RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 aprile 2007 , n. 21
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 aprile 2007 (della Regione Veneto)

(GU n. 19 del 16-5-2007) 
 
    Ricorso  per  la  Regione  Veneto,  in persona del presidente pro
tempore  della  giunta  regionale, autorizzato mediante deliberazione
della giunta stessa n. 765 del 28 marzo 2007, rappresentata e difesa,
come  da  procura  speciale  a  margine del presente atto, dagli avv.
prof.   Mario   Berolissi  del  Foro  di  Padova,  Franca  Caprioglio
dell'Avvocatura  regionale  e  Andrea  Manzi del Foro di Roma, presso
quest'ultimo domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5;

    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri pro tempore
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso
la  quale  e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
per la declaratoria di illegittimita' costituzionale - per violazione
degli  artt. 117  e  119  Cost.  -  dell'art. 6-quater della legge 26
febbraio   2007,   n. l7   recante   "Conversione   in   legge,   con
modificazioni,  del  decreto-legge  28 dicembre 2006, n. 300, recante
proroga   dei   termini   previsti   da   disposizioni   legislative.
Disposizioni di delegazione legislativa", pubblicata nel supplemento,
ordinario alla Gazzetta Ufficiale, n. 47 del 26 febbraio 2007.

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    1.  -  Con  legge  26  febbraio  2007,  n. 17,  il  Parlamento ha
convertito  in  legge  con modificazioni il decreto-legge 28 dicembre
2006,  n. 300  recante  proroga  dei termini previsti da disposizioni
legislative (meglio conosciuto come decreto "Mille-proroghe").
    Tra  le  modificazioni all'originario testo del predetto decreto,
vi e' quella di cui all'art. 6-quater.
    Rubricato  "Partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie",
esso  prevede,  al  primo  comma, che: "Le disposizioni relative alla
quota  fissa di cui all'art. 1, comma 796, lettera p), della legge 27
dicembre  2006, n. 296, si applicano fino al 31 marzo 2007 e comunque
fino   all'entrata   in  vigore  delle  misure  o  alla  stipulazione
dell'accordo di cui al comma 2 del presente articolo".
    Il  secondo  comma recita, poi, "All'articolo 1, comma 796, della
legge  27  dicembre  2006, n. 296, dopo la lettera p), e' inserita la
seguente:  "p-bis)  per  le  prestazioni  di assistenza specialistica
ambulatoriale,  di  cui  al  primo  periodo  della  lettera p), fermo
restando  l'importo  di manovra pari a 811 milioni di euro per l'anno
2007,  834  milioni  di  euro  per l'anno 2008 e 834 milioni euro per
l'anno  2009,  le regioni, sulla base della stima degli effetti della
complessiva  manovra  nelle  singole  regioni, definita dal Ministero
della  salute  di  concerto  con  il  Ministero dell'economia e delle
finanze,  anziche'  applicare  la quota fissa sulla ricetta pari a 10
euro, possono alternativamente:
        1)  adottare  altre  misure  di partecipazione al costo delle
prestazioni  sanitarie,  la  cui  entrata  in  vigore  nella  regione
interessata  e'  subordinata  alla certificazione del loro effetto di
equivalenza per il mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario
e  per  il controllo dell'appropriatezza, da parte del Tavolo tecnico
per  la  verifica  degli  adempimenti  di cui all'art. 12 dell'Intesa
Stato-regioni del 23 marzo 2005;
        2)  stipulare  con  il  Ministero della salute e il Ministero
dell'economia  e delle finanze un accordo per la definizione di altre
misure  di  partecipazione  al  costo  delle  prestazioni  sanitarie,
equivalenti   sotto   il  profilo  del  mantenimento  dell'equilibrio
economico-finanziario  e del controllo dell'appropriatezza. Le misure
individuate  dall'accordo  si applicano, nella regione interessata, a
decorrere   dal   giorno   successivo  alla  data  di  sottoscrizione
dell'accordo medesimo".
    Nella  sostanza  l'art. 6-quater  della  legge  26 febbraio 2007,
n. 17  ha  inciso  sulla  previsione  della  lettera p) del comma 796
dell'unico  articolo  di  cui  e' composta la legge 27 dicembre 2006,
n. 296  (legge  finanziaria  2007),  disposizione  di  cui la Regione
Veneto  ha  chiesto  sia  dichiarata l'illegittimita' costituzionale,
limitatamente all'imposizione di una quota fissa sulla ricetta pari a
10 euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale,
mediante   ricorso  in  via  principale  inserito  al  ruolo  con  il
n. 10/2007,  notificato  il  23 febbraio 2007 e depositato in data 1°
marzo 2007.
    Poiche'  in relazione alla previsione legislativa gia' oggetto di
impugnazione  cosi'  come  modificata ed integrata dall'art. 6-quater
della   legge  n. 17  del  2007  permangono  i  medesimi  profili  di
illegittimita'  costituzionale  ed,  anzi,  la violazione del dettato
costituzionale   appare   perfino  aggravata  dalla  recente  novella
legislativa,  -  come  anticipato  nello stesso ricorso n. 10/2007 al
punto  6.1.2.  -  la  Regione  Veneto si vede costretta a chiedere un
ulteriore intervento di codesta ecc.ma Corte sul punto.
    2.  -  E' necessario, innanzitutto, ancora una volta rilevare che
la  disciplina che impone, agli assistiti non esentati dalla quota di
partecipazione,  il  pagamento  di  un  ticket fisso di 10 euro sulla
ricetta  per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale
rappresenta  una  palese  violazione  del  riparto  delle  competenze
legislative disegnato dall'art. 117 Cost.
    Infatti,  non v'e' dubbio che la materia di riferimento e' quella
della  "tutela  della  salute",  relativamente  alla  quale, ai sensi
dell'art. 117,  terzo  comma, Cost., "spetta alle regioni la potesta'
legislativa,   salvo   che   per   la   determinazione  dei  principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato".
    Ora,  la  disciplina  dettata  dallo Stato, imponendo un ticket a
quota   fissa   e   predeterminata  sulle  prestazioni  ambulatoriali
specialistiche,   si   segnala   ictu  oculi  per  il  suo  carattere
dettagliato,  autoapplicativo  e direttamente operativo nei confronti
dei privati interessati (gli assistiti non esentati). Lo dimostra, da
ultimo, proprio l'introduzione della norma transitoria qui censurata,
estranea  alla  nozione piu' ampia e finanche lassista di "disciplina
di principio".
    Si  e'  detto come la novella legislativa debba essere inquadrata
nella materia "tutela della salute" di cui all'art. 117, terzo comma,
della  Costituzione.  Si  deve  chiarire,  tuttavia, che, anche nella
denegata  e  non  creduta  ipotesi  in  cui  la  si  volesse ritenere
afferente  alla  materia "coordinamento della finanza pubblica", cio'
non  basterebbe  a  salvarla  dalla censura di violazione del riparto
delle competenze legislative di cui all'art. 117 Cost.
    A  questo  proposito  giova  chiarire  quali  possano  essere gli
elementi  a  supporto  di una tale qualificazione della disciplina di
cui  alla  lettera  p)  del  comma  796 dell'unico articolo di cui si
compone  la  legge  n. 296/2006,  cosi'  come  modificata e integrata
dall'art. 6-quater  della legge n. 17/2007. Il primo e' rappresentato
dall'incipit   del  citato  comma  796  nel  quale  si  richiamano  i
presupposti  cardine  delle  misure  successivamente elencate, tra le
quali quella di cui alla lettera p), ossia la garanzia degli obblighi
comunitari   e   -   cio'   che   qui  maggiormente  interessa  -  la
"realizzazione  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica".  Il secondo
elemento  eventualmente  utilizzabile  a  sostegno della riconduzione
della  disciplina impugnata alla materia "coordinamento della finanza
pubblica"  e'  dato dalla funzione stessa della misura "ticket". Come
questa  ecc.ma  Corte  ha  gia'  autorevolmente  rilevato (cfr. Corte
cost.,  sent.,  23  aprile  1993,  n. 184),  il  ticket, oltre ad una
funzione  di  dissuasione  dalla  richiesta  eccessiva  ed inutile di
prestazioni sanitarie, risponde ad un'esigenza di finanziamento della
spesa sanitaria.
    La   difesa  della  regione  ricorrente  ritiene,  tuttavia,  che
l'imposizione  di  una  quota  fissa  sulle prestazioni ambulatoriali
specialistiche  resti  prevalentemente  ed  essenzialmente una misura
incidente  (e, dunque, afferente al)l'ambito di materia "tutela della
salute".
    Ciononostante,  ammesso  e  non  concesso che la disciplina vada,
invece,  sussunta  nell'ambito  della  materia  "coordinamento  della
finanza pubblica", sempre di competenza legislativa concorrente, essa
non  potrebbe  comunque  superare la censura relativa alla violazione
dell'art. 117 della Costituzione.
    Questo, nell'ultimo periodo del suo terzo comma, infatti, riserva
allo  Stato  la  sola  determinazione dei principi fondamentali nelle
materie  elencate  nel  medesimo  comma,  attribuendo  per  il  resto
potesta'  legislativa  piena  alle  regioni.  La ratio sottostante la
previsione  di  cui  al  nuovo  art. 117 Cost., in particolare per la
materia  "coordinamento della finanza pubblica", e' chiara e con essa
il   Legislatore  statale  deve  imparare  a  fare  i  conti:  in  un
ordinamento  decentrato - quale quello disegnato, almeno sulla carta,
per  l'Italia,  dalla  riforma  del  Titolo V della Costituzione - il
coordinamento   centrale   della   finanza   pubblica,   per   quanto
irrinunciabile,  deve tradursi nel solo potere di indicare ai diversi
livelli  di  governo  obiettivi  generali  di stabilita' finanziaria,
affinche' questi li perseguano mediante scelte autonome, non solo sul
versante  della spesa - aspetto di cui codesta Corte si e' piu' volte
dovuta occupare - ma anche su quello del reperimento delle risorse.
    Cosi'  certo  non e' avvenuto nel caso di specie, dal momento che
qui  il  Legislatore  e'  intervenuto con una disciplina di dettaglio
autoapplicativa - come dimostra la stessa necessita' di una normativa
transitoria   quale   quella  di  cui  all'art. 6-quater  oggetto  di
impugnazione  - che in nessun caso sembra potersi definire "principio
fondamentale".
    Ne'  una tale normativa di dettaglio potrebbe ritenersi legittima
in  virtu'  di  una  sua  ipotetica "cedevolezza", in quanto l'ecc.ma
Corte  adita  ha gia' statuito l'inammissibilita' di norme statali di
dettaglio  cedevoli, facendo esclusivamente salvo il caso in cui esse
siano  necessarie  per  "assicurare l'immediato svolgersi di funzioni
amministrative  che  lo  Stato  ha  attratto  per soddisfare esigenze
unitarie   e   che  non  possono  essere  esposte  al  rischio  della
ineffettivita"  (cfr.  Corte  cost., sent., 1° ottobre 2003, n. 303 e
Corte cost., sent., 26 giugno 2002, n. 282).
    Infine,  per  prevenire  eventuali capziose censure, si rileva un
dato  assolutamente  scontato:  a  salvare il ticket di 10 euro sulle
prestazioni  ambulatoriali specialistiche dalle censure di cui sopra,
non  basta  certamente il rinvio che il comma 796 dell'unico articolo
della  legge  finanziaria  per  il 2007, che per primo ne ha disposto
l'imposizione  a  tutti  i  cittadini  assistiti  non esenti, fa agli
obblighi  assunti  dall'Italia  in sede di Unione europea. Non basta,
infatti,  l'invocazione  di  astratte  finalita'  di  rispetto  degli
obblighi  comunitari  ad  esimere  il  Legislatore  dal rispettare il
riparto  di competenze disegnato dall'art. 117 Cost., dal momento che
l'attuazione  degli  impegni  comunitari  e'  riservata alle regioni,
nelle  materie  di  loro competenza, salvo il potere sostitutivo (non
preventivo) dello Stato.
    3.  - Come codesto ecc.mo Collegio ha autorevolmente rilevato, e'
necessario  limitare  il  potere  statale  di coordinamento affinche'
questo  non  si trasformi in un'"attivita' di direzione o in indebito
condizionamento  dell'attivita'  degli  enti autonomi", escludendo la
possibilita'  di  "incidere  sulle  scelte autonome degli enti quanto
alla  provvista  o all'impiego delle loro risorse" (cfr. Corte cost.,
sent.,  30  dicembre  2003,  n. 376) ed ha correttamente riconosciuto
che,  piu'  in  generale,  la violazione del sistema di riparto delle
competenze  legislative disegnato dall'art. 117 Cost. e' suscettibile
di  riverberarsi  in  modo  significativo  ed  estremamente  negativo
sull'autonomia riconosciuta alle regioni dall'art. 119, Cost.
    Cosi', purtroppo, e' avvenuto e avviene anche nel caso di specie,
dal momento che con la disciplina statale di imposizione di un ticket
fisso   sulle  prestazioni  ambulatoriali,  le  regioni  hanno  visto
compressa  significativamente  (e  per  di piu' in modo assolutamente
irragionevole,  giacche'  l'imposizione  di  un ticket fisso di dieci
euro   su  tutte  le  prestazioni  ambulatoriali  specialistiche  non
consente  alle  regioni  di  graduare  la  partecipazione  alla spesa
pubblica  sanitaria con i costi effettivamente sostenuti per ciascuna
delle  suddette  prestazioni  a detrimento anche, di conseguenza, del
diritto  fondamentale  di  cui  all'art. 32  Cost.) la loro autonomia
finanziaria relativamente al reperimento di risorse da destinare alla
gestione  di  un settore, quello della tutela della salute, nel quale
amplissime  sono le competenze legislative e amministrative dell'ente
regione.
    La  lesione  dell'autonomia  finanziaria  riconosciuta e tutelata
all'art. 119   della   Costituzione,  gia'  lamentata  dalla  regione
ricorrente  in sede del ricorso contro la legge finanziaria 2007, non
puo'  dirsi  attenuata  dalla  novella di cui all'art. 6-quater della
legge 26 febbraio 2007, n. 17.
    E'  vero,  infatti,  che  il  Legislatore  statale,  in  sede  di
conversione  del  decreto-legge  28  dicembre 2006, n. 300, ha inteso
limitare  l'efficacia  temporale  dell'imposizione  del  ticket fisso
sulle  prestazioni  ambulatoriali,  ma e' altresi' vero che i termini
finali previsti sono viziati sotto numerosi profili da violazioni del
dettato  costituzionale  e sono, comunque, congegnati in modo tale da
perpetuare  per  un  tempo  attualmente indeterminabile, ma piuttosto
consistente, gli effetti dannosi dell'imposizione di cui sopra.
    Prima  di  procedere  con  l'esposizione  delle violazioni appena
lamentate,  sembra opportuno richiamare schematicamente la previsione
dell'art. 6-quater.   In  esso  si  stabilisce  che  le  disposizioni
relative  alla  quota  fissa di cui all'art. 1, comma 796, lettera p)
della legge 27 dicembre 2007, n. 296 si applichino:
        1) fino al 31 marzo 2007 (art. 6-quater, primo comma);
        2) o comunque, fermo restando l'importo di manovra pari a 811
milioni  di  euro  per  l'anno  in corso e di 834 milioni di euro per
l'anno  2008  e,  poi,  per il 2009, fino all'entrata in vigore delle
misure di cui all'art. 6-quater, secondo comma, ossia:
          2-a)  adozione  di  misure di partecipazione al costo delle
prestazioni   sanitarie,  la  cui  equivalenza  per  il  mantenimento
dell'equilibrio  economico-finanziario  deve  essere certificata e la
cui  appropriatezza  e'  soggetta a controllo di uno specifico Tavolo
tecnico;
          2-b) stipulazione di un accordo per la definizione di altre
misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie.
    Quanto  al  termine del 31 marzo 2007, esso appare manifestamente
incongruo:  e' irragionevole, infatti, chiedere ad un ente articolato
e  complesso  come quello regionale che, nello stretto termine di tre
mesi,  adotti  misure  alternative  per  la partecipazione alla spesa
sanitaria  (e  per  queste  ottenga,  entro  gli  stessi termini, una
valutazione  positiva  ai  due  controlli  previsti al numero 1 della
nuova   lettera   p-bis)   del  comma  796  dell'art. 1  della  legge
finanziaria  per  il  2007) o stipuli un accordo con il Ministero, in
grado di garantire un importo complessivo inderogabilmente imposto di
manovra di oltre 800 milioni di euro.
    Quanto, poi, piu' specificamente, alle previsioni di cui al nuovo
comma  p-bis)  dell'art. 1,  comma 796, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296,  esse  rappresentano in se stesse una macroscopica violazione
dell'art. 119   Cost.   Il  Legislatore  statale,  infatti,  anziche'
limitarsi,  finalmente, a stabilire l'obiettivo finanziario, fissando
l'importo  di  manovra,  per  lasciare poi all'autonomia regionale il
compito  di  attuare  il  fine  prefissato,  continua ad imporre alla
regione i mezzi con i quali realizzarlo.
    Sembra  evidente,  infatti, che le previsioni di cui ai nn. 1 e 2
del  nuovo  punto p-bis) del comma 796 delle legge finanziaria per il
2007  altro  non  fanno che ribadire, certo con una formulazione piu'
articolata  e  per  questo potenzialmente ingannevole, che le regioni
devono  realizzare  l'importo  di  manovra  per il triennio 2007-2009
mediante   "misure  di  partecipazione  al  costo  delle  prestazioni
sanitarie".
    Ora,  chiarito  che  l'espressione  "misure  di partecipazione al
costo  delle  prestazioni  sanitarie"  non  puo'  che  riferirsi alla
macrocategoria  di  cui  fa  certamente  parte  la  misura denominata
"ticket", quale strumento di partecipazione alla spesa sanitaria piu'
diffuso,  e' evidente che lo Stato continua ad obbligare le regioni a
realizzare gli obiettivi di finanza con strumenti della stessa natura
di  quelli - per non dire con i medesimi strumenti - gia' imposti con
la legge finanziaria per il 2007.
    Non  e'  dato  capire,  poi,  per  quale  motivo  il  punto  n. 2
stabilisca  la  necessita'  di  un  accordo  Ministeri-regione per la
definizione  di altre misure di partecipazione al costo della sanita'
quando  l'autonomia  finanziaria, anche di reperimento delle risorse,
riconosciuta alle regioni dal nuovo art. 119 Cost., coordinata con il
dettato  relativo alla competenza legislativa regionale in materia di
"tutela  della  salute",  e'  tale  da  consentire  alla  regione  di
scegliere   liberamente  quali  strumenti  prevedere  per  realizzare
l'obiettivo  di  bilancio,  unico  punto  sul quale lo Stato conserva
integra la sua competenza.
    Infine,  per  completezza, si rileva come le previsioni di cui al
secondo   comma   dell'art. 6-quater   della  legge  n. 17/2007,  che
modificano  il  portato  del comma 796 della legge finanziaria per il
2007, violino palesemente il principio di leale collaborazione quanto
meno sotto due differenti profili.
    In  primis, in quanto esse dovrebbero - ai sensi dell'incipit del
suddetto comma 796, la cui disciplina vanno a modificare - costituire
"attuazione  del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le
Province  autonome  di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per
la  salute  sul  quale  la  Conferenza delle regioni e delle province
autonome,  nella  riunione  del  28  settembre  2006,  ha espresso la
propria   condivisione",   mentre   cio'  assolutamente  non  e'.  In
particolare,  mentre il richiamato protocollo riconosce la necessita'
di  "combinare  la politica di promozione e coordinamento (!) propria
del Governo con il rafforzamento dell'autonomia organizzativa e della
responsabilita' finanziaria delle regioni" e, ancora, proclama che il
Nuovo  Patto dovra' puntare a "rafforzare la capacita' programmatoria
e organizzativa delle regioni", la sua presunta attuazione si risolve
in   una  disciplina  gravemente  lesiva  delle  competenze  e  delle
autonomie riconosciute alle regioni dalla Costituzione.
    In  secundis, la disciplina impugnata con questo ricorso viola il
principio  di  leale  collaborazione ove prevede una forma di accordo
con le regioni solo successiva all'imposizione del ticket fisso sulle
prestazioni ambulatoriali.
    Da  quanto  si e' detto, quindi, appare evidente che una norma di
transizione della disciplina del ticket cosi' congegnata non puo' che
risolversi  in  un  aggravamento  della  lesione  dell'autonomia,  in
particolar modo finanziaria, delle regioni.
    4. - Ferme restando le considerazioni delineate, che identificano
censure  puntuali  nei  confronti del dettato normativo impugnato, la
difesa regionale osserva che, a ben vedere, qui lo Stato non fa altro
che  riproporre  metodi  di  intervento gia' visti e stigmatizzati da
codesto  ecc.mo Collegio in modo per cosi' dire definitivo: nel senso
che   le   massime   formulate  non  lasciano  sopravvivere  dubbi  e
perplessita' di sorta.
    Lo  Stato,  sul quale ricade la responsabilita' finanziaria della
tutela  della salute in nome dell'eguaglianza, sottostima le spese e,
con  cio', altro non fa che riversarle sulla regione, cui finisce per
attribuire  la responsabilita' politico-istituzionale delle decisioni
finali, in particolare quando impone l'assunzione di misure puntuali,
oggi   escluse,   salvo   l'obiettivo   finale,   dalle  disposizioni
costituzionali regolatrici della materia.
    Senonche'  -  come  si  e'  a  suo tempo osservato nella sentenza
n. 245/1984  (punto  11  del  considerato in diritto, in fine) - "non
servono  allo scopo le leggi finanziarie, ne' gli altri provvedimenti
di  carattere  urgente o comunque contingente: la' dove sono in gioco
funzioni  e  diritti  costituzionalmente  previsti  e  garantiti,  e'
infatti  indispensabile superare la prospettiva del puro contenimento
della  spesa  pubblica,  per assicurare la certezza del diritto ed il
buon  andamento  delle pubbliche amministrazioni, mediante discipline
coerenti e destinate a durare nel tempo".

        
      
                              P. Q. M.
    Si  chiede  che  l'ecc.ma  Corte costituzionale voglia dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6-quater  della legge 26
febbraio 2007 n. 17 recante "Conversione in legge, con modificazioni,
del  decreto-legge  28  dicembre  2006,  n. 300,  recante proroga dei
termini   previsti   da  disposizioni  legislative.  Disposizioni  di
delegazione  legislativa"  per violazione degli artt. 117 e 119 della
Costituzione.
        Padova-Roma, addi' 20 aprile 2007.
Avv.  prof.  Mario  Bertolissi - Avv. Franca Caprioglio - Avv. Andrea
                                Manzi

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