N.   2  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 gennaio 2011.
 
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 25 gennaio 2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
(GU n. 8 del 16-2-2011)

   
 Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato  ope
legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro  la regione Marche in
persona del Presidente della Giunta pro tempore per  la  declaratoria
di illegittimita' costituzionale della L.R. n.  16  del  15  novembre
2010  della  Regione  Marche,  «Assestamento  del   bilancio   2010»,
pubblicata sul B.U.R. n. 9 del 18 novembre 2010,  limitatamente  agli
articoli 30, 40, secondo comma, 42 comma settimo e nono. 
    La legge riportata in epigrafe viene impugnata,  giusta  delibera
del Consiglio dei Ministri in data in data 22  dicembre  2010,  nelle
sottoindicate disposizioni sulla base dei seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
    1) L'art. 30 della  legge  regionale  impugnata  recante  «misure
straordinarie relative agli scarichi  di  acque  urbane»  integra  il
Piano d'ambito di cui all'art. 149 del d.lgs. 3 aprile 2006 , n.  152
(Norme  in  materia  ambientale),  con  un  programma  di  interventi
definiti come indifferibili ed urgenti. 
    Nel  dettaglio,  il  primo  comma  della  suddetta   disposizione
prevede, ai fini della tutela della sanita' e  dell'igiene  pubblica,
allo scopo di scongiurare situazioni di emergenza sanitaria derivanti
dalla chiusura degli scarichi non conformi alla normativa  vigente  e
di garantire il conseguimento degli obiettivi di  qualita'  stabiliti
dal  piano  di  tutela  delle  acque  approvato   con   deliberazione
dell'Assemblea  legislativa  regionale  26  gennaio  2010   n.   145,
l'integrazione del Piano d'ambito  di  cui  al  Codice  dell'ambiente
(art. 149 del d.lgs. n. 152/2006), con «un  programma  di  interventi
indifferibili ed urgenti per  l'adeguamento  e  la  realizzazione  di
impianti di depurazione delle acque reflue urbane  e  collegamento  a
impianti di depurazione, che stabilisce le priorita'  e  le  relative
tempistiche». 
    Al successivo secondo comma, si indica la data  del  31  dicembre
2015 quale termine ultimo per  la  conclusione  degli  interventi  in
riferimento agli  agglomerati  urbani  con  almeno  duemila  abitanti
equivalenti. 
    Per il periodo necessario alla realizzazione degli interventi  in
parola e, comunque, non oltre i termini previsti dal comma secondo  e
nell'ambito del programma  di  interventi  indifferibili  ed  urgenti
menzionato nel comma 1, con successivo terzo comma, si autorizzano le
Province al rilascio di autorizzazioni provvisorie agli  scarichi  di
cui al primo comma. 
    La normativa regionale, cosi' disciplinando, si pone in contrasto
con l'art. 117 comma secondo lett. s) per il tramite della  normativa
statale di riferimento in materia ambientale, da  considerarsi  quale
disciplina interposta, ovvero in primis, con il  d.lgs.  n.  152  del
2006 «Norme in materia ambientale» ( o Codice dell'Ambiente) come  di
seguito illustrato. 
    Tale decreto, che ha come obiettivo primario, la  promozione  dei
livelli di qualita' della vita  umana  da  realizzare  attraverso  la
salvaguardia ed il miglioramento  delle  condizioni  dell'ambiente  e
l'utilizzazione accorta  e  razionale  delle  risorse  (  art.  2)  ,
disciplina, tra l'altro, nella Parte terza, la difesa del suolo e  la
lotta alla desertificazione, la tutela delle acque  dall'inquinamento
e la gestione delle risorse idriche (art. 1, lett b) . 
    I  principi  posti  dalla  Prima  parte   del   Codice   inoltre,
costituiscono principi generali in materia di tutela dell'ambiente in
attuazione degli arti. 2, 3, 9, 32, 41, 42 e  44,  117  commi 1  e  3
della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e  di
diritto comunitario. I principi contenuti nel decreto legislativo, in
ogni caso, costituiscono  le  condizioni  minime  ed  essenziali  per
assicurare la tutela dell'ambiente su tutto il  territorio  nazionale
(art. 3-quinquies come modificato dal d.lgs n. 128 del 2010). 
    Come sopra riferito l'art. 30 della Legge regionale qui impugnata
prevede una integrazione del Piano d'ambito di cui all'art.  149  del
d.lgs. n. 152 del  2006  con  interventi  ritenuti  indifferibili  ed
urgenti  per  l'adeguamento  e  la  realizzazione  di   impianti   di
depurazione delle acque retlue urbane e collettamento a  impianti  di
depurazione, adeguamento questo che, sulla base  di  quanto  previsto
dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2006,  avrebbe  dovuto  essere  gia'
realizzato sia alla luce delle previsioni di  cui  all'art.  149  del
Codice dell'ambiente - (il cui art. 1, lett. b) prevede che il  Piano
d'ambito debba contenere il programma degli  interventi  specificando
altresi' al successivo terzo comma che il programma degli interventi,
predisposto e aggiornato dall'Autorita' d'ambito, "individua le opere
di  manutenzione  straordinaria  e  le  nuove  opere  da  realizzare,
compresi  gli  interventi  di  adeguamento  di  infrastrutture   gia'
esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi  di
servizio,  nonche'  al  soddisfacimento  della  complessiva   domanda
dell'utenza. Il programma degli  interventi,  commisurato  all'intera
gestione,  specifica  gli  obiettivi  da  realizzare,  indicando   le
infrastrutture a tal fine programmate e i  tempi  di  realizzazione"-
sia alla luce delle disposizioni di cui al Capo III  del  decreto  n.
152/2006, Tutela delle acque (artt. 100 e ss) che,  disciplinando  le
reti fognarie e dettando i criteri generali  della  disciplina  degli
scarichi esclude la persistenza di scarichi non ancora a norma. 
    Nel  caso  in  esame,  inoltre,  la  Regione  oltre  a  prevedere
l'integrazione del Piano d'ambito statale  rimette  al  programma  di
interventi da essa individuato di stabilirne le relative priorita'  e
la  tempistica.  Il  successivo  comma,  poi,  sposta   l'adeguamento
strutturale per  gli  agglomerati  ivi  previsti  alla  data  del  31
dicembre 2015 mentre il  comma  terzo  conferisce  alle  Province  la
possibilita' di autorizzare in  via  provvisoria  lo  scarico  non  a
norma. 
    La normativa dianzi  riportata,  dunque,  pur  imponendosi  quale
dichiarata finalita', lo scopo  di  tutelare  l'igiene  e  la  salute
pubblica, oltre che di fronteggiare l'emergenza sanitaria  stabilendo
una serie di interventi strutturali, in realta' introduce una proroga
non  prevista  dalla  normativa  statale  in  materia  ambientale  e,
autorizzando scarichi non conformi alla normativa statale in materia,
si pone in evidente contrasto con la normativa statale di riferimento
la quale non  lascia  spazio  alcuno  alla  possibilita'  di  deroghe
temporali per mancata conformita' ai dettami comunitari  e  nazionali
vigenti che disciplinano il sistema idrico integrato. 
    Giova precisare, al riguardo che, se nella  passata  legislazione
erano previsti termini  dia  adeguamento,  tali  termini  sono  ormai
irrimediabilmente scaduti e, in ogni caso,  le  corrispondenti  norme
che li contemplavano sono ormai superate dal sopravvenire del  Codice
per l'ambiente. 
    In particolare gli  artt.  27  e  31  del  d.lgs.  152  del  1999
fissavano al 31 dicembre 2005 la data ultima  per  il  raggiungimento
della conformita'. (art. 27: Reti fognarie. 
    [1. Gli agglomerati devono essere provvisti di  fognarie  per  le
acque reflue urbane: 
        a) entro il 31 dicembre 2000 per  quelli  con  un  numero  di
abitanti equivalenti superiore a 15.000; 
        b) entro il 31 dicembre 2005 per  quelli  con  un  numero  di
abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000. 
    2.  Per  le  acque  reflue  urbane  che  si  immettono  in  acque
recipienti considerate «aree sensibili»  gli  agglomerati  con  oltre
10.000 abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria. 
    3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle  reti
fognarie  si  effettuano  adottando  le  tecniche  migliori  che  non
comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare: 
        a) del volume e  delle  caratteristiche  delle  acque  reflue
urbane; 
        b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite; 
        c)   della   limitazione   dell'inquinamento   delle    acque
recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente. 
    4. Per gli insediamenti,  installazioni  o  edifici  isolati  che
scaricano acque reflue domestiche  le  regioni  identificano  sistemi
individuali o altri sistemi pubblici o  privati  adeguati  secondo  i
criteri di cui alla delibera indicata al comma 7  dell'art.  62,  che
raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale,  indicando  i
tempi di adeguamento. 
    Art. 31: [1. Gli scarichi di acque reflue  industriali  in  acque
superficiali devono rispettare i valori-limite di  emissione  fissati
ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento
degli obiettivi di qualita'. 
    2. Gli scarichi di acque reflue  urbane  che  confluiscono  nelle
reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000  abitanti
equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e
gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di  10.000  abitanti
equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad
un  trattamento  appropriato,  in  conformita'  con  le   indicazioni
dell'allegato 5, entro il 31 dicembre 2005. 
    3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte,  prima  dello
scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente
in conformita' con  le  indicazioni  dell'allegato  5  e  secondo  le
seguenti cadenze temporali; 
        a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti  da
agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti; 
        b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti  da
agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000
e 15000; 
        c) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque  dolci
ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un  numero
di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000. 
    4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare,  altresi',
i valori-limite di  emissione  fissati  ai  sensi  dell'articolo  28,
commi 1 e 2 . 
    5. Le regioni dettano specifica disciplina per  gli  scarichi  di
reti  fognarie  provenienti  da  agglomerati  a  forte   fluttuazione
stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2
e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualita'. 
    6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate  in  zone
d'alta montagna, al di sopra dei 1500 metri  sul  livello  del  mare,
dove a causa delle  basse  temperature  e'  difficile  effettuare  un
trattamento biologico  efficace,  possono  essere  sottoposti  ad  un
trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purche'  studi
dettagliati comprovino che essi non  avranno  ripercussioni  negative
sull'ambiente]. 
    Tale disposizioni - che, come visto,  prevedevano  una  serie  di
termini per gli interventi sulle reti fognarie e per  il  trattamento
degli scarichi - sono state successivamente abrogate dalle successive
norme in materia ambientale (d.lgs. n. 152/2006). 
    Detto testo normativo, nel  sostituire  le  disposizioni  di  cui
all'abrogato d.lgs. 152 del 1999, ha ridisciplinato la materia  degli
scarichi fognari con gli artt. 100  e  105  senza  nulla  dispone  in
merito ad eventuali proroghe, da ritenersi, pertanto, definitivamente
superate. 
    Per quanto concerne, in particolare, la vigente disciplina  degli
scarichi l'art. 100 del Codice, nel regolamentare  gli  standards  di
progettazione, di costruzione e di manutenzione delle reti  fognarie,
stabilisce  espressamente  che  gli  agglomerati  con  un  numero  di
abitanti equivalente superiore a 2.000  devono  essere  provvisti  di
reti fognarie per le acque reflue urbane. L'art. 101, inoltre detta i
criteri generali della disciplina  degli  scarichi  in  funzione  del
rispetto degli obiettivi di qualita' dei Corpi idrici  e  dei  valori
limite  previsti  dall'Allegato  5  alla  parte  terza  del   decreto
legislativo in esame, mentre, per quanto  concerne  gli  scarichi  in
acque reflue superficiali l'art. 105  stabilisce  altresi'  i  valori
limite da rispettare sia nel caso di  acque  reflue  industriali  che
urbane sancendo anche trattamenti appropriati degli scarichi  secondo
i rispettivi casi ivi previsti. 
    In nessun  caso,  peraltro,  sono  stabiliti  nuovi  termini  per
l'adeguamento o situazioni tali da giustificare deroghe particolari. 
    Gli artt. 100, 101 e 105 oltretutto, sono contenuti nel capo  III
( Tutela qualitativa  della  risorsa  disciplina  degli  scarichi)  e
rientrano  nella   sezione   II   intitolata   Tutela   delle   acque
dall'inquinamento" del d.lgs. n. 152 del 2006 che, tra le  specifiche
finalita', enunciate dall'art. 73 del d.lgs in esame  contempla,  tra
l'altro, gli obiettivi di 
        a)  prevenire  e  ridurre   l'inquinamento   e   attuare   il
risanamento dei corpi idrici inquinati; 
        b) conseguire il miglioramento dello  stato  delle  acque  ed
adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi; 
        c)  perseguire  usi  sostenibili  e  durevoli  delle  risorse
idriche, con priorita' per quelle potabili; 
        d) mantenere la capacita'  naturale  di  autodepurazione  dei
corpi idrici, nonche' la capacita' di sostenere comunita'  animali  e
vegetali ampie e ben diversificate; 
        e) mitigare gli effetti delle inondazioni  e  della  siccita'
contribuendo quindi a: 
      
          1)   garantire   una   fornitura   sufficiente   di   acque
superficiali e sotterranee di buona qualita' per un  utilizzo  idrico
sostenibile, equilibrato ed equo; 
          2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque
sotterranee; 
          3) proteggere le acque territoriali e marine  e  realizzare
gli obiettivi  degli  accordi  internazionali  in  materia,  compresi
quelli miranti a impedire ed eliminare  l'inquinamento  dell'ambiente
marino,  allo  scopo  di  arrestare  o  eliminare  gradualmente   gli
scarichi,  le  emissioni  e  le  perdite   di   sostanze   pericolose
prioritarie  al  fine   ultimo   di   pervenire   a   concentrazioni,
nell'ambiente marino, vicine ai valori  del  fondo  naturale  per  le
sostanze presenti in natura  e  vicine  allo  zero  per  le  sostanze
sintetiche antropogeniche; 
        f)  impedire  un  ulteriore  deterioramento,   proteggere   e
migliorare lo stato  degli  ecosistemi  acquatici,  degli  ecosistemi
terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi
acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico. 
    Il  raggiungimento  degli  obiettivi  indicati  al   comma 1   si
realizza, tra l'altro, attraverso gli strumenti di cui al  successivo
comma tra cui , per quanto di interesse, quanto indicato nella  lett.
d) ovvero 
        d) l'adeguamento dei sistemi  di  fognatura,  collegamento  e
depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito  del  servizio  idrico
integrato; 
    e ancora 
        g) l'adozione di  misure  per  la  graduale  riduzione  degli
scarichi, delle emissioni e  di  ogni  altra  fonte  di  inquinamento
diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione
degli stessi allorche' contenenti  sostanze  pericolose  prioritarie,
contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine
ai valori del fondo naturale per le sostanze  presenti  in  natura  e
vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche; 
        h) l'adozione delle misure volte al controllo degli  scarichi
e delle emissioni  nelle  acque  superficiali  secondo  un  approccio
combinato. 
    L'art. 30, dunque, rinviando la realizzazione degli interventi di
adeguamento e dando la possibilita' alle province di  autorizzare  in
via provvisoria scarichi non conformi alla normativa ( non  potendosi
che intendere in tal modo l'espressione  utilizzata  dal  legislatore
regionale nel conuna terzo dell'art. 30 «gli scarichi di cui al comma
1»), si pone in diretto contrasto  con  la  normativa  statale  sopra
richiamata che, nel porsi tali specifiche finalita'  e  strumenti  di
attuazione ed essendo, come visto, immediatamente cogente, non lascia
spazio alcuno alla possibilita' di proroghe temporali o, tanto  meno,
di deroghe per casi particolari. 
    La  disposizione  oggetto  della  presente   censura,   pertanto,
disciplinando aspetti chiaramente attinenti alla materia  ambientale,
in contrasto con i principi e  le  disposizioni  della  normativa  in
materia di ambiente sopra richiamate- in particolare  con  gli  artt.
73, 100, 101, 105 e 149- viola la competenza esclusiva in materia  di
ambiente riservata allo Stato dall'art. 117 secondo comma, lett. s). 
    Non e' revocabile in dubbio,  infatti,  che  la  regolamentazione
degli interventi relativi all'adeguamento ed alla realizzazione delle
fognature ed agli impianti depurativi e la loro modulazione temporale
- incidendo sui profili  di  tutela  delle  acque  e  di  prevenzione
dall'inquinamento - attenga ala materia  dell'ambiente  in  relazione
alla quale il legislatore statale, con  le  disposizioni  di  cui  al
richiamato d.lgs. 152/2006, ha fissato  livelli  uniformi  di  tutela
dell'ambiente,  con  l'intento  di   salvaguardare,   attraverso   la
regolamentazione la disciplina degli scarichi, la tutela  qualitativa
delle acque e attraverso di essa, "la vivibilita' dell'ambiente e «le
aspettative ed i diritti delle generazioni  future  a  fruire  di  un
integro patrimonio ambientale» ( Corte Cost. seni, 142 del 2010). 
    Le richiamate disposizioni di cui al  d.lgs.  n.  152  del  2006,
tenuto conto del chiaro intento di tutelare l'ambiente e l'ecosistema
attraverso una definizione degli  obiettivi  da  perseguire  ai  fini
della tutela qualitativa della risorsa idrica e degli  strumenti  per
attuarli, si pongono, dunque, quale  normativa  interposta,  tale  da
integrare il parametro  costituzionale  di  cui  all'art.  117  comma
secondo, lett. s) della Costituzione. 
    Come anche ribadito di recente, la competenza in tema  di  tutela
dell'ambiente, in cui rientra il sistema idrico e la disciplina degli
scarichi appartiene in via esclusiva allo Stato, e non  sono  percio'
ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio  ambito
territoriale la materia (ex plurimis sentenze n. 127 del  2010  e  n.
314 del 2009) pur in assenza della relativa disciplina statale  sent.
Corte Cost. 373 del 2010 controllare). 
    E' bensi' vero  che  codesta  Ecc.Ma  Corte,  stante  l'affermata
natura  trasversale  della  materia  ambiente  ha  affermato  che  le
Regioni, nell'esercizio delle loro competenze, pur dovendo rispettare
la  normativa  statale  di  tutela  dell'ambiente,  possono  altresi'
stabilire,  per  il  raggiungimento  dei  fini  propri   delle   loro
competenze (in  materia  di  tutela  della  salute,  di  governo  del
territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.), livelli  di
tutela piu' elevati (sentenze nn. 61, 30 e 12 del 2009, 105, 104 e 62
del 2008). 
    Con cio' certamente incidendo sul bene materiale ambiente, ma  al
line non di tutelarlo, essendo esso  salvaguardato  dalla  disciplina
statale,   bensi'   di   disciplinare   adeguatamente   gli   oggetti
riconducibili alle competenze delle Regioni stesse. Si  tratta  cioe'
di un potere insito nelle stesse attribuzioni di  queste  ultime,  al
fine della loro esplicazione (Corte Cost.sent. n.373 del 2010). 
    La possibilita' per la Regione di disciplinare aspetti  attinenti
alla  propria  sfera  di  competenza,  tuttavia,  non  e'  certamente
richiamabile nella fattispecie oggetto del presente ricorso in cui la
Regione interviene proprio sui regimi di  tutela,  riservati  in  via
esclusiva alla competenza statale, derogando alla  normativa  statale
di riferimento, attraverso la previsione da un lato, di  una  proroga
alla  realizzazione  del  programma  di  interventi  ivi  previsto  e
dall'altro,  di  un  indebito  regime  di  deroga  (   autorizzazione
provvisoria allo scarico non a norma). 
    Deve pertanto concludersi, alla luce di quanto sopra esposto, che
il legislatore regionale, derogando alla  disciplina  statale,  abbia
ecceduto dalla propria competenza invadendo la  competenza  esclusiva
dello Stato in materia di tutela di ambiente  di  cui  all'art.  117,
comma 2, lett. s), della Costituzione. 
    2) L'art. 40 secondo comma stabilisce  che  «Il  servizio  idrico
integrato in quanto di interesse  generale  riconducibile  a  diritti
fondamentali della persona non rientra tra i servizi pubblici  locali
a rilevanza economica». 
    La disposizione si pone in contrasto con l'art. 23-bis  del  D.L.
25 giugno 2008 n. 112 conv. con modifiche dalla legge 6  agosto  2008
n. 133, «Servizi pubblici di  rilevanza  economica»,  che  disciplina
«l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine  di
la. vorire la piu' ampia diffusione dei principi di  concorrenza,  di
liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti
gli operatori economici interessati  alla  gestione  dei  servizi  di
interesse generale in ambito locale, nonche' di garantire il  diritto
di tutti gli utenti alla universalita' ed accessibilita' dei  servizi
pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai  sensi
dell'art. 117 secondo  comma,  lett.  e)  e  m)  della  Costituzione,
assicurando un adeguato livello di tutela  degli  utenti,  secondo  i
principi di sussidiarieta', proporzionalita'  e  leale  cooperazione"
stabilendo  altresi'  in  maniera  espressa  che   «Le   disposizioni
contenute nel presente  articolo  si  applicano  a  tutti  i  servizi
pubblici locali». 
    La piu' recente giurisprudenza della Corte, proprio  esprimendosi
in tenia di  Servizio  Idrico  Integrato  (sent.  325  del  2010)  ha
chiarito  la  nozione  di  servizio  pubblico  locale  di   rilevanza
economica. 
    Si legge, infatti, nella menzionata sentenza  che  «Dall'evidente
omologia posta da tale  articolo  tra  «servizi  pubblici  locali  di
rilevanza economica» e «servizi pubblici  di  interesse  generale  in
ambito locale» si desume, innanzitutto, che la nozione  di  «servizio
pubblico locale di rilevanza economica» rimanda a quella, piu' ampia,
di «servizio  di  interesse  economico  generale»  (SIEG),  impiegata
nell'ordinamento comunitario e gia' esaminata al punto 6. Del  resto,
questa Corte, con la sentenza n. 272 del 2004 aveva gia' sottolineato
l'omologia esistente anche tra la nozione di  «rilevanza  economica»,
utilizzata nell'art.  113-bis  TUEL  (relativo  ai  servizi  pubblici
locali «privi di rilevanza economica» e dichiarato costituzionalmente
illegittimo  dalla  stessa  sentenza),  e   quella   comunitaria   di
«interesse economico generale», interpretata anche dalla  Commissione
europea nel Libro verde sui servizi  di  interesse  generale  del  21
maggio 2003. In particolare, secondo  le  indicazioni  fornite  dalla
giurisprudenza  comunitaria  e   dalla   Commissione   europea,   per
«interesse economico generale» si intende un interesse che attiene  a
prestazioni dirette a soddisfare i  bisogni  di  una  indifferenziata
generalita' di utenti e, al tempo stesso, si riferisce a  prestazioni
da rendere nell'esercizio di un'attivita'  economica,  cioe'  di  una
«qualsiasi attivita' che consista nell'offrire beni o servizi  su  un
determinato mercato», anche potenziale (sentenza Corte  di  giustizia
UE, 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione  e.  Italia,  e  Libro
verde sui servizi di interesse generale del 21 maggio  2003,  §  2.3,
punto 44) e, quindi,  secondo  un  metodo  economico,  finalizzato  a
raggiungere, entro un  determinato  lasso  di  tempo,  quantomeno  la
copertura dei costi». 
    La Corte dunque, in tal modo accoglie una  nozione  oggettiva  di
interesse economico «riferita  alla  possibilita'  di  immettere  una
specifica attivita' nel mercato corrispondente reale o potenziale». 
    Nel passare poi ad individuare il fondamento costituzionale della
legge statale che fissa il contenuto della suddetta nozione oggettiva
di «rilevanza economica», la Corte, ulteriormente, precisa che  detta
nozione, al pari di quella omologa di «interesse  economico»  propria
del diritto comunitario, va utilizzata, nell'ambito della  disciplina
del mercato  dei  servizi  pubblici  quale  criterio  discretivo  per
l'applicazione delle norme concorrenziali e  concorsuali  comunitarie
in materia di affidamento della gestione di tali servizi  (come,  del
resto, esplicitamente affermato dal comma 1 dell'art. 23-bis). 
    Ne deriva che, proprio per tale suo ambito di  utilizzazione,  la
determinazione delle condizioni di rilevanza economica  e'  riservata
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di  «tutela
della concorrenza», ai sensi del secondo comma, lettera e), dell'art.
117 Cost. 
    Poiche' l'ordinamento comunitario esclude che gli  Stati  membri,
ivi compresi gli enti infrastatuali, possano soggettivamente e a loro
discrezione decidere sulla sussistenza dell'interesse  economico  del
servizio, conseguentemente il legislatore statale si  e'  adeguato  a
tale   principio   dell'ordinamento   comunitario   nel    promuovere
l'applicazione delle regole concorrenziali e ha escluso che gli  enti
infrastatuali possano soggettivamente e a loro  discrezione  decidere
sulla sussistenza della rilevanza economica del  servizio  (rilevanza
che, come piu' volte sottolineato, corrisponde per il diritto interno
all'interesse economico considerato dal  diritto  comunitario  (sent.
325 del 2010 citata, par. 9.2.del considerato in diritto). 
      
    Discende, dunque, da quanto sopra esposto che, proprio  per  tale
suo ambito di utilizzazione, la determinazione  delle  condizioni  di
rilevanza  economica  e'  riservata   alla   competenza   legislativa
esclusiva dello stato in tema di tutela della  concorrenza  ai  sensi
dell'art. 117 secondo comma, lett. e) Cost.  ed  e'  conseguentemente
preclusa al legislatore regionale. 
    2a) Di qui la censurabilita'  sotto  tale  profilo  dell'art.  40
della legge regionale n. 16 del 2010, che sottrae il servizio  idrico
integrato  dall'ambito  dei  servizi  pubblici  locali  a   rilevanza
economica in  virtu'  della  affermata  riconducibilita'  ai  diritti
fondamentali della persona. 
    Se, come visto in base alla giurisprudenza richiamata, spetta  in
via esclusiva allo Stato il potere di indicare le condizioni  per  le
quali debba ritenersi sussistente la rilevanza  economica  ovvero  la
decisione   di   attribuire   al   servizio   locale   una   siffatta
qualificazione,  la  sottrazione  del   servizio   idrico   integrato
dall'ambito dei servizi pubblici locali a rilevanza economica operata
dalla disposizione regionale qui censurata comporta la violazione  di
un ambito di competenza  esclusiva  statale  e  dunque,  realizza  la
dedotta violazione dell'art. 117 secondo comma lett. e). 
    Si soggiunge che la stessa la Regione Marche ha  gia'  sottoposto
alla Corte un identica questione a  quella  che  si  solleva  con  il
presente ricorso, assumendo che rientrasse nella competenza propria e
degli enti locali decidere se il servizio idrico integrato  avesse  o
meno rilevanza economica. 
    La Corte, tuttavia, nel ritenere la questione  infondata,  sempre
con la richiamata sent. n.  325  del  2010  ha  ribadito  i  principi
suesposti ulteriormente precisando (par. 11.4. e ss  del  considerato
in diritto): 
    «Come pia diffiesamente esposto ai punti 6.1.  e  9.,  lo  spazio
interpretativo lasciato aperto dai suddetti articoli del Trattato  e'
stato colmato dalla giurisprudenza comunitaria  e  dalla  Commissione
europea, secondo le quali «l'interesse economico generale», in guanto
funzionale ad una disciplina comunitaria diretta a favorire l'assetto
concorrenziale  dei  mercati,  e'  riferito  alla   possibilita'   di
immettere una specifica attivita' nel mercato corrispondente (reale o
potenziale) ed ha,  pertanto,  natura  essenzialmente  oggettiva.  Ne
deriva  che  (secondo  quanto  meglio  osservato   al   punto   9.2.)
l'ordinamento comunitario in considerazione  della  rilevata  portata
oggettiva della nozione di «interesse economico», vieta che gli Stati
membri e gli enti infrastatuali  possano  soggettivamente  e  a  loro
discrezione decidere circa la sussistenza di tale interesse..... 
    Con  riferimento  alla  fatti.specie  in  esame,  il  legislatore
statale, in  coerenza  con  la  menzionata  normativa  comunitaria  e
sull'incontestabile presupposto che il servizio idrico  integrato  si
inserisce in uno specifico e peculiare mercato (come riconosciuto  da
questa Corte con la sentenza  n.  246  del  2009),  ha  correttamente
qualificato   tale   servizio   come    di    rilevanza    economica,
conseguentemente escludendo ogni potere degli enti in frastatuali  di
pervenire ad una diversa qualificazione». 
    Sempre al fine di chiarire la sfera di competenza  in  cui  va  a
collocarsi la disciplina che regola la materia dei  servizi  pubblici
locali   a   rilevanza   economica   si   richiama   la   consolidata
giurisprudenza della Corte  da  cui  discende,  quale  portato  ormai
indiscutibile,  che   "la   disciplina   concernente   le   modalita'
dell'affidamento  della  gestione  dei  servizi  pubblici  locali  di
rilevanza economica: a) non e' riferibile alla competenza legislativa
statale in tema  di  «determinazione  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti  i  diritti  civili  e  sociali»  (art.  117,
secondo comma,  lettera  m,  Cost.),  perche'  riguarda,  appunto,  i
servizi  di  rilevanza  economica  e  non  attiene,  comunque,   alla
determinazione di livelli essenziali (sentenza n. 272 del  2004);  b)
non  puo'  essere  ascritta  neppure   all'ambito   delle   «funzioni
fondamentali dei Comuni, delle Province e Citta' metropolitane» (art.
117, secondo comma, lettera  p,  Cost.),  perche'  «la  gestione  dei
predetti servizi non puo'  certo  considerarsi  esplicazione  di  una
finzione propria ed indefettibile dell'ente locale» (sentenza  a  272
del 2004) e, quindi, «non riguarda  [...]  profili  funzionali  degli
enti locali» (sentenza n.  307  del  2009,  al  punto  6.1.);  c)  va
ricondotta,  invece,   all'ambito   della   materia   di   competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  «tutela  della   concorrenza»,
prevista dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  tenuto
conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della  sua
diretta incidenza sul mercato (ex plurimis, sentenze n. 314, n.  307,
n. 304 e n. 160 del 2009; n. 326 del 2008; n. 401 del 2007; n.  80  e
n. 29 del 2006; n. 272 del 2004). 
    Di qui anche la ritenuta prevalenza sulle competenze  legislative
regionali e, in particolare, su quella in materia di servizi pubblici
locali, proprio perche' l'oggetto  e  gli  scopi  che  caratterizzano
detta disciplina  attengono  in  via  primaria  alla  tutela  e  alla
promozione della concorrenza (sentenze n. 142 del 2010, n. 246  e  n.
148 del 2009, n. 411 e n. 322 del 2008). 
    2b) Oltre a porsi in violazione  dell'art.  117,  comma  secondo,
lett. e). la disposizione regionale di cui all'art. 40 viola altresi'
il primo comma del medesimo parametro costituzionale, che vincola  la
potesta'   legislativa   statale   al   rispetto    degli    obblighi
internazionali e dell'ordinamento comunitario. 
    Cio', in quanto, intervenendo sulla nozione di servizio  pubblico
locale a rilevanza economica e riducendone  il  relativo  ambito  con
l'esclusione  del  servizio  idrico  integrato,  la  disposizione   -
derogando all'art. 23-bis del D.L. 112 del 2008 -si pone in contrasto
altresi' con la disciplina comunitaria che la norma  statale  intende
attuare e  che  lo  Stato  italiano  si  e'  obbligato  ad  osservare
attraverso l'adesione al Trattato UE., ovvero, piu' in particolare  ,
con  i  fondamentali  principi  di  concorrenza,   di   liberta'   di
stabilimento, e  di  libera  prestazione  dei  servizi  propri  della
disciplina comunitaria. 
    Se, invero, la rilevanza  del  servizio  e'  criterio  discretivo
dell'applicazione delle regole di  concorrenza  comunitarie  ai  fini
dell'affidamento della gestione del servizio, incidere sull'ambito di
detta nozione significa  incidere,  altresi',  sull'applicazione  nel
nostro ordinamento  dei  principi  comunitari  che  esprimono  quelle
regole e che le rendono vincolanti per gli Stati membri. 
    D'altro canto, e nello specifico, la norma regionale si  pone  in
contrasto con la nozione e  la  condizione  d'uso  della  nozione  di
servizio di  interesse  economico  generale  (SIEG)  -  di  contenuto
sostanzialmente omologo a  quello  di  servizio  pubblico  locale  di
rilevanza economica secondo i ricordati insegnamenti  della  Corte  -
rinvenibile negli artt. 14  e  106  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione Europea ( TFUE), anche sotto tale profilo realizzando una
ulteriore violazione dei vincoli comunitari. 
    3) L'art. 42 comma settimo della legge regionale n. 16  del  2010
aggiunge il comma 1 bis all'art. 4 della L.R. n. 24 del 2009. 
    Il comma aggiunto alla L.R. n. 24 del 2009 che reca la Disciplina
regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei
siti inquinati, dispone che  «I  Comuni  territorialmente  competenti
curano le procedure relative all'affidamento del servizio di gestione
dei rifiuti di cui all'art. 5 comma 4, del d.lgs. 24 giugno  2003  n.
182 I Attuazione della direttiva 2000/59/CE  relativa  agli  impianti
portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed  i  residui
del carico)». 
    In tal modo la disposizione impugnata, incide,  derogandovi,  sul
decreto legislativo n. 182 del 2003,  normativa  che,  in  attuazione
della  direttiva  comunitaria  2000/59/CE,  si  pone  l'obiettivo  di
ridurre gli scarichi in mare, in  particolare  quelli  illeciti,  dei
rifiuti e dei residui del carico prodotti dalle navi  che  utilizzano
porti situati nel territorio dello Stato, nonche'  di  migliorare  la
disponibilita' e l'utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i
suddetti rifiuti e residui (art. 1). 
    Stabilisce altresi' l'art. 5 del predetto decreto legislativo  n.
182/2003 che «Nel rispetto delle prescrizioni previste  dall'allegato
I e tenuto conto degli obblighi di cui agli articoli 4, 6,  7.  10  e
14, comma 1, l'Autorita' portuale, previa consultazione  delle  parti
interessate e, in particolare, degli  enti  locali,  dell'ufficio  di
sanita'  marittima  e  degli  operatori  dello  scalo  o   dei   loro
rappresentanti, entro un anno dalla data di  entrata  in  vigore  del
presente decreto elabora un piano di raccolta  dei  rifiuti  prodotti
dalle navi e dei residui del carico e ne da' immediata  comunicazione
alla regione competente per territorio». 
    A norma del successivo comma quarto, inoltre, «Nei porti  in  cui
l'Autorita' competente e' l'Autorita' marittima, le  prescrizioni  di
cui al comma I sono adottate, d'intesa con la regione competente, con
ordinanza che costituisce piano di  raccolta,  ed  integrate  a  cura
della regione, per gli aspetti relativi alla gestione, con  il  piano
regionale di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152.  A  tale  fine,  la  regione  cura
altresi'  le  procedure  relative  all'affidamento  del  servizio  di
gestione dei rifiuti, d'intesa con I 'Autorita' marittima per i  lini
di interesse di questsultima. Nei porti di  cui  al  presente  Gomma,
spetta alla regione provvedere alla predisposizione dello  studio  di
cui al comma 2 dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto  del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357,  nonche'  alla
acquisizione di ogni altra valutazione di  compatibilita'  ambientale
inerente al piano di raccolta». 
    La disposizione regionale qui  censurata,  dunque,  affidando  ai
Comuni le procedure relative al  servizio  di  gestione  dei  rifiuti
portuali si pone in contrasto con quanto previsto dall'art. 5 comma 4
del d.lgs. 24 giugno 2003 n. 182, la' dove il legislatore statale ha,
per contro, previsto non solo la competenza della Regione e non  gia'
dei Comuni a curare le suddette  procedure  ma,  altresi',  che  cio'
avvenga attraverso una previa intesa con l'Autorita' marittima per  i
fini di interesse di quest'ultima. 
    La norma statale, pertanto,  oltre  a  prevedere  tale  specifica
competenza in capo alla Regione, condiziona l'esercizio della  stessa
alla predetta Intesa che si rende necessaria in considerazione  delle
generali ed articolate competenze  dell'Autorita'  Marittima  sia  in
ambito portuale sia di quelle piu' peculiari e delicate in materia di
rifiuti. 
    Per gli stessi motivi  dianzi  esposti  contrasta  con  le  norme
statali in  materia  ambientale  anche  il  successivo  comma  9  del
medesimo art. 42 la' dove dispone che «Il comma 1 dell'art. 61  della
l.r. 17 maggio 1999 n. 10  (Riordino  delle  funzioni  amministrative
della  Regione  e  degli  enti  locali  nei  settori  dello  sviluppo
economico ed  attivita'  produttive  ,  del  territorio  ambiente  ed
organizzazione amministrativa) si interpreta nel  senso  che  tra  le
funzioni amministrative concernenti la manutenzione  dei  porti,  ivi
previste, sono ricomprese le procedure relative  all'affidamento  del
servizio di gestione dei rifiuti  di  cui  all'art.  5,comma  4,  del
d.lgs. 24 giugno 2003 n. 182 (Attuazione  della  direttiva  200/59/CE
relativa agli impianti portuali di raccolta per  i  rifiuti  prodotti
dalla navi ed i residui del carico). 
    Stabilisce testualmente l'art. 61 della L.R. n. 10 del  1999  che
«Sono attribuite ai comuni le funzioni amministrative concernenti  la
progettazione e l'esecuzione  degli  interventi  di  costruzione,  la
bonifica  e  la  manutenzione  dei  porti  di  rilievo  regionale  ed
interregionale,  nonche'  delle  opere  a   servizio   dell'attivita'
portuale». 
    Interpretando  tale  norma  regionale  nel  senso  riportato,  la
disposizione qui censurata ricomprende tra  le  funzioni  dei  Comuni
concernenti  la  manutenzione  dei  porti,  anche  la   funzione   di
provvedere alle procedure relative all'affidamento  del  servizio  di
gestione dei rifiuti, in tal modo ponendosi in contrasto con l'art. 5
comma 4 del d.lgs. n. 182 del 2003 ,  che,  come  sopra  considerato,
affida tale compito alla Regione d'intesa con  l'Autorita'  marittima
per i fini di quest'ultima.. 
    Tanto nel caso del comma sette quanto del  comma  nove  dell'art.
42, pertanto, la legge regionale impugnata, disciplinando una materia
rimessa alla competenza statale e disponendo  in  modo  non  conforme
alla legislazione statale in materia ambientale, presenta profili  di
illegittimita' costituzionale  con  riferimento  all'art.  117  Cost.
Comma 2 lett. s) che affida  alla  competenza  esclusiva  statale  la
materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    La  distribuzione  delle  competenze  tra  Regioni  e  Comuni  in
relazione alla competenza a gestire gli affidamenti in una materia di
elevata sensibilita' ambientale - quale quella dei  rifiuti  prodotti
dalle navi in ambito portuale - attiene, infatti,  al  profilo  della
tutela che evidentemente, il Legislatore statale ha inteso  affidare,
per i profili disciplinati dalle  norme  sopra  richiamate,  all'ente
regionale,  attraverso  anche  la  compartecipazione   dell'Autorita'
marittima,  enti  ritenuti  maggiormente  idonei  a  raggiungere   le
finalita' della miglior tutela dell'ambiente e dell'ecosistema  nelle
specifiche zone portuali. 
    Istanza di sospensione della L. R. n. 16 del 2010 
      
    Con  i  motivi  suesposti  si  confida  di  avere  dimostrato  la
fondatezza   del   ricorso   e,   per   l'effetto,   l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni  della  legge  regionale  impugnate
secondo i parametri evidenziati. 
    Di particolare gravita', in particolare, si pone la violazione in
materia di  concorrenza  e  dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario operata dall'art. 40, secondo comma, da parte della legge
della Regione Marche. 
    L'illegittimita'  della  disposizione   appare   di   particolare
evidenza in relazione alla consolidata giurisprudenza della Corte  in
materia di tutela della concorrenza ( Corte cost. sent. 325 del  2010
sopra richiamata). 
    Come sopra rappresentato, con l'emanazione dell'art. 40,  secondo
comma.  risultano  altresi'  violati  i  vincoli  comunitari  cui  e'
sottoposta la legislazione regionale ai  sensi  dell'art.  117  primo
comma, Cost.. Detta violazione, in particolare, impegnando  anche  la
responsabilita'  dello  Stato  italiano  nei  confronti   dell'Unione
Europea  e'  tale  da  realizzare  il  "possibile   pregiudizio   per
l'interesse pubblico e l'ordinamento giuridico della  Repubblica"  di
cui all'art. 35 della L. n. 87 del 1953, come modificato dall'ad.  9,
comma 4 della L. n. 131 del 2003. 
    Per tali ragioni, contestualmente al suesteso ricorso  si  chiede
all'Ecc.Ma Corte di sospendere l'esecuzione,  limitatamente  all'art.
40, secondo comma, della legge n. 16 della regione Marche,  ai  sensi
dell'art. 35 della legge n. 87 del 1953. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si   conclude   affinche'   sia    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale in parte qua previa sospensione del'esecuzione  quanto
all'art. 40 secondo comma - della legge della regione  Marche  n.  16
del 2010, per i motivi sopra illustrati. 
      
    Unitamente all'originale  del  ricorso  notificato  si  produrra'
copia autentica della delibera di impugnativa  in  data  22  dicembre
2010 ed allegata relazione del Ministro proponente. 
        Roma, addi' 17 gennaio 2011 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Palmieri 
 
 

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