Ricorso n.17 del 21 febbraio 2017 (della Regione Toscana)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 febbraio 2017 (della Regione Toscana).
(GU n. 13 del 2017-03-29)
Ricorso della Regione Toscana (P. IVA …), in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, dott. Enrico Rossi, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 75 del 6 febbraio 2017, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al presente atto, dall'Avv. Lucia Bora (C.F. n. … pec: …) dell'Avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Marcello Cecchetti, (C.F. …) in Roma, Piazza Barberini n. 12 (fax …; PEC: …);
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 42, lettera a) della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per violazione degli articoli 117 e 119 Cost.
In data 21 dicembre 2016 e' stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale n. 297, S.O. n. 57, la legge n. 232 dell'11 dicembre 2016 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019».
In particolare, l'art. 1, comma 42, lettera a) prevede:
«All'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 26, le parole: "per l'anno 2016" sono sostituite dalle seguenti: "per gli anni 2016 e 2017"».
Il comma 26 dell'art. 1 della legge 208/2015, a sua volta, disponeva:
«Al fine di contenere il livello complessivo della pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica, per l' anno 2016 e' sospesa l'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. Sono fatte salve, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'art. 1, comma 174 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'art. 2, commi 79, 80, 83 e 86 della legge 23 dicembre 2009 n. 191, nonche' la possibilita' di effettuare manovre fiscali incrementative ai fini dell'accesso alle anticipazioni di liquidita' di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti. La sospensione di cui al primo periodo non si applica alla tassa sui rifiuti (TARI) di cui all'art. 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ne' per gli enti locali che deliberano il predissesto, ai sensi dell'art. 243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o il dissesto, ai sensi degli articoli 246 e seguenti del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
In sostanza, dunque, la norma contenuta nell'art. 1, comma 42, lettera a) determina per l'anno 2017 una ulteriore sospensione degli aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali con legge dello Stato, rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015.
Gia' nel 2016 la suddetta misura era stata introdotta, ma la Regione Toscana non l'aveva contestata, nello spirito di collaborazione istituzionale e confidando nell'eccezionalita' circoscritta della misura stessa. Ora la medesima viene riproposta, in un contesto di finanziamento del fabbisogno regionale decisamente peggiorato, anche rispetto al 2016.
L'impugnata disposizione e' lesiva delle competenze regionali per i seguenti motivi di
Diritto
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 42, lettera a) per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost.
Non si ignora che il blocco provvisorio dell'aumento delle addizionali e dei tributi propri delle regioni, in precedenti occasioni, e' stato ritenuto ammissibile dalla Corte costituzionale sentenze n. 381/2004, n. 284/2009, n. 298/2009). Tuttavia tali precedenti sono stati motivati con particolari valutazioni che non sono piu' riproponibili nell'attuale mutato quadro fattuale e giuridico.
La sentenza n. 381/2004 ha ritenuto ammissibile detta sospensione perche' temporanea e provvisoria «in attesa di un complessivo ridisegno dell'autonomia tributaria delle regioni, nel quadro dell'attuazione del nuovo art. 119 Cost.»; similmente la sentenza n. 284/2009, a fondamento della pronuncia di legittimita' costituzionale della sospensione degli aumenti tributari regionali, richiama la fase transitoria «fino all'attuazione del federalismo fiscale»; infine nella sentenza n. 298/2009 la legittimita' della misura e' motivata con il fatto che non era stata dedotta ne' dimostrata una insufficienza dei mezzi finanziari di cui la regione potesse disporre per l'adempimento dei propri compiti.
La situazione attuale e' diversa da quella a base delle richiamate pronunce per diversi motivi.
1.a) Prima di tutto e' noto che per l'attuazione dell'art. 119 Cost. e' stata emanata la legge 5 maggio 2009 n. 42 (legge delega sul c.d. federalismo fiscale).
L'art. 7, della citata legge n. 42 del 2009, definisce i vari tipi di «tributi delle regioni», ricomprendendo:
1) i «tributi propri derivati», cioe' istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni;
2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;
3) i «tributi propri» istituiti dalle regioni con proprie leggi, in relazione ai presupposti non gia' assoggettati ad imposizione erariale.
Per le prime due categorie, le leggi regionali possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria; analogamente per le addizionali possono essere introdotte variazioni percentuali delle aliquote e detrazioni nei limiti posti dalla legge statale; sui tributi propri vi e' autonomia regionale.
I principi e criteri direttivi di cui alla legge delega n. 42/2009 sono stati attuati, per quanto qui interessa, dal decreto legislativo n. 68 del 2011, che, all'art. 8, in materia di «Ulteriori tributi regionali», prevede che:
«Ferma restando la facolta' per le regioni di sopprimerli, a decorrere dal 1° gennaio 2013, sono trasformati in tributi propri regionali la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale, l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili» (1)
Al successivo comma 2 del medesimo articolo, si prevede che: «Fermi restando i limiti massimi di manovrabilita' previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale».
Il comma 3 stabilisce poi che sono riservati alle regioni a statuto ordinario gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente, che costituiscono tributi propri derivati (comma 3).
Inoltre, spettano alle regioni a statuto ordinario le altre compartecipazioni al gettito di tributi erariali, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente (comma 5).
Il richiamato art. 8 presuppone, pertanto, una duplice trasformazione di alcuni tributi statali: taluni di questi diventano tributi propri regionali, di talche' ciascuna regione potrebbe sopprimerli; altri, invece, quelli riconosciuti alle regioni dalla legislazione vigente, vengono trasformati in tributi propri derivati, senza includere la clausola che consente alle regioni di sopprimere i tributi stessi.
In merito codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 288 del 2012 ha rilevato: «L'art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (disposizioni in materia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), che costituisce attuazione della legge delega n. 42 del 2009, dopo aver disposto, al comma 1, la trasformazione di un'ampia serie di tributi statali in tributi propri regionali (a decorrere dal 1° gennaio 2013), al comma 2 precisa «fermi restando i limiti di massima manovrabilita', previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale»; per poi aggiungere, al comma 3, che alle regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, aggiungendo che i predetti tributi costituiscono tributi propri derivati».
La ricorrente non ignora che la disciplina della maggior parte dei tributi regionali, in particolare i tributi propri derivati e le addizionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, sono stati ritenuti da numerose pronunce di codesta Corte costituzionale rientranti nella materia «ordinamento tributario dello Stato» di competenza legislativa esclusiva statale (art. 117, secondo comma, Cost.), a nulla rilevando che il gettito sia attribuito alle regioni.
Cio', tuttavia, non elimina la denunciata illegittimita'.
In primo luogo, infatti, la norma impugnata si applica anche ai tributi regionali di cui all'art. 8 del decreto legislativo n. 68/2011 ed e' certo che, oggi, spetti ai legislatori regionali la competenza legislativa in relazione ai tributi propri c.d autonomi (o in senso stretto) cioe' a quelle forme di prelievo istituite dalla legge regionale o in relazione alle quali sono state, alla stessa, ceduti tutti gli ambiti di disciplina da parte dello Stato, originario titolare.
Tali tributi possono essere interamente disciplinati, e anche soppressi, dalle regioni e sono assoggettati unicamente al rispetto dei principi di coordinamento. Del resto, la Corte costituzionale, gia' prima del c.d. federalismo fiscale, con la sentenza n. 102/2008 ha riconosciuto alle regioni una «potesta' legislativa esclusiva nella materia tributaria non espressamente riservata alla legislazione dello Stato e sempre che l'esercizio di tale facolta' non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni (art. 117, quarto comma e 120, primo comma, Cost.».
Pertanto, con riferimento ai tributi propri in senso stretto, come sopra identificati, la normativa nazionale impugnata nello stabilire la sospensione del possibile aumento tributario, contrasta con l'autonomia finanziaria riconosciuta dall'art. 119 Cost., come attuato dal decreto legislativo n. 68/2011, volta a garantire il reperimento delle risorse necessarie per il corretto svolgimento delle funzioni costituzionalmente garantire dall'art. 117, terzo e quarto comma Cost.
In secondo luogo, poi, la denunciata illegittimita' sussiste anche con riferimento agli altri tributi regionali (tributi propri derivati e addizionali) in quanto, in base all'art. 119, secondo comma Cost., la compartecipazione al gettito dei tributi erariali e' una forma essenziale per garantire per l'integrale finanziamento delle funzioni stabilito dal medesimo art. 119 quarto comma Cost. ed eliminando la (gia' marginale) possibilita' di aumento di detti tributi si priva l'Amministrazione regionale di una fonte di entrata, senza al contempo prevedere alcuna compensazione per le regioni stesse.
Quindi l'attuazione del federalismo fiscale e' un elemento che differenzia la situazione attuale rispetto a quella esistente quando sono state pronunciate le richiamate sentenze costituzionali.
1.b) Un altro elemento di diversita' e' che all'epoca (2008/2009) vigevano le regole del patto di stabilita' interno, per cui le regioni avevano un tetto di spesa da dover rispettare; ora invece la legge n. 243/2012 ha introdotto il pareggio contabile di bilancio, cioe' l'equilibrio di bilancio che ricorre quando nella fase sia di previsione che di rendiconto si registra: a) un saldo non negativo in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali; b) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti.
La violazione del pareggio di bilancio comporta gravi conseguenze, come il divieto di indebitamento per la spesa di investimento, nonche' sanzioni per gli amministratori e funzionari; con la norma impugnata, per effetto della sospensione della possibilita' di aumentare i tributi e le addizionali attribuiti alle regioni rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015, la Regione ben puo' trovarsi esposta all'impossibilita' di pareggiare il proprio bilancio. Ne' a questo puo' rispondersi che il rischio potra' essere evitato con la riduzione delle spese, perche' le misure di razionalizzazione e riduzione delle spese gia' adottate dalla Toscana impediscono di poter incidere ulteriormente sulle spese, salvo andare ad intaccare i servizi essenziali per i cittadini.
1.c) A conferma di quanto esposto al precedente punto, si rileva che, in aggiunta alla riduzione del fondo sanitario, la manovra finanziaria approvata dallo Stato con la legge n. 232/2016 per il 2017 ha disposto un taglio alle risorse finanziarie spettanti alle regioni a statuto ordinario per l'importo 2.691,8 milioni di euro, sia in termini di saldo netto da finanziare che di indebitamento netto. A livello di bilancio regionale della Toscana, tale misura determina una riduzione delle risorse finanziarie e della conciata capacita' di spesa di 210 milioni di curo, che riguarda la componente extra sanitaria del bilancio.
Se si considera che - al netto del fondo sanitario (le cui risorse sono vincolate per destinazione e sono commisurate alla definizione dei livelli essenziali di assistenza) e delle risorse relative al fondo nazionale trasporti (anch'esse vincolate al co-finanziamento del trasporto pubblico locale su gomma e su ferro) - i trasferimenti erariali spettanti alle regioni per il 2017 ammontano a circa 1.755 milioni di euro, ne deriva che il taglio disposto dalla legge di bilancio 2017 a carico delle regioni supera di oltre 900 mln euro (2691-1755= 936) l'importo dei trasferimenti che lo Stato assegna alle stesse regioni.
In sostanza si delinea un modello di finanza derivata invertito in cui le regioni si trovano nella condizione di dover trasferire quote di proprie risorse a favore del bilancio dello Stato.
Si tratta, oltre tutto, di misure non una tantum, ma di riduzioni «a decorrere» e, quindi, aventi il carattere di tagli strutturali.
Le risorse regionali libere sono ormai appena sufficienti a garantire la copertura finanziaria delle spese di funzionamento (personale ed oneri finanziari a servizio del debito) e delle spese rigide di carattere obbligatorio (trasporto pubblico locale su gomma e su ferro, quote di cofinanziamento regionale alla programmazione comunitaria, manutenzione ordinaria agli immobili di proprieta' regionale, contributi di funzionamento agli enti e agenzie regionali).
Viceversa le risorse di natura corrente destinabili al finanziamento delle politiche attive si sono ridotte drasticamente negli ultimi anni.
Il prospetto che segue da' evidenza della riduzione delle risorse che ha caratterizzato le politiche di carattere discrezionale di natura corrente nell'ultimo triennio 2015-2017 e cio' in ragione delle manovre finanziarie dello Stato che, di anno in anno, si sono stratificate riducendo progressivamente le risorse erariali a favore delle regioni.
Le entrate proprie di natura corrente sono appena sufficienti ad assicurare il finanziamento della spesa di funzionamento e della spesa «rigida» non comprimibile derivante per lo piu' dal trasporto pubblico locale. La quota delle risorse proprie destinabili al finanziamento delle politiche discrezionali nell'ambito del sociale, dell'istruzione, della formazione e del lavoro non consente di garantire uno standard adeguato di servizi nei suddetti ambiti di attivita'.
In tale contesto il riconoscimento della pur limitata autonomia tributaria e, specificatamente, la possibilita' di aumentare i tributi e le addizionali attribuiti alle regioni diventa una condizione essenziale per consentire, almeno in parte, lo svolgimento delle funzioni di competenza regionale.
1.d) Ulteriore elemento che diversifica profondamente la situazione attuale da quella che ha portato a suo tempo all'emanazione delle sentenze citate al punto 1.a), e' che la Regione Toscana ha proceduto al riordino istituzionale delle funzioni conseguente all'applicazione della legge Del Rio n. 56/2014, subentrando nella titolarita' delle funzioni in precedenza assegnate alle province (L.R. n. 22/2015 recante il riordino delle funzioni provinciali e l'attuazione della legge 7 aprile 2014 n. 56). Lo svolgimento di tali attivita' richiede risorse finanziarie aggiuntive che non ha accompagnato la ridefinizione delle competenze tra i livelli di Governo assegnatari delle suddette funzioni.
Sul punto la Corte costituzionale, con sentenza n. 205 del 2016, ha stabilito che il comma 418 della legge n. 190/2014, che individua il «taglio» delle risorse delle province e delle Citta' metropolitane per gli anni 2015, 2016 e 2017 (rispettivamente uno, due e tre miliardi di euro), deve essere interpretato nel senso che dette risorse vanno riversate alle regioni e ai comuni destinatari delle funzioni trasferite dalle province- citta' metropolitane per effetto del riordino previsto dalla legge Delrio; nella sentenza e' affermato (punto 6.2 del Considerato in diritto):
«Piu' precisamente, dunque, disponendo il comma 418 che le risorse affluiscano «ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato», si deve ritenere - e in questi termini la disposizione va correttamente interpretata - che tale allocazione sia destinata, per quel che riguarda le risorse degli enti di area vasta connesse al riordino delle funzioni non fondamentali a una successiva riassegnazione agli enti subentranti nell'esercizio delle stesse funzioni non fondamentali (art. 1, comma 97, lettera b), della legge n. 56 del 2014).
La previsione del versamento al bilancio statale di risorse frutto della riduzione della spesa da parte degli enti di area vasta va dunque inquadrata nel percorso della complessiva riforma in itinere. E, cosi' intesa, essa si risolve in uno specifico passaggio della vicenda straordinaria di trasferimento delle risorse da detti enti ai nuovi soggetti ad essi subentranti nelle funzioni riallocate, vicenda la cui gestione deve necessariamente essere affidata allo Stato (sentenze n. 159 del 2016 e n. 50 del 2015).
I commi 418, 419 e 451, dunque, non violano l'art. 119, primo, secondo e terzo comma, Cost. nei termini lamentati dalla ricorrente perche' le disposizioni in essi contenute vanno intese nel senso che il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale (cosi' come l'eventuale recupero delle somme a valere sui tributi di cui al comma 419) e' specificamente destinato al finanziamento delle funzioni provinciali non fondamentali e che tale misura si inserisce sistematicamente nel contesto del processo di riordino di tali funzioni e del passaggio delle relative risorse agli enti subentranti.».
Vi e' dunque un vincolo di destinazione delle risorse dallo Stato tagliate alle province, nei confronti degli enti subentranti nella titolarita' delle funzioni stesse (nel caso, della Regione Toscana).
Sebbene il problema sia stato posto a livello nazionale, la legge di bilancio (ne' altri atti statali) non prevede alcun trasferimento alla Regione Toscana delle risorse tagliate alle province che, in Toscana, non esercitano piu' funzioni divenute di competenza regionale. Tale cifra ammonta per la Regione ricorrente ad euro 75.870.908,52 per il 2015 e ad euro 98.988.043,96 per il 2016 (il 2017 non e' ancora quantificato), come si ricava dal seguente prospetto, i cui dati ufficiali sono tratti dal sito del Ministero dell'interno - Dipartimento della finanza locale:
Tutti i motivi esposti rendono evidente che la Regione Toscana si trova oggi in una grave insufficienza di mezzi finanziari che mette a rischio reale il corretto esercizio delle funzioni di cui all'art. 117, terzo e quarto comma Cost.
1.e) Ne' puo' obiettarsi che la misura in oggetto sarebbe transitoria. Con la tecnica utilizzata dal legislatore, si proroga di anno in anno il blocco imposto alla possibilita' di disporre aumenti fiscali, in assenza di un quadro di riferimento certo e programmabile. Il termine inizialmente posto puo' rendere la norma accettabile anche se lesiva (infatti lo scorso anno la Regione Toscana non ha impugnato l'analoga disposizione contenuta nella legge n. 208/2015), ma tale limitazione temporale viene vanificata con la tecnica delle proroghe. E' noto che la giurisprudenza della Corte costituzionale, fin dalla sentenza n. 193/2012, ha chiarito che sono illegittime, per violazione dell'art. 119 Cost. misure restrittive dell'autonomia finanziaria ove non sia indicato un termine finale di operativita' delle misure stesse: e' evidente che risulta del tutto elusiva di questa giurisprudenza la tecnica normativa adottata dal legislatore statale e consistente nel fissare un termine al blocco dell'aumento fiscale estendendolo poi di anno in anno con successive leggi; in tal modo si rende tamquam non esset quel limite temporale che costituisce la condizione di legittimita' dell'intervento statale di coordinamento della finanza pubblica.
Per i rilevati motivi, la disposizione impugnata, andando ad eliminare una possibile fonte di entrata per la regione, lede l'autonomia finanziaria stabilita dall'art. 119 Cost. e, correlativamente, il corretto esercizio delle funzioni affidate ai sensi dell'art. 117 terzo e quarto comma Cost.
(1) Rispettivamente disciplinate dall'art. 190 del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, dall'art. 121 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dagli articoli 1, 5 e 6 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, dall'art. 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli 5 e 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli da 90 a 95 della legge 21 novembre 2000, n. 342.
P.Q.M.
Si conclude affinche' piaccia all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 42, lettera a) della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma e 119 Cost.
Si deposita la deliberazione della giunta regionale n. 75 del 6 febbraio 2017 di autorizzazione a stare in giudizio.
Firenze - Roma, 17 febbraio 2017
Avv. Bora