Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 23 gennaio 2012 (della Regione Piemonte). 
 
  (GU n. 10 del 07.03.2012 ) 



    Ricorso della Regione Piemonte (C.F.: ...),  in  persona del Presidente  pro-tempore  della  Giunta  Regionale  Roberto  Cota, autorizzato con delibera della Giunta Regionale  n.  14-3202  del  30 dicembre 2011, rappresentato e difeso,  per  mandato  a  margine  del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente,  dagli  avv.ti Giovanna  Scollo  (C.F.:...,  fax: ...,  pec:...), e Gabriele Pafundi  (C.F.:...,  fax: ,....           pec:...), ed elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, Viale Giulio Cesare n. 14;
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore,  per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, previa sospensione dell'art. 23, commi da 14 a 21, del decreto-legge n.  201/2011  cosi' come convertito dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n.  214, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  300,  S.O.  del  27  dicembre 2011, per violazione degli artt. 5, 114, 117, commi 2 lett. p, 4 e 6, 118, 119 e 120 della Cost., anche sotto il profilo di violazione  del principio di leale collaborazione.

                           Fatto e diritto

    L'art. 23 del d.l.  n.  201/2011  (disposizioni  urgenti  per  la crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento   dei   conti   pubblici) convertito con modificazioni dalla L. n. 214 del  22  dicembre  2011, dal comma 14 al comma 21, contiene norme  di  sostanziale  abolizione
delle  Province  che  la  Regione  Piemonte  ritiene   lesive   delle competenze degli enti locali previsti direttamente dalla Costituzione e, di conseguenza ma anche direttamente,  lesive  delle  attribuzioni legislative   regionali,   delle   stesse    prerogative    regionali
costituzionalmente   garantite,   e   in   generale,   dell'autonomia regionale.
    Il Consiglio delle Autonomie Locali del Piemonte,  istituito  con L.R. n. 30/2006, con risoluzione del 7 dicembre 2011 (doc. n.  1)  ha avanzato  al  Presidente  della  Giunta  Regionale  la  proposta   di impugnare alla Corte costituzionale l'art. 23, commi 14, 15, 16,  17, 18 19, 20, 20-bis e 21 del  d.l.  211/2011  convertito  dalla  L.  n. 214/2011.
    La Regione e' legittimata a proporre la presente impugnativa  per la lesione diretta subita dalle norme  contestate  ma  anche  per  la lesione delle prerogative costituzionali delle Province.  Piu'  volte si e'  pronunciata  Codesta  Ecc.ma  Corte  (sentenze  nn.  417/2005, 196/2004, 95/2007, 169/2007, 289/2009) nel senso di ammettere censure relative a compressione di sfere di attribuzione provinciale o  degli altri enti locali istituiti dall'art. 114 della Cost., da cui  derivi una compressione dei poteri delle Regioni.
    E'  di  tutta  evidenza,  come  si   spieghera'   in   prosieguo, l'esistenza di tale  vizio  nella  presente  fattispecie  laddove  la "compressione" coincide con la "abolizione" stessa delle Province. 
    Il comma 14 attribuisce alla Province funzioni esclusivamente  di indirizzo e di coordinamento delle attivita' dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati  con  legge  statale  e  regionale  secondo  le rispettive competenze.
    Il comma 15 definisce organi della Provincia il Presidente ed  il Consiglio Provinciale.
    Il comma 16 trasforma  il  Consiglio  Provinciale  da  organo  di elezione diretta ad organo  ad  elezione  indiretta  composto  da  10 componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni.
    Il comma 17 stabilisce l'elezione del  Presidente  da  parte  del Consiglio rinviando, per le modalita', a successiva legge statale. 
    Il comma 18 attribuisce allo Stato ed alle  Regioni,  secondo  le rispettive competenze,  il  trasferimento  ai  Comuni,  entro  il  31 dicembre 2012, delle funzioni provinciali salvo che, per  assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle  Regioni  sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza.
E' previsto l'intervento sostitutivo da parte dello Stato.
    Il comma 19 prevede, da parte dello Stato  e  delle  Regioni,  il trasferimento delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite.
    Il comma 20 stabilisce la decorrenza dei nuovi organi.
    Il comma 20-bis esclude dall'applicazione le Province Autonome di Trento e Bolzano ed assegna alle Regioni a Statuto  Speciale  6  mesi per adeguare i propri ordinamenti alle  disposizioni  dei  precedenti commi.
    Il comma 21 consente ai Comuni l'istituzione di unioni  o  organi di  raccordo  per  l'esercizio  di  specifici  compiti   o   funzioni amministrative garantendo l'invarianza della spesa.
    Tali commi tutti in stretta connessione  tra  loro,  violano  gli articoli 5, 114, 117, commi 2 lett.  p)  4  e  6,  118  e  119  della Costituzione,  nonche'  il  principio  di  leale  collaborazione   in relazione all'art. 8  della  legge  5  giugno  2003  n.  131  recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3.
    Quanto all'art. 5 della Costituzione, ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali, al  principio  del  piu'  ampio decentramento amministrativo ed  all'adeguamento  della  legislazione statale alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
    E' evidente l'inversione del parametro costituzionale nella norma impugnata, con  conseguente  grave  compromissione,  come  meglio  si specifichera',  anche   dell'autonomia   regionale   e   dell'assetto ordinamentale ed istituzionale della stessa.
    Quanto all'art. 114 della Costituzione.
    La Costituzione definisce le Province, insieme  ai  Comuni,  alle Citta' metropolitane, alle Regioni ed allo  Stato,  enti  costitutivi della Repubblica - Comuni, Province, Citta' metropolitane  e  Regioni sono enti autonomi con propri  statuti,  poteri  e  funzioni  secondo principi fissati dalla Costituzione.
    L'eliminazione della  Provincia  nel  suo  organo  amministrativo fondamentale, la riduzione del  Consiglio  Provinciale  non  piu'  ad organo di governo (nonostante la definizione del  comma  15),  ma  di indirizzo e coordinamento delle attivita' dei Comuni,  l'attribuzione delle relative funzioni ai Comuni e  alle  Regioni,  unitamente  alle risorse umane, finanziarie e strumentali,  viola  apertamente  l'art. 114 nella sostanza e nella forma, in quanto una proposta di  riordino (che non equivale necessariamente a soppressione)  complessivo  delle istituzioni territoriali non puo' essere oggetto di un decreto  legge volto  a  risanare  le  finanze  pubbliche  (obiettivo  peraltro  non raggiunto con la norma  impugnata)  e  di  fatto  modificativo  della Costituzione.
    Nessuna autonomia opzionale e' lasciata  alle  Province  ed  alle stesse Regioni in aperta violazione del secondo comma dell'art. 114.
    Quanto all'art. 117, commi 2 lett. p) 4 e  6,  118  e  119  Cost.
L'art. 117, secondo comma, lett. p)  della  Cost.,  attribuisce  allo Stato legislazione esclusiva in materia elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e  Citta'  metropolitane.
L'intervento "demolitorio" attuato con la norma impugnata,  travalica la  competenza  statale  il  cui  limite  e'   dato   dal   parametro costituzionale appena citato in stretta correlazione con gli artt.  5 e 114 della Costituzione istitutivi, appunto, delle autonomie  locali e, per quello che qui ci riguarda, delle Province.
    La potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  in  merito  alle funzioni fondamentali di Comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane, puo' essere esercitata nel  rispetto  della  loro  "esistenza"  quali "enti autonomi con poteri e funzioni secondo principi  fissati  dalla Costituzione". Le norme impugnate, viceversa, aboliscono le  funzioni (ed i relativi organi) fondamentali  affidando  alle  Province  "mere funzioni di indirizzo e  coordinamento  delle  attivita'  dei  Comuni nelle materie e nei limiti indicati con  legge  statale  o  regionale secondo le rispettive competenze".  Posto  che  le  funzioni  o  sono legislative  e  regolamentari  (Regioni),  o  sono  regolamentari   e amministrative (Province e Comuni), "l'indirizzo e il  coordinamento" del tutto svuotato dalle funzioni proprie attribuite ad altri  e'  un pallido "escamotage" incapace di nascondere  la  cancellazione  delle Province ed il conseguente impatto anche sull'assetto  legislativo  e regolamentare delle Regioni ledendone la stessa autonomia.
    Il Governo viola le  competenze  residuali  e  concorrenti  delle Regioni, e la  stessa  potesta'  regolamentare  laddove  impone  alle medesime di trasferire ai Comuni le  funzioni  delle  Province  e  di tenere per se' quelle volte ad assicurare  l'esercizio  unitario.  Le Regioni infatti, nell'ambito della  propria  potesta'  legislativa  e regolamentare,  conferiscono  o  meno  funzioni  amministrative  alle Province (ed ai Comuni), anche attraverso l'istituto della delega. Le Province a loro volta sono titolari anche di funzioni  amministrative proprie  e  di  potesta'  regolamentare  sull'organizzazione   e   lo svolgimento delle funzioni loro attribuite (art. 118 e  117,  VI  c.,
Cost.).
    Eliminare tout-court dette funzioni  attribuendole  alle  Regioni che, a loro volta, (per quanto di loro competenza), le  attribuiscono ai Comuni o le tengono per se', mentre lo Stato tiene per se'  quelle che ritiene non di competenza delle Regioni  per  attribuirle  a  sua volta  ai  Comuni,  crea   un   totale   sovvertimento   dell'assetto costituzionale del sistema della autonomie locali.
    La norma statale interviene sostanzialmente e trasversalmente  in tutte le materie, incluse quelle di competenza regionale esclusiva  o concorrente, con un effetto  dirompente  sulle  conseguenti  funzioni amministrative e sul loro esercizio  in  via  diretta,  attribuita  o delegata. L'esercizio  della  potesta'  amministrativa  regionale  e' fortemente inciso dalle norme impugnate in  quanto  l'amministrazione regionale, che ha gia' delegato o attribuito alle  Province  funzioni sue  proprie,  e'   costretta   a   riprendersele   per   attribuirle (coattivamente)  ai  Comuni  e  tenere  per  se'  quelle  necessitate dall'unitarieta' dell'esercizio.
    Non solo viene  dunque  lesa  l'autonoma  potesta'  regolamentare delle Province di cui all'art. 117,  comma  sesto,  Cost.,  ma  viene altresi'  imposto  un  modello  di  conferimento  indifferenziato   e generale con legge  regionale  agli  enti  locali  che  indubbiamente rappresenta  un'indebita  compressione  delle  prerogative  regionali anche in relazione all'art. 118 Cost. ed  all'art.  119  quanto  alla correlata autonomia finanziaria.
    Il "collante" atto a giustificare la pervasivita' dell'intervento statale sarebbe dato, stante il titolo del decreto legge  convertito, dall'urgenza di emanare disposizioni per "la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici". Tuttavia la norma  impugnata  non e' idonea  a  raggiungere  tale  scopo.  Non  solo  non  razionalizza l'esercizio delle funzioni  amministrative,  ma  non  produce  nessun risparmio di spesa.
    Salvo  che  non  si  consideri  tale  quello  riferito  al  costo dell'indennita' di carica degli assessori e dei consiglieri oltre  il limite ivi previsto in 10 unita'. Se cosi' fosse, va da se' che  tale insignificante risparmio  mal  si  concilia  sull'effetto  dirompente della norma, piu' di natura  ordinamentale  che  finanziaria,  i  cui costi sono comunque interamente scaricati sulle Regioni.
    Tali norme incidono dunque anche sull'autonomia amministrativa  e organizzativa della Regione nei suoi rapporti con gli enti locali.
Violazione  del  principio  di  leale  collaborazione  in   relazione all'art. 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 recante disposizioni  per l'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale  18  ottobre 2001 n. 3.
    Il comma 18, che prevede l'intervento  sostitutivo  dello  Stato, viola  il  principio  di  leale  collaborazione  non  rientrando,  le fattispecie ivi normate, nell'art. 120 della Costituzione cosi'  come applicato nell'art. 8 della L. n. 131/2003. Oltre a cio' la  mancanza di concertazione tra Stato e Regioni ed enti locali di per se'  viola il principio di leale collaborazione.
    Posto che l'unico obiettivo della "manovra" e' la riduzione delle spese,  posto  che  e'  stato  dimostrato  estraneo  tale   obiettivo all'intervento gravemente incidente sull'autonomia degli enti  locali in discussione, costituzionalmente definita e  garantita,  posto  che nessun risparmio di spesa deriva dalle norme impugnate e se risparmio vi e', sicuramente  e'  sproporzionato  all'intromissione  nell'alveo delle garanzie costituzionali, la strada  da  seguire  sarebbe  stata quella (indicata dalla stessa Unione delle Province italiane  con  un ordine del giorno del 7 dicembre 2011) di condividere con le Regioni,
Province e Comuni una proposta unitaria di riordino complessivo delle istituzioni territoriali.
    E' indirizzo consolidato della giurisprudenza costituzionale  che le Regioni sono legittimate  a  censurare,  in  via  di  impugnazione principale, leggi dello Stato esclusivamente per questioni  attinenti al  riparto  delle  rispettive  competenze,  e  che  e'  ammessa   la deducibilita' di altri parametri costituzionali soltanto ove la  loro violazione comporti una compromissione delle  attribuzioni  regionali costituzionalmente garantite.
    La norma impugnata viola quel  principio  di  ragionevolezza  che potrebbe fare ravvisare un  interesse  pubblico  prevalente  tale  da giustificare una cosi' grave limitazione e invasione della  sfera  di competenza regionale e degli altri enti locali territoriali.
    L'uso del decreto legge, unitamente  al  breve  termine  concesso alle Regioni per ottemperare a disposizioni  a  loro  volta  invasive della loro competenza legislativa concorrente, non e' giustificato da un risparmio economico non dimostrato e a  scapito  delle  Regioni  e degli enti locali.
    E'  pertanto  evidente  la   mancanza   dei   presupposti   della decretazione d'urgenza, mancanza che determina una ancor piu' pesante vulnerazione delle attribuzioni costituzionali della Regione. 

Istanza di sospensione
    L'art. 35 della L. n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della L. n. 131/2003, consente che la Corte sospenda l'esecuzione delle  norme impugnate se c'e' un rischio  di  pregiudizio  grave  e  irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini.
    La norma impugnata impone alle regioni a  trasferire  al  Comune, entro il 31 dicembre 2012,  le  funzioni  conferite  dalla  normativa vigente  alle  Province  salvo  che,  per   assicurarne   l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni. L'art.  19  impone il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali,  con intervento sostitutivo dello Stato.
    E'  di  tutta  evidenza  l'esistenza  dei  presupposti   per   la concessione dell'invocata misura di sospensione.


                               P.Q.M.

    La   Corte    costituzionale    dichiara,    previa    sospensiva all'esecuzione, l'illegittimita' costituzionale dell'art.  23,  commi da 14 a 21, del d.l. n. 201/2011 cosi' come convertito dalla legge n. 214/2011 per violazione degli artt. 5, 114, 117 commi 2 lett. p), 4 e 6, 118, 119 e 120  della  Costituzione  anche  sotto  il  profilo  di violazione del principio di leale collaborazione e in relazione  agli artt. 3, 77 e 97 della Costituzione.
    Si deposita la risoluzione del Consiglio delle  Autonomie  Locali del 7 dicembre 2011 (doc. n. 1)  nonche'  la  delibera  della  Giunta Regionale n. 14-3202 del 30 dicembre 2011 cosi' come integrata  dalla D.G.R. n. 3-3869 del 16 gennaio 2012.

        Torino-Roma, addi' 17 gennaio 2012

                     Avv. Scollo - Avv. Pafundi
 

Menu

Contenuti