N. 19 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 febbraio 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 12 febbraio 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 9 del 3-3-2004)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma;

Nei confronti della Regione Calabria, in persona del suo
presidente, per l'accertamento dell'illegittimita' costituzionale
della legge regionale 5 dicembre 2003, n. 26, Dichiarazione della
Calabria denuclearizzata. Misure di prevenzione dall `inquinamento
proveniente da materiale radioattivo. Monitoraggio e salvaguardia
ambientale e salute dei cittadini (BUR n. 4 del 9 dicembre 2003).
L'art. l della legge impugnata ha dichiarato il territorio
regionale della Calabria «denuclearizzato e precluso al transito ed
alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti
nel territorio regionale».
Come e' detto sempre nell'art. 1 la legge e' stata emanata
nell'esercizio delle competenze regionali «in materia urbanistica ed
ambiente, nonche' delle attribuzioni in via concorrente in materia di
salute pubblica, protezione civile e governo del territorio».
L'indagine, pertanto, si deve svolgere su diverse linee: quale
sia la materia in effetti investita dalle legge impugnata; se
interferisca con materie attribuite alla legislazione dello Stato
che, per essere tale, e' anche esclusiva; se l'interferenza sia
costituzionalmente consentita.
Oggetto della norma impugnata sono i materiali nucleari non
prodotti nel territorio regionale senza esclusioni, compresi quelli
che costituiscono rifiuti.
Di conseguenza anche le norme sui rifiuti che hanno rilievo
nell'indagine.
Se la legge regionale, come e' detto nell'art. 1, ha voluto
effettivamente provvedere alla tutela dell'ambiente, che l'art. 117,
secondo comma, lett. s), Cost. attribuisce alla legislazione statale,
gia' per questo andrebbe dichiarata costituzionalmente illegittima.
Sicuramente la legge non attiene alla tutela del territorio ed
all'urbanistica. Come noto, la disciplina urbanistica e' uno degli
strumenti della tutela del territorio che ha una estensione molto
piu' ampia. Qualunque sia la nozione che di queste due materie si
voglia seguire, dovrebbe essere fuori di dubbio che non attenga ne'
al territorio ne', tanto meno, all'urbanistica una disciplina che
riguarda beni mobili.
Quelle materie potrebbero essere interessate quando venissero
disciplinati i criteri di localizzazione degli impianti di
conservazione dei materiali nucleari o delle discariche dei rifiuti.
Il governo del territorio e l'urbanistica non possono essere
coinvolti quando i materiali sono presi in considerazione come beni
mobili, anche per il loro trasporto, trasporto per il quale non si
richiedono impianti fissi o, quanto meno, impianti fissi appositi.
In caso contrario, quelle materie si dovrebbero ritenere
interessate da tutte le norme che, per la pericolosita' del carico,
disciplinano le modalita' di trasporto.
Data l'evidenza della incongruita' dei riferimenti portati dalla
norma impugnata, non sembra necessario soffermarsi ulteriormente
sull'argomento.
Lo stesso si deve dire per la protezione civile.
I materiali nucleari di per se' non provocano problemi di
protezione civile. Problemi del genere possono sorgere solo quando si
verifichino eventi eccezionali nella loro gestione.
Seguendo il punto di vista regionale anche la ordinaria
regolazione delle acque investirebbe quella materia per il fatto che
un eventuale grave straripamento potrebbe richiedere l'intervento del
Servizio di protezione civile.
In conclusione, la competenza legislativa che in linea di
principio e' profilabile e' solo la tutela della salute. Le altre
sono state enunciate nella legge, come avrebbero detto i giuristi
romani, solo ad pompam.
Come noto, l'ambiente e' una materia soggetta anche alla
disciplina comunitaria, costituita attualmente da piu' direttive, che
hanno trovato attuazione nel d.lgs. n. 230/l995.
Essendo intervenute direttive comunitarie che, per loro natura,
sono destinate a far introdurre negli ordinamenti degli Stati membri
norme uniformi, la disciplina attuativa trova applicazione a tutti i
rapporti, anche a quelli che non hanno rilievo comunitario, vale a
dire anche a quelli che non investono due o piu' Stati membri.
La nozione di ambiente, rilevante nell'applicazione di norme
attuative di disposizioni comunitarie, va ricavata dall'ordinamento
comunitario.
Come e' previsto espressamente nell'art. 174 CE, la politica
ambientale contribuisce a perseguire la salvaguardia, tutela e
miglioramento della qualita' dell'ambiente e la protezione della
salute umana. In altre parole, le norme comunitarie hanno come
obiettivo quello di assicurare un ambiente salubre.
Secondo questa nozione di ambiente vanno interpretate le norme
attuative, in particolare il d.lgs. n. 230 del 1995 che, in
attuazione delle direttive che vi sono indicate, nel campo di
applicazione delle sue norme ha riportato anche il trasporto di
materie radioattive (art. 1, lett. b), 1)). Trattandosi di un settore
della disciplina ambientale sottoposto a normative comunitarie, la
legislazione nazionale attuativa, lo si ripete, va interpretata in
coerenza con quelle normative. Di conseguenza, per quanto riguarda,
in particolare, le materie radioattive, la disciplina dell'ambiente
comprende anche quella della salute.
L'art. 117, primo comma, Cost. impone alla legge regionale il
rispetto della normativa comunitaria. Nella valutazione della sua
legittimita' costituzionale si deve, pertanto, tenere conto di quanto
e' previsto dalla legge statale che ha attuato quella normativa,
trattandosi di normativa alla cui emanazione lo Stato e' tenuto ai
sensi dell'art. 249 CE.
Se la legge statale ha attuato correttamente quella normativa,
che, vale la pena di ribadirlo, fissa anche la nozione di ambiente,
la legge regionale non potra' derogarvi. La deroga sarebbe consentita
se la norma statale avesse male attuato le direttive comunitarie o si
fosse spinta oltre la sua attuazione.
In questo caso sorgerebbe una questione sulla portata della norma
comunitaria che dovrebbe essere risolta dalla Corte di giustizia.
Quanto si e' detto vale, naturalmente, solo per quei settori che,
come quello in esame, sono stati oggetto di una espressa disciplina
comunitaria.
Si puo' fare un esempio per chiarire meglio. Se in materia
ambientale dovesse intervenire un regolamento comunitario, non
dovrebbe esserci dubbio che nella sua applicazione i giudici
nazionali non potrebbero seguire una nozione di ambiente diversa da
quella portata dell'ordinamento comunitario.
Il caso in esame non e' diverso. La disciplina comunitaria ha
avuto la forma della direttiva e non del regolamento. Se la norma
nazionale l'ha attuata correttamente e' sempre alla nozione
comunitaria di ambiente che ci si deve attenere a meno che non sorga
una questione comunitaria sulla correttezza della attuazione.
Se nell'ambiente, secondo la nozione comunitaria, e' compresa la
protezione della salute umana (art. 174.1 CE), la materia ricade
nella legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117,
secondo comma, lett. s) Cost.
Le conclusioni non sono diverse se si lascia la prospettiva
comunitaria.
Recentemente codesta Corte ha apportato un chiarimento di
principio in materia (sent. n. 536/2002): «L'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione esprime una esigenza unitaria per cio'
che concerne la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un
limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare
gli equilibri ambientali. Come gia' affermato da questa Corte, la
tutela dell'ambiente non puo' ritenersi propriamente una «materia»,
essendo invece l'ambiente da considerarsi come un «valore»
costituzionalmente protetto che non esclude la titolarita' in capo
alle regioni di competenze legislative su materie (governo del
territorio, tutela della salute, ecc.) per le quali quel valore
costituzionale assume rilievo (sentenza n. 407 del 2002). E, in
funzione di quel valore, lo Stato puo' dettare standards di tutela
uniformi sull'intero territorio nazionale anche incidenti sulle
competenze legislative regionali ex art. 117 della Costituzione.
Gia' prima della riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione, la protezione dell'ambiente aveva assunto una propria
autonoma consistenza che, in ragione degli specifici ed unitari
obiettivi perseguiti, non si esauriva ne' rimaneva assorbita nelle
competenze di settore (sentenza n. 356 del 1994), configurandosi
l'ambiente come bene unitario, che puo' risultare compromesso anche
da interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua
interezza (sentenza n. 67 del 1992). La natura di valore trasversale,
idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella
forma degli standards minimi di tutela, gia' ricavabile dagli artt. 9
e 32 della Costituzione, trova ora conferma nella previsione
contenuta nella lettera s) del secondo comma della Costituzione, che
affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema».
Gli standards di tutela sono stati fissati dalla normativa
statale gia' richiamata, che ha disciplinato anche il trasporto di
materie radioattive ( art. 21), per il quale sono state confermate le
disposizioni della legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (art. 5), secondo
le quali e' necessaria una apposita autorizzazione ministeriale,
rilasciata sentiti l'ANPA e il Ministero dell'interno, nella quale
possono essere stabilite particolari prescrizioni definite dall'ANPA,
valide per l'intero viaggio e da attuare sui territori di tutte le
regioni interessate.
Il divieto di transito nell'ambito di una regione, incidendo sui
rischi connessi al viaggio, puo' rendere non piu' adeguate le
prescrizioni imposte, pregiudicando le possibilita' di prevenzione e
di controllo dello Stato.
Questi rilievi mettono in evidenza la illegittimita'
costituzionale della norma anche da un diverso punto di vista.
Codesta Corte, dopo averlo chiarito in una occasione precedente,
ha ribadito che «la valutazione della necessita' del conferimento di
una funzione amministrativa ad un livello territoriale superiore
rispetto a quello comunale deve essere necessariamente effettuata
dall'organo legislativo corrispondente almeno al livello territoriale
interessato e non certo da un organo legislativo operante ad un
livello territoriale inferiore (come sarebbe un consiglio regionale
in relazione ad una funzione da affidare - per l'esercizio unitario -
al livello nazionale). Questa scelta legislativa che trova sicuro,
seppure implicito, fondamento costituzionale nell'art. 118 Cost., in
relazione al principio di legalita', deve giustificarsi in base ai
principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza».
Un trasporto di materie radioattive, che interessi territori di
piu' regioni, non puo' essere disciplinato se non da una fonte capace
di produrre effetti giuridici al di la' dei singoli territori.
Secondo l'ordinamento italiano e' solo lo Stato che puo'
provvedere con effetti ultraregionali con la capacita di coordinare
gli interessi dei vari enti interessati e con la garanzia di una
tutela adeguata e bilanciata di tutti.
Trasporti di un tale genere, come e' stato colto dalla normativa
richiamata, non possono essere lasciati alla iniziativa dei soggetti
interessati, ma richiedono l'intervento preventivo di un organo
aniministrativo capace di stabilire le prescrizioni particolari,
necessane per prevenirne i pericoli.
L'organo, in base ai criteri enunciati nel primo comma
dell'art. 118 Cost., non puo' essere che statale. Secondo i principi
gia' richiamati, enunciati da codesta Corte, anche la fonte
legislativa non puo' essere che statale.
Da qui l'illegittimita' della norma impugnata.
A questo proposito va tenuto presente che la norma impugnata e'
la riproduzione, quasi letterale, di una norma della Regione Sardegna
(legge regionale 3 luglio 2003, n. 8, Dichiarazione della Sardegna
territorio denuclearizzato (BUR n. 20 dell'8 luglio 2003) e di una
norma della Regione Basilicata 21 novembre 2003, n. 21, Modifiche ed
integrazioni della l.r. 31 agosto 1995, n. 59 (BUR n. 8l del 22
novembre 2003). Entrambe queste leggi sono state impugnate.
Se, insieme a questa ora impugnata, fossero dichiarate
costituzionalmente legittime, una potesta' analoga dovrebbe essere
riconosciuta a tutte le altre regioni con la conseguenza che le
materie radioattive, salvi i casi esclusi, non potrebbero uscire
dalla regione in cui sono state prodotte. L'unico mezzo possibile
potrebbe essere solo l'aereo, con i rischi ambientali ed alla salute
che e' facile immaginare.
Ma nemmeno questa sarebbe una possibilita' sicura se il transito
nel territorio regionale non fosse solo quello per terra ma dovesse
essere inteso, come non e' da escludersi, come transito attraverso lo
spazio regionale nella sua integrita'.
La norma sarebbe illegittima anche se valutata dal punto di vista
della tutela della salute, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
La normativa regionale, infatti, dovrebbe attenersi ai principi
fondamentali posti dalla legge dello Stato.
Questi principi vanno dedotti dal d.lgs. n. 230 del 1995, in
particolare, per quanto riguarda la materia interessata, dall'art. 21
che, nel disciplinare il trasporto di materie radioattive, prevede il
regime dell'autorizzazione con prescrizioni.
Come noto, i principi fondamentali sono quelli che assicurano il
coordinamento tra le normative regionali e l'equilibrio tra gli
interessi rispettivi, in particolare degli interessi che vanno al di
la' del territorio delle singole regioni.
Imponendo il divieto di transito e non attenendosi al regime di
autorizzazione, la Regione Basilicata ha violato il principio
suindicato, squilibrando il sistema normativo complessivo.
Per quanto poi riguarda i rifiuti radioattivi, che rientrano
anche essi nella disciplina della legge impugnata, risulta violato il
principio fissato dall'art. 102 del d.lgs. n. 230 del 1995.
Questa norma, per il fatto che gli interessi rilevanti vanno al
di la' del territorio delle singole regioni, ha attribuito ai
Ministeri dell'ambiente e della salute il potere, nell'ambito delle
rispettive competenze e fornendosi reciproche informazioni, sentita
l'ANPA, di prescrivere l'adozione di adeguati dispositivi e
provvedimenti, nonche' di ulteriori mezzi di rilevamento e di
sorveglianza necessari ai fini della protezione sanitaria.
Debbono, inoltre, essere sentite anche le autorita' di cui
all'art. 29, comma 2, e all'art. 30, comma 2, autorita' individuate
da leggi delle regioni o delle province autonome, in modo che siano
adeguatamente valutati anche gli interessi intraregionali
eventualmente coinvolti. Sul carattere di principio di questa
normativa non dovrebbero esserci dubbi.
La legge impugnata e' costituzionalmente illegittima anche per
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. sotto un secondo punto
di vista. La materia, come si e' visto, e' disciplinata dal d.lgs. 17
marzo 1995, n. 230, Attuazione delle direttive 89/618/Euratom,
90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni
ionizzanti.
Nell'art. 1.1 che delimita il campo di applicazione, le
disposizioni del decreto sono dichiarate applicabili ( 1) alla
«produzione, trattamento, manipolazione detenzione, deposito,
trasporto, importazione, esportazione, impiego, commercio, cessazione
della detenzione, raccolta e smaltimento di materie radioattive».
Il testo normativo, in attuazione delle direttive comunitarie, ha
posto la disciplina completa della materia che, rivolta a realizzare
in forma coordinata e compatibile gli interessi del mercato e la
tutela dell'ambiente e della salute, investe tutte le attivita' che
rientrano nel suo Campo di applicazione (art. 1).
Disciplina, in particolare, il trasporto di materie radioattive
(art. 21), le spedizioni, importazioni ed esportazioni di rifiuti
radioattivi (art. 32), i limiti di esposizione (art. 6); ha
introdotto disposizioni particolari per i rifiuti radioattivi
(art. 102), e sul controllo sulla radioattivita' ambientale
(art. 104) e particolari disposizioni per le attivita' di protezione
civile e polizia giudiziaria (art. 126-quater). Le legge impugnata,
precludendo in via generale il transito e la presenza nella Regione
di materiale nucleare, viola il d.lgs. nel suo complesso, in quanto
fonte di origine comunitaria della disciplina integrale della
materia.
A questa violazione di sistema si aggiunge anche la violazione di
norme singole.
I materiali nucleari, compresi i rifiuti, costituiscono merce e
per essi vige il principio di libera circolazione, che comporta il
divieto di qualsiasi restrizione quantitativa (art. 28 CE).
La norma impugnata costituisce un ostacolo evidente alla
circolazione di una merce, oggetto di commercio intracomunitario.
L'art. 30 CE consente divieti e restrizioni al transito di merci
giustificati, tra gli altri, anche da motivi di ordine pubblico, di
pubblica sicurezza e di tutela della salute.
La giurisprudenza comunitaria, peraltro, e' costante nel ribadire
che le limitazioni debbono essere proporzionate e indispensabili per
la tutela dell'interesse rilevante.
Il divieto di transito e' sicuramente non proporzionato. Gli
interessi rilevanti sono tutelati adeguatamente attraverso le
particolari prescrizioni consentite dall'art. 21 d.lgs. n. 230 del
1995.
Viene in questo modo a risultare ancora piu' evidente l'obiettivo
perseguito dalla norma impugnata, che non e' quello della tutela
della salute.
Una tale tutela, infatti, si realizza attraverso misure che
investano tutte le materie radioattive, anche quelle prodotte
all'interno della Regione.
Il fatto che si precluda il semplice transito di materie
provenienti da altre regioni, indipendentemente dalle condizioni di
sicurezza secondo le quali sono trasportate, sta ad indicare che si
sono voluti evitare oneri di controllo ed eventuali necessita' di
intervento, vale a dire che si e' mirato alla tranquillita'
amministrativa degli organi intraregionali e non alla tutela della
salute che, una volta rispettate le apposite particolari
prescrizioni, e' adeguatamente realizzata.
Si potra' obiettare che il transito aumenta il rischio di
incidenti; la Regione, in altre parole, avrebbe voluto evitare il
rischio del fortuito.
Ancora una volta e' la giurisprudenza comunitaria che chiarisce
il punto. Il fatto che una certa operazione su merci comporti dei
rischi non ne giustifica la preclusione perche' la proporzionalita'
va valutata anche in relazione alla percentuale di rischio e non e'
proporzionale quella misura che, per sola tranquillita' ed al di la'
del rischio effettivo, ne preveda il divieto.
Va ricordato, a questo riguardo, che il trasporto di materiale
radioattivo si svolge con particolare cautela anche per quanto
riguarda la circolazione stradale.
In ogni caso, anche se si seguisse la via argomentativa
esaminata, sorgerebbe una questione comunitaria che andrebbe risolta
dalla Corte di giustizia.
La norma impugnata, in conclusione, e' illegittima per violazione
dell'art. 117, primo comma, o dell'art. 117, secondo comma, lett. s)
o dell'art. 117, terzo comma, Cost.
Dalla illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
regionale deriva quella degli articoli seguenti.
Nell'art. 2 e' disciplinata una Conferenza per la sicurezza,
concepita come organo di coordinamento tra le regioni del sud «tesa a
rilanciare la denuclearizzazione di territori», sul presupposto,
pertanto, della legittimita' costituzionale delle iniziative
legislative regionali in materia.
Nell'art. 3 e' disciplinato un Collegio referente con funzioni di
monitoraggio, strumentali all'esercizio della potesta' legislativa
della Regione.
La stessa funzione strumentale vengono ad avere le Misure urgenti
di vigilanza e controllo, disciplinate nell'art. 4.


P. Q. M.
Si conclude perche' la legge della Regione Calabria 5 dicembre
2003, n. 26 (BUR n. 4 del 9 dicembre 2003) sia dichiarata
costituzionalmente illegittima.
Si produce estratto della deliberazione del Consiglio dei
ministri del 23 gennaio 2004.
Roma, addi' 23 gennaio 2004
Vice avvocato generale dello Stato: Glauco Nori

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