RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 Gennaio 2005 - 7 Gennaio 2005 , n. 2

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 gennaio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)

(GU n. 6 del 9-2-2005)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nei confronti della Regione Marche, in persona del suo presidente
della giunta, avverso l'art. 3 (eccettuato il comma 4) della legge
regionale 29 ottobre 2004 n. 23, intitolata «norme sulla sanatoria
degli abusi edilizi», pubblicata nel Boll. Uff. del 4 novembre 2004.
La determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata
approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 23 dicembre
2004 (si depositera' estratto del relativo verbale).
L'art. 1 della legge in esame giustamente riconosce che l'art. 32
del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24 novembre
2003 n. 326, determina principi fondamentali ai quali le regioni
devono conformarsi. Ed invero la sentenza 28 giugno 2004 n. 196 di
codesta Corte ha riconosciuto «al legislatore regionale un ruolo
rilevante .... di articolazione e specificazione delle disposizioni
dettate dal legislatore statale in tema di condono, sul versante
amministrativo», ed ha affermato che «l'adozione della legislazione
(di articolazione e specificazione) da parte delle regioni appare non
solo opportuna ma doverosa e da esercitare entro il termine
determinato dal legislatore nazionale».
L'art. 3, comma 1, in esame, senza distinguere tra nuove
costruzioni ed ampliamenti (o ristrutturazioni) e tra permanere o
mutare delle destinazioni d'uso, stabilisce due limiti quantitativi:
200 metri cubi per ogni singola unita' immobiliare per i fabbricati a
destinazione residenziale, 150 metri quadri (alias, mediamente 600
metri cubi) per i fabbricati a destinazione non residenziale.
Peraltro, detto comma 1 e' parzialmente - per gli ampliamenti di
fabbricati a destinazione non residenziale - integrato dal successivo
comma 2. Inoltre, per i centri storici sono dal comma 3 stabiliti
altri limiti quantitativi, con ammissione a sanatoria di volumetrie
pari grossomodo ad un terzo di quelle di cui al comma 1.
Cosi' disponendo la legge marchigiana si e' molto discostata dai
principi determinati dallo Stato, contraddicendo quanto enunciato nel
citato art. 1 della medesima legge regionale; per di piu' essa si e'
discostata dai principi anzidetti non soltanto nel senso di una
riduzione delle volumetrie massime sanabili. Infatti, ad esempio, per
effetto dell'abolizione del limite del 30 per cento della volumetria
prevista dall'art. 32, comma 25, del citato d.l. 30 settembre 2003
n. 269, un piccolo fabbricato (ad esempio, una officina di
elettrauto) di 220 metri cubi abusivamente ampliato di aggiuntivi
1000 metri cubi puo' essere sanato, ossia puo' esserlo per molto piu'
del 30 per cento ammesso, come limite massimo, dalla legislazione
statale.
Per contro, la legge marchigiana in pratica esclude dalla
sanatoria straordinaria quasi tutte le «nuove costruzioni
residenziali». Infatti, la volumetria massima di 200 metri cubi
(alias circa 60 metri quadri di superfice utile lorda) e' talmente
modesta da di fatto non consentire il condono edilizio dalle nuove
costruzioni di normali dimensioni.
Oltre a non rispettare i principi posti dalla legislazione
statale, l'art. 3 in esame stranamente alterna misure di volumetria a
misure di superfice (e di superfice utile, non e' precisato se lorda
o netta), ed appare nel complesso poco razionale; cio' anche per aver
soppresso la essenziale distinzione tra nuove costruzioni e
ampliamenti, e fatto ricorso soltanto a limiti massimi espressi in
cifre assolute.
L'art. 3 in esame contrasta con gli artt. 117 e 119 della
Costituzione, e - come si dira' nel prosieguo - per separati e,
potrebbe dirsi, contrari motivi.
Come dianzi osservato, la regione ha riconosciuto di essere
tenuta ad attenersi ai principi posti dalla legislazione statale,
poiche' la disciplina amministrativa del condono edilizio (non anche
la repressione penale degli abusi piu' gravi) rientra nella materia
di competenza concorrente «governo del territorio» (art. 117, comma
terzo della Costituzione). In questo quadro, la regione puo'
specificare i limiti (quantitativi e non) della sanabilita', e
persino «limare» entro margini di ragionevole tollerabilita' (come
qualche altra regione ha fatto) le volumetrie massime previste del
legislatore statale; non puo' invece negare in toto o in misura
prevalente (rispetto al quantum di volumetria ammesso dalla legge
statale) la sanabilita' delle nuove costruzioni o degli ampliamenti.
Le disposizioni in esame comprimono oltre il tollerabile ed il
consentito la sanabilita' delle «nuove costruzioni residenziali» ed
anche degli ampliamenti dei fabbricati a destinazione residenziale.
Come osservato, esse rendono praticamente impossibile la sanatoria
straordinaria delle «nuove costruzioni residenziali» di non minuscola
dimensione, riducendo da 750 metri cubi a 200 metri cubi (e, nei
centri storici, a 75 metri cubi) la volumetria massima sanabile «per
ogni singola unita' immobiliare». Per contro, e' soppresso il limite
dei 3000 metri cubi. Analogo discorso deve farsi per degli
ampliamenti, essi pure sanabili solo se l'aumento della volumetria e'
non superiore a 200 metri cubi (e nei centri storici a 75 metri cubi)
anziche' a 750 metri cubi.
Per gli ampliamenti dei fabbricati a destinazione non
residenziale l'art. 3 e' meno restrittivo, se si considera anche la
probabile cumulabilita' (cfr. lo «inoltre» nel comma 2) della
maggiore volumetria corrispondente ai 150 metri quadri (comma 1) e
della maggiore superfice utile «senza aumento di volume» (comma 2).
Il comma 1 parrebbe consentire anche la sanatoria straordinaria di
nuove costruzioni non residenziali fino a 150 metri quadrati.
L'art. 3 in esame contrasta inoltre con gli artt. 117, secondo
comma e 119 Cost. L'art. 117, secondo comma lettere A ed E
attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di rapporti
con l'Unione europea (e relativi stringenti «vincoli») e di «moneta»
(oggi moneta unica difesa dai noti parametri di Maastrich) nonche' in
materia di «sistema tributario e contabile dello Stato». D'altro
canto, l'art. 117, terzo comma e l'art. 119, secondo comma
attribuiscono allo Stato il compito - particolarmente arduo - di
coordinare la «finanza pubblica» (al singolare). Notoriamente, piu'
leggi del Parlamento fanno affidamento sul gettito del condono
edilizio per la copertura (art. 81 Cost.) di spese pubbliche e di
minori entrate; comprimere in misura oggettivamente eccessiva le
possibilita' di accedere alla sanatoria straordinaria riduce
sensibilmente quel gettito, lede le potesta' statali di governo della
finanza pubblica, e potrebbe persino essere considerato indebita
turbativa dell'equilibrio finanziario del Paese nel suo insieme. Del
resto, la regione non assume a proprio carico l'onere conseguente
alla riduzione del predetto gettito, non sposta cioe' prelievo da
coloro che hanno commesso gli abusi edilizi alla generalita' dei
cittadini che in essa risiedono.
Parimenti grave appare la lesione del principio di eguaglianza
(art. 3, primo comma, Costituzione) delle persone rispetto alla legge
e della competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost. (ordinamento civile e penale). Indubbiamente i giudici comuni
devono applicare anche le leggi regionali; conseguentemente
l'eccessiva restrizione, ad opera del legislatore marchigiano,
dell'ambito di applicazione del legislatore statale in tema di
condono edilizio obbliga i giudici comuni a rendere, a carico dei
proprietari ed autori di illeciti (e di eventuali controinteressati e
parti offese), pronunce quanto meno asistematiche.
Quest'ultima considerazione conduce a trattare del diverso e, per
cosi' dire, contrario motivo di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni in esame. Come si e' detto, queste ammettono alla
sanatoria opere abusive non ammesse ad essa dalla legislazione
statale, per effetto della soppressione dei citati limiti del 30 per
cento e dei 3000 metri cubi, ed anche non differenziando le nuove
costruzioni non residenziali. Per quanto estendono l'ambito della
sanabilita', dette disposizioni invadono palesemente la competenza
esclusiva del Parlamento nazionale in materia di «ordinamento civile
e penale» (art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione):
nei giudizi civili e penali i proprietari (imputati o convenuti)
beneficiari di sanatoria solo «regionale» chiederebbero pronunce non
consentite dalla legislazione statale (con prevedibili questioni di
legittimita' costituzionale sollevate in via incidentale).
La demolizione delle disposizioni considerate non produce lacune,
posto che essa consente il riespandersi della normativa statale. Si
confida peraltro in un nuovo sollecito intervento legislativo della
regione intervento che - se effettivamente idoneo a superare la
controversia - potrebbe non essere reputato tardivo.



P. Q. M.
Si chiede, pertanto, che sia dichiarata la illegittimita'
costituzionale delle disposizioni legislative sottoposte a giudizio,
con ogni consequenziale pronuncia e con invito alla regione a non
procedere alla attuazione delle disposizioni stesse in pendenza del
giudizio.
Roma, addi' 28 dicembre 2004
Vice avvocato generale: Franco Favara

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