N. 16 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 marzo 2003 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 14 del 9-4-2003)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi, 12, Roma;
Contro la Provincia autonoma di Trento, in persona del
Presidente, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale
della legge provinciale 30 dicembre 2002, n. 15;
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2003 e
pluriennale 2003-2005 della Provincia autonoma di Trento (legge
finanziaria) (B.U.R. n. 54 del 31 dicembre 2002) negli articoli 16,
27.2 e 29.
Art.16: l'art. 16 ha prorogato di un anno i termini fissati
dall'art. 15.1 e dall'art. 21.4. d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164.
Quest'ultimo testo normativo, nel dare attuazione alla Direttiva
n. 98/30/CE, nell'art. 15.1 ha fissato al 1 gennaio 2003 il termine
entro il quale gli enti locali avrebbero dovuto adottare le
deliberazioni di adeguamento mediante l'indizione di gare per
l'affidamento del servizio ovvero attraverso la trasformazione delle
gestioni in societa' di capitali o in societa' di cooperative a
responsabilita' limitata. In mancanza, il rappresentante dell'ente
titolare del servizio avrebbe dovuto provvedere entro tre mesi anche
attraverso la nomina di un proprio delegato.
La norma ha dato attuazione in particolare all'art. 3 della
Direttiva, paragrafo 1, in base al quale gli Stati membri assicurano
che le imprese di gas naturale siano gestite secondo i principi della
direttiva, al fine di realizzare un mercato del gas naturale
concorrenziale, e non fanno discriminazioni tra esse per quanto
riguarda i loro diritti od obblighi.
L'art. 21, paragrafo 4, del d.lgs. nb.164 del 2000 ha disposto,
sempre con decorrenza del 1 gennaio 2003, che le imprese di gas
naturale, che svolgono nel settore del gas unicamente attivita' di
distribuzione e di vendita e che forniscono meno di centomila clienti
finali, separino societariamente le stesse attivita' di distribuzione
e di vendita.
In questi termini e' stata data attuazione all'art. 13 della
Direttiva, in particolare al paragrafo 3, secondo le indicazioni che
si trovano nel considerando (22) secondo il quale la contabilita'
dovrebbe essere separata per le varie attivita', quando questo e'
necessario per evitare discriminazioni, sovvenzioni incrociate ed
altre distorsioni della concorrenza.
La Direttiva e' entrata in vigore il 10 agosto 1998 (art. 30). Ai
sensi dell'art. 29 gli Stati membri erano tenuti a darvi attuazione
entro due anni dalla entrata in vigore. Il decreto legislativo di
attuazione, in considerazione del tempo in cui e' stato pubblicato
(Gazzetta Ufficiale 20 giugno 2000, n. 142), ha dato quasi due anni
agli enti interessati per provvedere, con il pericolo di far assumere
allo Stato la responsabilita' per la tardiva attuazione.
La provincia, prorogando di un anno questo termine, ha prima di
tutto esercitato un potere che non gli e' attribuito ne' dall'art. 8
ne' dall'art. 11 dello Statuto regionale, qualora si sostenesse che
in quest'ultimo sia previsto un potere legislativo della provincia,
dove sono elencate le materie per le quali ha potesta' legislativa,
da esercitarsi in ogni caso "in armonia" delle norme fondamentali
statali che, come si vedra' in seguito, non sarebbero comunque
rispettate.
Oltre che in violazione degli articoli 8 e 11 dello Statuto la
norma di proroga e' in evidente contrasto con la normativa
comunitaria richiamata.
La norma e', di conseguenza, costituzionalmente illegittima per
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. per il quale la potesta'
legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regione (e quindi anche
dalla province autonome) nel rispetto dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario. Ma la norma incide anche in materia di
concorrenza, che e' riservata allo Stato, violando l'art. 41 e l'art.
117, secondo comma, lett. e) Cost.).
Art. 27.2: con questa norma e' stato inserito un articolo 14-bis
nella legge provinciale n. 2 del 992 il cui comma 3 consente al
Presidente della Giunta di emettere ordinanze in deroga alla
disposizioni vigenti portate dall'art. 5, commi 2, 3 e 5 della legge
24 febbraio 1992, n. 225 e dall'art. 5-bis, comma 5 del d.l. 7
settembre 2001, n. 343.
La norma viola l'art. 117, secondo comma, lett. h) Cost.,
invadendo la sfera di legislazione esclusiva dello Stato in materia
di ordine pubblico e sicurezza.
Secondo la nozione desumibile dall'art. 159.2, d.lgs. n. 112 del
1998, alla quale si e' richiamata anche codesta Corte (sent. n. 290
del 2001), l'ordine pubblico va inteso "come il complesso dei beni
giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali
si regge l'ordinata e civile convivenza della comunita' nazionale".
Il potere di ordinanza, per il suo carattere eccezionale e per
gli effetti derogatori che puo' produrre, e' un potere che viene
attribuito a tutela dell'ordine pubblico, per far fronte a situazioni
non prevedibili dalla normazione ordinaria.
Per questa sua natura puo' interferire anche su funzioni ed
organi dello Stato. Risulta, pertanto, violato l'art. 87 dello
Statuto regionale che mantiene agli organi dello Stato il
coordinamento delle attribuzioni statali in conformita' alle
direttive del Governo.
Ma e' violato anche l'art. 88 che, sempre allo Stato, riserva la
direzione degli organi e delle forze di polizia per il mantenimento
dell'ordine pubblico, direzione che compete al Ministro per
l'interno. Trattandosi di provvedimenti consentiti in caso
eccezionali a tutela dell'ordine pubblico, proprio per essere emessi
in deroga alle disposizioni vigenti, vanno riservati all'autorita'
centrale, titolare di un potere generale di intervento, come codesta
Corte ha messo in evidenza nella sentenza gia' richiamata.
Le conclusioni non sarebbero diverse se la normativa fosse
riportata nell'ambito della protezione civile, materia di
legislazione concorrente ai sensi dell'art. 117, secondo comma, della
Costituzione.
Con la sentenza n. 418 del 1992, prendendo in esame la legge 24
febbraio 1992, n. 225, codesta Corte ha avuto occasione di mettere in
evidenza che "il fulcro della legge n. 225 sta, per quanto attiene
alla esigenza di unitarieta' di direzione ... nel secondo comma
dell'art. 1, il quale attribuisce al Presidente del Consiglio dei
ministri o, per sua delega, al Ministro per il coordinamento della
protezione civile, il compito di promuovere e coordinare le attivita'
di tutte le amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e di ogni
altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul
territorio nazionale". Solo in questa forma organizzativa, infatti,
si e' vista la possibilita' di far fronte alle due esigenze in
materia, che codesta Corte ha definito "fondamentali", delle quali
"la prima attiene alla necessita' di evitare il disordine,
l'accavallamento e la dispersione degli interventi che spesso hanno
ridotto l'efficacia dell'opera di soccorso ... La seconda esigenza
fondamentale concerne l'estensione dei compiti della protezione
civile alla protezione ed alla prevenzione degli eventi calamitosi".
Quelli che codesta Corte ha definito "il fulcro" della disciplina
della materia verrebbero a costituire "principi fondamentali" ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione
all'art. 12.4 della legge n. 225 del 1992.
La norma impugnata ha violato questi principi attribuendo al
Presidente della provincia un potere il cui esercizio, anche in
deroga alla normativa di settore, sarebbe esercitato senza alcun
coordinamento con i poteri degli organi dello Stato.
Nella giurisprudenza di codesta Corte se ha la conferma. Dopo
aver rilevato "l'estrema gravita' che possono assumere gli eventi
calamitosi, l'intrinseca difficolta' delle operazioni di soccorso e
l'immediatezza con cui le stesse devono essere poste in atto" oltre
alla "complessita' dell'apparato operativo che va mobilitato e che,
almeno potenzialmente, coinvolge l'intera amministrazione pubblica in
tutte le sue articolazioni centrali e periferiche" codesta Corte ha
concluso (sempre in sent. n. 418 del 1992) che "i poteri di
promozione e coordinamento non possono che essere conferiti al
Governo" e che "la loro attribuzione al Presidente del Consiglio dei
ministri o, per sua delega, al ministro per la protezione civile
risulta coerente con le previsioni dell'art. 95 della Costituzione",
norma non toccata dalla recente riforma costituzionale.
Non v'e' dubbio che quelli richiamati, posti in evidenza da
codesta Corte, costituiscano principi fondamentali ai sensi dell'art.
117, terzo comma, della Costituzione cosi' come e' indubbio che non
siano stati tenuti in considerazione dalla provincia nel formulare la
norma impugnata.
Art. 29: l'art. 29, nel sostituire il comma 02 dell'art. 8 della
legge provinciale 29 aprile 1993, n. 14, come modificato dall'art. 25
della legge provinciale 3 febbraio 1995, n.1, ha attribuito alla
giunta provinciale il potere di adottare i criteri per
l'organizzazione degli interventi previsti dallo stesso articolo,
disciplinando il coinvolgimento di enti pubblici, di organizzazioni
private e dei volontari.
Nel caso di pubblica calamita', pertanto, la giunta ha un potere
generale di organizzazione, con la possibilita' di coinvolgere anche
gli organi dello Stato il cui contributo dovesse ritenere necessario.
Per le ragioni gia' esposte a proposito dell'art. 27.2 vengono ad
essere violati gli artt. 87 e 88 dello Statuto e l'art. 117, comma
secondo, lett. h), o terzo, della Costituzione in relazione ai
principi fondamentali fissati dalla legge n. 225 del 1992 e
dall'art. 5 del d.l. 7 settembre 2002, n. 343 convertito con legge 9
novembre 2001, n. 401.

P. Q. M.
Si conclude perche' le norme impugnate siano dichiarate
costituzionalmente illegittime.
Roma, addi' 27 febbraio 2003.
Il vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori

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