Ricorso n. 22 del 6 marzo 2018 (della Provincia autonoma di Trento)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 marzo 2018 (della Provincia autonoma di Trento).
(GU n. 16 del 2018-04-18)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. …), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore dott. Ugo Rossi, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale del 22 febbraio 2018, n. 227 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da Scopel, n. 45036 di racc., n. 28466 di rep. (doc. 2), dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova (cod. fisc. …, PEC …), dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia di Trento (cod. fisc. …, PEC …) e dall'avv. Luigi Manzi di Roma (cod. fisc. …Y, PEC …), con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n. 5, telefax per comunicazioni 06 3211370;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 828, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», pubblicata nel S.O. n. 62/L della Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017,
per violazione:
del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli articoli 79, 80 e 81, e delle relative norme di attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare articoli 17, 18 e 19);
degli articoli 103, 104 e 107 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige);
dell'art. 8 (in particolare n. 1), dell'art. 16 dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione;
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; del principio di leale collaborazione, in relazione all'art. 120 della Costituzione, e dell'Accordo 15 ottobre 2014, recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonche' del principio dell'accordo in materia di rapporti finanziari tra Provincia autonoma e Stato (articoli 104 e 107 dello Statuto, art. 27 della legge n. 42 del 2009);
del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione;
dell'art. 81 della Costituzione, anche in relazione alla legge costituzionale n. 1 del 2012 ed alla legge n. 243 del 2012.
Fatto
1. Il contenuto abrogativo dell'art. 1, comma 828 della legge 27 dicembre 2017, n. 205
L'impugnato art. 1, comma 828 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», ha contenuto meramente abrogativo, limitandosi a stabilire che «il comma 483 dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e' abrogato».
Tuttavia, tale comma recava una specifica clausola di salvaguardia delle competenze della Provincia autonoma.
Precisamente, l'abrogato comma 483 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016, prevedeva, al primo periodo, che «per le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, nonche' per le Province autonome di Trento e di Bolzano, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 475 e 479 del presente articolo e resta ferma la disciplina del patto di stabilita' interno recata dall'art. 1, commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come attuata dagli accordi sottoscritti con lo Stato». La disposizione proseguiva specificando che, «ai fini del saldo di competenza mista previsto per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e' considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento»: tale ultima disposizione, tuttavia, non interessa la presente controversia.
Cio' che interessa invece e' che, per effetto di tale abrogazione il comma 475 della legge n. 232 del 2016, risulta sicuramente applicabile, quanto alle lettere a) e b), pro futuro alle due Province autonome e agli enti locali della Regione Trentino-Alto Adige.
2. Il contenuto delle disposizioni abrogate della legge n. 232 del 2016 in relazione alla Provincia autonoma di Trento e a suoi enti locali.
In particolare, il comma 475, nel descrivere analiticamente e dettagliatamente le sanzioni per il mancato raggiungimento dell'obbligo di equilibrio di bilancio, menziona ripetutamente le Province autonome e gli enti locali dei territori provinciali, alle lettere a) e b), e incidentalmente anche nella lettera d), come risulta dal testo che qui si riporta:
«475. Ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 del presente articolo:
a) l'ente locale e' assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarieta' comunale in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato.
Le province della Regione siciliana e della Regione Sardegna sono assoggettate alla riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata al primo periodo. Gli enti locali delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono assoggettati ad una riduzione dei trasferimenti correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato. Le riduzioni di cui ai precedenti periodi assicurano il recupero di cui all'art. 9, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, e sono applicate nel triennio successivo a quello di inadempienza in quote costanti. In caso di incapienza, per uno o piu' anni del triennio di riferimento, gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue di ciascuna quota annuale, entro l'anno di competenza delle medesime quote, presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, al capo X dell'entrata del bilancio dello Stato, al capitolo 3509, art. 2. In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell'anno successivo, il recupero e' operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228;
b) nel triennio successivo la regione o la provincia autonoma e' tenuta ad effettuare un versamento all'entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente a un terzo dello scostamento registrato, che assicura il recupero di cui all'art. 9, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Il versamento e' effettuato entro il 31 maggio di ciascun anno del triennio successivo a quello di inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale;
c) nell'anno successivo a quello di inadempienza l'ente non puo' impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno precedente ridotti dell'1 per cento. La sanzione si applica con riferimento agli impegni riguardanti le funzioni esercitate in entrambi gli esercizi. A tal fine, l'importo degli impegni correnti dell'anno precedente e quello dell'anno in cui si applica la sanzione sono determinati al netto di quelli connessi a funzioni non esercitate in entrambi gli esercizi, nonche' al netto degli impegni relativi ai versamenti al bilancio dello Stato effettuati come contributo alla finanza pubblica;
d) nell'anno successivo a quello di inadempienza l'ente non puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti. Per le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, restano esclusi i mutui gia' autorizzati e non ancora contratti. I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di credito devono essere corredati di apposita attestazione da cui risulti il rispetto del saldo di cui al comma 466. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non puo' procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;
e) nell'anno successivo a quello di inadempienza l'ente non puo' procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresi' divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione. Le regioni, le citta' metropolitane e i comuni possono comunque procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, con contratti di durata massima fino al 31 dicembre del medesimo esercizio, necessari a garantire l'esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nel rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo del comma 28 dell'art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
f) nell'anno successivo a quello di inadempienza, il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui e' avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennita' di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.».
Invece, il comma 479, lettera a), relativo ai premi da riconoscere agli enti che rispettino il principio dell'equilibrio di bilancio dispone come segue, senza menzionare affatto la Provincia autonoma di Trento:
«Ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, a decorrere all'anno 2018, con riferimento ai risultati dell'anno precedente e a condizione del rispetto dei termini perentori di certificazione di cui ai commi 470 e 473: a) alle regioni che rispettano il saldo di cui al comma 466 e che conseguono un saldo finale di cassa non negativo fra le entrate e le spese finali, sono assegnate, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 luglio di ciascun anno, le eventuali risorse incassate dal bilancio dello Stato alla data del 30 giugno ai sensi del comma 475, lettera b), per essere destinate alla realizzazione di investimenti. L'ammontare delle risorse per ciascuna regione e' determinato mediante intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni che conseguono il saldo finale di cassa non negativo trasmettono al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le informazioni concernenti il monitoraggio al 31 dicembre del saldo di cui al comma 466 e la certificazione dei relativi risultati, in termini di competenza e in termini di cassa, secondo le modalita' previste dai decreti di cui al comma 469. Ai fini del saldo di cassa rileva l'anticipazione erogata dalla tesoreria statale nel corso dell'esercizio per il finanziamento della sanita' registrata nell'apposita voce delle partite di giro, al netto delle relative regolazioni contabili imputate al medesimo esercizio».
3. La precedente contestazione condizionata dei commi 475 e 479 nel quadro dell'impugnazione della legge n. 232 del 2016.
I commi 475, lettere a) e b), e in subordine anche il comma 479, lettera a), erano gia' stati contestati dalla ricorrente Provincia avanti a codesta Corte costituzionale nel quadro dell'impugnazione della legge n. 232 del 2016 di cui al ricorso iscritto al n. 20 del 2017. Tuttavia la contestazione era condizionata. Infatti, prima dell'abrogazione della clausola di salvaguardia recata dal comma 483 dell'art. 1 della medesima legge n. 232 del 2016, la diretta applicabilita' alle Province autonome del sistema sanzionatorio recato dal comma 475 poteva in ipotesi considerarsi esclusa - nonostante i richiami testuali - in forza della clausola di salvaguardia di cui al comma 483, dal momento che questa era dichiaratamente rivolta ad impedire l'applicazione dei commi 475 e 479.
In via principale, infatti, la Provincia autonoma di Trento riteneva che il tenore del comma 483 fosse sufficiente a neutralizzare la menzione espressa delle Province autonome nel corpo del comma 475. Dunque, nel ricorso avverso la legge n. 232 del 2016, la contestazione del comma 475 (e in subordine ad essa del comma 479) era proposta, a fronte di una disciplina che appariva contraddittoria, in subordine ad una interpretazione che direttamente escludesse la Provincia autonoma di Trento sia dalle sanzioni che dai premi, ai sensi del comma 483.
In forza di tali premesse il ricorso n. 20 del 2017 formulava nel motivo III le seguenti censure, per la denegata ipotesi che i riferimenti alle Province autonome contenuti nel comma 475 ne implicassero la diretta applicazione, nonostante la clausola di salvaguardia di cui al comma 483:
al punto III.1, essa lamentava che la diretta estensione ai comuni della Provincia, disposta dal comma 475, lettera a), del meccanismo sanzionatorio previsto per la generalita' comuni avrebbe violato le specifiche responsabilita' e competenze della Provincia nel governo del sistema locale (fondate sugli articoli 79, 80 e 81 dello Statuto di autonomia, in particolare in materia di finanza locale, e sulle norme di attuazione di cui al decreto legislativo n. 268 del 1992) e le regole proprie del rapporto tra fonti statali e fonti provinciali nelle materie di competenza provinciale, poste dall'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992. Denunciava poi la irragionevolezza della disposizione in riferimento all'obiettivo di cui all'art. 9 della legge n. 243 del 2012, vale a dire in raggiungimento dell'equilibrio di bilancio nel triennio successivo;
al punto III.2, essa contestava l'applicabilita' delle sanzioni a se' stessa, denunciando la lettera b) del comma 475 per violazione dell'art. 79 dello statuto e dei principi da esso sanciti di predeterminazione e di certezza, in forza dei quali i possibili trasferimenti finanziari dalla Provincia allo Stato sono descritti in modo esaustivo dallo stesso art. 79, che da' luogo ad un sistema compiuto, il quale non tollera commistioni con un diverso sistema, sia esso sanzionatorio o finanche premiale. Prospettava poi la violazione del principio dell'accordo, in ragione delle modalita' unilaterali della determinazione e della riscossione del prelievo a carico della Provincia autonoma a titolo di sanzione. Anche in relazione alla lettera b) deduceva l'irragionevolezza della disposizione, osservando che la misura sanzionatoria dovrebbe mirare a recuperare lo squilibrio, mentre l'applicazione del meccanismo afflittivo di cui al comma 475, lettera b), certamente non migliora, per l'ente che lo subisce, l'equilibrio tra entrate e uscite;
al punto III.3, infine, essa censurava, in via ulteriormente subordinata, l'illegittimita' costituzionale dei commi 479, lettera a) e 483, primo periodo, nella parte in cui coinvolgono la Provincia nel solo sistema sanzionatorio, ma non in quello premiale. Il ricorso evidenziava come sarebbe discriminatoria ed irragionevole la pretesa di sottoporre la Provincia autonoma la sistema sanzionatorio di cui al comma 475, senza consentirle di partecipare al sistema premiale di cui al comma 479.
Il ricorso n. 20/2017 e' chiamato per la discussione all'udienza pubblica del 7 marzo 2018.
4. La necessita' della presente impugnazione.
Ove codesta ecc.ma Corte costituzionale ritenesse fondata l'interpretazione del comma 483 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016 proposta nel ricorso n. 20/2017, essa non avrebbe ragione di pronunciare sulla contestazione condizionata dei commi 475, lettera a) e b), e 479, lettera a).
Tuttavia, il comma 475 e' resto, quanto alle lettere a) e b), sicuramente applicabili alla ricorrente Provincia autonoma dall'abrogazione del comma 483. Essa si trova dunque ora a dover riproporre e sviluppare parte delle censure di costituzionalita' formulate nel ricorso n. 20 del 2016 R.R. e qui sopra sintetizzate, indirizzandole questa volta contro l'art. 1, comma 828, della legge n. 205 del 2017, nella parte in cui esso rende applicabile il sistema sanzionatorio alla Provincia autonoma e ai comuni del territorio provinciale, senza che tale effetto possa essere escluso in via di interpretazione delle disposizioni della legge n. 232 del 2016.
Quanto al sistema premiale di cui al comma 479 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016, ove l'applicazione delle sanzioni alla Provincia autonoma e ai sui comuni fosse ritenuta legittima da codesta Corte, esso dovrebbe corrispondentemente estendersi alla Provincia: o in via interpretativa, attraverso una lettura estensiva del riferimento alle «Regioni» contenuto nella disposizione o, se tale interpretazione fosse preclusa dalla lettera della disposizione, attraverso la dichiarazione di illegittimita' costituzionale.
Diritto
I. Interesse al ricorso.
La Provincia autonoma di Trento ritiene che la presente impugnazione sia pienamente sorretta dall'interesse ad agire, in quanto la censura e' appuntata sulla norma abrogativa di una clausola di salvaguardia, la quale protegge le attribuzioni provinciali rendendo inapplicabili disposizioni lesive contenute nella legge n. 232 del 2016 e tempestivamente impugnate dalla odierna ricorrente.
Secondo la giurisprudenza di codesta Corte costituzionale, infatti, la dichiarazione di incostituzionalita' di una norma meramente abrogativa determina la reviviscenza della norma abrogata, come affermato da ultimo nella sentenza n. 214 del 2016 (in senso conforme si vedano a che le sentenze nn. 13 del 2012 e 218 del 2015).
Pertanto, l'annullamento della disposizione abrogatrice determina la reviviscenza della norma abrogata; la quale norma, da sola (secondo quanto prospettato in principalita' nel ricorso n. 20 del 2016) ovvero in seguito all'annullamento parziale del comma 475, lettere a) e b), della legge n. 232 del 2016 (e dunque mediante l'espunzione dei riferimenti alle Provincie autonome ivi contenuti, sollecitata sempre nel ricorso n. 20 del 2016 condizionatamente alla non praticabilita' di una interpretazione conforme della disposizione in combinato disposto con il comma 485) terrebbe la Provincia e il suo sistema degli enti locali fuori da meccanismo sanzionatorio (e premiale) disciplinato dalla legge di bilancio 2017.
Cio' premesso, si illustrano di seguito i vizi che rendono illegittima la norma impugnata, in relazione all'effetto che essa determina di rendere sicuramente applicabile il sistema sanzionatorio previsto dall'art. 1, comma 475, della legge n. 232 del 2016 agli enti locali della Provincia autonoma (infra, sub II) e alla stessa Provincia autonoma (sub III).
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 828, nella parte in cui, abrogando la clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 1, comma 483, della legge n. 232 del 2016, rende direttamente applicabile agli enti locali della Provincia l'art. 1, comma 475, lettera a), nonche' lettere da c) a f) della legge n. 232 del 2016.
L'impugnato comma 828 risulta costituzionalmente illegittimo anzitutto nella parte in cui esso rende le sanzioni di cui all'art. 1, comma 475, lettera a), della legge n. 232 del 2016, direttamente applicabili agli enti locali del Trentino-Alto Adige / Südtirol, anziche' prevedere che siano le Province autonome a disciplinare la materia, in attuazione - per quanto dovuto - della normativa statale, in quanto titolari della potesta' legislativa primaria e della potesta' amministrativa in materia di finanza locale ai sensi degli articoli 80 e 81, comma 2, dello Statuto (nonche' articoli 17, 18 e 19 del decreto legislativo n. 268 del 1992) e delle funzioni di coordinamento finanziario nei confronti degli enti territoriali del sistema locale e le corrispondenti funzioni di vigilanza e sanzionatoria ai sensi dell'art. 79 dello Statuto. La diretta disciplina costituisce in particolare violazione delle norme dettate dall'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992 sui rapporti tra legge statale e legge provinciale.
I medesimi vizi affliggono le altre norme recate dal richiamato comma 475 della legge n. 232 del 2016, ove esse dovessero essere ritenute applicabili agli enti locali della Provincia autonoma in conseguenza della abrogazione della clausola di salvaguardia. Se, infatti, vigente il comma 483, un'applicazione di tali sanzioni era esclusa in forza della inapplicabilita' dell'intero comma 475, non contraddetta da riferimenti testuali, ora le locuzioni «comuni», «ente», «sindaco» e simili, che compaiono nella disposizione, si prestano a comprendere anche gli enti territoriali della Provincia.
Una simile estensione va tuttora esclusa, ad avviso della ricorrente, sulla base di elementi testuali e sistematici e in ragione della generale clausola di salvaguardia tuttora contenuta nella legge n. 232 del 2016, all'art. 1, comma 638, in forza del quale «le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».
Ove tuttavia si ritenessero prevalenti gli indizi in senso opposto, e dunque applicabile agli enti locali trentini la disciplina di cui ai commi 475, lettere c), d), e) ed f), quale conseguenza della abrogazione del comma 483, anche tale applicazioni violerebbe le regole e i parametri sopra indicati, con conseguente illegittimita' costituzionale, per le ragioni di seguito esposte
Se ne ricorda in primo luogo il contenuto, per quanto di interesse della Provincia autonoma di Trento. Premesso che l'art. 1, comma 475, lettera a), della legge n. 232 del 2016 prevede che gli enti locali ricadenti nel suo territorio siano privati dei trasferimenti correnti erogati dalla Provincia medesima in misura parti all'importo del saldo negativo, il comma 475, lettera c), stabilisce per l'anno successivo a quello di inadempienza un divieto, per l'ente, di impegnare spese correnti in misura superiore all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno precedente ridotti dell'I per cento; la lettera d), prescrive che nell'anno successivo a quello di inadempienza l'ente non possa ricorrere all'indebitamento per gli investimenti (per le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano restano esclusi i mutui gia' autorizzati e non ancora contratti), e che i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di credito devono essere corredati di apposita attestazione da cui risulti il rispetto del saldo di cui al comma 466; la lettera e) vieta, sempre nell'anno successivo a quello del saldo di bilancio negativa, ogni tipo di assunzione di personale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, salvi i contratti a tempo determinato, di durata massima fino al 31 dicembre del medesimo esercizio, necessari a garantire l'esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nel rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo del comma 28 dell'art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; la lettera f), infine stabilisce che nell'anno successivo a quello di inadempienza, il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui a' avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennita' di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.
Tali norme sono incompatibili con l'assetto di competenze delineato dallo Statuto e dalle norme di attuazione.
Infatti, l'art. 80 dello Statuto, dispone al comma 1 che «le province hanno competenza legislativa in materia di finanza locale» e al comma 4 precisa che tale competenza «e' esercitata nel rispetto dell'art. 4 e dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea», configurando, dunque, una potesta' legislativa primaria in questa materia.
Questa competenza legislativa primaria e le parallele funzioni amministrative (art. 16 dello Statuto) - gia' parzialmente anticipata dagli articoli 17, 18 e 19 delle norme di attuazione (d.lgs. 268 del 1992) - sono integrati dal riconoscimento statutario di una responsabilita' generale ed esclusiva della Provincia autonoma per la finanza locale, nei termini descritti dall'art. 79 e completati dall'art. 81 dello stesso Statuto.
L'art. 79, comma 3, dispone che «le province provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti locali», e che «al fine di conseguire gli obiettivi in termini di saldo netto da finanziare previsti in capo alla regione e alle province ai sensi del presente articolo, spetta alle province definire i concorsi e gli obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva competenza». Corrispondentemente, le province «vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma e, ai fini del monitoraggio dei saldi di finanza pubblica, comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti»: e' dunque espressamente riconosciuta, in capo alle Province autonome, la stessa funzione di vigilanza sulla finanza degli enti locali.
Alla titolarita' di tali competenze si accompagna la titolarita' della competenza sanzionatoria, trattandosi, secondo l'insegnamento di codesta Corte costituzionale, di una competenza accessoria, che segue quella principale.
Chiude e completa il sistema il comma 4 dell'art. 79. Esso stabilisce che, nei confronti «degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo», e ribadisce che «le province provvedono, per se' e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando, ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 o 5, nelle materie individuate dallo Statuto».
La disposizione da ultima citata espressamente richiama l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, con cio' escludendo che un potere statale di immediata e diretta disciplina nelle materie di competenza provinciale, spettando invece alla Provincia, come appena ricordato, un potere-dovere di adeguamento della normativa, in quanto questo sia dovuto.
Guardando il sistema statutario nel suo complesso risulta che, per quanto riguarda la regolazione della finanza locale, l'intento e' quello di individuare nelle Province di Trento e di Bolzano i vertici del sistema locale, e lo snodo obbligato con il sistema normativo dello Stato.
L'art. 1, comma 828, nella parte in cui rende direttamente applicabile l'art. 1, comma 475, della legge n. 232 del 2016, contraddice dunque frontalmente la competenza della Provincia a regolare la finanza locale, nell'osservanza dei limiti derivanti dalla Costituzione e dalle norme di grande riforma dello Stato; a vigilare sul rispetto, da parte degli enti locali, degli obblighi di bilancio; a regolare le relative sanzioni.
Tali competenze sono sempre esercitate dalla Provincia autonoma, fin dalla legge provinciale 15 novembre 1993, n. 36, «Norme in materia di finanza locale» e dalle specifiche norme contenute ora mano a mano nelle leggi di bilancio, e in particolare nell'art. 8 della legge provinciale 27 dicembre 2010, n. 27, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Provincia autonoma di Trento (legge finanziaria provinciale 2011)», che disciplina anche monitoraggio e sanzioni.
La norma impugnata contraddice, altresi', le modalita' con le quali la legge statale espressiva di limiti statutari opera nelle materie di competenza delle Province autonome, modalita' che secondo quanto sancisce l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992 consistono nella prescrizione di un vincolo a carico del legislatore provinciale e non nella disciplina diretta del fenomeno.
Tale vizio, come si e' detto, sussiste sia in relazione alla lettera a), sia in relazione alle successive lettere c), d), e) ed f), che prescrivono norme dettagliate ed autoapplicative, rispettivamente in punto di riduzione degli impegni di spesa, di limiti al ricorso all'indebitamento, di divieti di assunzione di personale e di sanzioni a carico degli amministratori, tutte teleologicamente orientate al controllo della finanza locale.
Tali disposizioni, per essere ricondotte a legittimita' costituzionale, dovranno percio' essere intese come espressive di norme dirette al legislatore provinciale e per esso vincolanti limitatamente al loro contenuto di grande riforma.
La sanzione di cui alla lettera a) risulta costituzionalmente illegittima anche sotto un distinto profilo.
A differenza delle sanzioni previste nelle lettere da c) ad f) del comma 475 della legge n. 232 del 2016, che sono contenitive della spesa dell'ente territoriale responsabile della approvazione del bilancio con saldo negativo, la sanzione prevista dalla lettera b) ha natura pecuniaria e carattere automatico; la sua irrogazione rende quindi oggettivamente piu' difficile, per l'ente che ne e' colpito, raggiungere l'obiettivo di bilancio.
Tale forma di sanzione e' di per se' irragionevole, perche' colpisce in modo generalizzato una situazione di dissesto di bilancio - indipendentemente dalle cause che hanno generato il saldo negativo - non riducendo, ma aumentando le spese.
Oltre a cio', e' la sanzione e' specificamente irragionevole rispetto all'obiettivo prescritto dall'art. 9, comma 2, che obbliga l'ente che registri un valore negativo del saldo ad adottare misure di correzione tali da assicurarne il recupero entro il triennio successivo, in quote costanti, in coerenza con il principio di equilibrio di bilancio stabilito sancito dagli articoli 81 e 97, primo comma, Cost.
Tale obiettivo di rientro e' ostacolato, anziche' agevolato, da una sanzione che sottrae coattivamente risorse all'ente locale, anziche' agire sul versante della riduzione delle spese (come fanno, invece, le altre sanzioni previste dal comma 475).
Di qui la violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., del principio di equilibrio di bilancio (articoli 81 e 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost. e dello stesso art. 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012 con lesione indiretta dell'art 81, sesto comma, Cost. e dell'art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012, che costruiscono tale fonte come legge rinforzata.
Ne' varrebbe obiettare che il principio della proporzionalita' fra sanzioni e violazioni, stabilito dallo stesso art. 9, al comma 4, lettera b), della legge n. 243 del 2012 potrebbe dare copertura alla previsione di sanzioni pecuniarie rapportate al saldo negativo.
A tale obiezione, infatti, e' agevole replicare, anzitutto, che qualunque sia il senso del richiamo alla proporzionalita' - principio che solitamente preclude ogni forma di automatismo - esso non puo' arrivare a legittimare un meccanismo sanzionatorio che frustra le finalita' stesse che l'art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012 assegna alla legge rinforzata ex art. 81, sesto comma, Cost., tanto piu' che se si pone mente al fatto che la logica e lo stesso lessico sanzionatori sono del tutto sconosciuto alla legge costituzionale n. 1 del 2012.
In secondo luogo, la legge n. 243 del 2012, non puo' prevalere rispetto al parametro statutario, almeno nelle parti modificate per effetto della revisione del 2014 dello statuto speciale, avvenuta ai sensi dell'art. 104 dello Statuto stesso. Questo punto e' stato chiarito dalla sentenza n. 237 del 2017 di codesta Corte costituzionale, la quale al punto 7 ha sancito che «i commi 4-bis e 4-ter dell'art. 79 dello Statuto speciale hanno rango costituzionale e su questo stesso piano va posto anche l'art. 1, comma 410, della legge n. 190 del 2014, essendo stato approvato ai sensi dell'art. 104 dello Statuto speciale, come risulta espressamente dall'art. 1, comma 406, della legge n. 190 del 2014» e ricorda che «queste disposizioni sono successive alla legge costituzionale n. 1 del 2012 e regolano specificamente il concorso della Regione autonoma e delle Province autonome al pagamento degli oneri del debito pubblico». Per tali ragioni codesta Corte ha concluso che l'art. 4 della legge n. 164 del 2016 deve essere inteso in modo compatibile con lo Stato ed ha aggiunto che «la legge ordinaria prevista dall'art. 12 della legge n. 243 del 2012 non potra' dunque introdurre diverse e ulteriori forme di contributo della regione e delle province».
Per le stesse ragioni, dunque, l'art. 9, comma 4, novellato dall'art. 1, comma 1, lettera e), della legge n. 164 del 2014 non potrebbe autorizzare una comune legge ordinaria, qual e' la legge n. 205 del 2017, a derogare agli articoli 79 ed 80 dello Statuto, potendo tali disposizioni essere modificare soltanto nelle forme di cui agli articoli 103 e 104 dello Statuto stesso.
III. Illegittimita' costituzionale dell'art, 1, comma 828, della legge n. 205 del 2017, nella parte in cui, abrogando la clausola di salvaguardia contenuta nell'alt 1, comma 483, della legge n. 232 del 2016, rende direttamente applicabile alla Provincia autonoma l'art. l, comma 475, lettera b) e lettere da c) a f), della legge n. 232 del 2016.
Il comma 475, lettera b), dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016 dispone come segue:
«ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 del presente articolo: [ ...] b) nel triennio successivo la regione o la provincia autonoma e' tenuta ad effettuare un versamento all'entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente a un terzo dello scostamento registrato, che assicura il recupero di cui all'art. 9, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Il versamento e' effettuato entro il 31 maggio di ciascun anno del triennio successivo a quello di inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale».
Nonostante il suo tenore letterale, la non applicazione alla ricorrente Provincia dell'intero comma 475, e dunque anche della lettera b) ora citata, era assicurata dalla clausola derogatoria recata dal successivo comma 483. L'abrogazione di tale comma 483, disposta dalla norma impugnata, rende sicuramente «attivo» il riferimento alla Provincia autonoma contenuto nel comma 475, lettera b), sicche' e' necessario riproporre l'impugnazione gia' svolta, ma in via meramente cautelativa, nel ricorso n. 20 del 2017 (al punto III.2) avverso il suo inserimento nello specifico e determinato sistema di sanzioni previsto da tale comma.
Nello stesso tempo, la Provincia autonoma deve contestare, sempre in via prudenziale, anche le successive lettere da c) ad f), gia' riportate al punto precedente, per l'ipotesi che esse siano considerate applicabili alla Provincia autonoma.
Tali applicazioni sono costituzionalmente illegittime per contrasto con l'Accordo trasfuso nell'art. 79 dello Statuto, con l'autonomia finanziaria ed organizzativa della Provincia, nonche' con il decreto legislativo n. 266 del 1992.
Il comma 475, lettera b), dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016, infatti, contrasta con il principio di predeterminazione e di certezza, sancito nell'Accordo dell'ottobre 2014 e trasfuso nell'art. 79 dello Statuto. In forza di tale principio, che e' a fondamento dell'intero «Accordo di garanzia», i possibili trasferimenti finanziari dalla Provincia allo Stato sono descritti in modo esaustivo dallo stesso art. 79, secondo quando espressamente affermato nel comma 1 e ribadito dal comma 2, che riafferma che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica».
Espressamente, inoltre, il comma 4 dell'art. 79 dispone che «nei confronti della regione e delle province e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo».
Infine, il comma 4-quater dispone che «a decorrere dall'anno 2016, la regione e le province conseguono il pareggio del bilancio come definito dall'art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243» (nel testo allora vigente), con la precisazione, posta dal comma 4-quinquies, che «restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previste dai commi 460, 461 e 462 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228».
La possibilita' di una applicazione alla Provincia autonoma di un rigido sistema di sanzioni predefinito dalla legge statale in via unilaterale si pone in contrasto con le disposizioni statutarie sopra menzionate e con lo stesso principio dell'accordo che regge i rapporti finanziari tra Provincia e Stato, principio che trova fondamento negli articoli 104 e 107 dello Statuto e conferma legislativa nell'art. 27 della legge n. 42 del 2009; oltre ad essere incompatibile con la complessiva autonomia costituzionale riconosciuta alla Provincia dallo Statuto, che esclude forme di supremazia statale non direttamente fondate in norme costituzionali, e in particolare forme di supremazia che, consistendo nel potere unilaterale di sanzionare e di portate ad esecuzione la sanzione (cfr. l'ultimo periodo della lettera a del comma 474), ledono l'autonomia finanziaria e lo stesso ammontare delle risorse garantite dallo Statuto di autonomia.
In ordine a tale profilo va rammentato nuovamente che la legge costituzionale n. 1 del 2012 si limita a prescrivere a tutti gli enti costitutivi della Repubblica (art. 119, primo comma, Cost., che non a caso ribadisce la «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» di tali enti, «nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci») e alle altre amministrazioni pubbliche (art. 97, primo comma, Cost.) un obbligo di equilibrio di bilancio, senza affatto attribuire allo Stato una qualsivoglia competenza sanzionatoria nei confronti delle Province autonome: sicche' la relazione dello Stato, cui pure spetta un indiscusso ruolo di coordinamento e di garante finale della finanza pubblica, con gli enti ad autonomia costituzionale differenziata come le Province autonome rimane costituzionalmente governata dall'imperativo della leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.), principio qui leso dalla introduzione di poteri unilaterali e suscettibili di attuazione coattiva da parte dello Stato.
Specificamente lesiva, sotto tale ultimo profilo, e' la disposizione finale del comma 475, lettera b), secondo la quale «in caso di mancato versamento» degli importi previsti «si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale».
Tale norma, infatti, ad avviso della Provincia ricorrente, viola il principio di leale collaborazione e dell'accordo, consentendo allo Stato non solo di determinare unilateralmente il se e il quanto del presunto debito, ma addirittura di intestare direttamente a se' stesso le somma in questione, sottraendole alla ricorrente Provincia alla quale spettano per determinazione dello Statuto, approfittando del fatto che esse si trovino - a qualsiasi titolo, e cioe' anche per ragioni meramente contabili - presso la tesoreria statale. Per tale ragione una simile sottrazione, in assenza di qualunque giusto procedimento, viola altresi' le regole di base dell'autonomia finanziaria garantita dagli articoli 70 e seguenti dello Statuto.
Anche in relazione alla ricorrente Provincia, si deve poi denunciare l'assoluta incongruita' e irragionevolezza del nesso, che il comma 475 cerca di instaurare, tra il meccanismo sanzionatorio del versamento per tre armi di un terzo dell'importo dello scostamento e i fini e la disposizione dell'art. 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012. Questa, infatti, richiede che siano previste «misure di correzione tali da assicurarne il recupero entro il triennio successivo»: misure di correzione che portano a recuperare lo squilibrio, e che nulla hanno a che fare con il meccanismo afflittivo di cui al comma 475, lettera b), la cui applicazione sicuramente non migliora, per l'ente che lo subisce, l'equilibrio tra entrate e uscite.
Di qui la violazione dell'art. 3 Cost. e dell'art. 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012, con violazione dell'art. 81, sesto comma, e dell'art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012.
Per l'ipotesi in cui l'abrogazione della clausola di salvaguardia di cui al comma 483 rendesse applicabile alla Provincia autonoma l'intero comma 475, e dunque anche le lettere c), d) e) ed f), la Provincia deve contestare la violazione della propria autonomia finanziaria garantita dal Titolo VI, agli articoli 70 e seguenti, e segnatamente del potere di coordinare la propria finanza pubblica, sia pure nei limiti derivanti dalla legislazione statale suscettibile di esprimere limiti ai sensi degli articoli 3 e 4 dello Statuto: si richiama, in particolare, l'art. 79, commi 3 e 4, per cui fermo il coordinamento finanziario dello Stato ai sensi dell'art. 117 Cost. «le province provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale» e «la regione e le province provvedono, per se' e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando, ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 o 5, nelle materie individuate dallo Statuto, adottando, conseguentemente, autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa».
Le norme di cui al comma 475, lettere c) e d), infatti, incidono immediatamente sul versante della spesa, limitando gli impegni e le spese di investimento, senza lasciare alla Provincia il compito di recepirne l'eventuale contenuto di principio tramite la propria legislazione, come invece prevede l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, anch'esso violato dalla previsione di applicabilita' diretta.
Ancora, direttamente lesive della autonomia provinciale in materia di organizzazione degli uffici e del personale regionale, garantita dall'art. 8, numero 1, e 16 dello Statuto, sono le norme di cui alla lettera e), relativa al divieto di assunzione di personale, e alla lettera f), relativa all'obbligo di versamento delle indennita' e dei gettoni di presenza riconosciuti agli amministratori.
Anche in questo caso e' violato l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
IV. In subordine. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 828, della legge n. 205 del 2017, nella parte in cui, abrogando la clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 1, comma 483, della legge n. 232 del 2016, rende applicabile alla Provincia autonoma il sistema delle sanzioni di cui all'art. 1, comma 475, della legge n. 232 del 2016 senza ricomprenderla nel sistema dei premi di cui al comma 479.
Come sopra esposto, la ricorrente Provincia ritiene non conforme allo Statuto di autonomia il proprio inserimento nel sistema sanzionatorio specificamente disciplinato dal comma 475 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016.
Sembra tuttavia evidente che, ove in denegata ipotesi l'applicazione ad essa di tali sanzioni fosse ritenuta legittima da codesta Corte, anche il sistema dei premi dovrebbe corrispondentemente estendersi alla Provincia, pena il carattere discriminatorio della non applicazione e la violazione del principio di proporzionalita' tra premi e sanzioni.
In estremo subordine, percio', la Provincia autonoma di Trento chiede che sia dichiarato incostituzionale l'art. 1, comma 828, della legge n. 205 del 2017, nella parte in cui, abrogando la clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 1, comma 483, della legge n. 232 del 2016, rende applicabile alla Provincia autonoma il sistema delle sanzioni di cui all'art. 1, comma 475, della legge n. 232 del 2016 senza comprendere, nel comma 479, la Provincia stessa nel sistema dei premi, ove a tale risultato non potesse giungersi in via interpretativa, attraverso una lettura estensiva del riferimento alle «Regioni» contenuto nella disposizione.
P.Q.M.
La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 828, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.
Padova - Trento - Roma, 26 febbraio 2018
Avv. prof. Falcon - avv. Pedrazzoli - avv. Manzi