RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5  marzo  2009  , n. 18
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  5  marzo  2009  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 15 del 15-4-2009) 
 
     Ricorso del Presidente del Consiglio  dei  ministri  in  persona
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n. 12 e'  domiciliato,  nei  confronti  della  Regione
Lazio in persona del Presidente della Giunta  regionale  pro  tempore
per la dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  della  legge
della Regione Lazio n. 26 del 24 dicembre 2008 recante «Norme per  la
tutela dei minori e la  diffusione  della  cultura  della  mediazione
familiare», pubblicata nel B.U.R. n. 48 del 27 dicembre  2008,  artt.
1, comma 2, 3, 4, e  6,  quest'ultimo  modificato  dall'art. 1  della
legge della Regione Lazio n.  27  del  24  dicembre  2008  intitolata
«Modifiche alla deliberazione  legislativa  approvata  dal  consiglio
regionale nella seduta del 10 dicembre 2008 concernente Norme per  la
tutela dei minori e la  diffusione  della  cultura  della  mediazione
familiare», pubblicata nel B.U.R. n. 48 del 27 dicembre 2008, nonche'
disposizioni con essi  inscindibilmente  connesse  o  dipendenti  per
contrasto con l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  giusta  delibera  del
Consiglio dei ministri del 20 febbraio 2009. 
    La legge 24 dicembre 2008 n. 26 della Regione  Lazio,  intitolata
«Norme per la tutela dei minori e la diffusione della  cultura  della
mediazione familiare» si propone di disciplinare,  nell'ambito  della
relativa  regione,  le  figure  del   mediatore   familiare   e   del
coordinatore per la mediazione familiare, introducendo con disciplina
del tutto autonoma una  nuova  figura  professionale  non  altrimenti
prevista da legge dello Stato. 
    La coeva legge regionale n. 27 del 24 dicembre  2008,  intitolata
«Modifiche alla deliberazione  legislativa  approvata  dal  consiglio
regionale nella seduta del 10 dicembre 2008 concernente Norme per  la
tutela dei minori e la  diffusione  della  cultura  della  mediazione
familiare», ha modificato l'art. 6 della legge  n.  26,  integrandone
il primo e il secondo comma ed eliminando il suo terzo comma. 
    Specificamente l'art. 1, comma 2 della legge regionale n. 26 reca
la definizione generale del ruolo e della  figura  professionale  del
«mediatore familiare»,  quale  professionista  deputato  a  svolgere,
anche su invito del giudice, un  ruolo  di  compiuta  mediazione  nei
procedimenti  di  separazione   della   famiglia   e   della   coppia
nell'interesse dei figli; gli artt. 3 e 4 prevedono e disciplinano la
particolare   figura   di   mediatore   familiare   costituita    dal
«coordinatore per la mediazione  familiare»  (istituito  presso  ogni
ASL), del quale stabiliscono i compiti e le  finalita',  tese  da  un
lato a realizzare progetti  di  politiche  efficaci  a  tutela  della
famiglia e dall'altro a costituire un  punto  di  riferimento  per  i
tribunali  e  i  magistrati  che  si  occupano  di  separazioni   che
coinvolgono  figli  minori;  l'art.  6,  infine,  istituisce,  presso
l'assessorato regionale competente in materia di  politiche  sociali,
l'elenco regionale  dei  mediatori  familiari  e  reca  la  analitica
disciplina dei requisiti per l'accesso all'elenco stesso. 
    Come  detto,  la  legge  regionale  n.  27/2008   all'art. 1   ha
modificato l'art. 6 della legge n. 26, estendendo anche  ai  laureati
in pedagogia la possibilita' di iscriversi al suddetto elenco. 
    Le disposizioni in esame si propongono di individuare la funzione
e i compiti, anche di supporto ai tribunali, del mediatore  familiare
e del coordinatore  per  la  mediazione  familiare,  nonche',  previa
istituzione di un apposito elenco regionale, degli  specifici  titoli
di  cui  il  mediatore  familiare  deve  essere   in   possesso   per
l'iscrizione all'elenco e, 
    di seguito, per l'esercizio della professione. 
    L'impianto complessivo, lo scopo ed il contenuto  precipuo  delle
norme impugnate rendono palese che l'oggetto  delle  disposizioni  in
esame  deve  essere  ricondotto  alla  materia  delle  «professioni»,
appartenente  alla  competenza  legislativa  concorrente,  ai   sensi
dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  poiche'  delineano  i  requisiti
soggettivi ed oggettivi relativi ad una nuova  figura  professionale,
che non ha ancora trovato specifica disciplina  in  una  legge  dello
stato,  di  valenza  esclusivamente  regionale  ma   con   competenze
specifiche in ambito sociale e giurisdizionale. 
    Come piu' volte affermato  dalla  Consulta  (cfr.  tra  tante  n.
40/2006),  «spettando  allo  Stato  la  determinazione  dei  principi
fondamentali  nelle  materie  di  competenza   concorrente   previste
dall'art. 117, terzo comma, Cost.,  la  legislazione  regionale  deve
svolgersi, ai sensi dell'art. 1, comma  3,  legge  n.  131/2003,  nel
rispetto  di  quelli  risultanti  dalla  normativa  statale  gia'  in
vigore». 
    Dall'esame della normativa statale tuttavia non  si  trae  alcuno
spunto che possa consentire l'iniziativa  legislativa  attuata  dalle
norme che si impugnano. 
    Costituiscono normativa statale  di  riferimento,  rispetto  alla
presente impugnativa, la legge n. 54/2006 e l'art. l,  comma  3,  del
d.lgs. n. 30/2006. 
    La legge n. 54/2006, recante la disciplina dell'affido condiviso,
ha introdotto nell'ordinamento significative disposizioni in  materia
di mediazione familiare, fra  cui  peculiare  rilievo  assume  quella
recata dall'art. 1, comma 2, che ha inserito nel codice civile l'art.
155-sexies  secondo  cui  «Qualora  ne  ravvisi  l'opportunita',   il
giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, puo'  rinviare
l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 155  per  consentire
che i coniugi, avvalendosi di esperti,  tentino  una  mediazione  per
raggiungere un  accordo,  con  particolare  riferimento  alla  tutela
dell'interesse morale e materiale dei figli». 
    L'art. 1,  comma  3,  del  d.lgs.  n.  30/2006,  ricognitivo  dei
principi fondamentali in materia  di  professioni,  afferma  che  «la
potesta'  legislativa  regionale  si   esercita   sulle   professioni
individuate e definite dalla normativa statale». 
    L'esame  del  combinato  disposto  di  tali  disposizioni  palesa
tuttavia che con l'art. 155-sexies e' stata  solo  prevista,  ma  non
affatto istituita, la figura professionale del  mediatore  familiare,
che difatti non e' definita e disciplinata in alcuna  legge  statale,
come richiesto dall'art. 1, d.lgs. n. 30/2006 secondo cui spetta allo
Stato  la  determinazione,  per   via   legislativa,   dei   principi
fondamentali in punto di professioni,  mentre  alle  regioni  compete
solo la disciplina di dettaglio. 
    L'appartenenza della materia in esame al sistema di  legislazione
concorrente postula che spetti allo Stato il potere di determinare  i
tratti  della  disciplina   che   richiedono,   per   gli   interessi
indivisibili  da  realizzare,  un   assetto   unitario,   mentre   va
riconosciuto  alla  legge  regionale  il  compito  di  dare  vita   a
discipline diversificate che si  innestino  nel  tronco  dell'assetto
unitario espresso a livello di principi fondamentali. 
    Pertanto appartiene alla determinazione dei principi fondamentali
l'individuazione, per ciascuna professione, 
    e quindi anche per il mediatore familiare ed il coordinatore  per
la mediazione familiare, quanto meno del  contenuto  oggettivo  della
stessa e del corrispondente titolo professionale il cui  possesso  e'
necessario, anche in considerazione del fatto che la  disciplina  dei
titoli  che  danno  accesso  ad  una  professione  e'  di   esclusiva
competenza statale. 
    Sotto il secondo profilo si osserva che l'art.  6  legge  Regione
Lazio n. 26/2008  prevede  che  «possono  iscriversi  all'elenco  dei
mediatori  familiari  coloro  che  sono   in   possesso   di   laurea
specialistica  in  discipline  psicologiche,  sociali  o   giuridiche
nonche'   di   idoneo    titolo    universitario,    quale    master,
specializzazione o perfezionamento, di durata biennale, di  mediatore
familiare  oppure  di  specializzazione  professionale  conseguita  a
seguito della partecipazione ad un corso, riconosciuto dalla  Regione
Lazio, della durata minima di 500 ore»; 
    All'elenco di cui al comma «1 possono altresi' iscriversi  coloro
che, in possesso della laurea in discipline psicologiche,  sociali  o
giuridiche, alla data di  entrata  in  vigore  della  presente  legge
abbiano svolto per  almeno  due  anni,  nel  quinquennio  antecedente
l'entrata in vigore della presente  legge,  attivita'  di  mediazione
familiare da comprovare sulla base di idonea documentazione». 
    La disposizione che precede e'  stata  in  parte  modificata  con
l'art. 1, legge n. 27/2008 che  ha  aggiunto,  ai  titoli  che  danno
diritto  alla  iscrizione  nell'elenco,  la  laurea   in   discipline
pedagogiche. 
    La regione ha cosi' riservato a se' la determinazione dei  titoli
professionali  e  dei  correlativi  contenuti  della  professione  di
mediatore familiare e di coordinatore, in contrasto con il riparto di
competenze previsto dall'art. 117, terzo comma Cost.  in  materia  di
professioni, in particolare per avere regolamentato  una  professione
non ancora disciplinata da specifica legge statale, essendo  pacifico
che la previsione del mediatore familiare di cui all'art.  155-sexies
codice civile non equivale ad istituzione della  professione  stessa.
Peraltro l'art. 6 sopra trascritto equipara, ai fini della  idoneita'
all'iscrizione nell'elenco di mediatore familiare, titoli  di  natura
profondamente diversa  perche'  conseguibili  all'esito  di  percorsi
formativi diversi e non assimilabili tra loro; non sembra infatti che
possano porsi sullo stesso  piano  titoli  conseguiti  a  seguito  di
percorso formativo di livello universitario specialistico con  quelli
conseguiti mediante percorso formativo di livello inferiore, quale e'
il  titolo  di  formazione  regionale  conseguito   all'esito   della
frequenza di un corso della durata di 500 ore. 
    Tale situazione potrebbe peraltro indurre  in  inganno  l'utenza,
indotta a ritenere di livello universitario  un  mediatore  familiare
munito invece del solo diploma regionale, con conseguente  violazione
del principio  di  «tutela  dell'utenza»,  che  costituisce  uno  dei
principi fondamentali tutelati dalle  leggi  statali  in  materia  di
attivita' professionali. 
    Neanche infine le disposizioni di cui alla  legge  qui  censurata
potrebbero dirsi ricomprese in alcuna delle professioni individuate e
definite dalla normativa statale. 
    Le norme impugnate configgono con  il  principio  costituzionale,
come  interpretato   con   consolidato   orientamento   della   Corte
costituzionale  (cfr.  da  ultimo  sentenza  n.  222  del   2008,   e
precedentemente pronunce n. 153 e n. 40 del 2006, n. 424, n. 355 e n.
319 del 2005, n. 353/2003), per cui spetta  allo  Stato,  nell'ambito
della propria competenza a legiferare sui  principi  fondamentali  in
materia di professioni, l'individuazione delle  figure  professionali
con i relativi requisiti di accesso, albi ed elenchi, i quali  ultimi
(sent. 355/2005) hanno una funzione individuatrice delle professioni,
preclusa, in quanto tale, alla competenza regionale. Testualmente  ha
affermato codesta Corte  (sentenza  n.  153/2006)  che  «la  potesta'
legislativa regionale nella materia concorrente delle  "professioni"»
deve rispettare  il  principio  secondo  cui  l'individuazione  delle
figure professionali, con i relativi profili e i  titoli  abilitanti,
e' riservata, per il suo  carattere  necessariamente  unitario,  allo
Stato, rientrando nella competenza delle  regioni  la  disciplina  di
quegli aspetti che  presentino  uno  specifico  collegamento  con  la
realta' regionale.  Tale  principio,  al  di  la'  della  particolare
attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura quale
limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale»; nella
sentenza n. 279 del 2005 codesta Corte ha poi avuto modo di  chiarire
che le norme generali «sono quelle sorrette,  in  relazione  al  loro
contenuto,   da   esigenze   unitarie    e,    quindi,    applicabili
indistintamente al di la' dell'ambito  propriamente  regionale».  «Le
norme generali  cosi'  intese  si  differenziano,  nell'ambito  della
stessa materia, dai principi fondamentali i quali,  pur  sorretti  da
esigenze unitarie, non esauriscono in se' stessi la loro operativita'
ma informano, diversamente dalle prime,  altre  norme,  piu'  o  meno
numerose». 
    Pertanto, in relazione  alla  materia  sottoposta  al  vaglio  di
codesta ecc.ma Corte, non possono che costituire norme generali tutte
quelle disposizioni che devono sostanziare il denominatore minimo  ed
indefettibile della figura del  mediatore  familiare,  nell'ulteriore
rilievo che l'art. 1, comma 2, legge n. 26/2008 e l'art. 3, comma  2,
lett. c) stessa legge, secondo cui «Il coordinatore per la mediazione
familiare ha  il  compito  di  costituire  un  punto  di  riferimento
prioritario  per  i  tribunali  impegnati  nelle   problematiche   di
separazione dei genitori che vedano il  coinvolgimento  dei  minori»,
dovrebbero svolgere un ruolo di  precipuo  rilievo  anche  in  ambito
giurisdizionale, rispetto al quale ancor piu' si  avverte  l'esigenza
di unitarieta' e di uniformita' di disciplina sull'intero  territorio
nazionale,  specie  in  considerazione  del  fatto  che   la   figura
dell'esperto  mediatore,  essendo  prevista  dal  codice  civile,  e'
destinata ad operare nel processo quale vero e proprio ausiliario del
giudice. 
    Violano quindi il principio fondamentale che assegna  allo  Stato
l'individuazione soggettiva e oggettiva delle  figure  professionali,
le disposizioni qui censurate, siccome volte alla individuazione  dei
presupposti per accedere ad una professione non ancora  compiutamente
disciplinata con legge dello stato, alle  modalita'  di  esplicazione
della stessa in relazione agli  scopi  perseguiti  ed  alle  funzioni
concretamente attribuite, agli specifici  requisiti  per  l'esercizio
della professione di  mediatore  e  coordinatore  familiare  in  modo
differenziato per il solo territorio regionale, cosi' risolvendosi in
una indebita ingerenza nelle norme e nei principi fondamentali  della
materia delle professioni. 

        
      
                              P. Q. M. 
    Alla luce di quanto  sopra  esposto  si  conclude  affinche'  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge n. 26  del  24
dicembre 2008 della Regione Lazio: 
        Quanto agli  artt. 1,  comma  2,  3,  4,  e  6,  quest'ultimo
modificato dall'art. 1 della l.r. n. 27/2008, nonche',  ex  art.  27,
legge.n. 87/1953,  delle  disposizioni  connesse  o  dipendenti,  ivi
comprese quelle contenute nello stesso art. 1  della legge  regionale
n. 27/2008 per contrasto con l'art. 117, terzo comma Cost. 
    Unitamente all'originale notificato del ricorso si depositera' la
delibera del Consiglio dei ministri in  data  20  febbraio  2009  con
allegata relazione. 
        Roma, addi' 24 febbraio 2009 
                L'Avvocato dello Stato: Diana Ranucci 

        

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