisiti (competenza del

Governo, parere della Provincia ed effetto di vincolo  limitato  agli

obiettivi) che risultano chiaramente assenti nel caso di specie.

    Qualora il decreto in questione  dovesse  essere  considerato  un

atto amministrativo generale,  inoltre,  si  dovrebbe  constatare  la

violazione dell'art. 4 d. lgs.  266/1992,  che  vieta  di  attribuire

funzioni amministrative ad organi statali nelle materie provinciali.

    E' opportuno ricordare che anche  di  recente  codesta  Corte  ha

ribadito che gli atti non legislativi non sono idonei a dettare norme

fondamentali: «Gia' nella sentenza n.  376  del  2002  questa  Corte,

esaminando - alla luce dell'assetto  costituzionale  precedente  alla

revisione del 2001 - la posizione che, nella gerarchia delle fonti di

produzione  del  diritto,  venivano  ad  assumere  i  regolamenti  di

delegificazione, affermava che «la sostituzione di norme  legislative

con nonne regolamentari esclude(va) di per se' che da  queste  ultime

(potessero) trarsi principi vincolanti per le regioni».  E'  evidente

che in nulla queste conclusioni sono  mutate  dopo  la  modifica  del

Titolo V della Parte seconda della Costituzione, e che, quindi,  deve

escludersi che il  regolamento  di  delegificazione  sia  un  veicolo

normativo idoneo a delineare le grandi riforme economico-sociali  che

si impongono alla  potesta'  legislativa  della  Provincia  autonoma»

(sent. 207/2012, punto 3.2). Se un regolamento di delegificazione non

puo' dettare norme fondamentali di riforma,  un  atto  amministrativo

generale non puo' contenere «principi di coordinamento della  finanza

pubblica».

3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 22, dal  secondo

al quinto periodo.

    Il comma 22, primo periodo,  dell'art.  15  stabilisce  che,  «in

funzione delle disposizioni recate dal presente articolo  il  livello

del fabbisogno del  servizio  sanitario  nazionale  e  del  correlato

finanziamento, previsto dalla vigente legislazione, e' ridotto di 900

milioni di euro per l'anno 2012, di 1.800 milioni di euro per  l'anno

2013 e di 2.000 milioni di euro per l'anno 2014 e  2.100  milioni  di

euro a decorrere dall'anno 2015».

    Cosi' definite le riduzioni di  fabbisogno,  il  secondo  periodo

precisa che esse  «sono  ripartite  fra  le  regioni  e  le  province

autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e modalita'  proposti

in sede di autocoordinamento dalle regioni  e  province  autonome  di

Trento e di Bolzano medesime, da recepire,  in  sede  di  espressione

dell'Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo

Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano  per  la

ripartizione  del  fabbisogno  sanitario   e   delle   disponibilita'

finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale,  entro  il  30

settembre 2012, con riferimento all'anno 2012 ed entro il 30 novembre

2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti».

    Il terzo periodo  considera  l'ipotesi  che  «non  intervenga  la

predetta proposta entro  i  termini  predetti»,  e  per  questo  caso

dispone che «all'attribuzione del concorso alla manovra di correzione

dei conti alle singole regioni e alle Province autonome di  Trento  e

di Bolzano, alla ripartizione  del  fabbisogno  e  alla  ripartizione

delle disponibilita' finanziarie  annue  per  il  Servizio  sanitario

nazionale si provvede secondo  i  criteri  previsti  dalla  normativa

vigente».

    Lo stesso comma  22  contiene  due  ulteriori  disposizioni,  che

riguardano specificamente le Regioni speciali.

    In base al quarto periodo del comma 22,  «le  Regioni  a  statuto

speciale e le Province autonome di Trento e  Bolzano,  ad  esclusione

della regione Siciliana, assicurano il concorso di  cui  al  presente

comma mediante le procedure  previste  dall'art.  27  della  legge  5

maggio 2009, n. 42»; e tuttavia, in base  al  quinto  periodo,  «fino

all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art.  27,

l'importo del concorso alla manovra  di  cui  al  presente  comma  e'

annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai

tributi erariali».

    Dunque,  nella   disciplina   cosi'   stabilita   le   norme   di

razionalizzazione della spesa contenute nell'art. 15 costituiscono la

premessa  di  un  minor  l'abbisogno  e  di  un   minore   «correlato

finanziamento», cioe' di una minore dimensione  del  Fondo  sanitario

nazionale: che poi si traduce, ovviamente, in un minor  trasferimento

di risorse dallo Stato alle Regioni che partecipano di tale fondo.

    Sin qui il meccanismo e' logico.

    Non si puo' dire ugualmente della applicazione delle disposizioni

sopra descritte alle autonomie speciali nelle quali la sanita'  e'  a

carico della Regione stessa: come accade appunto per la Provincia  di

Trento.

    In esse non esiste un  separato  finanziamento  per  il  servizio

sanitario, che e' invece finanziato  con  il  bilancio  generale.  La

Provincia, che finanzia in proprio  il  servizio,  rivendica  -  come

esposto ai punti precedenti - di non  essere  soggetta  alle  forzose

riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritti. Ma ove  tali

riduzioni si verificassero - e con esse un minore livello di spesa  -

si tratterebbe  pur  sempre  di  una  minore  incidenza  della  spesa

sanitaria  sull'autonomo   bilancio   complessivo   della   Provincia

autonoma, come definito dalle entrate che lo Statuto  attribuisce  ad

essa e dalle spese necessarie o opportune.

    Nel meccanismo ideato dalle  norme  qui  contestate,  invece,  la

violazione dell'autonomia  della  Provincia  nella  organizzazione  e

gestione del servizio sanitario, con la forzosa  riduzione  dei  suoi

livelli, si traduce addirittura  in  una  forzosa  acquisizione  allo

Stato delle risorse che  lo  statuto  di  autonomia  garantisce  alla

Provincia autonoma. Tale, e non altro, e' infatti il significato  del

passaggio di risorse  da  tali  autonomie  speciali  allo  Stato.  La

lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia  nelle  funzioni

si somma l'illegittima sottrazione di risorse.

    E' dunque costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione

dell'art.  75  dello  statuto  -  il   principio   stesso   di   tale

acquisizione. Infatti l'art. 75 St. attribuisce alle  Province  quote

del gettito di determinate entrate tributarie dello Stato,  percepite

nei rispettivi territori provinciali, e poi «nove decimi di tutte  le

altre entrate tributarie  erariali,  dirette  o  indirette,  comunque

denominate»  (co.  1,  lett.  g),  affinche'  queste  vengano   spese

nell'esercizio  delle  funzioni  e  competenze  costituzionali  della

Provincia stessa, e non affinche' lo Stato ne possa  disporre  a  suo

piacimento.  In  pratica,  il  comma  22  determina   un   contributo

straordinario permanente, a carico della  Provincia,  al  risanamento

della finanza pubblica statale. Inoltre, e' violato anche  l'art.  79

St., in quanto si dispone un concorso della Provincia al  risanamento

della finanza statale, al di  la'  di  quanto  previsto  dalla  norma

statutaria, che definisce in modo esaustivo gli strumenti con cui  la

Provincia concorre agli obiettivi  di  finanza  pubblica,  come  gia'

esposto ai punti 1 e 2.

    Ancora, le norme del comma 22 alterano unilateralmente  l'assetto

dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia di Trento, violando  il

principio dell'accordo che domina tali rapporti (anche su cio'  v.  i

punti 1 e 2) e gli artt. 103 e 104 dello  Statuto,  che  regolano  la

procedura di revisione dello Statuto e la  particolare  procedura  di

modifica delle norme finanziarie di esso.

    Alla  illegittimita'  del  principio  stesso  che  informa   tale

sottrazione di risorse si uniscono  poi  le  ulteriori  e  specifiche

illegittimita' dei meccanismi applicativi di tale principio.

    Il quantum del «concorso alla manovra di correzione dei conti» e'

definito nei modi previsti dal secondo e terzo periodo; quest'ultimo,

in particolare,  fa  riferimento  a  non  meglio  precisati  «criteri

previsti dalla normativa vigente», che forse non esistono in assoluto

ma sicuramente non possono  esistere  in  relazione  alle  Regioni  e

Province autonome che non partecipano del Fondo sanitario.

    Il  terzo  periodo  del  comma  22   e'   dunque   specificamente

illegittimo per  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di

certezza. Infatti, esso contiene  un  rinvio  (ai  «criteri  previsti

dalla  normativa  vigente»)  assolutamente  indeterminato,  tale   da

determinare incertezza sul  quantum  del  concorso  alla  manovra  di

risanamento.  Inoltre,  il  rinvio  alla  normativa  vigente   appare

irragionevole con riferimento alle autonomie  speciali  che  assumono

l'onere del servizio  sanitario  a  carico  dei  propri  bilanci.  La

Provincia e' legittimata a far valere tali vizi, posto che  la  norma

in questione attiene al coordinamento della finanza pubblica (materia

di competenza anche provinciale)  e,  determinando  incertezza  sulle

risorse  a  disposizione  per  il  Servizio  sanitario   provinciale,

pregiudica   lo    svolgimento    dell'autonomia    legislativa    ed

amministrativa della Provincia.

    Il quomodo del concorso e' definito nei modi previsti dal  quarto

e quinto periodo: il quarto periodo effettua un rinvio alle norme  di

attuazione  dello  statuto,  mentre  il  quinto  prevede  che,   fino

all'emanazione di esse, lo Stato trattenga ogni anno, sulle quote  di

compartecipazione  ai  tributi  erariali  previste   dallo   Statuto,

l'importo del concorso della Provincia  alla  riduzione  della  spesa

sanitaria.

    Ora, il rinvio alle  norme  di  attuazione  (quarto  periodo)  e'

comunque illegittimo, in quanto l'art. 79 e' modificabile solo con la

procedura di cui all'art. 104  St.  e  non  in  sede  di  attuazione.

Inoltre,  la  norma  in  questione  determina  (illegittimamente)  un

vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per  cui  il  rinvio

alla fonte «concertata» appare fittizio e contrasta  con  l'art.  107

St.

    Infine,  la  previsione   dell'accantonamento   di   un   importo

imprecisato su tali quote autonomamente viola l'art. 75, dato che  le

somme da esso garantite alla Provincia vengono indebitamente ridotte.

Esso viola altresi' l'art. 2, co.  108,  l.  191/2009  (approvato  ai

sensi dell'art. 104 St.: v. l'art. 2, co. 106, l. 191/2009), che, nel

dare attuazione all'art. 75 St.,  ha  stabilito  che  «le  quote  dei

proventi erariali spettanti alla regione Trentino-Alto Adige/Südtirol

e alle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  ai  sensi  degli

articoli 69, 70 e 75» dello Statuto, - a  decorrere  dal    gennaio

2011, sono riversate dalla struttura di  gestione  individuata  dall'

art. 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i  tributi

oggetto di versamento unificato e di compensazione, e dai soggetti  a

cui affluiscono, per gli altri tributi, direttamente alla  regione  e

alle province autonome sul conto infruttifero, intestato ai  medesimi

enti, istituito presso la tesoreria provinciale dello Stato, nei modi

e  nei  tempi  da  definire  con  apposito   decreto   del   Ministro

dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa con la  regione

e le province autonome».

    Sono  dunque  lesivi  e  costituzionalmente  illegittimi  sia  il

principio stesso del trasferimento di risorse provinciali allo Stato,

sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti.

4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 3.

    L'art. 16, co. 1, dispone che, «ai fini della tutela  dell'unita'

economica della Repubblica, gli enti territoriali  concorrono,  anche

mediante  riduzione  delle  spese   per   consumi   intermedi,   alla

realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto  delle

disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono  principi

fondamentali di coordinamento della finanza pubblica».

    Il comma 3 statuisce che, «con le procedure previste dall'art. 27

della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e  le

Province autonome di Trento e Bolzano  assicurano  un  concorso  alla

finanza pubblica per l'importo complessivo di 600 milioni di euro per

l'anno 2012, 1.200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di

euro per l'anno 2014 e 1.575 milioni di euro  a  decorrere  dall'anno

2015».

    La disposizione aggiunge che, «fino all'emanazione delle norme di

attuazione di  cui  al  predetto  art.  27,  l'importo  del  concorso

complessivo di cui al primo periodo del presente comma e' annualmente

accantonato, a valere sulle quote  di  compartecipazione  ai  tributi

erariali, sulla base di apposito  accordo  sancito  tra  le  medesime

autonomie speciali in sede di Conferenza permanente  per  i  rapporti

tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di  Trento  e  di

Bolzano e recepito con decreto del Ministero  dell'economia  e  delle

finanze entro il 30 settembre 2012». E' ancora previsto che  in  caso

di mancato accordo, «l'accantonamento e' effettuato, con decreto  del

Ministero dell'economia e  delle  finanze  da  emanare  entro  il  15

ottobre  2012,  in  proporzione  alle  spese  sostenute  per  consumi

intermedi  desunte,  per  l'anno  2011,  dal  SIOPE»,  e   che   fino

all'emanazione delle norme di attuazione, «gli obiettivi del patto di

stabilita'   interno   delle   predette   autonomie   speciali   sono

rideterminati tenendo conto degli importi  derivanti  dalle  predette

procedure».

    Siamo, dunque, di fronte ad una ulteriore  rilevante  sottrazione

di risorse alle Regioni speciali, che si aggiunge a  quelle  previsti

dall'art. 14  d.l.  78/2010,  dall'art.  20,  co.  5,  d.l.  98/2011,

dall'art. l, co. 8, d.l. 138/2011 (come sintetizzati e ripartiti  dal

comma 10 dell'art. 32 della legge n. 183 del 2011)  e  dall'art.  28,

co. 3, d.l. 201/2011. Come le precedenti, essa e'  disposta  su  base

meramente potestativa, come se le norme statutarie che definiscono la

finanza della Provincia autonoma di Trento non avessero alcun valore,

o fossero liberamente disponibili da parte del legislatore statale.

    Infatti, la sottrazione di risorse qui contestata non  ha  alcuna

base statutaria. Al  contrario,  le  disposizioni  dello  Statuto,  a

partire dal fondamentale art. 75, sono  rivolte  ad  assicurare  alla

Provincia le finanze necessarie all'esercizio delle funzioni:  ed  e'

chiaro che la devoluzione statutaria di  importanti  percentuali  dei

tributi riscossi nella provincia non  avrebbe  alcun  senso,  se  poi

fosse consentito  alla  legge  ordinaria  dello  Stato  di  riportare

all'erario tali risorse, per di piu' con determinazione unilaterale e

meramente potestativa.

    Per di piu', come gia' ricordato,  l'art.  79  dello  Statuto  di

autonomia disciplina ormai in modo preciso, esaustivo ed esclusivo le

regole secondo le  quali  le  Province  assolvono  gli  «obblighi  di

carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,  dal  patto

di stabilita' interno e dalle altre  misure  di  coordinamento  della

finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» (cornma 1):  e  -

come lo stesso art. 79 esplicitamente precisa - tali regole  «possono

essere modificate esclusivamente con la procedura prevista  dall'art.

104», mentre «fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il

concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1» (comma

2). Ed il comma 4 ribadisce che  «le  disposizioni  statali  relative

all'attuazione degli obiettivi di perequazione e  di  solidarieta'...

non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province

e sono in ogni  caso  sostituite  da  quanto  previsto  dal  presente

articolo».

    Con le disposizioni statutarie sopra ricordate  l'impugnato  art.

16, comma 3, si pone in insanabile conflitto.  Le  risorse  spettanti

alla Provincia non possono  essere  semplicemente  «acquisite»  dallo

Stato, mentre la  Provincia  stessa  concorre  al  risanamento  della

finanza pubblica  nei  modi  direttamente  previsti  dall'art.  79  o

comunque in quelli regolati dall'art. 79 (v. il comma 3).  Si  tratta

di un regime speciale, che non puo' essere  alterato  unilateralmente

dal legislatore ordinario.

    Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari  fra  Stato  e

Regioni speciali e' dominato dal principio  dell'accordo,  pienamente

riconosciuto  nella  giurisprudenza  costituzionale:  v.  le   sentt.

82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010.

    Non puo' ingannare, in questo come negli altri  casi,  il  rinvio

alle  norme  di   attuazione   dello   Statuto.   In   primo   luogo,

l'accantonamento previsto in attesa delle norme di attuazione e' gia'

autonomamente lesivo, traducendosi in diretta violazione dell'art. 75

St. e in una sottrazione delle risorse disponibili per la  Provincia,

al di fuori  delle  regole  di  coordinamento  finanziario  stabilite

dall'art. 79 (v. anche argomenti esposti sopra). La  riduzione  delle

risorse e' operata direttamente  e  unilateralmente  dal  legislatore

statale, in contrasto con lo Statuto e con il  principio  consensuale

che domina i  rapporti  tra  Stato  e  Regioni  speciali  in  materia

finanziaria (v. le sentt. sopra citate).

    In secondo luogo, quanto alle stesse norme di attuazione,  l'art.

79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art.  104  St.  e

non in sede  di  attuazione.  In  terzo  luogo,  l'art.  16,  co.  3,

determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme  di

attuazione,  per  cui  il  rinvio  alla  fonte  «concertata»   appare

fittizio.

    In definitiva, come detto, l'art. 16, co. 3, viola l'art. 79 St.,

co. 1, 2, e 4, primo periodo, perche' i  modi  in  cui  la  Provincia

concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica o sono

fissati direttamente dallo stesso art.  79  o  vanno  concordati  tra

Stato e Provincia, sempre in base all'art. 79.

    Corrispondentemente, e'  violato  l'art.  104,  che  richiede  il

consenso della Provincia per la modifica delle norme  del  Titolo  VI

dello Statuto.

    Inoltre, e' violato l'art. 107 St., perche'  una  fonte  primaria

pretende di vincolare il contenuto delle norme di attuazione.

    Ancora, l'art. 16, co. 3, viola l'art. 75 St., perche' diminuisce

l'importo spettante alla Provincia a titolo di compartecipazioni,  in

base alla suddetta norma statutaria.

    E', poi, ulteriormente  e  specificamente  illegittimo  e  lesivo

l'art.  16,  co.  3,  la'  dove  prevede  il  criterio  del   riparto

dell'accantonamento («in proporzione alle spese sostenute per consumi

intermedi desunte,  per  l'anno  2011,  dal  SIOPE»).  Infatti,  tale

criterio non risulta in alcun  modo  pariteticamente  concordato  tra

Stato e Regioni speciali, in contrasto con il  principio  consensuale

di cui sopra, oggi stabilito espressamente nello Statuto speciale per

la determinazione del patto di stabilita' (e comunque sempre  seguito

nelle precedenti leggi finanziarie dello Stato).

    Da ultimo, e ferme restando le censure fino ad  ora  esposte,  la

disposizione di cui al comma 3 e' autonomamente altresi'  illegittima

nella parte in cui dispone un concorso  che  «a  decorrere  dall'anno

2015» si protrae a tempo indeterminato.

    In effetti, anche nei casi in cui - peraltro  sul  fondamento  di

basi giuridiche che non  possono  essere  applicate  alla  ricorrente

Provincia - codesta Corte costituzionale ha ammesso  la  legittimita'

di speciali contribuzioni verso lo Stato, e' pur sempre rimasto fermo

che  tali  contribuzioni  si  correlano  a  situazioni  temporalmente

definite, e non possono divenire il regime  permanente  dei  rapporti

finanziari (v. in particolare  sent.  193/2012).  Di  qui  la  palese

illegittimita' anche in relazione a questo specifico profilo.

5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 4.

    L'art. 16, co. 4,  aggiunge  il  comma  12-bis  nell'art.  32  l.

183/2011, che regola il Patto di stabilita' interno delle  regioni  e

delle province autonome di Trento e di Bolzano.

    La comprensione della nuova norma, qui impugnata, richiede che si

ricordi il contesto normativo nella quale essa interviene.

    Il comma 10 dell'art. 32 l. 183/2011 ripartisce tra le  autonomie

speciali il concorso che le riguarda alla manovra finanziaria,  cioe'

il rispettivo «contributo  agii  obiettivi  di  finanza  pubblica  in

termini di competenza e di cassa aggiuntivo  rispetto  al  2011»  con

riferimento al d.l. 78/2010, al d.l. 98/2011 e al d.l. 138/2011.

    Il comma 12 prevede che, «al fine di assicurare il concorso  agli

obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto  Adige  e  le

province autonome di Trento e di  Bolzano  concordano,  entro  il  31

dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro dell'economia  e

delle finanze, per ciascuno degli anni 2012, 2013  e  successivi,  il

saldo  programmatico  calcolato  in  termini  di  competenza   mista,

determinato migliorando il saldo  programmatico  dell'esercizio  2011

della somma degli importi indicati dalla tabella di cui al comma 10».

A tale fine, «entro il 30 novembre di  ciascun  anno  precedente,  il

presidente dell'ente trasmette la proposta  di  accordo  al  Ministro

dell'economia e delle finanze. Con riferimento all'esercizio 2012, il

presidente dell'ente trasmette la proposta di  accordo  entro  il  31

marzo 2012».

    Conviene ricordare che queste norme sono  state  impugnate  dalla

Provincia di Trento, con ricorso n. 12/2012.

    In questo contesto interviene la nuova norma,  qui  impugnata,  a

stabilire che, «in caso di mancato accordo di cui ai commi  11  e  12

entro il 31 luglio, gli obiettivi delle regioni a statuto speciale  e

delle  province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  sono   determinati

applicando   agli   obiettivi   definiti   nell'ultimo   accordo   il

miglioramento di cui: a) al  comma  10  del  presente  articolo»;  b)

all'art. 28, comma 3, del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201,

convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della

legge 22 dicembre 2011, n.  214,  come  rideterminato  dall'art.  35,

comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.  1,  convertito,  con

modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dall'art. 4, comma

11, del decreto-legge 2  marzo  2012,  n.  16...  d)  agli  ulteriori

contributi disposti a carico delle autonomie speciali».

    Dunque, il comma 12-bis, introdotto dall'art. 16, co. 4, del d.l.

n. 95 del 2012, regola il caso  del  mancato  accordo  sul  patto  di

stabilita'; corrispondentemente, l'art. 16, co.  5,  abroga  l'ultimo

periodo dell'art. 32, co. 12, l. 183/2011, che stabiliva che «in caso

di mancato accordo, si applicano le  disposizioni  stabilite  per  le

regioni a statuto ordinario».

    La  nuova  norma  accorcia  il   termine   per   la   conclusione

dell'accordo (lo anticipa dal 31 dicembre al 31 luglio: e' da  notare

che il d.l. 95/2012 e' del 6 luglio!) e attribuisce ad esso - a  quel

che sembra - carattere perentorio, in quanto, una  volta  scaduto  il

termine,  gli  obiettivi  delle  Regioni  speciali  sono  determinati

unilateralmente dal legislatore statale: in altre parole, decorso  il

termine, «gli obiettivi delle regioni  a  statuto  speciale  e  delle

province autonome di Trento e  Bolzano  sono  determinati  applicando

agli obiettivi definiti nell'ultimo  accordo»  le  conseguenze  delle

norme che prevedono contributi della Provincia al  risanamento  della

finanza pubblica.

    L'art. 16, co. 4, dunque, e' - in primo luogo -  affetto  in  via

derivata dai vizi che colpiscono le norme da esso richiamate.  E'  in

particolare  illegittimo  l'art.  28,  co.  3,  d.l.  201/2011,  gia'

impugnato dalla ricorrente Provincia  con  ricorso  ancora  pendente.

Inoltre, avverso il suo richiamo determinato dall'art. 16,  comma  4,

possono farsi valere le argomentazioni relative all'art.  16,  co.  3

del tutto simile nel contenuto all'art. 28, comma 3, del d.l. 201.

    Le stesse argomentazioni possono essere richiamate, in  relazione

alla violazione dell'art. 79 St.  e  del  principio  dell'accordo  in

materia finanziaria, anche per la parte  dell'art.  16,  co.  4,  che

rinvia ai contributi di cui all'art. 32, co. 10, l. 183/2011.

    In effetti, l'art. 16, co. 4, viola l'art. 79 St., perche' i modi

in cui la Provincia concorre al  raggiungimento  degli  obiettivi  di

finanza pubblica o sono fissati direttamente dallo stesso art.  79  o

vanno concordati tra Stato e Provincia, sempre in base  all'art.  79.

Questo prescrive, in particolare,  che  «la  regione  e  le  province

concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi

relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai  saldi  di

bilancio da conseguire in  ciascun  periodo»,  e  che,  «a  decorrere

dall'anno 2010, gli obiettivi del patto di  stabilita'  interno  sono

determinati tenendo conto anche degli effetti positivi in termini  di

indebitamento netto derivanti  dall'applicazione  delle  disposizioni

recate dal presente articolo e dalle  relative  norme  di  attuazione

(art. 79, co. 3).

    Dunque, lo Statuto speciale prevede che,  nella  conclusione  del

patto di stabilita', si tenga conto degli effetti delle nonne di  cui

all'art. 79 e delle norme di attuazione, non  delle  norme  di  legge

ordinaria statale che cercano di avocare allo Stato risorse spettanti

alla Provincia in base a Statuto.

    Corrispondentemente, e'  violato  l'art.  104,  che  richiede  il

consenso della Provincia per la modifica delle norme  del  Titolo  VI

dello Statuto.

    L'art. 16, co. 4, viola poi il principio consensuale  in  materia

di finanza delle Regioni speciali. Infatti,  il  legislatore  statale

non puo' prevedere che la determinazione unilaterale degli  obiettivi

scatti semplicemente «in caso di  mancato  accordo»,  dato  che  cio'

«vanifica la previsione dell'intesa, in  quanto  attribuisce  ad  una

delle  parti  un  ruolo  preminente,  incompatibile  con  il   regime

dell'intesa, caratterizzata [...]  dalla  paritaria  codeterminazione

dell'atto» (sent.  121/2010).  La  norma  in  questione  finisce  per

rimettere l'applicazione  delle  norme  legislative  richiamate  (che

prevedono i contributi al raggiungimento degli obiettivi  di  finanza

pubblica), in luogo dell'accordo, alla  nuda  volonta'  del  Ministro

dell'Economia;  e'  invece  necessario,  come  messo  in  luce  dalla

giurisprudenza costituzionale, che il legislatore preveda  meccanismi

paritetici volti a superare il dissenso (sent. 383/2005; v. anche  la

sent. 179/2012).

6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 24-bis, nella parte in cui

essa eccettua dalla salvaguardia gli articoli 15 e 16, comma 3.

    L'art. 24-bis detta la Clausola di salvaguardia: «Fermo  restando

il contributo delle regioni  a  statuto  speciale  e  delle  province

autonome di Trento e di Bolzano all'azione di risanamento cosi'  come

determinata dagli articoli 15 e 16,  comma  3,  le  disposizioni  del

presente decreto  si  applicano  alle  predette  regioni  e  province

autonome  secondo  le  procedure  previste  dai  rispettivi   statuti

speciali e dalle relative norme di attuazione, anche con  riferimento

agli enti locali delle autonomie speciali che esercitano le  funzioni

in materia di finanza locale, agli enti ed organismi strumentali  dei

predetti  enti  territoriali  e  agli  altri  enti  o  organismi   ad

ordinamento regionale o provinciale».

    Dunque, l'art. 24-bis eccettua, dall'ambito di applicazione della

clausola di salvaguardia, l'art. 15 e l'art.  16,  co.  3,  cioe'  le

norme che sono state impugnate con il presente ricorso.

    La ricorrente Provincia e' consapevole  che,  una  volta  che  in

ipotesi le censure rivolte avverso tali disposizioni fossero accolte,

cesserebbe  anche  la  lesivita'  del  richiamo.  Solo  per  scrupolo

difensivo si  rivolgono  all'art.  24-bis  le  stesse  censure  sopra

esposte con riferimento all'art.  15  e  all'art.  16,  co.  3  ,  in

relazione al loro richiamo.

    Il concorso  della  Provincia  di  Trento  al  risanamento  della

finanza pubblica deve esplicarsi nel contesto  delle  speciali  norme

che regolano i rapporti  finanziari  tra  Stato  e  Provincia  e,  in

generale, del metodo  dell'accordo,  ne'  tale  assetto  puo'  essere

stravolto   per   (presunte)   ragioni   emergenziali,   cosi'   come

recentemente ricordato dalla giurisprudenza  costituzionale,  secondo

la quale, anche se in presenza di situazioni  eccezionali,  lo  Stato

non puo' sospendere le garanzie  costituzionali  di  autonomia  degli

enti territoriali stabilite  dalla  Costituzione  e,  pertanto,  deve

affrontare l'emergenza finanziaria  predisponendo  rimedi  che  siano

consentiti  dall'ordinamento  costituzionale  (Corte  costituzionale,

sentenze nn. 148 e 151 del 2012).

    Anche l'art. 24-bis, dunque,  risulta  lesivo  delle  prerogative

costituzionali della Provincia di Trento.

 

                              P. Q. M.

 

    Chiede   voglia   codesta   Corte    costituzionale    dichiarare

l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15,  comma  13,  lett.  c),

commi da 15 a 17 e comma 22, dal secondo al quinto periodo; dell'art.

16, commi 3 e 4; dell'art. 24-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n.

95, Disposizioni urgenti per la revisione della  spesa  pubblica  con

invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento

patrimoniale delle imprese del settore bancario, come convertito, con

modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135,  nelle  parti,  nei

termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.

      Roma, 12 ottobre 2012

 

             Prof. avv. Falcon - Avv.ti Pedrazzoli-Manzi

 

 

                                                             Allegati

    1) Deliberazione della Giunta provinciale 21 settembre  2012,  n.

1971.

    2)  Deliberazione  di  ratifica  del  Consiglio  provinciale   28

settembre 2012, n. 15.

    3) Procura speciale n. rep. 27777 del 25 settembre 2012.

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