RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 aprile 2007 , n. 19
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 20 aprile 2007 (della Regione Lombardia)

(GU n. 18 del 9-5-2007) 
 
    Ricorso  della Regione Lombardia, in persona del Presidente della
giunta  regionale pro tempore, dott. Roberto Formigoni, rappresentata
e  difesa,  tanto  unitamente  quanto disgiuntamente, come da procura
speciale a margine del presente atto, e in virtu' delle deliberazioni
della  Giunta  regionale  della  Lombardia  n. VIII/4319 del 21 marzo
2007, n. VIII/4419 del 28 marzo 2007 e n. VIII/4521 del 3 aprile 2007
(doc. 1),   dall'avv.  prof.  Giuseppe  Franco  Ferrari  e  dall'avv.
Antonella  Forloni, eleggendo domicilio presso lo studio del primo in
Roma, via di Ripetta n. 142;

    Contro,  la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente   del   Consiglio   in  carica  per  la  dichiarazione  di
legittimita'  costituzionale  della  legge  8  febbraio  2007,  n. 9,
recante  "Interventi  per  la  riduzione  del  disagio  abitativo per
particolari  categorie  sociali", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
del  14 febbraio 2007, n. 37, S.G., artt. 3, commi 1 e 2, 4, comma 2,
5, comma 1.

                              F a t t o

    Nella  serie  generale  della  Gazzetta  Ufficiale  n. 37  del 14
febbraio  2007  e'  stata  pubblicata la legge 8 febbraio 2007, n. 9,
recante  "Interventi  per  la  riduzione  del  disagio  abitativo per
particolari categorie sociali".
    Prima  di  esporre partitamente i motivi di censura relativi alle
disposizioni  di  cui  agli  articoli  3, commi 1 e 2, 4, comma 2, 5,
comma  1,  e' opportuno innanzitutto illustrare, almeno negli aspetti
piu' rilevanti, il contenuto dei singoli articoli impugnati.
    1.   -  L'articolo  3.  "Interventi  dei  comuni  per  l'edilizia
sovvenzionata  e  agevolata  e  per la graduazione degli sfratti", al
comma  1,  prevede che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della  presente  legge, le Regioni e le Province autonome di Trento e
di   Bolzano   predispongano,   su  proposta  dei  omuni  individuati
nell'articolo  1,  sulla base del fabbisogno di edilizia residenziale
pubblica,   con  particolare  riferimento  a  quello  espresso  dalle
categorie   di  cui  al  medesimo  articolo  1  gia'  presenti  nelle
graduatorie per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica  e  indicate  dagli  stessi  comuni,  un piano straordinario
articolato   in   tre   annualita'  da  inviare  ai  Ministeri  delle
infrastrutture  e  della  solidarieta'  sociale  e  al Ministro delle
politiche per la famiglia.
    Il   secondo   comma   dell'articolo   3   in  questione  prevede
l'istituzione  di  apposite commissioni, con durata di diciotto mesi,
per l'eventuale graduazione, fatte salve le competenze dell'autorita'
giudiziaria  ordinaria,  delle azioni di rilascio, al dichiarato fine
di  favorite  il  passaggio  da  casa a casa per i soggetti di cui al
medesimo  articolo  1,  nonche'  per  le famiglie collocate utilmente
nelle  graduatorie  comunali  per  l'accesso agli alloggi di edilizia
residenziale pubblica.
    Per  le ragioni che si diranno, le richiamate disposizioni ledono
l'autonomia  regionale,  imponendo  previsioni di dettaglio e di tipo
organizzativo  e  con  riferimento  alla  materia  del  "governo  del
territorio", di competenza ripartita e concorrente, e con riferimento
alla materia dell'assistenza e delle politiche sociali, di competenza
residuale  delle  regioni,  con conseguente violazione dell'art. 117,
terzo  comma  (governo  del  territorio),  quarto comma (assistenza e
politiche  sociali  e dell'abitazione; edilizia residenziale pubblica
per  i  profili  attinenti  alle politiche sociali e dell'abitazione;
lavori  pubblici  di  interesse  regionale  e locale) e dell'art. 118
(specie  sotto  il  profilo del principio di sussidiarieta). Il tutto
anche alla luce di quanto disposto dal d.lgs. n. 112/1998 (artt. 59 e
60).
    In particolare, l'art. 3, comma 1, cosi' come formulato, viene ad
imporre  alle  regioni l'onere di predisporre un piano straordinario,
di  cui  non  risulta  affatto  chiara  la  funzione,  cio'  anche in
considerazione  del  principio  di  buon andamento che deve informare
l'azione  amministrativa.  La costituzione delle apposite Commissioni
di  cui  al  comma  2  dell'art. 3  determina,  anche in questo caso,
un'illegittima     ingerenza     estesa    all'ambito    strettamente
organizzativo;  non  solo,  ad  esse  verrebbero  attribuite funzioni
caratterizzate  da un elevato grado di discrezionalita' in termini di
valutazione  dello  stato  di  bisogno  di ogni singolo caso, ai fini
della   graduazione   dell'azione   di   rilascio,   con  conseguente
pregiudizio  delle prerogative regionali di valutazione e graduazione
dello stato di bisogno medesimo (profilo sociale-abitativo).
    II.   -   L'articolo   4,  "Concertazione  istituzionale  per  la
programmazione in materia di edilizia residenziale pubblica", prevede
al  secondo  comma, preso atto delle indicazioni emerse dal tavolo di
concertazione  sulle  politiche  abitative  di  cui  al comma 1 - cui
partecipano rappresentanti dei Ministeri della solidarieta' sociale e
dell'economia   e  delle  finanze,  dei  Ministri  per  le  politiche
giovanili  e le attivita' sportive e delle politiche per la famiglia,
delle  Regioni,  dell'ANCI,  della  FEDERCASA,  delle  organizzazioni
sindacali  dei  lavoratori  e  degli inquilini, delle associazioni di
categoria  -, la predisposizione di un programma nazionale, entro due
mesi   dalla   conclusione   dei   lavori   del  medesimo  tavolo  di
concertazione,   da  parte  del  Ministro  delle  infrastrutture,  di
concerto  con  i Ministri della solidarieta' sociale, dell'economia e
delle  finanze,  per le politiche giovanili e le attivita' sportive e
delle   politiche   per  la  famiglia,  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata. Il programma nazionale contiene nello specifico:
        a)  "gli  obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per
la   programmazione   regionale  di  edilizia  residenziale  pubblica
riferita  alla  realizzazione,  anche  mediante  l'acquisizione  e il
recupero  di  edifici  esistenti,  di  alloggi  in locazione a canone
sociale  sulla  base  dei criteri stabiliti dalle leggi regionali e a
canone  definito  sulla  base  dei criteri stabiliti dall'articolo 2,
comma   3,   della  legge  9  dicembre  1998,  n. 431,  e  successive
modificazioni, nonche' alla riqualificazione di quartieri degradati;
        b)   proposte   normative   in   materia  fiscale  e  per  la
normalizzazione  del mercato immobiliare, con particolare riferimento
alla  riforma  della  disciplina  della  vendita e della locazione di
immobili di proprieta' dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3;
        c)  l'individuazione  delle possibili misure, anche di natura
organizzativa,  dirette  a favorire la continuita' nella cooperazione
tra  Stato,  regioni ed enti locali prioritariamente per la riduzione
del disagio abitativo per particolari categorie sociali;
        d)   la   stima  delle  risorse  finanziarie  necessarie  per
l'attuazione   del  programma  nell'ambito  degli  stanziamenti  gia'
disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica".
    La  previsione  del programma nazionale di natura ministeriale di
cui  all'articolo  4,  comma  2,  benche' predisposto sulla scorta di
quanto  emerso  dal  tavolo  delle  concertazioni  e  d'intesa con la
Conferenza  unificata,  nella  declarata apparente finalita' di voler
indicare  "obiettivi  ed  indirizzi per la programmazione regionale",
introduce  in  realta'  disposizioni  di  indirizzo  per  la Regione,
determinando un vulnus agli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, e
118  Cost.  Con  riferimento  poi  a quanto previsto dalla lettera d)
secondo  comma  dell'art. 4  in  parola,  viene  stabilito che per le
previsioni imposte in sede di programmazione alle regioni e agli enti
locali   non  sono  previste  risorse  finanziarie,  in  modo  lesivo
dell'autonomia  finanziaria  regionale  e locale, e in particolare in
contrasto  con  l'art. 119 Cost. nella parte in cui, al quarto comma,
stabilisce  il  principio  di  integrale finanziamento delle funzioni
pubbliche  attribuite  agli  enti  territoriali, come interpretato da
codesta  ecc.ma  Corte cost., sent. n. 37/2004 ("Le risorse derivanti
da  tali  fonti,  e dal fondo perequativo istituito dalla legge dello
Stato,  consentono  -  vale  a  dire devono consentire - agli enti di
"finanziare  integralmente  le  funzioni  pubbliche  loro attribuite"
(quarto  comma),  salva  la  possibilita'  per  lo Stato di destinare
risorse  aggiuntive  ed  effettuare  interventi speciali in favore di
determinati comuni, province, citta' metropolitane e regioni, per gli
scopi  di  sviluppo e di garanzia enunciati dalla stessa norma o "per
provvedere  a  scopi  diversi  dal  normale esercizio" delle funzioni
degli enti autonomi (quinto comma)"; corsivo aggiunto).
    Sotto   molteplici   profili,   come   si   dira',  anche  queste
disposizioni  sono  illegittime,  in quanto norme di dettaglio lesive
delle  competenze  legislative  ed  amministrative  della  regione in
materia  di assistenza e politiche sociali e dell'abitazione, laddove
specificano   le  modalita'  o  gli  strumenti  di  attuazione  della
programmazione  di  edilizia  economica popolare, in contrasto con il
riparto  costituzionale delle potesta' legislative. Mentre allo Stato
e'  consentita  unicamente,  per i profili concernenti l'edilizia, la
determinazione  dei  principi  fondamentali e, per gli altri profili,
l'individuazione   dei   livelli  essenziali  delle  prestazioni  del
servizio abitativo (cfr. Corte cost. sent. n. 451/2006).
    III.  - L'articolo 5, comma 1, "Definizione di alloggio sociale",
nel  riconoscere  al Ministro delle infrastrutture la definizione con
proprio  decreto  -  di  concerto  con  i Ministri della solidarieta'
sociale,  delle politiche per la famiglia, per le politiche giovanili
e  le  attivita'  sportive  e  d'intesa con la Conferenza unificata -
delle  caratteristiche  e  dei requisiti degli alloggi sociali esenti
dall'obbligo  di  notifica  degli  aiuti  di  Stato,  ai  sensi degli
articoli  87  e  88  del Trattato istitutivo della comunita' europea,
introduce  una potesta' regolamentare lesiva delle funzioni regionali
in  tema  di determinazione dei requisiti degli alloggi residenziali.
Risulta  costituzionalmente  illegittima  per  violazione del riparto
delle  competenze  regolamentari,  ex  art. 117,  sesto  comma  della
Costituzione,  la  prevista  attribuzione  al  Ministro  di un potere
sostanzialmente  regolamentare per la disciplina della gestione della
politica  sociale  degli  alloggi,  materia,  quella  delle politiche
sociali   e   dell'edilizia   residenziale  pubblica,  di  competenza
residuale della Regione.
    La  previsione  di cui all'art. 5 della legge n. 9/2007 determina
altresi'  un  vulnus  all'art. 117,  quinto  comma,  Cost.,  sotto il
profilo  della  competenza  regionale  in  ordine  all'attuazione del
diritto comunitario nelle materie di competenza delle Regioni.
    IV.  -  Come  si  e' detto e come piu' diffusamente si vedra', in
riferimento  alle  disposizioni  del  Titolo V della Costituzione, la
richiamata disciplina statale risulta lesiva sotto molteplici profili
della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione
Lombardia.
    Di qui la necessita' della proposizione del presente ricorso, per
la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge 8
febbraio 2007, n. 9. recante "Interventi per la riduzione del disagio
abitativo  per  particolari categorie sociali", artt. 3, commi 1 e 2,
4, comma 2, 5, comma 1, per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  commi 1 e 2,
della  legge  8  febbraio  2007,  n. 9,  recante  "Interventi  per la
riduzione  del  disagio abitativo per particolari categorie sociali",
per  violazione  degli  articoli  97,  117, commi terzo e quarto, 118
della Costituzione.
    L'articolo  3,  comma 1, stabilisce quanto segue: "Entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le
province  autonome  di Trento e di Bolzano predispongono, su proposta
dei  comuni individuati nell'articolo 1, sulla base del fabbisogno di
edilizia  residenziale pubblica, con particolare riferimento a quello
espresso  dalle categorie di cui al medesimo articolo 1 gia' presenti
nelle  graduatorie  per  l'assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia
residenziale  pubblica  e  indicate  dagli  stessi  comuni,  un piano
straordinario  articolato  in  tre annualita' da inviare ai Ministeri
delle infrastrutture e della solidarieta' sociale e al Ministro delle
politiche per la famiglia".
    Il successivo comma 2 precisa poi che: "a decorrere dalla data di
entrata  in  vigore  della  presente  legge,  nei  comuni individuati
nell'articolo   1,   comma   1,  possono  essere  istituite  apposite
commissioni,   con   durata   di   diciotto   mesi,  per  l'eventuale
graduazione,  fatte  salve  le  competenze dell'autorita' giudiziaria
ordinaria,  delle  azioni  di  rilascio,  finalizzate  a  favorire il
passaggio  da  casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo
1,  nonche'  per  le  famiglie  collocate utilmente nelle graduatorie
comunali   per   l'accesso  agli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica".
    Orbene,  la  predisposizione  da  parte  delle  regioni.  imposta
unilateralmente ai sensi del primo comma dell'articolo denunciato, di
un  piano straordinario articolato in tre annualita' e l'istituzione,
ai  sensi  del successivo comma, di apposite Commissioni, cui compete
la  graduazione  -  previa  la valutazione dello stato di bisogno dei
singoli  nuclei  familiari  e  allo scopo di favorire il passaggio da
casa  a  casa  -  delle  azioni  di  rilascio  dell'immobile  per  le
particolari  categorie  di  soggetti  cui  e'  diretta  la  legge  in
argomento, ledono le attribuzioni della ricorrente.
    La  disciplina  di  dettaglio  di  cui ai commi 1 e 2 dell'art. 3
appare   in  particolare  lesiva  delle  attribuzioni  legislative  e
amministrative regionali in materia di assistenza e politiche sociali
e dell'abitazione, edilizia residenziale pubblica, lavori pubblici di
interesse regionale e locale e gestione del patrimonio immobiliare di
edilizia residenziale pubblica, ex artt. 117, commi terzo e quarto, e
118 Cost.
    In  particolare  la disciplina di cui al denunciato articolo 3 e'
lesiva  delle  attribuzioni regionali in materia di valutazione dello
stato  di  bisogno abitativo a livello regionale e locale, dei modi e
dei   tempi  per  la  sua  necessaria  soddisfazione,  nonche'  delle
competenze   regionali   in   materia   di  gestione  del  patrimonio
immobiliare di edilizia residenziale pubblica.
    Si  aggiunga  che,  nello  specifico, in virtu' dell'art. 3 dello
Statuto  regionale,  la  Regione ricorrente e' tenuta ad assicurare a
tutti  i  cittadini  i  servizi  sociali,  con particolare riguardo a
quelli inerenti all'abitazione, alla salute e alla sicurezza sociale.
La  Regione  Lombardia adotta, altresi', le iniziative necessarie per
assicurare  la funzione sociale della proprieta', promuove e attua un
organico assetto del territorio.
    L'individuazione   effettuata   dalla   legge   impugnata   delle
specifiche  modalita'  o  degli strumenti mediante i quali la regione
dovra'  dare  attuazione  alla  programmazione  di edilizia economica
popolare,  si  pone  quindi  in  evidente  contrasto  con  il riparto
costituzionale   delle  potesta'  legislative,  nonche'  con  la  sua
autonomia amministrativa e programmatoria.
    Anche  laddove,  partendo  da  un'interpretazione estensiva della
competenza  legislativa  statale  di cui all'art. 117, secondo comma,
lett. m)  della  Costituzione,  si  volesse teorizzare una competenza
legislativa   e   regolamentare   statale   estesa  alla  concreta  e
dettagliata  disciplina  dell'attivita'  necessaria  per  garantire i
livelli essenziali delle prestazioni, tale disciplina statale - anche
alla  luce  della sent. n. 120/2005, che ha considerato estranei alla
competenza   statale   di   cui   alla   citata   lett. m)  l'aspetto
organizzativo  e  gestorio  -  non  potrebbe  investire  i  singoli e
specifici  profili  organizzativi  attinenti alle politiche sociali e
dell'abitazione,  di esclusiva comperenza regionale (cfr. sent. Corte
cost.  n. 451/2006),  senza  ledere  le  attribuzioni  legislative  e
l'autonomia  amministrativa  della  ricorrente, entrambe pesantemente
limitate e lese da una disposizione che, nella materia de qua, impone
in  modo  invasivo alla regione precisi adempimenti, entro un termine
perentorio  e  particolarmente breve (tre mesi dall'entrata in vigore
della  legge),  subordinando l'attivita' regionale di pianificazione,
unilateralmente  imposta  al  di  fuori di ogni garanzia cooperativa,
alla "proposta dei comuni individuati nell'art. 1".
    Si  tratta, all'evidenza, di una disciplina nel metodo, oltre che
nei  contenuti, incompatibile con i principi che, in base al Titolo V
della  Costituzione,  devono  presiedere  ai  rapporti  tra  Stato  e
regioni:  pari  dignita'  di  Stato  e regioni quali enti costitutivi
della  Repubblica  (114);  rispetto  del riparto costituzionale delle
competenze,  senza  improprie  dilatazioni  dei  titoli competenziali
"trasversali"  di  cui al secondo comma dell'art. 117 Cost., salva la
possibilita'  di,  eccezionalmente, derogarvi attraverso l'assunzione
in sussidiarieta' di funzioni amministrative in materie di competenza
regionale,  ma a condizione che siano rispettate garanzie cooperative
"forti"  di  consultazione e intesa con la regione interessata (Corte
cost.,   sentt.   n. 303/2003,  n. 6/2004,  383/2005),  nel  doveroso
rispetto del principio di leale collaborazione.
    Invero,  l'imposizione,  ai  sensi  dell'art. 3,  comma  1,  alle
regioni  e  alle  province autonome della predisposizione di un piano
straordinario    da   articolarsi   in   tre   annualita'   configura
evidentemente  un  onere  peculiare  sia  quanto  alla  scelta  dello
specifico modello organizzativo del servizio da assicurare sia quanto
alle  prescritte  tempistiche  da  seguire che evidentemente eccedono
dalla  competenza  statale in ordine alla determinazione dei l.e.p. e
dalla  competenza  legislativa statale di principio nella materia, di
legislazione concorrente, del governo del territorio.
    Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla disposizione
di  cui  al  comma  2 del medesimo articolo, laddove la legge statale
attribuisce a costituende Commissioni funzioni discrezionali circa la
graduazione  delle  azioni  di  rilascio,  nella  presunta  ottica di
favorire  il passaggio da casa a casa dei soggetti di cui all'art. 1,
nonche'  per  le  famiglie gia' utilmente collocate nelle graduatorie
comunali   per   l'accesso  agli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica.  Evidente  e' l'ingerenza di detto organo nell'elaborazione
della  graduazione  programmata  e,  in  generale, nelle attribuzioni
spettanti  alla regione in materia di assistenza e politiche sociali,
oltre  che  di  gestione  del  patrimonio  di  edilizia  residenziale
pubblica, cio' che appare confermato in termini inoppugnabili proprio
dalla  precisazione,  contenuta  nella disposizione censurata, che fa
"salve   le   competenze   dell'autorita'   giudiziaria   ordinaria",
risultando  cosi', in modo del tutto inequivoco, che la disciplina di
cui  si  tratta  e'  come  tale  estranea  ai  profili  inerenti alla
giurisdizione,  investendo fattispecie di prioritaria spettanza degli
enti   territoriali   riconducibili,   pertanto,   alle  attribuzioni
legislative  - e in larga misura anche amministrative - della regione
ricorrente.  Ne'  tale  conclusione  puo' essere messa in discussione
attraverso   un'impropria  e  ingiustificata  dilatazione  del  ruolo
prefettizio  e  degli  Uffici  territoriali del Governo, o attraverso
un'indebita   estensione  della  competenza  statale  in  materia  di
giurisdizione,  norme  processuali  e  ordinamento civile, che semmai
riguarda  il  diverso  e  antecedente momento della sospensione delle
procedure esecutive di rilascio.
    I  commi  1  e  2  dell'art. 3  in  esame  si  appalesano  dunque
illegittimi   in   quanto   introducono,   in   materia  di  edilizia
residenziale  pubblica  e  di  politiche  sociali  e dell'abitazione,
disposizioni puntuali sulla predisposizione del suddetto piano, sulle
valutazioni  concernenti  la graduatoria e sui connessi requisiti per
l'inserimento   in  essa  dei  soggetti  interessati,  in  violazione
dell'art. 117,  terzo  e  quarto comma, della Costituzione, posto che
allo   Stato   spetta   unicamente  la  determinazione  dei  principi
fondamentali  in  materia  di  governo  del  territorio  e  - in modo
rispettoso dell'autonomia legislativa e amministrativa regionale, che
si  estende  anche  ai  compiti  di  programmazione nell'ambito della
regione  -  dei  livelli essenziali delle prestazioni nel settore del
servizio abitativo.
    Le   denunciate  disposizioni,  in  quanto  pongono  un  precetto
specifico  e  puntuale sul sistema organizzativo della materia di cui
si  controverte,  si  risolvono  percio' in un'indebita invasione, da
parte   della  legge  statale,  dell'area  riservata  alle  autonomie
regionali  e  degli  enti  locali,  alle  quali la legge statale puo'
prescrivere  criteri  ed  obiettivi  ma non imporre nel dettaglio gli
strumenti  concreti  da  utilizzare  per  raggiungere  tali obiettivi
(sent.  n. 390  del  2004,  riferita,  nello  specifico,  alla  spesa
pubblica,  ma  senz'altro illuminante anche ai presenti fini). Quanto
appena  detto  vale anche con riferimento alle disposizioni di cui al
successivo  art. 4  della  legge  n. 9/2007,  come meglio espresso al
punto che segue.
    Si  osservi in merito che, prima della riforma costituzionale del
Titolo  V,  la  materia  della  edilizia pubblica era attribuita alla
competenza  regionale,  mentre  allo  Stato  residuavano  compiti  di
disciplina  di principio, di concorso nella programmazione di settore
e  di  definizione  dei  livelli  minimi  del  servizio abitativo. Ed
invero,  gia'  il  d.P.R.  24  luglio  1977, n. 616 (Attuazione della
delega  di  cui  all'art. 1  della legge 22 luglio 1975, n. 382), nel
collocare  la  materia nell'ambito del titolo dedicato all'assetto ed
utilizzazione del territorio, aveva disposto un ingente trasferimento
di  funzioni  amministrative  alle  Regioni, tra le quali la funzione
relativa alla determinazione dei requisiti e dei prezzi massimi delle
abitazioni  (art. 94).  In  seguito,  il decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato  alle  regioni  ed  agli  enti locali, in attuazione del capo I
della   legge   15   marzo  1997,  n. 59)  ha  collocato  la  materia
dell'edilizia  residenziale  pubblica  nella  sezione III del Capo II
(Territorio  e  urbanistica),  del  titolo III (Territorio ambiente e
infrastrutture)  e  ha  previsto,  all'art. 59,  il mantenimento allo
Stato  dei soli compiti relativi: a) alla determinazione dei principi
e  delle finalita' di carattere generale e unitario, anche nel quadro
degli obiettivi generali delle politiche sociali; b) alla definizione
dei  livelli minimi del servizio abitativo, nonche' degli standard di
qualita'  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica; c) al
concorso  nell'elaborazione  dei  programmi  di edilizia residenziale
pubblica  aventi interesse a livello nazionale; d) alla acquisizione,
raccolta,  elaborazione,  diffusione  e  valutazione  dei  dati sulla
condizione  abitativa;  e)  alla definizione dei criteri per favorire
l'accesso  al  mercato  delle  locazioni  dei  nuclei  familiari meno
abbienti  e  agli  interventi  concernenti il sostegno finanziario al
reddito.
    Deve  ulteriormente evidenziarsi che la legge costituzionale n. 3
del 2001 non menziona l'edilizia residenziale pubblica tra le materie
di  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  o di competenza
concorrente;   dal  canto  suo,  codesta  ecc.ma  Corte  ha  ritenuto
(sentenza  n. 362  del  2003) che la materia dell'edilizia rientri in
quella  del  governo del territorio, senza tuttavia includere in tale
inquadramento,   accanto   alla   disciplina  generale  del  processo
edificatorio,  la  componente,  per  cosi'  dire,  politico-sociale e
socio-assistenziale propria del servizio abitativo.
    In  ogni  caso,  anche  a voler ammettere che l'edilizia pubblica
possa  ascriversi,  per  una  parte,  alla  materia  del "governo del
territorio",  assegnata  alla competenza concorrente, le disposizioni
censurate  risultano  comunque  illegittime, atteso il loro carattere
puntuale   e   di  dettaglio,  in  relazione  ai  profili  sociali  e
socio-assistenziali    che   investono   la   materia   dell'edilizia
residenziale pubblica.
    Si deve osservare (com'e' sottolineato anche in Corte cost. sent.
352/01)  che  la  materia dell'edilizia residenziale pubblica, pur se
non  ricompresa  nell'art. 117,  neppure  nel vecchio testo, e' stata
attribuita  alle  Regioni  prima dall'art. 93 e ss. d.P.R. 616/1977 e
poi  dall'art. 60, d.lgs. n. 112/1998, che ha ampliato la sfera delle
attribuzioni  regionali includendovi anche la gestione e l'attuazione
degli   interventi,   nonche'   la   fissazione   dei   criteri   per
l'assegnazione degli alloggi e la determinazione dei canoni.
    Le  disposizioni  censurate,  in  quanto disciplinanti un aspetto
dell'assegnazione  degli  alloggi  in  locazione  da  parte dell'ente
pubblico   deputato   a  perseguire  la  finalita'  di  agevolare  il
conseguimento  di  un'abitazione  da parte di soggetti meno favoriti,
vanno  riportate  all'ambito della materia dell'edilizia residenziale
pubblica,  che  rientra,  ed entro limiti tutt'altro che angusti gia'
prima   della   novella  costituzionale  del  2001  rientrava,  nella
competenza regionale (cfr. ancora la sent. n. 352/01).
    La  citata  sentenza  n. 352/2001  (ante  riforma)  specifica  al
riguardo  che  "questa Corte (con la sentenza n. 27 del 1996) ha gia'
qualificato   l'edilizia  residenziale  pubblica  "nuova  materia  di
competenza  regionale", precisando che essa ricomprende la disciplina
della predisposizione di interventi pubblici di varia natura comunque
diretti  al  fine  di  provvedere al servizio sociale della provvista
degli alloggi a favore dei lavoratori e delle famiglie meno abbienti.
Da  ultimo,  poi,  l'art. 60  del d.lgs. n. 112 del 1998 ha conferito
alle  regioni tutte le funzioni amministrative relative alla gestione
e all'attuazione degli interventi in materia di edilizia residenziale
pubblica".
    Gia' dunque prima della riforma del Titolo V, la Corte ha in piu'
occasioni  affermato  che  dall'evoluzione  legislativa  degli ultimi
venti anni si evince che la nozione iniziale di edilizia residenziale
pubblica  di cui all'art. 1, del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, si
e'  successivamente  sviluppata, a partire dal d.P.R. 24 luglio 1977,
n. 616,  nel  senso  che  in  tema di edilizia residenziale abitativa
pubblica  o  di edilizia cosidetta sociale, alle Regioni spettano, in
base  alle  competenze  ad  esse attribuite dall'art. 117 Cost. nelle
materie   dell'urbanistica   e   dei  lavori  pubblici  di  interesse
regionale,  ampi  poteri amministrativi e legislativi, nei limiti del
territorio  o  degli  interessi  regionali,  in  coordinamento  con i
programmi,  i  criteri  e le disposizioni in sede nazionale - dopo la
riforma  costituzionale,  da  assoggettare  ad  uno scrutinio stretto
sotto  il profilo della loro legittimita' - e nel senso, inoltre, che
l'ambito  dell'edilizia  residenziale  pubblica e' ravvisabile quando
ricorrono   gli   elementi   propri  delle  finalita'  sociali  della
destinazione  di  immobili  comunque  acquisiti  da enti pubblici non
economici;  finalita' riscontrabili, oltre che nella tipologia non di
lusso  degli stessi nella loro destinazione a categorie di cittadini,
non  abbienti,  cui gli alloggi vengono offerti con gare pubbliche di
assegnazione  in base a determinati requisiti (cfr. Corte cost. sent.
n. 347/1993).
    Elementi   chiarificatori  del  riparto  delle  competenze  nella
materia  dell'edilizia  residenziale  pubblica  si rintracciano nella
recentissima  sentenza  di  codesta  ecc.ma Corte n. 94 del 2007, ove
viene delineato il quadro di riferimento, prima e dopo la riforma del
Titolo V della Costituzione.
    A  proposito  della  materia  di  cui si tratta, nella richiamata
sentenza  si  legge, tra l'altro, quanto segue: "Questa Corte ha gia'
avuto modo di precisare, prima della riforma del Titolo V della Parte
II  della  Costituzione,  che  "trattasi  di  materia  essenzialmente
composita,  articolantesi  in  una  triplice  fase:  la prima, avente
carattere   di   presupposto   rispetto   alle   altre,  propriamente
urbanistica;  la  seconda,  di  programmazione  e realizzazione delle
costruzioni,   concettualmente  riconducibile  ai  "lavori  pubblici"
[...];  la  terza,  infine, attinente alla prestazione e gestione del
servizio  della casa (disciplina delle assegnazioni degli alloggi, in
locazione   od   in  proprieta',  ecc.),  limitatamente  all'edilizia
residenziale  pubblica  in senso stretto" (sentenza n. 221 del 1975).
La  ricostruzione  sistematica  di  cui  sopra  e' stata confermata e
sviluppata  dalla  giurisprudenza  successiva,  che  ha  riconosciuto
l'esistenza  di  una  competenza  legislativa regionale in materia di
edilizia  pubblica  abitativa  (sentenza  n. 140  del 1976) ed ha poi
specificato,  a  proposito della stessa, che "si verte in una materia
attribuita  in  via  generale  alla competenza legislativa regionale"
(sentenza n. 217 del 1988)".
    La  lunga  evoluzione  giurisprudenziale,  sempre  anteriore alla
riforma   del   Titolo   V,   ha  infine  portato  ad  una  condivisa
affermazione,  "secondo  cui  "si  e' parlato di plena cognitio delle
regioni,  sia amministrativa sia (per il parallelismo delle funzioni)
legislativa,  in materia di edilizia residenziale pubblica, cosicche'
potrebbe  ritenersi  ormai formata, nell'evoluzione dell'ordinamento,
una   "nuova"  materia  di  competenza  regionale  al  di  la'  della
ricostruzione  iniziale  operata  con  la  sentenza n. 221 del 1975 -
l'edilizia residenziale pubblica appunto - avente una sua consistenza
indipendentemente   dal   riferimento  all'urbanistica  e  ai  lavori
pubblici"  (sentenza  n. 27  del  1996)"  (si  tratta di un ulteriore
passaggio della sentenza n. 94/2007).
    Dopo  la  riforma  costituzionale,  il  quadro sistematico non e'
mutato: la "nuova materia" continua ad esistere come corpus normativo
organizzato   su   tre   livelli  normativi.  Ancora  nella  sentenza
n. 94/2007,  si  chiarisce  che  "il primo riguarda la determinazione
dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei
ceti meno abbienti. In tale determinazione - che, qualora esercitata,
rientra   nella   competenza   esclusiva   dello   Stato   ai   sensi
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  m)  Cost. - si inserisce la
fissazione  di  principi  che  valgano  a garantire l'uniformita' dei
criteri  di  assegnazione  su  tutto il territorio nazionale, secondo
quanto  prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello
normativo  riguarda  la programmazione degli insediamenti di edilizia
residenziale   pubblica,   che  ricade  nella  materia  "governo  del
territorio",  ai  sensi  del  terzo  comma  dell'art. 117 Cost., come
precisato  di recente dalla Corte con la sentenza n. 451 del 2006. Il
terzo  livello  normativo,  rientrante nel quarto comma dell'art. 117
Cost.,  riguarda  la  gestione del patrimonio immobiliare di edilizia
residenziale  pubblica  di  proprieta' degli Istituti autonomi per le
case  popolari  o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti
ad  opera  della  legislazione  regionale",  nel  cui  ambito rientra
certamente  la  gestione,  oltre  che  della  cessione degli alloggi,
altresi' degli sfratti.
    Da  ultimo,  con  riferimento alla disposizione del secondo comma
dell'articolo  3  in  parola,  non puo' tralasciarsi di rilevare come
appaia altrettanto manifesta la violazione del principio di legalita'
nella   materia   che   ci   occupa,   in  considerazione  dell'ampia
discrezionalita'  concessa alle costituende Commissioni, che andrebbe
ad interferire con le competenze riconosciute alla regione in materia
di  gestione  dell'allocazione del patrimonio immobiliare di edilizia
residenziale   pubblica  (nello  specifico  sotto  il  profilo  della
gestione  delle azioni di rilascio), destinata oltretutto ad incidere
direttamente  sull'attivita'  dei competenti organi locali in sede di
formazione  delle  graduatorie  per  l'assegnazione  degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica e in sede di regolazione e graduazione
programmata   delle   azioni   di   rilascio  e  di  mobilita'  degli
assegnatari.
    Al riguardo, appare necessario richiamare l'organica normativa di
cui  alla  legge  della  Regione  Lombardia,  5  gennaio 2000, n. 1 e
ss.mm.,  recante  "Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia.
Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni
e  compiti  amministrativi  dallo  Stato  alle  regioni  ed agli enti
locali,  in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)",
nella  parte  in  cui, al comma 51 dell'art. 3, come modificato dalla
recente  l.r.  n. 6/2007, nell'ambito della gestione degli alloggi di
edilizia  residenziale  pubblica  sono trasferite ai "comuni tutte le
funzioni amministrative concernenti l'assegnazione degli alloggi, con
particolare riferimento a:
        a) formazione e gestione dei bandi di assegnazione;
        b)   formazione   e   approvazione   delle   graduatorie  per
l'assegnazione   degli   alloggi  da  effettuarsi  con  le  modalita'
operative  previste dalle norme emanate in forza della lettera m) del
comma 41 e dal comma 51-bis;
        c) promozione della mobilita' degli assegnatari;
        d)  gestione delle riserve di alloggi, della decadenza, della
revoca  e  della  comminatoria  di sanzioni amministrative in tema di
occupazione e detenzione senza titolo.
    Ne  segue che, di fatto, la Commissione, la cui composizione e il
cui   funzionamento   sono   definiti   dalle   Prefetture  -  Uffici
territoriali   del  Governo  (comma  3,  art. 3),  si  troverebbe  ad
interferire  pesantemente  con attribuzioni regionali, non investendo
la disciplina impugnata profili attinenti all'ordine pubblico, bensi'
riguardando  "l'eventuale  graduazione,  fatte  salve  le  competenze
dell'autorita'  giudiziaria  ordinaria,  delle  azioni  di  rilascio,
finalizzate  a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di
cui  al  medesimo  articolo  1,  nonche'  per  le  famiglie collocate
utilmente  nelle  graduatorie  comunali per l'accesso agli alloggi di
edilizia   residenziale  pubblica".  Profili,  pertanto,  chiaramente
rientranti nelle competenze regionali in materia di politiche sociali
e  di  edilizia  residenziale  pubblica,  con particolare riferimento
all'aspetto  assistenziale,  e di gestione del patrimonio immobiliare
di edilizia residenziale pubblica.
    Invero,  la materia in questione, attinente alla politica sociale
ed  abitativa,  attesa  l'urgenza  e  l'esigenza  di  rispondere alla
particolare  situazione di disagio per determinate categorie sociali,
investe  la  realta'  locale;  la  direzione  da  assumere  a livello
legislativo    deve    dunque   indirizzarsi   piuttosto   verso   la
stabilizzazione  di  un  sistema  locale di regolazione e graduazione
programmata  delle azioni di rilascio, rispetto al quale il ruolo del
legislatore   e   dell'amministrazione   regionale  non  puo'  essere
disconosciuto, senza violare l'art. 117, terzo e, soprattutto, quarto
comma,   Cost.,   nonche'  il  principio  di  sussidiarieta'  di  cui
all'art. 118   Cost.   e  il  principio  di  buon  andamento  di  cui
all'art. 97 Cost.
    2.  -  Illegittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 2, della
legge  8  febbraio 2007, n. 9, per violazione degli articoli 97, 117,
commi terzo, quarto e sesto, 118, 119 della Costituzione.
    La  norma  denunciata  di cui all'art. 4, comma 2, prevede quanto
segue:   "In   relazione   alle  indicazioni  emerse  dal  tavolo  di
concertazione di cui al comma 1, il Ministro delle infrastrutture, di
concerto  con  i Ministri della solidarieta' sociale, dell'economia e
delle  finanze,  per le politiche giovanili e le attivita' sportive e
delle politiche per la famiglia, d'intesa con la Conferenza unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,
predispone,  entro due mesi dalla conclusione dei lavori del medesimo
tavolo di concertazione, un programma nazionale contenente:
        a)gli  obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la
programmazione  regionale  di edilizia residenziale pubblica riferita
alla  realizzazione,  anche  mediante l'acquisizione e il recupero di
edifici  esistenti,  di  alloggi  in locazione a canone sociale sulla
base  dei criteri stabiliti dalle leggi regionali e a canone definito
sulla  base  dei  criteri  stabiliti  dall'articolo 2, comma 3, della
legge  9  dicembre  1998, n. 431, e successive modificazioni, nonche'
alla riqualificazione di quartieri degradati;
        b)   proposte   normative   in   materia  fiscale  e  per  la
normalizzazione  del mercato immobiliare, con particolare riferimento
alla  riforma  della  disciplina  della  vendita e della locazione di
immobili di proprieta' dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3;
        c)  l'individuazione  delle possibili misure, anche di natura
organizzativa,  dirette  a favorire la continuita' nella cooperazione
tra  Stato,  regioni ed enti locali prioritariamente per la riduzione
del disagio abitativo per particolari categorie sociali;
        d)   la   stima  delle  risorse  finanziarie  necessarie  per
l'attuazione   del  programma  nell'ambito  degli  stanziamenti  gia'
disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica";
    Nell'apparente  finalita' di indicare "obiettivi ed indirizzi per
la  programmazione  regionale",  di  per  se'  di dubbia legittimita'
costituzionale,  la  previsione  del  programma  nazionale  di natura
ministeriale  di  cui  all'articolo  4,  comma 2, benche' predisposto
sulla  scorta  di  quanto  emerso  dal  tavolo  delle concertazioni e
d'intesa   con   la   Conferenza   unificata,  introduce  in  realta'
disposizioni  puntuali  ed  elementi  di  indirizzo  per  la  regione
incompatibili,  tra  l'altro,  con  il  superamento,  a seguito della
revisione   costituzionale   del  2001,  della  funzione  statale  di
indirizzo   e   coordinamento   dell'attivita'  amministrativa  delle
regioni,  che  le  disposizioni  impugnate  finiscono  per riproporre
(esclude  la  perdurante  legittimita' di tale funzione statale Corte
cost.,  sent.  n. 329/2003, in materia di rapporti tra programmazione
nazionale  e  regionale;  si  ricordi  anche l'art. 8, legge 5 giugno
2003,  n. 131,  nella parte in cui ha disposto che non possono essere
adottati  gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 8,
legge n. 59/1997 nelle materie previste dall'art. 117, terzo e quarto
comma, della Costituzione).
    La   programmazione  nazionale,  secondo  il  censurato  disposto
normativo,  per  un  verso contiene gli obiettivi e gli indirizzi per
l'attuazione  della  programmazione regionale, per altro verso indica
nel  dettaglio  le  modalita'  di attuazione della politica abitativa
regionale  laddove  identifica dette modalita' con "la realizzazione,
anche  mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di
alloggi  in  locazione  a canone sociale..." e la riqualificazione di
quartieri degradati (lett. a).
    La   suddetta   programmazione  nazionale  dovrebbe  poi  recare:
proposte  normative  in  materia  fiscale  per la normalizzazione del
mercato  immobiliare, per uno specifico ambito di riferimento, ovvero
la  riforma  della  disciplina  della  vendita  e  della locazione di
immobili  di  proprieta'  della  particolare  categoria  di  soggetti
indicata   all'art. 1,   comma  3  della  medesima  legge  n. 9/2007;
possibili  misure  anche  di  tipo  organizzativo,  per  favorire  la
cooperazione  Stato,  Regioni  ed enti locali; la stima delle risorse
finanziarie   per   l'attuazione   del  programma  nell'ambito  degli
stanziamenti gia' disponibili.
    E'   evidente  l'interferenza  statale  in  ambiti  rimessi  alla
competenza  regionale  in  tema di pianificazione urbanistica, lavori
pubblici  per  la  costruzione  e  la  manutenzione  dei  fabbricati,
gestione   del   patrimonio  di  edilizia  residenziale  pubblica  ed
organizzazione  e  attivita'  amministrativa in materia di gestione e
assegnazione   degli  alloggi,  tutte  attribuzioni  garantite  dagli
artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost.
    Come   gia'   precisato   al   punto   che  precede,  la  materia
dell'edilizia  residenziale  pubblica  rientra  in  buona parte nella
competenza  legislativa  regionale  ai  sensi dell'art. 117, terzo e,
soprattutto, quarto comma, Cost.; pertanto, le norme impugnate devono
ritenersi  illegittime  in  quanto  dispongono,  per  di piu' in modo
dettagliato,   in   ambiti   che   spetta  al  legislatore  regionale
disciplinare,   in  via  tendenzialmente  esclusiva,  nel  modo  piu'
aderente  possibile  alle situazioni economico-sociali, finanziarie e
patrimoniali riscontrate localmente, regolando conseguentemente anche
le corrispondenti attivita' gestionali degli enti interessati.
    Manca dunque un titolo di competenza statale tale da giustificare
le  suddette  norme;  ne' la lesione della competenza regionale viene
meno  per  il  fatto che detta programmazione presuppone un tavolo di
concertazione  e l'intesa della Conferenza unificata, in quanto nelle
materie  di  cui  all'art. 117,  terzo e quarto comma, Cost., solo la
fonte  legislativa  regionale  e'  legittimata ad intervenire con una
disciplina  compiuta  ed esaustiva, salva l'eccezionale assunzione in
sussidiarieta'  secondo  il meccanismo di cui alla sent. n. 303/2003,
della quale nel presente caso non sussistono i presupposti.
    Si  osservi  che  l'articolo 4 in argomento, prescrivendo in modo
dettagliato  e  puntuale  le  finalita'  da  perseguire  in  sede  di
attuazione  finisce  col  predeterminare  il contenuto stesso e della
programmazione  regionale di edilizia residenziale pubblica e di ogni
altro  eventuale  intervento  legislativo regionale "attuativo", come
tale,  peraltro,  estraneo  alla  delineazione  costituzionale  delle
attribuzioni regionali.
    Come  confermato dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte sul
tema deve ribadirsi ancora come la materia dell'edilizia residenziale
pubblica,  gia' prima della riforma del Titolo V della parte II della
Costituzione, rientrava nella competenza legislativa regionale.
    La  riforma  costituzionale del 2001, riconoscendo implicitamente
(ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.) la competenza esclusiva
residuale  delle  regioni,  ha  ulteriormente  ampliato  l'ambito  di
competenza  regionale,  che oggi deve ritenersi esteso a tutto quanto
normalmente  ricompresso  nella  materia  dell'edilizia  residenziale
pubblica.
    Ne' pare che possa giungersi a conclusione diversa in ragione del
disposto  di  cui  all'art. 118  Cost., atteso che, nella specie, non
opera  l'attrazione  di  funzioni  legislative  a  livello statale in
conseguenza    dell'assunzione    in   sussidiarieta'   di   funzioni
amministrative.
    La finalita' espressamente socio-assistenziale delle disposizioni
impugnate  per provvedere in via residuale ai bisogni abitativi della
fascia  d'utenza  piu'  svantaggiata o indigente e il carattere delle
prescrizioni   ivi   previste   cosi'   come   dei   contenuti  della
programmazione  nazionale  (attinenti  alle  modalita'  di attuazione
della  politica  abitativa, alle relative misure organizzative, senza
tralasciare   l'imposizione   alle   regioni  di  una  pianificazione
articolata   in  tre  annualita'  e  le  competenze  attribuite  alle
Commissioni  di cui al precedente art. 3) rendono manifesta la natura
essenzialmente organizzatoria e gestionale della disciplina, rispetto
alla  quale  deve  essere  affermata la competenza della legislazione
regionale e l'impossibilita' di invocare il potere statale in materia
di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
    Infatti,   anche   laddove   si  volesse  riconoscere,  ai  sensi
dell'art. 117,   secondo   comma,  lett. m),  Cost.,  una  competenza
esclusiva  statale  in  ordine  alla determinazione ed individuazione
dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei
ceti  meno abbienti, mediante la fissazione di linee guida e principi
di  carattere  generale  per  garantire  l'uniformita' dei criteri di
assegnazione  su  tutto  il territorio nazionale, nel caso di specie,
per   le   ragioni   anzi   dette,   la   normativa   censurata   non
corrisponderebbe comunque a tale ipotetica funzione, non determinando
essa alcun livello di prestazione.
    Il  fine della disposizione in esame non e' quello di dettare una
disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia
residenziale  pubblica,  bensi' quello di regolare l'organizzazione e
le  procedure  amministrative  per  arrivare  ad  una  piu'  rapida e
conveniente offerta e cessione degli immobili. Si tratta quindi di un
intervento  normativo  dello  Stato  nella  gestione degli alloggi di
proprieta' di enti strumentali della regione che esplicitamente viene
motivato  dalla  legge  statale con finalita' di valorizzazione di un
patrimonio immobiliare non appartenente allo Stato. Per citare ancora
la sent. n. 94/2007 di codesta ecc.ma Corte, pare possibile anche nel
presente  caso  affermare  che  si  profila  "un'ingerenza  nel terzo
livello  di  normazione riguardante l'edilizia residenziale pubblica,
sicuramente  ricompreso  nella  potesta'  legislativa residuale delle
regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. Di conseguenza
[...]  la fonte regolamentare, destinata dalla disposizione impugnata
a  disciplinare  le  procedure di alienazione degli immobili, e stata
prevista  in  una materia non di competenza esclusiva dello Stato, in
violazione del sesto comma del medesimo art. 117".
    Nell'indicare  il contenuto e le finalita' che dovra' assumere la
futura programmazione nazionale, ex art. 4, comma 2, legge n. 9/2007,
il  Legislatore  statale  ha  in  realta' previsto indirizzi e limiti
volti a circoscrivere l'esercizio della potesta' programmatoria e, in
violazione   dell'art. 117,   sesto  comma,  Cost.,  ha  affidato  la
programmazione nella materia de qua ad un atto ministeriale.
    Ne',   come  si  e'  detto,  l'ingerenza  statale  nella  materia
regionale  che  deriva  dalle  richiamate  disposizioni  della  legge
n. 9/2007 puo' trovare un fondamento nella competenza esclusiva dello
Stato  in  ordine  alla determinazione dei livelli essenziali, atteso
che,  come  ha  chiarito  la  gia' richiamata sent. n. 120/2005, deve
ritenersi  estraneo  a  tale  attribuzione  del  legislatore  statale
l'assetto organizzativo e gestorio.
    Sempre in materia di determinazione dei livelli essenziali, mette
conto  richiamare anche la sent. di codesta ecc.ma Corte n. 248/2006,
nella  parte  in  cui  si  chiarisce che "questa Corte ha ormai, piu'
volte,  affermato  che  "il  potere di predeterminare eventualmente -
sulla  base  di apposite disposizioni di legge - i livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche nelle
materie  che la Costituzione affida alla competenza legislativa delle
regioni,   non   puo'  trasformarsi  nella  pretesa  dello  Stato  di
disciplinare  e  gestire  direttamente  queste  materie, escludendo o
riducendo  radicalmente  il  ruolo  delle regioni. In ogni caso, tale
titolo  di  legittimazione  puo'  essere invocato solo in relazione a
specifiche  prestazioni  delle quali la normativa nazionale definisca
il  livello  essenziale  di erogazione, mentre non e' utilizzabile al
fine di individuare il fondamento costituzionale della disciplina, da
parte  dello  Stato,  di interi settori materiali" (cosi' la sentenza
n. 383 del 2005, ma anche la sentenza n. 285/2005)".
    Anche  le  recenti  sentt.  nn. 118  e  451  del 2006 (in tema di
previsione  di fondi statali in materia sociale) vanno poi ricordate,
nella  parte  in  cui  presuppongono  la  competenza  residuale delle
regioni  in materia di edilizia residenziale pubblica ed assistenza e
politiche  sociali,  specificando altresi' che la predisposizione dei
programmi   abitativi   di   costruzione  e  di  recupero  di  unita'
iminobiliari  site  nel  territorio  di  comuni  determinati  ad alta
tensione  abitativa e' rimessa alla competenza regionale, trattandosi
comunque di interventi che investono il settore dell'edilizia.
    Diversamente,  nella specie, la previsione di specifici contenuti
normativi  per  la  programmazione  nazionale,  di  cui  al  comma  2
dell'art. 4  della  legge  di  cui  si  verte, nell'apparente veste e
finalita'  di  fornire indicazioni di principio, anticipa con un atto
statale  sub-primario prescrizioni per la programmazione rimessa alla
competenza  regionale. In altri termini, la programmazione nazionale,
cosi'  come  concepita,  finisce  per  delimitare  preventivamente la
portata  normativa e contenutistica della programmazione regionale di
edilizia  residenziale  pubblica,  cosi'  come  quella  della  futura
normazione  "attuativa"  -  per  adottare un'espressione impropria ma
emblematica dell'alterazione del quadro delle garanzie costituzionali
che la disciplina impugnata determina - delle pianificazioni statali.
    Quanto alla legislazione regionale della Lombardia adottata nella
materia  dell'edilizia  residenziale  pubblica,  e'  necessario  fare
riferimento  alla  gia'  citata  l.r. 5 gennaio 2000, n. 1 e ss. mm.,
recante   "Riordino   del   sistema  delle  autonomie  in  Lombardia.
Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni
e  compiti  amministrativi  dallo  Stato  alle  regioni  ed agli enti
locali,  in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)",
la  quale  ha  introdotto  un'articolata  e  organica disciplina, che
occorre brevemente richiamare.
    Si  tratta  di  una  disciplina  del  riparto  delle funzioni tra
regione  ed  enti  locali,  nella  materia dell'edilizia residenziale
pubblica,  adottata  in  conformita'  ai  principi di sussidiarieta';
completezza,    omogeneita'    e   unicita'   della   responsabilita'
amministrativa;  efficienza ed economicita'; autonomia organizzativa,
regolamentare  e  di  responsabilita' degli enti locali; cooperazione
tra  la  regione  ed  enti locali (art. 1), in conformita' al modello
delineato  dalla legge n. 59/1997, e in termini che, dopo la riforma,
risultano   rafforzati   sotto   il   profilo  della  garanzia  delle
attribuzioni  costituzionali della regione e degli enti locali, anche
nella materia di cui si tratta.
    E'  importante sottolineare che nelle materie oggetto della legge
regionale  n. 1/2000,  come  modificata  dalla  l.r.  n. 17/2006,  la
regione mantiene le funzioni di programmazione e coordinamento.
    Il  successivo articolo 3 della l.r. n. 1/2000 in esame, al comma
41,  elenca  le  funzioni  mantenute  in  capo  alla  Regione: "a) la
determinazione   delle   procedure   di  rilevazione  del  fabbisogno
abitativo,  tenendo  conto  della consistenza del patrimonio edilizio
esistente   e  delle  sue  possibilita'  di  integrazione  attraverso
l'azione  coordinata  e  sinergica  dei  diversi  soggetti sociali ed
economici  presenti  sul  territorio  regionale; b) la determinazione
delle  linee di intervento e degli obiettivi di settore attraverso il
programma  regionale  per l'edilizia residenziale di cui al comma 52;
c)  la  predisposizione  dei  programmi  annuali  di  attuazione  del
programma  regionale  per l'edilizia residenziale di cui al comma 52,
lettera  a);  d)  la  verifica dell'efficacia dei programmi attuati e
dell'efficienza   nell'utilizzo  delle  risorse  finanziarie;  e)  la
determinazione  dei limiti di costo da rispettare nella realizzazione
degli  interventi;  [...]; h) la determinazione dei limiti di reddito
per  l'accesso ai finanziamenti di edilizia residenziale pubblica; i)
la determinazione dei requisiti soggettivi dei beneficiari finali; j)
la  determinazione  dei  requisiti  oggettivi degli interventi; k) la
promozione   e   il   coordinamento   della   formazione  e  gestione
dell'anagrafe   dei   soggetti   fruenti  di  contributi  pubblici  e
dell'inventario  del  patrimonio  di  edilizia residenziale pubblica;
[...]; m) la determinazione dei criteri generali per l'assegnazione e
la  gestione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica; la
normativa  regionale,  nell'ambito  dei  requisiti per l'accesso agli
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica, individua limiti della
situazione   economica   che   definiscono  una  fascia  omogenea  di
inquilini, caratterizzati dal medesimo bisogno abitativo, che possono
sostenere  un canone che copra gli oneri di realizzazione, recupero o
acquisizione,  nonche'  i  costi  di gestione degli alloggi" (lettera
modificata  con l.r. n. 17/2006 - n. d.r.); "n) la determinazione dei
criteri   generali  per  la  fissazione  dei  canoni  per  l'edilizia
residenziale   pubblica;   o)  l'individuazione  delle  modalita'  di
gestione  del  sostegno finanziario al reddito per favorire l'accesso
al mercato della locazione dei nuclei familiari meno abbienti; [...];
q)  il  concorso  con la competente amministrazione dello Stato e con
gli   enti  locali  interessati  nell'elaborazione  di  programmi  di
edilizia residenziale pubblica aventi interesse nazionale; [...]".
    Da  quanto  precede  risulta  in  tutta  evidenza come la Regione
Lombardia si sia dotata di una specifica, estesa e compiuta normativa
di  riferimento  nella  materia  dell'edilizia  economica popolare la
quale,  in  attuazione  delle attribuzioni ad essa costituzionalmente
spettanti,   disciplina   esaustivamente   il  coordinamento  tra  le
competenze  dei  diversi  soggetti  interessati,  in  conformita'  ai
principi   di   sussisiarieta'   (art. 118   Cost.),   efficienza  ed
economicita'   (art. 97   Cost.),   per   una  corretta  ed  adeguata
organizzazione  e  gestione del territorio, del patrimonio pubblico e
delle risorse disponibili.
    La  denunciata  disciplina  statale  disconosce  in radice sia le
attribuzioni  costituzionalmente  garantite  della  ricorrente  nella
materia  di  cui si tratta, sia il ruolo della regione come delineato
dalla sopra riportata legislazione regionale, adottata nell'esercizio
di tali attribuzioni.
    Ne', nel caso di specie, ricorrono le condizioni per l'assunzione
in  sussidiarieta'  di  funzioni  legislative  a  livello  statale in
conseguenza  dell'accentramento di funzioni amministrative in materia
di   spettanza  regionale,  anche  in  considerazione  della  mancata
dimostrazione,  da  parte  dello  Stato, della necessita' di alterare
l'attuale organizzazione e gestione della materia a livello regionale
e  locale,  basata  sulla  richiamata  legislazione  e programmazione
regionale.
    L'intervento legislativo statale di cui alla legge censurata n. 9
del  2007  non puo' pertanto trovare giustificazione nel principio di
sussidiarieta'.  La  Regione  Lombardia  ha  pienamente esercitato le
attribuzioni  riconosciutele  ante  e post riforma del Titolo V della
Costituzione,  assolvendo  fino  in  fondo  le  funzioni  e i compiti
relativi,   cosicche'   sfugge   la   ragione  giustificatrice  delle
prescrizioni   introdotte   con  la  legge  censurata  nella  materia
dell'edilizia   residenziale   pubblica  e  non  si  vede  quale  sia
l'interesse  unitario  invocabile  quale  motivo  di  alterazione del
riparto delle funzioni.
    Da  un lato, il livello di governo regionale e locale si presenta
allo  stato  pienamente rispondente ed adeguato alle finalita' che si
intendono  raggiungere,  specie  se  si  considera  che la materia in
questione,   della  politica  sociale  ed  abitativa,  caratterizzata
dall'urgenza   e   dall'esigenza   di   rispondere  alla  particolare
situazione  di  disagio per determinate categorie sociali, investe la
realta'  locale, e che la direzione da assumere a livello legislativo
deve  indirizzarsi  verso  la  stabilizzazione  di un sistema locale;
dall'altro  lato, deve altresi' ribadirsi, come confermato da codesta
ecc.ma  Corte,  come la sussidiarieta' agisca quale subsidium, quando
un  livello  di  governo sia inadeguato alle finalita' che si intenda
perseguire, atteso che "i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza
convivono  con il normale riparto di competenze legislative contenute
nel   Titolo  V  e  possono  giustificarne  una  deroga  solo  se  la
valutazione  dell'interesse  pubblico  sottostante  all'assunzione di
funzioni  regionali  dal  parte  dello  Stato  sia proporzionata, non
risulti  affetta  da  irragionevolezza  alla stregua di uno scrutinio
stretto  di  costituzionalita', e sia oggetto di un accordo stipulato
con la regione interessata" (cfr. sent. n. 303/2003).
    Analoga  considerazione  vale  certamente  anche per le censurate
disposizioni  della  legge n. 9/2007 di cui all'articolo 3, come gia'
rilevato  supra  e  per  le  disposizioni di cui all'articolo 5, come
verra' meglio esposto nel punto che esegue.
    Si  aggiunga  ancora,  con  specifico  riguardo a quanto disposto
dall'art. 4,  comma 2, che la disposizione di cui alla sua lettera d)
non  puo'  sottrarsi  ad  una  ulteriore  e piu' specifica censura di
illegittimita'  costituzionale,  venendo  altresi'  a determinare una
lesione  alle competenze regionali costituzionalmente garantite sotto
il  profilo  dell'autonomia  finanziaria  riconosciuta alle Regioni e
agli enti locali, ex art. 119 Cost.
    La   programmazione   nazionale,   prevista   dal  secondo  comma
dell'art. 4,  dovra'  infatti  contenere anche la stima delle risorse
finanziarie  necessarie  per  l'attuazione  del programma nell'ambito
degli  stanziamenti gia' disponibili e senza nuovi maggiori oneri per
la finanza pubblica.
    Nel    disciplinare    funzioni    regionali   e   locali   senza
contestualmente  provvedere alla loro copertura finanziaria, la norma
risulta  dunque illegittima, per violazione del principio di certezza
delle  risorse  finanziarie  e  di  autonomia finanziaria regionale e
locale  sotteso  all'art. 119,  il  quale  disciplina  un  sistema di
entrate  regionali  e locali destinato a finanziare "integralmente le
funzioni pubbliche loro attribuite" (Corte cost., sentenze n. 16/2004
e n. 222/2005).
    In  particolare,  codesta ecc.ma Corte ha chiarito che le entrate
di  cui  ai  primi tre commi dell'art. 119 Cost. "consentono - vale a
dire  devono  consentire  - agli enti di "finanziare integralmente le
funzioni   pubbliche   loro  attribuite"  (quarto  comma),  salva  la
possibilita'   per  lo  Stato  di  destinare  risorse  aggiuntive  ed
effettuare  interventi  speciali  in  favore  di determinati, comuni,
province, citta' metropolitane e regioni, per gli scopi di sviluppo e
di  garanzia  enunciati  dalla stessa norma o "per provvedere a scopi
diversi  dal  normale  esercizio  delle  funzioni degli enti autonomi
(quinto comma)" (sent. n. 37 del 2004; enfasi aggiunta).
    Alla   luce  della  citata  pronuncia,  la  disposizione  statale
censurata,  stabilendo che per tutto quanto verra' imposto in sede di
programmazione  alle  Regioni  e  agli  enti locali non sono previste
risorse  finanziarie,  si appalesa in contrasto con l'art. 119 Cost.,
con    specifico    riferimento    al    quarto   comma.   Prevedendo
sostanzialmente,  a carico delle Regioni, una programmazione "a costo
zero"  la  disposizione denunciata appare destinata a determinare uno
"squilibrio  strutturale"  tra risorse finanziarie ed obbligazioni di
spesa  delle  regioni,  incompatibile con il principio dell'integrale
finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite alle regioni.
    3.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 5  della legge 8
febbraio  2007, n. 9, per violazione degli articoli 3, 97, 117, commi
terzo, quarto, quinto e sesto, 118 della Costituzione.
    L'articolo 5 denunciato prevede: "Al fine di ottemperare a quanto
previsto  in materia di aiuti di Stato a favore degli alloggi sociali
dalla  decisione  2005/842/CE,  della  Commissione  europea,  del  28
novembre  2005,  il  Ministro  delle  infrastrutture,  entro sessanta
giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,
definisce  con  proprio  decreto,  di  concerto  con i Ministri della
solidarieta'  sociale,  delle  politiche  per  la  famiglia,  per  le
politiche  giovanili  e  le  attivita'  sportive  e  d'intesa  con la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5
giugno  2003,  n. 131, le caratteristiche e i requisiti degli alloggi
sociali  esenti  dall'obbligo  di  notifica  degli aiuti di Stato, ai
sensi  degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della comunita'
europea".
    Premettendo  che  le  su  rilevate  censure,  che  si  richiamano
integralmente,  in  tema di riparto di competenze tra Stato e Regioni
ai  sensi  dell'art. 117,  commi  terzo e quarto, della Costituzione,
valgono  anche  con  riguardo  alla  disposizione  di  cui all'art. 5
riportato, recando anche quest'ultimo norme peculiari e di dettaglio,
nello  specifico  detto  articolo  risulta  lesivo delle attribuzioni
regionali soprattutto in riferimento all'art. 117, sesto comma, Cost.
    Nel  prevedere l'emanazione di un successivo decreto ministeriale
ove  saranno  indicate le caratteristiche e i requisiti degli alloggi
di  edilizia  residenziale  pubblica  esenti dall'obbligo di notifica
degli  aiuti  di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di
servizio  pubblico,  ai sensi della normativa comunitaria richiamata,
la  disposizione  impugnata evidentemente attribuisce al Ministero un
potere regolamentare in aperta violazione dell'art. 117, sesto comma,
Cost.,  che  limita  la  competenza della fonte regolamentare statale
alle  materie  di  cui  al  secondo  comma  dell'art. 117, secondo un
riparto  che  la  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma  Corte  ritiene
"rigidamente strutturato" (Corte cost., sent. n. 22/2003 e 303/2003).
Di qui l'illegittimita' di quelle leggi statali attributive di poteri
regolamentari   governativi   e   ministeriali  in  materie  estranee
all'elenco di cui al secondo comma dell'art. 117 Cost.
    Nel   caso   di   specie,   l'art. 5   della   legge   n. 9/2007,
nell'attribuire    al    Ministero    delle   infrastrutture   poteri
regolamentari  caratterizzati da elevata discrezionalita' e rilevanza
politica  per  la  determinazione dei caratteri e dei requisiti degli
alloggi   sociali,   cui  e'  riconnessa  la  necessita'  o  meno  di
notificazione   degli   aiuti  di  Stato,  viola  il  limite  imposto
dall'art. 117,  sesto comma, Cost., alla potesta' regolamentare dello
Stato ed alle leggi statali attributive di potesta' regolamentare (da
ultimo,  Corte  cost., sentenza n. 451/2006). L'ingerenza sostanziale
dell'intervento  statale  nell'ambito  delle  competenze regionali e'
altresi'  confermata dalla circostanza che detto decreto debba essere
emanato  dal  Ministero  competente, di concerto con i Ministri delle
connesse materie; cio' fa escludere che il contenuto del decreto sia,
in  ipotesi,  limitato  agli aspetti strettamente attinenti al regime
fiscale, riferibile al sistema tributario e contabile dello Stato. La
scelta   statale   adottata   con  futuro  atto  regolamentare  avra'
chiaramente  ripercussioni  a  carico  della  gestione del patrimonio
della  regione  e  delle  sue  risorse economiche, nonche', sul piano
locale,  a carico delle imprese aventi incarichi di edilizia popolare
che forniscono alloggi a cittadini svantaggiati o gruppi sociali piu'
svantaggiati,  con pregiudizievole interferenza statale nella materia
di  potesta'  regionale  residuale  dei "lavori pubblici di interesse
regionale e locale".
    In  tal guisa, prefigurando la norma censurata norme di dettaglio
nella  materia  dell'edilizia residenziale pubblica, la regione viene
estromessa  da  un  settore  in  cui  ha  invece  plurime  e  precise
competenze.  E  tanto  meno  il suo molo puo' ritenersi recuperato in
termini  di procedure di leale collaborazione, che l'articolo intende
soddisfare  con  il  richiamo  alla  previa  intesa con la Conferenza
unificata,  giacche',  nella  specie,  si  versa  in ambito materiale
riservato   esclusivamente  alle  regioni:  non  vengono  in  rilevo,
infatti,  profili  programmatori  o  progettuali  idonei  ad avere un
qualsiasi  impatto con il territorio, ne' principi generali attinenti
alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (cfr. la
citata sentenza n. 94/2007).
    Ne',  d'altro  canto, assume alcun rilievo la prevista necessita'
di   intesa  con  la  Conferenza  unificata,  giacche'  le  procedure
cooperative  non  possono  alterare  il rigido riparto risultante dal
sesto   comma   dell'art. 117   Cost.,  che  preclude  alla  potesta'
regolamentare  statale  di  intervenire  nella  materia dell'edilizia
residenziale  pubblica,  a fortiori se inerente, come nel caso di cui
si  verte,  al  terzo  livello normativo, rientrante nella competenza
residuale regionale.
    Oltretutto  non  pare che lo strumento della Conferenza unificata
possa   ritenersi  idoneo  a  consentire  un'adeguata  partecipazione
regionale,   in   un   ambito   dove,  al  contrario,  l'elemento  di
peculiarita' territoriale e' preminente e si diffrrenzia da regione a
regione,  anche  in  ragione  dei  prioritari  principi satciti dagli
artt. 3, 97 e 118, primo comma, della Costituzione.
    Come  accertato dalla richiamata giurisprudenza di codesta ecc.ma
Corte,   risulta  ormai  pacifico  che  ogni  profilo  della  materia
dell'edilizia   residenziale  pubblica  riconducibile  al  potere  di
gestione  dei beni della regione e del proprio patrimonio, appartiene
in   via  esclusiva  alla  potesta'  regionale  residuale,  ai  sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    Nel  caso  che  ci occupa, l'art. 5 non prevede principi generali
volti  a  stabilire  criteri  uniformi  di assegnazione degli alloggi
sociali per soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. Invero, la
norma  citata  prevede  e  disciplina  una potesta' regolamentare del
Ministro  delle  Infrastrutture,  in  un  campo nel quale tuttavia la
stessa  non  puo'  essere  esercitata  ratione materiae (Corte cost.,
sentenza n. 94/2007).
    Si aggiunga che, pur presentandosi la disposizione in parola come
in  apparenza  attinente alla materia della tutela della concorrenza,
sotto  il  profilo della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato,
la  potesta' ministeriale ivi prevista consente in realta' allo Stato
di intervenire nel dettaglio della materia dell'edilizia residenziale
pubblica,   per   i   profili  attinenti  alle  politiche  sociali  e
dell'abitazione  e ai lavori pubblici di interesse regionale e locale
mediante  la  fissazione  delle caratteristiche e dei requisiti degli
alloggi sociali esenti dalla notifica degli aiuti di Stato, cosicche'
il  profilo  concernente  la tutela della concorrenza si appalesa del
tutto  pretestuoso  e inidoneo a legittimare i poteri ministeriali di
cui si tratta.
    L'apparente  inerenza  della  disciplina  impugnata  alla materia
degli  aiuti  di  Stato  non  puo'  indurre  a  ritenere  conforme  a
Costituzione una disciplina in realta' adottata per fissare a livello
statale   parametri   e   requisiti   di   riferimento   (ovvero   le
caratteristiche  che  debbono  possedere  gli  alloggi  sociali)  con
evidente  interferenza  in  una  materia  rientrante nella competenza
residuale delle Regioni.
    Del resto, per i profili di rilevanza comunitaria, l'art. 5 della
legge  n. 9/2007  appare  altresi'  incompatibile con il quinto comma
dell'art. 117  Cost.,  a  norma del quale l'attuazione e l'esecuzione
della  normativa  comunitaria  spettano  alle regioni e alle province
autonome nelle materie di loro competenza.
    Ne'  si  puo'  derogare  all'ordinario  riparto  delle competenze
rispetto  all'adempimento  dei  compiti  relativi  all'attuazione del
diritto   comunitario,   attraverso   un'indebita  dilatazione  della
competenza  statale  in  materia di tutela della concorrenza. Codesta
ecc.ma  Corte, pur avendo configurato tale materia come "trasversale"
e  dotata tanto di un profilo statico, quanto di un profilo dinamico,
ha  pur  tuttavia  ritenuto indispensabile delimitame l'estensione, a
garanzia delle attribuzioni costituzionali delle regioni.
    In  particolare,  nella  sentenza n. 14 del 2004, con riferimento
alla  tutela  della  concorrenza  si  chiarisce  che "l'inclusione di
questa  competenza  statale  nella  lettera e) dell'art. 117, secondo
comma, Cost., evidenzia l'intendimento del legislatore costituzionale
del  2001  di  unificare  in  capo  allo  Stato strumenti di politica
economica  che  attengono  allo sviluppo dell'intero Paese; strumenti
che,  in  definitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati
gli  uni  per  mezzo  degli  altri,  risultano  tutti  finalizzati ad
equilibrare  il  volume  di risorse finanziarie inserite nel circuito
economico.  L'intervento  statale  si  giustifica, dunque, per la sua
rilevanza macroeconomica: solo in tale quadro e' mantenuta allo Stato
la  facolta'  di adottare sia specifiche misure di rilevante entita',
sia regimi di aiuto ammessi dall'ordinamento comunitario (fra i quali
gli  aiuti  de minimis), purche' siano in ogni caso idonei, quanto ad
accessibilita'  a  tutti  gli  operatori  ed  impatto complessivo, ad
incidere sull'equilibrio economico generale" (corsivo aggiunto).
    Nel  presente  caso, tali presupposti per il legittimo esercizio,
da  parte dello Stato, della sua competenza trasversale in materia di
tutela  della  concorrenza,  non  sussistono, essendo evidente che la
materia  oggetto  del  presente  giudizio  si caratterizza per essere
funzionale  ad esigenze tipicamente locali, e che la disciplina delle
caratteristiche  e  dei  requisiti  degli alloggi sociali esula dalla
materia  di  cui  alla  lettera e) dell'art. 117, secondo comma, come
delineata dalla giurisprudenza costituzionale, attenta ad evitare che
tale  attribuzione  trasversale del legislatore statale si traduca in
un  pretesto  per  adottare  discipline  di  dettaglio  in materie di
competenza legislativa regionale concorrente e residuale.
    A  quest'ultimo  riguardo,  nella  citata  sentenza n. 14/2004 si
afferma che "una dilatazione massima di tale competenza [tutela della
concorrenza]   che  non  presenta  i  caratteri  di  una  materia  di
estensione  certa,  ma  quelli  di una funzione esercitabile sui piu'
diversi  oggetti,  rischierebbe  di  vanificare  lo schema di riparto
dell'art. 117  Cost.  che  vede  attribuite alla potesta' legislativa
residuale  e  concorrente  delle  regioni  materie  la cui disciplina
incide innegabilmente sullo sviluppo economico".
    Nel  caso  di specie, la dimensione "macroeconomica" che dovrebbe
giustificare   l'intervento  dello  Stato  stride  con  il  grado  di
dettaglio  che  la  disciplina  ministeriale  puo'  raggiungere nella
definizione dei requisiti degli alloggi sociali esenti dalla notifica
degli aiuti di Stato.
    D'altro  canto,  non  pare  che  le  disposizioni  comunitarie in
materia di aiuti di cui agli artt. 87 e ss. siano idonee a fondare ex
se  delle competenze in capo agli Stati, ma semmai esse sono idonee a
limitare  e  indirizzare  l'esercizio  delle  competenze spettanti ai
diversi livelli di governo.
    L'art. 117, secondo comma, Cost, non impedisce pertanto, nel caso
di   specie,   la   dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 5,   legge  n. 9/2007,  ne'  l'esercizio  della  competenza
legislativa  regionale  concorrente  e  residuale,  anche  per quanto
riguarda  l'attuazione  del  diritto comunitario, ex art. 117, quinto
comma, Cost.

        
      
                              P. Q. M.
    Voglia   codesta  ecc.ma  Corte,  in  accoglimento  del  presente
ricorso,  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  della legge 8
febbraio 2007, n. 9, recante "Interventi per la riduzione del disagio
abitativo   per  particolari  categorie  sociali",  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale del 14 febbraio 2007, n. 37, S.G., artt. 3, commi
1 e 2, 4, comma 2, 5, comma 1.
    Si depositano i seguenti documenti:
        1)  Copia  conforme all'originale delle delibere della Giunta
regionale   della   Lombardia   n. VIII/4319   del   21 marzo   2007,
n. VIII/4419 del 28 marzo 2007 e n. VIII/4521 del 3 aprile 2007.
        Roma, addi' 12 aprile 2007
     Avv. prof. Giusppe Franco Ferrari - Avv. Antonella Forloni

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