|
N. 16 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2011 |
|
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 marzo 2011 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 15 del 6-4-2011) |
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato presso cui e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Contro Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore
della Giunta regionale per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale degli artt. 11, comma 1; 14; 15; 16 comma 1 e comma 5;
18; 29; 46; 49; 50 della legge regionale della Regione Calabria del
29 dicembre 2010, n. 34, pubblicata nel BUR n.24 del 31 dicembre 2010
della Regione Calabria, recante provvedimento generale recante norme
di tipo ordinamentale e procedurale (collegato alla manovra di
finanza regionale per l'anno 2011). Art. 3 comma 4, della legge
regionale n. 8/2002.
La legge regionale della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34
contiene il provvedimento generale recante norme in materia di tipo
ordinamentale e procedurale,collegato alla manovra di finanza
regionale per l'anno 2011.
La predetta legge al titolo I detta disposizioni di carattere
finanziario, nei successivi titoli detta disposizioni in materia di
personale della regione (titolo II), in materia di entrate e tributi
regionali (titolo III ), in materia sanitaria (titolo IV), le
modifiche ed integrazioni alle leggi regionali vigenti (titolo V) e
infine ulteriori diposizioni di carattere ordinamentale (titolo VI).
Nel titolo I in particolare tra le disposizioni di carattere
finanziario il legislatore regionale disciplina all'art. 11 la
partecipazione della Regione Calabria alla societa' «Progetto Magna
Grecia»
A. Piu' precisamente, al primo comma stabilisce che «La Giunta
regionale e' autorizzata a promuovere e perfezionare mediante la
stipula di tutti gli atti che si rendono necessari all'uopo la
costituzione di una societa' in house, a capitale interamente
pubblico, con partecipazione maggioritaria della Regione Calabria
allo scopo di valorizzare e provvedere alla gestione unitaria ed
integrata del patrimonio archeologico calabrese».
La disposizione dell'art. 11, comma 1 della legge sopra riportata
appare costituzionalmente illegittima, sotto i profili che verranno
ora evidenziati, per i seguenti
Motivi
1. Violazione dell'art. 117, comma 2, lettere g) ed s) e comma 3
Cost.
1.1. L'art. 11, comma 1 della normativa in esame prevede la
costituzione ad opera della Regione di una societa' in house «allo
scopo di valorizzare e provvedere alla gestione unitaria ed integrata
del patrimonio archeologico calabrese».
Come e' noto l'art. 117 comma 2 lettera g) della Costituzione
dispone la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento
ed organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici
nazionali e alla lettera s) in materia di tutela dei beni culturali.
La previsione operata dalla legge regionale in esame della
costituzione di una societa' in house per la gestione «unitaria ed
integrata» del patrimonio archeologico calabrese contrasta in modo
evidente con l'art. 117 comma 2 lett. g) ed s) in quanto inserisce
nell'organizzazione, che deve essere esclusivamente statale,
finalizzata alla tutela dei beni culturali, un elemento del tutto
estraneo quale una societa' regionale a capitale interamente
pubblico.
La tutela dei beni culturali consiste infatti nell'esercizio
delle funzioni e nella disciplina delle attivita' dirette ad
individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a
garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica
fruizione. La predetta funzione di tutela e' attribuita dall'art.
117, comma 2, lett. s) Cost. in via esclusiva alla competenza statale
ed e' esercitata dal Ministero per i beni e le attivita' culturali in
tutte le sue articolazioni, in particolare in sede regionale dalle
Soprintendenze che curano la gestione, i restauri, la manutenzione e
la fruizione dei beni culturali.
Cio' significa che la previsione operata autonomamente dalla
Regione Calabria di costituire una societa' che «provvede alla
gestione unitaria ed integrata del patrimonio calabrese», cioe'
funzioni di tutela del patrimonio archeologico calabrese, si pone in
contrasto con la tutela unitaria del patrimonio culturale attribuita
in via esclusiva al legislatore nazionale.
L'art. 11 contrasta peraltro anche con l'art. 117 comma 3 in
relazione agli artt. 112 e 115 d.lgs. n. 42/2004.
L'art. 117 comma 3 prevede tra le materie di legislazione
concorrente la «valorizzazione » dei beni culturali.
Al riguardo il d.lgs. n. 42/04 con gli artt. 112 (in particolare,
comma 4) e 115 dispone che lo Stato e gli altri enti pubblici
territoriali assicurano la valorizzazione dei beni culturali e che le
attivita' di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza
pubblica siano gestite in forma diretta, per mezzo delle strutture
organizzative interne alle amministrazioni, o indiretta, tramite
concessioni a terzi.
La valorizzazione peraltro, quando non effettuata direttamente
dallo Stato, viene collegata dalle predette disposizioni ad accordi o
intese stipulati tra lo Stato e gli altri enti pubblici.
Anche nella denegata ipotesi di volere considerare che la
costituzione della societa' in house sia stata prevista dalla Regione
Calabria al solo fine della valorizzazione del patrimonio
archeologico calabrese, la norma in esame contrasta dunque con 1'art.
117, comma 3 Cost. perche' prevede autonomamente, senza alcuna forma
di cooperazione con lo Stato, la costituzione di una societa' in
house della quale non sono precisati neanche i compiti.
2. La legge regionale n. 34/2010 in esame al titolo II dispone in
materia di personale e in particolare all'art. 14 dispone in materia
di personale A.Fo.R. (Azienda forestale regionale).
L'art. 14 prevede che nelle more dell'attuazione della legge
regionale n. 9/2007, che ha disciplinato il trasferimento alla
Regione dei dipendenti addetti ai servizi amministrativi A.Fo.R, «la
Giunta regionale e' autorizzata a coprire i posti vacanti della
dotazione organica disponendo in sede di programmazione triennale dei
fabbisogni, prioritariamente e progressivamente, il trasferimento nel
proprio ruolo organico dei dipendenti A.Fo.R gia' in servizio presso
gli uffici regionali alla data di pubblicazione della presente legge,
dando precedenza al personale che possiede maggiore anzianita' di
servizio presso gli uffici regionali, nel rispetto della disciplina
in materia contenuta nell'art. 30 del decreto legislativo n.
165/2001».
L'art. 14 appare costituzionalmente illegittimo, sotto i profili
che verranno ora evidenziati, per i seguenti
Motivi
Violazione dell'art. 97 Cost.
La legge n. 9/2007 della Regione Calabria, in particolare l'art.
4, dispone la soppressione dell'Azienda forestale regionale (A.Fo.R)
e la messa in liquidazione della stessa.
In particolare al comma 7 prevede il trasferimento del relativo
personale alla Regione ed alla Provincia, nel rispetto del regime
contrattuale di appartenenza.
Con l'art. 14 la legge regionale n. 34/2010 in esame stabilisce
il trasferimento dei dipendenti Afor alla Regione nelle more
dell'attuazione della legge n. 9/2007, prevedendone l'inquadramento
nel ruolo organico della Regione, con precedenza per coloro che si
trovano gia' in servizio presso gli uffici regionali alla data di
pubblicazione della legge regionale impugnata.
E' evidente che il criterio di trasferimento previsto nell'art.
14 si pone in contrasto con i principi di buon andamento e di
imparzialita' della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost.
perche' prevede il trasferimento nel ruolo organico della Regione
Calabria dei dipendenti Afor gia' in servizio presso la Regione
stessa, attribuendo a questi lo stato giuridico ed economico dei
dipendenti regionali; e non tiene in tal modo conto del principio del
mantenimento del regime contrattuale di appartenenza, come invece
espressamente previsto dalla legge n. 9/2007 di soppressione
dell'Afor. La giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente
affermato che la facolta' del legislatore di introdurre deroghe al
principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo
rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo
quando siano funzionali esse stesse al buon andamento
dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie
esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (ex plurimis:
sentenze n. 195, n. 150 e n. 100 del 2010, n. 293 del 2009). Nel caso
in esame il trasferimento alla Regione Calabria del personale
appartenente all'azienda forestale, se puo' risultare giustificato
dall'esigenza straordinaria di inquadrare nel ruolo regionale il
personale di un'azienda soppressa per legge, non giustifica invece
l'indiscriminata attribuzione per legge a tale personale dello stato
giuridico ed economico dei dipendenti regionali.
L'inquadramento, per essere legittimo ed evitare contrasti con il
principio di buon andamento e soprattutto di imparzialita' della
pubblica amministrazione, deve invece rispettare il regime
contrattuale di provenienza,come espressamente previsto del resto
dalla legge n. 9/2007 di soppressione dell'Afor.
L'art. 14, che prevede invece l'inquadramento degli ex dipendenti
Afor nei ruoli regionali, per giunta con priorita' per coloro che
gia' erano in servizio presso la Regione alla data di entrata in
vigore della presente legge, e non, correttamente, conservando loro
il regime contrattuale di appartenenza, si pone in contrasto con il
principio di imparzialita', risolvendosi in un ingiustificato
privilegio, rispetto alla posizione di coloro che siano stati assunti
dall'origine nei ruoli regionali a seguito di regolare concorso
pubblico.
In tal modo si inseriscono nell'amministrazione regionale con
pienezza di diritti economici e di carriera, dipendenti che non hanno
sostenuto le prove di selezione necessarie per accedere a tale
amministrazione; laddove la sola operazione compatibile con il
principio di buon andamento e' la costituzione di un «ruolo a parte o
ad esaurimento» in cui collocare tali dipendenti fino al compimento
del loro periodo di servizio, da determinare a tutti gli effetti
secondo l'originario stato giuridico ed economico di dipendenti Afor.
Cio' del resto e' confermato dalla precisazione contenuta
nell'art. 4, comma 7, 1.r. n. 9/2007, secondo cui nel quadro del
trasferimento alla Regione dei dipendenti ex Afor addetti ai servizi
amministrativi comunque e' «fatto salvo quanto previsto dal
successivo art. 6».
L'art. 6 della l. r. n. 9/2007 prevede che «ai dipendenti dei due
enti posti in liquidazione ... sono concessi incentivi per l'esodo
anticipato dall'impiego, secondo procedure che saranno individuate
dalla Giunta regionale sentite le organizzazioni sindacali». E'
evidente che l'automatica «regionalizzazione» dei dipendenti ex Afor
fa invece venire meno l'interesse di questi a fruire degli incentivi
all'esodo, e la stessa ragione d'essere della previsione ora
richiamata dell'art. 6, che e' quella di ridurre gli oneri
complessivi di personale di ruolo gravanti sul bilancio allargato
della Regione.
3. Nel titolo VI, recante ulteriori disposizioni di carattere
ordinamentale, la legge regionale n. 34/2010 in esame con l'art. 46
integra la legge regionale n. 1 del 7 febbraio 2005 disponendo che
dopo l'art. 1 comma 6-bis e' aggiunto il comma 6-ter secondo il quale
«anche in deroga a quanto previsto dall'art. 4 legge n. 154/81 e
dell'art. 65 d.lgs. n. 267/00, le cariche di Presidente e Assessore
della Giunta provinciale e di Sindaco ed Assessore dei Comuni
compresi nel territorio della Regione sono compatibili con la carica
di Consigliere regionale».
L'art. 46 in esame, appare costituzionalmente illegittimo, sotto
i profili che verranno ora evidenziati per i seguenti
Motivi
Violazione dell'art. Cost. 122, comma 1, 117, comma 2, lettera p)
Cost. e 51 Cost.
L'art. 46 (che inserisce il comma 6-ter nell'art. 1 della legge
regionale n. 1/2005) prevede che le cariche di Presidente e Assessore
della Giunta Provinciale e di Sindaco e Assessore dei Comuni compresi
nel territorio regionale sono compatibili con la carica di
Consigliere regionale.
La disposizione contrasta in primo luogo con l'art. 122 Cost. il
quale dispone che i casi di incompatibilita' con la carica di
Presidente o componente della Giunta regionale, o di consigliere
regionale, sono disciplinati dalla legge regionale, nei limiti dei
principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.
Questa, all'art. 65 d.lgs. n. 267/2000 (ex art. 4, 154/81)
dispone al comma 1: «1. Il presidente e gli assessori provinciali,
nonche' il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio
della Regione, sono incompatibili con la carica di consigliere
regionale.».
E' evidente la violazione dell'art. 122 comma 1 Cost. in cui
incorre la norma impugnata. Essa infatti elimina in radice
dall'ordinamento regionale qualsiasi incompatibilita' della carica di
consigliere regionale con quelle di Presidente e assessore
provinciale e di Sindaco e assessore comunale. Senonche' tale
incompatibilita', prevista dalla riportata normativa statale, esprime
un principio generale che proprio ai sensi dell'art. 122 comma 1
Cost. la Regione non puo' vanificare nel legiferare in materia di
incompatibilita' dei consiglieri regionali.
Tale principio e' quello del divieto generale di cumulo di
funzioni pubbliche, a cui possono essere apportate deroghe soltanto
in casi eccezionali e giustificati da esigenze particolari; mentre e'
da ritenere assolutamente preclusa una deroga di carattere
generalizzato, come quella introdotta dalla norma regionale qui
censurata.
Il divieto di cumulo delle cariche pubbliche tende a garantire
che l'esercizio di queste sia connotato da imparzialita' e sia immune
da conflitti di interesse; laddove e' evidente il rischio di
commistioni di interessi eterogenei, e anche confliggenti, che si
potrebbe verificare se si consentisse a chi fa parte del consiglio
regionale di ricoprire altresi' incarichi di governo nei comuni o
nelle province.
Nel caso dei rapporti tra la regione e gli enti locali
territoriali in essa ricadenti, l'incompatibilita' in questione
attiene inoltre, e piu' specificamente, alla garanzia dell'autonomia
dei comuni e delle province rispetto all'ente regionale.
La disposizione in esame, inoltre, poiche' in fatto disciplina le
cause di ineleggibilita' e di incompatibilita' dei Presidenti della
Provincia e degli assessori provinciali e dei Sindaci e degli
assessori comunali,previste dall'art. 65 del testo unico
sull'ordinamento degli enti locali, contrasta inoltre con l'art. 117,
comma 2, lett. p) Cost. che prevede la potesta' legislativa esclusiva
statale in materia di organi di governo di comuni,province e citta'
metropolitane.
Compete infatti al legislatore nazionale disciplinare in modo
uniforme su tutto il territorio nazionale le regole in materia di
eleggibilita' e di incompatibilita' attesa l'identita' di interessi
che Comuni e province rappresentano rispetto alle rispettive
comunita' locali,quale che sia la Regione di appartenenza.
E' quindi indispensabile che la disciplina dell'accesso e della
permanenza nelle funzioni di sindaco o di presidente di Provincia, o
di assessore comunale o provinciale, siano uniformi su tutto il
territorio nazionale. Tale disciplina fa infatti parte integrante di
quella concernente gli organi di governo dei comuni, province e
citta' metropolitane, che non puo' essere differenziata a seconda
della regione in cui si trovano gli enti locali interessati.
In terzo luogo, la disposizione impugnata viola l'art. 51 Cost.,
che garantisce a tutti i cittadini il diritto di concorrere alle
funzioni pubbliche elettive in condizioni di eguaglianza nei limiti
stabiliti dalla legge. Per effetto della disposizione citata,
infatti, nella regione Calabria possono concorrere alla carica di
consigliere regionale, o essere eletti sindaco o presidente della
provincia, o essere nominati assessori comunali o provinciali, anche
soggetti che, a causa della titolarita' di altra di queste funzioni
pubbliche, non potrebbero concorrere alle suddette cariche elettive
in altre regioni.
4) L'art. 15 della legge Regione Calabria n. 34 del 29 dicembre
2010 e' censurabile in quanto incide su materia diversamente
disciplinata dalla normativa statale di cui all'art. 40, comma 1,
lettera f) del d.lgs. n. 150 del 27 ottobre 2009, che ha inserito
nell'art. 19 del d.lgs n. 165 del 30 marzo 2001 i commi 6-bis e
6-ter; esso si pone altresi' in contrasto con l'art. 117, comma 2,
lett. l) della Costituzione, in quanto verte su materia di esclusiva
competenza statale, quale l'ordinamento civile.
L'art. 15 della legge Regione Calabria n. 34/2010 prevede: «Per
eccezionali ragioni di continuita' nell'azione amministrativa,
restano validi gli incarichi dirigenziali conferiti, per la copertura
di posti vacanti, in data anteriore al 17 novembre 2010, ai sensi
dell'art. 10 commi 4, 4-bis e 4-ter della legge regionale 7 agosto
2002, n. 31, nonche' i consequenziali effetti giuridici».
Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui all'art. 10 l.r. n.
31/02 sono, a loro volta, quelli che possono essere conferiti, entro
precisi limiti percentuali e di tempo stabiliti dalla norma stessa,
anche a soggetti estranei all'Amministrazione.
La norma introdotta con l'art. 15 l.r. Calabria n. 34/10,
confermando la validita' e gli effetti giuridici degli incarichi
conferiti a mente dell'art. 10 da ultimo citato, interferisce con
l'art. 40, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 150/09 che - attraverso
l'introduzione dei commi 6-bis e 6-ter all'art. 19, del d.lgs. n.
165/01 - ha reso applicabile alle Regioni il comma 6 dell'art. 19
d.lgs. n. 165/01.
I commi 6 e 6-bis dettano, infatti, una precisa disciplina in
materia di costituzione del rapporto contrattuale dirigenziale con
soggetti di provenienza esterna all'Amministrazione, nonche' del
rapporto che da tale contratto scaturisce, segnatamente stabilendo
sia i limiti percentuali entro cui e' consentita l'assunzione dei
soggetti di cui sopra, sia la durata del rapporto.
La legge della Regione Calabria n. 34/10, in quanto interviene a
conservare validita' ai contratti gia' in essere alla data del 17
novembre 2010 ed a preservare i relativi effetti giuridici, contrasta
con i limiti stabiliti dalla sopra richiamata normativa statale.
Inoltre, va rilevato che la materia sulla quale va ad incidere
l'art. 40 del d.lgs. n. 150/09, estendendo la richiamata disciplina
alle Regioni, e' riconducibile alla categoria dell' «ordinamento
civile», di cui all'art. 117, comma 2, lett. l).
La Corte costituzionale, con sentenze nn. 324/10 e 325/10 -
escludendo l'illegittimita' costituzionale dell'art. 40 cit. - ha
affermato che la normativa la cui applicazione esso estende alle
Regioni e' «riconducibile alla materia dell'ordinamento civile di cui
all'art. 117, comma 2, lett. l) Cost. poiche' il conferimento di
incarichi dirigenziali a soggetti esterni, disciplinato dalla
normativa citata, si realizza mediante la stipulazione di un
contratto di lavoro di diritto privato. Conseguentemente, la
disciplina della fase costitutiva di tale contratto, cosi' come
quella del rapporto che sorge per effetto della conclusione di quel
negozio giuridico, appartengono alla materia dell'ordinamento civile»
(enfasi aggiunta).
Se - come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze
sopra richiamate - l'art. 40 cit. verte in materia di ordinamento
civile (e, segnatamente, in materia contrattuale), ne discende
inevitabilmente che anche la relativa deroga introdotta dall'art.
15 l.r. n. 34/10, va a sua volta ad incidere sempre sulla medesima
materia contrattuale, in contrasto con la norma statale che la regola
(segnatamente, sotto il profilo della disciplina dell'instaurazione e
durata del rapporto), cosi' violando l'art. 117, comma 2, lett. l)
Cost.
5) L'art. 16, commi 1 e 5 della legge Regione Calabria n. 34 del
29 dicembre 2010 e' censurabile in quanto viola la normativa statale
di cui all' art. 17, comma 10 del d.l. n. 78 del 1° luglio 2009,
ponendosi altresi' in contrasto con i principi di cui all'art. 117
comma 3 Cost. nell'ottica del coordinamento con la finanza pubblica.
In particolare, l'art. 16 comma 1 l.r. Calabria n. 34/10 fissa al
31 dicembre 2011 il termine finale per l'attuazione del Piano di
stabilizzazione del personale appartenente ai lavoratori socialmente
utili, mentre il comma 5 indica al 31 dicembre 2013 il termine per
l'attuazione dei piani di stabilizzazione occupazionali dei
lavoratori dei bacini di cui all'art. 2, l.r. n. 20/03.
A sua volta, l'art. 17, comma 10 del d.l. n. 78/09 prevede: «Nel
triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo
1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel
rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonche' dei
vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di
assunzioni e di contenimento della spesa di personale secondo i
rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza
pubblica, e per le amministrazioni interessate, previo espletamento
della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,
possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con
una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a
concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti
di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296 e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n.
244. ...» (enfasi aggiunta), cosi' stabilendo precisi vincoli alla
possibilita' di assunzioni a tempo indeterminato da parte, tra
l'altro, delle Regioni, ai fini della stabilizzazione del personale
gia' assunto a tempo determinato.
Invero, il rispetto dei limiti stabiliti dalla norma statale e'
strumentale a garantire che le assunzioni a tempo indeterminato
intervengano solo nella misura consentita dalle disponibilita'
finanziarie esistenti, e cio' al fine di assicurare la compatibilita'
delle prime con le seconde.
Ne discende che l'art. 16, commi 1 e 5 della l.r. Calabria n.
34/10, prevedendo un termine ultimo per l'attuazione delle
stabilizzazioni di una certa categoria di lavoratori senza tener
conto dei suddetti limiti, si pone in contrasto con il principio del
coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3
Cost., in quanto la norma statale di cui all'art. 17 comma 10 legge
n. 78/09 non permette una generica salvaguardia di tutte le
stabilizzazioni, ancorche' programmate ed autorizzate, le quali - pur
nel rispetto dell'autonomia regionale - debbono comunque rispettare i
limiti imposti dalla legge statale alla scelta normativa regionale.
6) L'art. 18 della legge Regione Calabria n. 34 del 29 dicembre
2010 viola il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e del
pubblico concorso di cui all'art. 87 Cost.
Attraverso la previsione di un corso-concorso che - in quanto
riservato ai dipendenti regionali - restringe arbitrariamente la
categoria dei soggetti legittimati a partecipare alla selezione, la
norma viola sia il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,
sia il principio del pubblico concorso sancito all'art. 97 Cost.
Quanto al principio di eguaglianza, esso appare violato in quanto
- a parita' di requisiti - sono esclusi dalla partecipazione alla
procedura concorsuale coloro che non siano gia' dipendenti
dell'amministrazione.
Quanto - poi - al principio del pubblico concorso, si osserva
che, per consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (sent.
nn. 363/06, 293/09, 52/11), il principio del pubblico concorso ha
portata generale e le relative deroghe - pur consentite dalla
Costituzione - si giustificano solo ove determinate da ragioni
eccezionali di interesse pubblico, nella specie peraltro neppure
enunciate nella norma della legge regionale impugnata; inoltre,
costituisce deroga al principio generale anche la restrizione
arbitraria dei partecipanti al concorso: e' infatti incompatibile con
la natura pubblica della selezione la mancanza di requisiti quali la
natura comparativa e l'apertura ai soggetti esterni
all'Amministrazione.
La prospettiva aperta dall'art. 18 della legge regionale
impugnata corrisponde appunto alle fattispecie gia' censurate nella
richiamata giurisprudenza costituzionale, in quanto limita ai
dipendenti regionali in possesso dei requisiti per l'accesso alla
qualifica dirigenziale l'accesso alla procedura selettiva, in difetto
di ragioni di eccezionale interesse pubblico (neppure indicate dalla
norma).
Si segnala peraltro che, sulla stessa questione della violazione
del principio del concorso pubblico realizzata attraverso la
previsione di una modalita' di accesso riservato pende ricorso
innanzi a codesta ecc.ma Corte avverso la 1.r. Calabria n. 8 del 26
febbraio 2010, contraddistinto al n.reg. ric. 65/2010.
7. Violazione dell'art. 117, comma 1 e comma 2, lett. e) Cost.
Incostituzionale e' altresi' la disposizione di cui all'articolo
49, secondo la quale la Regione attribuisce la «missione di servizio
di interesse economico generale», ai sensi dell'articolo 106, comma 2
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ai servizi
aeroportuali connessi al trasporto aereo di passeggeri e mezzi svolti
da societa' partecipate dalla stessa.
Poiche' prevede la possibilita' di derogare in parte alle regole
della concorrenza, tale norma si pone in contrasto con l'articolo
117, comma 1 della Costituzione in materia dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, nonche'
con l'articolo 117, comma 2, lettera e), che riserva in modo
esclusivo allo Stato la materia della tutela della concorrenza.
8. Violazione degli artt. 41 e 117, commi 1 e 3 Cost.
L'art. 29 aggiunge l'art. 4-bis alla legge 29 dicembre 2008, n.
42, recante «Misure in materia di energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili».
Tale disposizione introduce una serie di privilegi per gli enti
pubblici, gli enti locali e i consorzi di sviluppo industriale che
intendano proporre iniziative energetiche rinnovabili (priorita' di
indizione ai procedimenti unici afferenti domande da essi avanzate;
esonero dalla concorrenza dei limiti di potenza autorizzati di cui
alla stessa legge (n. 42/2008; deroghe ai procedimenti di verifica
preliminare di cui all'art. 6 dell'all.to sub 1 alla legge di
verifica ambientale; riconoscimento di priorita' ai procedimenti
unici afferenti i progetti; specialita' dei lavori della conferenza
di servizi.
Tale disposizione non e' conforme al quadro normativo nazionale
di principio (d.lgs. n. 79/1999 e d.lgs. n. 387/2003), secondo il
quale la produzione di energia, anche da fonti rinnovabili, avviene
in regime di libero mercato concorrenziale incompatibile con riserve,
monopoli e privilegi pubblici. Inoltre essa si traduce in un
irragionevole distorsione del mercato della produzione di energia da
fonti rinnovabili, contrastando con l'art. 41 della Costituzione
(liberta' di iniziativa economica), nonche' con l'articolo 3
(principio di uguaglianza) e con l'articolo 117, 1° e 3° comma della
Costituzione.
9. Violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s) Cost.
L'articolo 50, rubricato «Stagione venatoria, giornata di caccia,
legge regionale n. 9/1996» fissa il calendario venatorio regionale.
La modifica introdotta, relativa alle specie cacciabili ed ai periodi
di attivita' venatoria, confligge con la normativa statale contenuta
nell'art. 18 della legge n. 157/1992, il quale, al comma 2, dispone
che i periodi di attivita' venatoria previsti dal comma 1, possono
essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni
ambientali delle diverse realta' territoriali e che le regioni
possano autorizzare le modifiche previo parere dell'Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA); il comma
4, dispone che le regioni pubblichino il calendario venatorio
regionale acquisendo il parere del citato ISPRA. Peraltro la
normativa in esame non rispetta la «Guida per la stesura dei
calendari venatori ai sensi della legge n. 157/1992, cosi' come
modificata dalla legge comunitaria 2009, articolo 42» redatta
dall'ISPRA alla luce delle recenti modifiche introdotte alla legge n.
157/1992 in applicazioni della Direttiva «Uccelli» (2009/147/CE).
Tale procedimento di carattere amministrativo, ai sensi della
normativa statale, deve essere concluso entro il 15 giugno di ogni
anno. Non e' previsto dalla normativa statale, peraltro espressione
di una competenza esclusiva dello Stato che tale materia possa essere
disciplinata con legge regionale (cfr. sent. Corte costituzionale n.
233/2010). La norma eccede quindi dalla competenza regionali
risultando invasiva della competenza esclusiva dello Stato in materia
di tutela dell'ambiente affermata dall'articolo 117, secondo comma,
lettera s) della Costituzione.
P.Q.M.
Si chiede che venga dichiarata la illegittimita' costituzionale
degli artt. 11, comma 1; 14; 15; 16 comma 1 e comma 5; 18; 29; 46;
49; 50 della legge regionale della Regione Calabria del 29 dicembre
2010, n. 34, pubblicata nel BUR n. 24 del 31 dicembre 2010 della
Regione Calabria, recante «Provvedimento generale recante norme di
tipo ordinamentale e procedurale (collegato alla manovra di finanza
regionale per l'anno 2011). Art. 3, comma 4, della legge regionale n.
8/2002».
Si producono la norma impugnata e per estratto copia conforme
della delibera del Consiglio dei Ministri del 23 febbraio 2011 (con
allegata relazione).
Roma, addi' 28 febbraio 2011
Gli Avvocati dello Stato: Aiello - Guida - Russo
|