Ricorso n. 22 del 16 febbraio 2006 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 febbraio 2006 , n. 22
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 febbraio 2006 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 11 del 15-3-2006)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Marche, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma e dell'art. 3, commi 1 e 3 della legge della regione Marche n. 28 del 9 dicembre 2005, pubblicata nel B.U.R. della Regione Marche del 15 dicembre 2005, n. 111, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 3 febbraio 2006. F a t t o In data 15 dicembre 2005 e' stata pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione Marche la legge regionale n. 28 del 9 dicembre 2005, recante «Istituzione del registro degli amministratori di condominio e di immobili». Con detta normazione la regione istituisce - come risulta dalla sua stessa rubrica - il registro regionale degli amministratori di condominio di immobili (art. 1), subordinando, tra l'altro l'iscrizione nel suddetto registro, per un verso, al possesso di un attestato di qualifica professionale [art. 2, comma 1, lett. a)], che viene rilasciato dalla regione a seguito del superamento di un esame da tenersi al termine del relativo corso di formazione (art. 3, terzo comma e connesso art. 9), e, per altro verso, all'iscrizione in diversi ed ulteriori albi professionali considerati affini a quello degli operatori in questione [art. 2, comma 1, lett. b)]. Giova ricordare che la figura e le funzioni dell'amministratore di condominio sono regolate dagli artt. 1129 e segg. del codice civile, ove in particolare e' espresso il principio secondo il quale «Quando i condomini sono piu' di quattro, l'assemblea nomina un amministratore» senza peraltro porre alcuna limitazione in ordine al soggetto che possa rivestire tale qualifica. Al di la' delle discussioni in ordine alla possibilita' della nomina di una pluralita' di amministratori ovvero di una persona giuridica come amministratore, nessuna norma dell'ordinamento statale prevede l'esistenza di un albo professionale degli amministratori di condominio, tant'e' che anche la Corte di cassazione, con sentenza 24 dicembre 1994, n. 11155, ha affermato che «amministratore di un condominio puo' essere chiunque, senza che sia necessaria l'iscrizione a particolari albi professionali». Anzi, una precorsa iniziativa di legge in tal senso non ha avuto esito positivo, anche in relazione alla posizione assunta dall'Autorita' Antitrust, secondo la quale l'albo in questione sarebbe non necessario e violerebbe le norme sulla concorrenza. Con la legge regionale indicata in epigrafe, la Regione Marche ha invece istituito, senza alcun riferimento a normative statali di principio, un registro regionale, l'accesso al quale e' negato a chi non possieda determinati requisiti e non superi un particolare esame di abilitazione. Siffatta previsione configura travalicamento dei limiti di competenza attribuiti alla potesta' legislativa regionale, cosicche' avverso la legge regionale in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri, previa intervenuta delibera del Consiglio dei ministri, con il presente ricorso promuove questione di legittimita' costituzionale a norma dell'art. 127, primo comma, della Costituzione, per i seguenti motivi di D i r i t t o Violazione dell'art 117, comma 3, della Costituzione. Occorre osservare che il riconoscimento, da parte della legislazione regionale, di una professione non prevista ne' istituita da leggi statali, eccede la competenza' regionale, cosi' come viola i limiti previsti dall'art. 117, comma 3, della Costituzione, dal momento che resta riservata alla legislazione dello Stato la formulazione dei principi fondamentali in materia di professioni. Non vi e' dubbio, in altre parole, che «la potesta' legislativa regionale debba rispettare il principio, vigente nella legislazione statale, secondo il quale l'individuazione delle varie figure professionali; con i relativi profili ed ordinamenti didattici; debba essere riservata allo Stato» (cosi' Corte cost., sent. n. 353/2003). In realta', l'intera legge regionale di cui si tratta si fonda sul presupposto secondo cui le regioni, in assenza di una specifica disciplina (in ambito di potesta' normativa concorrente), dispongano di poteri illimitati di legiferazione: ma codesta Corte ha gia' affermato chiaramente che tale conclusione e' «in contrasto con l'assetto costituzionale dei rapporti Stato-Regioni» e che «deve, viceversa ritenersi certamente precluso alle regioni di intervenire in ambiti di potesta' normativa concorrente, dettando norme che vanno ad incidere sul terreno dei principi fondamentali» (cfr. Corte cost., sent. n. 359/2003). In particolare, nella materia concorrente delle professioni, come piu' volte affermato da codesta Corte (cfr. sentenze n. 353 del 2003, gia' citata, n. 319, n. 355, n. 405 e n. 424 del 2005), la potesta' legislativa regionale deve rispettare il principio fondamentale, che si trae dalla legislazione statale in vigore « - e segnatamente dall'art. 2229, primo comma del codice civile, oltre che dalle norme relative alle singole professioni -», secondo cui «l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici» e' riservata allo Stato, residuando alle regioni «la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta' regionale». Tra l'altro, la Corte ha recentemente esteso a tutte le professioni il menzionato principio fondamentale, affermato inizialmente con riferimento alle professioni sanitarie (art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992, poi confermato dall'art. 124, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 112/1998 nonche', dall'art. 1, comma 2, della legge n. 42/1999) rilevando come tale limite, che «certamente [preclude] alle regioni di intervenire, in ambiti di potesta' normativa concorrente, dettando norme che vanno ad incidere sul terreno dei principi fondamentali» (cfr. sent. n. 359/2003), si ponga come vincolo di «ordine generale» allo svolgimento della legislazione regionale in materia di «professioni», stante il principio sancito nelle sentenze numero 355 e 4242 del 2005 secondo il quale «l'individuazione di una specifica tipologia o natura "professionale" oggetto di regolamentazione legislativa non ha alcuna influenza» ai fini della ripartizione delle competenze statali e regionali afferenti la materia in esame. In assenza, dunque, della previa individuazione, da parte dello Stato, della figura professionale dell'amministratore di condominio e di immobili e della definizione dei contenuti e dei requisiti culturali e tecnico-professionali afferenti la qualifica dell'operatore di cui trattasi, la potesta' concorrente delle regioni deve rispettare l'ulteriore principio fondamentale secondo cui «l'istituzione di nuovi e diversi albi (rispetto a quelli istituitio dalle leggi statali) per l'esercizio di attivita' professionali» e' prerogativa esclusiva del legislatore nazionale avendo gli stessi «una funzione individuatrice delle professioni preclusa in quanto tale alla competenza regionale». Per completezza di esame, si rammenta che analoga censura e' stata giudicata fondata da codesta Corte con riferimento alla legge n. 17/2003 della Regione Abruzzo che, nell'istituire il registro regionale degli amministratori di condominio, fissando, tra l'altro, i requisiti per l'iscrizione e precludendo l'esercizio della relativa attivita' professionale ai non iscritti, e' stata ritenuta costituzionalmente illegittima per violazione dei due principi fondamentali teste' menzionati dettati dallo Stato nella materia concorrente delle professioni (cfr. sent. n. 355/2005). Considerato, infine, che le restanti disposizioni della legge regionale in esame si pongono in inscindibile connessione con quelle specificamente censurate, si ritiene che l'illegittimita' costituzionale debba estendersi, in via consequenziale, all'intero testo normativo ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953.P. Q. M. Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare l'art. 2, comma 1 e l'art. 3, commi 1 e 3 della legge della Regione Marche n. 28 del 9 dicembre 2005, pubblicata nel B.U.R. della Regione Marche del 10 dicembre 2005, n. 111, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 3 febbraio 2006 nelle parti e per i motivi illustrati nel presente ricorso, e che consequenzialmente voglia estendere la dichiarazione della illegittimita' costituzionale delle norme indicate all'intero testo della legge regionale in epigrafe. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1) estratto della delibera del Consiglio dei ministri 3 febbraio 2006; 2) copia della legge regionale impugnata. Roma, addi' 7 febbraio 2006 L'Avvocato dello Stato: Sergio Sabelli