Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in Cancelleria il 12 febbraio 2013 (della Provincia autonoma di Trento).

 

(GU n. 10 del 6.3.2013)

 

    Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento  (codice  fiscale …), in persona  del  Presidente  della  Giunta  provinciale pro-tempore, autorizzato con deliberazione della  Giunta  provinciale 25 gennaio 2013, n. 114 (doc. 1), rappresentata  e  difesa,  come  da

procura speciale numero rep. 27839 del  29  gennaio  2013  (doc.  2), rogata  dal  dott.  Tommaso  Sussarellu,  Ufficiale   rogante   della Provincia,  dall'avv.  prof.  Giandomenico  Falcon  (codice   fiscale …) di Padova,  dall'avv.  Nicolo'  Pedrazzoli  (codice fiscale …) dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi (codice fiscale …) di Roma,  con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via  Confalonieri,

n. 5,  contro  il  Presidente  del  Consiglio  del  ministri  per  la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:

        dell'articolo 1, comma 16;

        dell'articolo 1-bis, colma 4;

        dell'articolo 6, commi da 1 a 3,

del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,  Disposizioni  urgenti  in materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio 2012, come convertito, con  modificazioni,  nella  legge  7  dicembre 2012, n. 213, pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  286  del  7

dicembre 2012, supplemento ordinario n. 206, per violazione:

        degli articoli 54, n. 5), 75, 79, 80, 81, 83, 103, 104,  107, 108 e 109 dello Statuto speciale;

        del Titolo VI dello Statuto speciale;

        del  decreto  legislativo  16  marzo  1992,  n.  266,  e   in particolare degli artt. 2 e 4;

        del  decreto  legislativo  16  marzo  1992,  n.  268,  e   in particolare dell'art. 16;

        del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305;

        del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 473, e in particolare  dell'art. 2;

        del principio di ragionevolezza,

nelle parti, nei modi e per i profili di seguito illustrati.

 

                              F a t t o

 

    La Provincia autonoma  di  Trento  e'  dotata,  tra  l'altro,  di

autonomia finanziaria ai sensi delle disposizioni comprese nel Titolo

VI dello Statuto speciale.

    Nel quadro delle regole relative  a  tale  autonomia,  l'art.  79

regola in modo esaustivo i modi  in  cui  la  Provincia  concorre  al

raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e gli artt.  80  e

81 attribuiscono alla Provincia competenza legislativa concorrente in

materia di finanza locale.

    Il Titolo VII dello Statuto speciale disciplina  i  Rapporti  fra

Stato, regione e provincia.

    La  materia  dei  controlli  statali  sulle   Province   rientra,

all'evidenza, in tale Titolo, e l'integrazione e  l'attuazione  delle

norme statutarie, come noto, puo' essere compiuta solo dalle norme di

attuazione adottate ai sensi dell'art. 107 dello Statuto.

    La disciplina di tali controlli, dunque, rientra nella competenza

delle norme di attuazione: per quel che riguarda  i  controlli  della

Corte dei conti, rileva il d.P.R. n. 305/1988,  Norme  di  attuazione

dello  statuto  speciale  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige  per

l'istituzione delle sezioni di controllo della  Corte  dei  conti  di

Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto, modificato da

ultimo dal d.lgs. n. 166/2011.

    In tale contesto, e' ora intervenuto il  d.l.  n.  174/2012,  che

detta norme  «in  materia  di  finanza  e  funzionamento  degli  enti

territoriali».  L'art.  1   si   propone   il   Rafforzamento   della

partecipazione della Corte dei  conti  al  controllo  sulla  gestione

finanziaria delle regioni. Al comma 16, esso detta  una  clausola  di

salvaguardia, disponendo che «le regioni  a  statuto  speciale  e  le

province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  adeguano  il  proprio

ordinamento alle disposizioni del presente  articolo  entro  un  anno

dalla data di entrata in vigore del presente decreto».

    L'art. 1-bis d.l. n. 174/2012  apporta  modifiche  al  d.lgs.  n.

149/2011, Meccanismi sanzionatori  e  premiali  relativi  a  regioni,

province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26  della  legge  5

maggio 2009, n. 42. Il comma 4,  lettera  a),  di  tale  disposizione

modifica l'art. 5, comma 1, del d.lgs. n.  149/2011,  aggiungendo  ad

esso un riferimento espresso alle Province autonome.

    Inoltre,  l'art.  6,  intitolato  Sviluppo  degli  strumenti   di

controllo  della   gestione   «finalizzati   all'applicazione   della

revisione della spesa presso gli enti locali e ruolo della Corte  dei

conti, dispone, al comma 1, che, «per lo svolgimento di analisi sulla

spesa pubblica effettuata dagli enti locali, il  Commissario  per  la

revisione della spesa previsto dall'articolo 2  del  decreto-legge  7

maggio 2012, n. 52, ... si avvale dei Servizi  ispettivi  di  Finanza

pubblica della Ragioneria generale dello Stato ai quali sono affidate

analisi su campione relative alla  razionalizzazione,  efficienza  ed

economicita' dell'organizzazione e sulla sostenibilita' dei bilanci».

    Il comma 2  dispone  che  tali  analisi  «sono  svolte  ai  sensi

dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre  2009,

n. 196, sulla  base  di  modelli  di  accertamento  concordati  dalla

Ragioneria generale dello Stato con il Commissario di cui al comma  1

e deliberati dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti»,  e

che gli esiti «dell'attivita' ispettiva sono comunicati  al  predetto

Commissario di cui al comma precedente,  alle  Sezioni  regionali  di

controllo della Corte dei conti e alla Sezione delle autonomie».

    Il comma 3 dispone che «la Sezione delle  autonomie  della  Corte

dei conti definisce, sentite le Regioni e  le  Province  autonome  di

Trento e di Bolzano, le metodologie necessarie per lo svolgimento dei

controlli per la verifica dell'attuazione delle misure  dirette  alla

razionalizzazione della spesa pubblica degli enti territoriali» e che

le Sezioni regionali «effettuano i controlli in base alle metodologie

suddette anche tenendo conto degli esiti dell'attivita' ispettiva  e,

in  presenza   di   criticita'   della   gestione,   assegnano   alle

amministrazioni  interessate  un  termine,  non  superiore  a  trenta

giorni, per l'adozione delle necessarie misure correttive  dirette  a

rimuovere   le   criticita'   gestionali   evidenziate   e   vigilano

sull'attuazione delle misure correttive adottate».

    Ad avviso della Provincia di Trento  le  norme  sopra  illustrate

risultano lesive delle  proprie  prerogative  costituzionali  per  le

seguenti ragioni di

 

                            D i r i t t o

 

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 16.

    Come  detto,  l'art.  1,   d.l.   n.   174/2012   e'   intitolato

Rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo

sulla gestione finanziaria delle regioni.

    Il comma 1 di  esso  dispone  che,  «al  fine  di  rafforzare  il

coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di

Governo statale e regionale, e di garantire il rispetto  dei  vincoli

finanziari   derivanti   dall'appartenenza   dell'Italia   all'Unione

europea,  le  disposizioni  del  presente  articolo  sono  volte   ad

adeguare, ai sensi degli  articoli  28,  81,  97,  100  e  119  della

Costituzione, il controllo  della  Corte  dei  conti  sulla  gestione

finanziaria delle regioni di cui all'articolo 3, comma 5, della legge

14 gennaio 1994, n. 20, e all'articolo 7,  comma  7,  della  legge  5

giugno 2003, n. 131».

    Delle disposizioni cosi' richiamante, l'art. 3, comma 5, legge n.

20/1994  stabilisce  che,  «nei   confronti   delle   amministrazioni

regionali, il controllo  della  gestione  concerne  il  perseguimento

degli obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e  di  programma».

L'art. 7, comma 7, della legge  n.  131/2003  ha  un  contenuto  piu'

complesso, e dispone quanto segue: «la Corte dei conti, ai  fini  del

coordinamento della finanza  pubblica,  verifica  il  rispetto  degli

equilibri  di  bilancio  da  parte  di   Comuni,   Province,   Citta'

metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilita'  interno

ed ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione

europea. Le sezioni regionali di  controllo  della  Corte  dei  conti

verificano, nel rispetto della  natura  collaborativa  del  controllo

sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi  posti  dalle  leggi

statali  o  regionali  di  principio  e  di  programma,  secondo   la

rispettiva competenza, nonche' la  sana  gestione  finanziaria  degli

enti locali ed il funzionamento dei controlli interni  e  riferiscono

sugli esiti delle verifiche esclusivamente  ai  consigli  degli  enti

controllati ... Resta ferma  la  potesta'  delle  Regioni  a  statuto

speciale,  nell'esercizio  della   loro   competenza,   di   adottare

particolari discipline nel rispetto delle suddette finalita'».

    Il comma 2 dell'art. 1 del d.l. n. 174/2012 prevede una relazione

semestrale della Corte dei  conti  sulla  tipologia  delle  coperture

finanziarie adottate nelle leggi regionali, relazione che e'  inviata

ai Consigli regionali.

    Il comma 3  dell'art.  1  del  d.l.  n.  174/2012  disciplina  un

controllo delle sezioni regionali della Corte dei conti  sui  bilanci

preventivi e sui rendiconti consuntivi delle Regioni e degli enti che

compongono il  Servizio  sanitario  nazionale,  rivolto  al  fine  di

verificare il «rispetto degli obiettivi annuali posti  dal  patto  di

stabilita' interno», l'«osservanza del vincolo previsto in materia di

indebitamento dall'articolo 119, sesto comma, della Costituzione», la

«sostenibilita' dell'indebitamento»  e  l'«assenza  di  irregolarita'

suscettibili di pregiudicare ... gli  equilibri  economico-finanziari

degli enti».

    Il comma 4 dell'art. 1 precisa che, «ai  fini  del  comma  3,  le

sezioni regionali di  controllo  della  Corte  dei  conti  verificano

altresi' che i rendiconti delle regioni  tengano  conto  anche  delle

partecipazioni in societa' controllate e alle quali  e'  affidata  la

gestione di servizi pubblici per  la  collettivita'  regionale  e  di

servizi strumentali alla regione, nonche'  dei  risultati  definitivi

della gestione degli enti del Servizio sanitario nazionale».

    Il comma 5 si occupa del giudizio di parificazione del rendiconto

generale della Regione.

    Il comma 6 dispone che «il  presidente  della  regione  trasmette

ogni dodici mesi alla sezione regionale di controllo della Corte  dei

conti una relazione sulla regolarita' della gestione e sull'efficacia

e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni  adottato  sulla

base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della

Corte dei conti entro trenta giorni dalla data di entrata  in  vigore

della legge di conversione del presente decreto».

    Il comma 7 disciplina gli effetti del controllo. Esso  stabilisce

in primo luogo che, «nell'ambito della verifica di cui ai commi  3  e

4, l'accertamento, da parte delle  competenti  sezioni  regionali  di

controllo della Corte dei conti, di  squilibri  economico-finanziari,

della  mancata  copertura  di  spese,  della  violazione   di   norme

finalizzate a garantire la regolarita' della gestione  finanziaria  o

del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilita'

interno comporta per  le  amministrazioni  interessate  l'obbligo  di

adottare, entro sessanta  giorni  dalla  comunicazione  del  deposito

della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei  a  rimuovere

le irregolarita' e a ripristinare gli equilibri di bilancio»  (enfasi

aggiunta). Dispone poi che tali provvedimenti  «sono  trasmessi  alle

sezioni  regionali  di  controllo  della  Corte  dei  conti  che   li

verificano nel termine  di  trenta  giorni  dal  ricevimento»  e  che

qualora «la regione  non  provveda  alla  trasmissione  dei  suddetti

provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo  dia

esito negativo, e' preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i

quali e' stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della

relativa sostenibilita' finanziaria» (enfasi aggiunta).

    I commi 9, 10, 11 e 12 dell'art. 1, d.l. n.  174/2012  contengono

disposizioni orientate in modo simile a quelle ora esposte,  riferite

pero' non alle Regioni in quanto  tali  ma  ai  gruppi  dei  Consigli

regionali.

    In particolare, essi prevedono  che  ciascun  gruppo  elabori  un

rendiconto annuale e che la regolarita' di esso sia controllata dalla

sezione regionale di controllo della Corte dei conti.  L'accertamento

della Corte dei conti puo' produrre obblighi  di  regolarizzazione  a

carico del gruppo e, «nel caso in cui il  gruppo  non  provveda  alla

regolarizzazione entro il termine  fissato,  decade,  per  l'anno  in

corso, dal diritto all'erogazione di risorse da parte  del  consiglio

regionale». Tale decadenza «comporta l'obbligo di restituire le somme

ricevute  a  carico  del  bilancio  del  consiglio  regionale  e  non

rendicontate» (comma 11). In  base  al  comma  12,  «la  decadenza  e

l'obbligo di restituzione di cui al comma 11 conseguono alla  mancata

trasmissione del rendiconto entro il termine individuato ai sensi del

comma 10, ovvero alla delibera di non regolarita' del  rendiconto  da

parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti».

    Le disposizioni cosi' riepilogate non sono direttamente  riferite

alle Province autonome, per le quali il comma 16 dello stesso art.  1

pone una specifica clausola di salvaguardia, ai sensi della quale «le

regioni a statuto speciale e le province  autonome  di  Trento  e  di

Balzano  adeguano  il  proprio  ordinamento  alle  disposizioni   del

presente articolo entro un anno dalla data di entrata in  vigore  del

presente decreto» (enfasi aggiunta).

    E' anche opportuno ricordare che anche  sul  piano  generale,  in

base all'art.  11-bis,  d.l.  n.  174/2012,  «le  regioni  a  statuto

speciale e le province autonome di Trento e  di  Bolzano  attuano  le

disposizioni di cui al presente decreto  nelle  forme  stabilite  dai

rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione»

(enfasi aggiunta).

    Dunque, in base  al  principio  dell'interpretazione  adeguatrice

delle disposizioni legislative, si puo' ritenere che le  disposizioni

sopra descritte non siano  applicabili  nella  provincia  di  Trento:

percio' la  Provincia  autonoma  di  Trento  non  ne  fa  oggetto  di

impugnazione.

    Invece, il meccanismo di adeguamento previsto dall'art. 1,  comma

16, risulta lesivo sotto diversi profili.

    In primo luogo, come accennato nel  Fatto,  occorre  sottolineare

che i  controlli  che  gli  organi  statali  possono  svolgere  sulla

Provincia di Trento  (e  sugli  enti  locali  della  provincia)  sono

regolati dalle norme di attuazione,  in  particolare  dal  d.P.R.  n.

305/1988. L'art.  2,  comma  1,  di  tale  decreto  dispone  che  «il

controllo sulla gestione del bilancio e del patrimonio della  regione

Trentino-Alto  Adige  e  della  provincia  autonoma  di  Trento  sono

esercitati dalla sezione di controllo della Corte  dei  conti  avente

sede in Trento».

    L'art. 6 stabilisce che «per  il  controllo  sulla  gestione  del

bilancio e del patrimonio della regione e delle province autonome  di

Trento e di Bolzano, per  lo  svolgimento  dell'attivita'  e  per  il

funzionamento delle sezioni di Trento e di  Bolzano  e  dei  relativi

uffici di controllo,  nonche'  per  l'esercizio  delle  funzioni  dei

presidenti di sezione preposti al  coordinamento  si  applicano,  per

quanto non disciplinato dal presente decreto, le  leggi  dello  Stato

che disciplinano l'ordinamento, le attribuzioni e le procedure  della

Corte dei conti».

    In base al comma 2, «le sezioni di controllo aventi sede a Trento

e a Bolzano definiscono  annualmente  i  programmi  e  i  criteri  di

riferimento  del  controllo  sulla  gestione  del  bilancio   e   del

patrimonio delle  regioni  e  delle  province  autonome  e  ne  danno

comunicazione agli enti interessati», ed il comma 3 dispone  che  «il

controllo sulla gestione concerne il  perseguimento  degli  obiettivi

stabiliti  dalle  leggi  di  principio  e  di  programma   regionali,

provinciali ovvero statali, in quanto applicabili».

    Il comma 3-bis stabilisce  poi  che,  «in  attuazione  e  per  le

finalita' di cui all'articolo 79 del  decreto  del  Presidente  della

Repubblica 31 agosto 1972, n. 670,  sono  esercitati  rispettivamente

dalla Provincia di Trento e dalla Provincia di Bolzano  i  controlli,

anche di natura collaborativa, funzionali all'attivita' di  vigilanza

sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e il controllo

successivo sulla sana gestione relativi agli enti locali e agli altri

enti e organismi individuati dall'articolo 79, comma 3,  del  decreto

del Presidente della Repubblica n. 670  del  1972;  degli  esiti  dei

controlli e' data notizia alla competente  sezione  della  Corte  dei

conti».

    In base al  comma  3-ter,  «la  Regione  e  le  Province  possono

richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni della Corte

dei  conti  ai   fini   della   regolare   gestione   finanziaria   e

dell'efficienza  ed  efficacia  dell'azione  amministrativa,  nonche'

pareri in materia di contabilita' pubblica anche per conto degli enti

locali,  singoli  o  associati,  e  degli  altri  enti  e   organismi

individuati dall'articolo 79, comma 3,  del  decreto  del  Presidente

della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670».

    L'art. 10, d.P.R. n.  305/1988  disciplina  poi  il  giudizio  di

parificazione del rendiconto generale della Regione e di quello delle

Province di Trento e di Bolzano, ad opera delle Sezioni riunite nella

Regione Trentino-Alto Adige.

    Da  quanto  sopra  esposto  risulta  altresi'  che  le  norme  di

attuazione ammettono un solo  controllo  statale  in  relazione  alla

Provincia di Trento, cioe'  il  controllo  sulla  gestione  in  senso

stretto, dato che l'art. 6, comma 3, precisa che «il controllo  sulla

gestione concerne il perseguimento degli  obiettivi  stabiliti  dalle

leggi di principio  e  di  programma  regionali,  provinciali  ovvero

statali, in quanto applicabili», ed il  comma  1  rinvia  alle  leggi

statali  per  lo  svolgimento  di  questo   controllo   e   non   per

l'individuazione di ulteriori controlli.

    Dall'art. 6 risulta anche che il controllo  sulla  finanza  degli

enti locali e' affidato alla Provincia dall'art. 79, comma 3,  ultimo

periodo, dello Statuto e dalle stesse  norme  di  attuazione,  e  che

ulteriori  controlli  sulla  «regolare  gestione  finanziaria»,   con

funzione collaborativa, possono essere richiesti dalle Province.

    Sia dall'interpretazione  letterale  che  da  quella  sistematica

risulta dunque  che  il  d.P.R.  n.  305/1988  detta  una  disciplina

completa dei controlli della Corte dei conti sulle Province,  tenendo

conto della particolare autonomia finanziaria  configurata  dall'art.

79 dello Statuto speciale e dalla struttura della  relazioni  tra  lo

Stato e la Provincia. L'integrazione  di  tale  disciplina  non  puo'

avvenire  che  con  ulteriori  norme  di  attuazione,   emanate   con

l'apposita   procedura   in    commissione    paritetica,    e    non

unilateralmente, ad opera del legislatore statale.

    Infatti,  le  norme  di  attuazione  sono  una  fonte  dotata  di

competenza separata e riservata rispetto alle  altre  fonti  primarie

statali, per cui ad esse non si puo' derogare con atti aventi  valore

di legge ordinaria (v., ad es., sentt. n. 341/2009,  n.  51/2006,  n.

341/2001, n. 237/1983, n. 180/1980).

    Che i controlli della Corte dei conti sulla Provincia  di  Trento

siano materia riservata alle norme di attuazione e' confermato  anche

dalla  giurisprudenza  costituzionale:  la  sent.  n.   267/2006   ha

dichiarato infondata una questione di costituzionalita' sollevata con

riferimento  ad  una  legge  della  Valle  d'Aosta  che  disciplinava

l'istituzione ed il funzionamento dell'Autorita' di  vigilanza  sulla

gestione finanziaria, affermando che tale Autorita' poteva coesistere

con il controllo di gestione, di natura collaborativa, affidato  alla

Corte dei  conti;  la  sentenza  ha  concluso  osservando  che,  «nel

richiamato  quadro  ordinamentale,  lo  Stato  e  la  Regione   Valle

d'Aosta/Vallee  d'Aoste  dovranno  dunque  provvedere,   secondo   la

procedura  di  cui  all'art.   48-bis   dello   statuto   valdostano,

all'istituzione della sezione regionale di controllo della Corte  dei

conti». L'art. 48-bis  dello  Statuto  VdA  regola  la  procedura  di

adozione delle norme di attuazione:  percio'  la  sent.  n.  267/2006

conferma che  la  disciplina  dei  controlli  statali  sulle  Regioni

speciali e' riservata alle norme di attuazione.

    Cio' e' stato  ulteriormente  ribadito  dalla  recente  legge  n.

243/2012 (di attuazione del nuovo art. 81  Cost.),  il  cui  art.  20

stabilisce quanto segue: «La Corte  dei  conti  svolge  il  controllo

successivo sulla gestione dei bilanci degli enti di cui agli articoli

9 [Regioni] e 13, ai fini del coordinamento della finanza pubblica  e

dell'equilibrio  dei   bilanci   di   cui   all'articolo   97   della

Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di

Trento e di Bolzano provvedono a quanto disposto dal  presente  comma

in conformita'  ai  rispettivi  statuti  e  alle  relative  norme  di

attuazione. 2.  La  legge  dello  Stato  disciplina  le  forme  e  le

modalita' del controllo di cui al comma 1».

    Tale disposizione conferma che l'unico controllo possibile  sulle

Regioni e' quello di gestione e che,  per  le  Regioni  speciali,  la

materia spetta alle norme di attuazione.

    Cio' posto, del resto, sembra ovvio che una materia non puo', nei

rapporti tra  Stato  e  Provincia  autonoma  di  Trento,  appartenere

contemporaneamente   all'ambito   della   attuazione   statutaria   e

all'ambito  di  competenza  della  legislazione  ordinaria:  se  non,

naturalmente, quando a questa rinviino le norme di attuazione, e  nei

corrispondenti limiti, come sopra esposto.

    Precisato cio', si puo' esaminare il contenuto della clausola  di

salvaguardia di cui all'art. 1, comma  16,  d.l.  n.  174/2012.  Esso

dispone che «le regioni a statuto speciale e le province autonome  di

Trento e di Bolzano adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni

del presente articolo entro un anno dalla data di entrata  in  vigore

del presente decreto».

    Ad  avviso  della  ricorrente  Provincia,  tale  disposizione  e'

illegittima sotto diversi profili.

    In primo luogo, essa e' illegittima nella parte in cui prevede un

obbligo di adeguamento ad  una  forma  di  controllo  repressivo  non

previsto ne' dallo  Statuto  ne'  dalle  norme  di  attuazione.  Come

esposto in narrativa, infatti, l'art. 1, d.l. n.  174/2012  non  solo

introduce un controllo di regolarita' finanziaria diverso  da  quello

di gestione in senso stretto previsto dalle norme di  attuazione,  ma

addirittura   fa   derivare   dal   nuovo   controllo   obblighi   di

regolarizzazione e sanzioni (v. i commi 7, 11 e 12).

    In altre parole, l'art. 1 del d.l. n. 174 istituisce un controllo

che non ha affatto carattere  collaborativo,  non  e'  finalizzato  a

portare determinate situazioni nella consapevolezza  della  Provincia

di Trento, affinche' questa istituisca  i  rimedi  che  autonomamente

individua, ma e' un controllo  dal  cui  esercizio  derivano  effetti

giuridici vincolanti e, in ipotesi di non attuazione delle correzioni

cosi' divenute  obbligatorie,  specifiche  misure  sanzionatorie.  In

altre e sintetiche parole, e'  un  controllo  dal  quale  deriva  una

precisa limitazione  giuridica  dell'autonomia  costituzionale  della

Provincia.

    Sembra  evidente  che  un  simile  controllo  non   puo'   essere

introdotto senza un preciso fondamento  nello  Statuto  o  nelle  sue

norme di attuazione, emanate secondo l'apposito procedimento.

    Essendo il nuovo controllo del  tutto  privo  di  quel  carattere

collaborativo che la  Corte  ha  talora  sottolineato  nella  propria

giurisprudenza, per far salvi determinati controlli sulle  Regioni  o

sugli enti locali, risulta evidente  l'illegittimita'  costituzionale

della  sua  introduzione,  ed  allo  stesso  modo  della  statuizione

dell'obbligo  della  Provincia  di  adeguare  ad  esso   il   proprio

ordinamento.

    In subordine, la disposizione impugnata e' illegittima  e  lesiva

delle prerogative costituzionali della Provincia non solo  in  quanto

stabilisce l'obbligo di adeguamento, ma anche in quanto  -  ove  pure

l'adeguamento  fosse  dovuto  -  non  dispone  che  tale  adeguamento

dell'ordinamento provinciale  avvenga  con  le  modalita'  prescritte

dallo Statuto speciale, cioe' tramite le norme di attuazione o con le

procedure prescritte per  le  modifiche  dello  Statuto:  come  sopra

argomentato, infatti, simili forme  di  controllo  potrebbero  essere

introdotte solo modificando le norme di attuazione.

    Inoltre, se pure rinviasse alle norme di  attuazione,  l'art.  1,

comma 16, sarebbe illegittimo in quanto rivolto a vincolarle  sia  in

termini di contenuto sostanziale (cioe' l'adeguamento di  cui  si  e'

detto),  sia  in  quanto  pone  anche  un  termine  che  risulterebbe

illegittimo, dato che le procedure di concertazione che portano  alle

norme di attuazione non possono essere sottoposte ad un  termine  dal

legislatore ordinario.

    Ad avviso della ricorrente Provincia e'  pacifico  che  le  norme

dell'art. 1, d.l. n. 174/2012  riguardano  la  materia  dei  rapporti

Stato-Province e, in particolare, la materia dei controlli, e  dunque

il livello fondamentale di autonomia ad esse riconosciuto.

    In  particolare,  percio',  e'  da  escludere  che  l'ambito   di

intervento  possa  essere  ricondotto  ad  un   concetto   ampio   di

coordinamento della finanza pubblica: sembra evidente,  infatti,  che

tale coordinamento (il quale, si ricordi, in relazione alle autonomie

speciali si configura come  un  compito  statale  da  attivare  nelle

materie di competenza regionale attraverso i meccanismi  interni  del

riparto di competenza in tali materie, e non come un separato  ambito

materiale di competenza  attribuito  allo  Stato)  si  deve  svolgere

all'interno dei dati istituzionali di base,  cosi'  come  configurati

dallo Statuto e dalle norme di attuazione.

    In ogni  modo,  le  conclusioni  sopra  esposte  non  muterebbero

persino qualora si volesse estendere l'ambito del coordinamento  fino

ad  includervi  l'alterazione  delle  basilari  regole  del  rapporto

intersoggettivo tra Stato e Provincia autonoma.

    Infatti  e'  pacifico  che  anche  la  disciplina  dei   rapporti

finanziari tra lo Stato e le Province autonome e' tipicamente oggetto

di norme statutarie o di attuazione statutaria: si veda il Titolo  VI

dello Statuto, e in particolare l'art. 79 e l'art. 104; il d.lgs.  n.

268/1992; l'art. 27, legge n. 42/2009.

    La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte riconosciuto che i

rapporti finanziari tra Stato e Regioni speciali  sono  dominati  dal

principio dell'accordo (v. le sentenze n. 82 del  2007,  n.  353  del

2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010) e,  anche  di

recente, ha ribadito che il coordinamento della finanza pubblica  per

le Regioni speciali e' stato assegnato alla competenza delle norme di

attuazione dall'art. 27, commi 1 e 3, legge n. 42/2009  (v.  sentenze

n. 193/2012 e n. 118/2012). In particolare, dalla sent.  n.  193/2012

risulta che  l'art.  27,  legge  n.  42/2009  «possiede  una  portata

generale ed esclude - ove non sia  espressamente  disposto  in  senso

contrario per casi  specifici  da  una  norma  successiva  -  che  le

previsioni finalizzate al contenimento della spesa  pubblica  possano

essere ritenute applicabili alle Regioni a  statuto  speciale  al  di

fuori delle particolari procedure previste dai  rispettivi  statuti».

La sent. n. 118/2012 ha confermato che «l'accordo  e'  lo  strumento,

ormai consolidato (in quanto gia' presente nella  legge  27  dicembre

1997, n. 449, recante "Misure per la  stabilizzazione  della  finanza

pubblica" e poi confermato da  tutte  le  disposizioni  che  si  sono

occupate successivamente della materia) per conciliare e regolare  in

modo negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto  speciale

alla manovra di finanza pubblica e la  tutela  della  loro  autonomia

finanziaria, costituzionalmente rafforzata».

    Infine, l'art. 1, comma 16, e'  ulteriormente  illegittimo  nella

parte in cui prevede l'adeguamento «alle  disposizioni  del  presente

articolo»  anziche'  ai  principi  risultanti  dall'art.  1  d.l.  n.

174/2012.

    Infatti, persino se i  controlli  della  Corte  dei  conti  sulla

Provincia non fossero considerati materia rientrante nella competenza

delle norme di attuazione  ma  fossero  ricondotti  al  coordinamento

della finanza  pubblica  (materia  di  competenza  concorrente),  non

potrebbe ammettersi un vincolo della  Provincia  alle  «disposizioni»

dell'art. 1.

    Ne' potrebbe eccepirsi che la Provincia non puo' dettare norme di

dettaglio in relazione ai  controlli  della  Corte  dei  conti  sulla

stessa Provincia: la necessita' di una  normativa  completa  verrebbe

solo a confermare che essa dev'essere concordata in sede di norme  di

attuazione, non  potendo  essere  adottata  dal  legislatore  statale

nell'esercizio   della   competenza   concorrente   in   materia   di

coordinamento finanziario.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-bis, comma 4.

    L'art. 1-bis, comma 4, d.l. n. 174/2012 modifica l'art. 5  d.lgs.

n. 149/2011 nel modo seguente:

    «1. Il Ministero dell'economia e  delle  finanze  -  Dipartimento

della Ragioneria generale dello Stato puo' attivare  verifiche  sulla

regolarita'  della  gestione   amministrativo-contabile,   ai   sensi

dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre  2009,

n. 196, anche nei confronti delle regioni e delle  province  autonome

di Trento e di Bolzano, oltre che negli  altri  casi  previsti  dalla

legge, qualora un ente evidenzi situazioni di squilibrio  finanziario

riferibili   ai   seguenti   indicatori:   a)    ripetuto    utilizzo

dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio  consolidato  della

parte corrente del bilancio; c) anomale  modalita'  di  gestione  dei

servizi per conto di terzi; c-bis)  aumento  non  giustificato  delle

spese in favore dei gruppi consiliari e degli  organi  istituzionali.

Le verifiche di cui all'alinea  sono  attivate  anche  attraverso  le

rilevazioni SIOPE, rispetto agli indicatori di cui alle  lettere  a),

b) e c), e le rilevazioni del Ministero dell'interno,  per  gli  enti

locali, e del Dipartimento per gli affari regionali, il turismo e  lo

sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, per le  regioni  e

le province autonome di Trento e di Bolzano, rispetto  all'indicatore

di cui alla lettera c-bis).

    1-bis. Qualora  siano  evidenziati  squilibri  finanziari,  anche

attraverso le rilevazioni SIOPE, rispetto agli indicatori di  cui  al

comma 1, lettere  a),  b)  e  c),  e  le  rilevazioni  del  Ministero

dell'interno, per gli enti locali, e del Dipartimento per gli  affari

regionali, il turismo e lo  sport,  per  le  regioni  e  le  province

autonome di Trento e di Bolzano, rispetto all'indicatore  di  cui  al

comma 1, lettera c-bis), il Ministero dell'economia e delle finanze -

Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ne  da'  immediata

comunicazione alla sezione regionale di  controllo  della  Corte  dei

conti competente per territorio».

    Conviene ricordare che il SIOPE e' il Sistema  informativo  sulle

operazioni degli enti pubblici, che  e'  un  sistema  di  rilevazione

telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri  di

tutte le amministrazioni pubbliche; esso nasce  dalla  collaborazione

tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d'Italia e  l'ISTAT,

in attuazione  dall'articolo  28  della  legge  n.  289/2002,  ed  e'

disciplinato dall'articolo 14, commi 6-11, della  legge  n.  196  del

2009.

    Dunque, l'art. 1-bis, d.l. n. 174/2012  rende  applicabili  anche

nei confronti delle Province autonome verifiche  ministeriali  «sulla

regolarita'  della  gestione   amministrativo-contabile,   ai   sensi

dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre  2009,

n. 196».

    Quest'ultima disposizione stabilisce quanto segue: «in  relazione

alle esigenze di controllo e di monitoraggio  degli  andamenti  della

finanza pubblica,  utilizzando  anche  i  dati  di  cui  al  comma  1

dell'articolo 13,  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -

Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a: ... d)

effettuare,  tramite  i  servizi  ispettivi  di   finanza   pubblica,

verifiche sulla regolarita' della  gestione  amministrativo-contabile

delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni  e  delle

province autonome di Trento e di Bolzano. I referti delle  verifiche,

ancorche'  effettuate  su  richiesta  delle   amministrazioni,   sono

documenti accessibili nei limiti e con le  modalita'  previsti  dalla

legge 7 agosto 1990, n. 241. In ogni caso, per gli enti  territoriali

i predetti servizi effettuano verifiche volte  a  rilevare  eventuali

scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e procedono  altresi'

alle verifiche richieste  dal  Ministro  competente  all'avvio  della

procedura di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.  I

referti delle verifiche di cui al terzo  periodo  sono  inviati  alla

Conferenza permanente per il  coordinamento  della  finanza  pubblica

affinche' possa valutare l'opportunita' di attivare  il  procedimento

denominato  "Piano  per   il   conseguimento   degli   obiettivi   di

convergenza" di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42,

come modificato dall'articolo 51, comma 3, della presente legge».

    Si pone in  primo  luogo  un  problema  interpretativo.  Infatti,

l'art. 14, comma 1, lettera d) legge n.  196/2009,  richiamato  dalla

nuova  disposizione,  prevede  «verifiche  sulla  regolarita'   della

gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ad

eccezione delle regioni e delle province  autonome  di  Trento  e  di

Bolzano».

    In questi termini, dopo la modifica  apportata  dall'art.  1-bis,

comma 4, la situazione normativa risultante  appare  contraddittoria:

infatti, l'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 149/2011 prevede ora  verifiche

«ai sensi dell'articolo 14, comma  1,  lettera  d),  della  legge  31

dicembre 2009, n. 196, anche nei  confronti  delle  regioni  e  delle

province autonome di Trento e di Bolzano», ma  l'art.  14,  comma  1,

lettera d) legge n. 196/2009 -  che  e'  richiamato  come  tale,  non

modificato ne' abrogato - prevede, come detto, che tali verifiche non

si svolgano in relazione alle regioni e delle  province  autonome  di

Trento e di Bolzano. Dunque, la  normativa  statale  e'  internamente

contraddittoria  ed  irrazionale,  con   conseguente   illegittimita'

costituzionale per violazione dell'art. 3 Cost. E' da  ricordare  che

le Regioni sono legittimate ad invocare anche i parametri estranei al

Titolo V, quando le norme statali che li violano attengono a  materie

regionali, cosi' condizionando in  modo  illegittimo  lo  svolgimento

dell'autonomia regionale (v., da ultimo, le sentenze n. 311/2012,  n.

200/2012, n. 199/2012, n. 80/2012, n. 22/2012).  Nel  presente  caso,

l'art. 1-bis, comma  4,  attiene  all'organizzazione  provinciale  o,

comunque,  ai  rapporti  Stato-Provincia  o  al  coordinamento  della

finanza pubblica: in tutti i casi, e' chiaro che si tratta  di  norme

che incidono direttamente sull'autonomia provinciale.

    A parte la contraddittorieta', l'art.  1-bis,  comma  4,  risulta

comunque illegittimo.

    Infatti, esso introduce, al di fuori  di  quanto  previsto  dallo

Statuto e dalle norme di attuazione,  un  ulteriore  controllo  sulla

«regolarita' della gestione amministrativo-contabile» delle  Province

autonome da parte del Governo, che puo' condurre  all'attivazione  di

specifici procedimenti, quale  quello  previsto  dall'art.  18  della

legge n. 42 del 2009: esso, pertanto, e' illegittimo per  le  ragioni

gia' esposte nel punto 1, con l'aggravante che, in  questo  caso,  il

controllo e' svolto dal Ministero e non da un organo imparziale quale

la Corte dei conti. E' anche  da  sottolineare  che  altre  possibili

conseguenze del controllo restano incerte, in quanto il nuovo art. 5,

comma 1-bis, d.lgs. n. 149/2011 non precisa a che fini  il  Ministero

dell'economia  e  delle  finanze  -  Dipartimento  della   Ragioneria

generale dello Stato comunica alla  sezione  regionale  di  controllo

della  Corte  dei  conti  gli  squilibri   finanziari   eventualmente

accertati.

    Si noti che la consapevolezza dell'autonomia costituzionale delle

regioni e delle Province autonome era esattamente la ragione  per  la

quale l'art.  14,  comma  1,  lettera  d)  legge  n.  196/2009  aveva

stabilito l'inapplicabilita' ad esse dei controlli in questione.  Non

si trattava - allora - di una mera scelta di politica legislativa, ma

di rispetto della Costituzione; e non si tratta ora di  un  mutamento

di politica legislativa, ma della violazione della Costituzione,  che

allora era stata rispettata.

    Inoltre, l'attribuzione di  compiti  ispettivi  al  Ministero  in

materie di  competenza  provinciale  (quali  quelle  sopra  indicate)

determina altresi'  la  violazione  dell'articolo  4  del  d.lgs.  n.

266/1992, in  base  al  quale,  nelle  materie  di  competenza  delle

province autonome, la legge non puo' attribuire agli  organi  statali

funzioni amministrative, comprese quelle  di  vigilanza,  di  polizia

amministrativa  e  di  accertamento  di  violazioni   amministrative,

diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale  e

le relative norme  di  attuazione  (con  specifico  riferimento  alla

materia sanitaria, si veda quanto deciso dalla  Corte  costituzionale

nelle  sentenze  n.  182  del  1997  e  n.  228  del  1993,  relative

all'esercizio del potere dei Servizi ispettivi  di  finanza  pubblica

nei confronti delle Province autonome).

    Che si tratti di materia di competenza provinciale  non  si  puo'

dubitare. In base all'art. 16 d.lgs. n. 268/1992 «spetta alla regione

e alle province emanare norme in materia di bilanci,  di  rendiconti,

di amministrazione del patrimonio e  di  contratti  della  regione  e

delle province medesime  e  degli  enti  da  esse  dipendenti».  Tale

competenza e' stata esercitata  con  la  l.p.  n.  7/1979,  Norme  in

materia di  bilancio  e  di  contabilita'  generale  della  Provincia

autonoma di Trento,  il  cui  art.  56  disciplina  il  controllo  di

regolarita' contabile.

    L'art. 1-bis, comma 4, dunque, viene ora anche ad interferire con

il sistema autonomo  delle  regole  contabili  di  questa  Provincia,

violando l'art. 8, n. 1, dello Statuto (o l'art. 117, comma 4, Cost.,

se ritenuto piu' favorevole) e l'art. 16 d.lgs. n. 268/1992.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 1, 2 e 3.

    L'art. 6 e' inserito nel Titolo  II,  Province  e  comuni,  e  si

intitola  Sviluppo  degli  strumenti  di  controllo  della   gestione

finalizzati all'applicazione della revisione della spesa  presso  gli

enti locali e ruolo della Corte dei conti.

    Il comma 1 dispone che, «per  lo  svolgimento  di  analisi  sulla

spesa pubblica effettuata dagli enti locali, il  Commissario  per  la

revisione della spesa previsto dall'articolo 2  del  decreto-legge  7

maggio 2012, n. 52, ... si avvale dei Servizi  ispettivi  di  Finanza

pubblica della Ragioneria generale dello Stato ai quali sono affidate

analisi su campione relative alla  razionalizzazione,  efficienza  ed

economicita' dell'organizzazione e sulla sostenibilita' dei bilanci».

Il comma 2 precisa che le analisi di cui al comma 1  sono  svolte  ai

sensi del gia' citato art. 14, comma 1, lettera d) legge n. 196/2009,

«sulla base di modelli di accertamento  concordati  dalla  Ragioneria

generale dello  Stato  con  il  Commissario  di  cui  al  comma  1  e

deliberati dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti».  Gli

esiti  «dell'attivita'  ispettiva   sono   comunicati   al   predetto

Commissario ..., alle Sezioni regionali di controllo della Corte  dei

conti e alla Sezione delle autonomie».

    I commi 1 e 2 non sono applicabili alle Regioni e  alle  Province

autonome: cio' si ricava  dalla  loro  collocazione  nel  Titolo  II,

dedicato a Province e comuni, dal fatto che l'epigrafe ed il comma  1

dell'art. 6 menzionano solo gli «enti locali», dal richiamo  all'art.

14, comma 1, lettera d), legge n. 196/2009  (che  prevede  «verifiche

sulla  regolarita'  della  gestione  amministrativo-contabile   delle

amministrazioni  pubbliche,  ad  eccezione  delle  regioni  e   delle

province autonome di Trento e di Bolzano») e dal richiamo all'art.  2

d.l. n. 52/2012, che non e' destinato alle Regioni (v. i  commi  2  e

5).

    Ugualmente, i commi 1 e 2 - di per se'  -  non  sono  applicabili

agli enti locali della provincia di Trento, in virtu' della  clausola

di salvaguardia di cui all'art. 11-bis, d.l. n. 174/2012.

    Il comma 3 dell'art. 6, pero', stabilisce che «la  Sezione  delle

autonomie della Corte dei conti definisce, sentite le  Regioni  e  le

Province autonome di Trento e di Bolzano, le  metodologie  necessarie

per lo svolgimento dei  controlli  per  la  verifica  dell'attuazione

delle misure dirette  alla  razionalizzazione  della  spesa  pubblica

degli  enti  territoriali»  (enfasi  aggiunta),  e  che  le   Sezioni

regionali «effettuano i controlli in base alle  metodologie  suddette

anche tenendo  conto  degli  esiti  dell'attivita'  ispettiva  e,  in

presenza di criticita' della gestione, assegnano alle amministrazioni

interessate un termine, non superiore a trenta giorni, per l'adozione

delle necessarie misure correttive dirette a rimuovere le  criticita'

gestionali  evidenziate  e  vigilano  sull'attuazione  delle   misure

correttive adottate».  Dunque,  il  controllo  in  questione  non  e'

meramente collaborativo in quanto si puo'  tradurre  nell'obbligo  di

adottare specifiche misure, a loro volta soggette a controllo.

    Cosi'  essendo  la  disposizione,  occorre  chiarire   che   cosa

significhi l'espressione «sentite le Regioni e le  Province  autonome

di Trento e di Bolzano». Ove essa fosse soltanto un modo inusuale  di

indicare il parere della Conferenza Stato-Regioni,  il  comma  3  non

inciderebbe sul  significato  sopra  attribuito  al  complesso  delle

disposizioni dei  primi  tre  commi  dell'art.  6,  e  la  ricorrente

Provincia non avrebbe ragioni di doglianza.

    Tuttavia,  la  predetta  espressione,  ed   in   particolare   il

riferimento espresso alle «Province autonome», potrebbe indicare  che

lo Stato intenda rivolgere i controlli di cui  allo  stesso  comma  3

anche agli  enti  locali  della  provincia  di  Trento.  E,  dato  il

collegamento tra il  controllo  di  cui  al  comma  3  e  l'attivita'

ispettiva» di cui ai commi 1 e 2  (il  comma  3  stabilisce  che  «le

Sezioni regionali effettuano i controlli  in  base  alle  metodologie

suddette anche tenendo conto degli esiti dell'attivita' ispettiva», e

di «attivita' ispettiva» si parla anche nel comma 2), ne risulterebbe

che anche i commi 1 e 2 potrebbero essere intesi  come  rivolti  agli

enti locali della provincia di Trento.

    In  questo  caso,  i  primi  tre  commi  dell'art.  6   sarebbero

illegittimi nella parte in cui attribuiscono ai Servizi ispettivi  di

Finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato e alle sezioni

regionali della Corte  dei  conti,  in  relazione  agli  enti  locali

trentini, poteri di controllo al di la' di  quanto  consentito  dallo

Statuto e dalle norme di attuazione.

    L'art. 79, comma 3, dello Statuto dispone  che,  «fermi  restando

gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta  alle  province

stabilire gli obblighi relativi al  patto  di  stabilita'  interno  e

provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento  agli  enti

locali [...]», aggiungendo che «non si applicano le  misure  adottate

per  le  regioni  e  per  gli  altri  enti  nel  restante  territorio

nazionale» e che  «le  province  vigilano  sul  raggiungimento  degli

obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al  presente

comma ed  esercitano  sugli  stessi  il  controllo  successivo  sulla

gestione dando notizia degli  esiti  alla  competente  sezione  della

Corte dei conti» (v. anche l'art. 54, n. 5, dello Statuto).

    In attuazione di tali norme, l'art. 6,  comma  3-bis,  d.P.R.  n.

305/1988  stabilisce  che  «sono  esercitati  rispettivamente   dalla

Provincia di Trento e dalla Provincia di Bolzano i  controlli,  anche

di natura collaborativa, funzionali all'attivita'  di  vigilanza  sul

raggiungimento degli obiettivi di finanza  pubblica  e  il  controllo

successivo sulla sana gestione relativi agli enti locali e agli altri

enti e organismi individuati dall'articolo 79, comma 3,  del  decreto

del Presidente della Repubblica n. 670  del  1972;  degli  esiti  dei

controlli e' data notizia alla competente  sezione  della  Corte  dei

conti».

    E' dunque chiaro che, in  base  allo  Statuto  e  alle  norme  di

attuazione, spetta alla Provincia la vigilanza finanziaria sugli enti

locali trentini. A tali norme si puo'  derogare  solo  con  ulteriori

norme di attuazione o modificando il Titolo  VI  dello  Statuto,  non

certo con atti legislativi adottati unilateralmente dallo Stato.

    Su questo punto si puo' anche rinviare a quanto  argomentato  nel

punto 1 sul carattere completo della disciplina dei  controlli  della

Corte dei conti contenuta nel d.P.R. n. 305/1988.

    E' da sottolineare che tale potere di vigilanza si  collega  alla

generale competenza provinciale in materia di finanza locale (art. 80

St.) e al fatto che e' la Provincia che fornisce  ai  comuni  «idonei

mezzi finanziari» (art. 81  St.).  In  base  all'art.  17  d.lgs.  n.

268/1992,  «le  attribuzioni  dell'amministrazione  dello  Stato   in

materia  di  finanza  locale  esercitate  direttamente  dagli  organi

centrali  e  periferici  dello  Stato  ...  sono  esercitate  per  il

rispettivo territorio dalle province di Trento e  Bolzano»;  inoltre,

«le province disciplinano con  legge  i  criteri  per  assicurare  un

equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi  compresi  i  limiti

all'assunzione   di    personale,    le    modalita'    di    ricorso

all'indebitamento,   nonche'    le    procedure    per    l'attivita'

contrattuale».

    Si ribadisce poi che il controllo di cui all'art. 6, comma 3, non

ha carattere meramente collaborativo, dato che le sezioni  regionali,

«in  presenza  di   criticita'   della   gestione,   assegnano   alle

amministrazioni  interessate  un  termine,  non  superiore  a  trenta

giorni, per l'adozione delle necessarie misure correttive  dirette  a

rimuovere   le   criticita'   gestionali   evidenziate   e   vigilano

sull'attuazione delle misure correttive adottate».

    Oltre ai parametri sopra individuati, i commi 1 e 2  dell'art.  6

violano anche l'art. 4 d.lgs.  n.  266/1992,  dato  che  l'«attivita'

ispettiva» da essi regolata spetta ai Servizi  ispettivi  di  Finanza

pubblica della Ragioneria  generale  dello  Stato,  cioe'  ad  organi

statali, mentre l'art. 4  d.lgs.  n.  266/1992  esclude  che,  «nelle

materie  di  competenza  propria  della  regione  o  delle   province

autonome» (e le norme in questione attengono al  coordinamento  della

finanza pubblica e alla finanza locale) la legge statale  attribuisca

«agli organi statali  funzioni  amministrative,  comprese  quelle  di

vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di  violazioni

amministrative, diverse da quelle spettanti  allo  Stato  secondo  lo

statuto speciale e le relative norme di attuazione».

    In definitiva, l'applicazione agli enti locali della provincia di

Trento sarebbe illegittima sia in quanto non si tratta  di  controlli

collaborativi, ma di controlli che esprimono  un  potere  statale  di

supremazia sugli enti locali, non previsto ne' ammesso dallo  Statuto

e dalle norme di attuazione, sia  in  quanto,  in  precisa  e  palese

contraddizione con lo Statuto e le norme di attuazione,  istituiscono

un potere di controllo sugli  enti  locali  parallelo  e  concorrente

rispetto a quello che  e'  espressamente  attribuito  alla  Provincia

autonoma di Trento.

    Mentre il comma 1 parla di «enti locali», il comma 3 riferisce  i

controlli ivi regolati  agli  «enti  territoriali»  in  generale.  La

Provincia ritiene che diversi elementi conducano ad escludere che  il

comma 3 sia rivolto anche alle Regioni  (ordinarie  e  speciali):  il

titolo  dell'art.  6,  la  sua  collocazione  nel   Titolo   11   del

decreto-legge, il collegamento tra i controlli di cui al comma 3  con

l'«attivita' ispettiva» di cui ai commi 1 e 2  (senz'altro  destinata

solo agli enti  locali,  come  gia'  visto).  Dunque,  le  Regioni  -

eventualmente,  come  sopra   accennato,   mediante   la   Conferenza

Stato-Regioni - sono «sentite» solo in quanto  dotate  di  competenza

concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e  non

in quanto destinatarie dei controlli.

    Cionondimeno, l'uso dell'espressione «enti territoriali» consente

un'interpretazione diversa e, percio', a  scopo  cautelativo  qui  si

impugnano i commi 1, 2 e 3 dell'art. 6 nel caso in cui si ritenga che

il comma 3 e, conseguenzialmente, i commi 1 e 2 siano  rivolti  anche

alle Regioni speciali.

    In tal caso, i commi 1 e 2 sarebbero illegittimi per  le  ragioni

gia' esposte nel punto 2 ed il comma 3 per le  ragioni  gia'  esposte

nel punto 1.

    Infatti, i commi 1 e 2 dell'art. 6 presentano elementi in  comune

con l'art. 1-bis, comma 4, d.l. n. 174/2012 (il rinvio  all'art.  14,

comma  1,  lettera  d)  legge  n.  196/2009  e  l'attribuzione  della

vigilanza ai Servizi ispettivi  di  finanza  pubblica),  per  cui  si

possono estendere ad essi le censure avanzate in  relazione  all'art.

1-bis, comma 4: a) previsione di un ulteriore controllo al  di  fuori

di quanto  previsto  dallo  Statuto  e  dalle  norme  di  attuazione,

controllo svolto da organi ministeriali e non da un organo imparziale

quale la Corte dei conti; b) violazione  della  potesta'  legislativa

primaria della Provincia in materia di  organizzazione  interna,  che

comprende la potesta'  di  regolare  il  bilancio  provinciale  e  le

verifiche contabili; c) irragionevolezza per contraddittorieta', dato

che - nell'interpretazione qui ipotizzata - l'art. 6, commi 1 e 2, si

applicherebbe alle Regioni richiamando l'art. 14, comma 1, lettera d)

legge n. 196/2009, che non e' destinato alle Regioni;  d)  violazione

dell'art. 4 del d.lgs. n. 266/1992. Per le argomentazioni  si  rinvia

al punto 2 del ricorso.

    L'art. 6, comma 3, d.l.  n.  174/2012,  nell'interpretazione  qui

prospettata  a  titolo  cautelativo,   introdurrebbe   un   ulteriore

controllo della Corte dei conti sulla Provincia, controllo non avente

carattere  meramente  collaborativo  (come   visto):   percio'   esso

risulterebbe illegittimo per violazione dello Statuto e del d.P.R. n.

305/1988, che regolano in modo completo  i  controlli  statali  sulla

Provincia, e per  violazione  della  speciale  autonomia  finanziaria

della Provincia, quale configurata dall'art. 79 e dall'art. 104 dello

Statuto, dal d.lgs. n. 268/1992, dall'art. 27 legge n. 42/2009 e  dal

principio dell'accordo che regola i rapporti finanziari tra  Stato  e

Regioni speciali: su entrambi i punti v.  gli  argomenti  svolti  nel

punto 1 del presente ricorso.

 

                              P. Q. M.

 

    Voglia codesta Corte costituzionale  dichiarare  l'illegittimita'

costituzionale dell'articolo 1, comma 16; dell'articolo 1-bis,  comma

4; dell'articolo 6, commi da 1 a  3,  del  decreto-legge  10  ottobre

2012,  n.  174,  Disposizioni  urgenti  in  materia  di   finanza   e

funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni

in favore delle zone terremotate nel maggio  2012,  come  convertito,

con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, nelle  parti,

nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.

        Trento-Padova-Roma, 4 febbraio 2013

 

                   Prof. avv. Giandomenico Falcon

 

 

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