N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 febbraio 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 16 febbraio 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 9 del 3-3-2004)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato;

Nei confronti della Regione Toscana, in persona del suo
presidente della giunta, avverso la legge regionale 4 dicembre 2003,
n. 55, intitolato «Accertamento di conformita' delle opere edilizie
eseguite in assenza di titoli abilitativi, in totale o parziale
difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio della Regione
Toscana», pubblicata nel Boll. uff. n. 44 del 10 dicembre 2003.
La determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata
approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 23 gennaio
2004 (si depositera' estratto del relativo verbale).
La Regione Toscana ha proposto una prima controversia di
legittimita' costituzionale nei riguardi (anche) dei commi da 25 a 40
dell'art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 ed una seconda
similare controversia nei riguardi (anche) dei commi da 25 a 43 del
medesimo art. 32, come risultato dalla conversione nella legge 24
novembre 2003, n. 326. Con la legge ora in esame la Regione ha
disposto nell'art. 1, comma 2 che «i commi da 25 a 38 e da 40 a 45
dello stesso art. 32 non si applicano nel territorio della Regione
Toscana, ad eccezione delle disposizioni di detti commi concernenti
l'oblazione penale». Il comma 1 del citato art. 1 costituisce una
sorta di premessa alla teste' riportata statuizione, che pero'
rafforza mediante l'avverbio «esclusivamente».
La legge in esame si basa sul «gia' avvenuto adeguamento della
disciplina regionale» ai principi posti del testo unico approvato con
d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e quindi su una lettura per cosi' dire
«condizionante» del comma 2 del menzionato art. 32. Una siffatta
lettura di questo comma 2 non e' pero' condivisibile; detto comma
(premesso all'intero art. 32 e non soltanto ai commi di esso
menzionati dalla legge toscana) fa riferimento al contesto generale e
d'insieme entro il quale i commi successivi dello stesso art. 32
vanno a collocarsi, e si limita a rammentare l'esigenza di un
rinnovato «adeguamento» di tutte le leggi regionali in essere.
Comunque, la normativa introdotta dai commi dell'art. 32 citato
che l'art. 1, comma 2 della legge toscana in esame intende rendere
non applicabili va molto oltre le previsioni in tema di «rilascio
della concessione (ancora e' usata la previgente denominazione) e
dell'attestazione di conformita' in sanatoria» contenute nelle leggi
toscane menzionate nel comma 1 dello stesso art. 1. Non puo' certo
contestarsi che gli anzidetti commi dell'art. 32 introducono
innovativamente un principio generale non presente nella anteriore
legislazione toscana. La controversia concerne dunque non gia' se
tale anteriore legislazione fosse o meno sufficiente, ma se allo
Stato era consentito porre le regole che si vorrebbero rendere non
applicabili ed i principi che si vorrebbero lasciare inosservati.
Quanto osservato rende palese come le parole «ad eccezione delle
disposizioni di detti commi concernenti l'oblazione penale» (in
chiusura del citato comma 2) siano destinate a rimanere prive di
concreta effettivita' qualora il «non si applicano» che le precede
superasse il vaglio di legittimita' costituzionale per non essersi
ravvisata lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato
in materia di «ordinamento penale» (art. 117, comma secondo, lettera
L Cost.). Competenza legislativa esclusiva che il legislatore statale
ha utilizzato nel produrre quelle norme sull'oblazione che
costituiscono il fulcro delle disposizioni che si vorrebbero non
applicabili, e che il legislatore toscano solo apparentemente
salvaguarda.
Posto che la materia «ordinamento penale» e' di esclusiva
competenza statale, la sottrazione dal territorio nazionale del
territorio di una o piu' regioni introduce disuguaglianze (art. 3
Cost.) non legittimate dal riconoscimento in Costituzione delle
autonomie regionali. Queste non possono condurre a discipline
diversificate nell'ambito delle materie riservate allo Stato. Non
pare che fatti identici (ad esempio, edificazioni in assenza di
permesso di costruire) siano repressi penalmente in una Regione, e
non repressi perche' sanati «per condono» in altre regioni.
In questo quadro, la legge regionale in esame appare, oltre che
irriguardosa dell'art. 117, comma secondo, lettera L Cost. e lesiva
dell'art. 3 Cost., anche contrastante con l'art. 117, comma terzo,
Cost., con gli artt. 81 e 119 Cost., e persino con gli artt. 51, 127
comma secondo e 134 Cost.
Considerato che gli introiti attesi dalle oblazioni sono stati
inseriti nella finanziaria 2004 dello Stato (legge 24 dicembre 2003,
n. 350), impedire l'applicazione nel territorio di una regione dei
commi menzionati nel comma 2 dell'art. 1 in esame concreta una
ingerenza nella formazione del bilancio annuale dello Stato e quindi
una lesione di quella «autonomia finanziaria» che anche, ed
anzitutto, allo Stato deve essere garantita, una compressione della
competenza legislativa per il «coordinamento della finanza pubblica e
dei sistemi tributari», una sottrazione di risorse destinate alla
copertura (art. 81 Cost.) di spese pubbliche approvate dal
Parlamento, e - da ultimo - una rottura del vincolo dato dal patto di
stabilita' concordato a livello da Unione europea.
L'art. 119 Cost. e' anche qui evocato perche' essenziale dovere
costituzionale dello Stato e' assicurare a se stesso ed agli enti «a
finanza derivata» le risorse occorrenti: tale dovere e' talmente
prioritario e fondamentale da aver reso superflua l'esplicita
indicazione in Costituzione dei modi e dei mezzi consentiti per farvi
fronte; significativa e' l'assenza nell'art. 119 Cost. di una
esplicita garanzia di risorse proprie anche per lo Stato.
La Regione la quale ostacoli mediante propria legge una manovra
di finanza pubblica statale dovrebbe farsi carico di assicurare
altrimenti l'invarianza del «livello massimo del saldo netto da
finanziare» (art. 1, comma 1 della legge finanziaria citata), ad
esempio rinunciando ad apporti di finanza derivata dallo Stato.
D'altro canto, la legge in esame contrasta con l'art. 117, comma
terzo Cost. che riconosce allo Stato la competenza alla
«determinazione dei principi» (si noti «determinazione», e non
ottativa indicazione) in materia di «governo del territorio». Codesta
Corte ha insegnato che spetta tuttora allo Stato - anche per le
evidenti e plurime connessioni con la materia «ordinamento civile»
(art. 117, comma secondo, lettera L Cost.) - produrre la disciplina
normativa in tema di titoli abilitativi edilizi. In questo ambito
deve collocarsi pure la previsione di titoli abilitativi non
ordinari, quali quelli per sanatoria non «a regime», specie se tale
previsione si salda con (ed e' integrata da) la prefigurazione di
programmi di riqualificazione urbanistico-edilizia.
Da ultimo, occorre rilevare - e trattasi di argomento assorbente
- che ai legislatori regionali non puo' essere consentito di produrre
norme meramente demolitorie e «di reazione», le quali statuiscano la
non applicazione nel territorio regionale di disposizioni poc'anzi
prodotte dallo Stato. Iniziative siffatte possono pregiudicare
l'unita' della Repubblica (art. 5 Cost.) e comunque concretano una
sorta di anomala «autodichia». L'ordinamento costituzionale (ora
art. 127, comma secondo Cost.) riconosce ad ogni Regione la facolta'
di sottoporre a codesta Corte le disposizioni statali che reputa
affette da illegittimita' costituzionale, e cosi' esclude che il
potere legislativo regionale possa - grazie alla agevolmente
realizzabile rapidita' della produzione legislativa ad opera dei
Consigli regionali ed alla soppressione dell'istituto del rinvio
governativo, e facendo leva sulla successione della leggi nel tempo -
essere utilizzato per contrastare l'applicazione di dette
disposizioni statali (non rileva se in assenza o in pendenza del
ricorso della Regione).
Quest'ultima considerazione appare di particolare importanza per
il sereno ed equilibrato esplicarsi dei poteri legislativi dello
Stato e delle autonomie. Si confida in un insegnamento di codesta
Corte, il quale tenga conto anche dell'esigenza di salvaguardare
appieno l'autorita' del Parlamento nazionale.


P. Q. M.
Si chiede che sia dichiarata la illegittimita' costituzionale
della legge sottoposta a giudizio, con ogni conseguenziale pronuncia.
Roma, addi' 30 gennaio 2004
Vice avvocato generale: Franco Favara

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