Ricorso n. 17 del 5 marzo 2014 (Regione Siciliana)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 marzo 2014 (della Regione Siciliana).
(GU n. 18 del 23.4.2014)
Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro
tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che
disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli
Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato
presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via
Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione
della Giunta regionale che si allega;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370
presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e
difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 2013, n.147:
"Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato." (Legge di stabilita' 2014), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 27/12/2013, S.O. n. 87, con riferimento alle
seguenti disposizioni per violazione dei parametri a fianco di
ciascuna elencati:
Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36 e 37 dello
Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965);
Art. 1, comma 402 per violazione dell'art 36 dello Statuto e
degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012
anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001;
Art. 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36 e
43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, comma delle norme di attuazione
in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) e degli artt. 81, comma
6°, 97, comma 1° e 119, commi 1 e 6° della Costituzione nel testo
novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43
dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in
materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) nonche' degli artt. 81,
comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel
testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, comma 481 per violazione del principio di leale
collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e c)
e 20 dello Statuto;
Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e,
in subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma 1 del
D.P.R. n. 1074 del 1965;
Art. 1, comma 508 anche in combinato disposto con il comma
590, per violazione degli artt. 20, 36 e 43 dello Statuto nonche'
dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt. 81, comma
6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo
novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, comma 526 per violazione degli artt. 36 e 43 dello
Statuto d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione (D.P.R. n.
1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119,
commi 6° della Costituzione nel testo novellato con legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, commi 639, 703 e 730 per violazione degli artt. 36 e
37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in
materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che
dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione anche con
riferimento all'art. 10 della l. cost. 3/2001, nonche' dell'art. 14,
lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai comuni si
onera la Regione di nuove e diverse competenze senza il previo
esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto.
Fatto
Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e' stata
pubblicata la legge n.147 del 2013 (legge di stabilita' 2014)
contenente svariate disposizioni lesive delle prerogative statutarie
di questa Regione sotto diversi profili.
Le norme di cui ci si duole comportano tutte, pur se a vario
titolo (ulteriore concorso della Regione alla finanza pubblica,
riserva allo Stato di gettito di spettanza regionale, ecc.) effetti
negativi sul bilancio regionale. Si noti che viene introdotta piu' di
una misura di importo rilevante, che va a sommarsi alle gia'
insostenibili riduzioni di risorse subite dalla Regione negli ultimi
anni.
Ne consegue la violazione dei principi formulati da codesta
ecc.ma Corte costituzionale con riferimento ai limiti entro i quali
sono legittime riduzioni di risorse per la Regione, ossia che si
tratti di manovre non tali da rendere impossibile lo svolgimento
delle funzioni regionali (sentenza n. 138/99).
Codesta Corte ha precisato che «Cio' vale tanto piu' in presenza
di un sistema di finanziamento che non e' mai stato interamente e
organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da far
corrispondere il piu' possibile, come sarebbe necessario, esercizio
di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di
risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla capacita'
fiscale della collettivita' regionale), o di devoluzione di gettito
tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro».
Inoltre, appare necessario evidenziare che la giurisprudenza
costituzionale ha piu' volte ammesso che la legge dello Stato puo',
nell'ambito di manovre di finanza pubblica, anche determinare
riduzioni nella disponibilita' finanziaria delle Regioni, purche' non
sia alterato il rapporto tra i complessivi bisogni regionali e i'
mezzi finanziari per farvi fronte (cfr. sentenze n. 307 del 1983,
n.123 del 1992, n. 370 del 1993 e n.138 del 1999) e, che, a tal fine,
essendo indiscutibile il depauperamento della finanza regionale, la
stessa Corte ha affermato che: non «sia necessario dimostrare alcun
vulnus effettivo al bilancio regionale» (sent. n. 152/2011).
Del resto che le norme oggi impugnate incidano su una finanza
regionale gia' gravemente compromessa dalla circostanza che al
bilancio regionale affluisce solo una ridotta parte del gettito
tributario riscosso in Sicilia si evince dai dati richiamati dalla
Corte dei conti in sede di parifica del Rendiconto per l'esercizio
finanziario 2012.
Nella relazione si legge infatti che alla chiusura dell'esercizio
2012, il totale complessivo delle entrate accertate ammonta a 15.381
milioni di euro con un decremento del 7 per cento rispetto ai 16.542
milioni di euro registrati nell'esercizio 2011; tale percentuale, che
si conferma costante (-7,2%) anche prendendo in esame il solo
aggregato delle entrate tributarie, si delinea in netta
contrapposizione al dato nazionale, che registra un incremento del
2,8 per cento.
Al riguardo il Giudice contabile continua osservando che una
significativa incidenza sul gettito complessivo delle entrate,
risultante dai dati esposti nel rendiconto, deve essere ricondotta
alle riserve ed agli accantonamenti operati dallo Stato, pari a
complessivi 914 milioni di euro, per effetto di numerose disposizioni
legislative, alcune delle quali intervenute in corso d'esercizio, che
hanno previsto un maggior concorso delle regioni agli obiettivi di
finanza pubblica.
Da notare come, dalla documentazione acquisita in via istruttoria
presso la Ragioneria generale dell'Assessorato economia, la Corte
rilevi che il minore accertamento per la complessiva somma di 914
milioni di euro e' da imputare a riserve ed accantonamenti operati
dallo Stato di cui:
639 milioni di euro, per trattenute operate dallo Stato sul
gettito delle entrate di spettanza regionale per effetto delle
seguenti disposizioni: art. 13, comma 17 e art. 28, comma 3, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni
in legge 22 dicembre 2011, n. 214; decreto-legge 24 gennaio 2012, n.
1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo del 2012;
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16,convertito con modificazioni dalla
legge 26 aprile 2012, n. 44; decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
114 milioni di euro per riserve operate dallo Stato di cui al
decreto-legge n. 138 del 2011;
1,1 milioni di euro per riserve operate con D.M. del 5
dicembre 2012 (sisma Emilia-Romagna 20-29 maggio) ai sensi dell'art.
2, comma 4, del decreto-legge n. 74 del 2012;
160 milioni per riserve operate ai sensi del decreto-legge n.
201 del 2011 a titolo di IMU sostitutiva dell'IRPEF (secondo una
stima operata dal MEF), IVA e imposta di bollo.
Da cio' la constatazione che tenendo conto della suddetta
decurtazione operata dallo Stato sul coacervo delle entrate
tributarie, lo scostamento rispetto al totale degli accertamenti
operati nell'anno 2011 registra, addirittura, un incremento pari
all'1,02 per cento, con un divario certamente meno significativo
rispetto all'omologo dato nazionale che, come gia' detto, si attesta
al 2,8 per cento, secondo quanto illustrato nella seguente tabella.
Oltre al danno finanziario derivante dalle decurtazioni ulteriore
criticita' per una corretta gestione del bilancio deriva dalla
mancanza, rilevata sempre dalla Corte dei conti e non certo
addebitabile alla Regione, di un trasparente approccio conoscitivo
dei flussi finanziari derivanti dal prelievo fiscale nella Regione,
distinti per tipologia di tributo, che consenta alla stessa, da una
parte, di effettuare il monitoraggio periodico delle entrate
tributarie riscosse nel proprio territorio - analogamente a quanto
previsto in ambito statale dall'art. 14 della legge di contabilita'
n. 196 del 2009 - al fine di programmare le iniziative di spesa
apportando i necessari correttivi e, dall'altra, di disporre dei dati
contabili che consentano il riscontro dell'esatto rispetto, da parte
dello Stato, delle disposizioni statutarie fondate sul principio
devolutivo; specialmente in tutte quelle ipotesi, recentemente
passate al vaglio della Corte costituzionale, laddove la legislazione
fiscale statale e' intervenuta con l'introduzione di disposizioni
tributarie innovative e destinate a specifiche iniziative,
nell'ambito della deroga di cui all'art. 36 dello Statuto siciliano e
dell'art. 2 delle norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio
1965.
Senza possibilita' di accesso diretto ai suddetti dati contabili
l'Assessorato regionale all'economia non puo' operare alcun riscontro
dell'esatto rispetto da parte dello Stato della devoluzione delle
entrate riscosse nel territorio siciliano.
Fatta questa breve premessa si passa ad esaminare i profili di
illegittimita' rilevati nei suindicati commi dell'art.1 della legge
n. 147 del 2013 per i seguenti motivi di
Diritto
Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto e
dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965).
La disposizione suindicata prevede che «Le maggiori entrate
derivanti dai commi 151, 177 e 178, pari complessivamente a 237,5
milioni di euro per l'anno 2014, a 191,7 milioni di euro per l'anno
2015, a 201 milioni di euro per l'anno 2016 e a 104,1 milioni di euro
a decorrere dall'anno 2017, affluiscono al Fondo per interventi
strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5,
del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307».
Dal contenuto della previsione si desume la mancanza di specifica
finalizzazione dei proventi di spettanza regionale tuttavia, pur in
mancanza di elementi testuali dai quali univocamente desumere la
riserva allo Stato di detto gettito, in considerazione della mancanza
di clausola di salvaguardia, essa puo' interpretarsi ricomprendendo
nelle somme ivi previste quelle riscosse nella Regione siciliana.
Al riguardo si rileva che non sembra che le entrate previste dal
comma in esame siano qualificabili come nuove trattandosi di proventi
derivanti da imposte sostitutive, quali quelle correlate al
riallineamento e stabilite dal comma 151 il quale rinvia al comma
150.
Per quanto riguarda il comma 177 si precisa che stabilisce che
per determinare il reddito d'impresa, le societa' dovranno utilizzare
indicatori di profitto diversi da quelli applicati ai costi sostenuti
per lo svolgimento della propria attivita'. Una strada che le imprese
del web potranno evitare solo attivando la procedura del ruling,
l'accordo su regole e livello di prelievo con l'Agenzia delle
entrate.
La disposizione influisce modificandoli, sui redditi prodotti da
imprese che hanno sede centrale fuori dalla Regione ma che in essa
hanno stabilimenti e impianti, tuttavia non e' certo che ne derivi
una maggiore entrata per aumento dell'imposta relativa alla quota di
reddito prodotto da detti stabilimenti e impianti e, comunque, se
cosi' e', il gettito e' di spettanza regionale in assenza di tutti
gli elementi utili a riservarlo allo Stato.
Per quanto riguarda infine il comma 178 esso prevede che i
servizi di pubblicita' on-line dovranno essere acquistati
esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono
risultare anche i dati identificativi del beneficiario, ovvero con
altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena
tracciabilita' delle operazioni e a veicolare la partita IVA del
beneficiario.
Pertanto gli effetti sul gettito Iva attesi dall'applicazione del
comma 178 solo indirettamente derivano da tale disposizione che non
sembra innovare la normativa in materia di IVA. Da cio' il difetto di
novita' delle relative entrate che, infatti, non si comprende nemmeno
come possano essere distinte dalla massa di gettito complessivo. Si
noti che il comma 179 non fa invece riferimento alle maggiori entrate
derivanti dal comma 33.
Ne consegue che il comma impugnato ove disponga una riserva
implicita e' lesivo in primo luogo per la mancanza di espressa
previsione in tal senso avendo codesta Corte piu' volte affermato il
principio per il quale «la riserva allo Stato di nuove entrate
tributarie rappresenta un meccanismo derogatorio rispetto (il
principio di attribuzione alla Regione siciliana» (cfr. Sent. n.
348/2000).
Codesta Corte ha, altresi', precisato che «l'art. 36 dello
statuto di autonomia speciale e l'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965
prevedono la titolarita', a favore della Regione siciliana, di tutte
le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo
territorio (ad eccezione di alcuni specifici tributi).
Dette disposizioni consentono una deroga a tale principio quando
una legge statale attribuisce allo Stato il gettito di determinati
tributi, in presenza di due condizioni tassative e cumulative: a) che
si tratti di una entrata tributaria "nuova"; h) che il relativo
gettito sia destinato dalla legge alla copertura di oneri diretti a
soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello
Stato specificate nelle leggi medesime» (sent. n. 42/2012).
Peraltro non ricorre nemmeno il requisito consistente nella
«copertura di nuove specifiche spese», richiesto dalla costante
giurisprudenza di codesta Corte.
Infatti, il Fondo per interventi strutturali di politica
economica nel quale la norma prevede che vadano a confluire le
entrate in questione costituisce una destinazione generica e
indistinta (cfr. sent. n. 241/2012) considerato che essa non
specifica gli obiettivi ai quali e' finalizzato l'asserito maggior
gettito che va a confluire nel suindicato Fondo.
Ed invero l'Ispe, istituito dal comma 5 dell'articolo 10 del d.l.
n. 282 del 2004 (legge n. 307/2004), nello stato di previsione del
Ministero dell'economia e finanze (missione «Politiche economico
finanziarie e di bilancio», cap. 3075), ha il fine di agevolare il
perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante
interventi volti alla riduzione della pressione fiscale e viene
utilizzato in modo: flessibile ai fini del reperimento delle risorse
occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri
finanziari.
Conclusivamente risultano violati i parametri rubricati in
assenza dei requisiti previsti dall'art. 2, comma 1 del D.P.R. n.
1074/1965 per darsi luogo all'eccezionale deroga dallo stesso
prevista.
Articolo l, comma 402 per violazione dell'art. 36 dello Statuto e
degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012
anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001.
La disposizione prevede che entro il 1° gennaio 2016 le forze
armate e i Corpi di polizia si avvalgono delle procedure informatiche
del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento
dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi per il
pagamento al personale delle competenze fisse e accessorie.
Si premette quanto segue.
Alcuni recenti e specifici interventi normativi nazionali hanno -
negli ultimi anni (ma il sistema e' in atto ancora in evoluzione) -
modificato le procedure di pagamento dei dipendenti delle
Amministrazioni dello Stato allo scopo di renderle omogenee, favorire
il monitoraggio della spesa e ridurre i costi di gestione.
Il Mef attraverso un sistema informativo unico gestisce i
processi del trattamento economico del personale delle
Amministrazioni dello Stato e di quello delle Pubbliche
Amministrazioni aderenti.
In particolare:
le Amministrazioni dello Stato sono obbligate ad avvalersi
dei sistemi di pagamento delle retribuzioni gestiti dal Mef;
le pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1 del d.lgs.
n. 165/2001 (diverse dalle Amministrazioni dello Stato) sono tenute a
considerare l'offerta n convenzione del Mef quale parametro di
riferimento per l'affidamento della gestione dei servizi di pagamento
delle retribuzioni.
La soluzione offerta dal Mef e' costituita dai servizi di
gestione, elaborazione, liquidazione e distribuzione del cedolino
stipendiale e connessi adempimenti previsti dalla normativa vigente,
inclusi quelli fiscali e previdenziali. L'aspetto che qui interessa
e' quello fiscale.
Per tutte le Amministrazioni che si avvalgono delle procedure
uniche integrate del Mef, il Dipartimento dell'amministrazione
generale, del personale e dei servizi dello stesso Ministero,
attraverso il Service Personale Tesoro (SPT) oggi sistema NoiPa,
svolge gli adempimenti che hanno, per specifica normativa fiscale,
carattere di periodicita' (CUD, 770...), garantisce assistenza
fiscale e invio telematico dei modelli di dichiarazione all'Agenzia
delle Entrate, effettua le ritenute erariali previste dalla legge.
In particolare viene in rilievo la questione delle ritenute alla
fonte sui redditi da lavoro laddove si tratti di dipendenti che
lavorano in Sicilia, appartenenti ad una Amministrazione dello Stato
o ad una pubblica amministrazione aderente al sistema Mef.
La centralizzazione della gestione dei pagamenti stipendiali ed
anche dei connessi adempimenti fiscali comporta, infatti, la
localizzazione fuori dal territorio siciliano della fase di
riscossione delle ritenute alla fonte sui redditi da lavoro
dipendente.
Si consideri che a detto sistema e' transitata la gestione del
trattamento economico dei titolari di supplenze brevi nelle scuole,
dei vigili del fuoco volontari, del personale della Polizia
Penitenziaria e del personale civile del Ministero della difesa ne'
puo' escludersi la possibilita' di passaggio al sistema Mef anche da
parte dei Comuni, come gia' avvenuto per alcuni enti locali dislocati
in altre regioni italiane.
Ora pur rammentando l'orientamento espresso da codesta ecc.ma
Corte riguardo alle ipotesi «relative a datori di lavoro pubblici non
imprenditori, per le quali opera il generale criterio di riparto
basato sul luogo della riscossione del tributo» (sent. n. 116 del
2010) deve rilevarsi che il trasferimento al Mef della gestione di
trattamenti economici prima liquidati nell'ambito del territorio
siciliano determina il venir meno per il bilancio di questa Regione
di entrate altrimenti di sicura sua spettanza.
Con riferimento alla disposizione oggi impugnata si evidenzia che
dalle informazioni in possesso di questa difesa risulta che ad oggi
le Prefetture gestiscono l'intero trattamento economico del personale
di Polizia e quello accessorio del personale dell'Arma dei
carabinieri.
Per la sola Prefettura di Palermo l'Irpef ritenuta su detti
emolumenti e ad oggi versata al bilancio di questa Regione ammonta a
circa 15/20 milioni di euro mentre la Prefettura di Catania ha
comunicato il dato relativo all'anno 2012 che ammonta a circa 20
milioni di euro.
Situazione analoga vale per il centro Maricommi di Augusta che
gestisce il trattamento economico del personale della Marina militare
e della Capitaneria di Porto.
A dimostrazione dell'entita' di risorse di cui, in applicazione
del comma 402 la Regione non potra' piu' disporre si riferisce quanto
segue.
Il competente Dipartimento regionale ha fatto una verifica dei
versamenti Irpef - capitolo 1023, articolo 2 - affluiti al bilancio
regionale dai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco dall'anno 2008
al 2013.
Tale verifica ha riguardato uno dei soggetti destinatari delle
disposizioni sul sistema del c.d. «cedolino unico» e puo'
considerarsi quale esempio degli effetti della disciplina de qua.
Gli esiti sono contenuti nel prospetto che si riporta:
2008: € 3.341.133,72;
2009: € 3.287.778,83;
2010: € 2.936.564,14;
2011: € 867.449,00;
2012: € 818.207,56;
2013: € 30.348,64.
Come e' evidente il gettito si e' notevolmente ridotto.
Quanto alle causali dei singoli versamenti, che hanno generato il
gettito annuo, risultano nell'anno 2008 ricorrenti le voci «ritenuta
di acconto» e «IRPEF su competenze fisse e accessorie»; al contrario
nell'anno 2013 i versamenti sono riconducibili quasi per la totalita'
a «indennita' di trasferta», «compenso medico incaricato»,
«indennita' corso/commissione esame».
Verosimilmente i Comandi provinciali de quibus hanno mantenuto,
dopo il passaggio alla gestione del Mef della liquidazione delle
retribuzioni (fisse e accessorie) dei propri dipendenti, la funzione
di erogazione di alcuni compensi o indennita' destinati a soggetti
esterni.
Rimasta in Sicilia la gestione di questi emolumenti le relative
ritenute Irpef continuano ad essere versate nelle casse regionali, a
differenza delle altre ritenute sulle componenti stipendiali delle
quali non vi e' piu' traccia.
Ben potendo immaginare, quindi, la situazione che si verifichera'
con il passaggio alla gestione del MEF del personale contemplato dal
comma 402 che presta servizio in Sicilia, risulta evidente la
necessita' di frenare l'emorragia di risorse finanziarie che
l'affidamento al sistema informativo centralizzato del Mef dei
servizi di pagamento delle retribuzioni dei pubblici dipendenti
produce per il bilancio regionale.
E' di tutta evidenza che in un sistema basato sul rapporto
«esercizio di funzioni - disponibilita' delle occorrenti risorse
finanziarie», il depauperamento ad una certa data di queste ultime
determina l'impossibilita' di garantire la corretta gestione delle
medesime funzioni fino a quella data esercitate.
Tanto piu' in un momento storico quale quello attuale di crisi
economica; tanto piu' in un momento in cui le regioni continuano
(anche con l'odierna legge di stabilita') ad essere chiamate a
concorrere alla finanza pubblica con risorse proprie e consistenti.
E infatti il susseguirsi, negli ultimi anni, di norme con cui lo
Stato si riserva o accantona entrate tributarie di spettanza
regionale, ha gia' determinato un taglio alle risorse finanziarie di
questa Regione tale da compromettere il regolare espletamento delle
sue funzioni e in generale gli equilibri di bilancio.
Al riguardo la dice lunga la circostanza che la Regione non
potendo con le sole risorse del proprio bilancio far fronte alle
«pretese statali», nelle more che codesta ecc.ma Corte si pronunci
sulla legittimita' o meno delle medesime, ha dovuto destinare alla
copertura del concorso alla finanza pubblica una rilevante quota
delle risorse destinate agli interventi da realizzare nell'ambito
della programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la
coesione (cfr. art. 6 l.r. n. 9/2013 e art. 4 l.r. n. 5/2014).
Per tutto quanto sopra esposto deve concludersi che la
disposizione di cui al comma 402, letta in tale contesto, si presta,
per gli effetti che la sua applicazione determina sul bilancio
regionale, a rilievi di incostituzionalita' individuati nella
violazione dell'autonomia finanziaria presidiata dall'art. 36 dello
Statuto e dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di
corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche, all'esercizio delle
quali le prime sono preordinate, quali sanciti, nel testo novellato
con legge costituzionale n. l/ 2012, dagli artt. 81, comma 6°, 97,
comma 1° e 119, commi 1 e 6° della Costituzione, articolo
quest'ultimo invocabile anch'esso dalla Regione in virtu' della
clausola di maggior favore recata dall'art. 10 della legge
costituzionale 3 del 2001.
Articolo 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36 e 43
dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione
in materia finanziaria D.P.R. n. 1074/1965) e degli artt. 81, comma
6°, 97, comma 1° e 119 commi 1°e 6° della Costituzione nel testo
novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001.
Le disposizioni rubricate, oltre a depauperare la Regione del
gettito di sua spettanza necessario alla copertura del fabbisogno
finanziario della stessa, dispongono l'inserimento delle previste
misure di risparmio nel contributo alla finanza pubblica senza che
sia stato assicurato il rispetto delle procedure prescritte dall'art.
43 dello Statuto d'autonomia, in palese violazione dell'art. 36 dello
Statuto e dell'art. 2, comma 1 del D.P.R. n. 1074/1965 ed in
violazione degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1°e 6°
della Costituzione tutti, nel testo novellato con legge
costituzionale n. 1/2012 e, per quanto riguarda l'ultimo, applicabile
alla Regione siciliana in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001 in base alla clausola di maggior favore
da esso prevista.
Ed invero risulta evidente che, con l'applicazione delle
disposizioni contenute nell'art. 1, commi 427, 428 e 499, lo Stato
operera' una dissimulata riserva senza osservare la sussistenza dei
requisiti di legittimita' in particolare del requisito della novita'
dell'entrata (intesa sia come novita' del tributo in se stesso o
maggiorazione di entrate derivanti da tributo gia' esistente -
sentenze n. 49/1972 e n. 429/1996).
Si reputa opportuno, ai fini di una maggior chiarezza espositiva,
sintetizzare, di seguito, il contenuto delle predette disposizioni.
Il comma 427 demanda al Commissario straordinario sulla spending
review, in base agli indirizzi indicati dal Comitato
Interministeriale di cui all'art.49-bis, comma 1, del decreto-legge
n. 69/2013, la formulazione di proposte, entro il termine del 31
luglio 2014, in tema di razionalizzazione e revisione della spesa, di
ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per beni
e servizi, nonche' di ottimizzazione dell'uso degli immobili. Tali
misure dovranno assicurare, anche nel bilancio di previsione, una
riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in misura non
inferiore a 600 milioni di euro nell'anno 2015 e a 1.310 milioni di
euro negli anni 2016 e 2017.
Il comma 429 prevede che le regioni e le province autonome,
adottate le misure di cui alla precedente disposizione, a valere sui
risparmi da esse derivati assicurano - per gli anni 2015, 2016 e 2017
- un contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 344 milioni
di euro mediante gli importi (per quanto di interesse della Regione
siciliana) indicati nell'art. l comma 454 della legge n. 228/2012
come modificato dal comma 499 dell'odierna legge di stabilita'.
Il comma 499 ridefinisce per le autonomie speciali l'obiettivo
del patto di stabilita' e modifica la previgente disciplina dettata
dalla precedente legge n. 228/2012 apportando svariate modifiche al
testo del comma 454 dell'art. 1.
Il detto comma 454 fa riferimento ai seguenti contributi a carico
delle Regioni:
contributo di cui all'art. 32, comma 10, della legge 12
novembre 2011 n. 183 impugnato da questa Regione con ricorso iscritto
al n.15/2012 del Registro Ricorsi;
contributo di cui all'art. 28, comma 3, del decreto-legge 6
dicembre 2011 n. 201 convertito, con modificazioni, con legge 22
dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni contenute nei
decreti-legge n. 1/2012 e n. 26/2012, impugnato da questa Regione con
ricorso iscritto al n. 39/2012 del Registro Ricorsi;
contributo di cui all'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6
luglio 2012 n. 95 convertito, con modificazioni, con legge 7 agosto
2012, n.135, impugnato da questa Regione con ricorso iscritto al n.
170/2012 del Registro Ricorsi.
Inoltre il comma 499 in esame, nel disporre la proroga fino al
2017 dei contributi al patto di stabilita', alla lettera b) ha
previsto la sostituzione della lettera d) del previgente comma 454,
lett. d) della legge n. 228/2012 mediante l'inserimento di una
tabella che quantifica un ulteriore contributo a carico del-le
autonomie speciali - gia' previsto dall'art. 1, comma 454 della legge
228/2012 e non impugnato da questa Regione con il Ricorso n. 43/2013
in quanto al tempo indistinto e, pertanto, non immediatamente lesivo
- prevedendo a carico di questa Regione un contributo di 133 milioni
di euro per il 2014 e di 178 milioni di euro per gli anni dal 2015 al
2017 e cio' al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di
finanza pubblica come espressamente previsto dai citato art. 1, comma
454.
Inoltre, sempre il comma 499 in esame prevede, alla lettera c),
l'inserimento, nell'originario comma 454 della lettera d-bis), della
possibilita' di disporre ulteriori contributi che, analogamente a
quanto verificatosi per quelli previsti in via eventuale dal
previgente comma 454, potrebbero essere successivamente quantificati
minando ulteriormente la gia' gravata economia di questa Regione
onerata di tutta una serie di riserve all'Erario e contributi alla
finanza pubblica.
Il comma 454 dell'art. 1 della legge n. 228/2012 come oggi
novellato, prevede nel suo insieme a carico della Regione siciliana
l'obbligo di assicurare il detto concorso per un arco di tempo piu'
lungo (sino al 2017) destinando all'Erario dello Stato i contributi
in questione che andrebbero sottratti alla propria economia e che
dovrebbero, invece, essere utilizzati dalla Regione stessa per far
fronte alle proprie necessita' indistinte.
Del pari e' ingiustificato il combinato disposto dei commi 427 e
429 che impone misure di risparmio volte ad assicurare un contributo
alla finanza pubblica che identicamente per la Regione si configura
come indebita sottrazione di risorse.
Ora, alla luce dei principi contenuti nell'art. 36 dello Statuto
e nelle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, in
particolare dell'art. 2 D.P.R. n. 1074/1965, nonche' dell'art. 43
dello Statuto medesimo, non puo' non rilevarsi l'illegittimita' delle
norme impugnate, lesive delle prerogative regionali.
A tal uopo si vuole richiamare il noto principio formulato nella
sentenza n. 138/99, che sancisce come «le norme statutarie e di
attuazione non stabiliscono, a favore della Regione, una rigida
garanzia "quantitativa", cioe' la garanzia della disponibilita' di
entrate tributarie non inferiori a quelle ottenute in passato: onde
... possono aversi, senza violazione costituzionale, anche riduzioni
di risorse per la Regione, purche' non tali da rendere impossibile lo
svolgimento delle sue funzioni. Cio' vale tanto piu' in presenza di
un sistema di finanziamento che non e' mai stato interamente e
organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da far
corrispondere il piu' possibile, come sarebbe necessario, esercizio
di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di
risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla capacita'
fiscale della collettivita' regionale), o di devoluzione di gettito
tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro».
Come e' noto, lo Stato puo' legittimamente operare delle riserve
nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 2, comma 1 delle norme
di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia
finanziaria, di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, il quale,
nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'art. 36 dello
Statuto spettano alla Regione Siciliana, oltre alle entrate
tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette
o indirette, comunque denominate», prevede, come deroga, che il
gettito di nuove entrate tributarie possa essere destinato «con
apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare
particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato
specificate nelle leggi medesime».
Le rubricate norme compongono un complesso meccanismo di risparmi
e di contributi, ulteriori e non, che cela in realta' svariate
riserve allo Stato di somme di spettanza regionale senza che sia
stata rispettata la previsione dell'accordo siccome esplicitata dallo
statuto stante che anche la quantificazione delle riduzioni delle
spese finali e l'attribuzione allo Stato di esse e' difforme dai
principi contenuti nelle previsioni statutarie che disciplinano
l'attribuzione del gettito alla Regione.
Ed in ogni caso l'individuazione delle somme rinvenienti dalle
misure di risparmio deve essere fatta congiuntamente per garantire
alla Regione la possibilita' di verificare il raggiungimento, anche
con tale decurtazione, del pareggio di bilancio.
E, invece, al riguardo non si prevede alcunche' limitandosi il
legislatore ad attribuire allo Stato ogni risparmio e, pertanto,
oltre a violare i parametri statutari rubricati, incorre nella
lesione degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6°
della Costituzione, tutti nel testo novellato con legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001 in base alla clausola di maggior favore
da esso prevista.
Tutte le succitate previsioni costituzionali, come introdotte
dalla legge costituzionale n. 1/2012, affermano il principio
dell'equilibrio di bilancio al quale la Regione non intende certo
sottrarsi.
Anzi l'affermazione dei principi della sostenibilita' del debito
delle pubbliche amministrazioni (art. 81, comma 6, e art. 97, comma
1, Cost., come modificati dalla l. cost. 1/2012) ed del rispetto
dell'equilibrio di bilancio del complesso degli enti della regione
(art. 119, comma 6, Cost., come modificato dalla 1. cost. 1/2012),
vanno ribaditi mediante la definizione delle modalita' attuative di
tali principi che deve avvenire con le procedure previste dallo
Statuto per la disciplina della finanza della Regione (art. 43 St.).
Ed invero la l. cost. 1/2012 non ha lo scopo di scardinare lo
speciale regime predisposto dallo Statuto, anche considerando che la
modifica dell'impianto finanziario della Regione richiederebbe in
ogni caso il coinvolgimento di essa, anche qualora avvenisse con
legge costituzionale.
Infatti con la suindicata modifica costituzionale si e' inteso
introdurre un preciso impegno in tema di disciplina di bilancio,
collegandolo a un vincolo di sostenibilita' del debito di tutte le
pubbliche amministrazioni e cio' nel rispetto delle regole in materia
economico-finanziaria derivanti dall'ordinamento europeo.
Con le modificazioni introdotte (art. 81 Cost.) sono state
specificate le regole sulla finanza pubblica e sulla formazione del
bilancio, che deve essere in pareggio; lo Stato garantisce
l'equilibrio tra le entrante e le spese del proprio bilancio, tenendo
comunque in conto le alterne fasi - avverse o favorevoli - del ciclo
economico e, tuttavia, non e' plausibile che tale equilibrio possa
essere garantito a discapito dell' equilibrio dei bilanci dei singoli
enti territoriali che lo formano.
Le disposizioni della legge di stabilita' in rubrica si profilano
lesive anche dell'art. 97 Cost. nel nuovo testo che afferma il
principio del pareggio del bilancio e della sostenibilita' del debito
pubblico anche per le pubbliche amministrazioni applicabile anch'esso
alle autonomie speciali.
Invero le previsioni dei commi 427, 429 e 499 dispongono invece
tutta una serie di obblighi che rendono estremamente difficile per la
Regione conformarsi ai principi di recente introdotti in Costituzione
in materia di bilancio.
Articolo 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43
dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in
materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) nonche', degli artt. 81,
comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6° della Costituzione, nel
testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001.
Tali commi sono relativi all'istituzione del Fondo per la
riduzione della pressione, fiscale e alle modalita' di assegnazione
allo stesso dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione
della spesa pubblica (come da articolo 49-bis del decreto-legge 21
giugno 2013, n. 69), nonche' delle maggiori entrate derivanti
dall'attivita' di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle
derivanti dall'attivita' di recupero fiscale svolta dalle regioni,
dalle province e dai comuni.
In particolare con riferimento alle somme rinvenienti dal
recupero dell'evasione fiscale, le sole invero che sembrano poter
venire in rilievo in questa sede occupandosi altrove il legislatore,
come gia' descritto, di riservarsi i risparmi conseguiti da questa
Regione a seguito di misure di razionalizzazione, si premette che non
formulando le norme alcuna previsione di riserva, potrebbe ritenersi
che lo Stato non intenda disporre in ordine alle entrate di questa
Regione.
Tuttavia ad evitare il rischio che in base a una diversa
interpretazione le norme siano ritenute applicabili si procede ad
impugnarle seppure in via cautelativa.
Su norme analoghe codesta ecc.ma Corte ha precisato che deve
«escludersi che l'entrata di cui al comma 5-bis (recupero di somme
dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi del
condono) costituisca una "nuova entrata", riguardando essa somme gia'
dovute in base alla precedente normativa fiscale: detto comma non
incide sulla legislazione fiscale previgente, non introduce alcun
nuovo tributo ne' determina modificazione di aliquote; pertanto, non
si verifica alcuna «novita' del provento». Analoghe osservazioni
valgono con riguardo alle «maggiori entrate» derivanti dagli
ulteriori controlli sui contribuenti, previste dal citato comma
5-ter, in quanto l'attivita' di ulteriore accertamento fiscale non
comporta alcuna modifica della legislazione fiscale vigente, ne'
determina un «nuovo provento». La riserva allo Stato delle entrate di
cui ai commi 5-bis e 5-ter (per la parte relativa agli ulteriori
controlli fiscali) non e', pertanto, consentita dallo statuto» (cfr.
sent. n. 241/2012).
Pertanto pur se le disposizioni dell'articolo 1, commi da 431 a
435, oggetto di esame, non fanno specifico riferimento alle autonomie
speciali, in mancanza di clausola di salvaguardia, esse si profilano
lesive dell'art. 36 dello Statuto d'autonomia in combinato disposto
con l'art. 2, comma 1 delle norme di attuazione dello Statuto della
Regione Siciliana in materia finanziaria, di cui al D.P.R. 26 luglio
1965, n. 1074 atteso che per le risorse rinvenienti dalla lotta
all'evasione si ravvisa mancanza del requisito della novita'
dell'entrata, mancanza che impedisce allo Stato di riservare a se' le
somme recuperate relativamente ai tributi di spettanza regionale.
Inoltre per entrambe le fonti di finanziamento del nuovo Fondo
statale si individua violazione del principio consensuale che
presiede ai rapporti finanziari tra Stato e Regione ai sensi
dell'art. 43 dello Statuto e, piu' in generale, dell'autonomia
finanziaria e di bilancio della Regione sul rilievo che l'illegittima
sottrazione di risorse e' inserita nell'ambito di una manovra che
tanto impegno finanziario richiede alla Regione stessa.
Articolo 1, comma 481 per violazione del principio di leale
collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e c)
e 20 dello Statuto.
La disposizione in esame riproduce fedelmente i contenuti del
precedente art. 1, comma 132 della finanziaria 2013 (legge 228/2012)
e contiene i medesimi profili di illegittimita' prospettati con il
ricorso n. 43/2013 proposto da questa Regione.
Con il comma in rubrica si dispone per l'anno 2015 e a decorrere
dal 2016 un'ulteriore riduzione del livello di finanziamento del SSN
cui concorre lo Stato pari, rispettivamente, ad euro 540 milioni ed
euro 610 milioni.
Come nella legge n. 228/2012 e' prevista l'esclusione della
Sicilia dal meccanismo applicato alle altre Autonomie speciali per
l'attuazione del risparmio.
Si ribadisce che tale esclusione dipende solo dal diverso sistema
di finanziamento dell'assistenza sanitaria. Pertanto la mancata
previsione di procedure d'intesa solo per la Regione siciliana tra le
regioni a statuto speciale - pur in presenza di un differente sistema
di compartecipazione alla spesa sanitaria - e' lesiva del principio
costituzionale di leale collaborazione che deve presiedere e regolare
i rapporti tra gli enti che costituiscono la Repubblica.
Ed invero, sotto tale profilo, assolutamente arbitraria, e come
tale destinata ancora una volta a convertirsi in vizio
d'incostituzionalita', appare la scelta del legislatore nazionale di
non considerare in alcun modo il ruolo, il rilevo e gli interessi
della Regione siciliana, in qualita' di Regione peraltro tuttora
sottoposta a specifiche e restrittive misure di contenimento e
riqualificazione della spesa sanitaria, in esito alle quali ha gia'
conseguito risultati del tutto lusinghieri, esposti nelle schede di
monitoraggio pubblicate sul sito del Ministero della Salute.
Questa difesa si limita sinteticamente a ripetere che la
riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario regionale
e del correlato finanziamento, seppur colpisce tutte le regioni, lede
in modo particolare la Regione siciliana rendendo ben piu' gravoso il
raggiungimento degli obiettivi gia' concordati con lo Stato, il cui
mancato raggiungimento impedisce, tra l'altro, lo
svincolo di ingenti risorse economiche a vantaggio del bilancio
regionale; ed invero, condizione per l'accesso alle risorse spettanti
alla Regione - quali crediti vantati verso lo Stato per
l'accantonamento su base annuale delle risorse di competenza del
Fondo sanitario regionale - e' la positiva verifica degli adempimenti
scaturenti dai suindicati Piani di rientro ed operativo.
Ne consegue che la prevista riduzione dell'abbisogno sanitario e
il progressivo decremento del finanziamento complessivo del sistema
sanitario reca un ulteriore aggravio al raggiungimento della
stabilizzazione del livello di spesa sanitaria e del correlato
allineamento di quel livello al finanziamento ordinario programmato,
senza trascurare che la necessita' di consolidamento degli obiettivi
del Piano di rientro e dei programmi operativi e' correlata non solo
alla liberazione delle ulteriori somme statali ancora spettanti, ma
anche all'effettiva erogazione di quelle gia' riconosciute e
anticipate.
La clausola normativa oggi riproposta incide dunque negativamente
sull'entita' del disavanzo programmato e comporta difficolta' per il
raggiungimento degli obiettivi e degli adempimenti di Piano.
Ed, invero, anche a ritenere che la disposizione non comporti,
quantomeno direttamente, un pregiudizio finanziario, appunto per la
clausola «ad esclusione» della Regione siciliana e per la circostanza
che l' aliquota regionale di compartecipazione alla spesa sanitaria
va applicata ad un minor livello del fabbisogno del Servizio
sanitario nazionale e del correlato finanziamento, proprio detta
unilaterale valutazione del fabbisogno finanziario pare essere lesiva
delle prerogative regionali in quanto assunta senza tener conto delle
esigenze della sanita' siciliana, gia' impegnata al massimo, in base
al piano di rientro, nella razionalizzazione e nel contenimento della
spesa.
La norma contrasta quindi con il principio di leale
collaborazione ed, inoltre, con gli artt. 17, lett. b) e c) e 20
dello Statuto stante che la riduzione del livello di concorso statale
influisce sul livello delle prestazioni sanitarie nella Regione
siciliana e sulla possibilita' della stessa di esercitare le relative
funzioni amministrative.
Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e, in
subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma 1 del
D.P.R. n. 1074 del 1965.
Detta disposizione recita:
«I risparmi derivanti dalle misure di contenimento della
spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486, dagli
organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di
Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria autonomia, anche in
riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto
finzioni pubbliche elettive, sono versati all'entrata del bilancio
dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48».
Pur poco chiaro nella formulazione, il surriportato comma sembra
riguardare il contributo di solidarieta' su trattamenti pensionistici
o vitalizi che non fanno capo a enti gestori di forme di previdenza
obbligatoria perche' corrisposti direttamente dagli Organi
costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome.
Diversamente dal comma 486, del quale vengono richiamati i
principi - disposizione che ha reintrodotto il contributo di
solidarieta' sulle pensioni di un certo importo, gia' recato da
precedenti disposizioni (dei Dl 98 e 138 del 2011 ) poi dichiarate
incostituzionali - il comma impugnato prescrive l'obbligo di versare
le relative trattenute al bilancio dello Stato per il finanziamento
del Fondo di cui al comma 48 della stessa legge di stabilita'.
Nel caso della Regione Siciliana, e con riferimento quindi alle
pensioni e vitalizi erogati dall'ARS, rispettivamente al personale e
ai deputati, si rileva che la determinazione di tali trattamenti di
quiescenza rientra nella potesta' regolamentare della stessa
Assemblea Regionale Siciliana ai sensi dell'articolo 4 dello Statuto.
L'eventuale obbligo di adottare una misura di contenimento della
spesa, sulla base dei principi di cui al comma 486, lede la sfera di
autonomia propria dell'ARS garantita da una norma di rango
costituzionale quale quella contenuta nell'articolo 4 dello Statuto
siciliano.
E, ancora, si rileva, per il caso che la censura relativa a
violazione della suddetta disposizione statutaria sia ritenuta
infondata, che la norma e' comunque illegittima perche', in contrasto
con l'art. 36 dello Statuto e l'art. 2, comma 1 delle norme di
attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965), riserva allo
Stato una entrata tributaria in assenza di una delle condizioni che
devono obbligatoriamente sussistere per potervi far luogo.
La destinazione dei risparmi al fondo di cui al comma 48 che nel
«Sistema nazionale di garanzia» comprende il Fondo di garanzia per le
PMI e il Fondo di garanzia per la prima casa, soddisfa infatti solo
il requisito della novita' ma non presenta il carattere di
specificita' della destinazione del gettito, pure richiesto dalle
norme di attuazione statutaria in materia di finanza regionale, al
fine di giustificare la deroga al principio della spettanza alla
Regione Siciliana.
Articolo 1, comma 508 anche in combinato disposto con il comma 590,
per violazione degli artt. 20, 36 e 43 dello Statuto nonche'
dell'art. 2, 1° comma delle Norme di attuazione in materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt. 81, comma
6°, 97 comma 1° e 119, commi 1°e 6° della Costituzione nel testo
novellato con legge costituzionale n. 1 /2012 in riferimento anche
all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001.
La prima delle disposizioni in esame riserva all'Erario, per un
periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, le nuove e
maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011,
n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011,
n. 148, e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
In proposito occorre precisare in primo luogo che la previsione
in esame definisce impropriamente nuove e maggiori talune entrate che
se anche alla data di entrata in vigore delle leggi che le hanno
disposte avevano tale requisito di novita' oggi ne sono comunque
ormai prive.
Da cio' risulta all'evidenza la violazione dei parametri
statutari che assicurano alla Regione la spettanza della generalita'
del gettito riscosso nel proprio territorio e stabiliscono a quali
condizioni lo Stato puo' derogarvi.
Inoltre talune delle disposizioni richiamate, sono gia' state
dichiarate incostituzionali o comunque inapplicabili a questa
Regione. Codesta ecc.ma Corte costituzionale con la gia' ricordata
sentenza n. 241 del 24/31 ottobre 2012, ha dichiarato
incostituzionale l'art. 2, commi 5-bis e 5-ter e ha affermato che la
riserva all'erario delle maggiori entrate derivanti dalle norme
contenute nello stesso decreto legge (art. 36) e' disposizione non
applicabile alla Regione Siciliana laddove riferita ad entrate non
nominativamente riservate allo Stato dalla normativa statutaria
siciliana.
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha provveduto per il
2012 a incamerare le relative somme senza poi aver ancora restituito
le somme risultate non dovute a seguito della pronuncia della Corte
costituzionale.
Sul d.l. n. 201/2011 e' invece tuttora pendente il giudizio sul
ricorso per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
presentato da questa Regione.
Ed inoltre la norma oggi impugnata e' volta ad assicurare un
«ulteriore» concorso delle autonomie speciali alla finanza pubblica
finalita' che non configura la specifica destinazione, ossia l'altra
condizione richiesta dall'art. 2 delle norma di attuazione statutaria
di cui al D.P.R. n. 1074/1965 affinche' lo Stato possa incamerare il
gettito in via generale spettante alla Regione.
Nella citata sent. n. 241/2012 codesta ecc.ma Corte ha chiarito
con riferimento ad analoga condizione prevista per altra Regione a
Statuto speciale che le «esigenze prioritarie di raggiungimento degli
obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea» - sono
privi della specificita' richiesta dall'indicata norma di attuazione
statutaria in materia di finanza regionale. Ne' puo' farsi
riferimento agli obiettivi di finanza pubblica inizialmente definiti
nel Documento di economia e finanza (DEF) e successivamente
concordati in sede europea, consistenti nell'impegno di raggiungere
il pareggio di bilancio entro il 2013, poiche' detti obiettivi sono
generici, in quanto il raggiungimento del pareggio di bilancio e'
alla base di qualsiasi misura finanziaria adottata dallo Stato e
perche' comunque, nella visione unitaria del bilancio statale, tutto
concorre al pareggio; e cio' a maggior ragione dopo la revisione
dell'art. 81 Cost. che, con effetto dal 2014, ha elevato a dignita'
costituzionale la regola dell'equilibrio fra le entrate e le spese
del bilancio statale.»
Invero il comma 508, da applicare senza il previo esperimento
delle modalita' attuative di cui all'art. 27 della legge 5 maggio
2009, n. 42, e successive modificazioni, si autoqualifica come norma
di attuazione dell'articolo 97, primo comma, della Costituzione nel
quale pretende dunque di individuare il proprio fondamento.
Tuttavia, ad avviso di questa difesa il richiamo a tale norma
costituzionale non esclude la validita' anche nella presente
questione delle superiori osservazioni cosicche' oltre a confermarsi
l'assenza di tutti i requisiti per far luogo alla disposta riserva la
norma si presta ad ulteriori motivi di censura.
Anche sulla scorta della legge 24 dicembre 2012, n. 243
contenente «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio
di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della
Costituzione» la norma introdotta nel contesto delle misure
complessivamente adottate con la medesima finalita' del concorso alla
finanza pubblica si profila lesiva anche dello stesso articolo 97
primo comma, che a parole pretende di attuare, per l'aspetto della
garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni,
come pure dell'articolo 81 ultimo comma e dell'articolo 119 della
Costituzione.
Da quanto rilevato puo' concludersi altresi' che il comma su cui
e' questione sottraendo alla Regione, indebitamente e senza
previsione di raccordo alcuno, risorse che vengono meno per
l'esercizio delle sue funzioni viola lo Statuto d'autonomia anche con
riferimento agli articolo 20 e 43.
Quanto al comma 590 si rappresenta che la disposizione stabilisce
che le previsioni dell'art. 2, comma 2 del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138 - precedentemente vigenti sino al 31 dicembre 2013 -
siano prorogate, in quanto compatibili, dal 1° gennaio 2014 al 31
dicembre 2016 riportando il medesimo inciso «in quanto compatibili»
della previsione dell'art.2, comma 2 del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138 prorogata.
Invero lo stesso non prevede alcuna riserva in quanto la medesima
nell'ambito del d.l. n. 138/2011 era disposta non dal comma 2 ma dal
comma 36 dell'art. 2.
E comunque al riguardo nel richiamare ancora la citata sentenza
n. 241/2012 si ritiene utile aggiungere che la stessa ha precisato
anche che «il censurato comma 2 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138
del 2011 attiene al temporaneo contributo di solidarieta' sul reddito
complessivo ed ha natura tributaria - come gia' rilevato al punto
6.1., a proposito del ricorso proposto dalla Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia -, perche' si risolve in un prelievo
corrispondente ad una aliquota aggiuntiva rispetto al reddito
imponibile dell'IRPEF e, quindi, in una temporanea sovrimposta di
tale tributo «rilevando che non era soddisfatta» la condizione
relativa alla «specificita' della destinazione del gettito della
nuova entrata», perche' il disposto del comma 36, primo periodo,
dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 prevede una
destinazione solo generica di tale gettito. Ne deriva che la
devoluzione all'Erario di tali entrate viola la normativa di rango
statutario, con la conseguenza che, in forza della clausola generale
di salvaguardia di cui all'art. 19-bis del citato decreto-legge, le
norme censurate (a differenza di quelle di cui ai commi 5-bis e
5-ter) non sono applicabili alla Regione siciliana.»
Parimenti, quindi, ove il comma 590 letto insieme al comma 508
debba intendersi nel senso che il prorogato contributo di
solidarieta' riscosso in Sicilia debba affluire al bilancio statale
la norma risulta in contrasto con le preroga-tive regionali con la
conseguenza che, per la gia' rappresentata mancanza di clausola di
salvaguardia, va dichiarata illegittima.
Art. 1, comma 526 per violazione, degli artt. 36 e 43 dello Statuto
d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione, (D.P.R. n. 1074
del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119, commi
1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale 3 del 2001.
La norma dispone un ulteriore concorso alla finanza pubblica a
carico delle autonomie speciali, che per la Regione Siciliana e'
quantificato in 106.000 migliaia di euro.
Al riguardo si ritiene utile richiamare nuovamente le
disposizioni contenute all'articolo 4 della legge regionale 28
gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per
l'anno 2014. Legge di stabilita' regionale) in materia di
«Accantonamenti tributari».
In particolare la norma quantifica in 1.053.769 migliaia di euro
per il 20.14 e in 979.004 migliaia di euro per ciascuno degli anni
2015 e 2016 l'onere per il concorso al risanamento della finanza
pubblica a carico della Regione Siciliana.
Di seguito un prospetto delle norme che nel tempo si sono
succedute e che portano (con l'ulteriore contributo previsto dal
comma 526 della legge n. 147/2013), nel solo anno 2014, la quota di
concorso a carico della Regione Siciliana alla predetta somma di
1.053.769 migliaia di euro:
d.l. n. 201/2011 art. 28, comma 3: € 307.153.475,15
d.l. n. 1/2012 art. 35, comma 4: € 115.964.724,00
d.l. n. 16/2012, art. 4, comma 11: € 116.984.644,00
d.l. n. 95/2012 art. 16, comma 3: € 641.474.916,34
Legge di stabilita' n. 147/2013 (articolo 1, comma 526):
€ 106.000.000,00
Totale: € 1.053.769.000,00
L'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95/2012 per l'anno 2014
stabilisce in euro 1.500 milioni l'accantonamento complessivo a
titolo di concorso alla finanza pubblica a carico delle RSS.
Per l'anno 2013 l'accantonamento era previsto in euro 1.200
milioni. L'importo indicato e' stato calcolato tenendo conto del
suddetto aumento e della quota gia' a carico della Regione Siciliana
per l'anno 2013 (pari a euro 513.179.933,07).
Per la copertura di tali oneri si fa ricorso, quanto a 641.475
migliaia di euro, all'utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la
coesione e, quanto a 400 milioni di euro, al congelamento (in attesa
dell'accordo di cui al comma 517 della legge n. 147/2013) delle spese
indicate nell'allegato b della stessa legge regionale n. 5/2014.
E' di tutta evidenza l'effetto lesivo della manovra statale sul
bilancio e sul territorio regionale.
Da un lato, infatti, in assenza di altre possibili risorse, la
Regione Siciliana e' costretta a rinunciare alla disponibilita' di
fondi indispensabili per Io sviluppo socio-economico del territorio
(ab origine ex articolo 119 della Costituzione preordinati ad
adempiere a funzioni di solidarieta' e perequazione finanziaria),
dall'altro e' obbligata (in attesa dell'eventuale accordo di cui al
citato comma 517) a ridurre spese (tra le altre) destinate
all'ordinaria attivita' dei propri uffici, scuole, musei,
soprintendenze e trasporti, nonche' al legittimo diritto del proprio
personale alla buonuscita e all'anticipazione della stessa.
In tale ottica sono dunque chiari gli effetti in termini di
equilibrio di bilancio e di garanzia del corretto svolgimento delle
funzioni che ordinariamente si ascrivono alla competenza di questa
regione.
I risparmi di spesa non rimangono sul territorio ma sono
destinati a coprire il richiesto contributo finanziario con l'effetto
di impedire il compiuto svolgimento delle molteplici funzioni e dei
compiti istituzionali della Regione.
Il comma e', altresi', censurabile perche' prevede un aggravio
dell'onere finanziario a carico della Regione mediante un meccanismo
ad essa inapplicabile (quote di compartecipazione ai tributi
erariali) e, in assenza dei presupposti previsti dall'art. 2, comma
1° del D.P.R. n. 1074/1965 per darsi luogo ad una legittima deroga,
le sottrae, come gia' prospettato, entrate che questa Regione
potrebbe destinare a far fronte alle proprie spese.
Pertanto, quanto ai profili di illegittimita' costituzionale si
ritiene che essa violi anche i parametri statutari di cui agli artt.
36 dello Statuto d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione
(D.P.R. n. 1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, 6° comma in quanto,
sottraendo risorse finanziarie non consente alla Regione di pervenire
al pareggio di bilancio e 97, comma 1° (per l'aspetto della garanzia
degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni),
nonche', come gia' evidenziato, l'art. 119, commi 1° e 6° della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012
anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del
2001 in quanto la Regione non puo' esercitare le proprie funzioni per
carenza delle risorse finanziarie che vengono meno per effetto della
disposizione medesima.
Art. 1, commi 639, 703 e 730 violazione degli artt. 36 e 37 dello
Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia
finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che
dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione nel testo
novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento
all'art. 10 della l. cost. 3/2001, nonche' dell'art. 14, lett. o) e
43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai comuni si onera la
regione di nuove e diverse competenze senza il previo esperimento
delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto.
In materia di IMU il legislatore, pur ricomprendendo tale tributo
nella nuova Imposta Comunale Unica, IUC, fa salva la vigente
disciplina e dispone quindi la dotazione del Fondo di solidarieta'
comunale e, corrispondentemente, che una quota di pari importo
dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, e' versata
all'entrata del bilancio dello Stato.
Si premette che la Regione siciliana ha impugnato l'art. 13 del
d.l. n. 201 del 2011 con ricorso rubricato al n. 39 del Reg. Ric.
2012, tuttora pendente, censurando che le modalita' istitutive
dell'IMU hanno violato le sue attribuzioni statutarie.
Da evidenziare che le modifiche via via introdotte, da ultimo con
la stessa legge di stabilita', non rilevano in senso satisfattivo per
questa Regione. Basti per tutte rammentare che la neointrodotta
deducibilita' dell'IMU ai fini della determinazione del reddito di
impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni
nella misura del 20 per cento, comporta sottrazione di ulteriori
risorse al bilancio regionale.
Si nutre quindi fiducia che codesta Corte in sede di decisione
del suindicato ricorso stigmatizzera' il mancato rispetto delle
competenze della Regione siciliana da parte della normativa in
materia di IMU.
Oggi la conferma della vigenza del sistema lesivo dell'autonomia
regionale nell'ambito della nuova imposta unica comunale induce la
ricorrente a riproporre tuzioristicamente le censure gia' a suo tempo
articolate.
Si rammenta che l'applicazione dell'Imu nelle Regioni Speciali e'
stata disposta dopo che il precedente decreto delegato in materia di
tassazione municipale l'aveva invece esclusa in attesa dell'adozione
delle norme di attuazione.
L'imposta in questione, sostitutiva, per la componente
immobiliare, dell'imposta sui reddito delle persone fisiche, delle
relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi
ai beni non locati e dell'imposta comunale sugli immobili e' divenuta
cosi' immediatamente operativa in Sicilia senza che sia stato
previsto alcunche' in ordine alle modalita' applicative della stessa,
pur se dapprima in fase sperimentale, ed in mancanza della
definizione delle procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42/2009
concernenti l'attuazione del federalismo fiscale.
In primo luogo, quindi, anche con riferimento alle norme oggi
impugnate si ribadisce che la immediata applicabilita' alla Regione
siciliana, senza il previo esperimento delle modalita' attuative di
cui all' articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, risulta in
palese violazione dell'art. 43 dello Statuto e del principio di leale
collaborazione che dovrebbe informare tutti i' rapporti fra Stato e
Regioni.
Degno di nota come le questioni di legittimita' costituzionale
promosse da questa Regione circa talune disposizioni del decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di
federalismo fiscale municipale), sono state dichiarate infondate per
«erroneita' del presupposto interpretativo da cui muove la Regione
ricorrente, secondo cui le norme censurate sancirebbero l'«obbligo»
di applicare il d.lgs. n. 23 del 2011 nei confronti delle Regioni a
statuto speciale.» (Ord. n. 64/2012).
In tale occasione codesta ecc.ma Corte costituzionale ha avuto
modo di rilevare che «pur non potendosi negare la spettanza alla
Regione siciliana del gettito degli indicati tributi riscossi nel suo
territorio e, quindi, la potenziale sussistenza del denunciato
contrasto, deve ritenersi che proprio questo contrasto rende operante
la clausola di "salvaguardia" degli statuti speciali contenuta nel
parimenti censurato comma 2 dell'art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011,
secondo cui il decreto "si applica nei confronti delle regioni a
statuto speciale" solo "nel rispetto dei rispettivi statuti"».
Ne consegue quindi che, avendo poi il legislatore statale preteso
invece di applicare tout court il sistema IMU senza piu' prevedere,
in ordine alle modalita' applicative nelle Regioni a Statuto
speciale, il previo passaggio attraverso la procedura concordata di
attuazione ed esecuzione, il contrasto e' divenuto attuale stante che
l'IMU e' in parte sostitutiva di tributi di pacifica spettanza
regionale.
Ne' la circostanza che nel suo evolversi la disciplina di tale
tributo sia sempre piu' orientata ad assicurarne il gettito ai Comuni
elide o diminuisce il pregiudizio che la sua applicazione arreca alla
Regione.
E comunque allo Stato continua ad essere riservato il gettito
derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo
catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento,
circostanza che, insieme con la previsione che meta' dell'IMU di
spettanza dei Comuni siciliani e' versata all'entrata del bilancio
dello Stato per alimentare il Fondo di solidarieta' Comunale, al
quale tra l'altro deve farsi riferimento anche per «le sanzioni che
richiamano il fondo sperimentale di riequilibrio o i trasferimenti
erariali in favore dei comuni della Regione Siciliana», non consente
di ritenere superato nemmeno il rischio che i Comuni siciliani
possano non disporre delle risorse loro necessarie.
Per tale aspetto le disposizioni impugnate incorrono altresi'
nella violazione dell'art. 119, 4° comma, anche con riferimento
all'art. 10 della 1. cost. n. 3/2001, e dell'art. 81 della
Costituzione, in quanto non solo la Regione ma pure i Comuni non
possono esercitare le proprie funzioni per carenza di risorse
finanziarie. Al contempo si profila l'illegittimita' anche per
violazione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto d'autonomia laddove
attribuisce alla Regione ulteriori competenze (relative al
finanziamento degli enti locali) ascrivibili alla citata previsione
statutaria e non riconducibili alla medesima Regione senza alcuna
determinazione da parte della Commissione Paritetica di cui all'art.
43 dello Statuto d'autonomia che risulta anch'esso violato con
riferimento a detto specifico profilo.
In ogni caso, a prescindere che vada a vantaggio dei Comuni o
dello Stato, e' indubbio che la sottrazione di quote di gettito di
spettanza regionale, oggi confermata dalle norme impugnate, comporta
violazione, oltre che del principio pattizio, degli artt. 36 e 37
dello Statuto e delle relative norme di attuazione di cui all'art. 2
del D.P.R. n. 1074 del 1965.
Ed invero, le previsioni, recate dalle predette e violate norme
statutarie in materia finanziaria, individuano la regola generale
secondo la quale spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate
tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette
o indirette, comunque denominate ad eccezione di quelle riservate
allo Stato (entrate sui tabacchi, accise sulla produzione, lotto e
lotterie a carattere nazionale).
L'Imu non presenta carattere di novita', in quanto, come visto,
sostitutiva di (componenti di) tributi di spettanza regionale oltre
che dell'ici di spettanza comunale e, pertanto, sotto tale profilo,
l'attribuzione di quote del suo gettito a soggetti diversi dalla
Regione viola i parametri surriportati.
Ancora una volta quindi lo Stato pretende di attuare il
federalismo fiscale a spese della Regione con conseguente vulnus alle
prerogative statutarie della stessa in materia finanziaria (artt. 36
e 37 dello statuto e art. 2 delle relative norme di attuazione).
Da considerare anche che per effetto della quota riservata allo
Stato e del gettito, comprensivo di sanzioni e interessi, attribuito
ai comuni, la Regione subisce un depauperamento delle proprie finanze
atto a provocare un notevole squilibrio «tra complessivi bisogni
regionali e insieme dei mezzi finanziari per farvi fronte» (sentt.
nn. 94/2004 e 152/2011) cosicche' anche per tale profilo si configura
violazione dell'art. 119, 4° comma, anche con riferimento all'art. 10
della l. cost. n. 3/2001, e dell'art. 81 della Costituzione.
P.Q.M.
Voglia codesta ecc.ma Corte, respinta ogni avversa istanza,
eccezione e difesa.
Ritenere e dichiarare l'illegittimita' costituzionale dei
sottoelencati commi della legge 27 dicembre 2013, n. 147 per
violazione dei parametri a fianco di ciascuno di essi indicati:
Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36 e 37 dello
Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965);
Art. 1, comma 402 per violazione dell'art. 36 dello Statuto e
degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012
anche in riferimento anche all'art. 10 della legge costituzionale n.
3 del 2001;
Art. 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36 e
43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle norme di
attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) e agli artt.
81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione
nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43
dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in
materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) nonche' degli artt. 81,
comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel
testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, comma 481 per violazione del principio di leale
collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e c)
e 20 dello Statuto;
Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e,
in subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma 1 del
D.P.R. n. 1074 del 1965;
Art. 1, comma 508 anche in combinato disposto con il comma
590, per violazione degli artt. 20, 36 e 43 dello Statuto nonche'
dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt. 81, comma
6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo
novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, comma 526 per violazione degli artt. 36 e 43 dello
Statuto d'autonomia e 2, comma 1° delle norme d'attuazione (D.P.R. n.
1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119,
commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001;
Art. 1, commi 639, 703 e 730 per violazione degli artt. 36 e
37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in
materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che
dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione anche con
riferimento all'art. 10 della l. cost. n. 3/2001, nonche' dell'art.
14, lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai comuni
si onera la Regione di nuove e diverse competenze senza il previo
esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto.
Si allega deliberazione della giunta regionale di autorizzazione
a ricorrere.
Palermo-Roma, 21 febbraio 2014
Avv. Fiandaca - avv. Valli