Ricorso n. 2 del 5 gennaio 2010 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 gennaio 2010, n. 2
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 gennaio 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 7 del 17-2-2010)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12, domicilia. Contro la Regione Calabria in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 40 del 5 novembre 2009, pubblicata sul BUR n. 20 del 10 novembre 2009 recante «Attivita' estrattive nel territorio della regione Calabria». La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione del 17 dicembre 2009 (si depositeranno estratto del verbale e relazione del ministro proponente). La legge, che detta la disciplina regionale delle attivita' estrattive e' censurabile relativamente alla disposizione contenuta nell'articolo 2, comma 3, lettera c). Tale norma afferma che appartengono alla «categorie delle cave» anche i materiali e le sostanze «provenienti da riutilizzazioni dei materiali lapidei di demolizione o di risulta o di lavori edili stradali, in conformita' con quanto previsto dalle norme di tutela ambientale», escludendo detti materiali aprioristicamente e genericamente dal regime dei rifiuti e/o restringendo indebitamente il campo di applicazione della disciplina dei rifiuti. Cosi' facendo, la disposizione regionale contrasta la vigente normativa nazionale di settore ed in particolare con la definizione di «rifiuto», cosi' come stabilita, in ambito nazionale, dalla Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed, in ambito comunitario, dalla Direttiva 2006 dicembre CE (art. 117, primo comma Cost.). Si precisa che l'oggetto e la sfera di applicazione della Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006 e delle altre disposizioni specifiche, complementari, particolari e speciali e' individuato dalla definizione di «rifiuto» congiuntamente alla disposizione che prevede i limiti di applicazione della stessa. In tal senso, l'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152/2006 definisce rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie di cui all'allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi». Mentre l'art. 185 del decreto legislativo n. 152/2006, rubricato «Limiti al campo di applicazione», precisa le categorie di rifiuti esclusi da campo di applicazione della Parte IV e le relative condizioni di esclusione. Tale ultima norma non comprende i materiali in questione ed avendo essa natura eccezionale non puo' essere applicata oltre i casi considerati. Secondo tali definizioni, risulta evidente che i suddetti materiali rientrano nella definizione di rifiuto (Codice CER 17). Ne' puo' considerarsi sufficiente a sottrarre detti materiali dalla disciplina in materia di rifiuti la «riutilizzazione» degli stessi. Si ricorda che la Corte di Giustizia europea - in merito all'applicazione della definizione di rifiuto recata dell'art. 1, paragrafo 1, lettera a) della Direttiva 12/2006/CE - ha piu' volte ribadito che la sfera di applicazione della vigente Direttiva 12/2006/CE in materia di rifiuti e' determinata congiuntamente dalla definizione di rifiuto e dall'art. 2, paragrafo 1, della stessa direttiva, che indica quali tipi di rifiuti sono o possono essere esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva. Inoltre la Corte ha precisato che la sfera di applicazione non puo' essere limitata dalle norme nazionali mediante disposizioni che traviserebbero necessariamente l'ambito di applicazione della direttiva stessa e che «sono le circostanze specifiche a fare di un materiale un rifiuto o meno e che pertanto le autorita' competenti devono decidere caso per caso». Quanto sopra affermato e' stato anche ribadito dalla Commissione europea nella «Comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti» (Bruxelles, 21 febbraio 2007 COM(2007) 59) destinata al Parlamento ed al Consiglio europeo. Nella citata comunicazione la Commissione ha infatti chiarito che non esiste «una distinzione netta tra i materiali e rifiuti» e che «per applicare la normativa sui rifiuti occorre tracciare caso per caso, una linea chiara tra le due situazioni giuridiche stabilendo se il materiale di cui si tratta costituisce rifiuto o meno». Per le ragioni sopra esposte si ritiene che far rientrare nella «categoria delle cave» i materiali «lapidei di demolizioni o di risulta o di lavori edili stradali», cosi' come prospettato dalla legge regionale in esame, significa escluderli automaticamente dalla categoria dei rifiuti in maniera non coerente con la normativa nazionale e comunitaria sui rifiuti. Tale articolo, pertanto, viola il vincolo del rispetto comunitario - derivante dall'art. 117, primo comma, della Costituzione - rappresentato nella materia dei rifiuti dalla Direttiva 2006/12/CE e dai principi generali stabiliti dalla Corte di giustizia europea in ordine alla definizione di «rifiuto». Infine, l'interpretazione restrittiva della definizione di rifiuto, oltre a contrastare con il principio di precauzione, favorisce il rischio di una gestione incontrollata dei rifiuti con gravi conseguenze per la salute e per l'ambiente. Soltanto a seguito di un esame caso per caso e qualora sussistano le condizioni ed i requisiti stabiliti dall'art. 183, comma 1, lettera p) del decreto legislativo n. 152/2006, tali materiali potrebbero essere tuttalpiu' essere considerati sottoprodotti. Diversamente, i materiali e le sostanze in questione dovranno essere qualificati rifiuti ed assoggettati al regime giuridico dei rifiuti, cosa, questa, che non esclude la possibilita' che gli stessi siano utilizzati in attivita' di recupero autorizzate, come, ad esempio, quelle previste dal DM 5 febbraio 1998 - Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi. Conclusivamente, la norma regionale in oggetto, dettando disposizioni difformi dalla normativa nazionale di riferimento afferente alla materia della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, presenta un evidente profilo di illegittimita' costituzionale.
P. Q. M. La legge viene impugnata di fronte alla Corte costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e si confida che nelle more del giudizio la Regione Calabria voglia far cessare le ragioni del contendere. Roma, addi' 23 dicembre 2009 L'Avvocato dello Stato: Giuseppe Fiengo