Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 22 ottobre 2012 (della Regione Piemonte).

 

 (GU n. 50 del 19.12.2012)

 

    Ricorso della Regione Piemonte, (C.P. n. …) in  persona

del Presidente  pro-tempore  della  Giunta  Regionale  Roberto  Cota, autorizzato con delibera della Giunta  Regionale  n.  6-4642  del  ottobre 2012, rappresentato e  difeso,  per  mandato  a  margine  del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente,  dagli  avv.ti

Giovanna  Scollo  (c.f.:  …,  fax:  …,   pec: …) dall'avv. Gabriele  Pafundi (c.f.:      …,       fax:       …,       pec: …) ed elettivamente  domiciliato

presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;

    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, pro-tempore  per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 7 e 8, e dell'art. 17, commi 6 e 12, del d.l. 6.7.2012  n.  95  cosi' come convertito,  con  modificazioni  dalla  legge  7.8.2012  n.  135 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 189, S.O. del 14 agosto  2012, per violazione degli artt 5, 114, 117 comma 2 lett. p) e commi 4 e 6, 118, 119 e 120 secondo comma della Costituzione, in  relazione  anche agli artt. 77 e 97 della  Costituzione,  nonche'  del  principato  di leale collaborazione.

 

                           Fatto e diritto

 

    L'art. 16, commi 7 e 8, del d.1. n. 95/2012 (disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei  servizi  ai cittadini)  convertito,  con  modificazioni,  dalla  l.  n.  135  del 7.8.2012, definisce i vincoli di carattere finanziario per  gli  enti

territoriali determinando  un  drastico  taglio  delle  risorse  alle province e introduce disposizioni in materia personale.

    L'art. 17 (riordino delle Province e loro funzioni), prevede  una generale  disciplina  sul  riordino  delle  province  ridefinendo  le funzioni dell'ente (comma 6)  e  confermando  le  disposizioni  sugli organi di governo (comma  12)  previste  dall'art.  23  del  d.l.  n.

201/2011 convertito con modificazioni dalla l. n. 214/2011.

    Il Consiglio delle Autonomie Locali del Piemonte,  istituito  con l.r. n. 30/2006, con  risoluzione  del  21.9.2012  (doc.  n.  1),  ha avanzato  al  Presidente  della  Giunta  Regionale  la  proposta   di impugnare alla Corte costituzionale l'art. 16, commi 7 e 8, e  l'art.

17, commi 6 e  12,  del  d.l.  n.  95/2012  convertito  dalla  l.  n. 135/2012.

    La Regione e' legittimata a proporre la presente impugnativa  per la lesione diretta subita dalle norme  contestate  ma  anche  per  la lesione delle prerogative costituzionali degli enti locali.

    Piu' volte si e' pronunciata Codesta Ecc.ma Corte  (sentenze  nn. 417/2005,  196/2004,  95/2007,  169/2007,  289/2009)  nel  senso   di ammettere le censure d'altronde e' la stessa l. n. 131/2003,  recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla

legge  costituzionale  n.  3/2001,  che  all'art.   9   prevede   che l'illegittimita'  costituzionale  di  norme  statali   possa   essere sollevata «anche su proposta del Consiglio delle Autonomie Locali».

Art. 16, comma 7 e 8, violazione degli artt. 5, 117 commi 2 lett.  p) 4 e 6, 118 e 119 nonche' del principio della leale collaborazione.

    Il comma 7 dispone la riduzione delle  risorse  per  le  province gia' a partire dal 2012 «Il fondo sperimentale di riequilibrio,  come determinato ai sensi dell'art. 21 del decreto  legislativo  6  maggio 2011 n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'art. 23  del  medesimo  decreto  legislativo  n.  68  del   2011,   ed   i

trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno  2015.  Le  riduzioni  da imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo  conto  anche

delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'art. 2 del decreto-legge 7 maggio 2012 n. 52 convertito,  con modificazioni, dalla legge 6 luglio  2012  n.  94,  dalla  Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero dell'interno  entro  il  30  settembre  2012.  In  caso  di   mancata deliberazione della Conferenza Stato-citta' ed autonomie  locali,  il decreto del Ministero dell'interno e comunque  emanato  entro  il  15 ottobre 2012, ripartendo  le  riduzioni  in  proporzione  alle  spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal  SIOPE.

In caso di incapienza, sulla base dei dati comunicati  dal  Ministero dell'interno, l'Agenzia delle  entrate  provvede  al  recupero  delle predette somme nei confronti delle Province interessate a valere  sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore,  esclusi  i ciclomotori, di cui all'art. 60 del decreto legislativo  15  dicembre 1997 n. 446, riscossa tramite modello F 24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle province  medesime.  Qualora  le  somme  da riversare alle province  a  titolo  di  imposta  sulle  assicurazioni contro la responsabilita' civile  derivante  dalla  circolazione  dei veicoli a motore, esclusi i  ciclomotori,  di  cui  all'art.  60  del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 risultino incapienti  per l'effettuazione del recupero di cui al quarto  periodo  del  presente comma,  il  versamento  al  bilancio  dello  Stato  della  parte  non recuperata e' effettuato a valere sulle disponibilita' presenti sulla contabilita' speciale n. 1778  -  Agenzia  delle  entrate,  Fondi  di Bilancio  -  che  e'  reintegrata   con   i   successivi   versamenti dell'imposta sulle assicurazioni  contro  la  responsabilita'  civile

derivante  dalla  circolazione  dei  veicoli,  a  motore,  esclusi  i ciclomotori».

Quanto all'art. 5 della Costituzione.

    Ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali, al  principio  del  piu'  ampio   decentramento   amministrativo   ed all'adeguamento   della   legislazione    statale    alle    esigenze

dell'autonomia e del decentramento.

    E' evidente l'inversione del parametro costituzionale nella norma impugnata, con conseguente grave compromissione anche  dall'autonomia regionale e dell'assetto ordinamentale ed istituzionale.

    Il   suddetto   taglio   dei   trasferimenti   interviene   nella programmazione del bilancio  in  corso,  con  impossibilita'  di  far fronte alle spese programmate e conseguente sforamento del  patto  di stabilita' interno, senza tenere conto delle differenziazioni che  si verificano nelle varie regioni relativamente  all'attribuzione  delle

funzioni delle province. Anche il Servizio  Bilancio  del  Senato  ha formulato dubbi sulla coerenza di  tagli  lineari  cosi'  pesanti  ed indiscriminanti che incidono  sull'esistenza  stessa  delle  Province tutte.

    Il Fondo sperimentale di riequilibrio  appena  istituito  con  il d.lgs. n. 68/2011  (art.  21),  ed  il  fondo  perequativo  (art.  13 medesimo d.lgs.) sono cosi' neutralizzati  proprio  nelle  specifiche modalita' di riparto e di determinazione.

Quanto all'art. 117 commi 2 lett. P), 4 e 6 e agli artt.  118  e  119 Cost.

    L'art. 117, secondo comma, lett. p) della Cost. attribuisce  allo Stato legislazione esclusiva in materia elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane. I tagli lineari decisi dal Governo proprio sul  fondo  sperimentale  di

riequilibrio, e  sul  fondo  perequativo,  per  idi  piu'  «in  corso d'opera»,  non   consento   proprio   quell'esercizio   di   funzioni fondamentali garantito e imposto dalla Costituzione.

    Cosi'  facendo  il  Governo  viola  le  competenze  residuali   e concorrenti delle Regioni e  la  stessa  potesta'  regolamentare,  in considerazione delle attivita' trasferite e  delegate  dalle  Regioni alle Province di conseguenza incise dalla norma impugnata.

    L'art. 119 della Cost. assegna autonomia finanziaria  di  entrata di spesa a Comuni, Province,  Citta'  metropolitane  e  Regioni,  con assegnazione di compartecipazione  al  gettito  di  tributi  erariali

riferibili al  loro  territorio  e  con  l'istituzione  di  un  fondo perequativo per i territori con minore capacita' fiscale.

    E' intervenuta la legge  n.  42/2009  di  delega  al  Governo  in materia di federalismo fiscale  in  attuazione  dell'art.  119  della Cost. in attuazione della quale sono stati emanati i d.lgs. n.  68  e 23/2011 («disposizioni in  materia  di  autonomia  di  entrata  delle regioni  a  statuto  ordinario   e   delle   province,   nonche'   di

determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore sanitario»  e  «disposizioni  in  materia  di   federalismo   fiscale municipale»).

    Il  Governo  non  poteva,  come  invece  ha  fatto,  emanare   un decreto-legge che procede tout-court a dei  tagli  lineari  ai  fondi appena istituiti in attuazione della legge delega.

Violazione del principio di leale collaborazione.

    Il fondo perequativo di cui all'art. 13 d.lgs. n. 23/2011 prevede l'intesa sancita in sede  di  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie locali.

    Altrettanto dicasi per il fondo di riequilibrio di  cui  all'art. 21 d.lgs. n. 68/2011 che parla di «previo accordo».

    Le riduzioni di detti fondi  effetuate  con  la  norma  impugnata coinvolgeva la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali solo in un momento successivo (quello delle riduzioni  da  imputare  a  ciascuna provincia) e, per di piu',  con  la  piu'  che  generica  espressione «tenuto conto anche delle  analisi  di  spesa  effettuate  ...  dalla Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e  recepite  con  decreto del Ministero dell'interno». Decreto comunque  emanato  entro  il  15 ottobre 2012. Piu' che adombrando  un  intervento  sostitutivo  dello Stato fuori dai casi previsti dall'art. 8 della l. n. 131/2003 e  per

attraverso un mero decreto ministeriale.

    Art. 16, comma 8: «Fermi restando i vincoli assunzionali  di  cui all'art. 76 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni ed integrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da  emanare  entro  il  31 dicembre 2012  d'intesa  con  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie locali,  sono  stabiliti  i   parametri   di   virtuosita'   per   la determinazione delle dotazioni organiche degli enti  locali,  tenendo prioritariamente conto del  rapporto  tra  dipendenti  e  popolazione residente.

    A tal fine e' determinata la media  nazionale  del  personale  in servizio presso gli enti, considerando anche le unita'  di  personale in  servizio  presso  gli  enti,  considerando  anche  le  unita'  di personale in servizio presso le societa' di cui all'art. 76, comma 7, terzo periodo, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. A  decorrere dalla data di efficacia del decreto gli enti che risultino  collocati ad un livello superiore del 20 per  cento  rispetto  alla  media  non possono effettuare  assunzioni  a  qualsiasi  titolo;  gli  enti  che risultino collocati ad un livello superiore del 40 per cento rispetto

alla media applicano le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all'art. 2, comma 11, e seguenti».

    Nonostante la prevista intesa con la Conferenza  Stato-Citta'  ed autonomie locali, essa afferisce ad una fase meramente  esecutiva  di disposizioni di  dettaglio  in  cui  sono  gia'  precisati,  in  modo vincolante,  gli  stringenti  parametri   di   virtuosita'   per   la

determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali.

    Adottando il criterio prioritario del rapporto tra  dipendenti  e popolazione residente, si prescinde dalle funzioni e si penalizzano i Comuni piu' piccoli, al di la' di ogni diversa  considerazione  sulla efficienza e la «virtuosita'».

    Ancora una volta si compromette anche l'autonomia regionale e  si lede il principio del piu' ampio decentramento amministrativo (art. 5 cost.) e del buon andamento dell'amministrazione (art. 97 cost.).

Art 17, comma 6, violazione degli artt. 5, 114, 117, commi 2 lett. p) e 4 e 6, 118 e 119 della Costituzione nonche' del principio di  leale collaborazione.

    Il comma 6 dell'art. 7 (riordino delle province e loro funzioni), interviene, richiamandone pero' il contenuto, sull'art. 23  del  d.l. 201/11 convertito nella l. 214/11 e cosi'  dispone:  «Fermo  restando quanto disposto dal comma 10 del presente articolo, e fatte salve  le funzioni di indirizzi e di coordinamento di cui  all'art.  23,  comma

14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22  dicembre  2011,  n.  214,   nel   rispetto   del   principio   di sussidiarieta' di cui all'art. 18, comma primo,  della  Costituzione, ed in attuazione delle disposizioni di cui al  comma  18  del  citato art. 23, come convertito, con modificazioni, dalla  citata  legge  n.

214 del 2011, sono trasferite ai comuni  le  funzioni  amministrative conferite alla province con legge  dello  Stato  fino  alla  data  di entrata in vigore del presente decreto e rientranti nelle materie  di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.  117,

comma secondo, della Costituzione».

    Tale comma, di difficile interpretazione in relazione ai commi 14 e 18 dell'art. 23 del d.l. 201/11,  viene  impugnato,  proprio  sotto tale profilo qualora confermativo di dette statuizioni, per le stesse ragioni di cui al ricorso pendente r.g. n. 18/2012. Ragioni  che  qui

si ripropongono insieme a specifici altri dubbi di  costituzionalita' che la norma solleva, non intendendosi comunque e in  ogni  caso  del tutto superati quelli gia' proposti.

    Quanto all'art. 5 della Costituzione, ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali, al  principio  del  piu'  ampio decentramento amministrativo ed  all'adeguamento  della  legislazione statale alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

    E' evidente l'inversione del parametro costituzionale della norma impugnata, con  conseguente  grave  compromissione,  come  meglio  si specifichera',  anche   dell'autonomia   regionale   e   dell'assetto ordinamentale ed istituzionale della stessa.

    Quanto all'art. 114 della Costituzione. La Costituzione definisce le Province, insieme  ai  Comuni,  alle  Citta'  metropolitane,  alle Regioni ed allo Stato, enti costitutivi della  Repubblica  -  Comuni, Province, Citta' metropolitane  e  Regioni  sono  enti  autonomi  con propri statuti, poteri e  funzioni  secondo  principi  fissati  dalla Costituzione.

    L'eliminazione della  Provincia  nel  suo  organo  amministrativo fondamentale, la riduzione del  Consiglio  Provinciale  non  piu'  ad organo di governo ma di indirizzo e coordinamento della attivita' dei Comuni, l'attribuzione delle  relative  funzioni  ai  Comuni  e  alle Regioni, unitamente alle risorse umane,  finanziarie  e  strumentali,

viola apertamente l'art. 114 nella sostanza e nella forma, in  quanto una  proposta  di  riordino  (che  non  equivale  necessariamente   a soppressione) complessivo delle  istituzioni  territoriali  non  puo' essere oggetto di  un  decreto-legge  volto  a  risanare  le  finanze pubbliche (obiettivo peraltro non raggiunto con la norma impugnata) e

di fatto modificativo della Costituzione.

    Nessuna autonomia opzionale e' lasciata  alle  Province  ed  alle stesse Regioni in aperta violazione del secondo comma dell'art. 114.

Quanto all'art. 117, commi e lett. p) 4 e 6, 118 e 119 cost.

    L'art.  117,  secondo  comma,  lett.   p)   della   Costituzione, attribuisce allo Stato legislazione esclusiva in materia  elettorale, organi di governo e  funzioni  fondamentali  di  Comuni,  Province  e Citta' metropolitane. L'intervento «demolitorio» attuato con la norma impugnata, travalica la competenza statale il cui limite e' dato  dal

parametro costituzionale appena citato in  stretta  correlazione  con gli artt. 5 e  114  della  Costituzione  istitutivi,  appunto,  delle autonomie locali e, per quello che qui ci riguarda, delle Province.

    La potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  in  merito  alle funzioni fondamentali di Comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane, puo' essere esercitata nel  rispetto  della  loro  «esistenza»  quale «enti autonomi con poteri e funzioni secondo principi  fissati  dalla Costituzione». Le norme impugnate, viceversa, aboliscono le  funzioni (ed i relativi organi) fondamentali  affidando  alle  Province  «mere funzioni di indirizzo e  coordinamento  delle  attivita'  dei  Comuni nelle materie e nei limiti indicati con  legge  statale  o  regionale secondo le rispettive competenze».  Posto  che  le  funzioni  o  sono legislativa  e  regolamentari  (Regioni),  o  sono  regolamentari   e

amministrative (Province e Comuni), «l'indirizzo e il  coordimanento» del tutto svuotato dalle funzioni proprie attribuite ad altri  e'  un pallido «escamotage» incapace di nascondere  la  cancellazione  delle Province ed il conseguente impatto anche sull'assetto  legislativo  e

regolamentare delle Regioni ledendone la stessa autonomia.

    Il Governo viola le  competenze  residuali  e  concorrenti  della Regioni, e la  stessa  potesta'  regolamentare  laddove  impone  alle medesime di trasferire ai Comuni le  funzioni  delle  Province  e  di tenere per se' quelle volte ad assicurare  l'esercizio  unitario.  Le

Regioni infatti, nell'ambito della  propria  potesta'  legislativa  e regolamentare,  conferiscono  o  meno  funzioni  amministrative  alle Province (ed ai Comuni), anche attraverso l'istituto della delega. Le Province a loro volta sono titolari anche di funzioni  amministrative

proprie  e  di  potesta'  regolamentare  sull'organizzazione   e   lo svolgimento delle funzioni loro attribuite (artt. 118 e 118, VI°  c., Cost.).

    Eliminare tout-court dette funzioni  attribuendole  alle  Regioni che, a loro volta, (per quanto di loro competenza), le  attribuiscono ai Comuni o le tengono per se', mentre lo Stato tiene per se'  quelle che ritiene non di competenza delle Regioni  per  attribuirle  a  sua

volta  ai  Comuni,  crea   un   totale   sovvertimento   dell'assetto costituzionale del sistema della autonomie locali. L'esercizio  della potesta' amministrativa regionale e' fortemente  inciso  dalle  norme impugnate in quanto l'amministrazione regionale, che ha gia' delegato o attribuito alle Province  funzioni  sue  proprie,  e'  costretta  a riprendersele per attribuirle (coattivamente) ai Comuni e tenere  per se' quelle necessitate dall'unitarieta' dell'esercizio.

    Lasciare quattro funzioni di «area vasta»,  dimenticandone  altre importantissime  (per   es.   mercato   del   lavoro   e   formazione professionale,)  incide  negativamente  e  pesantemente   anche   sui «percettori» di tali funzioni.

Violazione dell'art. 77 cost.

    Il decreto-legge n. 95  riguarda  «disposizioni  urgenti  per  la revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai cittadini, nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario».

    L'iniziativa di cui  all'art.  17  non  produce  alcun  risparmio (vedasi la tabella elaborata dalla Ragioneria Generale  dello  Stato) ma, anzi, lascia inalterate le fonti di finanziamento delle funzioni.

Violazione del principio di leale collaborazione.

    Al di la' dell'intesa con la Conferenza Stato-Citta' ed Autonomie Locali prevista dai commi 7 e 8, manca una concertazione  tra  Stato, Regioni ed enti locali  che  la  natura  e  l'oggetto  della  riforma richiederebbe.

Art. 17 comma 12, violazione degli artt. 5 e 114 della Costituzione.

    Il comma 12, mantiene la disciplina di cui al comma 15  dell'art. 23 del d.l. 201/2011: «Resta fermo che gli organi  di  governo  della Provincia  sono  esclusivamente  il  Consiglio   Provinciale   e   il Presidente della Provincia, ai sensi  dell'art.  23,  comma  l5,  del citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella  legge 22 dicembre 2011, n. 214».

    Il Consiglio Provinciale e' dunque composto da non piu' di  dieci componenti eletti dagli organi  elettivi  dei  Comuni  ricadenti  nel territorio della Provincia e il Presidente delle Provincia e'  eletto dal Consiglio Provinciale.

    Nella Carta Costituzionale le  autonomie  locali  tutte,  Comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni, sono considerate,  al  pari dello  Stato,  parti  costituenti   della   Repubblica   e,   dunque, rappresentativi  delle  popolazioni  locali  incidenti  sui  relativi territori.

    Una rappresentanza «associativa» dei Comuni,  oltretutto  con  un numero di eletti (10) del tutto  sproporzionato  (e  con  la  riforma dell'art. 17 ancora di piu') alla  popolazione  non  e'  nemmeno  una «vera rappresentanza di secondo grado», come sottolinea il prof. avv. nonche' emerito ex  Presidente  della  Corte  Costituzionale  Valerio Onida.

    Cio' anche in considerazione della «diminuzione» della  riduzione delle funzioni provinciali.

 

                              P. Q. M.

 

    Si conclude affinche'  piaccia  all'Ecc.ma  Corte  costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 7 e 8, e dell'art. 17 comma 6 e 12, del d.l. 95/2012 cosi'  come  convertito dalla legge n. 135/2012 per violazione degli artt. 5,114,117 commi  2 lett. P), 4 e 6, 118, 119 e 120 della  Costituzione  anche  sotto  il

profilo di violazione  del  principio  di  leale  collaborazione,  in relazione anche gli artt. 77 e 97 della Costituzione.

    Si deposita la risoluzione del Consiglio delle  Autonomie  Locali del 21 settembre 2012 (doc. n.  1),  la  deliberazione  della  Giunta Regionale n. 6-4642 del 1° ottobre 2012 e l'estratto  della  Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 2012.

      Torino-Roma, 8 ottobre 2012

 

                       Avv.ti Scollo - Pafundi

 

Menu

Contenuti