Ricorso n. 19 del 20 aprile 2007 (Regione Lombardia)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 aprile 2007 , n. 19
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 20 aprile 2007 (della Regione Lombardia)
(GU n. 18 del 9-5-2007)
Ricorso della Regione Lombardia, in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore, dott. Roberto Formigoni, rappresentata e difesa, tanto unitamente quanto disgiuntamente, come da procura speciale a margine del presente atto, e in virtu' delle deliberazioni della Giunta regionale della Lombardia n. VIII/4319 del 21 marzo 2007, n. VIII/4419 del 28 marzo 2007 e n. VIII/4521 del 3 aprile 2007 (doc. 1), dall'avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari e dall'avv. Antonella Forloni, eleggendo domicilio presso lo studio del primo in Roma, via di Ripetta n. 142; Contro, la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica per la dichiarazione di legittimita' costituzionale della legge 8 febbraio 2007, n. 9, recante "Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2007, n. 37, S.G., artt. 3, commi 1 e 2, 4, comma 2, 5, comma 1. F a t t o Nella serie generale della Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2007 e' stata pubblicata la legge 8 febbraio 2007, n. 9, recante "Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali". Prima di esporre partitamente i motivi di censura relativi alle disposizioni di cui agli articoli 3, commi 1 e 2, 4, comma 2, 5, comma 1, e' opportuno innanzitutto illustrare, almeno negli aspetti piu' rilevanti, il contenuto dei singoli articoli impugnati. 1. - L'articolo 3. "Interventi dei comuni per l'edilizia sovvenzionata e agevolata e per la graduazione degli sfratti", al comma 1, prevede che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano predispongano, su proposta dei omuni individuati nell'articolo 1, sulla base del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento a quello espresso dalle categorie di cui al medesimo articolo 1 gia' presenti nelle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e indicate dagli stessi comuni, un piano straordinario articolato in tre annualita' da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarieta' sociale e al Ministro delle politiche per la famiglia. Il secondo comma dell'articolo 3 in questione prevede l'istituzione di apposite commissioni, con durata di diciotto mesi, per l'eventuale graduazione, fatte salve le competenze dell'autorita' giudiziaria ordinaria, delle azioni di rilascio, al dichiarato fine di favorite il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonche' per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Per le ragioni che si diranno, le richiamate disposizioni ledono l'autonomia regionale, imponendo previsioni di dettaglio e di tipo organizzativo e con riferimento alla materia del "governo del territorio", di competenza ripartita e concorrente, e con riferimento alla materia dell'assistenza e delle politiche sociali, di competenza residuale delle regioni, con conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma (governo del territorio), quarto comma (assistenza e politiche sociali e dell'abitazione; edilizia residenziale pubblica per i profili attinenti alle politiche sociali e dell'abitazione; lavori pubblici di interesse regionale e locale) e dell'art. 118 (specie sotto il profilo del principio di sussidiarieta). Il tutto anche alla luce di quanto disposto dal d.lgs. n. 112/1998 (artt. 59 e 60). In particolare, l'art. 3, comma 1, cosi' come formulato, viene ad imporre alle regioni l'onere di predisporre un piano straordinario, di cui non risulta affatto chiara la funzione, cio' anche in considerazione del principio di buon andamento che deve informare l'azione amministrativa. La costituzione delle apposite Commissioni di cui al comma 2 dell'art. 3 determina, anche in questo caso, un'illegittima ingerenza estesa all'ambito strettamente organizzativo; non solo, ad esse verrebbero attribuite funzioni caratterizzate da un elevato grado di discrezionalita' in termini di valutazione dello stato di bisogno di ogni singolo caso, ai fini della graduazione dell'azione di rilascio, con conseguente pregiudizio delle prerogative regionali di valutazione e graduazione dello stato di bisogno medesimo (profilo sociale-abitativo). II. - L'articolo 4, "Concertazione istituzionale per la programmazione in materia di edilizia residenziale pubblica", prevede al secondo comma, preso atto delle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione sulle politiche abitative di cui al comma 1 - cui partecipano rappresentanti dei Ministeri della solidarieta' sociale e dell'economia e delle finanze, dei Ministri per le politiche giovanili e le attivita' sportive e delle politiche per la famiglia, delle Regioni, dell'ANCI, della FEDERCASA, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli inquilini, delle associazioni di categoria -, la predisposizione di un programma nazionale, entro due mesi dalla conclusione dei lavori del medesimo tavolo di concertazione, da parte del Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri della solidarieta' sociale, dell'economia e delle finanze, per le politiche giovanili e le attivita' sportive e delle politiche per la famiglia, d'intesa con la Conferenza unificata. Il programma nazionale contiene nello specifico: a) "gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale sulla base dei criteri stabiliti dalle leggi regionali e a canone definito sulla base dei criteri stabiliti dall'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, nonche' alla riqualificazione di quartieri degradati; b) proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, con particolare riferimento alla riforma della disciplina della vendita e della locazione di immobili di proprieta' dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3; c) l'individuazione delle possibili misure, anche di natura organizzativa, dirette a favorire la continuita' nella cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali prioritariamente per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali; d) la stima delle risorse finanziarie necessarie per l'attuazione del programma nell'ambito degli stanziamenti gia' disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica". La previsione del programma nazionale di natura ministeriale di cui all'articolo 4, comma 2, benche' predisposto sulla scorta di quanto emerso dal tavolo delle concertazioni e d'intesa con la Conferenza unificata, nella declarata apparente finalita' di voler indicare "obiettivi ed indirizzi per la programmazione regionale", introduce in realta' disposizioni di indirizzo per la Regione, determinando un vulnus agli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, e 118 Cost. Con riferimento poi a quanto previsto dalla lettera d) secondo comma dell'art. 4 in parola, viene stabilito che per le previsioni imposte in sede di programmazione alle regioni e agli enti locali non sono previste risorse finanziarie, in modo lesivo dell'autonomia finanziaria regionale e locale, e in particolare in contrasto con l'art. 119 Cost. nella parte in cui, al quarto comma, stabilisce il principio di integrale finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite agli enti territoriali, come interpretato da codesta ecc.ma Corte cost., sent. n. 37/2004 ("Le risorse derivanti da tali fonti, e dal fondo perequativo istituito dalla legge dello Stato, consentono - vale a dire devono consentire - agli enti di "finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite" (quarto comma), salva la possibilita' per lo Stato di destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali in favore di determinati comuni, province, citta' metropolitane e regioni, per gli scopi di sviluppo e di garanzia enunciati dalla stessa norma o "per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio" delle funzioni degli enti autonomi (quinto comma)"; corsivo aggiunto). Sotto molteplici profili, come si dira', anche queste disposizioni sono illegittime, in quanto norme di dettaglio lesive delle competenze legislative ed amministrative della regione in materia di assistenza e politiche sociali e dell'abitazione, laddove specificano le modalita' o gli strumenti di attuazione della programmazione di edilizia economica popolare, in contrasto con il riparto costituzionale delle potesta' legislative. Mentre allo Stato e' consentita unicamente, per i profili concernenti l'edilizia, la determinazione dei principi fondamentali e, per gli altri profili, l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio abitativo (cfr. Corte cost. sent. n. 451/2006). III. - L'articolo 5, comma 1, "Definizione di alloggio sociale", nel riconoscere al Ministro delle infrastrutture la definizione con proprio decreto - di concerto con i Ministri della solidarieta' sociale, delle politiche per la famiglia, per le politiche giovanili e le attivita' sportive e d'intesa con la Conferenza unificata - delle caratteristiche e dei requisiti degli alloggi sociali esenti dall'obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della comunita' europea, introduce una potesta' regolamentare lesiva delle funzioni regionali in tema di determinazione dei requisiti degli alloggi residenziali. Risulta costituzionalmente illegittima per violazione del riparto delle competenze regolamentari, ex art. 117, sesto comma della Costituzione, la prevista attribuzione al Ministro di un potere sostanzialmente regolamentare per la disciplina della gestione della politica sociale degli alloggi, materia, quella delle politiche sociali e dell'edilizia residenziale pubblica, di competenza residuale della Regione. La previsione di cui all'art. 5 della legge n. 9/2007 determina altresi' un vulnus all'art. 117, quinto comma, Cost., sotto il profilo della competenza regionale in ordine all'attuazione del diritto comunitario nelle materie di competenza delle Regioni. IV. - Come si e' detto e come piu' diffusamente si vedra', in riferimento alle disposizioni del Titolo V della Costituzione, la richiamata disciplina statale risulta lesiva sotto molteplici profili della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione Lombardia. Di qui la necessita' della proposizione del presente ricorso, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 8 febbraio 2007, n. 9. recante "Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali", artt. 3, commi 1 e 2, 4, comma 2, 5, comma 1, per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge 8 febbraio 2007, n. 9, recante "Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali", per violazione degli articoli 97, 117, commi terzo e quarto, 118 della Costituzione. L'articolo 3, comma 1, stabilisce quanto segue: "Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono, su proposta dei comuni individuati nell'articolo 1, sulla base del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento a quello espresso dalle categorie di cui al medesimo articolo 1 gia' presenti nelle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e indicate dagli stessi comuni, un piano straordinario articolato in tre annualita' da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarieta' sociale e al Ministro delle politiche per la famiglia". Il successivo comma 2 precisa poi che: "a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni individuati nell'articolo 1, comma 1, possono essere istituite apposite commissioni, con durata di diciotto mesi, per l'eventuale graduazione, fatte salve le competenze dell'autorita' giudiziaria ordinaria, delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonche' per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica". Orbene, la predisposizione da parte delle regioni. imposta unilateralmente ai sensi del primo comma dell'articolo denunciato, di un piano straordinario articolato in tre annualita' e l'istituzione, ai sensi del successivo comma, di apposite Commissioni, cui compete la graduazione - previa la valutazione dello stato di bisogno dei singoli nuclei familiari e allo scopo di favorire il passaggio da casa a casa - delle azioni di rilascio dell'immobile per le particolari categorie di soggetti cui e' diretta la legge in argomento, ledono le attribuzioni della ricorrente. La disciplina di dettaglio di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 3 appare in particolare lesiva delle attribuzioni legislative e amministrative regionali in materia di assistenza e politiche sociali e dell'abitazione, edilizia residenziale pubblica, lavori pubblici di interesse regionale e locale e gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica, ex artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 Cost. In particolare la disciplina di cui al denunciato articolo 3 e' lesiva delle attribuzioni regionali in materia di valutazione dello stato di bisogno abitativo a livello regionale e locale, dei modi e dei tempi per la sua necessaria soddisfazione, nonche' delle competenze regionali in materia di gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica. Si aggiunga che, nello specifico, in virtu' dell'art. 3 dello Statuto regionale, la Regione ricorrente e' tenuta ad assicurare a tutti i cittadini i servizi sociali, con particolare riguardo a quelli inerenti all'abitazione, alla salute e alla sicurezza sociale. La Regione Lombardia adotta, altresi', le iniziative necessarie per assicurare la funzione sociale della proprieta', promuove e attua un organico assetto del territorio. L'individuazione effettuata dalla legge impugnata delle specifiche modalita' o degli strumenti mediante i quali la regione dovra' dare attuazione alla programmazione di edilizia economica popolare, si pone quindi in evidente contrasto con il riparto costituzionale delle potesta' legislative, nonche' con la sua autonomia amministrativa e programmatoria. Anche laddove, partendo da un'interpretazione estensiva della competenza legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione, si volesse teorizzare una competenza legislativa e regolamentare statale estesa alla concreta e dettagliata disciplina dell'attivita' necessaria per garantire i livelli essenziali delle prestazioni, tale disciplina statale - anche alla luce della sent. n. 120/2005, che ha considerato estranei alla competenza statale di cui alla citata lett. m) l'aspetto organizzativo e gestorio - non potrebbe investire i singoli e specifici profili organizzativi attinenti alle politiche sociali e dell'abitazione, di esclusiva comperenza regionale (cfr. sent. Corte cost. n. 451/2006), senza ledere le attribuzioni legislative e l'autonomia amministrativa della ricorrente, entrambe pesantemente limitate e lese da una disposizione che, nella materia de qua, impone in modo invasivo alla regione precisi adempimenti, entro un termine perentorio e particolarmente breve (tre mesi dall'entrata in vigore della legge), subordinando l'attivita' regionale di pianificazione, unilateralmente imposta al di fuori di ogni garanzia cooperativa, alla "proposta dei comuni individuati nell'art. 1". Si tratta, all'evidenza, di una disciplina nel metodo, oltre che nei contenuti, incompatibile con i principi che, in base al Titolo V della Costituzione, devono presiedere ai rapporti tra Stato e regioni: pari dignita' di Stato e regioni quali enti costitutivi della Repubblica (114); rispetto del riparto costituzionale delle competenze, senza improprie dilatazioni dei titoli competenziali "trasversali" di cui al secondo comma dell'art. 117 Cost., salva la possibilita' di, eccezionalmente, derogarvi attraverso l'assunzione in sussidiarieta' di funzioni amministrative in materie di competenza regionale, ma a condizione che siano rispettate garanzie cooperative "forti" di consultazione e intesa con la regione interessata (Corte cost., sentt. n. 303/2003, n. 6/2004, 383/2005), nel doveroso rispetto del principio di leale collaborazione. Invero, l'imposizione, ai sensi dell'art. 3, comma 1, alle regioni e alle province autonome della predisposizione di un piano straordinario da articolarsi in tre annualita' configura evidentemente un onere peculiare sia quanto alla scelta dello specifico modello organizzativo del servizio da assicurare sia quanto alle prescritte tempistiche da seguire che evidentemente eccedono dalla competenza statale in ordine alla determinazione dei l.e.p. e dalla competenza legislativa statale di principio nella materia, di legislazione concorrente, del governo del territorio. Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla disposizione di cui al comma 2 del medesimo articolo, laddove la legge statale attribuisce a costituende Commissioni funzioni discrezionali circa la graduazione delle azioni di rilascio, nella presunta ottica di favorire il passaggio da casa a casa dei soggetti di cui all'art. 1, nonche' per le famiglie gia' utilmente collocate nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Evidente e' l'ingerenza di detto organo nell'elaborazione della graduazione programmata e, in generale, nelle attribuzioni spettanti alla regione in materia di assistenza e politiche sociali, oltre che di gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, cio' che appare confermato in termini inoppugnabili proprio dalla precisazione, contenuta nella disposizione censurata, che fa "salve le competenze dell'autorita' giudiziaria ordinaria", risultando cosi', in modo del tutto inequivoco, che la disciplina di cui si tratta e' come tale estranea ai profili inerenti alla giurisdizione, investendo fattispecie di prioritaria spettanza degli enti territoriali riconducibili, pertanto, alle attribuzioni legislative - e in larga misura anche amministrative - della regione ricorrente. Ne' tale conclusione puo' essere messa in discussione attraverso un'impropria e ingiustificata dilatazione del ruolo prefettizio e degli Uffici territoriali del Governo, o attraverso un'indebita estensione della competenza statale in materia di giurisdizione, norme processuali e ordinamento civile, che semmai riguarda il diverso e antecedente momento della sospensione delle procedure esecutive di rilascio. I commi 1 e 2 dell'art. 3 in esame si appalesano dunque illegittimi in quanto introducono, in materia di edilizia residenziale pubblica e di politiche sociali e dell'abitazione, disposizioni puntuali sulla predisposizione del suddetto piano, sulle valutazioni concernenti la graduatoria e sui connessi requisiti per l'inserimento in essa dei soggetti interessati, in violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, posto che allo Stato spetta unicamente la determinazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio e - in modo rispettoso dell'autonomia legislativa e amministrativa regionale, che si estende anche ai compiti di programmazione nell'ambito della regione - dei livelli essenziali delle prestazioni nel settore del servizio abitativo. Le denunciate disposizioni, in quanto pongono un precetto specifico e puntuale sul sistema organizzativo della materia di cui si controverte, si risolvono percio' in un'indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi (sent. n. 390 del 2004, riferita, nello specifico, alla spesa pubblica, ma senz'altro illuminante anche ai presenti fini). Quanto appena detto vale anche con riferimento alle disposizioni di cui al successivo art. 4 della legge n. 9/2007, come meglio espresso al punto che segue. Si osservi in merito che, prima della riforma costituzionale del Titolo V, la materia della edilizia pubblica era attribuita alla competenza regionale, mentre allo Stato residuavano compiti di disciplina di principio, di concorso nella programmazione di settore e di definizione dei livelli minimi del servizio abitativo. Ed invero, gia' il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), nel collocare la materia nell'ambito del titolo dedicato all'assetto ed utilizzazione del territorio, aveva disposto un ingente trasferimento di funzioni amministrative alle Regioni, tra le quali la funzione relativa alla determinazione dei requisiti e dei prezzi massimi delle abitazioni (art. 94). In seguito, il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) ha collocato la materia dell'edilizia residenziale pubblica nella sezione III del Capo II (Territorio e urbanistica), del titolo III (Territorio ambiente e infrastrutture) e ha previsto, all'art. 59, il mantenimento allo Stato dei soli compiti relativi: a) alla determinazione dei principi e delle finalita' di carattere generale e unitario, anche nel quadro degli obiettivi generali delle politiche sociali; b) alla definizione dei livelli minimi del servizio abitativo, nonche' degli standard di qualita' degli alloggi di edilizia residenziale pubblica; c) al concorso nell'elaborazione dei programmi di edilizia residenziale pubblica aventi interesse a livello nazionale; d) alla acquisizione, raccolta, elaborazione, diffusione e valutazione dei dati sulla condizione abitativa; e) alla definizione dei criteri per favorire l'accesso al mercato delle locazioni dei nuclei familiari meno abbienti e agli interventi concernenti il sostegno finanziario al reddito. Deve ulteriormente evidenziarsi che la legge costituzionale n. 3 del 2001 non menziona l'edilizia residenziale pubblica tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato o di competenza concorrente; dal canto suo, codesta ecc.ma Corte ha ritenuto (sentenza n. 362 del 2003) che la materia dell'edilizia rientri in quella del governo del territorio, senza tuttavia includere in tale inquadramento, accanto alla disciplina generale del processo edificatorio, la componente, per cosi' dire, politico-sociale e socio-assistenziale propria del servizio abitativo. In ogni caso, anche a voler ammettere che l'edilizia pubblica possa ascriversi, per una parte, alla materia del "governo del territorio", assegnata alla competenza concorrente, le disposizioni censurate risultano comunque illegittime, atteso il loro carattere puntuale e di dettaglio, in relazione ai profili sociali e socio-assistenziali che investono la materia dell'edilizia residenziale pubblica. Si deve osservare (com'e' sottolineato anche in Corte cost. sent. 352/01) che la materia dell'edilizia residenziale pubblica, pur se non ricompresa nell'art. 117, neppure nel vecchio testo, e' stata attribuita alle Regioni prima dall'art. 93 e ss. d.P.R. 616/1977 e poi dall'art. 60, d.lgs. n. 112/1998, che ha ampliato la sfera delle attribuzioni regionali includendovi anche la gestione e l'attuazione degli interventi, nonche' la fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi e la determinazione dei canoni. Le disposizioni censurate, in quanto disciplinanti un aspetto dell'assegnazione degli alloggi in locazione da parte dell'ente pubblico deputato a perseguire la finalita' di agevolare il conseguimento di un'abitazione da parte di soggetti meno favoriti, vanno riportate all'ambito della materia dell'edilizia residenziale pubblica, che rientra, ed entro limiti tutt'altro che angusti gia' prima della novella costituzionale del 2001 rientrava, nella competenza regionale (cfr. ancora la sent. n. 352/01). La citata sentenza n. 352/2001 (ante riforma) specifica al riguardo che "questa Corte (con la sentenza n. 27 del 1996) ha gia' qualificato l'edilizia residenziale pubblica "nuova materia di competenza regionale", precisando che essa ricomprende la disciplina della predisposizione di interventi pubblici di varia natura comunque diretti al fine di provvedere al servizio sociale della provvista degli alloggi a favore dei lavoratori e delle famiglie meno abbienti. Da ultimo, poi, l'art. 60 del d.lgs. n. 112 del 1998 ha conferito alle regioni tutte le funzioni amministrative relative alla gestione e all'attuazione degli interventi in materia di edilizia residenziale pubblica". Gia' dunque prima della riforma del Titolo V, la Corte ha in piu' occasioni affermato che dall'evoluzione legislativa degli ultimi venti anni si evince che la nozione iniziale di edilizia residenziale pubblica di cui all'art. 1, del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, si e' successivamente sviluppata, a partire dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nel senso che in tema di edilizia residenziale abitativa pubblica o di edilizia cosidetta sociale, alle Regioni spettano, in base alle competenze ad esse attribuite dall'art. 117 Cost. nelle materie dell'urbanistica e dei lavori pubblici di interesse regionale, ampi poteri amministrativi e legislativi, nei limiti del territorio o degli interessi regionali, in coordinamento con i programmi, i criteri e le disposizioni in sede nazionale - dopo la riforma costituzionale, da assoggettare ad uno scrutinio stretto sotto il profilo della loro legittimita' - e nel senso, inoltre, che l'ambito dell'edilizia residenziale pubblica e' ravvisabile quando ricorrono gli elementi propri delle finalita' sociali della destinazione di immobili comunque acquisiti da enti pubblici non economici; finalita' riscontrabili, oltre che nella tipologia non di lusso degli stessi nella loro destinazione a categorie di cittadini, non abbienti, cui gli alloggi vengono offerti con gare pubbliche di assegnazione in base a determinati requisiti (cfr. Corte cost. sent. n. 347/1993). Elementi chiarificatori del riparto delle competenze nella materia dell'edilizia residenziale pubblica si rintracciano nella recentissima sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 94 del 2007, ove viene delineato il quadro di riferimento, prima e dopo la riforma del Titolo V della Costituzione. A proposito della materia di cui si tratta, nella richiamata sentenza si legge, tra l'altro, quanto segue: "Questa Corte ha gia' avuto modo di precisare, prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, che "trattasi di materia essenzialmente composita, articolantesi in una triplice fase: la prima, avente carattere di presupposto rispetto alle altre, propriamente urbanistica; la seconda, di programmazione e realizzazione delle costruzioni, concettualmente riconducibile ai "lavori pubblici" [...]; la terza, infine, attinente alla prestazione e gestione del servizio della casa (disciplina delle assegnazioni degli alloggi, in locazione od in proprieta', ecc.), limitatamente all'edilizia residenziale pubblica in senso stretto" (sentenza n. 221 del 1975). La ricostruzione sistematica di cui sopra e' stata confermata e sviluppata dalla giurisprudenza successiva, che ha riconosciuto l'esistenza di una competenza legislativa regionale in materia di edilizia pubblica abitativa (sentenza n. 140 del 1976) ed ha poi specificato, a proposito della stessa, che "si verte in una materia attribuita in via generale alla competenza legislativa regionale" (sentenza n. 217 del 1988)". La lunga evoluzione giurisprudenziale, sempre anteriore alla riforma del Titolo V, ha infine portato ad una condivisa affermazione, "secondo cui "si e' parlato di plena cognitio delle regioni, sia amministrativa sia (per il parallelismo delle funzioni) legislativa, in materia di edilizia residenziale pubblica, cosicche' potrebbe ritenersi ormai formata, nell'evoluzione dell'ordinamento, una "nuova" materia di competenza regionale al di la' della ricostruzione iniziale operata con la sentenza n. 221 del 1975 - l'edilizia residenziale pubblica appunto - avente una sua consistenza indipendentemente dal riferimento all'urbanistica e ai lavori pubblici" (sentenza n. 27 del 1996)" (si tratta di un ulteriore passaggio della sentenza n. 94/2007). Dopo la riforma costituzionale, il quadro sistematico non e' mutato: la "nuova materia" continua ad esistere come corpus normativo organizzato su tre livelli normativi. Ancora nella sentenza n. 94/2007, si chiarisce che "il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione - che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m) Cost. - si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia "governo del territorio", ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., come precisato di recente dalla Corte con la sentenza n. 451 del 2006. Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost., riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale", nel cui ambito rientra certamente la gestione, oltre che della cessione degli alloggi, altresi' degli sfratti. Da ultimo, con riferimento alla disposizione del secondo comma dell'articolo 3 in parola, non puo' tralasciarsi di rilevare come appaia altrettanto manifesta la violazione del principio di legalita' nella materia che ci occupa, in considerazione dell'ampia discrezionalita' concessa alle costituende Commissioni, che andrebbe ad interferire con le competenze riconosciute alla regione in materia di gestione dell'allocazione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica (nello specifico sotto il profilo della gestione delle azioni di rilascio), destinata oltretutto ad incidere direttamente sull'attivita' dei competenti organi locali in sede di formazione delle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e in sede di regolazione e graduazione programmata delle azioni di rilascio e di mobilita' degli assegnatari. Al riguardo, appare necessario richiamare l'organica normativa di cui alla legge della Regione Lombardia, 5 gennaio 2000, n. 1 e ss.mm., recante "Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)", nella parte in cui, al comma 51 dell'art. 3, come modificato dalla recente l.r. n. 6/2007, nell'ambito della gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono trasferite ai "comuni tutte le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione degli alloggi, con particolare riferimento a: a) formazione e gestione dei bandi di assegnazione; b) formazione e approvazione delle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi da effettuarsi con le modalita' operative previste dalle norme emanate in forza della lettera m) del comma 41 e dal comma 51-bis; c) promozione della mobilita' degli assegnatari; d) gestione delle riserve di alloggi, della decadenza, della revoca e della comminatoria di sanzioni amministrative in tema di occupazione e detenzione senza titolo. Ne segue che, di fatto, la Commissione, la cui composizione e il cui funzionamento sono definiti dalle Prefetture - Uffici territoriali del Governo (comma 3, art. 3), si troverebbe ad interferire pesantemente con attribuzioni regionali, non investendo la disciplina impugnata profili attinenti all'ordine pubblico, bensi' riguardando "l'eventuale graduazione, fatte salve le competenze dell'autorita' giudiziaria ordinaria, delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonche' per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica". Profili, pertanto, chiaramente rientranti nelle competenze regionali in materia di politiche sociali e di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento all'aspetto assistenziale, e di gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica. Invero, la materia in questione, attinente alla politica sociale ed abitativa, attesa l'urgenza e l'esigenza di rispondere alla particolare situazione di disagio per determinate categorie sociali, investe la realta' locale; la direzione da assumere a livello legislativo deve dunque indirizzarsi piuttosto verso la stabilizzazione di un sistema locale di regolazione e graduazione programmata delle azioni di rilascio, rispetto al quale il ruolo del legislatore e dell'amministrazione regionale non puo' essere disconosciuto, senza violare l'art. 117, terzo e, soprattutto, quarto comma, Cost., nonche' il principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost. e il principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2007, n. 9, per violazione degli articoli 97, 117, commi terzo, quarto e sesto, 118, 119 della Costituzione. La norma denunciata di cui all'art. 4, comma 2, prevede quanto segue: "In relazione alle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione di cui al comma 1, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri della solidarieta' sociale, dell'economia e delle finanze, per le politiche giovanili e le attivita' sportive e delle politiche per la famiglia, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, predispone, entro due mesi dalla conclusione dei lavori del medesimo tavolo di concertazione, un programma nazionale contenente: a)gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale sulla base dei criteri stabiliti dalle leggi regionali e a canone definito sulla base dei criteri stabiliti dall'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, nonche' alla riqualificazione di quartieri degradati; b) proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, con particolare riferimento alla riforma della disciplina della vendita e della locazione di immobili di proprieta' dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3; c) l'individuazione delle possibili misure, anche di natura organizzativa, dirette a favorire la continuita' nella cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali prioritariamente per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali; d) la stima delle risorse finanziarie necessarie per l'attuazione del programma nell'ambito degli stanziamenti gia' disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica"; Nell'apparente finalita' di indicare "obiettivi ed indirizzi per la programmazione regionale", di per se' di dubbia legittimita' costituzionale, la previsione del programma nazionale di natura ministeriale di cui all'articolo 4, comma 2, benche' predisposto sulla scorta di quanto emerso dal tavolo delle concertazioni e d'intesa con la Conferenza unificata, introduce in realta' disposizioni puntuali ed elementi di indirizzo per la regione incompatibili, tra l'altro, con il superamento, a seguito della revisione costituzionale del 2001, della funzione statale di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni, che le disposizioni impugnate finiscono per riproporre (esclude la perdurante legittimita' di tale funzione statale Corte cost., sent. n. 329/2003, in materia di rapporti tra programmazione nazionale e regionale; si ricordi anche l'art. 8, legge 5 giugno 2003, n. 131, nella parte in cui ha disposto che non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 8, legge n. 59/1997 nelle materie previste dall'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione). La programmazione nazionale, secondo il censurato disposto normativo, per un verso contiene gli obiettivi e gli indirizzi per l'attuazione della programmazione regionale, per altro verso indica nel dettaglio le modalita' di attuazione della politica abitativa regionale laddove identifica dette modalita' con "la realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale..." e la riqualificazione di quartieri degradati (lett. a). La suddetta programmazione nazionale dovrebbe poi recare: proposte normative in materia fiscale per la normalizzazione del mercato immobiliare, per uno specifico ambito di riferimento, ovvero la riforma della disciplina della vendita e della locazione di immobili di proprieta' della particolare categoria di soggetti indicata all'art. 1, comma 3 della medesima legge n. 9/2007; possibili misure anche di tipo organizzativo, per favorire la cooperazione Stato, Regioni ed enti locali; la stima delle risorse finanziarie per l'attuazione del programma nell'ambito degli stanziamenti gia' disponibili. E' evidente l'interferenza statale in ambiti rimessi alla competenza regionale in tema di pianificazione urbanistica, lavori pubblici per la costruzione e la manutenzione dei fabbricati, gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica ed organizzazione e attivita' amministrativa in materia di gestione e assegnazione degli alloggi, tutte attribuzioni garantite dagli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. Come gia' precisato al punto che precede, la materia dell'edilizia residenziale pubblica rientra in buona parte nella competenza legislativa regionale ai sensi dell'art. 117, terzo e, soprattutto, quarto comma, Cost.; pertanto, le norme impugnate devono ritenersi illegittime in quanto dispongono, per di piu' in modo dettagliato, in ambiti che spetta al legislatore regionale disciplinare, in via tendenzialmente esclusiva, nel modo piu' aderente possibile alle situazioni economico-sociali, finanziarie e patrimoniali riscontrate localmente, regolando conseguentemente anche le corrispondenti attivita' gestionali degli enti interessati. Manca dunque un titolo di competenza statale tale da giustificare le suddette norme; ne' la lesione della competenza regionale viene meno per il fatto che detta programmazione presuppone un tavolo di concertazione e l'intesa della Conferenza unificata, in quanto nelle materie di cui all'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., solo la fonte legislativa regionale e' legittimata ad intervenire con una disciplina compiuta ed esaustiva, salva l'eccezionale assunzione in sussidiarieta' secondo il meccanismo di cui alla sent. n. 303/2003, della quale nel presente caso non sussistono i presupposti. Si osservi che l'articolo 4 in argomento, prescrivendo in modo dettagliato e puntuale le finalita' da perseguire in sede di attuazione finisce col predeterminare il contenuto stesso e della programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica e di ogni altro eventuale intervento legislativo regionale "attuativo", come tale, peraltro, estraneo alla delineazione costituzionale delle attribuzioni regionali. Come confermato dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte sul tema deve ribadirsi ancora come la materia dell'edilizia residenziale pubblica, gia' prima della riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, rientrava nella competenza legislativa regionale. La riforma costituzionale del 2001, riconoscendo implicitamente (ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.) la competenza esclusiva residuale delle regioni, ha ulteriormente ampliato l'ambito di competenza regionale, che oggi deve ritenersi esteso a tutto quanto normalmente ricompresso nella materia dell'edilizia residenziale pubblica. Ne' pare che possa giungersi a conclusione diversa in ragione del disposto di cui all'art. 118 Cost., atteso che, nella specie, non opera l'attrazione di funzioni legislative a livello statale in conseguenza dell'assunzione in sussidiarieta' di funzioni amministrative. La finalita' espressamente socio-assistenziale delle disposizioni impugnate per provvedere in via residuale ai bisogni abitativi della fascia d'utenza piu' svantaggiata o indigente e il carattere delle prescrizioni ivi previste cosi' come dei contenuti della programmazione nazionale (attinenti alle modalita' di attuazione della politica abitativa, alle relative misure organizzative, senza tralasciare l'imposizione alle regioni di una pianificazione articolata in tre annualita' e le competenze attribuite alle Commissioni di cui al precedente art. 3) rendono manifesta la natura essenzialmente organizzatoria e gestionale della disciplina, rispetto alla quale deve essere affermata la competenza della legislazione regionale e l'impossibilita' di invocare il potere statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Infatti, anche laddove si volesse riconoscere, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., una competenza esclusiva statale in ordine alla determinazione ed individuazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti, mediante la fissazione di linee guida e principi di carattere generale per garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, nel caso di specie, per le ragioni anzi dette, la normativa censurata non corrisponderebbe comunque a tale ipotetica funzione, non determinando essa alcun livello di prestazione. Il fine della disposizione in esame non e' quello di dettare una disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, bensi' quello di regolare l'organizzazione e le procedure amministrative per arrivare ad una piu' rapida e conveniente offerta e cessione degli immobili. Si tratta quindi di un intervento normativo dello Stato nella gestione degli alloggi di proprieta' di enti strumentali della regione che esplicitamente viene motivato dalla legge statale con finalita' di valorizzazione di un patrimonio immobiliare non appartenente allo Stato. Per citare ancora la sent. n. 94/2007 di codesta ecc.ma Corte, pare possibile anche nel presente caso affermare che si profila "un'ingerenza nel terzo livello di normazione riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente ricompreso nella potesta' legislativa residuale delle regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. Di conseguenza [...] la fonte regolamentare, destinata dalla disposizione impugnata a disciplinare le procedure di alienazione degli immobili, e stata prevista in una materia non di competenza esclusiva dello Stato, in violazione del sesto comma del medesimo art. 117". Nell'indicare il contenuto e le finalita' che dovra' assumere la futura programmazione nazionale, ex art. 4, comma 2, legge n. 9/2007, il Legislatore statale ha in realta' previsto indirizzi e limiti volti a circoscrivere l'esercizio della potesta' programmatoria e, in violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., ha affidato la programmazione nella materia de qua ad un atto ministeriale. Ne', come si e' detto, l'ingerenza statale nella materia regionale che deriva dalle richiamate disposizioni della legge n. 9/2007 puo' trovare un fondamento nella competenza esclusiva dello Stato in ordine alla determinazione dei livelli essenziali, atteso che, come ha chiarito la gia' richiamata sent. n. 120/2005, deve ritenersi estraneo a tale attribuzione del legislatore statale l'assetto organizzativo e gestorio. Sempre in materia di determinazione dei livelli essenziali, mette conto richiamare anche la sent. di codesta ecc.ma Corte n. 248/2006, nella parte in cui si chiarisce che "questa Corte ha ormai, piu' volte, affermato che "il potere di predeterminare eventualmente - sulla base di apposite disposizioni di legge - i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche nelle materie che la Costituzione affida alla competenza legislativa delle regioni, non puo' trasformarsi nella pretesa dello Stato di disciplinare e gestire direttamente queste materie, escludendo o riducendo radicalmente il ruolo delle regioni. In ogni caso, tale titolo di legittimazione puo' essere invocato solo in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa nazionale definisca il livello essenziale di erogazione, mentre non e' utilizzabile al fine di individuare il fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali" (cosi' la sentenza n. 383 del 2005, ma anche la sentenza n. 285/2005)". Anche le recenti sentt. nn. 118 e 451 del 2006 (in tema di previsione di fondi statali in materia sociale) vanno poi ricordate, nella parte in cui presuppongono la competenza residuale delle regioni in materia di edilizia residenziale pubblica ed assistenza e politiche sociali, specificando altresi' che la predisposizione dei programmi abitativi di costruzione e di recupero di unita' iminobiliari site nel territorio di comuni determinati ad alta tensione abitativa e' rimessa alla competenza regionale, trattandosi comunque di interventi che investono il settore dell'edilizia. Diversamente, nella specie, la previsione di specifici contenuti normativi per la programmazione nazionale, di cui al comma 2 dell'art. 4 della legge di cui si verte, nell'apparente veste e finalita' di fornire indicazioni di principio, anticipa con un atto statale sub-primario prescrizioni per la programmazione rimessa alla competenza regionale. In altri termini, la programmazione nazionale, cosi' come concepita, finisce per delimitare preventivamente la portata normativa e contenutistica della programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, cosi' come quella della futura normazione "attuativa" - per adottare un'espressione impropria ma emblematica dell'alterazione del quadro delle garanzie costituzionali che la disciplina impugnata determina - delle pianificazioni statali. Quanto alla legislazione regionale della Lombardia adottata nella materia dell'edilizia residenziale pubblica, e' necessario fare riferimento alla gia' citata l.r. 5 gennaio 2000, n. 1 e ss. mm., recante "Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)", la quale ha introdotto un'articolata e organica disciplina, che occorre brevemente richiamare. Si tratta di una disciplina del riparto delle funzioni tra regione ed enti locali, nella materia dell'edilizia residenziale pubblica, adottata in conformita' ai principi di sussidiarieta'; completezza, omogeneita' e unicita' della responsabilita' amministrativa; efficienza ed economicita'; autonomia organizzativa, regolamentare e di responsabilita' degli enti locali; cooperazione tra la regione ed enti locali (art. 1), in conformita' al modello delineato dalla legge n. 59/1997, e in termini che, dopo la riforma, risultano rafforzati sotto il profilo della garanzia delle attribuzioni costituzionali della regione e degli enti locali, anche nella materia di cui si tratta. E' importante sottolineare che nelle materie oggetto della legge regionale n. 1/2000, come modificata dalla l.r. n. 17/2006, la regione mantiene le funzioni di programmazione e coordinamento. Il successivo articolo 3 della l.r. n. 1/2000 in esame, al comma 41, elenca le funzioni mantenute in capo alla Regione: "a) la determinazione delle procedure di rilevazione del fabbisogno abitativo, tenendo conto della consistenza del patrimonio edilizio esistente e delle sue possibilita' di integrazione attraverso l'azione coordinata e sinergica dei diversi soggetti sociali ed economici presenti sul territorio regionale; b) la determinazione delle linee di intervento e degli obiettivi di settore attraverso il programma regionale per l'edilizia residenziale di cui al comma 52; c) la predisposizione dei programmi annuali di attuazione del programma regionale per l'edilizia residenziale di cui al comma 52, lettera a); d) la verifica dell'efficacia dei programmi attuati e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse finanziarie; e) la determinazione dei limiti di costo da rispettare nella realizzazione degli interventi; [...]; h) la determinazione dei limiti di reddito per l'accesso ai finanziamenti di edilizia residenziale pubblica; i) la determinazione dei requisiti soggettivi dei beneficiari finali; j) la determinazione dei requisiti oggettivi degli interventi; k) la promozione e il coordinamento della formazione e gestione dell'anagrafe dei soggetti fruenti di contributi pubblici e dell'inventario del patrimonio di edilizia residenziale pubblica; [...]; m) la determinazione dei criteri generali per l'assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica; la normativa regionale, nell'ambito dei requisiti per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, individua limiti della situazione economica che definiscono una fascia omogenea di inquilini, caratterizzati dal medesimo bisogno abitativo, che possono sostenere un canone che copra gli oneri di realizzazione, recupero o acquisizione, nonche' i costi di gestione degli alloggi" (lettera modificata con l.r. n. 17/2006 - n. d.r.); "n) la determinazione dei criteri generali per la fissazione dei canoni per l'edilizia residenziale pubblica; o) l'individuazione delle modalita' di gestione del sostegno finanziario al reddito per favorire l'accesso al mercato della locazione dei nuclei familiari meno abbienti; [...]; q) il concorso con la competente amministrazione dello Stato e con gli enti locali interessati nell'elaborazione di programmi di edilizia residenziale pubblica aventi interesse nazionale; [...]". Da quanto precede risulta in tutta evidenza come la Regione Lombardia si sia dotata di una specifica, estesa e compiuta normativa di riferimento nella materia dell'edilizia economica popolare la quale, in attuazione delle attribuzioni ad essa costituzionalmente spettanti, disciplina esaustivamente il coordinamento tra le competenze dei diversi soggetti interessati, in conformita' ai principi di sussisiarieta' (art. 118 Cost.), efficienza ed economicita' (art. 97 Cost.), per una corretta ed adeguata organizzazione e gestione del territorio, del patrimonio pubblico e delle risorse disponibili. La denunciata disciplina statale disconosce in radice sia le attribuzioni costituzionalmente garantite della ricorrente nella materia di cui si tratta, sia il ruolo della regione come delineato dalla sopra riportata legislazione regionale, adottata nell'esercizio di tali attribuzioni. Ne', nel caso di specie, ricorrono le condizioni per l'assunzione in sussidiarieta' di funzioni legislative a livello statale in conseguenza dell'accentramento di funzioni amministrative in materia di spettanza regionale, anche in considerazione della mancata dimostrazione, da parte dello Stato, della necessita' di alterare l'attuale organizzazione e gestione della materia a livello regionale e locale, basata sulla richiamata legislazione e programmazione regionale. L'intervento legislativo statale di cui alla legge censurata n. 9 del 2007 non puo' pertanto trovare giustificazione nel principio di sussidiarieta'. La Regione Lombardia ha pienamente esercitato le attribuzioni riconosciutele ante e post riforma del Titolo V della Costituzione, assolvendo fino in fondo le funzioni e i compiti relativi, cosicche' sfugge la ragione giustificatrice delle prescrizioni introdotte con la legge censurata nella materia dell'edilizia residenziale pubblica e non si vede quale sia l'interesse unitario invocabile quale motivo di alterazione del riparto delle funzioni. Da un lato, il livello di governo regionale e locale si presenta allo stato pienamente rispondente ed adeguato alle finalita' che si intendono raggiungere, specie se si considera che la materia in questione, della politica sociale ed abitativa, caratterizzata dall'urgenza e dall'esigenza di rispondere alla particolare situazione di disagio per determinate categorie sociali, investe la realta' locale, e che la direzione da assumere a livello legislativo deve indirizzarsi verso la stabilizzazione di un sistema locale; dall'altro lato, deve altresi' ribadirsi, come confermato da codesta ecc.ma Corte, come la sussidiarieta' agisca quale subsidium, quando un livello di governo sia inadeguato alle finalita' che si intenda perseguire, atteso che "i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenute nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali dal parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita', e sia oggetto di un accordo stipulato con la regione interessata" (cfr. sent. n. 303/2003). Analoga considerazione vale certamente anche per le censurate disposizioni della legge n. 9/2007 di cui all'articolo 3, come gia' rilevato supra e per le disposizioni di cui all'articolo 5, come verra' meglio esposto nel punto che esegue. Si aggiunga ancora, con specifico riguardo a quanto disposto dall'art. 4, comma 2, che la disposizione di cui alla sua lettera d) non puo' sottrarsi ad una ulteriore e piu' specifica censura di illegittimita' costituzionale, venendo altresi' a determinare una lesione alle competenze regionali costituzionalmente garantite sotto il profilo dell'autonomia finanziaria riconosciuta alle Regioni e agli enti locali, ex art. 119 Cost. La programmazione nazionale, prevista dal secondo comma dell'art. 4, dovra' infatti contenere anche la stima delle risorse finanziarie necessarie per l'attuazione del programma nell'ambito degli stanziamenti gia' disponibili e senza nuovi maggiori oneri per la finanza pubblica. Nel disciplinare funzioni regionali e locali senza contestualmente provvedere alla loro copertura finanziaria, la norma risulta dunque illegittima, per violazione del principio di certezza delle risorse finanziarie e di autonomia finanziaria regionale e locale sotteso all'art. 119, il quale disciplina un sistema di entrate regionali e locali destinato a finanziare "integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite" (Corte cost., sentenze n. 16/2004 e n. 222/2005). In particolare, codesta ecc.ma Corte ha chiarito che le entrate di cui ai primi tre commi dell'art. 119 Cost. "consentono - vale a dire devono consentire - agli enti di "finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite" (quarto comma), salva la possibilita' per lo Stato di destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali in favore di determinati, comuni, province, citta' metropolitane e regioni, per gli scopi di sviluppo e di garanzia enunciati dalla stessa norma o "per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni degli enti autonomi (quinto comma)" (sent. n. 37 del 2004; enfasi aggiunta). Alla luce della citata pronuncia, la disposizione statale censurata, stabilendo che per tutto quanto verra' imposto in sede di programmazione alle Regioni e agli enti locali non sono previste risorse finanziarie, si appalesa in contrasto con l'art. 119 Cost., con specifico riferimento al quarto comma. Prevedendo sostanzialmente, a carico delle Regioni, una programmazione "a costo zero" la disposizione denunciata appare destinata a determinare uno "squilibrio strutturale" tra risorse finanziarie ed obbligazioni di spesa delle regioni, incompatibile con il principio dell'integrale finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite alle regioni. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, per violazione degli articoli 3, 97, 117, commi terzo, quarto, quinto e sesto, 118 della Costituzione. L'articolo 5 denunciato prevede: "Al fine di ottemperare a quanto previsto in materia di aiuti di Stato a favore degli alloggi sociali dalla decisione 2005/842/CE, della Commissione europea, del 28 novembre 2005, il Ministro delle infrastrutture, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce con proprio decreto, di concerto con i Ministri della solidarieta' sociale, delle politiche per la famiglia, per le politiche giovanili e le attivita' sportive e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, le caratteristiche e i requisiti degli alloggi sociali esenti dall'obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della comunita' europea". Premettendo che le su rilevate censure, che si richiamano integralmente, in tema di riparto di competenze tra Stato e Regioni ai sensi dell'art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, valgono anche con riguardo alla disposizione di cui all'art. 5 riportato, recando anche quest'ultimo norme peculiari e di dettaglio, nello specifico detto articolo risulta lesivo delle attribuzioni regionali soprattutto in riferimento all'art. 117, sesto comma, Cost. Nel prevedere l'emanazione di un successivo decreto ministeriale ove saranno indicate le caratteristiche e i requisiti degli alloggi di edilizia residenziale pubblica esenti dall'obbligo di notifica degli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, ai sensi della normativa comunitaria richiamata, la disposizione impugnata evidentemente attribuisce al Ministero un potere regolamentare in aperta violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., che limita la competenza della fonte regolamentare statale alle materie di cui al secondo comma dell'art. 117, secondo un riparto che la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ritiene "rigidamente strutturato" (Corte cost., sent. n. 22/2003 e 303/2003). Di qui l'illegittimita' di quelle leggi statali attributive di poteri regolamentari governativi e ministeriali in materie estranee all'elenco di cui al secondo comma dell'art. 117 Cost. Nel caso di specie, l'art. 5 della legge n. 9/2007, nell'attribuire al Ministero delle infrastrutture poteri regolamentari caratterizzati da elevata discrezionalita' e rilevanza politica per la determinazione dei caratteri e dei requisiti degli alloggi sociali, cui e' riconnessa la necessita' o meno di notificazione degli aiuti di Stato, viola il limite imposto dall'art. 117, sesto comma, Cost., alla potesta' regolamentare dello Stato ed alle leggi statali attributive di potesta' regolamentare (da ultimo, Corte cost., sentenza n. 451/2006). L'ingerenza sostanziale dell'intervento statale nell'ambito delle competenze regionali e' altresi' confermata dalla circostanza che detto decreto debba essere emanato dal Ministero competente, di concerto con i Ministri delle connesse materie; cio' fa escludere che il contenuto del decreto sia, in ipotesi, limitato agli aspetti strettamente attinenti al regime fiscale, riferibile al sistema tributario e contabile dello Stato. La scelta statale adottata con futuro atto regolamentare avra' chiaramente ripercussioni a carico della gestione del patrimonio della regione e delle sue risorse economiche, nonche', sul piano locale, a carico delle imprese aventi incarichi di edilizia popolare che forniscono alloggi a cittadini svantaggiati o gruppi sociali piu' svantaggiati, con pregiudizievole interferenza statale nella materia di potesta' regionale residuale dei "lavori pubblici di interesse regionale e locale". In tal guisa, prefigurando la norma censurata norme di dettaglio nella materia dell'edilizia residenziale pubblica, la regione viene estromessa da un settore in cui ha invece plurime e precise competenze. E tanto meno il suo molo puo' ritenersi recuperato in termini di procedure di leale collaborazione, che l'articolo intende soddisfare con il richiamo alla previa intesa con la Conferenza unificata, giacche', nella specie, si versa in ambito materiale riservato esclusivamente alle regioni: non vengono in rilevo, infatti, profili programmatori o progettuali idonei ad avere un qualsiasi impatto con il territorio, ne' principi generali attinenti alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (cfr. la citata sentenza n. 94/2007). Ne', d'altro canto, assume alcun rilievo la prevista necessita' di intesa con la Conferenza unificata, giacche' le procedure cooperative non possono alterare il rigido riparto risultante dal sesto comma dell'art. 117 Cost., che preclude alla potesta' regolamentare statale di intervenire nella materia dell'edilizia residenziale pubblica, a fortiori se inerente, come nel caso di cui si verte, al terzo livello normativo, rientrante nella competenza residuale regionale. Oltretutto non pare che lo strumento della Conferenza unificata possa ritenersi idoneo a consentire un'adeguata partecipazione regionale, in un ambito dove, al contrario, l'elemento di peculiarita' territoriale e' preminente e si diffrrenzia da regione a regione, anche in ragione dei prioritari principi satciti dagli artt. 3, 97 e 118, primo comma, della Costituzione. Come accertato dalla richiamata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, risulta ormai pacifico che ogni profilo della materia dell'edilizia residenziale pubblica riconducibile al potere di gestione dei beni della regione e del proprio patrimonio, appartiene in via esclusiva alla potesta' regionale residuale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. Nel caso che ci occupa, l'art. 5 non prevede principi generali volti a stabilire criteri uniformi di assegnazione degli alloggi sociali per soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. Invero, la norma citata prevede e disciplina una potesta' regolamentare del Ministro delle Infrastrutture, in un campo nel quale tuttavia la stessa non puo' essere esercitata ratione materiae (Corte cost., sentenza n. 94/2007). Si aggiunga che, pur presentandosi la disposizione in parola come in apparenza attinente alla materia della tutela della concorrenza, sotto il profilo della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, la potesta' ministeriale ivi prevista consente in realta' allo Stato di intervenire nel dettaglio della materia dell'edilizia residenziale pubblica, per i profili attinenti alle politiche sociali e dell'abitazione e ai lavori pubblici di interesse regionale e locale mediante la fissazione delle caratteristiche e dei requisiti degli alloggi sociali esenti dalla notifica degli aiuti di Stato, cosicche' il profilo concernente la tutela della concorrenza si appalesa del tutto pretestuoso e inidoneo a legittimare i poteri ministeriali di cui si tratta. L'apparente inerenza della disciplina impugnata alla materia degli aiuti di Stato non puo' indurre a ritenere conforme a Costituzione una disciplina in realta' adottata per fissare a livello statale parametri e requisiti di riferimento (ovvero le caratteristiche che debbono possedere gli alloggi sociali) con evidente interferenza in una materia rientrante nella competenza residuale delle Regioni. Del resto, per i profili di rilevanza comunitaria, l'art. 5 della legge n. 9/2007 appare altresi' incompatibile con il quinto comma dell'art. 117 Cost., a norma del quale l'attuazione e l'esecuzione della normativa comunitaria spettano alle regioni e alle province autonome nelle materie di loro competenza. Ne' si puo' derogare all'ordinario riparto delle competenze rispetto all'adempimento dei compiti relativi all'attuazione del diritto comunitario, attraverso un'indebita dilatazione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza. Codesta ecc.ma Corte, pur avendo configurato tale materia come "trasversale" e dotata tanto di un profilo statico, quanto di un profilo dinamico, ha pur tuttavia ritenuto indispensabile delimitame l'estensione, a garanzia delle attribuzioni costituzionali delle regioni. In particolare, nella sentenza n. 14 del 2004, con riferimento alla tutela della concorrenza si chiarisce che "l'inclusione di questa competenza statale nella lettera e) dell'art. 117, secondo comma, Cost., evidenzia l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese; strumenti che, in definitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati gli uni per mezzo degli altri, risultano tutti finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie inserite nel circuito economico. L'intervento statale si giustifica, dunque, per la sua rilevanza macroeconomica: solo in tale quadro e' mantenuta allo Stato la facolta' di adottare sia specifiche misure di rilevante entita', sia regimi di aiuto ammessi dall'ordinamento comunitario (fra i quali gli aiuti de minimis), purche' siano in ogni caso idonei, quanto ad accessibilita' a tutti gli operatori ed impatto complessivo, ad incidere sull'equilibrio economico generale" (corsivo aggiunto). Nel presente caso, tali presupposti per il legittimo esercizio, da parte dello Stato, della sua competenza trasversale in materia di tutela della concorrenza, non sussistono, essendo evidente che la materia oggetto del presente giudizio si caratterizza per essere funzionale ad esigenze tipicamente locali, e che la disciplina delle caratteristiche e dei requisiti degli alloggi sociali esula dalla materia di cui alla lettera e) dell'art. 117, secondo comma, come delineata dalla giurisprudenza costituzionale, attenta ad evitare che tale attribuzione trasversale del legislatore statale si traduca in un pretesto per adottare discipline di dettaglio in materie di competenza legislativa regionale concorrente e residuale. A quest'ultimo riguardo, nella citata sentenza n. 14/2004 si afferma che "una dilatazione massima di tale competenza [tutela della concorrenza] che non presenta i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui piu' diversi oggetti, rischierebbe di vanificare lo schema di riparto dell'art. 117 Cost. che vede attribuite alla potesta' legislativa residuale e concorrente delle regioni materie la cui disciplina incide innegabilmente sullo sviluppo economico". Nel caso di specie, la dimensione "macroeconomica" che dovrebbe giustificare l'intervento dello Stato stride con il grado di dettaglio che la disciplina ministeriale puo' raggiungere nella definizione dei requisiti degli alloggi sociali esenti dalla notifica degli aiuti di Stato. D'altro canto, non pare che le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di cui agli artt. 87 e ss. siano idonee a fondare ex se delle competenze in capo agli Stati, ma semmai esse sono idonee a limitare e indirizzare l'esercizio delle competenze spettanti ai diversi livelli di governo. L'art. 117, secondo comma, Cost, non impedisce pertanto, nel caso di specie, la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, legge n. 9/2007, ne' l'esercizio della competenza legislativa regionale concorrente e residuale, anche per quanto riguarda l'attuazione del diritto comunitario, ex art. 117, quinto comma, Cost.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 8 febbraio 2007, n. 9, recante "Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2007, n. 37, S.G., artt. 3, commi 1 e 2, 4, comma 2, 5, comma 1. Si depositano i seguenti documenti: 1) Copia conforme all'originale delle delibere della Giunta regionale della Lombardia n. VIII/4319 del 21 marzo 2007, n. VIII/4419 del 28 marzo 2007 e n. VIII/4521 del 3 aprile 2007. Roma, addi' 12 aprile 2007 Avv. prof. Giusppe Franco Ferrari - Avv. Antonella Forloni