RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 febbraio 2009 , n. 21
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  9  marzo  2009  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
(GU n. 17 del 29-4-2009) 
 
 
    Ricorso  per  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale  dello  Stato
presso i cui uffici e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della  Giunta
pro tempore, per la declaratoria di incostituzionalita'  degli  artt.
1, comma 1, 3, 4, 13 e 18 della legge della Regione Puglia n. 45  del
23 dicembre 2008, pubblicata nel B.U.R. n. 202 del 29 dicembre  2008,
avente ad oggetto le  «Norme  in  materia  sanitaria»,  in  relazione
all'art. 3, 41, 97, 117, commi primo, secondo, lett. m), s) e  p),  e
terzo Cost. 
    La legge della Regione Puglia n.  45  del  29  dicembre  2008  ha
introdotto nuove disposizioni nella materia sanitaria. 
    1) L'art. 1, comma 1, che  ha  integrato  le  previsioni  di  cui
all'art. 3, comma 40, della legge regionale n. 40 del  2007,  dispone
che il personale medico, assunto  a  tempo  determinato,  che  svolge
servizio  presso  le  unita'  operative  di  medicina   e   chirurgia
d'accettazione e d'urgenza delle aziende  sanitarie,  possa  accedere
alle procedure di stabilizzazione  (se  in  possesso  di  determinati
requisiti) senza l'utilizzazione delle procedure  selettive  previste
dal d.P.R.  n.  483  del  1997  (Regolamento  recante  la  disciplina
concorsuale per il  personale  dirigenziale  del  servizio  sanitario
nazionale). 
    Tale norma sembra eccedere le  competenze  regionali  sotto  vari
profili. 
    Attesa   l'indeterminatezza    dell'ambito    precettivo    della
disposizione in esame, la medesima si pone innanzitutto in  contrasto
con  il  comma  94  dell'art.  3,  della  legge  n.  244/2007  (legge
finanziaria 2008) che esclude  l'applicabilita'  delle  procedure  di
stabilizzazione per il personale dirigente. 
    Stante che la  citata  normativa  statale  costituisce  norma  di
principio ai  fini  del  coordinamento  della  finanza  pubblica,  la
disposizione regionale in  esame  contrasta  con  l'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    L'accesso alle procedure di  stabilizzazione,  anche  nell'ambito
della dirigenza sanitaria, viene inoltre disposto 
    «in deroga a quanto previsto dal d.P.R.  n.  483/1997»  e  quindi
senza il necessario filtro del concorso pubblico per titoli ed  esami
previsto dall'art. 15, comma 7  del  d.lgs.  n.  502/1992,  che  pure
costituisce, per espressa volonta' del Legislatore (art. 19 d.lgs  n.
502/1992) normativa di principio in materia di  tutela  della  salute
(ai fini dell'art. 117, terzo comma, Cost.). 
    L'art. 1 della l.r. n.  45/2008  viola  altresi'  i  principi  di
ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione, nonche' il principio del pubblico concorso,  di  cui
agli artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    A tale proposito si rammenta che codesta Corte costituzionale  ha
recentemente ribadito (sent. n. 81/2006) che 
    «il principio del pubblico concorso  costituisce  la  regola  per
l'accesso   all'impiego   alle   dipendenze   delle   amministrazioni
pubbliche,  da  rispettare  allo  scopo   di   assicurare   la   loro
imparzialita' ed efficienza. Tale principio  si  e'  consolidato  nel
senso che le eventuali deroghe possano essere  giustificate  solo  da
peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico»  (si  vedano
in argomento anche le sentenze n. 159 del 2005, n. 205 e  n.  34  del
2004). 
    Nella richiamata decisione la Corte ha altresi' escluso che  tali
peculiari e  straordinarie  ragioni  di  interesse  pubblico  possano
essere ravvisate nella personale  aspettativa  degli  aspiranti,  pur
gia' legati da rapporto d'impiego con la pubblica amministrazione. 
    2) L'art. 3 della l.r. n. 45/2008,  laddove  esclude  dal  regime
dell'autorizzazione, previsto dall'art. 5 della legge regionale n.  8
del 2004, tutti gli studi medici privati e  gli  studi  odontoiatrici
non aperti al pubblico, sembra eccedere  dalla  competenza  regionale
concorrente attribuita alla regione in materia di tutela della salute
dall'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  e  sembra  porsi  altresi'  in
contrasto con i principi contenuto negli articoli 3 e 41 Cost. 
    Tale disposizione si pone in  particolare  in  contrasto  con  il
principio fondamentale in materia di  tutela  della  salute  espresso
dagli articoli 8, comma 4, e 8-ter del d.lgs. n. 502/1992, secondo  i
quali tutti gli studi medici e  odontoiatrici,  per  la  peculiarita'
dell'attivita' posta in essere  e  comunque  laddove  debbano  essere
erogate  «prestazioni  di   chirurgia   ambulatoriale   o   procedure
diagnostiche di particolare complessita' che  comportino  un  rischio
per la sicurezza del  paziente»,  devono  essere  autorizzati  previa
verifica del possesso dei requisiti fissati con il d.P.R. 14  gennaio
1997, che e' stato emanato d'intesa con la conferenza permanente  per
i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome. 
    Il rispetto di tali prescrizioni e'  infatti  indispensabile  per
assicurare livelli  essenziali  di  sicurezza  e  di  qualita'  delle
prestazioni  in  ambiti  nei  quali  il  possesso   della   dotazione
strumentale  e  la  sua  corretta  gestione  e  manutenzione   assume
preminente interesse per assicurare l'idoneita' e la sicurezza  delle
cure. 
    Rispetto  a  tale  aspetto  la  previsione  normativa   censurata
introduce invece pericolosi elementi di confusione. 
    3) L'art. 4, prevedendo che «I dirigenti  medici  in  servizio  a
tempo  indeterminato  presso  gli  uffici  a  staff  della  direzione
generale funzionalmente dipendenti dalle  direzioni  sanitarie  delle
aziende     sanitarie      locali      (ASL),      delle      aziende
ospedaliero-universitarie e degli IRCCS pubblici ovvero  in  servizio
presso le direzioni sanitarie di presidio ospedaliero da  almeno  tre
anni, alla data di  entrata  in  vigore  della  presente  legge  sono
inquadrati, a domanda, nelle direzioni sanitarie  con  la  disciplina
"Direzione medica di presidio ospedaliero"», eccede dalla  competenza
regionale concorrente attribuita alla regione, in materia  di  tutela
della salute dall'art. 117, terzo comma, Cost. 
    In  particolare  tale   disposizione   regionale,   che   prevede
genericamente l'inquadramento nelle direzioni sanitarie di  dirigenti
medici che svolgono attivita'  di  staff  presso  direzioni  generali
senza  alcuna  specificazione  circa  la  necessita'   che   vi   sia
corrispondenza   (ovvero   equipollenza   o   affinita')    tra    le
specializzazioni acquisite dai medici e quelle richieste per  operare
nelle  direzioni  sanitarie,  e  circa  i  requisiti  necessari   per
l'inquadramento (come il fatto di prestare servizio da un determinato
numero di anni, e di essere in servizio  da  una  determinata  data),
viola il principio generale in materia di tutela della salute di  cui
dall'art. 15, comma 7,  del  d.lgs.  n.  502/1992,  come  specificato
dall'articolo 24 del d.P.R. n. 483/1997, e dall'art. 13 del ccnl  per
la dirigenza medica e veterinaria dell'8 giugno 2000,  dai  quali  si
evince che  l'inquadramento  del  dirigente  medico  nelle  direzioni
sanitarie ha come presupposto imprescindibile, oltre alla  laurea  in
medicina  e  chirurgia,  la  specializzazione  nella  disciplina   di
riferimento. 
    La previsione regionale in esame viola altresi' il  principio  di
uguaglianza e di parita'  di  trattamento  sia  nei  confronti  degli
operatori, differenziando i medici destinatari della disposizione  in
esame rispetto agli altri medici della stessa e delle altre  regioni,
sia nei confronti dei  cittadini  pugliesi  che,  diversamente  dagli
altri cittadini italiani, non hanno  la  sicurezza  di  poter  essere
curati dai medici specializzati nella disciplina richiesta. 
    Da cio' consegue la violazione  dei  principi  di  eguaglianza  e
buona amministrazione di cui agli artt. 3 e  97  Cost.,  nonche'  dei
livelli essenziali di  assistenza  previsti  dall'art.  117,  secondo
comma, lettera m), Cost. 
    4) L'art. 13 dispone che «i componenti, a qualsiasi  titolo,  ivi
compresi i segretari,  delle  commissioni  per  1'accertamento  della
invalidita' civile, cecita' civile,  sordomutismo  e  della  legge  5
febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per 1'assistenza,  1'integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate),  sono  incompatibili
con tali funzioni qualora detengano cariche elettive politiche  o  si
candidino per conseguirle». 
    La norma in questione appare illegittima nella parte in cui,  con
l'utilizzo   dell'espressione   onnicomprensiva   «cariche   elettive
politiche», include fra i propri  destinatari  anche  i  parlamentari
nazionali,  nonche'   le   cariche   elettive   degli   enti   locali
territoriali. 
    Infatti, pur avendo la regione  potesta'  legislativa  in  ordine
alla disciplina dei citati comitati, viene in rilievo la disposizione
dell'art. 65 Cost., che attribuisce al solo  Legislatore  statale  la
competenza  a  legiferare   in   materia   di   incompatibilita'   ed
ineleggibilita' dei parlamentari nazionali. 
    Relativamente poi alle cariche elettive negli  enti  territoriali
locali la suddetta norma regionale  invade  la  competenza  esclusiva
dello Stato nella materia «organi di governo» di comuni,  province  e
citta' metropolitane prevista dall'art. 117, secondo comma, lett. p),
Cost. 
    In tal senso si e' espressa codesta Corte costituzionale  con  la
sentenza n. 29 del 2006. 
    In  particolare  per   quanto   attiene   all'ineleggibilita'   e
all'incompatibilita' tra gli incarichi previsti dalla norma regionale
e la carica di parlamentare la fattispecie contemplata da tale  norma
e' analoga a quella sulla quale ha avuto modo di pronunciarsi codesta
Corte costituzionale con sentenza n. 456/2005, con la quale e'  stata
dichiarata l'illegittimita' dell'art. 16, comma  1,  secondo  periodo
della legge della Regione Puglia  n.  20/2004,  nella  parte  in  cui
prevedeva che «la carica di presidente  dell'organo  esecutivo  delle
comunita' montane  e'  incompatibile  con  quella  di  parlamentare».
Codesto giudice ha statuito  in  particolare  che  «l'art.  65  della
Costituzione  -  stabilendo  che  la  legge  determina  i   casi   di
ineleggibilita' ed incompatibilita' con l'ufficio di  deputato  o  di
senatore - pone una precisa riserva di legge statale e  che,  quindi,
e' precluso al legislatore regionale, anche se fornito  nel  caso  di
specie, di potesta' legislativa residuale di determinare le cause  di
incompatibilita' (oltre che  di  ineleggibilita')  con  l'ufficio  di
deputato o di senatore (sentenze n. 127 del 1987 e n. 60 del  1966)»,
ribadendo espressamente  come  non  sia  «consentito  che  una  fonte
diversa da quella statale possa vietare il  cumulo  di  due  cariche,
delle quali una sia quella di membro del Parlamento». 
    La richiamata disposizione regionale  viola  pertanto  l'art.  65
Cost., ed incide sulla competenza esclusiva  statale  in  materia  di
legislazione elettorale prevista dall'art. 117, secondo comma,  lett.
p), e in materia  di  determinazione  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti su tutto il territorio  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lett. m). 
    5)  L'art.  18  della  legge  regionale  in  esame,  che  prevede
1'inquadramento nel ruolo della dirigenza sanitaria non medica  degli
«educatori professionali» in servizio presso  le  Asl  della  Regione
Puglia (inquadrati nella categoria DS del ccnl del Comparto  sanita')
eccede  dalla  competenza  legislativa  concorrente  attribuita  alla
regione in materia di tutela della salute dall'art. 117, terzo comma,
Cost., e viola altresi' i principi di ragionevolezza, imparzialita' e
buon andamento della pubblica amministrazione, nonche'  il  principio
del pubblico concorso, di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    In particolare tale disposizione, che  prevede  il  passaggio  di
personale dal comparto sanita' alla  dirigenza  senza  rispettare  il
requisito del pubblico concorso per  titoli  ed  esami,  si  pone  in
contrasto con il principio fondamentale in materia  di  tutela  della
salute di cui all'art. 6 della legge n. 251 del 2000 (concernente  la
disciplina per l'accesso alla  qualifica  unica  di  dirigente  delle
professioni sanitarie infermieristiche, della  riabilitazione,  della
prevenzione e della professione di ostetrica), specificato con d.P.R.
del lo dicembre 1997, n. 483, che nello stabilire  la  procedura  per
l'accesso alla dirigenza per i profili  professionali  del  comparto,
prevede la procedura concorsuale «alla quale si accede con  requisiti
analoghi a quelli richiesti per l'accesso alla dirigenza del Servizio
sanitario regionale». Tale ultima disposizione statale fa si' che  in
relazione alla disposizione  regionale  in  esame  possano  muoversi,
oltre a quelli ora formulati, i medesimi  rilievi  di  illegittimita'
costituzionale gia' svolti al punto 1). 
    Per tali motivi si ritiene che le disposizioni censurate  debbano
essere impugnate dinanzi alla Corte costituzionale. 

        
      
                              P. Q. M. 
    Voglia   codesta   ecc.ma   Corte   dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 1, 3, 4,  13  e  18  della  legge
della Regione Puglia n. 45  del  23  dicembre  2008,  pubblicata  nel
B.U.R. n. 202 del 29 dicembre 2008, avente ad oggetto  la  «Norme  in
materia sanitaria», in relazione all'artt.  3,  41,  97,  117,  commi
primo, secondo, lett. m), s) e p), e terzo Cost. 
        Roma, addi' 26 febbraio 2009 
               L'avvocato dello Stato: Giacomo Aiello 

Menu

Contenuti