RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 febbraio 2006 , n. 18
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 febbraio 2006 (della Regione Piemonte)

(GU n. 10 dell'8-3-2006) 
 
    Ricorso  per la regione Piemonte, in persona del presidente della
giunta  regionale  pro  tempore,  autorizzato con deliberazione della
giunta  regionale  n. 45-2048  del  23 gennaio  2006  rappresentata e
difesa  dal  prof.  avv. Alfonso Celotto e dagli avv. Ernesto Conte e
Michele  Conte,  presso  il  loro studio elettivamente domiciliati in
Roma,  via Ennio Quirino Visconti n. 99, in forza di procura speciale
a margine del presente atto;

    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli articoli
11-nonies,  11-decies,  11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies della
legge   2  dicembre  2005,  n. 248,  di  conversione  in  legge,  con
modificazioni, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, recante «Misure di
contrasto  all'evasione  fiscale  e  disposizioni  urgenti in materia
tributaria e finanziaria», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 281
del 2 dicembre 2005 - supplemento ordinario n. 195.

                              F a t t o

    1. - Nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 18 ottobre 2005 e' stato
pubblicato  il  d.l. 17 ottobre 2005, n. 211, recante «Misure urgenti
per   il   raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica  e
disposizioni in materia aeroportuale».
    Si  tratta  di  un d.l. ad oggetto plurimo, in quanto recante una
serie  di  norme  omnibus  tese  al raggiungimento degli obiettivi di
finanza pubblica per l'anno 2006, sulla scorta di quanto previsto nel
D.P.E.F.  2006-2009;  e  alcune disposizioni in materia aeroportuale,
come  si  desume  dal titolo stesso del d.l. che specifica il «doppio
oggetto»  del  provvedimento di (pseudo) urgenza: «Misure urgenti per
il  raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni
in materia aeroportuale».
    Si  tratta  inoltre  di  un d.l. ad efficacia non immediata, come
espressamente  dichiarato  dallo  stesso art. 13, comma 2, secondo il
quale  «Le  disposizioni  di  cui  agli  articoli  4,  5, 7 e 8 hanno
efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2006».
    L'art. 7,  sulla razionalizzazione ed efficientamento del settore
dei  gestori  aeroportuali,  dispone alcune modificazioni all'art. 10
della  legge  24  dicembre 1993, n. 537 e l'abrogazione del comma 190
dell'art. 2 della stessa norma.
    Precisamente,  ai  sensi dell' art. 7, primo comma lettera a), il
comma  10 dell'art. 10 della legge n. 537 e' sostituito dal seguente:
«10.  La  misura  dei diritti aeroportuali di cui alla legge 5 maggio
1976,  n. 324,  e  successive  modificazioni,  e'  determinata  per i
singoli  aeroporti,  sulla  base  di  criteri stabiliti dal CIPE, con
decreti  del  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  di
concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze.  Con i
medesimi   decreti   viene   altresi'   fissata,   per   un   periodo
predeterminato,   comunque   compreso  tra  tre  e  cinque  anni,  la
variazione   massima   annuale   applicabile   ai   medesimi  diritti
aeroportuali. La variazione e' determinata prendendo a riferimento il
tasso  di  inflazione  programmato,  l'obiettivo  di  recupero  della
produttivita' assegnato al gestore aeroportuale, la remunerazione del
capitale   investito,   gli   ammortamenti   dei  nuovi  investimenti
realizzati  con  capitale proprio o di credito, che sono stabiliti in
contratti   di   programma   stipulati   tra   l'ENAC  e  il  gestore
aeroportuale,  approvati  dal  Ministro  delle  infrastrutture  e dei
trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
La  misura  iniziale  dei  diritti  e  l'obiettivo  di recupero della
produttivita'  assegnato  vengono determinati tenendo conto: a) di un
sistema   di  contabilita'  analitica,  certificato  da  societa'  di
revisione  contabile,  che consenta l'individuazione dei ricavi e dei
costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e
non  regolamentati,  quali  lo  svolgimento di attivita' commerciali,
offerti   sul   sedime  aeroportuale;  b)del  livello  qualitativo  e
quantitativo  dei  servizi offerti; c) delle esigenze di recupero dei
costi,  in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture
aeroportuali;  d)  dell'effettivo  conseguimento  degli  obiettivi di
tutela  ambientale;  e)di una quota non inferiore al 50 per cento del
margine   conseguito  dal  gestore  aeroportuale  in  relazione  allo
svolgimento  nell'ambito  del  sedime  aeroportuale  di attivita' non
regolamentate».
    A  seguire,  lettera  b)  del  primo  comma  dell'art. 7  dispone
l'inserimento,  dopo  il  comma  10 di cui alla lettera a), dei commi
10-bis,  10-ter e l0-quater cosi' formulati: «10-bis. E' soppressa la
maggiorazione del 50 per cento dei diritti aeroportuali applicata nei
casi  di  approdo  o partenza nelle ore notturne, di cui alla legge 5
maggio 1976, n. 324»; «10-ter. Il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti,  di  concerto,  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze,  puo'  definire  norme  semplificative,  rispetto  a  quelle
previste  al comma 10, per la determinazione dei diritti aeroportuali
per  gli  aeroporti  aventi un traffico inferiore a 600.000 unita' di
carico,  ciascuna equivalente ad un passeggero o cento chili di merce
o di posta»; «l0-quater. La metodologia di cui al comma 10 si applica
anche  per  la  determinazione  dei  corrispettivi  per  i servizi di
sicurezza  previsti  dall'art.  5, comma 3, del d.l. 18 gennaio 1992,
n. 9,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1992,
n. 217, nonche' per la determinazione della tassa di imbarco e sbarco
sulle  merci  trasportate  per  via aerea in base al d.l. 28 febbraio
1974,  n. 47,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 16 aprile
1974, n. 117».
    L'art. 8  del  d.l. n. 211, rubricato «Competitivita' del sistema
aeroportuale», prevede che, al fine di incrementare la competitivita'
e  razionalizzare il sistema del trasporto aereo nazionale, «i canoni
di  concessione demaniale, istituiti dal d.l. 28 giugno 1995, n. 251,
convertito,  con  modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 351, e
successive  modificazioni,  sono  ridotti  del 75 per cento fino alla
data  di  introduzione  del  sistema  di  determinazione  dei diritti
aeroportuali  di  cui  all'art.  7».  Il  secondo  comma dello stesso
articolo   precisa   che   «Fino   alla  determinazione  dei  diritti
aeroportuali  di  cui  alla legge 5 maggio 1976, n. 324, e successive
modificazioni,  secondo  le modalita' previste nel comma 10 dell'art.
10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall'art. 7,
la  misura  dei diritti aeroportuali attualmente in vigore e' ridotta
in  misura  pari  all'importo della riduzione dei canoni demaniali di
cui  al  comma  1.  Detta  misura e' ulteriormente ridotta del 10 per
cento  per  i  gestori  che  non  adottano un sistema di contabilita'
analitica,  certificato  da  societa'  di  revisione  contabile,  che
consenta  l'individuazione, per tutti i servizi offerti, dei ricavi e
dei costi di competenza afferenti a ciascun singolo servizio».
    Si  tratta,  in  buona  sostanza,  di disposizioni che riscrivono
temporaneamente  il  sistema  dei  diritti  aeroportuali  (art. 8)  e
conferiscono  potesta' regolamentare al Ministro delle infrastrutture
e  dei  trasporti,  di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze  di  riscrivere  tale  disciplina  pro futuro (art. 7), senza
tener  conto delle competenze regionali in materia nonche' frustrando
illegittimamente  l'affidamento  degli operatori del mercato, i quali
si  vedono  modificate  ex  lege  le  condizioni  con cui operare con
violazione del principio di liberta' di iniziativa economica (art. 41
Cost.)  e  del  principio  di  affidamento  nella sicurezza giuridica
(art. 3  Cost.);  con un sostanziale svuotamento - senza indennizzo -
del  contenuto  economico  della  concessione  aeroportuale  (art. 42
Cost.)  e con una violazione dei principi di liberta' di stabilimento
e non discriminazione fissati nel Trattato della Comunita' europea.
    Sul medesimo ambito incidono le disposizioni successive.
    L'art. 9,  in tema di sviluppo delle infrastrutture aeroportuali,
dispone  che  la programmazione degli interventi infrastrutturali per
il  settore  dell'aviazione civile, di competenza del Ministero delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  soddisfi,  in via prioritaria, le
esigenze  dei collegamenti con gli aeroporti d'interesse nazionale e,
in  particolare,  con  gli  hub  aeroportuali  di Roma Fiumicino e di
Milano  Malpensa. Mentre il successivo art. 10 conferisce al Ministro
delle  infrastrutture  e  dei trasporti e al Ministro dell'interno la
competenza  ad  emanare  regolamenti di nuova disciplina delle misure
per la sicurezza aeroportuale.
    Inoltre,  secondo  l'art. 11  di detto d.l., in applicazione alla
normativa   di  settore,  per  i  servizi  regolamentati  o  comunque
sottoposti  alla  vigilanza dell'ENAC in base alla direttiva 96/67/CE
del Consiglio, del 15 ottobre 1996, «non possono essere applicati dai
gestori  aeroportuali  e  dai  fornitori dei servizi sovrapprezzi, in
particolare    royalties   sulla   fornitura   di   carburanti,   non
effettivamente connessi ai costi sostenuti per l'offerta del medesimo
servizio».
    2.  -  Nelle more delle conversione in legge, il Governo ha fatto
transitare tali disposizioni nella legge di conversione di altro d.l.
    Gli  artt. 7, 11 del d.l. n. 211 del 2005 sono cosi' divenuti, in
testo    pressoche'    analogo,   gli   artt. 11-nonies,   11-decies,
11-undecies,  11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  di  conversione  in  legge,  con  modificazioni, del d.l. 30
settembre  2005,  n. 203,  recante  «Misure di contrasto all'evasione
fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria».
    Tale legge e stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del
2 dicembre 2005 - supplemento ordinario n. 195.
    Ad  avviso  della  Regione  Piemonte, tali disposizioni risultano
costituzionalmente  illegittime  e  lesive  della  sfera regionale di
competenza per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    Primo  motivo. Vio1azione dell'art. 117, terzo comma Cost., sulla
competenza concorrente della regione in materia di aeroporti civili.
    Gli   artt. 11l-nonies,   11-decies,  11-undecies,  11-duodecies,
11-terdecies  della  legge 2 dicembre 2005, n. 248 (gia' artt. 7 e 11
del d.l. n. 221 del 2005), come esposto in fatto, oltre a violare una
serie di parametri costituzionali che non possono essere fatti valere
dalla regione (artt. 3, 41, 42 e 77 Cost.), confliggono con l'assetto
regionale  delle  competenze  per come delineato nell'art. 117 Cost.:
tali  disposizioni  vertono  in  materia aeroportuale, senza tener in
alcun conto le competenze regionali sussistenti al riguardo.
    Non   occorre   dilungarsi   per   rammentare   come  la  riforma
costituzionale  del  2001  abbia capovolto l'assetto delle competenze
legislative,  richiedendo  che sia lo Stato a rinvenire il fondamento
dei propri interventi normativi.
    Rispetto  al  caso  qui  in  discussione, un titolo di competenza
statale  puo'  essere  rinvenuto nel terzo comma dell'art. 117 Cost.,
che  tra  le  materie  di  competenza  concorrente  prevede «porti ed
aeroporti civili».
    Tuttavia,  le  materie di competenza concorrente comportano, come
recita  l'ultimo periodo dell'art. 117, terzo comma, che «spetta alle
regioni  la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
    E'   agevole   rilevare   che   gli  artt. 1l-nonies,  11-decies,
11-undecies,  11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,   ignorano  completamente  la  competenza  concorrente  della
regione,   non   limitandosi   assolutamente   a   fissare   principi
fondamentali,  ma  recando  direttamente  specifiche  e minute regole
precettive,  cosi'  invadendo la competenza regionale come piu' volte
applicato  e ribadito dalla giurisprudenza di codesta Corte (cfr., da
ultimo,  sent.  n. 329  del  2003;  n. 282 del 2004; n. 120 e 147 del
2005).
    Alle  medesime conclusioni si giunge anche ove si sostenga che la
materia  trattata dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, nella parte in
cui  riguarda  gli  aeroporti  non  sia  da  ricomprendere nella sola
materia  «aeroporti civili» di competenza concorrente, ma costituisca
piuttosto  una  materia  c.d.  trasversale,  in cui sono «raccolti ed
intrecciati   tra  loro  interessi  molteplici  che  mettono  capo  a
competenze  differenziate,  distribuite  tra  enti  locali, regioni e
Stato»  (cosi'  sent.  n. 96  del  2003,  piu'  volte successivamente
ripresa).
    Si   puo'   infatti   sostenere   che   le   disposizioni   degli
artt. 11-nonies,  11-decies,  11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies
della  legge  2  dicembre 2005, n. 248 tocchino anche materie come la
«tutela   della   concorrenza»,   la   «sicurezza»   e   la   «tutela
dell'ambiente»  di  competenza esclusiva statale ai sensi delle lett.
e),  h)  ed  s)  dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.;  ed  altre  di
competenza  concorrente,  come il «governo del territorio» (art. 117,
terzo comma).
    Si   tratterebbe,   in  buona  sostanza,  di  un  ambito  in  cui
interferiscono  piu'  materie,  spettanti  alcune esclusivamente allo
Stato,   altre   alla   competenza  concorrente,  altre  ancora  alla
competenza residuale della regione.
    La  Corte  gia'  si  e' trovata ad affrontare ipotesi del genere,
osservando  (rispetto all'intreccio di competenze relativo al mercato
del  lavoro)  che  «in  tali  ipotesi puo' parlarsi di concorrenza di
competenze  e  non  di  competenza  ripartita  o  concorrente. Per la
composizione  di  siffatte  interferenze  la Costituzione non prevede
espressamente  un  criterio  ed  e'  quindi  necessaria l'adozione di
principi  diversi:  quello  di  leale  collaborazione, che per la sua
elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle singole
situazioni,  ma  anche quello della prevalenza, cui pure questa Corte
ha  fatto  ricorso, qualora appaia evidente l'appartenenza del nucleo
essenziale  di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad
altre» (sent. n. 50 del 2005, 1/2 5 Cons. diritto).
    Appare  ora palese che, comunque, gli artt. 11-nonies, 11-decies,
11-undecies,  11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  violerebbero  arbitrariamente  le  competenze  regionali, in
qualsivoglia delle due opzioni si applichi.
    Nel caso in cui si opini che la materia aeroportuale disciplinata
dalla   legge   n. 248  del  2005  rappresenti  una  «concorrenza  di
competenze»  manca  ogni  forma  collaborativa  per  salvaguardare  i
profili  di  competenza  regionale  (secondo  quanto si specifichera'
meglio di qui a poco).
    Nel caso in cui si voglia applicare il criterio della prevalenza,
appare  evidente  che  al  caso  qui in discussione sia senz'altro da
ritenere  prevalente  la  materia  «aeroporti  civili», rispetto alle
altre  materie (possibilmente) interferenti supra richiamate («tutela
della concorrenza», «sicurezza», «tutela dell'ambiente», «governo del
territorio»):  ma  allora ricadremmo nel vizio di mancata limitazione
della disciplina ai soli principi fondamentali gia' evidenziato.
    L'invasione delle competenze regionali appare ancor piu' grave in
quanto  le  disposizioni  qui in discussione prescindono del tutto da
ogni  forma  collaborativa  delle  regioni  rispetto  ai  decreti che
dovranno  essere  emanati  per  fissare  i  nuovi  diritti in materia
aeroportuale,  ai sensi dell'art. 11-nonies e le nuove misure in tema
di sicurezza aeroportuale ai sensi dell'art. 11-duodecies.
    Per  meglio  comprendere  questo  profilo,  va  ricordato  che di
recente  codesta  Corte  e'  stata  chiamata  a giudicare della nuova
normativa  statale  sulle  nomine  delle  autorita' portuali (materia
analoga  a quella degli aeroporti, tanto da essere affiancata ad essa
nella  declaratoria  costituzionale  delle  materie),  con  specifico
riferimento  alla  nomina  del  Presidente dell'Autorita' portuale di
Trieste.
    Alcune  regioni avevano impugnato tali disposizioni proprio sulla
base  dell'assunto  che  erano  state violate le competenze regionali
concorrenti, trattandosi della materia «porti e aeroporti civili».
  La  Corte costituzionale, nella sent. 7 ottobre 2005, n. 378, ha in
parte  accolto  le  questioni  sollevate, facendo specificamente leva
sullo  svilimento  del  potere  di codeterminazione riconosciuto alla
regione.
    Dibattendosi  del  potere  di  nomina  spettante  allo Stato, con
intesa  degli  enti locali, e dei meccanismi per superare l'eventuale
dissenso,  la  Corte  ha  precisato  - in maniera assai significativa
anche ai nostri fini - che: «L'esigenza di leale cooperazione, insita
nell'intesa,  non  esclude  a  priori  la  possibilita' di meccanismi
idonei  a superare l'ostacolo che, alla conclusione del procedimento,
oppone  il  mancato  raggiungimento  di  un accordo sul contenuto del
provvedimento  da  adottare;  anzi, la vastita' delle materie oggi di
competenza  legislativa  concorrente comporta comunque, specie quando
la  rilevanza  degli  interessi pubblici e' tale da rendere imperiosa
l'esigenza   di  provvedere,  l'opportunita'  di  prevedere  siffatti
meccanismi,  fermo il loro carattere sussidiario rispetto all'impegno
leale delle parti nella ricerca di una soluzione condivisa.
    Tali  meccanismi,  quale  che  ne sia la concreta configurazione,
debbono  in  ogni  caso essere rispettosi delle esigenze insite nella
scelta,  operata  dal legislatore costituzionale, con il disciplinare
la  competenza  legislativa  in  quella data materia: e pertanto deve
trattarsi  di meccanismi che non stravolgano il criterio per cui alla
legge  statale compete fissare i principi fondamentali della materia;
che   non   declassino   l'attivita'   di  codeterminazione  connessa
all'intesa   in   una   mera   attivita'  consultiva;  che  prevedano
l'allocazione delle funzioni amministrative nel rispetto dei principi
di   sussidiarieta',   differenziazione   ed   adeguatezza   di   cui
all'art. 118 Cost.» (sent. n. 378 del 2005, 1/2 4.3 Cons. diritto).
    Altro  passaggio  di  interesse  e' nel par. 5 del Considerato in
diritto  della  medesima  decisione:  «Ne  discende che se la scelta,
operata  dal  legislatore statale nel 1994, di coinvolgere la regione
nel  procedimento di nomina del presidente costituisce riconoscimento
del  ruolo  del porto nell'economia regionale e, prima ancora, locale
(donde  il  potere di proposta riconosciuto alla provincia, al comune
ed  alla  camera di commercio), la scelta del legislatore costituente
del  2001  -  di  inserire  la materia «porti e aeroporti civili» nel
terzo  comma  dell'art.  117  Cost.  -  non  puo' essere intesa quale
«declassamento»   degli  interessi  dell'intera  comunita'  nazionale
connessi  all'attivita'  dei  piu' importanti porti: interessi, anche
questi,  la  cui cura e', con la vastita' dei compiti assegnatigli ed
il  ruolo  riconosciutogli,  affidata in primo luogo al presidente, e
pertanto  la  sua nomina, come era attribuita al Ministro dalla legge
generale  del  1994,  cosi'  resta  a  lui  attribuita dalla medesima
legge-quadro che ancora oggi governa la materia».
    Se  ne  desume  in  maniera  agevole che i meccanismi dell'intesa
qualificano in modo determinante la legittimita' costituzionale delle
disposizioni che ricadono in materia di competenza concorrente.
    Ne discende che, rispetto alla legge n. 248 del 2005, la mancanza
di  ogni  forma  di  intesa Stato-regioni rispetto al procedimento di
nuova  determinazione  della  misura dei diritti aeroportuali e delle
regole  di  sicurezza  aeroportuale  configura  un  vizio  palese  di
legittimita' costituzionale.
    Secondo  motivo.  Violazione  dell'art. 117,  sesto  comma, Cost.
sulla spettanza della potesta' regolamentare.
    Un  altro  profilo  di violazione delle attribuzioni regionali va
rinvenuto   nel   fatto   che  la  competenza  ad  emanare  gli  atti
regolamentari  per  la concreta determinazione delle nuove misure dei
diritti aeroportuali e' stata affidata ad organi statali. L'art. 117,
comma  6,  Cost., non lascia dubbi circa la legittimita' di un potere
regolamentare  dello  Stato  soltanto  nelle  materie  di  competenza
esclusiva  dello  Stato  medesimo,  in  quanto  dispone: «La potesta'
regolamentare   spetta  allo  Stato  nelle  materie  di  legislazione
esclusiva,  salva  delega  alle  regioni.  La  potesta' regolamentare
spetta  alle  regioni  in  ogni  altra  materia». Secondo quanto gia'
rilevato, gli elementi disciplinati negli artt. 11-nonies, 11-decies,
11-undecies,  11-duodecies, 11-terdecies della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  vanno  ricondotti,  almeno  per  la gran parte, alla materia
«aeroporti civili», di competenza concorrente ai sensi dell'art. 117,
comma  3,  Cost.;  ne discende che la relativa potesta' regolamentare
non  puo' che spettare alle regioni, come codesta Corte ha piu' volte
ribadito  rispetto a casi analoghi, specificando che nelle materie di
competenza  concorrente «deve escludersi la possibilita' per lo Stato
di   intervenire   in  tale  materia  con  atti  normativi  di  rango
sublegislativo,  in  considerazione di quanto disposto dall'art. 117,
sesto comma, della Costituzione» (cosi' Corte cost., sent. n. 329 del
2003; poi sent. n. 26, 36 e 256 del 2004, n. 31 del 2005).
    Ne  discende  che,  anche  per  la parte in cui viola l'art. 117,
comma  6,  Cost.,  la  legge  n. 248  del 2005 - in particolare negli
artt. 11-nonies  e  11-duodecis  -  invade le competenze regionale va
quindi ritenuto incostituzionale.
    Alle  medesime  conclusioni  si  giunge anche ove si consideri la
(possibile)  sovrapposizione  di  competenze  statali  esclusive e di
competenze  concorrenti  nella  medesima  materia.  Come risolvere la
spettanza  del  potere regolamentare non potendo pensare ad un potere
regolamentare  ripartito  fra Stato e regioni, in senso concorrente o
per «pezzi» di materia?
    Il  problema  e' gia' stato esaminato e risolto da codesta Corte,
relativamente alla spettanza della potesta' regolamentare sugli IRCCS
(Istituti  di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), enti pubblici
nazionali  con  competenze  in  materia  sanitaria  e di ricerca (con
intreccio di competenze esclusive statali e concorrenti).
    Nella  recente  sent.  7  luglio 2005, n. 270, si precisa che «la
competenza  dello  Stato  a  legiferare  nella materia «ordinamento e
organizzazione   amministrativa   degli   enti   pubblici  nazionali»
contemplata   nella   richiamata   lettera g)   del   secondo   comma
dell'art. 117 Cost. non puo' assumere le caratteristiche di un titolo
«trasversale»   in   grado  di  legittimare  qualsivoglia  intervento
legislativo  indipendentemente  dalle  specifiche  funzioni che ad un
determinato  ente  pubblico  vengano  in  concreto attribuite e dalle
materie di competenza legislativa cui tali funzioni afferiscano».
    Pertanto, «un intervento come quello appena accennato, al fine di
evitare   un   improprio   svuotamento   delle   nuove   prescrizioni
costituzionali,  esige  non solo l'attenta valutazione dell'effettiva
sussistenza     delle    condizioni    legittimanti    (necessarieta'
dell'attrazione  al  livello  statale della funzione e della relativa
disciplina   regolativa,   nonche'  idoneita',  pertinenza  logica  e
proporzionalita'   di  tale  disciplina  rispetto  alle  esigenze  di
regolazione  della  suddetta  funzione),  ma  anche  la previsione di
adeguate forme di coinvolgimento delle regioni interessate, secondo i
moduli di leale collaborazione piu' volte indicati come ineliminabili
da  questa  Corte  (cfr.,  fra le altre, le sentenze. n. 6 del 2004 e
n. 303 del 2003)».
    In buona sostanza, la compresenza di titoli di competenza statale
esclusiva  e  concorrente fra Stato e regioni su una medesima materia
comporta  che  il  potere regolamentare possa essere esercitato dallo
Stato, ma tuttavia con un'intesa regionale.
    I    regolamenti   in   materia   aeroportuale   previsti   negli
art. 11-nonies,  e  11-duodecies della legge 2 dicembre 2005, n. 248,
prescindono invece da ogni forma di intesa o di collaborazione con le
regioni  (sarebbe  bastato un parere della Conferenza Stato-regioni),
per  cui viene violato il disposto dell'art. 117, sesto comma, Cost.,
per    come    interpretato    e   applicato   dalla   giurisprudenza
costituzionale.
    Terzo motivo. Violazione degli artt. 117, primo comma, e 11 Cost.
sull'obbligo del rispetto dei vincoli comunitari.
    Il  vigente art. 117, primo comma, Cost. dispone che «La potesta'
legislativa  e'  esercitata  dallo Stato e dalle regioni nel rispetto
della  Costituzione,  nonche'  dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali».
    Appare  evidente  che  il  legislatore  di riforma costituzionale
abbia voluto specificare che anche le norme comunitarie costituiscono
uno  specifico  vincolo  di legittimita' per il legislatore statale e
regionale,  come  gia' desumibile dall'art. 11 Cost. e come applicato
da  codesta  Corte  nei  giudizi  di legittimita' costituzionale, sia
promossi dallo Stato avverso atti legislativi regionali (sent. n. 384
del  1994,  n. 85 e 424 del 1999 e ora n. 406 del 2005), sia promossi
dalle  regioni  avverso  atti  legislativi  statali  (sent. n. 94 del
1995).
    Particolarmente significativa appare quest'ultima decisione nella
quale si e' spiegato che va differenziato il caso in cui il conflitto
con    norma   comunitaria   sia   proposto   in   un   giudizio   di
costituzionalita'    incidentale    ovvero    in   un   giudizio   di
costituzionalita'  principale,  potendosi solo il primo risolvere nel
senso   della   inammissibilita'   della  questione  in  forza  della
disapplicazione che deve disporre il giudice comune.
    Codesta  Corte ha infatti ben chiarito che «Diverso e' il caso in
cui  il  medesimo  contrasto tra norma interna e norma comunitaria si
manifesti  nell'ambito  di un giudizio di legittimita' costituzionale
instaurato  in  via  principale, tanto piu' dopo che questa Corte (v.
sentenza  n. 389  del  1989),  quasi  in concomitanza con la Corte di
giustizia europea (v. sentenza 22 giugno 1989, in causa n. 103/1988),
ha  riconosciuto  che  vincolati  a  non dare applicazione alle norme
interne  confliggenti  con  quelle  comunitarie sono anche gli organi
della  pubblica  amministrazione,  vale  a dire soggetti sforniti del
potere di dichiarazione del diritto.
    Proprio    in   quella   decisione,   subito   dopo   l'anzidetto
riconoscimento,  questa  Corte ha precisato che la «non applicazione»
della  norma interna confliggente con quella comunitaria non fa venir
meno  «l'esigenza  che  gli  Stati  membri  apportino  le  necessarie
modificazioni  o  abrogazioni  del proprio diritto interno al fine di
depurarlo   da   eventuali   incompatibilita'  o  disarmonie  con  le
prevalenti   norme   comunitarie»,   esigenza   che   se,  sul  piano
dell'ordinamento  nazionale,  [...]  si  collega  al  principio della
certezza  del diritto, sul piano comunitario, invece, rappresenta una
garanzia  cosi'  essenziale al principio della prevalenza del proprio
diritto  su  quelli  nazionali  da costituire l'oggetto di un preciso
obbligo per gli Stati membri (v. sentenza n. 389 del 1989, punto 4 in
diritto).
    Con   la  sentenza  n. 384  del  1994  la  Corte  costituzionale,
nell'ambito  di  un  giudizio  di  costituzionalita' sollevato in via
principale  avverso  una  legge  regionale,  ha  per  la  prima volta
affermato che l'esigenza di depurare l'ordinamento nazionale da norme
incompatibili  con  quelle  comunitarie,  essendo  ancorata al valore
costituzionale  comportante  la  chiarezza  normativa  e  la certezza
nell'applicazione  del  diritto  da  parte di tutti i sottoposti alla
legge,   puo'   essere   soddisfatta   anche  con  una  dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale.
    Ed,  invero,  poiche'  nei  giudizi  di  costituzionalita' in via
principale  l'oggetto del giudizio stesso, non e' una norma in quanto
applicabile,  ma  una  norma  di  per  se'  lesiva  delle  competenze
costituzionalmente  garantite  alle regioni (nel caso di impugnazione
di  leggi statali da parte delle regioni) o ex se violatrice di norme
costituzionali  (nel caso di impugnazione di leggi regionali da parte
dello  Stato)  -  tanto che in tali giudizi possono essere contestate
anche  disposizioni  di  legge  non  ancora  efficaci  o ad efficacia
differita  (v.  sentenze nn. 224 del 1990, 242 del 1989, 39 del 1971,
37  del 1966, 75 del 1957) - non si rinviene, come invece nei giudizi
in via incidentale, alcun ostacolo processuale in grado di precludere
alla  Corte  la piena salvaguardia, con proprie decisioni, del valore
costituzionale della certezza e della chiarezza normativa di fronte a
ipotesi di contrasto di una norma interna con una comunitaria. Ne' e'
senza  significato  la considerazione che, dati i ricordati caratteri
del  giudizio  in  via  principale, la non applicabilita' della norma
interna  confliggente  con  quella  comunitaria rappresenterebbe, nei
casi  in  cui il contrasto normativo si palesasse nell'ambito di quel
giudizio,  una  garanzia  inadeguata  rispetto al soddisfacimento del
dovere, fondato sull'art. 5 del Trattato di Roma e sull'art. 11 della
Costituzione,  di  dare  pieno  e  corretto adempimento agli obblighi
comunitari» (sent. n. 94 del 1995, 1/2 2 Cons. diritto).
    Questa  giurisprudenza  va applicata a fortiori dopo l'entrata in
vigore  del  nuovo  testo  dell'art. 117,  primo  comma,  Cost., come
puntualmente  avvenuto  gia'  in  giudizio  principale promosso dallo
Stato  avverso  legge  regionale  (cfr.  sent.  n. 406  del 1995). Le
medesime ragioni militano, poi, a ritenere che anche la regione possa
far  valere  l'incostituzionalita'  della legge dello Stato che violi
(anche il diritto comunitario).
    Tutto cio' accade puntualmente nel caso qui in discussione.
    Gli   artt. 11-nonies,   11-decies,   11-undecies,  11-duodecies,
11-terdecies  della  legge  2  dicembre  2005,  n. 248, si pongono in
contrasto  con  una  serie  di  norme  e principi sanciti dal diritto
comunitario.
    Le  misure  cosi'  disposte costituiscono aiuti di Stato ai sensi
dell'art. 87 del Trattato CE, in quanto realizzano benefici economici
a favore dei vettori aerei, in particolare di quelli che maggiormente
operano sugli scali italiani, mediante l'utilizzo di risorse statali.
    Attraverso  esse  si  determina  una  riduzione ingiustificata di
alcuni costi di produzione delle compagnie aeree (soprattutto diritti
aeroportuali)  che  operano  in  Italia,  concedendo  loro  un chiaro
vantaggio  competitivo rispetto alle compagnie che non utilizzano gli
scali  italiani e producendo, cosi', effetti lesivi della concorrenza
sul  mercato  europeo  del trasporto aereo (cfr., ex multis, sentenza
della Corte di Giustizia, 17 settembre 1980, causa C-730/1979, Philip
Morris c. Commissione).
    Piu' in particolare l'art. 11-nonies, comma 1, della legge n. 248
del  2005  nel  riformare  il  sistema di determi-nazione dei diritti
aeroportuali, rappresenta un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87 del
Trattato  CE  in  quanto  determina una «compressione» dei ricavi dei
gestori aeroportuali «pubblici», a vantaggio dei vettori aerei.
    Il  nuovo  metodo  di  calcolo della misura iniziale dei diritti,
includendo   i   ricavi  del  gestore  aeroportuale  derivanti  dalle
attivita'   commerciali   e   non   regolamentate,  non  e'  conforme
all'attuale  posizione  comunitaria  in  materia di corrispettivi per
l'utilizzo  delle  infrastrutture  aeroportuali (cfr. Documento della
Commissione  in  merito  alla  Capacita'  aeroportuale,  efficienza e
sicurezza  in  Europa,  15  settembre 2005. In particolare, i servizi
della  Commissione  fanno  riferimento alla raccomandazione dell'ICAO
sul  prefinanziamento  dei progetti aeroportuali. Posizione dell'ICAO
sulle tariffe per gli aeroporti e per i servizi di navigazione aerea,
Documento 9082/7, settima edizione - 2004).
    Inoltre tali disposizioni comportano una ingiustificata riduzione
degli  introiti dei gestori aeroportuali nonche' un grave pregiudizio
e  la  discriminazione  dei  gestori  privati  dovuta  alla  evidente
penalizzazione  del  capitale  dagli  stessi  investito. Pertanto, si
pongono  in  contrasto  con  principio  di  non  discriminazione  tra
proprieta'  pubblica  e  privata  (artt. 43  e ss. Trattato CE), e le
liberta'  fondamentali  di  libera  circolazione  dei  capitali e dei
servizi di cui agli artt. 56 ss. e 49 ss. del Trattato CE.
    Tali  regimi  di  aiuti  introdotti  dalla legge n. 248 del 2005,
inoltre,   non   essendo   stato   preventivamente   notificati  alla
Commissione,  hanno violato altresi' l'obbligo di standstill previsto
dall'art.  88,  n. 3,  del  Trattato  CE, e costituiscono pertanto un
aiuto  illegale  (Regolamento CE n. 659/99 del Consiglio del 22 marzo
1999 sulle modalita' di applicazione dell'art. 88 del Trattato CE).
    Per    tutte   le   ragioni   esposte   le   disposizioni   degli
artt. 11-nonies,  11-decies,  11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies
della  legge  2  dicembre  2005,  n. 248,  violando  le esposte norme
comunitarie, si pongono anche in conflitto con l'art. 117, commi 1, e
l'art. 11 Cost.

        
      
                              P. Q. M.
    Si chiede la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli
artt. 11-nonies,  11-decies,  11-undecies, 11-duodecies, 11-terdecies
della  legge  2  dicembre 2005, n. 248, per violazione dell'art. 117,
commi primo, terzo, quarto e sesto e dell'art. 11 Cost.
        Rorna, addi' 2 gennaio 2006

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