Ricorso n. 156 del 18 ottobre 2012 (Provincia autonoma di Trento)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 ottobre 2012 (della Provincia autonoma di Trento).
(GU n. 49 del 12.12.2012)
Ricorso della Provincia autonoma di Trenta (cod. fisc.
…), in persona del Presidente della Giunta provinciale
pro-tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della
Giunta provinciale 21 settembre 2012, n. 1971 (doc. 1), e con
delibera del Consiglio provinciale 28 settembre 2012, n. 15 (doc. 2),
rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27777 del 25
settembre 2012 (doc. 3), regata dal dott. Tommaso Sussarellu,
Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico
Falcon (cod. fisc. …) di Padova, dall'avv. Nicolo'
Pedrazzoli (cod. fisc. …) dell'Avvocatura della
Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc.
…) di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio
di questi in via Confalonieri, n. 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale:
dell'art. 15, comma 13, lett. c), commi da 15 a 17 e comma
22, dal secondo al quinto periodo;
dell'art. 16, commi 3 e 4;
dell'art. 24-bis, nella parte in cui prevede l'applicazione
delle predette disposizioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento
patrimoniale delle imprese del settore bancario, come convertito, con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, pubblicata nella
G.U. n. 189 del 14 agosto 2012, suppl. ord. n. 173, per violazione:
degli articoli 4, n. 7); 8, n. 1); 9, n. 10), e 16 dello
Statuto speciale;
del Titolo VI dello Statuto speciale, e in particolare
degli articoli 75 e 79;
degli articoli 103, 104 e 107 del medesimo Statuto
speciale;
delle relative norme di attuazione, tra le quali il decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266, il decreto legislativo 16 marzo
1992, n. 268, il dPR 474/1975, il dPR 197/1980;
degli artt. 117, 118 e 119 Cost., in combinato disposto con
l'art. 10 l. cost. 3/2001;
dell'art. 2, co. 108, l. 191/2009;
dei principi di leale collaborazione, certezza e
ragionevolezza, nelle parti, nei modi e per i profili di seguito
illustrati.
F a t t o
Il d.l. 95/2012, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135
(c.d. spending review 2), contiene norme volte a ridurre la spesa
pubblica.
Viene qui in considerazione il Titolo III, Razionalizzazione e
riduzione della spesa sanitaria, che contiene solo l'art. 15. Viene
anche in considerazione il Titolo IV, Razionalizzazione e riduzione
della spesa degli enti territoriali, che comprende diverse
disposizioni, fra le quali qui rileva l'art. 16, Riduzione della
spesa degli enti territoriali. Infine, viene in considerazione l'art.
24-bis, che detta una clausola di salvaguardia delle autonomie
speciali, precisando, pero', che resta fermo «il contributo delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano all'azione di risanamento cosi' come determinata dagli
articoli 15 e 16, comma 3».
Ad avviso della Provincia di Trento, tali norme risultano lesive
delle prerogative costituzionali e costituzionalmente illegittime per
le seguenti ragioni di
D i r i t t o
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 13, lett. e).
L'art. 15 detta Disposizioni urgenti per l'equilibrio del settore
sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica. Tali
disposizioni hanno il «fine di garantire il rispetto degli obblighi
comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica,
l'efficienza nell'uso delle risorse destinate al settore sanitario e
l'appropriatezza nell'erogazione delle prestazioni sanitarie» (co.
1). I commi da 2 a 11-bis riguardano la spesa farmaceutica, e non
vengono qui in considerazione.
I commi 12, 13 e 14 contengono misure di razionalizzazione e
riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi e ulteriori
misure in campo sanitario.
La presente impugnazione riguarda la lett. c) del comma 13, la
quale dispone quanto segue:
«c) sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi,
strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza
ospedaliera fissati, entro il 31 ottobre 2012, con regolamento
approvato ai sensi dell'art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre
2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, nonche' tenendo conto della mobilita' interregionale, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel
rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure
primarie finalizzate all'assistenza 24 ore su 24 sul territorio
adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012,
provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri
accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario
regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille
abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la
riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente
le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo
come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille
abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La
riduzione dei posti letto e' a carico dei presidi ospedalieri
pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei
posti letto da ridurre ed e' conseguita esclusivamente attraverso la
soppressione di unita' operative complesse. Nelle singole regioni e
province autonome, fino ad avvenuta realizzazione del processo di
riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unita' operative
complesse, e' sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi ai
sensi dell'art. 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502 e successive modificazioni. Nell'ambito del processo di
riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale,
della funzionalita' delle piccole strutture ospedaliere pubbliche,
anche se funzionalmente e amministrativamente facenti parte di
presidi ospedalieri articolati in piu' sedi, e promuovono l'ulteriore
passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero
diurno all'assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l'assistenza
residenziale e domiciliare».
In sintesi, il comma 13, lett. c),
affida ad un regolamento statale la definizione degli
standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi
relativi all'assistenza ospedaliera, concepiti - come sembra - come
standard inderogabili sia nel minimo che nel massimo;
prescrive alle Regioni e alle Province autonome di ridurre lo
standard dei posti-letto ospedalieri, applicando i criteri
dettagliati fissati dalla stessa disposizione (il primo, il secondo
ed il terzo periodo della lett. e) contengono regole puntuali,
comprensive di percentuali, e non certo principi fondamentali);
stabilisce anche che, «fino ad avvenuta realizzazione del
processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unita'
operative complesse, e' sospeso il conferimento o il rinnovo di
incarichi» a tempo determinato, direttamente disciplinando
l'attivita' organizzativa e amministrativa in campo assistenziale
sanitario.
Tali previsioni e prescrizioni, in quanto applicate alla
ricorrente Provincia, ne ledono le competenze costituzionali e
statutarie, e sono costituzionalmente illegittime.
Lo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige attribuisce alle
Province autonome potesta' legislativa concorrente in materia di
igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera,
e la corrispondente potesta' amministrativa (art. 9, n. 10), e art.
16) St.).
La competenza della Provincia di Trento in materia di sanita' si
e' ampliata a seguito della riforma del Titolo V, in quanto ad essa
si estende la competenza di cui all'art. 117, co. 3, Cost., che,
secondo codesta Corte, e' «assai piu' ampia» di quella prevista dallo
Statuto (sentt. 240/2007, 162/2007 e 181/2006). La Corte ha anche
osservato che «la sanita', d'altro canto, e' ripartita fra la materia
di competenza regionale concorrente della "tutela della salute"
(terzo comma), la quale deve essere intesa come "assai piu' ampia
rispetto alla precedente materia assistenza sanitaria e ospedaliera"
(sentenze n. 181 del 2006 e n. 270 del 2005), e quella
dell'organizzazione sanitaria, in cui le Regioni possono adottare
"una propria disciplina anche sostitutiva di quella statale"
(sentenza n. 510 del 2002)» (sent. 328/2006, punto 3.1 del Diritto).
E' evidente, comunque, che l'autonomia della ricorrente Provincia
non puo' essere inferiore a quella ad essa specificamente assicurata
dalle disposizioni di attuazione dello statuto, emanate con il dPR 28
marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione
Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita') e con il dPR 26
gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di
attuazione in materia di igiene e sanita' approvate con d.P.R. 28
marzo 1975, n. 474).
L'art. 2, co. 2, dPR 474/1975 dispone che «alle province autonome
competono le potesta' legislative ed amministrative attinenti al
funzionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari», e
aggiunge che «nell'esercizio di tali potesta' esse devono garantire
l'erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed
ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalle
normative nazionale e comunitaria».
La speciale autonomia della Provincia di Trento in campo
sanitario ha ormai quasi due decenni il suo risvolto nel meccanismo
di finanziamento del servizio sanitario provinciale.
Infatti, in relazione all'assetto statutario delle competenze
sopra descritto e quale concorso delle Province autonome al
riequilibrio della finanza pubblica nazionale, gia' l'art. 34, comma
3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha disposto che le Province
autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del
Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun
apporto a carico del bilancio dello Stato, utilizzando
prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari e dalle
altre imposte sostitutive e, ad integrazione, le risorse dei propri
bilanci.
Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento
del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia
finanziaria provinciale.
Il quadro statutario in materia finanziaria si caratterizza, tra
l'altro, per la previsione espressa di una disposizione volta a
disciplinare in modo completo i termini e le modalita' del concorso
della Regione e delle Province autonome al conseguimento degli
obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento
degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di
coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa
statale (art. 79, co. 1, St.). Tali misure «possono essere modificate
esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla
loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi
di finanza pubblica di cui al comma 1».
L'art. 79, co. 3, stabilisce che, «al fine di assicurare il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di
bilancio da conseguire in ciascun periodo». Fermi restando gli
obiettivi complessivi di finanza pubblica, «spetta alle province
stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e
provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti
locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende
sanitarie...», e «non si applicano le misure adottate per le regioni
e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Le province
«vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da
parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli stessi
il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla
competente sezione della Corte dei conti».
Anche il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali relative
all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta',
nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita'
interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle
province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal
presente articolo».
Commisurate al complesso di disposizioni ora esposte, volte ad
assicurare in termini del tutto peculiari l'autonomia della
ricorrente Provincia nella disciplina dell'organizzazione e della
gestione del servizio sanitario, le disposizioni impugnate si
rivelano con esse contrastanti e dunque costituzionalmente
illegittime, sotto vari e distinti profili.
In primo luogo, illegittimo e' il vincolo al «rispetto degli
standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi
relativi all'assistenza ospedaliera» fissati con regolamento statale,
ove con tale espressione si intenda non - come nella tradizione dei
livelli essenziali, ai quali pure la norma si richiama mediante il
riferimento all'art. 1, comma 169, della l. n. 311 del 2004 - il
rispetto dei minimi fissati da tali standard, ma l'obbligo di non
oltrepassarli.
Ove la disposizione dovesse essere intesa come fissazione di
standard inderogabili anche nel massimo, la sua applicazione alla
ricorrente Provincia non avrebbe fondamento alcuno, e sarebbe dunque
costituzionalmente illegittima. Sarebbe violata, letteralmente, la
norma di attuazione sopra citata, che vincola la Provincia a
«garantire l'erogazione di prestazioni di assistenza
igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi
previsti dalle normative nazionale e comunitaria» (art. 2, co. 2, dPR
474/1975). Il dovere di garantire standard non inferiori a quelli
stabiliti dello Stato implica infatti - come sembra ovvio - il potere
di garantire, ove possibile standard superiori a tale livello.
Ma sarebbe altresi' violata l'autonomia finanziaria provinciale.
In primo luogo, si tratta della specifica autonomia in materia di
finanziamento della sanita'. Poiche', come sopra esposto, le Province
autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del
Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun
apporto a carico del bilancio dello Stato, ne deriva che «lo Stato,
quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure
ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario» (sentenze
n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010).
Inoltre, tale limitazione sarebbe incongrua anche se commisurata
alla generale autonomia finanziaria provinciale, quale definita dalle
disposizioni sopra illustrate del Titolo VI dello statuto. Da esse,
ed in particolare dalla disciplina di cui all'art. 79 St. e dal
principio dell'accordo, che domina il regime dei rapporti finanziari
tra Stato e autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenze n. 82
del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133
del 2010), risulta che la Provincia non e' soggetta alle misure di
coordinamento finanziario relative alle Regioni ordinarie, ma a
quelle stabilite a priori dallo statuto ed a quelle ulteriori
concordate con lo Stato.
In definitiva, e' illegittima l'assimilazione alle Regioni
ordinarie della Provincia di Trento, che finanza con proprie risorse
il SSN ed e' dotata di uno speciale regime per quel che riguarda il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, regime che prevede
espressamente, tra l'altro, il potere della Provincia di «provvedere
alle funzioni di coordinamento con riferimento... alle aziende
sanitarie» (art. 79, comma 3, statuto).
Ugualmente illegittime, commisurate ai predetti parametri, si
rivelano le disposizioni secondo le quali la Provincia autonoma di
Trento dovrebbe adottare «provvedimenti di riduzione dello standard
dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico
del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7
posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per
mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie,
adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi
ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di
ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento
riferito a ricoveri diurni», ponendo la riduzione dei posti letto «a
carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore
al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre» e
conseguendola «esclusivamente attraverso la soppressione di unita'
operative complesse».
A tale vincolo si oppongono intanto, qualificandolo come
illegittimo, le stesse considerazioni sopra esposte circa la
violazione della norma di attuazione di cui all'art. 2, co. 2, del
dPR 474/1975, come pure quelle relative alla autonomia finanziaria
provinciale, sia quella specifica in campo sanitario che quella
generale stabilita dallo statuto.
A tali profili di illegittimita' - che tra l'altro escludono che
i vincoli cosi' posti si possano giustificare a titolo di
coordinamento finanziario - si aggiunge quello relativo al carattere
palesemente dettagliato dei vincoli in questione. Mentre nulla vi
sarebbe da eccepire se essi fossero stabiliti come livelli minimi, ne
sembra invece evidente l'illegittimita' in quanto essi siano
concepiti come la definizione dal centro delle caratteristiche
organizzative ed operative del servizio. Si noti che la materia
attiene qui all'organizzazione sanitaria, materia che la costituzione
affida alle Regioni.
Nella sostanza, si verrebbero in questo modo a vincolare le
scelte provinciali circa l'organizzazione del servizio sanitario,
senza fondamento ne' finanziario ne' di principio. Di qui la
constatazione della illegittimita'.
Ancora, e' costituzionalmente illegittima la disposizione di cui
al terzo periodo del comma 13, secondo la quale «nelle singole
regioni e province autonome, fino ad avvenuta realizzazione del
processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unita'
operative complesse, e' sospeso il conferimento o il rinnovo di
incarichi ai sensi dell'art. 15-septies del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502».
Tale disposizione e' illegittima in primo luogo in quanto si
connette strumentalmente alle disposizioni precedentemente
contestate, rendendo ancora piu' evidente che la loro natura non e'
quella di livelli minimi da rispettare, ma quella di livelli massimi
da non superare.
Ma essa e' illegittima anche in quanto reca disciplina
direttamente operativa, facendo sorgere immediatamente doveri e
divieti. Risulta violato, oltre alle disposizioni statutarie e di
attuazione gia' citate, in particolare l'art. 2 d. lgs. 266/1992, in
base al quale nelle materie provinciali le leggi statali non si
applicano direttamente ma fanno sorgere solo doveri di adeguamento
della legislazione provinciale, nella misura in cui esse concretano
limiti statutari.
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 15. commi da 15 a 17.
I commi da 15 a 17 riguardano le tariffe da corrispondere alle
strutture accreditate. Il comma 15 prevede che, «in deroga alla
procedura prevista dall'art. 8-sexies, comma 5, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, in materia di remunerazione
delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a
carico del servizio sanitario nazionale, il Ministro della salute, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, entro
il 15 settembre 2012, determina le tariffe massime che le regioni e
le province autonome possono corrispondere alle strutture
accreditate, di cui all'art. 8-quater del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sulla base dei dati
di costo disponibili e, ove ritenuti congrui ed adeguati, dei
tariffari regionali, tenuto conto dell'esigenza di recuperare, anche
tramite la determinazione tariffaria, margini di inappropriatezza
ancora esistenti a livello locale e nazionale» (enfasi aggiunta).
In base al comma 16, «le tariffe massime di cui al comma 15,
valide dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro
previsto dal medesimo comma 15, fino alla data del 31 dicembre 2014,
costituiscono riferimento per la valutazione della congruita' delle
risorse a carico del Servizio sanitario nazionale, quali principi di
coordinamento della finanza pubblica».
Il comma 17 stabilisce poi che «gli importi tariffari, fissati
dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime di cui al comma
15 restano a carico dei bilanci regionali».
In sintesi, le norme in questione prevedono che con decreto
ministeriale, adottato previo parere della Conferenza (mentre l'art.
8-sexies, co. 5, d.lgs. 502/1992 prevede l'intesa), siano adottate
tariffe massime volte a limitare il peso finanziario a carico del
Fondo sanitario nazionale (e dunque in definitiva dello Stato) dei
rimborsi da corrispondere alle strutture accreditate. Se le Regioni
superano tali tariffe massime, l'onere ulteriore e' posto a carico
dei loro bilanci.
Come risulta dal testo riportato, il comma 15 si rivolge
espressamente anche alle Province autonome, inserendole tra i
destinatari delle predette disposizioni e cosi' vincolandole alle
specifiche restrizioni sopra esposte, autoqualificate quali «principi
di coordinamento della finanza pubblica», il cui contenuto e'
stabilito da un atto amministrativo generale del Ministro della
salute.
Sennonche', il sistema provinciale di finanziamento del servizio
sanitario, sopra esposto, basta da se' a rendere evidente
l'incongruita' di tale applicazione. L'intera disciplina delle
tariffe e' finalizzata a limitare il costo di tali prestazioni a
carico del Fondo sanitario nazionale: e poiche' nella provincia di
Trento nessuna prestazione e' a carico del Fondo, alla cui
distribuzione la Provincia non partecipa, applicare ad essa le stesse
limitazioni significa soltanto privare la Provincia stessa della
liberta' di gestire autonomamente il proprio bilancio.
Tale incongruita' e' poi ampiamente illustrata dall'ulteriore
circostanza che il comma 17 prevede, quale sanzione per la violazione
dei limiti tariffari, che il maggiore costo sia a carico del bilancio
regionale. Ora, dato che per quanto riguarda il servizio sanitario
provinciale ogni onere e' interamente e comunque finanziato dalla
Provincia, la «sanzione» coinciderebbe con quella che e' la
situazione giuridica generale di ogni spesa.
Puo' dunque supporsi che il riferimento sopra evidenziato anche
alle Province autonome sia un mero difetto di coordinamento, dovuto
alla attrazione esercitata dal vicino richiamo alla Conferenza
Stato-Regioni, che ovviamente include anche le Province autonome. Ove
cosi' fosse, tale difetto non produrrebbe altro effetto che di
ridurre la certezza del diritto, che potrebbe essere rimediato dalla
stessa pronuncia di codesta ecc.ma Corte costituzionale.
Ove invece alla menzione delle Province autonome dovesse darsi un
reale valore normativo, il vincolo cosi' posto dalle norme impugnate
da un lato costituirebbe - nei termini esposti - una evidente
violazione del principio di ragionevolezza, dall'altro verrebbe a
contraddire, sul piano della autonomia finanziaria della Provincia,
il principio - riconosciuto da codesta ecc.ma Corte - secondo il
quale «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa
sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento
finanziario» (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010).
Nella stessa ipotesi, inoltre, i commi da 15 a 17 sarebbero
illegittimi per violazione delle gia' citate norme dell'art. 79 St.,
in base alle quali la Provincia non puo' essere vincolata dalle nonne
di coordinamento relative alle Regioni ordinarie, perche' essa
concorre agli obiettivi di finanza pubblica nei modi previsti dallo
stesso art. 79.
I commi da 15 a 17 sarebbero illegittimi, poi, per violazione
delle norme - sopra citate - che configurano la competenza
provinciale in materia sanitaria (art. 9, n. 10, e art. 16 St., art.
2 dPR 474/1975, art. 117, co. 3, Cost. e art. 10 l. cost. 3/2001), in
quanto pretendono di vincolare la Provincia a presunti «principi di
coordinamento della finanza pubblica», che in realta' sono norme di
dettaglio (limitano una voce di spesa puntuale, con regola non
temporanea e non suscettibile di svolgimento da parte della
Provincia).
Infine, tali «principi» non sono neppure dettati con legge ma
sono «delegificati», essendo rimessi ad un semplice decreto
ministeriale. A tale decreto e' per giunta attribuita efficacia
diretta, venendo cosi' a violare anche gli artt. 2 e 3 d. lgs.
266/1992, in base ai quali - nelle materie provinciali - le
competenze della Provincia possono essere limitate solo con atto
legislativo non direttamente applicabile o con atto di indirizzo e
coordinamento, in presenza, pero', di certi requisiti (competenza del
Governo, parere della Provincia ed effetto di vincolo limitato agli
obiettivi) che risultano chiaramente assenti nel caso di specie.
Qualora il decreto in questione dovesse essere considerato un
atto amministrativo generale, inoltre, si dovrebbe constatare la
violazione dell'art. 4 d. lgs. 266/1992, che vieta di attribuire
funzioni amministrative ad organi statali nelle materie provinciali.
E' opportuno ricordare che anche di recente codesta Corte ha
ribadito che gli atti non legislativi non sono idonei a dettare norme
fondamentali: «Gia' nella sentenza n. 376 del 2002 questa Corte,
esaminando - alla luce dell'assetto costituzionale precedente alla
revisione del 2001 - la posizione che, nella gerarchia delle fonti di
produzione del diritto, venivano ad assumere i regolamenti di
delegificazione, affermava che «la sostituzione di norme legislative
con nonne regolamentari esclude(va) di per se' che da queste ultime
(potessero) trarsi principi vincolanti per le regioni». E' evidente
che in nulla queste conclusioni sono mutate dopo la modifica del
Titolo V della Parte seconda della Costituzione, e che, quindi, deve
escludersi che il regolamento di delegificazione sia un veicolo
normativo idoneo a delineare le grandi riforme economico-sociali che
si impongono alla potesta' legislativa della Provincia autonoma»
(sent. 207/2012, punto 3.2). Se un regolamento di delegificazione non
puo' dettare norme fondamentali di riforma, un atto amministrativo
generale non puo' contenere «principi di coordinamento della finanza
pubblica».
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 22, dal secondo
al quinto periodo.
Il comma 22, primo periodo, dell'art. 15 stabilisce che, «in
funzione delle disposizioni recate dal presente articolo il livello
del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e del correlato
finanziamento, previsto dalla vigente legislazione, e' ridotto di 900
milioni di euro per l'anno 2012, di 1.800 milioni di euro per l'anno
2013 e di 2.000 milioni di euro per l'anno 2014 e 2.100 milioni di
euro a decorrere dall'anno 2015».
Cosi' definite le riduzioni di fabbisogno, il secondo periodo
precisa che esse «sono ripartite fra le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e modalita' proposti
in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome di
Trento e di Bolzano medesime, da recepire, in sede di espressione
dell'Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la
ripartizione del fabbisogno sanitario e delle disponibilita'
finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale, entro il 30
settembre 2012, con riferimento all'anno 2012 ed entro il 30 novembre
2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti».
Il terzo periodo considera l'ipotesi che «non intervenga la
predetta proposta entro i termini predetti», e per questo caso
dispone che «all'attribuzione del concorso alla manovra di correzione
dei conti alle singole regioni e alle Province autonome di Trento e
di Bolzano, alla ripartizione del fabbisogno e alla ripartizione
delle disponibilita' finanziarie annue per il Servizio sanitario
nazionale si provvede secondo i criteri previsti dalla normativa
vigente».
Lo stesso comma 22 contiene due ulteriori disposizioni, che
riguardano specificamente le Regioni speciali.
In base al quarto periodo del comma 22, «le Regioni a statuto
speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad esclusione
della regione Siciliana, assicurano il concorso di cui al presente
comma mediante le procedure previste dall'art. 27 della legge 5
maggio 2009, n. 42»; e tuttavia, in base al quinto periodo, «fino
all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art. 27,
l'importo del concorso alla manovra di cui al presente comma e'
annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali».
Dunque, nella disciplina cosi' stabilita le norme di
razionalizzazione della spesa contenute nell'art. 15 costituiscono la
premessa di un minor l'abbisogno e di un minore «correlato
finanziamento», cioe' di una minore dimensione del Fondo sanitario
nazionale: che poi si traduce, ovviamente, in un minor trasferimento
di risorse dallo Stato alle Regioni che partecipano di tale fondo.
Sin qui il meccanismo e' logico.
Non si puo' dire ugualmente della applicazione delle disposizioni
sopra descritte alle autonomie speciali nelle quali la sanita' e' a
carico della Regione stessa: come accade appunto per la Provincia di
Trento.
In esse non esiste un separato finanziamento per il servizio
sanitario, che e' invece finanziato con il bilancio generale. La
Provincia, che finanzia in proprio il servizio, rivendica - come
esposto ai punti precedenti - di non essere soggetta alle forzose
riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritti. Ma ove tali
riduzioni si verificassero - e con esse un minore livello di spesa -
si tratterebbe pur sempre di una minore incidenza della spesa
sanitaria sull'autonomo bilancio complessivo della Provincia
autonoma, come definito dalle entrate che lo Statuto attribuisce ad
essa e dalle spese necessarie o opportune.
Nel meccanismo ideato dalle norme qui contestate, invece, la
violazione dell'autonomia della Provincia nella organizzazione e
gestione del servizio sanitario, con la forzosa riduzione dei suoi
livelli, si traduce addirittura in una forzosa acquisizione allo
Stato delle risorse che lo statuto di autonomia garantisce alla
Provincia autonoma. Tale, e non altro, e' infatti il significato del
passaggio di risorse da tali autonomie speciali allo Stato. La
lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia nelle funzioni
si somma l'illegittima sottrazione di risorse.
E' dunque costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione
dell'art. 75 dello statuto - il principio stesso di tale
acquisizione. Infatti l'art. 75 St. attribuisce alle Province quote
del gettito di determinate entrate tributarie dello Stato, percepite
nei rispettivi territori provinciali, e poi «nove decimi di tutte le
altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque
denominate» (co. 1, lett. g), affinche' queste vengano spese
nell'esercizio delle funzioni e competenze costituzionali della
Provincia stessa, e non affinche' lo Stato ne possa disporre a suo
piacimento. In pratica, il comma 22 determina un contributo
straordinario permanente, a carico della Provincia, al risanamento
della finanza pubblica statale. Inoltre, e' violato anche l'art. 79
St., in quanto si dispone un concorso della Provincia al risanamento
della finanza statale, al di la' di quanto previsto dalla norma
statutaria, che definisce in modo esaustivo gli strumenti con cui la
Provincia concorre agli obiettivi di finanza pubblica, come gia'
esposto ai punti 1 e 2.
Ancora, le norme del comma 22 alterano unilateralmente l'assetto
dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia di Trento, violando il
principio dell'accordo che domina tali rapporti (anche su cio' v. i
punti 1 e 2) e gli artt. 103 e 104 dello Statuto, che regolano la
procedura di revisione dello Statuto e la particolare procedura di
modifica delle norme finanziarie di esso.
Alla illegittimita' del principio stesso che informa tale
sottrazione di risorse si uniscono poi le ulteriori e specifiche
illegittimita' dei meccanismi applicativi di tale principio.
Il quantum del «concorso alla manovra di correzione dei conti» e'
definito nei modi previsti dal secondo e terzo periodo; quest'ultimo,
in particolare, fa riferimento a non meglio precisati «criteri
previsti dalla normativa vigente», che forse non esistono in assoluto
ma sicuramente non possono esistere in relazione alle Regioni e
Province autonome che non partecipano del Fondo sanitario.
Il terzo periodo del comma 22 e' dunque specificamente
illegittimo per violazione dei principi di ragionevolezza e di
certezza. Infatti, esso contiene un rinvio (ai «criteri previsti
dalla normativa vigente») assolutamente indeterminato, tale da
determinare incertezza sul quantum del concorso alla manovra di
risanamento. Inoltre, il rinvio alla normativa vigente appare
irragionevole con riferimento alle autonomie speciali che assumono
l'onere del servizio sanitario a carico dei propri bilanci. La
Provincia e' legittimata a far valere tali vizi, posto che la norma
in questione attiene al coordinamento della finanza pubblica (materia
di competenza anche provinciale) e, determinando incertezza sulle
risorse a disposizione per il Servizio sanitario provinciale,
pregiudica lo svolgimento dell'autonomia legislativa ed
amministrativa della Provincia.
Il quomodo del concorso e' definito nei modi previsti dal quarto
e quinto periodo: il quarto periodo effettua un rinvio alle norme di
attuazione dello statuto, mentre il quinto prevede che, fino
all'emanazione di esse, lo Stato trattenga ogni anno, sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali previste dallo Statuto,
l'importo del concorso della Provincia alla riduzione della spesa
sanitaria.
Ora, il rinvio alle norme di attuazione (quarto periodo) e'
comunque illegittimo, in quanto l'art. 79 e' modificabile solo con la
procedura di cui all'art. 104 St. e non in sede di attuazione.
Inoltre, la norma in questione determina (illegittimamente) un
vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio
alla fonte «concertata» appare fittizio e contrasta con l'art. 107
St.
Infine, la previsione dell'accantonamento di un importo
imprecisato su tali quote autonomamente viola l'art. 75, dato che le
somme da esso garantite alla Provincia vengono indebitamente ridotte.
Esso viola altresi' l'art. 2, co. 108, l. 191/2009 (approvato ai
sensi dell'art. 104 St.: v. l'art. 2, co. 106, l. 191/2009), che, nel
dare attuazione all'art. 75 St., ha stabilito che «le quote dei
proventi erariali spettanti alla regione Trentino-Alto Adige/Südtirol
e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli
articoli 69, 70 e 75» dello Statuto, - a decorrere dal 1° gennaio
2011, sono riversate dalla struttura di gestione individuata dall'
art. 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i tributi
oggetto di versamento unificato e di compensazione, e dai soggetti a
cui affluiscono, per gli altri tributi, direttamente alla regione e
alle province autonome sul conto infruttifero, intestato ai medesimi
enti, istituito presso la tesoreria provinciale dello Stato, nei modi
e nei tempi da definire con apposito decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa con la regione
e le province autonome».
Sono dunque lesivi e costituzionalmente illegittimi sia il
principio stesso del trasferimento di risorse provinciali allo Stato,
sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti.
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 3.
L'art. 16, co. 1, dispone che, «ai fini della tutela dell'unita'
economica della Repubblica, gli enti territoriali concorrono, anche
mediante riduzione delle spese per consumi intermedi, alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle
disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica».
Il comma 3 statuisce che, «con le procedure previste dall'art. 27
della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le
Province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla
finanza pubblica per l'importo complessivo di 600 milioni di euro per
l'anno 2012, 1.200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di
euro per l'anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno
2015».
La disposizione aggiunge che, «fino all'emanazione delle norme di
attuazione di cui al predetto art. 27, l'importo del concorso
complessivo di cui al primo periodo del presente comma e' annualmente
accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi
erariali, sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime
autonomie speciali in sede di Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle
finanze entro il 30 settembre 2012». E' ancora previsto che in caso
di mancato accordo, «l'accantonamento e' effettuato, con decreto del
Ministero dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15
ottobre 2012, in proporzione alle spese sostenute per consumi
intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE», e che fino
all'emanazione delle norme di attuazione, «gli obiettivi del patto di
stabilita' interno delle predette autonomie speciali sono
rideterminati tenendo conto degli importi derivanti dalle predette
procedure».
Siamo, dunque, di fronte ad una ulteriore rilevante sottrazione
di risorse alle Regioni speciali, che si aggiunge a quelle previsti
dall'art. 14 d.l. 78/2010, dall'art. 20, co. 5, d.l. 98/2011,
dall'art. l, co. 8, d.l. 138/2011 (come sintetizzati e ripartiti dal
comma 10 dell'art. 32 della legge n. 183 del 2011) e dall'art. 28,
co. 3, d.l. 201/2011. Come le precedenti, essa e' disposta su base
meramente potestativa, come se le norme statutarie che definiscono la
finanza della Provincia autonoma di Trento non avessero alcun valore,
o fossero liberamente disponibili da parte del legislatore statale.
Infatti, la sottrazione di risorse qui contestata non ha alcuna
base statutaria. Al contrario, le disposizioni dello Statuto, a
partire dal fondamentale art. 75, sono rivolte ad assicurare alla
Provincia le finanze necessarie all'esercizio delle funzioni: ed e'
chiaro che la devoluzione statutaria di importanti percentuali dei
tributi riscossi nella provincia non avrebbe alcun senso, se poi
fosse consentito alla legge ordinaria dello Stato di riportare
all'erario tali risorse, per di piu' con determinazione unilaterale e
meramente potestativa.
Per di piu', come gia' ricordato, l'art. 79 dello Statuto di
autonomia disciplina ormai in modo preciso, esaustivo ed esclusivo le
regole secondo le quali le Province assolvono gli «obblighi di
carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto
di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della
finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» (cornma 1): e -
come lo stesso art. 79 esplicitamente precisa - tali regole «possono
essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art.
104», mentre «fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1» (comma
2). Ed il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali relative
all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta'...
non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province
e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente
articolo».
Con le disposizioni statutarie sopra ricordate l'impugnato art.
16, comma 3, si pone in insanabile conflitto. Le risorse spettanti
alla Provincia non possono essere semplicemente «acquisite» dallo
Stato, mentre la Provincia stessa concorre al risanamento della
finanza pubblica nei modi direttamente previsti dall'art. 79 o
comunque in quelli regolati dall'art. 79 (v. il comma 3). Si tratta
di un regime speciale, che non puo' essere alterato unilateralmente
dal legislatore ordinario.
Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e
Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo, pienamente
riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale: v. le sentt.
82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010.
Non puo' ingannare, in questo come negli altri casi, il rinvio
alle norme di attuazione dello Statuto. In primo luogo,
l'accantonamento previsto in attesa delle norme di attuazione e' gia'
autonomamente lesivo, traducendosi in diretta violazione dell'art. 75
St. e in una sottrazione delle risorse disponibili per la Provincia,
al di fuori delle regole di coordinamento finanziario stabilite
dall'art. 79 (v. anche argomenti esposti sopra). La riduzione delle
risorse e' operata direttamente e unilateralmente dal legislatore
statale, in contrasto con lo Statuto e con il principio consensuale
che domina i rapporti tra Stato e Regioni speciali in materia
finanziaria (v. le sentt. sopra citate).
In secondo luogo, quanto alle stesse norme di attuazione, l'art.
79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art. 104 St. e
non in sede di attuazione. In terzo luogo, l'art. 16, co. 3,
determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme di
attuazione, per cui il rinvio alla fonte «concertata» appare
fittizio.
In definitiva, come detto, l'art. 16, co. 3, viola l'art. 79 St.,
co. 1, 2, e 4, primo periodo, perche' i modi in cui la Provincia
concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica o sono
fissati direttamente dallo stesso art. 79 o vanno concordati tra
Stato e Provincia, sempre in base all'art. 79.
Corrispondentemente, e' violato l'art. 104, che richiede il
consenso della Provincia per la modifica delle norme del Titolo VI
dello Statuto.
Inoltre, e' violato l'art. 107 St., perche' una fonte primaria
pretende di vincolare il contenuto delle norme di attuazione.
Ancora, l'art. 16, co. 3, viola l'art. 75 St., perche' diminuisce
l'importo spettante alla Provincia a titolo di compartecipazioni, in
base alla suddetta norma statutaria.
E', poi, ulteriormente e specificamente illegittimo e lesivo
l'art. 16, co. 3, la' dove prevede il criterio del riparto
dell'accantonamento («in proporzione alle spese sostenute per consumi
intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE»). Infatti, tale
criterio non risulta in alcun modo pariteticamente concordato tra
Stato e Regioni speciali, in contrasto con il principio consensuale
di cui sopra, oggi stabilito espressamente nello Statuto speciale per
la determinazione del patto di stabilita' (e comunque sempre seguito
nelle precedenti leggi finanziarie dello Stato).
Da ultimo, e ferme restando le censure fino ad ora esposte, la
disposizione di cui al comma 3 e' autonomamente altresi' illegittima
nella parte in cui dispone un concorso che «a decorrere dall'anno
2015» si protrae a tempo indeterminato.
In effetti, anche nei casi in cui - peraltro sul fondamento di
basi giuridiche che non possono essere applicate alla ricorrente
Provincia - codesta Corte costituzionale ha ammesso la legittimita'
di speciali contribuzioni verso lo Stato, e' pur sempre rimasto fermo
che tali contribuzioni si correlano a situazioni temporalmente
definite, e non possono divenire il regime permanente dei rapporti
finanziari (v. in particolare sent. 193/2012). Di qui la palese
illegittimita' anche in relazione a questo specifico profilo.
5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 4.
L'art. 16, co. 4, aggiunge il comma 12-bis nell'art. 32 l.
183/2011, che regola il Patto di stabilita' interno delle regioni e
delle province autonome di Trento e di Bolzano.
La comprensione della nuova norma, qui impugnata, richiede che si
ricordi il contesto normativo nella quale essa interviene.
Il comma 10 dell'art. 32 l. 183/2011 ripartisce tra le autonomie
speciali il concorso che le riguarda alla manovra finanziaria, cioe'
il rispettivo «contributo agii obiettivi di finanza pubblica in
termini di competenza e di cassa aggiuntivo rispetto al 2011» con
riferimento al d.l. 78/2010, al d.l. 98/2011 e al d.l. 138/2011.
Il comma 12 prevede che, «al fine di assicurare il concorso agli
obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e le
province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31
dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro dell'economia e
delle finanze, per ciascuno degli anni 2012, 2013 e successivi, il
saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista,
determinato migliorando il saldo programmatico dell'esercizio 2011
della somma degli importi indicati dalla tabella di cui al comma 10».
A tale fine, «entro il 30 novembre di ciascun anno precedente, il
presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro
dell'economia e delle finanze. Con riferimento all'esercizio 2012, il
presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo entro il 31
marzo 2012».
Conviene ricordare che queste norme sono state impugnate dalla
Provincia di Trento, con ricorso n. 12/2012.
In questo contesto interviene la nuova norma, qui impugnata, a
stabilire che, «in caso di mancato accordo di cui ai commi 11 e 12
entro il 31 luglio, gli obiettivi delle regioni a statuto speciale e
delle province autonome di Trento e Bolzano sono determinati
applicando agli obiettivi definiti nell'ultimo accordo il
miglioramento di cui: a) al comma 10 del presente articolo»; b)
all'art. 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 22 dicembre 2011, n. 214, come rideterminato dall'art. 35,
comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dall'art. 4, comma
11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16... d) agli ulteriori
contributi disposti a carico delle autonomie speciali».
Dunque, il comma 12-bis, introdotto dall'art. 16, co. 4, del d.l.
n. 95 del 2012, regola il caso del mancato accordo sul patto di
stabilita'; corrispondentemente, l'art. 16, co. 5, abroga l'ultimo
periodo dell'art. 32, co. 12, l. 183/2011, che stabiliva che «in caso
di mancato accordo, si applicano le disposizioni stabilite per le
regioni a statuto ordinario».
La nuova norma accorcia il termine per la conclusione
dell'accordo (lo anticipa dal 31 dicembre al 31 luglio: e' da notare
che il d.l. 95/2012 e' del 6 luglio!) e attribuisce ad esso - a quel
che sembra - carattere perentorio, in quanto, una volta scaduto il
termine, gli obiettivi delle Regioni speciali sono determinati
unilateralmente dal legislatore statale: in altre parole, decorso il
termine, «gli obiettivi delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e Bolzano sono determinati applicando
agli obiettivi definiti nell'ultimo accordo» le conseguenze delle
norme che prevedono contributi della Provincia al risanamento della
finanza pubblica.
L'art. 16, co. 4, dunque, e' - in primo luogo - affetto in via
derivata dai vizi che colpiscono le norme da esso richiamate. E' in
particolare illegittimo l'art. 28, co. 3, d.l. 201/2011, gia'
impugnato dalla ricorrente Provincia con ricorso ancora pendente.
Inoltre, avverso il suo richiamo determinato dall'art. 16, comma 4,
possono farsi valere le argomentazioni relative all'art. 16, co. 3
del tutto simile nel contenuto all'art. 28, comma 3, del d.l. 201.
Le stesse argomentazioni possono essere richiamate, in relazione
alla violazione dell'art. 79 St. e del principio dell'accordo in
materia finanziaria, anche per la parte dell'art. 16, co. 4, che
rinvia ai contributi di cui all'art. 32, co. 10, l. 183/2011.
In effetti, l'art. 16, co. 4, viola l'art. 79 St., perche' i modi
in cui la Provincia concorre al raggiungimento degli obiettivi di
finanza pubblica o sono fissati direttamente dallo stesso art. 79 o
vanno concordati tra Stato e Provincia, sempre in base all'art. 79.
Questo prescrive, in particolare, che «la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di
bilancio da conseguire in ciascun periodo», e che, «a decorrere
dall'anno 2010, gli obiettivi del patto di stabilita' interno sono
determinati tenendo conto anche degli effetti positivi in termini di
indebitamento netto derivanti dall'applicazione delle disposizioni
recate dal presente articolo e dalle relative norme di attuazione
(art. 79, co. 3).
Dunque, lo Statuto speciale prevede che, nella conclusione del
patto di stabilita', si tenga conto degli effetti delle nonne di cui
all'art. 79 e delle norme di attuazione, non delle norme di legge
ordinaria statale che cercano di avocare allo Stato risorse spettanti
alla Provincia in base a Statuto.
Corrispondentemente, e' violato l'art. 104, che richiede il
consenso della Provincia per la modifica delle norme del Titolo VI
dello Statuto.
L'art. 16, co. 4, viola poi il principio consensuale in materia
di finanza delle Regioni speciali. Infatti, il legislatore statale
non puo' prevedere che la determinazione unilaterale degli obiettivi
scatti semplicemente «in caso di mancato accordo», dato che cio'
«vanifica la previsione dell'intesa, in quanto attribuisce ad una
delle parti un ruolo preminente, incompatibile con il regime
dell'intesa, caratterizzata [...] dalla paritaria codeterminazione
dell'atto» (sent. 121/2010). La norma in questione finisce per
rimettere l'applicazione delle norme legislative richiamate (che
prevedono i contributi al raggiungimento degli obiettivi di finanza
pubblica), in luogo dell'accordo, alla nuda volonta' del Ministro
dell'Economia; e' invece necessario, come messo in luce dalla
giurisprudenza costituzionale, che il legislatore preveda meccanismi
paritetici volti a superare il dissenso (sent. 383/2005; v. anche la
sent. 179/2012).
6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 24-bis, nella parte in cui
essa eccettua dalla salvaguardia gli articoli 15 e 16, comma 3.
L'art. 24-bis detta la Clausola di salvaguardia: «Fermo restando
il contributo delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e di Bolzano all'azione di risanamento cosi' come
determinata dagli articoli 15 e 16, comma 3, le disposizioni del
presente decreto si applicano alle predette regioni e province
autonome secondo le procedure previste dai rispettivi statuti
speciali e dalle relative norme di attuazione, anche con riferimento
agli enti locali delle autonomie speciali che esercitano le funzioni
in materia di finanza locale, agli enti ed organismi strumentali dei
predetti enti territoriali e agli altri enti o organismi ad
ordinamento regionale o provinciale».
Dunque, l'art. 24-bis eccettua, dall'ambito di applicazione della
clausola di salvaguardia, l'art. 15 e l'art. 16, co. 3, cioe' le
norme che sono state impugnate con il presente ricorso.
La ricorrente Provincia e' consapevole che, una volta che in
ipotesi le censure rivolte avverso tali disposizioni fossero accolte,
cesserebbe anche la lesivita' del richiamo. Solo per scrupolo
difensivo si rivolgono all'art. 24-bis le stesse censure sopra
esposte con riferimento all'art. 15 e all'art. 16, co. 3 , in
relazione al loro richiamo.
Il concorso della Provincia di Trento al risanamento della
finanza pubblica deve esplicarsi nel contesto delle speciali norme
che regolano i rapporti finanziari tra Stato e Provincia e, in
generale, del metodo dell'accordo, ne' tale assetto puo' essere
stravolto per (presunte) ragioni emergenziali, cosi' come
recentemente ricordato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo
la quale, anche se in presenza di situazioni eccezionali, lo Stato
non puo' sospendere le garanzie costituzionali di autonomia degli
enti territoriali stabilite dalla Costituzione e, pertanto, deve
affrontare l'emergenza finanziaria predisponendo rimedi che siano
consentiti dall'ordinamento costituzionale (Corte costituzionale,
sentenze nn. 148 e 151 del 2012).
Anche l'art. 24-bis, dunque, risulta lesivo delle prerogative
costituzionali della Provincia di Trento.
P. Q. M.
Chiede voglia codesta Corte costituzionale dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 13, lett. c),
commi da 15 a 17 e comma 22, dal secondo al quinto periodo; dell'art.
16, commi 3 e 4; dell'art. 24-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento
patrimoniale delle imprese del settore bancario, come convertito, con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, nelle parti, nei
termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.
Roma, 12 ottobre 2012
Prof. avv. Falcon - Avv.ti Pedrazzoli-Manzi
Allegati
1) Deliberazione della Giunta provinciale 21 settembre 2012, n.
1971.
2) Deliberazione di ratifica del Consiglio provinciale 28
settembre 2012, n. 15.
3) Procura speciale n. rep. 27777 del 25 settembre 2012.