RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 Febbraio 2005 - 17 Febbraio 2005 , n. 22

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 febbraio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 10 del 9-3-2005)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso il quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma;

Nei confronti della Regione Abruzzo, in persona del suo
presidente per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
della legge regionale n. 45 del 13 dicembre 2004 (B.U.R. n. 39 del 17
dicembre 2004) «Norme per la tutela della salute e la salvaguardia
dell'ambiente dall'inquinamento elettromagnetico, negli articoli 7.3,
9, 11, 12, 15.3, 16.5, 17.7.
In materia di inquinamento elettromagnetico codesta Corte si e'
gia' espressa in piu' di un'occasione individuando i principi
fondamentali, introdotti dalla legge quadro n. 36/2001, ai quali le
regioni si debbono attenere nella loro legislazione.
Le legge quadro ha fissato diversi standard di protezione
dall'inquinamento elettromagnetico: limiti di esposizione, definiti
come valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, che
non debbono essere superati in alcuna condizione di esposizione della
popolazione e dei lavoratori per assicurare la tutela della salute;
valori di attenzione, intesi come valori di campo da non superare, a
titolo di cautela rispetto ai possibili effetti a lungo termine,
negli ambienti abitativi e scolastici e nei luoghi adibiti a
permanenze prolungate; obiettivi di qualita', a loro volta distinti
in valori di campo «ai fini della progressiva minimizzazione
dell'esposizione» ed in una seconda categoria, di natura eterogenea
(art. 3), determinati con criteri localizzativi.
Codesta Corte, affrontando espressamente la questione, ha
ritenuto che «la legge attribuisce allo Stato la determinazione dei
limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di
qualita' del primo dei due tipi indicati» (sent. n. 307/2003).
La ratio dei valori-soglia e' complessa.
«Da un lato ... si tratta effettivamente di proteggere la salute
della popolazione dagli effetti negativi delle emissioni
elettromagnetiche ...; dall'altro, si tratta di consentire, anche
attraverso la fissazione di soglie diverse in relazione ai tipi di
esposizione, ma uniformi sul territorio nazionale, e la graduazione
nel tempo degli obiettivi di qualita' espressi come valori di campo,
la realizzazione degli impianti e delle reti rispondenti ad elevati
interessi nazionali, sottesi alle competenze concorrenti di cui
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. In sostanza, la
fissazione a livello nazionale dei valori-soglia, non derogabili
dalle regioni nemmeno in senso restrittivo, rappresenta il punto di
equilibrio tra le esigenze contrapposte di evitare al massimo
l'impatto delle emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti
necessari al paese, nella logica per cui la competenza delle regioni
in materia di trasporto dell'energia e di ordinamento della
comunicazione e' di tipo concorrente, vincolata ai principi
fondamentali stabiliti da leggi dello Stato.».
Partendo da queste premesse normative, acquisite definitivamente,
vanno esaminate le norme regionali impugnate.
Art. 7.3
Vi sono disposti divieti generalizzati di localizzazione di
impianti per l'emittenza radio e televisiva, fondati sulla
destinazione delle aree negli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica indipendentemente dal raggiungimento dei
valori-soglia.
Codesta Corte, nella sentenza richiamata, nel dichiarare
costituzionalmente illegittime disposizioni che richiedono limiti di
esposizione inferiori a quelli fissati dalla legge statale, in quanto
principi fondamentali, ha anche precisato che, nell'esercizio delle
loro competenze, le regioni e gli enti locali possono regolare l'uso
del proprio territorio, «purche', ovviamente, criteri localizzativi e
standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione
nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od
ostacolare ingiustamente l'insediamento degli stessi».
A maggior ragione vengono ad essere costituzionalmente
illegittime norme che, in via preventiva ed astratta, come
l'art. 7.3, precludono la localizzazione degli impianti,
indipendentemente dal raggiungimento o dal superamento dei
valori-soglia, perche' contrari alla logica della legge che «e'
quella di affidare allo Stato la fissazione di "soglie" di
esposizioni, alle regioni la disciplina dell'uso del territorio in
funzione della localizzazione degli impianti, cioe' le ulteriori
misure e prescrizioni dirette a ridurre il piu' possibile l'impatto
negativo degli impianti sul territorio».
(E' singolare la formulazione della legge che investe la giunta
di una competenza a disporre divieti ... introdotti dalla legge
stessa).
Vengono ad essere illegittimi di conseguenza, gli articoli 9, 11,
12 e 15: l'art. 9 in quanto prevede che le autorizzazioni
all'installazione siano rilasciate «in conformita' con la
pianificazione urbanistica comunale aggiornata ai sensi della
presente legge» ed in quanto prevede che l'autorizzazione in via
transitoria viene rilasciata dal comune su parere favorevole del
Comitato provinciale per l'emittenza radio e televisiva; l'art. 11,
in quanto disciplina il procedimento di rilascio dell'autorizzazione
tenendo conto dei divieti di cui all'art. 9; l'art. 12, in quanto,
dopo aver introdotto il divieto di nuovi impianti in certe aree in
considerazione della loro destinazione urbanistica, rende applicabili
«le condizioni generali previste all'art. 7» anche agli impianti
fissi di telefonia mobile; l'art. 15.3, in quanto, dopo aver
confermato il rispetto dei limiti di esposizione portati dalla
normativa statale, estende il divieto di cui all'art. 12 agli
impianti mobili di telefonia mobile.
Art. 16.5
Nelle aree soggette a vincoli imposti da leggi statali e
regionali nonche' dagli strumenti territoriali e urbanistici a tutela
degli interessi storici, artistici, architettonici, paesistici ed
ambientali, il parere favorevole della regione e' condizionato al
fatto che nel territorio vincolato l'elettrodotto corra in cavo
sotterraneo e siano previste, in fase di progettazione, particolari
misure onde evitare danni irreparabili ai valori paesaggistici ed
ambientali.
La norma e' illegittima sotto diversi punti di vista.
Come codesta Corte ha chiarito in diverse occasioni (v. in
particolare sentenze numeri 94/2003 e 9/2004) e' tutela «ogni
attivita' diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni
culturali e ambientali»; e' gestione «ogni attivita' diretta,
mediante l'organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare
la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al
perseguimento delle finalita' di tutela»; e' valorizzazione «ogni
attivita' diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e
conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementare la
fruizione».
La norma regionale crea un vincolo diretto per certe aree, da
determinarsi non per le loro qualita', ma in funzione della tutela di
interessi, per i quali non sono indicati gli elementi di
individuazione.
Non e' nemmeno indicato il criterio per l'identificazione degli
interessi tutelati, vale a dire se siano soltanto quelli definiti
come tali nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 41 o se siano
anche quelli che trovano il loro riconoscimento soltanto negli
strumenti urbanistici.
La genericita' e la eterogeneita' delle aree alle quali la norma
e' applicabile e la mancata identificazione degli interessi, a tutela
dei quali la disposizione vincolistica dovrebbe operare, sono tali da
poter pregiudicare l'interesse, protetto dalla legislazione
nazionale, alla realizzazione delle reti di trasmissione e
distribuzione di energia elettrica (in questo senso si e' gia'
pronunciata codesta Corte sempre con la sentenza n. 307/2003).
Le modalita' di costruzione, imposte in via generale ed astratta,
senza tenere conto delle situazioni dei luoghi in cui si dovra'
operare, potrebbero, infatti, pregiudicare la realizzazione delle
reti o, comunque, la loro efficienza.
Inoltre, secondo i principi fissati negli articoli 1.1, lettera
c) e 5 della legge n. 36/2001, e' riservata alla competenza esclusiva
dello Stato la «apposizione di vincolo, diretto o indiretto, di
interesse storico o artistico e vigilanza sui beni vincolati»
(sentenza di codesta Corte n. 94/2003).
La regione, pertanto, ha esercitato la sua potesta' legislativa
su di una materia che non gli compete, finendo con il pregiudicare un
interesse, la cui tutela e' rimessa allo Stato, e che deve trovare il
suo coordinamento con altri interessi collaterali senza che questi
ultimi prevalgano, pregiudicandolo.
Art. 17.7
Nell'art. 9 della legge n. 36/2001 sono fissati i principi
fondamentali sul risanamento degli elettrodotti attraverso il
richiamo dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli
obiettivi di qualita', la cui determinazione e' di competenza dello
Stato.
Codesta Corte ne ha riconosciuto la inderogabilita' con la
conseguente impossibilita' per le regioni di derogarli, nemmeno in
senso piu' restrittivo perche' essi, come si e' visto, costituiscono
il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte, punto di equilibrio
che deve essere conservato su tutto il territorio nazionale.
L'art. 17.7 contrasta con questi principi sotto diversi punti di
vista.
Anche questa volta per la genericita' e l'indeterminatezza della
norma, che si riferisce, da un lato, ai centri abitati e alla aree
«soggette a vincoli imposti da leggi statali e regionali», senza che
sia indicata la natura dei vincoli, e, dall'altro agli insediamenti
produttivi, turistico-ricettivi, scolastici e sanitari, dovunque
collocati, anche se al di fuori dei centri abitati.
Stabilendo poi una distanza fissa di 500 metri, qualunque sia la
natura e la conformazione dei luoghi, in caso di una pluralita' di
impianti a distanza tra di loro a non piu' di 1000 metri, la
delocalizzazione potrebbe diventare impossibile, costringendo non a
delocalizzare gli impianti preesistenti, ma a costruirne di nuovi.
Viene introdotto, inoltre, come parametro la distanza in luogo
dei valori di attenzione, la cui determinazione, come si e' visto, e'
riservata allo Stato.
La eterogeneita' delle categorie degli immobili rispetto ai quali
e' stato previsto il limite di distanza, senza nemmeno tenere in
alcun conto la potenza degli impianti, rende evidente che si e'
sicuramente al di fuori degli standard urbanistici di competenza
della regione, con un pregiudizio evidente per l'interesse alla
realizzazione delle reti di trasmissione, la cui tutela e' rimessa
allo Stato.

P. Q. M.
Si conclude perche' gli articoli 7.3, 9, 11, 12, 15.3, 16.5 e
17.7 della legge della Regione Abruzzo n. 45 del 13 dicembre 2004
siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.
Ancona, addi' 12 febbraio 2005
Vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori

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