Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 febbraio 2019 (della Regione Lazio).

(GU n. 9 del 2019-02-27)

Ricorso ex art. 127 Cost. con istanza di sospensione ex art. 35, legge n. 87/1953 per la Regione Lazio (80143490581), con sede in Roma, via Cristoforo Colombo, 212, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., Nicola Zingaretti, rappresentata e difesa nel presente giudizio, giusta procura in calce e in virtu' della deliberazione della Giunta regionale n. 42 del 31 gennaio 2019, dall'avvocato Rodolfo Murra dell'Avvocatura regionale (MRRRLF61D22H501P; Pec: rodolfo.murra@regione.lazio.legalmail.it n. fax: 0651686900) e dal prof. avv. Francesco Saverio Marini del foro di Roma (MRNFNC73D28H501U; Pec: francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org n. fax: 06.36001570), anche in forma disgiunta fra loro, elettivamente domiciliata presso lo studio del prof. avv. Francesco Saverio Marini in Roma (00197), via di Villa Sacchetti, 9; ricorrente.

Contro

Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri p.t., con sede in Roma (00187), Palazzo Chigi, piazza Colonna 370, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma (00186), via dei Portoghesi, 12, e' domiciliata ex lege; resistente.

Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale - previa concessione di misure cautelari ex art. 35, legge n. 87/1953 - dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 28 ottobre 2018, n. 119, come convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria.», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale n. 293 del 18 dicembre 2018.

Fatto

1. Con legge 17 dicembre 2018, n. 136, e' stato convertito in legge, con le modificazioni di cui all'allegato, il decreto-legge 28 ottobre 2018, n. 119, recante «disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria».

2. In sede di conversione e' stato inserito l'art. 25-septies, recante «Disposizioni in materia di commissariamenti delle regioni in piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario), che cosi' dispone:

«1. All'art. 1, comma 395, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo periodo e' soppresso;

b) al secondo periodo, le parole: "per le medesime regioni" sono sostituite dalle seguenti: "per le regioni commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222".

2. Al comma 569 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell'alinea, al primo periodo, le parole: "e successive modificazioni," sono sostituite dalle seguenti: "ovvero ai sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222,";

b) nell'alinea, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dal seguente: "Il commissario ad acta deve possedere qualificate e comprovate professionalita' nonche' specifica esperienza di gestione sanitaria ovvero aver ricoperto incarichi di amministrazione o direzione di strutture, pubbliche o private, aventi attinenza con quella sanitaria ovvero di particolare complessita', anche sotto il profilo della prevenzione della corruzione e della tutela della legalita'.";

c) la lettera d) e' sostituita dalla seguente:

"d) il comma 84-bis e' abrogato".

3. Le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo del comma 569 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato dal comma 2 del presente articolo, si applicano anche agli incarichi commissariali in atto, a qualunque titolo, alla data di entrata in vigore del presente decreto. Conseguentemente il Consiglio dei ministri provvede entro novanta giorni, secondo la procedura di cui all'art. 2, comma 79, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, alla nomina di un commissario ad acta per ogni regione in cui si sia determinata l'incompatibilita' del commissario, il quale resta comunque in carica fino alla nomina del nuovo commissario ad acta.».

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del citato art. 25-septies, hanno dunque previsto l'incompatibilita' dell'incarico di Commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario delle Regioni, a qualunque titolo nominato, rispetto all'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento. Sono stati inoltre stabiliti requisiti specifici per la nomina a Commissario ad acta.

Il terzo comma dell'art. 25-septies prevede che tali disposizioni si applichino anche agli incarichi commissariali in corso, a qualunque titolo, alla data di entrata in vigore della legge; sicche' entro novanta giorni il Consiglio dei ministri e' chiamato a provvedere alla nomina di un nuovo Commissario ad acta per le Regioni in cui si sia determinata l'incompatibilita' del Commissario stesso.

4. Il piano di rientro della Regione Lazio e' stato approvato in data 28 febbraio 2007, con accordo tra il Ministero della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione, ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e s.m.i., e recepito con D.G.R. n. 149 del 2007.

La Regione e' commissariata sin dall'11 luglio 2008, quando, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, veniva nominato Commissario ad acta Presidente p.t. della Regione, Pietro Marrazzo.

5. Con deliberazione del Consiglio dei ministri in data 21 marzo 2013, dopo l'insediamento, il Presidente p.t. della Regione, Nicola Zingaretti, e' stato nominato Commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Lazio, secondo i Programmi Operativi di cui all'art. 2, comma 88 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 e s.m.i. In quella sede sono stati confermati i contenuti del mandato commissariale gia' affidato al Presidente p.t. della Regione Lazio con deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010, come riformulato con la successiva deliberazione del 20 gennaio 2012.

A seguito della rielezione come Presidente della Regione, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2018, il Presidente p.t. Nicola Zingaretti e' stato nominato Commissario ad acta per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro dai disavanzi regionali nel settore sanitario, e per il completamento del Programma Operativo 2016-2018 recepito con DPCA n. 50/2017.

6. A oggi, nonostante siano decorsi piu' di dieci anni dal commissariamento della Regione, e nonostante con deliberazione del 1° dicembre 2017 il Consiglio dei ministri avesse deliberato «di assegnare al Commissario ad acta, nell'esercizio delle funzioni comprese nel mandato commissariale, il compito di proseguire le azioni gia' intraprese al fine di procedere, ad esito della completa attuazione del Programma operativo 2016-2018, al rientro nella gestione ordinaria entro il 31 dicembre 2018», la Regione Lazio e' ancora commissariata, e, per effetto delle disposizioni oggetto del presente ricorso, vedra' ancora piu' compresse le proprie competenze legislative, regolamentari e amministrative, anche in spregio ai principi di ragionevolezza, leale collaborazione e sussidiarieta'.

7. Con il presente atto la Regione ricorrente chiede all'Ecc.ma Corte costituzionale adita di dichiarare l'incostituzionalita' - previa sospensione - dell'art. 25-septies, del decreto-legge n. 119 del 2018, come inserito dalla legge di conversione 17 dicembre 2018, n. 136, previa sospensione dell'efficacia del terzo comma della disposizione in esame, per i seguenti motivi in

Diritto

I. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge. n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione degli articoli 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2, 5 e 120, comma 2, della Costituzione. Violazione del principio di leale collaborazione.

1. Come accennato in narrativa, le disposizioni oggetto dell'odierno ricorso hanno stabilito l'incompatibilita' tra il ruolo di Commissario ad acta in materia sanitaria e qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione interessata, prevedendo l'applicazione di tale incompatibilita' anche agli incarichi commissariali in corso, con conseguente sostituzione, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della norma, dei Commissari incompatibili (nel caso della Regione Lazio, del Presidente p.t. in qualita' di commissario ad acta) e nomina di nuovi Commissari.

2. Prima di scendere nel merito della censura, vale la pena richiamare il contesto costituzionale in cui si collocano le disposizioni interessate, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte.

La disciplina dei piani di rientro dai deficit sanitari e' riconducibile a un duplice ambito di potesta' legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione: tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 163 del 2011 e n. 193 del 2007).

Quanto alla nomina di un Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione, l'art. 120, secondo comma, Cost., nel consentire l'esercizio del potere sostitutivo straordinario del Governo, e' teso ad assicurare contemporaneamente l'unita' economica della Repubblica e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute (cfr. sentenze n. 117 del 2018, n. 14 del 2017; n. 227 del 2015).

Quanto all'incidenza delle funzioni commissariali, e' stato osservato che esse «devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa - pena la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost.» (in termini sentenza n. 106 del 2017, cfr. anche sentt. n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014), come pure che l'incostituzionalita' della legge regionale per violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. «sussiste anche quando l'interferenza e' meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del Commissario incaricato di attuare il piano di rientro» (cfr. le gia' citate sentenze n. 117 del 2018, n. 190 del 2017, n. 110 del 2014).

In generale, e' stato affermato che «le funzioni amministrative del commissario (...) devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, sena che possa essere evocato il rischio di fare di esso l'unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale» (sentenze n. 278 del 2014, n. 78 del 2011), e che il ruolo della Regione «non puo' consistere in una sovrapposizione legislativa e amministrativa alle funzioni commissariali, ma deve limitarsi a compili di impulso e vigilanza per la garanzia dei LEA e a una trasparente e corretta trasposizione delle entrate e degli oneri finanziari per la sanita' nel bilancio regionale» (cosi, ancora, la sentenza n. 117 del 2018).

La ricostruzione che precede conferma come la disciplina in materia di commissariamenti per deficit sanitari afferisca, oltre che alla competenza esclusiva sui livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute, anche - e inscindibilrnente - alle materie di competenza concorrente della tutela della salute e del coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3, Cost.), e ricada - in ragione delle funzioni commissariali e della relativa incidenza su quelle regionali - sulle corrispondenti funzioni regolamentari e amministrative della Regione (art. 117, comma 6 e 118, commi 1 e 2, Cost.).

3. Tale inestricabile intreccio di competenze impediva dunque al legislatore statale di introdurre unilateralmente le disposizioni contestate, che invece avrebbero dovuto essere fatte oggetto di procedura concertativa forte, sotto forma di intesa con le Regioni.

Come noto, l'intervento statale, ove interferisca con materie costituzionalmente garantite alle Regioni, deve essere disciplinato con la previsione di attivita' concertative e di coordinamento dell'attivita' orizzontale, improntate al principio di lealta'. L'intesa, quale «paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto» rappresenta appunto lo strumento di realizzazione del principio di leale cooperazione, che si impone in tutti i casi in cui vi sia connessione, intersezione o reciproca incisione tra attribuzioni costituzionali spettanti a soggetti diversi.

Il principio vale tanto piu' nei casi in cui, come nella specie, spostando verso il centro competenze, funzioni e procedimenti ordinariamente attribuiti alla regione, si verifichi una diversa allocazione «verso l'alto» delle funzioni amministrative, circostanza che impone la previsione di «adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle finzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sentenza n. 7 del 2016, n. 303 del 2003).

Si precisa, peraltro, come questa Ecc.ma Corte abbia in ogni caso riconosciuto l'obbligo del legislatore statale di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione in senso «forte» anche nel caso in cui la disciplina, pur ascrivendosi prevalentemente a una materia di competenza legislativa esclusiva statale, coinvolga una pluralita' di interessi e competenze regionali. Quando si determina una «sovrapposizione di competenze» per cui la disciplina statale, pur prevalentemente riconducibile a un ambito di legislazione esclusiva, «tocca direttamente un interesse differenziato della Regione e che interferisce in misura rilevante sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima», il legislatore statale e' obbligato ad «attribuire adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, "le cui potenzialita' precettive si manifestano compiutamente negli ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di diversa matrice" (sentenza n. 33 del 2011). E l'applicazione di questo canone impone alla legge statale di predisporre adeguate modalita' di coinvolgimento delle Regioni a salvaguardia delle loro competenze» (sentenze nn. 230 del 2013 e n. 33 del 2011).

4. Come noto, del resto, nel settore sanitario tali principi hanno trovato espressione nei c.d. Patti per la Salute, intese di cui all'art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, che consistono in accordi finanziari e programmatici tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario nazionale, finalizzati a migliorare la qualita' dei servizi, a promuovere l'appropriatezza delle prestazioni e a garantire l'unitarieta' del sistema.

Come confermato piu' volte da questa Corte, il Patto per la Salute e' la sede naturale dove dare attuazione al principio di leale collaborazione tra Governo e Regioni nelle materie di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica. I patti per la Salute vengono recepiti in legge dello Stato, divenendo cosi vincolanti per le Regioni (cfr. sentenze nn. 40 e 100 del 2010), e rappresentano quindi una sostanziale modalita' di partecipazione delle Regioni al procedimento ascendente di formazione della normativa statale nelle materie de quibus.

Giova precisare che anche la normativa in materia di commissariamenti ad acta ha sempre formato oggetto di specifiche intese - Patti per la salute, poi recepiti in disposizioni di legge statale: ci si riferisce, in particolare, al Patto per la Salute 2010-2012 (art. 13), di cui all'Intesa tra Governo e Regioni del 3 dicembre 2009, poi recepita nella legge 23 dicembre 2009, n. 191, laddove era stata disciplinata la procedura a seguito della quale, in caso di inadempimento da parte delle regioni con disavanzi sanitari strutturali, il Consiglio dei ministri, in attuazione dell'art. 120 della Costituzione, «nomina il presidente della regione commissario ad acta per la predisposizione nei successivi trenta giorni del piano di rientro e per la sua attuazione per l'intera durata del piano stesso».

Anche lo specifico profilo inerente l'incompatibilita' tra incarico Commissariale e Presidente di Regione e' stata finora oggetto di concertazione tra Stato e Regioni: concertazione in cui, e' bene precisarlo, il profilo dell'eventuale incompatibilita' tra Presidente di Regione e commissario ad acta e' stato risolto nel senso di dover riguardare solo i commissariamenti futuri, rispondendo tale previsione alla ratio di evitare che potesse essere nominato Commissario il Presidente di Regione sotto il cui governo si fossero determinati i deficit sanitari strutturali e l'esigenza di rientro.

In particolare, l'iniziale previsione di incompatibilita' di cui all'art. 1, commi 569 e 570, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e la successiva previsione per cui l'incompatibilita' ex lege non potesse riguardare gli incarichi commissariali in corso, di cui all'art. 1, commi 395 e 395 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, costituiscono interventi normativi volti a recepire quanto previamente concordato nel Patto per la Salute 2014-2014 (art. 12), di cui all'Intesa del 10 luglio 2014, e al documento approvato all'unanimita' dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in data 14 ottobre 2016.

Nel caso di specie, come si vede, il legislatore ha invece totalmente obliterato il meccanismo dell'intesa, o comunque qualsiasi altro procedimento partecipativo con le Regioni, in palese violazione dei principi di leale collaborazione.

5. La lesione appare tanto piu' evidente in considerazione del fatto che, in sede di Accordo tra Governo e Regioni sulla manovra 2019 in tema di Sanita', sia stata prevista la sottoscrizione del Patto per la Salute 2019/2021 entro il prossimo 31 marzo 2019. Anche in ragione di cio', in data 13 dicembre 2018 la Conferenza delle Regioni ha adottato all'unanimita' il documento «Problematiche relative ai piani di rientro dal disavanzo sanitario e ai commissariamenti ad acta nel nuovo Patto per la salute», evidenziando la necessita' di discutere ogni modifica nominativa inerente le Regioni in piano di rientro e i commissariamenti ad acta in materia sanitaria, ivi compresa quella inerente eventuali incompatibilita', appunto all'interno del Patto per la Salute di prossimo sottoscrizione.

Il Governo ha invece inteso agire unilateralmente, in difformita' rispetto a quanto richiesto per la modifica del Patto per la salute, e in senso chiaramente contrario anche alle Intese raggiunte nei precedenti Patti per la salute, laddove profilo dell'incompatibilita' era emerso soltanto con riferimento ai Commissariamenti futuri, al fine di evitare di far coincidere la figura commissariale con quella del Presidente di Regione sotto il cui governo si fossero verificate le condizioni di disavanzo sanitario strutturale.

Pertanto le disposizioni in esame, adottate in assenza di intesa o procedura concertativa con le Regioni, appaiono gravemente elusive del principio di leale collaborazione, nonche' a cascata, delle competenze legislative concorrenti in materia di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica, come pure - in ragione dei poteri attribuiti al Commissario, come precisati dalla giurisprudenza costituzionale sopra richiamata - delle correlative competenze regolamentari e amministrative della Regione e degli enti locali.

II. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione degli articoli 3, 97, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2, e 120, comma 2, della Costituzione, anche in relazione all'art. 8, della legge n. 131 del 2003.

1. Sotto un ulteriore profilo, le disposizioni contestate violano i principi costituzionali sull'esercizio dei poteri sostitutivi statali, di cui all'art. 120, comma 2, della Costituzione, e dell'art. 8, della legge n. 131 del 2003.

Nel disciplinare l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato, le norme contestate non prevedono infatti meccanismi che garantiscano, in fase di attuazione, una procedura rispettosa dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione.

2. Si precisa e ribadisce che la denunciata violazione ridonda direttamente sulle competenze legislative regionali cui afferisce la disciplina dei piani di rientro e dei commissariamenti in materia sanitaria, e in particolare sulle competenze concorrenti «tutela della salute» e «coordinamento della finanza pubblica», come pure sulle corrispondenti funzioni regolamentari ex art. 117, comma 6, Cost., e sullo svolgimento delle funzioni amministrative ex art. 118, commi 1 e 2, della Costituzione (in ragione delle attribuzioni del Commissario ad acta, e della relativa impermeabilita' rispetto a regolamentazioni regionali - pure di livello legislativo - anche solo potenzialmente incidenti nei settori oggetto del mandato al medesimo conferito).

3. Tanto premesso, come noto l'art. 120, comma 2, della Costituzione, richiede che i poteri sostitutivi del Governo siano esercitati nel rispetto dei principi di leale collaborazione e sussidiarieta'. La disposizione costituzionale e' stata declinata dall'art. 8 dell'attuativa legge n. 131 del 2003, nel senso che l'esercizio dei poteri sostitutivi debba avvenire solo una volta «sentito l'organo interessato», e che «alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento».

Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, sebbene il modello procedurale indicato nell'art. 8 della legge n. 131 del 2003 non esaurisca le possibilita' di esercizio di poteri sostitutivi e lasci impregiudicata la possibilita' che il legislatore, con normativa di settore, disciplini altri tipi di intervento sostitutivo (sentenze n. 250 e n. 249 del 2009 e n. 43 del 2004), nondimeno il legislatore statale e' tenuto a rispettare i principi desumibili dall'art. 120 Cost., al quale l'art. 8 della legge n. 131 del 2003 ha inteso dare attuazione, pur rimanendo libero di articolarli in forme diverse (sentenze n. 44 del 2014, n. 209 del 2009). In particolare, per quanto qui rileva, in conformita' ad una costante giurisprudenza di questa Corte, i poteri sostitutivi «devono rispettare il principio di leale collaborazione all'interno di un procedimento nel quale l'ente sostituito possa far valere le proprie ragioni» e conformarsi al principio di sussidiarieta' (ex plurimis, sentenze n. 159 del 2007, n. 227, n. 173, n. 172 e n. 43 del 2004).

4. Nella specie, il potere sostitutivo disciplinato dall'art. 25-septies, del decreto-legge n. 119/2018, come convertito, non e' idoneo a soddisfare appieno il principio di leale collaborazione espressamente richiamato dall'art. 120, secondo comma, Cost.

La censura concerne specificamente il procedimento di sostituzione dei Commissari incompatibili alla data di entrata in vigore della norma, stabilito dal comma 3 dell'art. 25-septies.

Quest'ultimo si limita a prevedere che «il Consiglio dei ministri provvede entro novanta giorni, secondo la procedura di cui all'art. 2, comma 79, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, alla nomina di un commissario ad acta per ogni regione in cui si sia determinata l'incompatibilita' del commissario.». Il richiamato art. 2, comma 79, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, oltre a riferirsi ai poteri sostitutivi del Governo in caso di omessa redazione del Piano di rientro (quindi a una fattispecie non sovrapponibile con quella in esame), si limita comunque a prevedere la nomina del Commissario da parte del Governo, senza alcun coinvolgimento della Regione interessata.

Per effetto di tale rinvio, e della mancata autonoma individuazione di un procedimento che - se anche diverso da quello declinato dall'art. 8, legge n. 131 del 2003 - rispetti il requisito minimo della specifica e individuale partecipazione della Regione direttamente interessata dall'esercizio del potere sostitutivo, la disposizione censurata non rispetta, quindi, i principi e i vincoli di cui all'art. 120, comma 2, Cost.

5. La violazione ridonda anche in irragionevolezza, in violazione dell'art. 3 Cost., perche' il coinvolgimento della Regione nel procedimento sostitutivo, in base a un criterio di prossimita' e responsabilita', consentirebbe di individuare meglio i deficit strutturali e funzionali e quindi di selezionare, anche in ossequio dei nuovi requisiti di qualificazione previsti per la figura commissariale, il soggetto meglio indicato a ricoprire la funzione.

Cio' vale a maggior ragione nel caso di sostituzione dei Commissari attualmente in carica, dal momento che il relativo coinvolgimento consentirebbe di apportare nel procedimento l'esperienza maturata, i progressi raggiunti, gli obiettivi da perseguire, le criticita' e le relative cause, e quindi di individuare il soggetto potenzialmente piu' idoneo a succedere al Presidente di Regione nel ruolo di commissario ad acta.

Sotto un ulteriore profilo, l'irragionevolezza rileva anche con riferimento allo specifico obiettivo che la disciplina dei commissariamenti si prefigge, che e' quello di consentire la fuoriuscita della Regione interessata dallo stato di deficit sanitario strutturale. Ne consegue - e in disparte quanto si dira' infra rispetto all'irragionevolezza della clausola di incompatibilita' con ruoli istituzionali nella Regione - che una disciplina coerente con la ratio intrinseca della norma avrebbe richiesto - quanto meno - il coinvolgimento nel procedimento sostitutivo della Regione rispetto alla quale si pone l'obiettivo di rientro in situazione ordinaria.

III. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione degli articoli 3, 97, 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2, 5 e 120, comma 2, della Costituzione.

1. Un ulteriore profilo di incostituzionalita' delle disposizioni impugnate concerne prettamente l'irragionevolezza e il difetto di proporzionalita' (ex articoli 3 e 97 Cost.) della previsione di incompatibilita' ex lege tra l'incarico di Commissario ad acta e qualsiasi altro incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento, e in particolare con il ruolo di Presidente della Regione.

L'incostituzionalita' sussiste con riferimento tanto ai commissariamenti futuri, di cui ai primi due commi dell'art. 25-septies (oggetto del presente motivo di ricorso), quanto ai commissariamenti in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 136/2018, in forza del terzo comma dell'articolo in esame (su cui si tornera' al motivo seguente).

2. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il principio di razionalita', emancipato rispetto a quello di uguaglianza, deve essere inteso sia nel senso di razionalita' formale, cioe' del principio logico di non contraddizione, sia nel senso di razionalita' pratica, ovvero di ragionevolezza, di coerenza intrinseca della norma rispetto alla ratio che ne e' a fondamento (sentenza n. 172 del 1996). La coerenza e' rispondenza logica della norma rispetto al fine perseguito dalla legge, ovvero alla sua ratio. Difetta la ragionevolezza laddove «la legge manca il suo obiettivo e tradisce la sua ratio» (sentenza 43 del 1997).

Il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita', rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti (sentenza n. 108 del 1994).

3. Le norme contestate non rispondono ai riferiti canoni di coerenza e proporzionalita', oltre a eludere anche il principio di uguaglianza costituzionalmente garantito.

Esse introducono infatti una presunzione, insuperabile, di incompatibilita' tra la figura del Commissario ad acta e quella del Presidente di Regione, che prescinde da qualsiasi accertamento sulle specificita' del caso concreto (ivi compreso il possesso dei requisiti previsti per ricoprire l'incarico commissariale, cioe' «qualificate e comprovate professionalita' nonche' specifica esperienza di gestione sanitaria ovvero aver ricoperto incarichi di amministrazione o direzione di strutture, pubbliche o private, aventi attinenza con quella sanitaria ovvero di particolare complessita', anche sotto il profilo della prevenzione della corruzione e della tutela della legalita'», come previsto dal secondo comma della norma impugnata). L'incompatibilita' e' ex lege e a priori.

In tal modo risulta tradita, in primo luogo, tanto la ratio intrinseca della norma, quanto, in generale, quella sottesa alla disciplina sui piani di rientro in materia sanitaria e sui commissariamenti.

Finalita' che va ravvisata nel consentire proficuamente - in un contesto di deficit strutturale - l'adozione e l'attuazione di tutte le misure idonee al progressivo rientro della Regione in una gestione ordinaria, anche attraverso la nomina di un soggetto competente in funzione di «controllore».

Se cosi' e', allora, l'automatica esclusione del Presidente di Regione - vale a dire l'impossibilita' che sia anche solo tenuto in considerazione ai fini della nomina a commissario -, nonostante il piu' stretto rapporto di prossimita' con la realta' regionale e con il settore sanitario, si mostra contraria agli scopi che le norme contestate si prefiggono, e comunque non proporzionato rispetto agli stessi.

Anche a voler ritenere che la ratio ispiratrice della norma sia quella di non far coincidere il soggetto «controllore» con il soggetto «controllato e inadempiente», l'automatismo con cui tale finalita' e' perseguita non rispetta comunque i criteri di ragionevolezza e proporzionalita'.

Il vizio rileva, in particolare, nel caso di Presidenti di Regione - o titolari di incarichi istituzionali - che non abbiano in alcun modo concorso alla situazione di disavanzo finanziario che ha condotto al piano di rientro e al commissariamento, e che sono democraticamente eletti e prescelti dal corpo elettorale (anche) come responsabili politici del buon andamento della sanita' regionale.

In simili circostanze, anche la - pur in astratto condivisibile - finalita' di evitare che la figura commissariale coincida con quella del Presidente sotto il cui governo si siano manifestate le condizioni di disavanzo sanitario strutturale, risulta in concreto perseguita fuori dai canoni di proporzionalita' e intrinseca ragionevolezza.

In questo caso, inoltre, risulta violato anche il principio di uguaglianza, a fronte del trattamento identico di situazioni affatto diverse, appunto quella dell'incompatibilita' tra commissario e Presidente di Regione (o titolare di incarichi istituzionali) sotto il cui governo si siano realizzate le condizioni per la predisposizione del piano di rientro e quelle di inadempienza per il commissariamento, rispetto alla fattispecie dell'incompatibilita' tra commissario e Presidente di Regione (o titolare di incarichi istituzionali) che risulti estraneo a questa situazione.

IV. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, comma 3, del decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione degli articoli 3, 97, 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2, 5 e 120, comma 2, della Costituzione

1. Sotto gli stessi profili di violazione degli articoli 3 e 97 Cost. si pone, allora, in misura ancora piu' evidente, anche il terzo comma dell'art. 25-septies, che prevede la sostituzione dei Commissari ad acta in carica divenuti incompatibili per effetto della disciplina introdotta dai primi due commi, e quindi l'automatica cessazione dell'incarico per i Presidenti di Regione che abbiano rivestito sino a oggi anche il ruolo di Commissario ad acta in materia sanitaria, come nella Regione Lazio.

Anche in questo caso, e' introdotto un automatismo irragionevole e contrario alla finalita' intrinseca dell'intervento, cioe' quella di assicurare il rientro della Regione in una situazione ordinaria e di evitare il sovrapporsi del soggetto inadempiente con quello tenuto all'intervento sostitutivo.

La norma non prevede alcuna deroga all'incompatibilita' per i commissariamenti in corso, e oblitera del tutto una (pur ragionevole e doverosa) valutazione sia delle eventuali responsabilita' del Presidente/Commissario in carica rispetto al disavanzo sanitario regionale, sia del contributo da quest'ultimo apportato durante l'incarico ai fini della riduzione del disavanzo e al miglioramento dei servizi offerti dal sistema sanitario regionale, sia, ancora, del possesso dei requisiti richiesti dal secondo comma della disposizione impugnata per ricoprire l'incarico commissariale, con particolare riferimento a quello della «specifica esperienza di gestione sanitaria».

Una disciplina statale ispirata a criteri di ragionevolezza e proporzionalita' avrebbe dovuto, quantomeno, prevedere una deroga all'incompatibilita' nei casi in cui i Presidenti/Commissari in carica abbiano conseguito risultati di risanamento accertati dai cosiddetti «tavoli di verifica», operanti con scadenza trimestrale presso il Ministero dell'economia e delle finanze con la partecipazione di Ministero della salute ed altre amministrazioni affiancanti (Agenas, altre Regioni ecc.).

2. La lesione e' tanto piu' evidente nel caso della Regione Lazio, che ha progressivamente registrato risultati di gestione positivi e che e' prossima dall'uscita dal commissariamento.

Come anticipato in narrativa, con deliberazione del 1° dicembre 2017 il Consiglio dei ministri aveva deliberato «di assegnare al Commissario ad acta, nell'esercizio delle funzioni comprese nel mandato commissariale, il compito di proseguire le azioni gia' intraprese al fine di procedere, ad esito della completa attuazione del Programma operativo 2016-2018, al rientro nella gestione ordinaria entro il 31 dicembre 2018».

Cio' tenuto conto:

a) dei verbali delle riunioni congiunte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, da cui si evince che:

i) a conto consuntivo 2016, risulta un disavanzo prima delle coperture di 136,5 milioni di euro, integralmente coperto a valere sulle coperture fiscali preordinate per il piano di rientro;

ii) il punteggio complessivo dell'adempimento oggetto di verifica del Comitato LEA mostra un miglioramento fra il 2013 e il 2016, collocandosi al di sopra della soglia di adempienza con un punteggio pari a 179;

b) del fatto che a seguito di un processo di spending review, la situazione finanziaria della Regione Lazio ha perseguito la condizione di strutturale di equilibrio dei saldi di bilancio, a partire dall'anno 2015, come parificato dalla Corte dei Conti;

c) dell'azione di risanamento gia' compiuta, «che ha portato la regione Lazio da una situazione finanziariamente patologica ad una situazione finanziariamente fisiologica certificata dal raggiungimento del pareggio di bilancio sia nell'esercizio 2015 che nell'esercizio 2016»;

d) dei notevoli progressi nei tempi di pagamento;

e) del progressivo miglioramento dei livelli delle prestazioni del Servizio sanitario regionale.

Tanto risulta provato dalle relazioni dei Tavoli tecnici di verifica.

Quanto alla situazione economico-finanziaria, la Regione Lazio a conto consuntivo 2017 presenta, prima del conferimento delle coperture, un disavanzo di 45,665 mln di euro (il Programma operativo 2016-2018 aveva previsto un disavanzo pari a 58,7 mln di euro).

I Tavoli hanno valutato, inoltre, che, con riferimento al gettito delle aliquote fiscali che erano prioritariamente destinate all'equilibrio del SSR a seguito della sottoscrizione dell'Accordo per il Piano di rientro, alla luce dei risultati di gestione degli ultimi due anni, ai sensi dell'art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 120/2013, e' consentito alla Regione Lazio di destinare all'equilibrio del settore sanitario, a partire dall'anno d'imposta 2019, un gettito fiscale minimo pari a 91,091 mln di euro.

Quanto all'erogazione dei LEA, il punteggio consolidato della Griglia LEA anno 2016 e' pari a 179 (livello di sufficienza >160), con talune carenze ascrivibili all'offerta territoriale per anziani non autosufficienti e disabili.

In generale, la riduzione del disavanzo sanitario dall'anno 2013 - anno di insediamento del Presidente p.t. Nicola Zingaretti e di nomina dello stesso a commissario ad acta - all'anno 2017 e' stata pari al 93%; in altri termini l'attuale disavanzo, certificato dal MEF, e' di 14 volte inferiore a quello del 2013. Il disavanzo e' pari allo 0,4% del finanziamento ordinario del FSR, ed e' quindi pienamente entro il limite del 5% fissato dall'art. 2, comma 77, della legge n. 191/09 e s.m.i.

Parimenti, con riferimento all'erogazione dei LEA, dall'anno 2013 la Regione Lazio non solo non e' mai piu' stata inadempiente, ma ha continuato a salire nella graduatoria del punteggio dei LEA, raggiungendo nel 2017 un punteggio complessivo di 180.

3. Tali dati confermano la palese irragionevolezza di una disposizione, come quella qui impugnata, che prevede l'automatica incompatibilita' del Presidente di Regione in carica rispetto al ruolo di commissario ad acta sinora rivestito, nonostante i notevoli progressi che la gestione commissariale ha apportato in termini di rispetto dei programmi operativi e di superamento della fase di deficit strutturale.

Risulta altresi' violato, sotto un duplice profilo, il principio di uguaglianza, a fronte del trattamento identico di situazioni affatto diverse:

i) in primo luogo, l'irragionevole assimilazione fra la previsione di incompatibilita' per i commissariamenti futuri e la previsione di incompatibilita' per i commissariamenti in atto, mentre quest'ultima avrebbe richiesto quanto meno una verifica puntuale dell'attivita' commissariale svolta, prima di prevedere l'eventuale sostituzione del commissario in carica;

ii) in secondo luogo, l'irragionevole assimilazione fra le varie Regioni commissariale, non tenendosi a riferimento, ai fini dell'eventuale sostituzione del commissari in corso, la specifica situazione della Regione commissariata, e in particolare i risultati raggiunti dal commissario di governo in carica ai fini del rientro in una situazione ordinaria.

4. Non meno rilevante e' la violazione degli articoli 3 e 97 Cost., sotto il profilo del principio di continuita' dell'azione amministrativa, diretto corollario dei principi di ragionevolezza, imparzialita' e buon andamento, che si determina per effetto dell'automatica previsione di sostituzione dei commissari/Presidenti di regione in carica, specie con riferimento a quelle realta' regionali, come quella del Lazio, in cui siano stati previsti programmi operativi ex art. 2, comma 88 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 e s.m.i., per la fuoriuscita dal commissariamento, e in cui tali programmi risultino perseguiti con proficuita'.

L'effetto della previsione impugnata e' infatti il subentro nelle funzioni commissariali di un soggetto terzo rispetto all'assetto istituzionale della Regione, ed estraneo al processo di risanamento posto in essere e alle attivita' e iniziative in atto, con conseguente nocumento, oltre che dell'efficacia e continuita' dell'azione amministrativa, anche delle prerogative degli organi ordinari regionali, sotto il profilo del mancato coordinamento con l'assetto istituzionale dell'Ente e del massimo raccordo possibile tra la programmazione regionale e razione amministrativa commissariale.

5. Da ultimo, si sottolinea, anche sotto il profilo in esame, come le riscontrate violazioni ridondino direttamente sulle competenze della Regione ricorrente, posto che la disciplina impugnata interseca indissolubilmente le competenze regionali in materia di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica, come pure le corrispondenti funzioni regolamentari e amministrative.

Rileva altresi', anche con riferimento al merito - oltre che al metodo - della disciplina contestata, la violazione del principio di leale collaborazione ex artt. 5 e 120, comma 2, della Costituzione.

Si e' gia' detto che, in vista della definizione del nuovo Patto per la Salute per il triennio 2019/2021, la Conferenza delle Regioni aveva approvato all'unanimita' e sottoposto al Governo un documento del 13 dicembre 2018.

In tale documento, oltre a richiedere espressamente di trattare ogni questione sul regime di incompatibilita' dei commissari ad acta in sede di Patto per la salute di prossima emanazione, le Regioni avevano chiaramente espresso l'esigenza di escludere un eventuale regime di incompatibilita' nei casi in cui il Servizio sanitario regionale avesse conseguito miglioramenti degli equilibri economici di bilancio da piu' di un triennio e punteggi nella Griglia LEA progressivamente e significativamente crescenti nel tempo (com'e' stato, appunto, nella Regione Lazio).

Tuttavia, non solo - come visto sub I - le disposizioni contestate hanno obliterato il pur dovuto meccanismo concenativo dell'intesa et similia, ma nell'introdurre il regime di incompatibilita' di cui trattasi, anche per i commissariamenti in essere alla data di entrata in vigore della norma, il legislatore non ha tenuto in considerazione neppure la ragionevole proposta della Conferenza delle Regioni e Province autonome, che pure avrebbe potuto assicurare - sebbene in misura meno forte - il rispetto del principio collaborativo.

V. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione degli articoli 3, 97, 114, 117, commi 2, 3 e 6, 118, commi 1 e 2, 120, comma 2, 122, 123, Cost.

1. I vizi di irragionevolezza e difetto di proporzionalita' che si sono appena evidenziati rilevano anche sotto un ulteriore e parimenti dirimente profilo, vulnerando ingiustificatamente la stessa forma di governo regionale ex articoli 122 e 123 Cost. Nello stabilire che il regime di incompatibilita' tra Commissario ad acta e Presidente di Regione si applichi anche ai commissariamenti in essere alla data di entrata in vigore della legge, con conseguente sostituzione, entro novanta giorni, dei Commissari incompatibili, il legislatore non ha neppure tenuto conto del contesto storico, politico e ordinamentale in cui tale disposizione si colloca.

Come noto, la «stagione dei commissariamenti» e' iniziata da oltre un decennio, con l'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

Nella Regione Lazio, precisamente, la gestione commissariale e' iniziata - e proseguita senza soluzione di continuita', salvo gli avvicendamenti fra Commissari/Presidenti di Regione - dall'11 luglio 2008.

Si e' anche visto come il commissariamento determini, rispetto ai settori e agli ambiti di intervento affidati al Commissario ad acta, un drastico svuotamento delle competenze e funzioni regionali e degli enti locali, dal livello normativo fino a quello amministrativo.

Si sono gia' richiamati, in proposito, gli insegnamenti di questa Corte, secondo cui le attribuzioni del commissario «devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa - pena la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost.», non rilevando che la sovrapposizione con le funzioni commissariali sia anche solo potenziale (in termini sentenza n. 106 del 2017, cfr. anche sentt. n. 117 del 2018, n. 190 del 2017, n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014, n. 78 del 2011).

2. A fronte di questo quadro, la previsione di incompatibilita' della figura commissariale con incarichi istituzionali della Regione, e in particolare con il ruolo del Presidente della Regione, nell'ambito di un regime di commissariamento che e' in atto da oltre un decennio e dell'esautoramento delle attribuzioni del Consiglio e della Giunta che a esso conseguono, determina una ulteriore distorsione della forma di governo regionale e del suo equilibrio.

In primo luogo, perche' il legislatore, lungi dal prevedere il superamento dell'istituto del commissariamento in materia sanitaria, ne ha previsto la perdurante applicazione anche per il futuro, stabilendo altresi' l'incompatibilita' tra Commissario e Presidente di Regione (o altri incarichi istituzionali nella stessa).

In secondo luogo, perche' con riferimento ai commissariamenti in corso si e' prevista l'automatica sostituzione dei Commissari/Presidenti regionali in carica, con cio' recidendo drasticamente il requisito di prossimita' alla realta' regionale interessata. Il mantenimento in un organo regionale della funzione commissariale rispondeva infatti all'esigenza. di conciliare gli interventi per un rapido ripiano del deficit di bilancio con gli strumenti strutturali di riorganizzazione complessiva del sistema dei servizi sanitari regionali.

3. Si precisa, in proposito, anche con riferimento alla violazione dei criteri di ragionevolezza e di leale collaborazione, che nel piu' volte citato documento approvato dalla Conferenza delle Regioni in data 13 novembre 2018 in vista del prossimo Patto per la Salute, le Regioni avevano chiesto al Governo di disciplinare «modalita', criteri e tempi per l'uscita dai commissariamenti e dai Piani di rientro, sulla base di parametri oggettivi riguardanti l'avanzamento dei programmi operativi e, soprattutto, il raggiungimento delle condizioni di equilibrio economico in un arco temporale definito. Piu' in generale, si ritiene che il prossimo Patto per la Salute 2019/2021 sia la sede piu' idonea per svolgere approfondite riflessioni in ordine al superamento dell'esperienza dei commissariamenti ad acta, anche e soprattutto alla luce dell'attuale contesto istituzionale, che si va sempre piu' delineando nel nostro Paese, volto ad un nuovo regionalismo responsabile ed in considerazione, altresi', dei risultati fin qui conseguiti nelle regioni commissariate sia sotto il profilo del risanamento economico-finanziario, sia nella prospettiva del miglioramento della qualita' dell'assistenza sanitaria».

Sul punto, sia consentito richiamare anche il recente monito di questa Ecc.ma Corte, che nel ribadire i principi generali in materia di commissariamento e di attribuzioni commissariali, anche rispetto alle funzioni regionali, ha comunque osservato: «Cio' detto, questa Corte non puo' esimersi dal rilevare l'anomalia di un commissariamento della sanita' regionale protratto per oltre un decennio, senza che l'obiettivo del risanamento finanziario sia stato raggiunto, con tutte le ripercussioni che esso determina anche sugli equilibri della forma di governo regionale, a causa del perdurante esautoramento del Consiglio e della stessa Giunta a favore del Commissario ad acta» (sentenza n. 199 del 2018).

VI. Incostituzionalita' dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-lege n. 199/2018, conv. in legge n. 136/2018, per violazione dell'art. 77, comma 2, della costituzione.

1. L'art. 25-septies del decreto-legge. n. 199 del 2018 e' stato inserito dal Parlamento solo in sede di conversione, con la legge n. 136 del 2018.

Secondo ormai pacifica giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte, la legge di conversione deve avere un contenuto omogeneo a quello del decreto-legge, in ossequio all'art. 77, secondo comma, Cost., che presuppone «un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario» (sentenza n. 22 del 2012).

In ragione della natura di «legge a competenza tipica» della legge di conversione, derivano specifici limiti di emendabilita' del decreto legge.

In particolare la legge di conversione non puo' aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore rispetto a quello oggetto del decreto legge: sebbene la richiesta coerenza tra decreto-legge e la legge di conversione non escluda, in linea generale, che le Camere possano apportare emendamenti al testo del decreto-legge, per modificare la normativa in esso contenuta in base alle valutazioni emerse nel dibattito parlamentare, tale potere non puo' spingersi fino al punto in cui, «sotto la veste formale di un emendamento si introduca un disegno di legge che tenda a immettere nell'ordinamento una disciplina estranea, interrompendo il legame essenziale tra decreto-legge e legge di conversione, presupposto dalla sequenza delineata dall'art. 77, secondo comma, Cost.» (sentenza n. 32 del 2014).

Anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo, ogni ulteriore disposizione introdotta in sede di conversione deve essere strettamente collegata ad uno dei contenuti gia' disciplinati dal decreto-legge, ovvero alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel suo complesso.

2. L'articolo impugnato, inserito dalla legge di conversione, non rispetta i riferiti requisiti di omogeneita' rispetto al decreto-legge.

Il discorso vale sia con riferimento alla ratio del decreto-legge nel suo complesso, sia per quanto riguarda le singole disposizioni dello stesso, e in particolare quella dell'art. 25 dell'originario decreto-legge, sui cui e' stato «innestato» l'art. 25-septies.

Il decreto-legge detta «Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria», «Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di prevedere misure per esigenze fiscali e finanziarie inderibili».

Gia' con riferimento alla finalita' del decreto-legge, e' evidente la non attinenza della disciplina introdotta in sede di conversione: la previsione di incompatibilita' tra Commissario ad acta e Presidente di Regione non risponde infatti, con ogni evidenza, a esigenze fiscali o finanziarie. Certamente, anche a voler ricondurre la disciplina in esame alla materia finanziaria, non sussiste alcuna esigenza di indifferibilita' della misura (tanto piu' in ragione del fatto che il prossimo Patto per la Salute sara' adottato entro il 31 marzo 2019).

Il difetto di omogeneita' e coerenza emerge anche rispetto agli specifici contenuti del decreto-legge originario: il Titolo primo reca «Disposizioni in materia fiscale» (pacificazione fiscale, semplificazione fiscale, e altre disposizioni fiscali); il Titolo II detta disposizioni finanziarie (e, solo per effetto della modifica al Titolo introdotta dalla legge di conversione, anche «Disposizioni in materia sanitaria»), riferite, nel decreto-legge originario, a «Ferrovie dello Stato» (art. 21), «Fondo garanzia e FSC» (art. 22), «Autotrasporto» (art. 23), «Missioni internazionali di pace» (art. 24), «Disposizioni in materia di CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale» (art. 25).

Anche con riferimento agli specifici contenuti, dunque, non vi e' nessuna attinenza, nemmeno sotto il profilo teleologico, con le disposizioni impugnate inserite dalla legge di conversione.

In particolare, non vi e' alcuna connessione - finalistica, sistematica e contenutistica - fra il contestato art. 25-septies, inserito in conversione, che riguarda i commissariamenti in materia sanitaria, e l'art. 25 del decreto-legge (in cui il primo e' stato innestato (insieme a numerosi altri articoli eterogenei), che detta «Disposizioni in materia di CGS per riorganizzazione o crisi aziendale».

L'esame del contenuto della disposizione impugnata denota, quindi, la palese estraneita' delle norme censurate, aggiunte in sede di conversione, rispetto ai contenuti e alle finalita' del decreto-legge in cui sono state inserite, e dunque l'assenza di qualsivoglia nesso funzionale tra le stesse, in violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione.

3. Anche in questo caso e' necessario ribadire, ai fini della proponibilita' della censura in esame, che la lamentata violazione dell'art. 77 Cost. ridonda direttamente sulle competenze e attribuzioni della Regione ricorrente.

La disciplina introdotta dall'art. 25-septies, infatti, interseca anche le competenze concorrenti della Regione in materia di «tutela della salute», «coordinamento della finanza pubblica», come pure le corrispondenti funzioni regolamentari e amministrative. Senza considerare che, quando si parla di esercizio di poteri sostitutivi, le attribuzioni regionali devono ritenersi in re ipsa coinvolte. Istanza di sospensione ex art. 35, della legge n. 87/1953 e art. 21 delle Norme Integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

1. Sussistono infine i presupposti per la sospensione cautelare delle disposizioni impugnate con l'odierno ricorso. Si chiede in particolare la sospensione dell'efficacia dell'art. 25-septies, terzo comma, del decreto-legge n. 119/2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 136/2018.

Come a piu' riprese chiarito da questa Corte (da ultimo sentenza n. 225 del 2017), anche la tutela cautelare prevista nel sistema della giustizia costituzionale, sia pure con le particolarita' che lo connotano, assolve alla necessita' che il provvedimento finale del giudice intervenga re adhuc integra e consenta la soddisfazione dell'interesse protetto (sentenze n. 8 del 1982 e n. 284 del 1974), sicche' la tutela cautelare e' strumentale all'effettivita' della tutela giurisdizionale e, pur potendo venire variamente configurata e modulata (sentenza n. 281 del 2010), essa e' necessaria e deve essere effettiva (si vedano ad esempio, oltre a quelle gia' citate, le sentenze n. 236 del 2010, n. 437 e n. 318 del 1995, n. 253 del 1994, n. 190 del 1985).

2. Nella specie, il fumus dell'incostituzionalita' della disposizione impugnata emerge dai motivi di ricorso, cui per sinteticita' si rinvia.

3. Parimenti sussistenti sono i presupposti di periculumin mora richiesti dall'art. 35 della legge n. 87 del 1953 per la concessione dell'invocata tutela cautelare.

In primo luogo, il periculum discende dalla previsione di sostituzione dei Commissari ad acta in carica, divenuti incompatibili, «entro novanta giorni», che trovera' diretta applicazione nella Regione Lazio, in cui il Commissario ad acta e' il Presidente pro tempore.

E' evidente come la sostituzione del Commissario/Presidente di Regione avverra' in termini non compatibili con la decisione, nel merito, del presente giudizio, cio' che, da un lato, impedira' la decisione re adhuc integra (comprimendo l'effettivita' della tutela giurisdizionale), dall'altro integrera' un immediato vulnus all'interesse pubblico.

Come si e' anticipato, infatti, ancorche' siano maturati i presupposti per l'uscita dal commissariamento della Regione Lazio, essa non e' stata ancora decretata, sicche' la ricorrente si trova esposta al concreto rischio di subentro nelle funzioni commissariali di un soggetto terzo rispetto all'assetto istituzionale della Regione, ma soprattutto estraneo al processo di risanamento posto in essere e alle attivita' e iniziative in atto.

Circostanza che comporterebbe un gravissimo nocumento alla continuita' e all'efficacia dell'azione amministrativa, vulnerando il coordinamento con l'assetto istituzionale dell'ente e il necessario raccordo tra la programmazione regionale e l'azione amministrativa commissariale, peraltro in un momento cruciale per la Regione, che sta raccogliendo i frutti del lungo percorso di risanamento posto in essere.

Tanto andrebbe, ovviamente, a detrimento degli equilibri del servizio sanitario regionale, e inciderebbe, a cascata, anche sul diritto fondamentale alla salute dei cittadini.

Il tutto, si ribadisce, in un contesto in cui la disposizione impugnata, pur disciplinando un potere sostitutivo statale che incide direttamente su materie di competenza regionale (in particolare sulla tutela della salute) e' stata adottata fuori da alcun procedimento partecipativo con le Regioni, tanto a monte, ai fini. della redazione della norma, quanto a valle, nell'ambito del procedimento sostitutivo delineato per la sostituzione dei Commissari in carica.

La mancata sospensione cautelare degli effetti della norma che prevede la sostituzione dei commissari in essere, insomma, arrecherebbe un immediato e serio pregiudizio anche all'ordinamento giuridico della Repubblica, che si regge appunto sui principi di sussidiarieta', differenziazione e leale collaborazione.

4. Al contrario, la sospensione della disposizione impugnata non arrecherebbe alcun pregiudizio all'interesse pubblico, e anzi lo vedrebbe maggiormente tutelato.

Cio', in primo luogo, in quanto la disposizione impugnata «interrompe» una legislazione ormai decennale che ha sempre visto coincidere la figura del Commissario ad acta con quella del Presidente di Regione. La relativa sospensione non farebbe altro che mantenere, fino alla decisione di merito, un assetto gia' da tempo in vigore.

In proposito non puo' non essere considerato che nella Regione Lazio l'attuale gestione commissariale, come certificato dai tavoli di verifica presso gli uffici statali competenti, ha condotto il sistema sanitario regionale a diminuire il disavanzo in maniera significativa, avvicinandosi al pareggio di bilancio, ed e' riuscita, al contempo, ad aumentare il livello delle prestazioni erogate, tanto che il sistema sanitario regionale e' vicino all'uscita dal commissariamento e al ritorno alla gestione ordinaria (sul punto, ove ritenuto, questa Corte potra' anche disporre le indagini ritenute opportune, ex art. 21 delle norme integrative).

Anche sotto questo profilo, quindi, la sospensione della disposizione impugnata e la conseguente conferma - fino alla decisione di merito - della gestione commissariale in essere, non arrecherebbe alcun pregiudizio all'interesse pubblico.

In secondo luogo, si ribadisce la ravvicinata adozione del Patto per la Salute relativo al triennio 2019/2021, che dovra' essere stipulato entro il 31 marzo 2019: in quella sede potranno essere approfonditi - come del resto e' stato fino a oggi, e come espressamente richiesto dalla Conferenza delle Regioni - le tematiche relative alle gestioni commissariali e ai profili di incompatibilita', e la disciplina potrebbe trovare una piu' adeguata ponderazione, nel rispetto dei principi collaborativi costituzionalmente tutelati.

Quest'ultimo obiettivo risulterebbe certamente vulnerato nell'ipotesi in cui non venisse sospesa la norma gravata, dal momento che la sostituzione dei Commissari in carica avverrebbe prima della prossima Intesa Stato-Regioni. Anche sotto questo profilo, quindi, la tutela cautelare sembra la soluzione piu' conforme all'interesse pubblico e all'ordinamento giuridico della Repubblica, nella sua articolazione pluralistica fondata sui principi di leale collaborazione, autonomia e sussidiarieta'.

P.Q.M.

Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione:

a) in sede cautelare, previa eventuale audizione dei rappresentanti delle parti e svolgimento delle indagini ritenute opportune - sospendere l'efficacia dell'art. 25-septies, comma 3, del decreto-legge 28 ottobre 2018, n. 119, come convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria.», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale n. 293 del 18 dicembre 2018;

b) nel merito, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge, 28 ottobre 2018, n. 119, come convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria.», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale n. 293 del 18 dicembre 2018.

Con ossequio.

 

Roma, 7 febbraio 2019

Avv. Murra

Prof. Avv. Marini

 

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