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N. 2 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 gennaio 2011. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 25 gennaio 2011 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 8 del 16-2-2011) |
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ope
legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro la regione Marche in
persona del Presidente della Giunta pro tempore per la declaratoria
di illegittimita' costituzionale della L.R. n. 16 del 15 novembre
2010 della Regione Marche, «Assestamento del bilancio 2010»,
pubblicata sul B.U.R. n. 9 del 18 novembre 2010, limitatamente agli
articoli 30, 40, secondo comma, 42 comma settimo e nono.
La legge riportata in epigrafe viene impugnata, giusta delibera
del Consiglio dei Ministri in data in data 22 dicembre 2010, nelle
sottoindicate disposizioni sulla base dei seguenti
M o t i v i
1) L'art. 30 della legge regionale impugnata recante «misure
straordinarie relative agli scarichi di acque urbane» integra il
Piano d'ambito di cui all'art. 149 del d.lgs. 3 aprile 2006 , n. 152
(Norme in materia ambientale), con un programma di interventi
definiti come indifferibili ed urgenti.
Nel dettaglio, il primo comma della suddetta disposizione
prevede, ai fini della tutela della sanita' e dell'igiene pubblica,
allo scopo di scongiurare situazioni di emergenza sanitaria derivanti
dalla chiusura degli scarichi non conformi alla normativa vigente e
di garantire il conseguimento degli obiettivi di qualita' stabiliti
dal piano di tutela delle acque approvato con deliberazione
dell'Assemblea legislativa regionale 26 gennaio 2010 n. 145,
l'integrazione del Piano d'ambito di cui al Codice dell'ambiente
(art. 149 del d.lgs. n. 152/2006), con «un programma di interventi
indifferibili ed urgenti per l'adeguamento e la realizzazione di
impianti di depurazione delle acque reflue urbane e collegamento a
impianti di depurazione, che stabilisce le priorita' e le relative
tempistiche».
Al successivo secondo comma, si indica la data del 31 dicembre
2015 quale termine ultimo per la conclusione degli interventi in
riferimento agli agglomerati urbani con almeno duemila abitanti
equivalenti.
Per il periodo necessario alla realizzazione degli interventi in
parola e, comunque, non oltre i termini previsti dal comma secondo e
nell'ambito del programma di interventi indifferibili ed urgenti
menzionato nel comma 1, con successivo terzo comma, si autorizzano le
Province al rilascio di autorizzazioni provvisorie agli scarichi di
cui al primo comma.
La normativa regionale, cosi' disciplinando, si pone in contrasto
con l'art. 117 comma secondo lett. s) per il tramite della normativa
statale di riferimento in materia ambientale, da considerarsi quale
disciplina interposta, ovvero in primis, con il d.lgs. n. 152 del
2006 «Norme in materia ambientale» ( o Codice dell'Ambiente) come di
seguito illustrato.
Tale decreto, che ha come obiettivo primario, la promozione dei
livelli di qualita' della vita umana da realizzare attraverso la
salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e
l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse ( art. 2) ,
disciplina, tra l'altro, nella Parte terza, la difesa del suolo e la
lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento
e la gestione delle risorse idriche (art. 1, lett b) .
I principi posti dalla Prima parte del Codice inoltre,
costituiscono principi generali in materia di tutela dell'ambiente in
attuazione degli arti. 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3
della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e di
diritto comunitario. I principi contenuti nel decreto legislativo, in
ogni caso, costituiscono le condizioni minime ed essenziali per
assicurare la tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale
(art. 3-quinquies come modificato dal d.lgs n. 128 del 2010).
Come sopra riferito l'art. 30 della Legge regionale qui impugnata
prevede una integrazione del Piano d'ambito di cui all'art. 149 del
d.lgs. n. 152 del 2006 con interventi ritenuti indifferibili ed
urgenti per l'adeguamento e la realizzazione di impianti di
depurazione delle acque retlue urbane e collettamento a impianti di
depurazione, adeguamento questo che, sulla base di quanto previsto
dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2006, avrebbe dovuto essere gia'
realizzato sia alla luce delle previsioni di cui all'art. 149 del
Codice dell'ambiente - (il cui art. 1, lett. b) prevede che il Piano
d'ambito debba contenere il programma degli interventi specificando
altresi' al successivo terzo comma che il programma degli interventi,
predisposto e aggiornato dall'Autorita' d'ambito, "individua le opere
di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare,
compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture gia'
esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di
servizio, nonche' al soddisfacimento della complessiva domanda
dell'utenza. Il programma degli interventi, commisurato all'intera
gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le
infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione"-
sia alla luce delle disposizioni di cui al Capo III del decreto n.
152/2006, Tutela delle acque (artt. 100 e ss) che, disciplinando le
reti fognarie e dettando i criteri generali della disciplina degli
scarichi esclude la persistenza di scarichi non ancora a norma.
Nel caso in esame, inoltre, la Regione oltre a prevedere
l'integrazione del Piano d'ambito statale rimette al programma di
interventi da essa individuato di stabilirne le relative priorita' e
la tempistica. Il successivo comma, poi, sposta l'adeguamento
strutturale per gli agglomerati ivi previsti alla data del 31
dicembre 2015 mentre il comma terzo conferisce alle Province la
possibilita' di autorizzare in via provvisoria lo scarico non a
norma.
La normativa dianzi riportata, dunque, pur imponendosi quale
dichiarata finalita', lo scopo di tutelare l'igiene e la salute
pubblica, oltre che di fronteggiare l'emergenza sanitaria stabilendo
una serie di interventi strutturali, in realta' introduce una proroga
non prevista dalla normativa statale in materia ambientale e,
autorizzando scarichi non conformi alla normativa statale in materia,
si pone in evidente contrasto con la normativa statale di riferimento
la quale non lascia spazio alcuno alla possibilita' di deroghe
temporali per mancata conformita' ai dettami comunitari e nazionali
vigenti che disciplinano il sistema idrico integrato.
Giova precisare, al riguardo che, se nella passata legislazione
erano previsti termini dia adeguamento, tali termini sono ormai
irrimediabilmente scaduti e, in ogni caso, le corrispondenti norme
che li contemplavano sono ormai superate dal sopravvenire del Codice
per l'ambiente.
In particolare gli artt. 27 e 31 del d.lgs. 152 del 1999
fissavano al 31 dicembre 2005 la data ultima per il raggiungimento
della conformita'. (art. 27: Reti fognarie.
[1. Gli agglomerati devono essere provvisti di fognarie per le
acque reflue urbane:
a) entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di
abitanti equivalenti superiore a 15.000;
b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un numero di
abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000.
2. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque
recipienti considerate «aree sensibili» gli agglomerati con oltre
10.000 abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria.
3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti
fognarie si effettuano adottando le tecniche migliori che non
comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare:
a) del volume e delle caratteristiche delle acque reflue
urbane;
b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite;
c) della limitazione dell'inquinamento delle acque
recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente.
4. Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che
scaricano acque reflue domestiche le regioni identificano sistemi
individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati secondo i
criteri di cui alla delibera indicata al comma 7 dell'art. 62, che
raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i
tempi di adeguamento.
Art. 31: [1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque
superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati
ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento
degli obiettivi di qualita'.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle
reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti
equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e
gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti
equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad
un trattamento appropriato, in conformita' con le indicazioni
dell'allegato 5, entro il 31 dicembre 2005.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello
scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente
in conformita' con le indicazioni dell'allegato 5 e secondo le
seguenti cadenze temporali;
a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da
agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;
b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da
agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000
e 15000;
c) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci
ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un numero
di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.
4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresi',
i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28,
commi 1 e 2 .
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di
reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione
stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2
e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualita'.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone
d'alta montagna, al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare,
dove a causa delle basse temperature e' difficile effettuare un
trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un
trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purche' studi
dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni negative
sull'ambiente].
Tale disposizioni - che, come visto, prevedevano una serie di
termini per gli interventi sulle reti fognarie e per il trattamento
degli scarichi - sono state successivamente abrogate dalle successive
norme in materia ambientale (d.lgs. n. 152/2006).
Detto testo normativo, nel sostituire le disposizioni di cui
all'abrogato d.lgs. 152 del 1999, ha ridisciplinato la materia degli
scarichi fognari con gli artt. 100 e 105 senza nulla dispone in
merito ad eventuali proroghe, da ritenersi, pertanto, definitivamente
superate.
Per quanto concerne, in particolare, la vigente disciplina degli
scarichi l'art. 100 del Codice, nel regolamentare gli standards di
progettazione, di costruzione e di manutenzione delle reti fognarie,
stabilisce espressamente che gli agglomerati con un numero di
abitanti equivalente superiore a 2.000 devono essere provvisti di
reti fognarie per le acque reflue urbane. L'art. 101, inoltre detta i
criteri generali della disciplina degli scarichi in funzione del
rispetto degli obiettivi di qualita' dei Corpi idrici e dei valori
limite previsti dall'Allegato 5 alla parte terza del decreto
legislativo in esame, mentre, per quanto concerne gli scarichi in
acque reflue superficiali l'art. 105 stabilisce altresi' i valori
limite da rispettare sia nel caso di acque reflue industriali che
urbane sancendo anche trattamenti appropriati degli scarichi secondo
i rispettivi casi ivi previsti.
In nessun caso, peraltro, sono stabiliti nuovi termini per
l'adeguamento o situazioni tali da giustificare deroghe particolari.
Gli artt. 100, 101 e 105 oltretutto, sono contenuti nel capo III
( Tutela qualitativa della risorsa disciplina degli scarichi) e
rientrano nella sezione II intitolata Tutela delle acque
dall'inquinamento" del d.lgs. n. 152 del 2006 che, tra le specifiche
finalita', enunciate dall'art. 73 del d.lgs in esame contempla, tra
l'altro, gli obiettivi di
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il
risanamento dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed
adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse
idriche, con priorita' per quelle potabili;
d) mantenere la capacita' naturale di autodepurazione dei
corpi idrici, nonche' la capacita' di sostenere comunita' animali e
vegetali ampie e ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccita'
contribuendo quindi a:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque
superficiali e sotterranee di buona qualita' per un utilizzo idrico
sostenibile, equilibrato ed equo;
2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque
sotterranee;
3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare
gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi
quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente
marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli
scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose
prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni,
nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le
sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze
sintetiche antropogeniche;
f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e
migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi
terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi
acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.
Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si
realizza, tra l'altro, attraverso gli strumenti di cui al successivo
comma tra cui , per quanto di interesse, quanto indicato nella lett.
d) ovvero
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e
depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico
integrato;
e ancora
g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli
scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento
diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione
degli stessi allorche' contenenti sostanze pericolose prioritarie,
contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine
ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e
vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi
e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio
combinato.
L'art. 30, dunque, rinviando la realizzazione degli interventi di
adeguamento e dando la possibilita' alle province di autorizzare in
via provvisoria scarichi non conformi alla normativa ( non potendosi
che intendere in tal modo l'espressione utilizzata dal legislatore
regionale nel conuna terzo dell'art. 30 «gli scarichi di cui al comma
1»), si pone in diretto contrasto con la normativa statale sopra
richiamata che, nel porsi tali specifiche finalita' e strumenti di
attuazione ed essendo, come visto, immediatamente cogente, non lascia
spazio alcuno alla possibilita' di proroghe temporali o, tanto meno,
di deroghe per casi particolari.
La disposizione oggetto della presente censura, pertanto,
disciplinando aspetti chiaramente attinenti alla materia ambientale,
in contrasto con i principi e le disposizioni della normativa in
materia di ambiente sopra richiamate- in particolare con gli artt.
73, 100, 101, 105 e 149- viola la competenza esclusiva in materia di
ambiente riservata allo Stato dall'art. 117 secondo comma, lett. s).
Non e' revocabile in dubbio, infatti, che la regolamentazione
degli interventi relativi all'adeguamento ed alla realizzazione delle
fognature ed agli impianti depurativi e la loro modulazione temporale
- incidendo sui profili di tutela delle acque e di prevenzione
dall'inquinamento - attenga ala materia dell'ambiente in relazione
alla quale il legislatore statale, con le disposizioni di cui al
richiamato d.lgs. 152/2006, ha fissato livelli uniformi di tutela
dell'ambiente, con l'intento di salvaguardare, attraverso la
regolamentazione la disciplina degli scarichi, la tutela qualitativa
delle acque e attraverso di essa, "la vivibilita' dell'ambiente e «le
aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un
integro patrimonio ambientale» ( Corte Cost. seni, 142 del 2010).
Le richiamate disposizioni di cui al d.lgs. n. 152 del 2006,
tenuto conto del chiaro intento di tutelare l'ambiente e l'ecosistema
attraverso una definizione degli obiettivi da perseguire ai fini
della tutela qualitativa della risorsa idrica e degli strumenti per
attuarli, si pongono, dunque, quale normativa interposta, tale da
integrare il parametro costituzionale di cui all'art. 117 comma
secondo, lett. s) della Costituzione.
Come anche ribadito di recente, la competenza in tema di tutela
dell'ambiente, in cui rientra il sistema idrico e la disciplina degli
scarichi appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono percio'
ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito
territoriale la materia (ex plurimis sentenze n. 127 del 2010 e n.
314 del 2009) pur in assenza della relativa disciplina statale sent.
Corte Cost. 373 del 2010 controllare).
E' bensi' vero che codesta Ecc.Ma Corte, stante l'affermata
natura trasversale della materia ambiente ha affermato che le
Regioni, nell'esercizio delle loro competenze, pur dovendo rispettare
la normativa statale di tutela dell'ambiente, possono altresi'
stabilire, per il raggiungimento dei fini propri delle loro
competenze (in materia di tutela della salute, di governo del
territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.), livelli di
tutela piu' elevati (sentenze nn. 61, 30 e 12 del 2009, 105, 104 e 62
del 2008).
Con cio' certamente incidendo sul bene materiale ambiente, ma al
line non di tutelarlo, essendo esso salvaguardato dalla disciplina
statale, bensi' di disciplinare adeguatamente gli oggetti
riconducibili alle competenze delle Regioni stesse. Si tratta cioe'
di un potere insito nelle stesse attribuzioni di queste ultime, al
fine della loro esplicazione (Corte Cost.sent. n.373 del 2010).
La possibilita' per la Regione di disciplinare aspetti attinenti
alla propria sfera di competenza, tuttavia, non e' certamente
richiamabile nella fattispecie oggetto del presente ricorso in cui la
Regione interviene proprio sui regimi di tutela, riservati in via
esclusiva alla competenza statale, derogando alla normativa statale
di riferimento, attraverso la previsione da un lato, di una proroga
alla realizzazione del programma di interventi ivi previsto e
dall'altro, di un indebito regime di deroga ( autorizzazione
provvisoria allo scarico non a norma).
Deve pertanto concludersi, alla luce di quanto sopra esposto, che
il legislatore regionale, derogando alla disciplina statale, abbia
ecceduto dalla propria competenza invadendo la competenza esclusiva
dello Stato in materia di tutela di ambiente di cui all'art. 117,
comma 2, lett. s), della Costituzione.
2) L'art. 40 secondo comma stabilisce che «Il servizio idrico
integrato in quanto di interesse generale riconducibile a diritti
fondamentali della persona non rientra tra i servizi pubblici locali
a rilevanza economica».
La disposizione si pone in contrasto con l'art. 23-bis del D.L.
25 giugno 2008 n. 112 conv. con modifiche dalla legge 6 agosto 2008
n. 133, «Servizi pubblici di rilevanza economica», che disciplina
«l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di
la. vorire la piu' ampia diffusione dei principi di concorrenza, di
liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti
gli operatori economici interessati alla gestione dei servizi di
interesse generale in ambito locale, nonche' di garantire il diritto
di tutti gli utenti alla universalita' ed accessibilita' dei servizi
pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi
dell'art. 117 secondo comma, lett. e) e m) della Costituzione,
assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i
principi di sussidiarieta', proporzionalita' e leale cooperazione"
stabilendo altresi' in maniera espressa che «Le disposizioni
contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi
pubblici locali».
La piu' recente giurisprudenza della Corte, proprio esprimendosi
in tenia di Servizio Idrico Integrato (sent. 325 del 2010) ha
chiarito la nozione di servizio pubblico locale di rilevanza
economica.
Si legge, infatti, nella menzionata sentenza che «Dall'evidente
omologia posta da tale articolo tra «servizi pubblici locali di
rilevanza economica» e «servizi pubblici di interesse generale in
ambito locale» si desume, innanzitutto, che la nozione di «servizio
pubblico locale di rilevanza economica» rimanda a quella, piu' ampia,
di «servizio di interesse economico generale» (SIEG), impiegata
nell'ordinamento comunitario e gia' esaminata al punto 6. Del resto,
questa Corte, con la sentenza n. 272 del 2004 aveva gia' sottolineato
l'omologia esistente anche tra la nozione di «rilevanza economica»,
utilizzata nell'art. 113-bis TUEL (relativo ai servizi pubblici
locali «privi di rilevanza economica» e dichiarato costituzionalmente
illegittimo dalla stessa sentenza), e quella comunitaria di
«interesse economico generale», interpretata anche dalla Commissione
europea nel Libro verde sui servizi di interesse generale del 21
maggio 2003. In particolare, secondo le indicazioni fornite dalla
giurisprudenza comunitaria e dalla Commissione europea, per
«interesse economico generale» si intende un interesse che attiene a
prestazioni dirette a soddisfare i bisogni di una indifferenziata
generalita' di utenti e, al tempo stesso, si riferisce a prestazioni
da rendere nell'esercizio di un'attivita' economica, cioe' di una
«qualsiasi attivita' che consista nell'offrire beni o servizi su un
determinato mercato», anche potenziale (sentenza Corte di giustizia
UE, 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione e. Italia, e Libro
verde sui servizi di interesse generale del 21 maggio 2003, § 2.3,
punto 44) e, quindi, secondo un metodo economico, finalizzato a
raggiungere, entro un determinato lasso di tempo, quantomeno la
copertura dei costi».
La Corte dunque, in tal modo accoglie una nozione oggettiva di
interesse economico «riferita alla possibilita' di immettere una
specifica attivita' nel mercato corrispondente reale o potenziale».
Nel passare poi ad individuare il fondamento costituzionale della
legge statale che fissa il contenuto della suddetta nozione oggettiva
di «rilevanza economica», la Corte, ulteriormente, precisa che detta
nozione, al pari di quella omologa di «interesse economico» propria
del diritto comunitario, va utilizzata, nell'ambito della disciplina
del mercato dei servizi pubblici quale criterio discretivo per
l'applicazione delle norme concorrenziali e concorsuali comunitarie
in materia di affidamento della gestione di tali servizi (come, del
resto, esplicitamente affermato dal comma 1 dell'art. 23-bis).
Ne deriva che, proprio per tale suo ambito di utilizzazione, la
determinazione delle condizioni di rilevanza economica e' riservata
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di «tutela
della concorrenza», ai sensi del secondo comma, lettera e), dell'art.
117 Cost.
Poiche' l'ordinamento comunitario esclude che gli Stati membri,
ivi compresi gli enti infrastatuali, possano soggettivamente e a loro
discrezione decidere sulla sussistenza dell'interesse economico del
servizio, conseguentemente il legislatore statale si e' adeguato a
tale principio dell'ordinamento comunitario nel promuovere
l'applicazione delle regole concorrenziali e ha escluso che gli enti
infrastatuali possano soggettivamente e a loro discrezione decidere
sulla sussistenza della rilevanza economica del servizio (rilevanza
che, come piu' volte sottolineato, corrisponde per il diritto interno
all'interesse economico considerato dal diritto comunitario (sent.
325 del 2010 citata, par. 9.2.del considerato in diritto).
Discende, dunque, da quanto sopra esposto che, proprio per tale
suo ambito di utilizzazione, la determinazione delle condizioni di
rilevanza economica e' riservata alla competenza legislativa
esclusiva dello stato in tema di tutela della concorrenza ai sensi
dell'art. 117 secondo comma, lett. e) Cost. ed e' conseguentemente
preclusa al legislatore regionale.
2a) Di qui la censurabilita' sotto tale profilo dell'art. 40
della legge regionale n. 16 del 2010, che sottrae il servizio idrico
integrato dall'ambito dei servizi pubblici locali a rilevanza
economica in virtu' della affermata riconducibilita' ai diritti
fondamentali della persona.
Se, come visto in base alla giurisprudenza richiamata, spetta in
via esclusiva allo Stato il potere di indicare le condizioni per le
quali debba ritenersi sussistente la rilevanza economica ovvero la
decisione di attribuire al servizio locale una siffatta
qualificazione, la sottrazione del servizio idrico integrato
dall'ambito dei servizi pubblici locali a rilevanza economica operata
dalla disposizione regionale qui censurata comporta la violazione di
un ambito di competenza esclusiva statale e dunque, realizza la
dedotta violazione dell'art. 117 secondo comma lett. e).
Si soggiunge che la stessa la Regione Marche ha gia' sottoposto
alla Corte un identica questione a quella che si solleva con il
presente ricorso, assumendo che rientrasse nella competenza propria e
degli enti locali decidere se il servizio idrico integrato avesse o
meno rilevanza economica.
La Corte, tuttavia, nel ritenere la questione infondata, sempre
con la richiamata sent. n. 325 del 2010 ha ribadito i principi
suesposti ulteriormente precisando (par. 11.4. e ss del considerato
in diritto):
«Come pia diffiesamente esposto ai punti 6.1. e 9., lo spazio
interpretativo lasciato aperto dai suddetti articoli del Trattato e'
stato colmato dalla giurisprudenza comunitaria e dalla Commissione
europea, secondo le quali «l'interesse economico generale», in guanto
funzionale ad una disciplina comunitaria diretta a favorire l'assetto
concorrenziale dei mercati, e' riferito alla possibilita' di
immettere una specifica attivita' nel mercato corrispondente (reale o
potenziale) ed ha, pertanto, natura essenzialmente oggettiva. Ne
deriva che (secondo quanto meglio osservato al punto 9.2.)
l'ordinamento comunitario in considerazione della rilevata portata
oggettiva della nozione di «interesse economico», vieta che gli Stati
membri e gli enti infrastatuali possano soggettivamente e a loro
discrezione decidere circa la sussistenza di tale interesse.....
Con riferimento alla fatti.specie in esame, il legislatore
statale, in coerenza con la menzionata normativa comunitaria e
sull'incontestabile presupposto che il servizio idrico integrato si
inserisce in uno specifico e peculiare mercato (come riconosciuto da
questa Corte con la sentenza n. 246 del 2009), ha correttamente
qualificato tale servizio come di rilevanza economica,
conseguentemente escludendo ogni potere degli enti in frastatuali di
pervenire ad una diversa qualificazione».
Sempre al fine di chiarire la sfera di competenza in cui va a
collocarsi la disciplina che regola la materia dei servizi pubblici
locali a rilevanza economica si richiama la consolidata
giurisprudenza della Corte da cui discende, quale portato ormai
indiscutibile, che "la disciplina concernente le modalita'
dell'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica: a) non e' riferibile alla competenza legislativa
statale in tema di «determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» (art. 117,
secondo comma, lettera m, Cost.), perche' riguarda, appunto, i
servizi di rilevanza economica e non attiene, comunque, alla
determinazione di livelli essenziali (sentenza n. 272 del 2004); b)
non puo' essere ascritta neppure all'ambito delle «funzioni
fondamentali dei Comuni, delle Province e Citta' metropolitane» (art.
117, secondo comma, lettera p, Cost.), perche' «la gestione dei
predetti servizi non puo' certo considerarsi esplicazione di una
finzione propria ed indefettibile dell'ente locale» (sentenza a 272
del 2004) e, quindi, «non riguarda [...] profili funzionali degli
enti locali» (sentenza n. 307 del 2009, al punto 6.1.); c) va
ricondotta, invece, all'ambito della materia di competenza
legislativa esclusiva dello Stato, «tutela della concorrenza»,
prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., tenuto
conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della sua
diretta incidenza sul mercato (ex plurimis, sentenze n. 314, n. 307,
n. 304 e n. 160 del 2009; n. 326 del 2008; n. 401 del 2007; n. 80 e
n. 29 del 2006; n. 272 del 2004).
Di qui anche la ritenuta prevalenza sulle competenze legislative
regionali e, in particolare, su quella in materia di servizi pubblici
locali, proprio perche' l'oggetto e gli scopi che caratterizzano
detta disciplina attengono in via primaria alla tutela e alla
promozione della concorrenza (sentenze n. 142 del 2010, n. 246 e n.
148 del 2009, n. 411 e n. 322 del 2008).
2b) Oltre a porsi in violazione dell'art. 117, comma secondo,
lett. e). la disposizione regionale di cui all'art. 40 viola altresi'
il primo comma del medesimo parametro costituzionale, che vincola la
potesta' legislativa statale al rispetto degli obblighi
internazionali e dell'ordinamento comunitario.
Cio', in quanto, intervenendo sulla nozione di servizio pubblico
locale a rilevanza economica e riducendone il relativo ambito con
l'esclusione del servizio idrico integrato, la disposizione -
derogando all'art. 23-bis del D.L. 112 del 2008 -si pone in contrasto
altresi' con la disciplina comunitaria che la norma statale intende
attuare e che lo Stato italiano si e' obbligato ad osservare
attraverso l'adesione al Trattato UE., ovvero, piu' in particolare ,
con i fondamentali principi di concorrenza, di liberta' di
stabilimento, e di libera prestazione dei servizi propri della
disciplina comunitaria.
Se, invero, la rilevanza del servizio e' criterio discretivo
dell'applicazione delle regole di concorrenza comunitarie ai fini
dell'affidamento della gestione del servizio, incidere sull'ambito di
detta nozione significa incidere, altresi', sull'applicazione nel
nostro ordinamento dei principi comunitari che esprimono quelle
regole e che le rendono vincolanti per gli Stati membri.
D'altro canto, e nello specifico, la norma regionale si pone in
contrasto con la nozione e la condizione d'uso della nozione di
servizio di interesse economico generale (SIEG) - di contenuto
sostanzialmente omologo a quello di servizio pubblico locale di
rilevanza economica secondo i ricordati insegnamenti della Corte -
rinvenibile negli artt. 14 e 106 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione Europea ( TFUE), anche sotto tale profilo realizzando una
ulteriore violazione dei vincoli comunitari.
3) L'art. 42 comma settimo della legge regionale n. 16 del 2010
aggiunge il comma 1 bis all'art. 4 della L.R. n. 24 del 2009.
Il comma aggiunto alla L.R. n. 24 del 2009 che reca la Disciplina
regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei
siti inquinati, dispone che «I Comuni territorialmente competenti
curano le procedure relative all'affidamento del servizio di gestione
dei rifiuti di cui all'art. 5 comma 4, del d.lgs. 24 giugno 2003 n.
182 I Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti
portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui
del carico)».
In tal modo la disposizione impugnata, incide, derogandovi, sul
decreto legislativo n. 182 del 2003, normativa che, in attuazione
della direttiva comunitaria 2000/59/CE, si pone l'obiettivo di
ridurre gli scarichi in mare, in particolare quelli illeciti, dei
rifiuti e dei residui del carico prodotti dalle navi che utilizzano
porti situati nel territorio dello Stato, nonche' di migliorare la
disponibilita' e l'utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i
suddetti rifiuti e residui (art. 1).
Stabilisce altresi' l'art. 5 del predetto decreto legislativo n.
182/2003 che «Nel rispetto delle prescrizioni previste dall'allegato
I e tenuto conto degli obblighi di cui agli articoli 4, 6, 7. 10 e
14, comma 1, l'Autorita' portuale, previa consultazione delle parti
interessate e, in particolare, degli enti locali, dell'ufficio di
sanita' marittima e degli operatori dello scalo o dei loro
rappresentanti, entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto elabora un piano di raccolta dei rifiuti prodotti
dalle navi e dei residui del carico e ne da' immediata comunicazione
alla regione competente per territorio».
A norma del successivo comma quarto, inoltre, «Nei porti in cui
l'Autorita' competente e' l'Autorita' marittima, le prescrizioni di
cui al comma I sono adottate, d'intesa con la regione competente, con
ordinanza che costituisce piano di raccolta, ed integrate a cura
della regione, per gli aspetti relativi alla gestione, con il piano
regionale di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152. A tale fine, la regione cura
altresi' le procedure relative all'affidamento del servizio di
gestione dei rifiuti, d'intesa con I 'Autorita' marittima per i lini
di interesse di questsultima. Nei porti di cui al presente Gomma,
spetta alla regione provvedere alla predisposizione dello studio di
cui al comma 2 dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, nonche' alla
acquisizione di ogni altra valutazione di compatibilita' ambientale
inerente al piano di raccolta».
La disposizione regionale qui censurata, dunque, affidando ai
Comuni le procedure relative al servizio di gestione dei rifiuti
portuali si pone in contrasto con quanto previsto dall'art. 5 comma 4
del d.lgs. 24 giugno 2003 n. 182, la' dove il legislatore statale ha,
per contro, previsto non solo la competenza della Regione e non gia'
dei Comuni a curare le suddette procedure ma, altresi', che cio'
avvenga attraverso una previa intesa con l'Autorita' marittima per i
fini di interesse di quest'ultima.
La norma statale, pertanto, oltre a prevedere tale specifica
competenza in capo alla Regione, condiziona l'esercizio della stessa
alla predetta Intesa che si rende necessaria in considerazione delle
generali ed articolate competenze dell'Autorita' Marittima sia in
ambito portuale sia di quelle piu' peculiari e delicate in materia di
rifiuti.
Per gli stessi motivi dianzi esposti contrasta con le norme
statali in materia ambientale anche il successivo comma 9 del
medesimo art. 42 la' dove dispone che «Il comma 1 dell'art. 61 della
l.r. 17 maggio 1999 n. 10 (Riordino delle funzioni amministrative
della Regione e degli enti locali nei settori dello sviluppo
economico ed attivita' produttive , del territorio ambiente ed
organizzazione amministrativa) si interpreta nel senso che tra le
funzioni amministrative concernenti la manutenzione dei porti, ivi
previste, sono ricomprese le procedure relative all'affidamento del
servizio di gestione dei rifiuti di cui all'art. 5,comma 4, del
d.lgs. 24 giugno 2003 n. 182 (Attuazione della direttiva 200/59/CE
relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti
dalla navi ed i residui del carico).
Stabilisce testualmente l'art. 61 della L.R. n. 10 del 1999 che
«Sono attribuite ai comuni le funzioni amministrative concernenti la
progettazione e l'esecuzione degli interventi di costruzione, la
bonifica e la manutenzione dei porti di rilievo regionale ed
interregionale, nonche' delle opere a servizio dell'attivita'
portuale».
Interpretando tale norma regionale nel senso riportato, la
disposizione qui censurata ricomprende tra le funzioni dei Comuni
concernenti la manutenzione dei porti, anche la funzione di
provvedere alle procedure relative all'affidamento del servizio di
gestione dei rifiuti, in tal modo ponendosi in contrasto con l'art. 5
comma 4 del d.lgs. n. 182 del 2003 , che, come sopra considerato,
affida tale compito alla Regione d'intesa con l'Autorita' marittima
per i fini di quest'ultima..
Tanto nel caso del comma sette quanto del comma nove dell'art.
42, pertanto, la legge regionale impugnata, disciplinando una materia
rimessa alla competenza statale e disponendo in modo non conforme
alla legislazione statale in materia ambientale, presenta profili di
illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 117 Cost.
Comma 2 lett. s) che affida alla competenza esclusiva statale la
materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
La distribuzione delle competenze tra Regioni e Comuni in
relazione alla competenza a gestire gli affidamenti in una materia di
elevata sensibilita' ambientale - quale quella dei rifiuti prodotti
dalle navi in ambito portuale - attiene, infatti, al profilo della
tutela che evidentemente, il Legislatore statale ha inteso affidare,
per i profili disciplinati dalle norme sopra richiamate, all'ente
regionale, attraverso anche la compartecipazione dell'Autorita'
marittima, enti ritenuti maggiormente idonei a raggiungere le
finalita' della miglior tutela dell'ambiente e dell'ecosistema nelle
specifiche zone portuali.
Istanza di sospensione della L. R. n. 16 del 2010
Con i motivi suesposti si confida di avere dimostrato la
fondatezza del ricorso e, per l'effetto, l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni della legge regionale impugnate
secondo i parametri evidenziati.
Di particolare gravita', in particolare, si pone la violazione in
materia di concorrenza e dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario operata dall'art. 40, secondo comma, da parte della legge
della Regione Marche.
L'illegittimita' della disposizione appare di particolare
evidenza in relazione alla consolidata giurisprudenza della Corte in
materia di tutela della concorrenza ( Corte cost. sent. 325 del 2010
sopra richiamata).
Come sopra rappresentato, con l'emanazione dell'art. 40, secondo
comma. risultano altresi' violati i vincoli comunitari cui e'
sottoposta la legislazione regionale ai sensi dell'art. 117 primo
comma, Cost.. Detta violazione, in particolare, impegnando anche la
responsabilita' dello Stato italiano nei confronti dell'Unione
Europea e' tale da realizzare il "possibile pregiudizio per
l'interesse pubblico e l'ordinamento giuridico della Repubblica" di
cui all'art. 35 della L. n. 87 del 1953, come modificato dall'ad. 9,
comma 4 della L. n. 131 del 2003.
Per tali ragioni, contestualmente al suesteso ricorso si chiede
all'Ecc.Ma Corte di sospendere l'esecuzione, limitatamente all'art.
40, secondo comma, della legge n. 16 della regione Marche, ai sensi
dell'art. 35 della legge n. 87 del 1953.
P. Q. M.
Si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale in parte qua previa sospensione del'esecuzione quanto
all'art. 40 secondo comma - della legge della regione Marche n. 16
del 2010, per i motivi sopra illustrati.
Unitamente all'originale del ricorso notificato si produrra'
copia autentica della delibera di impugnativa in data 22 dicembre
2010 ed allegata relazione del Ministro proponente.
Roma, addi' 17 gennaio 2011
L'Avvocato dello Stato: Palmieri
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