N. 18 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 marzo 2003 (della Regione Piemonte)
(GU n. 15 del 16-4-2003)

Ricorso per la Regione Piemonte, in persona del Presidente pro
tempore on. Enzo Ghigo, in forza di deliberazione di autorizzazione
della giunta regionale n. 1-8543 del 26 febbraio 2003, con la
rappresentanza e difesa dell'avv. Anita Ciavarra e dell'avv. Enrico
Romanelli e con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in
Roma, viale Giulio Cesare n. 14, per procura speciale a margine del
presente atto;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore
domiciliato ex lege presso l'Avvocatura generale dello Stato, in
Roma, via dei Portoghesi n. 12; per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale degli artt. 24 e 34 della legge 27 dicembre 2002
n. 289 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), pubblicata nel
supplernento ordinario alla Gazzetta Ufficiale serie generale n. 305
del 31 dicembre 2002.

Premesso in fatto

Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale serie generale,
n. 305 del 31 dicembre 2002 e' stata pubblicata la legge 27 dicembre
2002 n. 289 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)". Detta legge, oltre
a non aver soddisfatto le istanze ed i numerosi rilievi critici
sollevati dalle Regioni, reca in particolare le disposizioni
dell'art. 24 (Acquisto di beni e servizi) e dell'art. 34 (Organici,
assunzioni di personale e razionalizzazione di enti ed organismi
pubblici), che la Regione Piemonte ravvisa lesive della propria sfera
di competenza per i seguenti motivi di

Diritto

Violazione degli artt. 5, 114, 117, 118, 119, 120 Cost.
Quanto all'art. 24 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, che reca
disposizioni sull'acquisto di beni e servizi da parte delle
amministrazioni pubbliche. La materia ricade nella competenza
esclusiva delle Regioni non essendo ricompresa nell'elenco delle
materie che ai sensi dell'art. 117 Cost., secondo comma, sono
riservate alla legislazione esclusiva dello Stato, ne' nell'elenco
dell'art. 117, terzo comma, delle materie di legislazione
concorrente, nelle quali spetta allo Stato la determinazione dei
princpi fondamentali.
In forza dell'art. 117, quarto comma, non trattandosi di materia
espressamente riservata alla legislazione dello Stato, spetta alle
Regioni di dettare la relativa disciplina legislativa.
Viene altresi' in considerazione la generale potesta'
regolamentare delle Regioni in forza dell'art. 117, quinto comma,
sempre non trattandosi di materia di legislazione esclusiva dello
Stato, oltreche' la potesta' regolamentare che comuni, province e
citta' metropolitane, sempre in forza del medesimo quinto comma,
esercitano in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite.
L'art. 24 in questione al prima comma esordisce invocando
"ragioni di trasparenza e concorrenza".
L'art. 117 Cost., al secondo comma, lett. e) individua fra le
materie appartenenti alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato la "tutela della concorrenza".
Non si e' pero' qui in presenza di una disciplina normativa che
ha come propria oggetto tale materia.
La "concorrenza" insieme alla "trasparenza", viene infatti
enunciata dall'art. 24 non quale oggetto della norma, ma quale
giustificazione od esigenza sottesa ("per ragioni di trasparenza e
concorrenza") a normativa che attiene ad altra materia.
In tal modo appare quasi che la "tutela della concorrenza" dalla
connotazione di "materia" di legislazione esclusiva dello Stato si
trasformi e per cosi' dire stinga in semplice criterio per i
legislatore e tuttavia acquisti cosi' un'impensabile capacita'
espansiva, tale da fondare l'esercizio del potere legislativo della
Stato in qualsivoglia ambito nel quale si affermi di ravvisare
"ragioni di concorrenza".
L'accostamento della "concorrenza" alla "trasparenza", la quale
ultima evidentemente non e' "materia" ne' compare in alcun modo
nell'art. 117 Cost., appalesa il superamento dell'ambito delle
materie enumerate al secondo comma dell'art. 117 Cost. quali rimesse
alla legislazione statale.
Ulteriore elemento di forte perplessita' e contrasto con
l'assetto delineato dall'art. 117 Cost. e' dato dal nono comma
dell'art. 24 in questione, il quale sancisce che le disposizioni di
cui ai comnmi 1, 2 e 5 "costituiscono per le regioni norme di
principio e di coordinamento".
In sostanza, che ci si trovi in presenza di norme in materia di
"tutela della concorrenza" non e' ravvisato neppure dal legislatore
della finanziaria 2003, giacche' in tal caso, com'e' chiaro, tutte le
disposizioni dell'art. 24 dovrebbero trovare integrale applicazione
in quanto rientranti nell'ambito della potesta' esclusiva dello
Stato.
Invece, secondo l'espressa disposizione dell'art. 24, nono comma,
si tratta di norme di principio e limitatamente alle disposizioni dei
commi 1, 2 e 5.
Ma anche tale qualificazione si pone in contrasto con l'art. 117
Cost.
Le materie di legislazione concorrente, nelle quali lo Stato pone
le norme di determinazione dei principi fondamentali, sono infatti
enumerate dal terzo comma dell'art. 117 Cost. e, come si e' gia'
detto, a nessuna di esse puo' ascriversi la disciplina posta
dall'art. 24 in questione.
Persino laddove, procedendo per illazioni, si volesse riporre
nell'espressione "norme di principio e di coordinamento" creata dal
nono comma dell'art. 24 il significato di richiamo alla materia
"armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario" non si potrebbe comunque ritenere
la conformita' all'art. 117, terzo comma.
Anche sotto questo aspetto va osservato, similmente a quanto
sopra fatto rispetto alla tutela della concorrenza, che il
coordinamento della finanza pubblica e' una materia propria, non una
mera esigenza in relazione alla quale giustificare qualsiasi
intervento nei molteplici settori della vita economica ed
istituzionale, anche se ricadenti nella potesta' legislativa rimessa
alle Regioni.
Inoltre, quand'anche si potesse sussumere l'art. 24 in questione
nel "coordinamento della finanza pubblica", resta fermo che nelle
materie di legislazione concorrente la potesta' legislativa spetta
alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali.
Mentre l'art. 24 detta un'imperativa disciplina di dettaglio che
esaurisce completamente la regolamentazione delle attivita'
contemplate.
Va altresi' considerato che le concrete attivita' disciplinate si
collocano nell'esplicazione ordinaria di funzioni proprie degli enti
regionali e locali, ricadendo nella loro potesta' regolamentare,
organizzativa e di autonomia finanziaria di spesa.
Si aggiunga che anche il fatto che in dette attivita' debbano
trovare applicazione le normative comunitarie e che inoltre gia'
sussistano nell'ordinamento i principi che ne improntano
l'esplicazione (vedasi il riferimento contenuto nel quinto comma
dell' art. 24) non giustifica affatto l'intervento legislativo
statale effettuato.
Si deve in definitiva constatare che le espressioni utilizzate
nella norma conferiscono mera apparenza di rispetto della riforma
attuata con la legge costituzionale n. 3/2001, mentre in sostanza si
interviene con normativa di analitico dettaglio in ambito proprio
delle autonomie regionali e locali, con disposizioni che sarebbero
risultate incostituzionali persino rispetto ai previgenti artt. 117 a
118 Cost.
Si deve quindi ravvisare l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 24, legge n. 289/2002 sotto tutti i profili enunciati.
Quanto all'art. 34 della legge n. 289/2002. Anche qui si tratta
di materia, organizzazione ed ordinamento del personale dipendente,
che non rientra ne' nelle materie attribuite alla potesta'
legislativa esclusiva dallo Stato ne' nelle materie ricadenti nella
potesta' legislativa concorrente di cui all'art. 117, comma 2 e 3,
Cost. e che pertanto e' rimessa alla potesta' legislativa regionale
ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost.
Vengono in particolare rilievo il comma 1 che dispone la
rideterminazione delle dotazioni organiche ed il comma 11 che dispone
sulle assunzioni di personale a tempo indeterminato per le regioni,
le autonomie locali e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale.
La norma in questione interviene in modo imperativo con
disposizioni di dettaglio e con imposizione di obblighi in parte
immediati in parte affidati ad emanando decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri.
I predetti rilievi non vengono superati per la circostanza che
sia previsto un accordo fra Governo, Regioni ed enti locali in sede
di Conferenza unificata ai fini dell'emanazione del predetto
d.P.C.m., con il quale sono fissati i criteri ed i limiti per le
assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003. D'altronde la norma
considerata gia' stabilisce a priori parametri da osservarsi,
individuando casi e limiti di applicazione.
In tal modo viene alterata la ripartizione della competenze fra
lo Stato e le Regioni e si impongono obblighi che altresi'
interferiscono in modo pervasivo sull'autonomia degli enti ed
incidono direttamente sull'organizzazione della Regione e sulle sue
scelte in ordine al proprio personale dipendente.
Si aggiunga che i divieti posti hanno carattere generalizzato e
risultano privi di ogni giustificazione in specificate esigenze di
ordine economico-finanziario ed avulsi da ogni considerazione della
condizioni particolari dei singoli enti.
Vi e' anche interna contraddittorieta' in relazione alle
dichiarate finalita' di contenimento della spesa pubblica,
considerando che sono imposti divieti per le assunzioni a tempo
indeterminato mentre viene espressamente consentito di procedere
senza limiti di spesa ad assunzioni a tempo determinato.
Ne deriva maggiore detrimento per l'attivita' delle Regioni, che
si troverebbero costrette ad operare con modalita' da esse non volute
ed estranee alla propria impostazione a programmazione in materia,
senza peraltro che ne consegua necessariamente risultato di effettivo
risparmio di spesa.
Tutto cio' evidenzia contrasto oltre che con le norme in epigrafe
indicate anche con gli art. 3 e 97 Cost. per violazione dei principi
di ragionevolezza e di buon andamento.

P. Q. M.
Si chiede: piaccia all'ecc.ma Corte dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 24 e dell'art. 34 della legge 27 dicembre
2002, n. 289, per violazione degli artt. 3, 5, 97, 114, 117, 118,
119, 120 Cost.
Torino-Roma, addi' 27 febbraio 2003.
Avv. Anita Ciavarra - Avv. Enrico Romanelli

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