Ricorso n. 166 del 22 ottobre 2012 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 ottobre 2012 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 51 del 27.12.2012)
Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12, ricorrente, contro la Regione Campania, in persona del Presidente della Regione pro-tempore, con sede legale in Napoli, alla via Santa Lucia n. 81,
intimata, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 2 comma 2, 4 commi 3 e 5, della Legge regionale 9 agosto 2012 n. 27, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 4 ottobre 2012 e sulla base di quanto specificato nell'allegata
relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni.
Sul B.U.R. della Regione Campania n. 52 del 13 agosto 2012 e' stata pubblicata la Legge n. 27 del 9 agosto 2012 recante "Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale".
Il Governo ritiene che gli articoli 2 comma 4, 4 commi 3 e 5, della suddetta Legge Regionale siano costituzionalmente illegittimi per i seguenti
Motivi
1) Illegittimita' dell'art. 2 comma 4, della Legge regionale n. 27/2012 per violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, nonche' dell'art. 120 della Costituzione.
L'articolo 2 comma 4, della Legge n. 27/2012, nel sostituire il comma 1 dell'articolo 44 della Legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1, prevede, con riferimento all'anno 2012, una riduzione delle risorse gia' destinate alla copertura dell'ammortamento del debito sanitario
pregresso al 31 dicembre 2005.
Occorre premettere che la Legge regionale n. 5/2007 prevede, all'articolo 2, comma 1, che "Al fine di consentire il rispetto degli impegni finanziari previsti dal piano di rientro approvato con specifico accordo con lo Stato, ai sensi dell'articolo 1, commma 180, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, per l'ammortamento del debito
pregresso al 31 dicembre 2005 la Regione destina un'entrata finalizzata pari a 38 milioni di euro a decorrere dal 2008 e per trent'anni, a valere sulle entrate del titolo I del bilancio regionale".
La richiamata Legge regionale n. 1/2012 ha poi disposto, all'articolo 44, comma 1, che "L'entrata finalizzata di 38 milioni di euro a valere sulle entrate del titolo I del bilancio regionale, di cui all'articolo 2 della Legge regionale 4 aprile 2007, n. 5 (Norme per la copertura del disavanzo sanitario dell'esercizio 2006 ed altre disposizioni urgenti ai fini dell'accordo tra la Regione e lo Stato per il rientro del disavanzo, la riqualificazione e la razionalizzazione del servizio sanitario regionale), che la Regione, in conformita' agli impegni finanziari previsti dal piano di rientro approvato con specifico accordo con lo Stato stipulato ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato-Legge finanziaria 2005), ha destinato a decorrere dal 2008 e per trenta anni alla copertura dell'ammortamento del debito pregresso al 31 dicembre 2005 non cartolarizzato, e' incrementata per le medesime finalita' fino ad un massimo di euro 53.700.000,00 per
l'esercizio 2012, e fino ad un massimo di euro 55.500.000,00 per ciascuno degli esercizi dal 2013 al 2037".
Tale disposizione, come detto, e' stata da ultimo sostituita dall'articolo 2, comma 4, della Legge ora in esame, nel modo seguente: "L'entrata finalizzata di 38 milioni di euro a valere sulle entrate del titolo I del bilancio regionale, di cui all'articolo 2 della legge regionale 4 aprile 2007, n. 5 (Norme per la copertura del
disavanzo sanitario dell'esercizio 2006 ed altre disposizioni urgenti ai fini dell'accordo tra la Regione e lo Stato per il rientro del disavanzo, la riqualificazione e la razionalizzazione del servizio
sanitario regionale), che la Regione, in conformita' agli impegni finanziari previsti dal piano di rientro approvato con specifico accordo con lo Stato stipulato ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria
2005), ha destinato a decorrere dal 2008 e per trent'anni alla copertura dell'ammortamento del debito pregresso al 31 dicembre 2005 non cartolarizzato, e' incrementata per le medesime finalita' fino ad un massimo di euro 55.500.000,00 per ciascuno degli esercizi dal 2013
al 2037, per l'anno 2012 l'entrata di euro 15.700.000,00, gia' finalizzata alla copertura dell'ammortamento del debito sanitario pregresso al 31 dicembre 2005, non cartolarizzato, e' rifinalizzata
al finanziamento dei mutui contratti dagli enti locali per la realizzazione di opere pubbliche a valere sulla UPB 1.82.227".
La disposizione impugnata, pertanto, ha ridotto l'ammontare delle risorse destinate, per l'anno 2012, all'ammortamento del debito sanitario pregresso al 31 dicembre 2005, destinando una parte delle stesse al finanziamento dei mutui contratti dagli enti locali per la
realizzazione di opere pubbliche.
Cio' si pone in contrasto con gli impegni assunti dalla Regione nel Piano di rientro, violando, quindi, quanto previsto dall'art. 2, comma 95, della Legge n. 191/2009, secondo cui "gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la Regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro" (cfr. anche il comma 80 (1) ).
La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ha gia' chiarito (sentenza 18 aprile 2012 n. 91) che le disposizioni regionali le quali compromettono il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano di rientro violano i principi fondamentali di coordinamento
della finanza pubblica espressi dall'art. 2, commi 80 e 95, della Legge n. 191 del 2009.
I principi di coordinamento della finanza pubblica, infatti, impongono l'osservanza dei Piani di rientro oggetto di accordo Stato-Regioni in coerenza con la finalita' perseguita di garantire il rispetto degli obblighi di contenimento della spesa e di razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario regionale previsti dal Piano.
A tale proposito non e' secondario rilevare che la Regione Campania aveva concordato, nella riunione tecnica del 30 marzo 2012, l'ottenimento di ulteriori anticipazioni di liquidita', per fronteggiare l'ammortamento del debito sanitario, accordate dallo
Stato a condizione che la Regione stessa garantisse interamente le risorse individuate con la Legge regionale n. 1/2012, impegno che viene vanificato dalla disposizione censurata con il presente motivo di ricorso.
In conclusione, l'articolo 2, comma 4, della Legge regionale in esame, nella parte in cui sostituisce il comma 1 dell'articolo 44 della Legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1, contrasta con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all'articolo 2, commi 80 e 95 della Legge n. 191/2009 e, conseguentemente, viola l'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
2) Illegittimita' dell'art. 4, comma 3, della Legge regionale n. 27/2012 per violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, nonche' dell'art. 120 della Costituzione.
La Regione Campania ha stipulato in data 13 marzo 2007, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 180, della Legge 311/2004, l'Accordo sul Piano di rientro dai disavanzi sanitari 2007-2009.
Successivamente, nel mese di luglio 2009, essendo stato disatteso l'Accordo stipulato dalla Regione, il Governo ha esercitato i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 4, comma 2 del Decreto-Legge 1 ottobre 2007 n. 159, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 novembre 2007, n. 222, procedendo alla nomina del Presidente della
Regione quale Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro. Con la legge finanziaria 2010 e' stata, poi, concessa alle Regioni che si trovavano in gestione commissariale, come la Regione Campania, la possibilita' proseguire il Piano di rientro attraverso programmi operativi.
Tanto premesso, l'articolo 4, comma 3, della Legge regionale n. 27 del 9 agosto 2012 dispone che, "Nelle more del completamento del Policlinico Universitario, i posti letto programmati sono distribuiti nelle strutture pubbliche e private della Provincia di Caserta, cosi' come previsto dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421) e Decreto Legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed Universita', a norma dell'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419). Il Presidente della Giunta Regionale, Commissario ad acta per il disavanzo sanitario, con apposito decreto, provvede alla emanazione degli atti consequenziali, entro novanta giorni dalla data in entrata in vigore della presente legge".
A tale riguardo il programma operativo, come da indicazioni del citato decreto del Commissario ad acta n. 49/2012, non contempla la distribuzione dei posti letto nelle strutture pubbliche e private della provincia di Caserta prevista dall'art. 4, comma 3, della Legge regionale n. 27/2012. Cio' pone la norma in esame in contrasto
rispetto agli impegni assunti dalla Regione con il Piano di rientro.
La disposizione di Legge regionale, inoltre, comporta un'ingerenza degli organi ordinari della Regione sui poteri attribuiti al Commissario ad acta, nell'esercizio della funzione sostitutiva dello Stato di cui all'articolo 120 della Costituzione. Tra i compiti del mandato commissariale di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2010 (2) , rientra, infatti, il "Riassetto della rete ospedaliera e territoriale, con adeguati interventi per la dismissione/riconversione/riorganizzazione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia; analisi del fabbisogno e verifica dell'appropriatezza; conseguente revoca degli accreditamenti per le corrispondenti strutture private accreditate; conseguente modifica del vigente piano ospedaliero regionale in coerenza con il Piano di rientro" (punto c).
La norma regionale impugnata contrasta con quanto previsto dal Piano di rientro e, quindi, con i principi fondamentali della legislazione dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all'articolo 2, comma 95, della Legge n. 191/2009,
in base al quale "gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la Regione, che e' obbligata a rimuovere provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro" (cfr.
anche il comma 80 (3) ) e, pertanto, viola l'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
La norma, inoltre, viola l'articolo 120 della Costituzione, per l'ingerenza che comporta nei poteri attribuiti al Commissario ad acta nell'esercizio della funzione di controllo sostitutivo.
A tal riguardo giova precisare che nella sentenza n. 2/2010 codesta ecc.ma Corte ha gia' disatteso la tesi delle Regioni secondo cui "«in pendenza del potere sostitutivo» statale, non solo resterebbe ferma la competenza legislativa regionale, ma addirittura si «determinerebbe la cessazione» del potere sostitutivo, qualora si realizzi - come sarebbe avvenuto nel caso di specie - «l'adempimento, sia pure tardivo, degli obblighi gravanti sulla Regione»".
"In senso contrario, infatti", codesta ecc.ma Corte ha richiamato quanto osservato "nel vagliare la legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 277, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2006), sospettato di essere irragionevolmente rigido, non prevedendo la possibilita' di un intervento, «ancorche' tardivo», del Presidente della Giunta regionale proprio in relazione alle misure da adottare per il ripiano dei disavanzi in materia sanitaria. La constatazione che tale disposizione fosse sopraggiunta «all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali», espressiva «della volonta' di sottrarsi ad un'attivita' provvedimentale pur imposta dalle esigenze della finanza
pubblica», e' stata ritenuta un'idonea «giustificazione del divieto legislativo di adottare, da parte di un organo gia' inadempiente, ulteriori misure», valutandosi, inoltre, le stesse come suscettibili «di vanificare l'obiettivo di risanamento» del servizio sanitario
regionale (sentenza n. 193 del 2007)".
Alla stregua, pertanto, di tale principio, codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 2/2010 ha affermato che il preteso tardivo adempimento degli impegni assunti con l'accordo sul piano di rientro dal deficit sanitario "lungi dal comportare la cessazione del potere sostitutivo statale, deve essere vagliato da questa Corte proprio
nella prospettiva - indicata dal ricorrente - di stabilire se le funzioni attribuite al commissario ad acta, in virtu' della deliberazione governativa siano state «sostanzialmente limitate se non addirittura svuotate»".
Il suesposto principio e' stato successivamente confermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 78/2011, nella quale si e' enunciato che "l'operato del Commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario
previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti - malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007») dell'accordo concluso dal Presidente della Regione - ad un'attivita' che pure e' imposta dalle esigenze della finanza pubblica.
E' dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo e', nella specie, imposto dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual e' quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste
al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso l'unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale".
Nella sentenza da ultimo citata si e', peraltro, affermato che la disposizione legislativa regionale e' illegittima anche qualora "non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario", ma ricorra comunque "una situazione di interferenza sulle funzioni
commissariali, idonea ad integrare la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost.".
Dunque, la dispozione della Legge regionale impugnata con il presente motivo di ricorso che, nelle more del completamento del Policlinico Universitario, distribuisce nelle strutture pubbliche e private della provincia di Caserta i posti letto programmati, pari a
500, secondo quanto previsto dal decreto del Commissario ad acta n. 49/2012, configura una diretta ingerenza nell'esercizio dei poteri commissariali tra i quali rientra, ai sensi della delibera del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2010, il "Riassetto della rete
ospedaliera e territoriale, con adeguati interventi per la dismissione/riconversione/riorganizzazione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia; analisi del fabbisogno e verifica dell'appropriatezza; ... conseguente
modifica del vigente piano ospedaliero regionale in coerenza con il Piano di rientro", violando cosi' i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, nonche' l'art. 120 della Costituzione.
3) Illegittimita' dell'art. 4, comma 5, della Legge regionale n. 27/2012, per violazione degli artt. 3 e 122 della Costituzione.
L'articolo 4, comma 5, della Legge regionale n. 27/2012, che, limitatamente all'ipotesi di "sospensione di un consigliere intervenuta ai sensi dell'articolo 15, comma 4-bis, della Legge 19
marzo 1990, n. 55, introdotto dall'articolo 1, comma 1, della Legge 18 gennaio 1992, n. 16 e dell'articolo 9 della Legge regionale 19 gennaio 2007, n. 1 e successive modifiche ed integrazioni, o per qualunque altra causa prevista dall'ordinamento", disciplinata
dall'art. 9 della Legge elettorale regionale n. 4/2009, esclude l'applicazione della norma contenuta nell'art. 65, (4) comma 1, del D. Lgs. n. 267/2000 - la quale prevede l'incompatibilita' alla carica di consigliere regionale di tutti coloro che ricoprono la carica di
presidente e assessore provinciale, nonche' di sindaco e assessore dei Comuni compresi nel territorio della Regione - contrasta con il principio di ragionevolezza e di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
In proposito si osserva che, come noto, le cause di ineleggibilita' e quelle di incompatibilita' introducono limitazioni al diritto di elettorato passivo per il quale, secondo la giurisprudenza costituzionale, sussiste un'esigenza di tendenziale
uniformita' sul piano nazionale, essendo l'adozione di discipline regionali differenziate subordinata alla presenza di particolari situazioni ambientali che giustifichino normative autonome (sentenza n. 288 del 2007, che ha richiamato le sentenze n. 235 del 1988, n. 20
del 1985, n. 171 del 1984, n. 26 del 1965 e n. 105 del 1957).
La "disapplicazione" della causa di incompatibilita' per i consiglieri regionali supplenti - prevista dalla norma impugnata - e' priva di ragionevole giustificazione e introduce un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai consiglieri proclamati eletti
dall'ufficio elettorale.
Non si comprende, infatti, per quale plausibile ragione una causa di incompatibilta' che vale per il consigliere sospeso dalla carica non dovrebbe essere operante anche per consigliere chiamato a sostituirlo tanto piu' che il supplente, qualora sopravvenga la decadenza, potrebbe anche surrogarsi definitivamente al consigliere
sostituito.
La disposizione in esame appare, quindi, incostituzionale, poiche', come codesta ecc.ma Corte ha gia' avuto modo di affermare, "il principio di ragionevolezza opera con particolare rigore nella materia elettorale (sentenza n. 376 del 2004), dall'altro, non di meno, occorre ricordare che, in primo luogo, sussiste un'esigenza di tendenziale uniformita' sul piano nazionale della disciplina dell'elettorato passivo (cosi' la citata sentenza), e, in secondo luogo, che la costante giurisprudenza costituzionale ha subordinato la possibilita' di introdurre discipline regionali differenziate, rispetto a quella nazionale, solo in presenza di particolari situazioni ambientali che giustifichino normative autonome (da ultimo, sentenza n. 143 del 2010)" (Corte cost., 23 luglio 2010, n. 283).
Le discipline regionali sull'incompatibilita' in ambito elettorale, pertanto, "possono considerarsi legittime, sul piano costituzionale, solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni idonee a giustificare il peculiare trattamento riconosciuto dalle relative disposizioni" (sentenza n. 143 del 2010).
Inoltre, la disapplicazione della causa di incompatibilita' prevista dalla citata disposizione statale viola l'art. 122, primo comma, della Costituzione che, nel conferire alla Regione il potere legislativo in materia di "casi di ineleggibilita' e di
incompatibilita'", nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato, implicitamente riconosce la vigenza - nelle more dell'esercizio da parte della Regione della potesta' legislativa di cui all'art. 122 ed in forza del principio di continuita' - della
generale disciplina in materia di incompatibilita' dettata dalla Legge n. 154/1981 (cfr. Cass. civ., Sezioni Unite, sent. n. 16898 del 25-07-2006; Cass. Sez. I, sent. n. 16218 del 23-07-2007), conforme al quadro costituzionale in vigore all'epoca della sua emanazione ed espressamente esclusa dall'abrogazione di cui all'art. 274, comma 1,
lettera 1), D.Lgs. n. 267 del 2000, recante il T.U. degli enti locali.
(1) secondo cui «... qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi di cui al comma 88, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei Ministri adotta, ai sensi
dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli».
(2) Con la quale il nuovo Presidente pro-tempore della Regione Campania e' stato nominato Commissario ad acta per il Piano di rientro con il compito di proseguire nell'attuazione del Piano stesso secondo Programmi operativi di cui all'art. 1, comma 88,
della Legge n. 191 del 2009.
(3) secondo cui: «... qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi di cui al comma 88, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i
termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei Ministri adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli».
(4) L'articolo corrisponde all'art. 4, L. 23 aprile 1981, n. 154.
P.Q.M.
Si chiede che codesta ecc.ma Corte Costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi gli articoli 2 comma 4, 4 commi 3 e 5, della L. 9 agosto 2012 n. 27, per le motivazioni indicate nel ricorso, con le conseguenti statuizioni.
Con l'originale notificato del ricorso si depositera' estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data 4 ottobre 2012 con l'allegata relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni.
Roma, 11 ottobre 2012
L'Avvocato dello Stato: Fedeli