Ricorso n. 18 del 6 febbraio 2006 (Regione Piemonte)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 febbraio 2006 , n. 18
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 febbraio 2006 (della Regione Piemonte)
(GU n. 10 dell'8-3-2006)
Ricorso per la regione Piemonte, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 45-2048 del 23 gennaio 2006 rappresentata e difesa dal prof. avv. Alfonso Celotto e dagli avv. Ernesto Conte e Michele Conte, presso il loro studio elettivamente domiciliati in Roma, via Ennio Quirino Visconti n. 99, in forza di procura speciale a margine del presente atto; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, di conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, recante «Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 2 dicembre 2005 - supplemento ordinario n. 195. F a t t o 1. - Nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 18 ottobre 2005 e' stato pubblicato il d.l. 17 ottobre 2005, n. 211, recante «Misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale». Si tratta di un d.l. ad oggetto plurimo, in quanto recante una serie di norme omnibus tese al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per l'anno 2006, sulla scorta di quanto previsto nel D.P.E.F. 2006-2009; e alcune disposizioni in materia aeroportuale, come si desume dal titolo stesso del d.l. che specifica il «doppio oggetto» del provvedimento di (pseudo) urgenza: «Misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale». Si tratta inoltre di un d.l. ad efficacia non immediata, come espressamente dichiarato dallo stesso art. 13, comma 2, secondo il quale «Le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 7 e 8 hanno efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2006». L'art. 7, sulla razionalizzazione ed efficientamento del settore dei gestori aeroportuali, dispone alcune modificazioni all'art. 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e l'abrogazione del comma 190 dell'art. 2 della stessa norma. Precisamente, ai sensi dell' art. 7, primo comma lettera a), il comma 10 dell'art. 10 della legge n. 537 e' sostituito dal seguente: «10. La misura dei diritti aeroportuali di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324, e successive modificazioni, e' determinata per i singoli aeroporti, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE, con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con i medesimi decreti viene altresi' fissata, per un periodo predeterminato, comunque compreso tra tre e cinque anni, la variazione massima annuale applicabile ai medesimi diritti aeroportuali. La variazione e' determinata prendendo a riferimento il tasso di inflazione programmato, l'obiettivo di recupero della produttivita' assegnato al gestore aeroportuale, la remunerazione del capitale investito, gli ammortamenti dei nuovi investimenti realizzati con capitale proprio o di credito, che sono stabiliti in contratti di programma stipulati tra l'ENAC e il gestore aeroportuale, approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. La misura iniziale dei diritti e l'obiettivo di recupero della produttivita' assegnato vengono determinati tenendo conto: a) di un sistema di contabilita' analitica, certificato da societa' di revisione contabile, che consenta l'individuazione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati, quali lo svolgimento di attivita' commerciali, offerti sul sedime aeroportuale; b)del livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti; c) delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture aeroportuali; d) dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale; e)di una quota non inferiore al 50 per cento del margine conseguito dal gestore aeroportuale in relazione allo svolgimento nell'ambito del sedime aeroportuale di attivita' non regolamentate». A seguire, lettera b) del primo comma dell'art. 7 dispone l'inserimento, dopo il comma 10 di cui alla lettera a), dei commi 10-bis, 10-ter e l0-quater cosi' formulati: «10-bis. E' soppressa la maggiorazione del 50 per cento dei diritti aeroportuali applicata nei casi di approdo o partenza nelle ore notturne, di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324»; «10-ter. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto, con il Ministro dell'economia e delle finanze, puo' definire norme semplificative, rispetto a quelle previste al comma 10, per la determinazione dei diritti aeroportuali per gli aeroporti aventi un traffico inferiore a 600.000 unita' di carico, ciascuna equivalente ad un passeggero o cento chili di merce o di posta»; «l0-quater. La metodologia di cui al comma 10 si applica anche per la determinazione dei corrispettivi per i servizi di sicurezza previsti dall'art. 5, comma 3, del d.l. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1992, n. 217, nonche' per la determinazione della tassa di imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea in base al d.l. 28 febbraio 1974, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 117». L'art. 8 del d.l. n. 211, rubricato «Competitivita' del sistema aeroportuale», prevede che, al fine di incrementare la competitivita' e razionalizzare il sistema del trasporto aereo nazionale, «i canoni di concessione demaniale, istituiti dal d.l. 28 giugno 1995, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 351, e successive modificazioni, sono ridotti del 75 per cento fino alla data di introduzione del sistema di determinazione dei diritti aeroportuali di cui all'art. 7». Il secondo comma dello stesso articolo precisa che «Fino alla determinazione dei diritti aeroportuali di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324, e successive modificazioni, secondo le modalita' previste nel comma 10 dell'art. 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall'art. 7, la misura dei diritti aeroportuali attualmente in vigore e' ridotta in misura pari all'importo della riduzione dei canoni demaniali di cui al comma 1. Detta misura e' ulteriormente ridotta del 10 per cento per i gestori che non adottano un sistema di contabilita' analitica, certificato da societa' di revisione contabile, che consenta l'individuazione, per tutti i servizi offerti, dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascun singolo servizio». Si tratta, in buona sostanza, di disposizioni che riscrivono temporaneamente il sistema dei diritti aeroportuali (art. 8) e conferiscono potesta' regolamentare al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze di riscrivere tale disciplina pro futuro (art. 7), senza tener conto delle competenze regionali in materia nonche' frustrando illegittimamente l'affidamento degli operatori del mercato, i quali si vedono modificate ex lege le condizioni con cui operare con violazione del principio di liberta' di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e del principio di affidamento nella sicurezza giuridica (art. 3 Cost.); con un sostanziale svuotamento - senza indennizzo - del contenuto economico della concessione aeroportuale (art. 42 Cost.) e con una violazione dei principi di liberta' di stabilimento e non discriminazione fissati nel Trattato della Comunita' europea. Sul medesimo ambito incidono le disposizioni successive. L'art. 9, in tema di sviluppo delle infrastrutture aeroportuali, dispone che la programmazione degli interventi infrastrutturali per il settore dell'aviazione civile, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, soddisfi, in via prioritaria, le esigenze dei collegamenti con gli aeroporti d'interesse nazionale e, in particolare, con gli hub aeroportuali di Roma Fiumicino e di Milano Malpensa. Mentre il successivo art. 10 conferisce al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dell'interno la competenza ad emanare regolamenti di nuova disciplina delle misure per la sicurezza aeroportuale. Inoltre, secondo l'art. 11 di detto d.l., in applicazione alla normativa di settore, per i servizi regolamentati o comunque sottoposti alla vigilanza dell'ENAC in base alla direttiva 96/67/CE del Consiglio, del 15 ottobre 1996, «non possono essere applicati dai gestori aeroportuali e dai fornitori dei servizi sovrapprezzi, in particolare royalties sulla fornitura di carburanti, non effettivamente connessi ai costi sostenuti per l'offerta del medesimo servizio». 2. - Nelle more delle conversione in legge, il Governo ha fatto transitare tali disposizioni nella legge di conversione di altro d.l. Gli artt. 7, 11 del d.l. n. 211 del 2005 sono cosi' divenuti, in testo pressoche' analogo, gli artt. 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, di conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, recante «Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria». Tale legge e stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 2 dicembre 2005 - supplemento ordinario n. 195. Ad avviso della Regione Piemonte, tali disposizioni risultano costituzionalmente illegittime e lesive della sfera regionale di competenza per i seguenti motivi di D i r i t t o Primo motivo. Vio1azione dell'art. 117, terzo comma Cost., sulla competenza concorrente della regione in materia di aeroporti civili. Gli artt. 11l-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248 (gia' artt. 7 e 11 del d.l. n. 221 del 2005), come esposto in fatto, oltre a violare una serie di parametri costituzionali che non possono essere fatti valere dalla regione (artt. 3, 41, 42 e 77 Cost.), confliggono con l'assetto regionale delle competenze per come delineato nell'art. 117 Cost.: tali disposizioni vertono in materia aeroportuale, senza tener in alcun conto le competenze regionali sussistenti al riguardo. Non occorre dilungarsi per rammentare come la riforma costituzionale del 2001 abbia capovolto l'assetto delle competenze legislative, richiedendo che sia lo Stato a rinvenire il fondamento dei propri interventi normativi. Rispetto al caso qui in discussione, un titolo di competenza statale puo' essere rinvenuto nel terzo comma dell'art. 117 Cost., che tra le materie di competenza concorrente prevede «porti ed aeroporti civili». Tuttavia, le materie di competenza concorrente comportano, come recita l'ultimo periodo dell'art. 117, terzo comma, che «spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato». E' agevole rilevare che gli artt. 1l-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, ignorano completamente la competenza concorrente della regione, non limitandosi assolutamente a fissare principi fondamentali, ma recando direttamente specifiche e minute regole precettive, cosi' invadendo la competenza regionale come piu' volte applicato e ribadito dalla giurisprudenza di codesta Corte (cfr., da ultimo, sent. n. 329 del 2003; n. 282 del 2004; n. 120 e 147 del 2005). Alle medesime conclusioni si giunge anche ove si sostenga che la materia trattata dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, nella parte in cui riguarda gli aeroporti non sia da ricomprendere nella sola materia «aeroporti civili» di competenza concorrente, ma costituisca piuttosto una materia c.d. trasversale, in cui sono «raccolti ed intrecciati tra loro interessi molteplici che mettono capo a competenze differenziate, distribuite tra enti locali, regioni e Stato» (cosi' sent. n. 96 del 2003, piu' volte successivamente ripresa). Si puo' infatti sostenere che le disposizioni degli artt. 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248 tocchino anche materie come la «tutela della concorrenza», la «sicurezza» e la «tutela dell'ambiente» di competenza esclusiva statale ai sensi delle lett. e), h) ed s) dell'art. 117, terzo comma, Cost.; ed altre di competenza concorrente, come il «governo del territorio» (art. 117, terzo comma). Si tratterebbe, in buona sostanza, di un ambito in cui interferiscono piu' materie, spettanti alcune esclusivamente allo Stato, altre alla competenza concorrente, altre ancora alla competenza residuale della regione. La Corte gia' si e' trovata ad affrontare ipotesi del genere, osservando (rispetto all'intreccio di competenze relativo al mercato del lavoro) che «in tali ipotesi puo' parlarsi di concorrenza di competenze e non di competenza ripartita o concorrente. Per la composizione di siffatte interferenze la Costituzione non prevede espressamente un criterio ed e' quindi necessaria l'adozione di principi diversi: quello di leale collaborazione, che per la sua elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle singole situazioni, ma anche quello della prevalenza, cui pure questa Corte ha fatto ricorso, qualora appaia evidente l'appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre» (sent. n. 50 del 2005, 1/2 5 Cons. diritto). Appare ora palese che, comunque, gli artt. 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, violerebbero arbitrariamente le competenze regionali, in qualsivoglia delle due opzioni si applichi. Nel caso in cui si opini che la materia aeroportuale disciplinata dalla legge n. 248 del 2005 rappresenti una «concorrenza di competenze» manca ogni forma collaborativa per salvaguardare i profili di competenza regionale (secondo quanto si specifichera' meglio di qui a poco). Nel caso in cui si voglia applicare il criterio della prevalenza, appare evidente che al caso qui in discussione sia senz'altro da ritenere prevalente la materia «aeroporti civili», rispetto alle altre materie (possibilmente) interferenti supra richiamate («tutela della concorrenza», «sicurezza», «tutela dell'ambiente», «governo del territorio»): ma allora ricadremmo nel vizio di mancata limitazione della disciplina ai soli principi fondamentali gia' evidenziato. L'invasione delle competenze regionali appare ancor piu' grave in quanto le disposizioni qui in discussione prescindono del tutto da ogni forma collaborativa delle regioni rispetto ai decreti che dovranno essere emanati per fissare i nuovi diritti in materia aeroportuale, ai sensi dell'art. 11-nonies e le nuove misure in tema di sicurezza aeroportuale ai sensi dell'art. 11-duodecies. Per meglio comprendere questo profilo, va ricordato che di recente codesta Corte e' stata chiamata a giudicare della nuova normativa statale sulle nomine delle autorita' portuali (materia analoga a quella degli aeroporti, tanto da essere affiancata ad essa nella declaratoria costituzionale delle materie), con specifico riferimento alla nomina del Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste. Alcune regioni avevano impugnato tali disposizioni proprio sulla base dell'assunto che erano state violate le competenze regionali concorrenti, trattandosi della materia «porti e aeroporti civili». La Corte costituzionale, nella sent. 7 ottobre 2005, n. 378, ha in parte accolto le questioni sollevate, facendo specificamente leva sullo svilimento del potere di codeterminazione riconosciuto alla regione. Dibattendosi del potere di nomina spettante allo Stato, con intesa degli enti locali, e dei meccanismi per superare l'eventuale dissenso, la Corte ha precisato - in maniera assai significativa anche ai nostri fini - che: «L'esigenza di leale cooperazione, insita nell'intesa, non esclude a priori la possibilita' di meccanismi idonei a superare l'ostacolo che, alla conclusione del procedimento, oppone il mancato raggiungimento di un accordo sul contenuto del provvedimento da adottare; anzi, la vastita' delle materie oggi di competenza legislativa concorrente comporta comunque, specie quando la rilevanza degli interessi pubblici e' tale da rendere imperiosa l'esigenza di provvedere, l'opportunita' di prevedere siffatti meccanismi, fermo il loro carattere sussidiario rispetto all'impegno leale delle parti nella ricerca di una soluzione condivisa. Tali meccanismi, quale che ne sia la concreta configurazione, debbono in ogni caso essere rispettosi delle esigenze insite nella scelta, operata dal legislatore costituzionale, con il disciplinare la competenza legislativa in quella data materia: e pertanto deve trattarsi di meccanismi che non stravolgano il criterio per cui alla legge statale compete fissare i principi fondamentali della materia; che non declassino l'attivita' di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attivita' consultiva; che prevedano l'allocazione delle funzioni amministrative nel rispetto dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza di cui all'art. 118 Cost.» (sent. n. 378 del 2005, 1/2 4.3 Cons. diritto). Altro passaggio di interesse e' nel par. 5 del Considerato in diritto della medesima decisione: «Ne discende che se la scelta, operata dal legislatore statale nel 1994, di coinvolgere la regione nel procedimento di nomina del presidente costituisce riconoscimento del ruolo del porto nell'economia regionale e, prima ancora, locale (donde il potere di proposta riconosciuto alla provincia, al comune ed alla camera di commercio), la scelta del legislatore costituente del 2001 - di inserire la materia «porti e aeroporti civili» nel terzo comma dell'art. 117 Cost. - non puo' essere intesa quale «declassamento» degli interessi dell'intera comunita' nazionale connessi all'attivita' dei piu' importanti porti: interessi, anche questi, la cui cura e', con la vastita' dei compiti assegnatigli ed il ruolo riconosciutogli, affidata in primo luogo al presidente, e pertanto la sua nomina, come era attribuita al Ministro dalla legge generale del 1994, cosi' resta a lui attribuita dalla medesima legge-quadro che ancora oggi governa la materia». Se ne desume in maniera agevole che i meccanismi dell'intesa qualificano in modo determinante la legittimita' costituzionale delle disposizioni che ricadono in materia di competenza concorrente. Ne discende che, rispetto alla legge n. 248 del 2005, la mancanza di ogni forma di intesa Stato-regioni rispetto al procedimento di nuova determinazione della misura dei diritti aeroportuali e delle regole di sicurezza aeroportuale configura un vizio palese di legittimita' costituzionale. Secondo motivo. Violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost. sulla spettanza della potesta' regolamentare. Un altro profilo di violazione delle attribuzioni regionali va rinvenuto nel fatto che la competenza ad emanare gli atti regolamentari per la concreta determinazione delle nuove misure dei diritti aeroportuali e' stata affidata ad organi statali. L'art. 117, comma 6, Cost., non lascia dubbi circa la legittimita' di un potere regolamentare dello Stato soltanto nelle materie di competenza esclusiva dello Stato medesimo, in quanto dispone: «La potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni. La potesta' regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia». Secondo quanto gia' rilevato, gli elementi disciplinati negli artt. 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, vanno ricondotti, almeno per la gran parte, alla materia «aeroporti civili», di competenza concorrente ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost.; ne discende che la relativa potesta' regolamentare non puo' che spettare alle regioni, come codesta Corte ha piu' volte ribadito rispetto a casi analoghi, specificando che nelle materie di competenza concorrente «deve escludersi la possibilita' per lo Stato di intervenire in tale materia con atti normativi di rango sublegislativo, in considerazione di quanto disposto dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione» (cosi' Corte cost., sent. n. 329 del 2003; poi sent. n. 26, 36 e 256 del 2004, n. 31 del 2005). Ne discende che, anche per la parte in cui viola l'art. 117, comma 6, Cost., la legge n. 248 del 2005 - in particolare negli artt. 11-nonies e 11-duodecis - invade le competenze regionale va quindi ritenuto incostituzionale. Alle medesime conclusioni si giunge anche ove si consideri la (possibile) sovrapposizione di competenze statali esclusive e di competenze concorrenti nella medesima materia. Come risolvere la spettanza del potere regolamentare non potendo pensare ad un potere regolamentare ripartito fra Stato e regioni, in senso concorrente o per «pezzi» di materia? Il problema e' gia' stato esaminato e risolto da codesta Corte, relativamente alla spettanza della potesta' regolamentare sugli IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), enti pubblici nazionali con competenze in materia sanitaria e di ricerca (con intreccio di competenze esclusive statali e concorrenti). Nella recente sent. 7 luglio 2005, n. 270, si precisa che «la competenza dello Stato a legiferare nella materia «ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti pubblici nazionali» contemplata nella richiamata lettera g) del secondo comma dell'art. 117 Cost. non puo' assumere le caratteristiche di un titolo «trasversale» in grado di legittimare qualsivoglia intervento legislativo indipendentemente dalle specifiche funzioni che ad un determinato ente pubblico vengano in concreto attribuite e dalle materie di competenza legislativa cui tali funzioni afferiscano». Pertanto, «un intervento come quello appena accennato, al fine di evitare un improprio svuotamento delle nuove prescrizioni costituzionali, esige non solo l'attenta valutazione dell'effettiva sussistenza delle condizioni legittimanti (necessarieta' dell'attrazione al livello statale della funzione e della relativa disciplina regolativa, nonche' idoneita', pertinenza logica e proporzionalita' di tale disciplina rispetto alle esigenze di regolazione della suddetta funzione), ma anche la previsione di adeguate forme di coinvolgimento delle regioni interessate, secondo i moduli di leale collaborazione piu' volte indicati come ineliminabili da questa Corte (cfr., fra le altre, le sentenze. n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003)». In buona sostanza, la compresenza di titoli di competenza statale esclusiva e concorrente fra Stato e regioni su una medesima materia comporta che il potere regolamentare possa essere esercitato dallo Stato, ma tuttavia con un'intesa regionale. I regolamenti in materia aeroportuale previsti negli art. 11-nonies, e 11-duodecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, prescindono invece da ogni forma di intesa o di collaborazione con le regioni (sarebbe bastato un parere della Conferenza Stato-regioni), per cui viene violato il disposto dell'art. 117, sesto comma, Cost., per come interpretato e applicato dalla giurisprudenza costituzionale. Terzo motivo. Violazione degli artt. 117, primo comma, e 11 Cost. sull'obbligo del rispetto dei vincoli comunitari. Il vigente art. 117, primo comma, Cost. dispone che «La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Appare evidente che il legislatore di riforma costituzionale abbia voluto specificare che anche le norme comunitarie costituiscono uno specifico vincolo di legittimita' per il legislatore statale e regionale, come gia' desumibile dall'art. 11 Cost. e come applicato da codesta Corte nei giudizi di legittimita' costituzionale, sia promossi dallo Stato avverso atti legislativi regionali (sent. n. 384 del 1994, n. 85 e 424 del 1999 e ora n. 406 del 2005), sia promossi dalle regioni avverso atti legislativi statali (sent. n. 94 del 1995). Particolarmente significativa appare quest'ultima decisione nella quale si e' spiegato che va differenziato il caso in cui il conflitto con norma comunitaria sia proposto in un giudizio di costituzionalita' incidentale ovvero in un giudizio di costituzionalita' principale, potendosi solo il primo risolvere nel senso della inammissibilita' della questione in forza della disapplicazione che deve disporre il giudice comune. Codesta Corte ha infatti ben chiarito che «Diverso e' il caso in cui il medesimo contrasto tra norma interna e norma comunitaria si manifesti nell'ambito di un giudizio di legittimita' costituzionale instaurato in via principale, tanto piu' dopo che questa Corte (v. sentenza n. 389 del 1989), quasi in concomitanza con la Corte di giustizia europea (v. sentenza 22 giugno 1989, in causa n. 103/1988), ha riconosciuto che vincolati a non dare applicazione alle norme interne confliggenti con quelle comunitarie sono anche gli organi della pubblica amministrazione, vale a dire soggetti sforniti del potere di dichiarazione del diritto. Proprio in quella decisione, subito dopo l'anzidetto riconoscimento, questa Corte ha precisato che la «non applicazione» della norma interna confliggente con quella comunitaria non fa venir meno «l'esigenza che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali incompatibilita' o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie», esigenza che se, sul piano dell'ordinamento nazionale, [...] si collega al principio della certezza del diritto, sul piano comunitario, invece, rappresenta una garanzia cosi' essenziale al principio della prevalenza del proprio diritto su quelli nazionali da costituire l'oggetto di un preciso obbligo per gli Stati membri (v. sentenza n. 389 del 1989, punto 4 in diritto). Con la sentenza n. 384 del 1994 la Corte costituzionale, nell'ambito di un giudizio di costituzionalita' sollevato in via principale avverso una legge regionale, ha per la prima volta affermato che l'esigenza di depurare l'ordinamento nazionale da norme incompatibili con quelle comunitarie, essendo ancorata al valore costituzionale comportante la chiarezza normativa e la certezza nell'applicazione del diritto da parte di tutti i sottoposti alla legge, puo' essere soddisfatta anche con una dichiarazione d'illegittimita' costituzionale. Ed, invero, poiche' nei giudizi di costituzionalita' in via principale l'oggetto del giudizio stesso, non e' una norma in quanto applicabile, ma una norma di per se' lesiva delle competenze costituzionalmente garantite alle regioni (nel caso di impugnazione di leggi statali da parte delle regioni) o ex se violatrice di norme costituzionali (nel caso di impugnazione di leggi regionali da parte dello Stato) - tanto che in tali giudizi possono essere contestate anche disposizioni di legge non ancora efficaci o ad efficacia differita (v. sentenze nn. 224 del 1990, 242 del 1989, 39 del 1971, 37 del 1966, 75 del 1957) - non si rinviene, come invece nei giudizi in via incidentale, alcun ostacolo processuale in grado di precludere alla Corte la piena salvaguardia, con proprie decisioni, del valore costituzionale della certezza e della chiarezza normativa di fronte a ipotesi di contrasto di una norma interna con una comunitaria. Ne' e' senza significato la considerazione che, dati i ricordati caratteri del giudizio in via principale, la non applicabilita' della norma interna confliggente con quella comunitaria rappresenterebbe, nei casi in cui il contrasto normativo si palesasse nell'ambito di quel giudizio, una garanzia inadeguata rispetto al soddisfacimento del dovere, fondato sull'art. 5 del Trattato di Roma e sull'art. 11 della Costituzione, di dare pieno e corretto adempimento agli obblighi comunitari» (sent. n. 94 del 1995, 1/2 2 Cons. diritto). Questa giurisprudenza va applicata a fortiori dopo l'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 117, primo comma, Cost., come puntualmente avvenuto gia' in giudizio principale promosso dallo Stato avverso legge regionale (cfr. sent. n. 406 del 1995). Le medesime ragioni militano, poi, a ritenere che anche la regione possa far valere l'incostituzionalita' della legge dello Stato che violi (anche il diritto comunitario). Tutto cio' accade puntualmente nel caso qui in discussione. Gli artt. 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, si pongono in contrasto con una serie di norme e principi sanciti dal diritto comunitario. Le misure cosi' disposte costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'art. 87 del Trattato CE, in quanto realizzano benefici economici a favore dei vettori aerei, in particolare di quelli che maggiormente operano sugli scali italiani, mediante l'utilizzo di risorse statali. Attraverso esse si determina una riduzione ingiustificata di alcuni costi di produzione delle compagnie aeree (soprattutto diritti aeroportuali) che operano in Italia, concedendo loro un chiaro vantaggio competitivo rispetto alle compagnie che non utilizzano gli scali italiani e producendo, cosi', effetti lesivi della concorrenza sul mercato europeo del trasporto aereo (cfr., ex multis, sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 1980, causa C-730/1979, Philip Morris c. Commissione). Piu' in particolare l'art. 11-nonies, comma 1, della legge n. 248 del 2005 nel riformare il sistema di determi-nazione dei diritti aeroportuali, rappresenta un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87 del Trattato CE in quanto determina una «compressione» dei ricavi dei gestori aeroportuali «pubblici», a vantaggio dei vettori aerei. Il nuovo metodo di calcolo della misura iniziale dei diritti, includendo i ricavi del gestore aeroportuale derivanti dalle attivita' commerciali e non regolamentate, non e' conforme all'attuale posizione comunitaria in materia di corrispettivi per l'utilizzo delle infrastrutture aeroportuali (cfr. Documento della Commissione in merito alla Capacita' aeroportuale, efficienza e sicurezza in Europa, 15 settembre 2005. In particolare, i servizi della Commissione fanno riferimento alla raccomandazione dell'ICAO sul prefinanziamento dei progetti aeroportuali. Posizione dell'ICAO sulle tariffe per gli aeroporti e per i servizi di navigazione aerea, Documento 9082/7, settima edizione - 2004). Inoltre tali disposizioni comportano una ingiustificata riduzione degli introiti dei gestori aeroportuali nonche' un grave pregiudizio e la discriminazione dei gestori privati dovuta alla evidente penalizzazione del capitale dagli stessi investito. Pertanto, si pongono in contrasto con principio di non discriminazione tra proprieta' pubblica e privata (artt. 43 e ss. Trattato CE), e le liberta' fondamentali di libera circolazione dei capitali e dei servizi di cui agli artt. 56 ss. e 49 ss. del Trattato CE. Tali regimi di aiuti introdotti dalla legge n. 248 del 2005, inoltre, non essendo stato preventivamente notificati alla Commissione, hanno violato altresi' l'obbligo di standstill previsto dall'art. 88, n. 3, del Trattato CE, e costituiscono pertanto un aiuto illegale (Regolamento CE n. 659/99 del Consiglio del 22 marzo 1999 sulle modalita' di applicazione dell'art. 88 del Trattato CE). Per tutte le ragioni esposte le disposizioni degli artt. 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, violando le esposte norme comunitarie, si pongono anche in conflitto con l'art. 117, commi 1, e l'art. 11 Cost.P. Q. M. Si chiede la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248, per violazione dell'art. 117, commi primo, terzo, quarto e sesto e dell'art. 11 Cost. Rorna, addi' 2 gennaio 2006