N. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 marzo 2003 (della Regione Umbria)
(GU n. 16 del 23-4-2003)

Ricorso della regione dell'Umbria, in persona del Presidente pro
tempore dr. Maria Rita Lorenzetti, rappresentata e difesa dal prof.
avv. Giovanni Tarantini, in base a procura a margine al presente
ricorso e con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Luigi
Manzi, Via Confalonieri n. 5, Roma, giusta delibera di incarico G.R.
n. 144 del 19 febbraio 2003;
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli
articoli di seguito indicati della legge 31 dicembre 2002, n. 289,
contenente "Disposizioni per la formazione dcl bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - (Legge finanziaria 2003)", pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2002; - art. 24, commi 1,
2, 3 nella parte in cui gli obblighi ivi previsti sono estesi agli
"enti pubblici istituzionali" e se ed in quanto tra questi possano
essere ricomprese le Regioni, 5 e 9, per violazione dell'art. 117,
commi l, 3 e 4 Cost., e dell'autonomia regionale costituzionalmente
riconosciuta dall'art. 114 comma 2 Cost.; - art. 34, commi 1, 2, 3,
4, 10 nella parte in cui stabilisce che "Per le Regioni e le
autonomie locali, nonche' per gli enti del Servizio sanitario
nazionale si applicano le diposizioni di cui al comma 11", e comma
11, per violazione dell'art. 117, comma 4 Cost. e indeterminatezza
del dettato normativo; - art. 34, comma 22, nella parte in cui si
prevede che le "altre amministrazioni pubbliche" sono tenute
all'osservanza di quanto in esso stabilito, se ed in quanto la
formula usata possa essere comprensiva delle Regioni, per violazione
dell'art. 117, comma 4 Cost.; dell'art. 46, comma 2 e 4, per
violazione dell'art. 117, comma 4 Cost.

F a t t o

1. - Con legge 27 dicembre 2002, n. 289, contenente "Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
(legge finanziaria 2003)", di seguito denominata "legge Finanziaria",
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2002, n. 305,
sono state, tra l'altro, dettate norme in materia di acquisto di beni
e servizi (art. 24), di rideterminazione degli organici, assunzioni
di personale e razionalizzazione di enti e organismi pubblici
(art. 34) e di finanziamento del fondo nazionale per le politiche
sociali e della "Federazione maestri del lavoro" (art. 46).
2. - L'art. 24 della legge Finanziaria introduce alcune modifiche
alla vigente disciplina in materia di acquisto di beni e servizi. La
soglia al di sopra della quale, per le pubbliche forniture e per gli
appalti di pubblici servizi, debbono essere espletate procedure ad
evidenza pubblica aperte o ristrette, viene portata a 50.000 euro,
fatto salvo l'affidamento degli incarichi di progettazione per
importi pari o superiori alla soglia di applicazione della disciplina
comunitaria, per importi tra 100.000 euro e detta soglia, per importi
inferiori a 100.000 euro, di cui all'art. 17, commi 10, 11 e 12 della
legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni e
integrazioni (cfr. comma 1).
Dall'obbligo del rispetto della soglia di 50.000 euro sono
esentati i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e le
cooperative sociali. Sono escluse altresi' le pubbliche
amministrazioni, qualora facciano ricorso:
a) alle convenzioni quadro definite dalla Consip S.p.a. ai
sensi degli art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, 59 della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, e 32 della legge 28 dicembre 2001,
n. 448;
b) al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui
all'art. 11 del regolamento emanato con decreto del Presidente della
Repubblica 4 aprile 2002, n. 101 (cfr. comma 2).
Il ricorso alla trattativa privata, qualora consentito dalla
normativa vigente, e' ammesso solo "in casi eccezionali e motivati" e
previo esperimento di una documentata indagine di mercato, con
obbligo di comunicazione alla Corte dei conti (cfr. comma 5).
Le disposizioni contenute nei commi 1, 2 e 5 costituiscono per le
Regioni "norme di principio e di coordinamento" (cfr. comma 9).
L'art. 24, comma 7, rimette ad un successivo decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa col Comitato
interministeriale per le informazioni e la sicurezza, la fissazione
dei casi e delle modalita' differenziali del ricorso alla procedura
di acquisizione di beni e di servizi in economia o a trattativa
privata, per il CESIS (Comitato esecutivo per i servizi di
informazione e di sicurezza), il SISDE (Servizio per le informazioni
e la sicurezza democratica), il SISMI (Servizio per le informazioni e
la sicurezza militare).
La disciplina e' completata dalle disposizioni che prevedono, per
le pubbliche amministrazioni individuate nella Tabella C allegata
alla legge e per gli enti pubblici istituzionali, l'obbligo di
utilizzare le convenzioni quadro definite dalla Consip S.p.a.. Le
province, i comuni, le comunita' montane ed i consorzi di enti
locali, qualora intendano procedere ad acquisti in maniera autonoma,
sono tenuti ad adottare come base d'asta al ribasso i prezzi delle
convenzioni quadro definite dalla Consip S.p.a. (cfr. comma 3).
I contratti che siano stati stipulati in violazione dell'obbligo
di ricorrere alle procedure ad evidenza pubblica o dell'obbligo di
utilizzare le convenzioni quadro definite dalla Consip S.p.a., sono
nulli di diritto, con le conseguenti responsabilita' pecuniarie e
amministrative (cfr. comma 4).
Viene anche previsto che la Consip S.p.a. possa stipulare
convenzioni-quadro con gli altri soggetti tenuti all'osservanza
dell'obbligo di espletare procedure aperte o ristrette per le
pubbliche forniture e gli appalti di pubblici servizi a partire dalla
soglia di 50.000 euro, nonche' svolgere facoltativamente ed a titolo
gratuito attivita' di stazione appaltante (cfr. comma 6). La
normativa e' completata dalla previsione della remunerativita' dei
servizi prestati dalla Consip S.p.a. alle societa' per azioni
interamente partecipate dallo Stato e sottoposte al controllo della
Corte dei conti (cfr. comma 8).
3. - L'art. 34 della legge finanziaria contiene disposizioni in
materia di rideterminazione delle piante organiche della Pubblica
Amministrazione, di blocco delle assunzioni e di riduzione del
personale.
Per quanto riguarda le piante organiche, il primo comma
stabilisce, in via generale, che le amministrazioni pubbliche di cui
agli artt. 1, comma 2, e 70 comma 4, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni (tra le quali compaiono
anche le Regioni, gli enti regionali e locali, le amministrazioni e
le aziende del SS.NN.) devono provvedere alla rideterminazione delle
dotazioni organiche. Dovranno essere osservati i principi di cui
all'art. 1 comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001, cit. e si
dovra' tenere conto del processo di riforma della pubblica
amministrazione di cui alle leggi n. 59/1997 e n. 137/2002, del
trasferimento di funzioni alle Regioni e agli enti locali di cui alla
legge n. 59/1997 teste' cit. e alla legge cost. n. 3/2001, nonche'
delle regole inerenti al patto di stabilita' interno gia' fissate
dalla legge n. 448/2001 - Finanziaria per il 2002 (cfr. comma 1).
In sede applicativa si stabiliscono due limiti:
a) la spesa deve rimanere invariata;
b) le datazioni organiche rideterminate non possono superare il
numero complessivo dei posti in organico alla data del 29 settembre
2002 (cfr. comma 2). In via transitoria, vale a dire sino al
compimento delle operazioni di rideterminazione, si prevede che le
dotazioni organiche vadano individuate in misura pari ai posti
coperti alla data del 31 dicembre 2002, o per i quali, alla medesima
data, siano in corso procedure di reclutamento, di mobilita' o di
riqualificazione (cfr. comma 3).
Sono poi dettate disposizioni in tema di blocco delle assunzioni.
In via generale, per tutte le amministrazioni centrali e locali, e'
sancito il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo
indeterminato per l'anno 2003. Il divieto e' derogabile soltanto nel
caso in cui si tratti di assumere figure professionali non fungibili,
la cui consistenza organica non sia superiore all'unita' o nel caso
in cui si proceda ad assunzioni relative alle categorie protette
(cfr. comma 4). Deroghe sono contemplate per le forze armate, i corpi
di polizia e dei carabinieri, il corpo nazionale dei vigili del fuoco
(cfr. commi 4, 7, 8).
Per le regioni e le autonomie locali e' prevista l'applicazione
delle "disposizioni di cui al comma 11". Per le amministrazioni
regionali, per le province ed i comuni con popolazione superiore a
5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole dei patto di
stabilita' per l'anno 2002, nonche' per gli altri enti locali e per
gli enti del Servizio Sanitario nazionale, il Presidente del
Consiglio dei ministri deve fissare, con propri decreti, "criteri e
limiti per l'assunzione a tempo indeterminato per l'anno 2003". Gli
stessi decreti, da emanarsi entro sessanta giomi dalla data di
entrata in vigore della legge finanziaria e "previo accordo tra
Governo, Regioni e autonomie locali da concludere in sede di
Conferenza unificata", definiscono l'ambito applicativo delle
disposizioni di cui ai primi tre commi dell'art. 24, nei confronti
delle Regioni, delle autonomie locali e degli enti del Servizio
Sanitario nazionale.
Alcuni dei criteri sono direttamente stabiliti dalla legge
Finanziaria:
a) fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilita', le
assunzioni devono essere contenute entro percentuali non superiori al
50% delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso del 2002,
tenuto conto di alcuni indici quali la tipologia degli enti, la loro
consistenza demografica, i profili professionali del personale da
assumere, l'essenzialita' dei servizi da garantire e l'incidenza
della spesa sulle entrate correnti;
b) per il SS.NN. puo' essere assunto solo personale
appartenente al ruolo sanitario, nei limiti predetti, derogabili
invece per il personale infermieristico;
c) per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e
per le province che abbiano un rapporto dipendenti-popolazione
superiore a quello di cui all'art. 119, comma 3, d.lgs. 25 febbraio
1995, n. 77, e successive modificazioni, la percentuale delle
assunzioni non puo' essere superiore al 20%;
d) stessa percentuale per i comuni con popolazione superiore a
5.000 abitanti e per le province la cui percentuale di spesa del
personale rispetto alle entrate correnti sia superiore alla media
ragionata per fasce correnti;
e) per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e
per le province che non abbiano rispettato le regole del patto di
stabilita' interno per l'anno 2002, resta ferma la disciplina di cui
alla legge 28 dicembre 2001, n. 148 (Finanziaria 2002). Nessun limite
puo' invece essere previsto per le assunzioni connesse ai passaggio
di funzioni e competenze alle Regioni ed agli enti locali, a
condizione che il relativo onere risulti coperto dai trasferimenti
erariali compensativi della mancata assegnazione delle unita' di
personale (cfr. comma 11).
Per le assunzioni a tempo determinato e relativamente all'anno
2003, e' stabilito un limite di spesa pari al 90% della spesa media
annua sostenuta per le stesse finalita' per il triennio 1999-2001.
Detto limite non si applica alle Regioni, alle autonomie locali
(salvo che non si tratti di province e comuni che per l'anno 2002 non
abbiano rispettato le regole del patto di stabilita' interno) e al
SS.NN, limitatamente al personale infermieristico, che potranno
procedere ad assunzioni mediante convenzione o stipula di contratti
di collaborazione coordinata e continuativa (cfr. comma 13).
I contratti di formazione e lavoro scaduti nel corso del 2002 o
in scadenza nel corso del 2003, vengono prorogati sino al 31 dicembre
2003 e sino alla medesima data vengono sospese le relative procedure
di conversione in contratti di lavoro a tempo indeterminato (cfr.
comma 18).
In ordine alla riduzione del personale, si dispone che le
amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, le agenzie
e gli enti pubblici non economici con organico superiore a 200
unita', per ciascuno degli anni 2004 e 2005, a seguito della
rideterminazione delle piante organiche e del compimento delle
procedure di mobilita', sono tenuti a realizzare una riduzione del
personale non inferiore all'1% rispetto a quello in servizio al 31
dicembre 2003. Le altre amministrazioni pubbliche devono adeguare le
politiche di reclutamento dei personale al principio di contenimento
della spesa in coerenza eon gli obiettivi fissati dai documenti di
finanza pubblica (cfr. comma 22).
Per l'espletamento delle procedure di mobilita' e' prevista
l'emanazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della legge, di un d.P.C.m., su proposta del Ministro per la funzione
pubblica, di concerto con il Ministro per l'economia e per le
finanze, che stabilisca "anche in deroga alla normativa vigente,
procedure semplificate per potenziare e accelerare i processi di
mobilita', anche intercompartimentaie, del personale delle pubbliche
amministrazioni" (cfr. comma 21).
4. - L'art. 46 della legge finanziaria, detta norme sul fondo
nazionale per le politiche sociali, previsto dall'art. 59, comma 44
della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni,
nonche' sul finanziamento della federazione maestri del lavoro.
L'ammontare del fondo nazionale per le politiche sociali risulta
dagli stanziamenti previsti per gli interventi disciplinati dalle
disposizioni legislative indicate dall'art. 80, comma 17 della legge
23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) e da ulteriori
stanziamenti previsti per interventi finanziati a carico del fondo,
"disciplinati da altre disposizioni". Gli stanziamenti affluiscono al
fondo senza vincolo di destinazione (cfr. comma 1).
Il compito di disporre annualmente con propri decreti la
ripartizione delle risorse del fondo tra i vari interventi
finanziati, in base alle finalita' poste dalla legge a carico del
fondo medesimo, e' attribuito al Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e d'intesa con la Conferenza unificata. I decreti devono in
particolare assicurare "prioritariamente l'integrale finanziamento
degli interventi che costituiscono diritti soggettivi" e destinare
"almeno il 10 per cento di tali risorse a sostegno delle politiche in
favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per
l'acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla
natalita'" (cfr. comma 2).
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con
la Conferenza unificata, "sono determinati i livelli essenziali delle
prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale", "nei
limiti delle risorse ripartibili del fondo nazionale per le politiche
sociali, tenendo conto delle risorse ordinarie destinate alla spesa
sociale dalle Regioni e dagli enti locali e nel rispetto delle
compatibilita' finanziarie definite per l'intero sistema di finanza
pubblica dal Documento di programmazione economico-finanziaria" (cfr.
comma 3).
La disciplina delle forme e dei modi del controllo dell'utilizzo
delle risorse del fondo, e' rinviata all'adozione di un regolamento
da emanarsi ai sensi dell'art. 17, comma 2 della legge n. 400/1988,
sentita la Conferenza unificata. Il regolamento dovra' prevedere "le
modalita' di esercizio del monitoraggio, della verifica e della
valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dei livelli
essenziali delle prestazioni" previsti dal d.P.C.m. di cui al comma 3
(cfr. comma 4). Il mancato utilizzo delle risorse entro il 30 giugno
dell'anno successivo a quello dell'assegnazione, comporta la revoca
dei finanziamenti da parte dei Ministro del lavoro e delle politiche
sociali. E' previsto che le somme cosi' recuperate siano versate
all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva assegnazione
al fondo nazionale per le politiche sociali (cfr. comma 5).

D i r i t t o

1. - Art. 24 commi 1, 2, 3 nella parte in cui gli obblighi ivi
previsti sono estesi agli "enti pubblici istituzionali" e se ed in
quanto tra questi possano essere ricomprese le Regioni, 5 e 9.
Violazione dell'art. 117, commi 1, 3 e 4 Cost., e dell'autonomia
regionale costituzionalmente riconosciuta dall'art. 114, comma 2
Cost..
L'art. 24, come gia' ricordato in punto di fatto, contiene una
serie di disposizioni, alcune delle quali sono dirette a tutte le
amministrazioni aggiudicatrici indicate dagli artt. 1, d.lgs.
n. 358/1992 e 2, d.lgs. n. 157/1995, tra le quali sono espressamente
ricomprese le Regioni, mentre altre si riferiscono alle sole
amministrazioni dello Stato ed ai servizi prestati dalla Consip. Le
disposizioni di maggiore rilievo ed interesse sono quelle che
prescrivono l'obbligo di espletare procedure ad evidenza pubblica,
aperte o ristrette, per l'aggiudicazione delle pubbliche forniture e
degli appalti pubblici di servizi quando il valore del contratto e'
superiore a 50.000 euro e che riducono il ricorso alla trattativa
privata, nelle ipotesi in cui la normativa lo consente, ai soli "casi
eccezionali e motivati", previo esperimento di un'indagine di mercato
documentata e con l'obbligo di darne comunicazione alla Sezione
regionale della Corte dei conti. Strettamente connessa al rispetto
della soglia dei 50.000 euro e' la previsione che esclude dal
relativo obbligo, oltre ai comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti e le cooperative sociali, le pubbliche amministrazioni che
facciano ricorso alle convenzioni quadro definite dalla Consip.
Le disposizioni sopra richiamate sono contenute nei commi 1, 2 e
5, dell'art. 24 e costituiscono per le Regioni, secondo quando
espressamente previsto al successivo nono comma, "norme di principio
e di coordinamento".
La formula usata dal legislatore e' diversa da quella dei
"principi fondamentali" la cui determinazione e' riservata alla
legislazione dello Stato nelle materie di competenza concorrente
(cfr. art. 117, comma 3, Cost.). Si introduce in tal modo un limite,
quello delle "norme di principio e di coordinamento", assolutamente
non previsto dalla Costituzione, che si configura come fortemente
invasivo dell'autonomia regionale, quale esercizio di una potesta'
che l'ordinamento non contempla e non consente.
Esso costituisce un vero e proprio abuso di potere istituzionale.
Peraltro, non si tratta neppure di norme di principio, ma di
disposizioni puntuali che pongono divieti ed obblighi precisi e
incondizionati e che non lasciano spazio ad alcuna valutazione
discrezionale da parte del legislatore regionale in ordine alla loro
attuazione. La norma di principio e' portatrice di indirizzi,
direttive, finalita' e obiettivi e solo in casi eccezionali, quando
si tratti di tutelare interessi essenziali dell'intera collettivita'
nazionale, puo' assumere il ruolo di diretta cogenza ed
applicabilita'. Inoltre, la norma di principio, come gia' accennato,
deve essere di natura fondamentale, cioe' caratterizzata dalla tutela
di diritti e interessi preminenti e/o unitari. Elementi questi che
non si ritrovano certo nelle disposizioni dettate dai commi 1, 2 e 5
dell'art. 24.
Va poi osservato che il richiamo alla loro qualificazione di
"norme ... di coordinamento" sembra voler riesumare quella funzione
di indirizzo e coordinamento, inizialmente prevista dall'art. 17,
lett. a) della legge n. 281/1970 e meglio disciplinata dall'art. 3
del d.P.R. n. 616/1977 (poi abrogato dall'art. 8, legge n. 59/1997),
non piu' compatibile con il sistema dei rapporti Stato-Regioni,
disegnato dal nuovo titolo V della Costituzione.
In ogni caso, va rilevato che la materia delle pubbliche
forniture e degli appalti pubblici di servizi, non e' neppure materia
di legislazione concorrente, ma e' da ricomprendere tra quelle
residuali attribuite alla potesta' legislativa esclusiva delle
Regioni (art. 117, comma 4, Cost.), la quale e' subordinata al solo
rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, comma 1,
Cost.).
La soglia oltre la quale le Regioni sono tenute ad applicare le
procedure ad evidenza pubblica e' quella prevista dalle direttive
comunitarie in materia di forniture pubbliche e appalti di servizi,
secondo le modalita' ivi previste e secondo le leggi statali di
recepimento.
Ne' potrebbe obiettarsi che con i commi 1, 2 e 5, il legislatore
statale abbia inteso fissare livelli essenziali di prestazioni ai
sensi dell'art. 117, comma 2, lett. m), Cost. in quanto siamo al di
fuori del campo dei diritti civili e sociali, ne' si tratta di
garantire livelli omogenei di prestazioni su tutto il territorio
nazionale. L'art. 24 disciplina infatti meccanismi di scelta del
contraente a seconda della soglia del valore del contratto tendente
ad acquisire forniture o ad appaltare pubblici servizi.
Neppure si possono invocare ragioni di trasparenza o la
competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza,
di cui all'art. 117, comma 2, lett. e) Cost.. Le prime non
costituiscono titolo legittimante per lo Stato all'esercizio di
potesta' legislativa, ai sensi dell'art. 117 piu' volte cit., mentre
la tutela della concorrenza ha riguardo alla disciplina dei mercati
in senso proprio ed agli interventi diretti ad eliminare o correggere
fenomeni distorsivi, quali l'abuso di posizione dominante o la
concentrazione di imprese, diretti ad impedire o comunque a
disturbare il libero operare dei mercati stessi. Non e' questa
l'ipotesi ed in ogni caso non potrebbero certo ritenersi conformi
all'assetto costituzionale del rapporto Stato - Regioni, disposizioni
di legge statale cosi' puntuali ed estese come quelle in esame.
1.2. - Ancorche' le disposizioni di cui al nono comma facciano
riferimento ai soli commi 1, 2 e 5 dell'art. 24, vi sono altre
previsioni che non possono non essere denunciate sotto il profilo
della legittimita' costituzionale, se e nella misura in cui possano
essere interpretate come riferibili anche alle Regioni, stante
l'ambiguita' e la non chiarezza delle espressioni usate dal
legislatore. In particolare, la disposizione di cui al terzo comma,
nella parte in cui pone l'obbligo di utilizzare le convenzioni quadro
definite dalla Consip anche per "gli enti pubblici istituzionali", la
cui nozione appare estremamente vaga. Qualora infatti nel novero di
tali enti dovessero essere ricomprese le Regioni, si tratterebbe di
un ulteriore obbligo posto in violazione dell'art. 117 Cost. e
dell'autonomia regionale per i motivi prima indicati.
2. - Art. 34, commi 1, 2, 3, 4, 10 nella parte in cui stabilisce
che "Per le Regioni e le autonomie locali, nonche' per gli enti del
Servizio sanitario nazionale, si applicano le disposizioni di cui al
comma 11", e comma 11. Violazione dell'art. 117, comma 4 Cost. e
indeterminatezza del dettato normativo.
L'art. 34 contiene una serie di disposizioni che riguardano
essenzialmente la rideterminazione delle piante organiche delle
pubbliche amministrazioni, il blocco delle assunzioni e la riduzione
del personale. Per quanto riguarda gli organici, si stabilisce in via
generale che le amministrazioni pubbliche di cui agli artt. 1, comma
2, e 70 comma 4 del d.lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni,
tra le quali sono ricomprese le Regioni, le Province, i Comuni, le
Comunita' montane e loro consorzi e associazioni, tutti gli enti
pubblici regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli
enti del Servizio sanitario nazionale, devono procedere alla
rideterminazione delle proprie piante organiche tenuto conto del
processo di riforma della P.A., dei processi di trasferimento di
funzioni delle Regioni agli enti locali e delle regole inerenti al
patto di stabilita' interno, gia' fissati dalla finanziaria del 2002
(cfr. comma 1). La rideterminazione delle piante deve rispettare, in
via applicativa, il principio di invarianza della spesa e non puo'
andare oltre il numero dei posti di organico complessivi vigenti alla
data del 29 settembre del 2002 (cfr. comma 2). In via transitoria,
sino al perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione, le
dotazioni organiche vanno provvisoriamente individuate in misura pari
ai posti coperti al 31 dicembre 2002, ivi compresi quelli per i
quali, alla medesima data, siano in corso procedure di reclutamento,
di mobilita' o di riqualificazione del personale (cfr. comma 3).
Limitatamente all'anno 2003 e' anche previsto il blocco delle
assunzioni a tempo indeterminato per le stesse amministrazioni di cui
sopra, con la sola eccezione di quelle relative a figure
professionali non fungibili con consistenza organica non superiore
all'unita' e di quelle relative alle categorie protette (cfr.
comma 4).
Limitandoci alla previsione omnicomprensiva delle amministrazioni
pubbliche contenuta nel primo comma dell'art. 34, cui dovrebbero
applicarsi le disposizioni dettate dai commi successivi sino ad ora
esaminati, si dovrebbe concludere che le Regioni e gli enti ed
organismi dipendenti e/o funzionali, nonche' le aziende e gli enti
del Servizio sanitario nazionale, sono soggetti a tale disciplina.
Senonche' il comma 10 del medesimo art. 34, ove sono indicate le
amministrazioni che si sottraggono in tutto o in parte agli obblighi
derivanti dalla rideterminazione delle piante organiche ed al blocco
delle assunzioni del personale, si legge testualmente che "Per le
Regioni e le autonomie locali, nonche' per gli enti del servizio
sanitario nazionale si applicano le disposizioni di cui al comma 11".
Pur nella contraddittorieta' tra la previsione di cui al primo
comma e quella da ultimo menzionata, utilizzando i criteri
ermeneutici del combinato disposto e del coordinamento sistematico,
sembrerebbe doversi ritenere che la disciplina applicabile alle
Regioni ed alle altre amministrazioni locali, anche sanitarie, sia
solamente quella contenuta nella disposizione di cui all'undicesimo
comma. Sarebbe peraltro obiettivamente difficile - sempre da un punto
di vista logico e di conformita' al dettato costituzionale - il
coordinamento tra la rideterminazione delle piante organiche sulla
base dei processi di trasferimento di funzioni e di personale alle
Regioni e agli enti locali conseguente alla riforma federale del
sistema amministrativo, con il blocco dei posti in organico previsti
alla data del 29 settembre 2002.
Anche le disposizioni contenute nell'undicesimo comma
dell'art. 34 si occupano della rideterminazione delle piante
organiche e delle assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003.
Per ambedue si fa riferimento a decreti del Presidente del Consiglio
dei ministri, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in
vigore della legge e previo accordo tra Governo, Regioni e autonomie
locali, da concludersi in sede di Conferenza unificata, ai quali e'
affidata:
a) la determinazione dello "ambito applicativo delle
disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3";
b) la determinazione dei criteri e dei limiti per le assunzioni
a tempo indeterminato per l'anno 2003.
Mentre manca ogni indicazione circa la precisazione dei criteri e
dei limiti che devono presiedere alla definizione dell'ambito
applicativo delle disposizioni concernenti la rideterminazione delle
piante organiche, il legislatore interviene puntualmente sulle
assunzioni a tempo indeterminato. Cosi', pur facendosi salvo il
ricorso alle procedure di mobilita' e alle assunzioni connesse al
passaggio di funzioni e competenze alle Regioni e agli enti locali
con onere coperto da trasferimenti erariali compensativi della
mancata acquisizione del personale, il limite delle assunzioni e'
stabilito nella percentuale dei 50% delle cessazioni dal servizio
verificatesi nel corso del 2002, tenuto conto di alcuni indici, gia'
ricordati nella narrazione in fatto. Per il servizio sanitario
nazionale le assunzioni possono riguardare il solo personale
appartenente al ruolo sanitario, nei limiti predetti, derogabili
invece per il ruolo infermieristico.
In via transitoria, vale a dire in attesa dell'emanazione dei
dd.P.C.m., scatta il blocco delle assunzioni previsto dal quarto
comma.
La disciplina ricordata presenta vari profili di illegittimita'
costituzionale, cosi' come di seguito indicati:
a) violazione dell'art. 117, comma 4, Cost.
Le disposizioni dell'art. 34 si pongono in aperto contrasto eon
la potesta' legislativa esclusiva riconosciuta alle Regioni
dall'art. 117, comma 4, Cost. in materia di ordinamento ed
organizzazione dei propri uffici e personale, degli enti ed organismi
dipendenti e funzionali e di quelli facenti parte del sistema
sanitario nazionale. Allo Stato e' riconosciuta competenza solo per
quanto concerne il proprio ordinamento e l'organizzazione
amministrativa propria e degli enti pubblici nazionali, ne' la
materia dell'organizzazione degli uffici e del personale regionale e
degli enti ed organismi legati alla Regione da rapporti di dipendenza
o strumentalita' compare tra quelle in cui spetta allo Stato la
potesta' legislativa a livello di fissazione dei principi
fondamentali.
La disciplina delle piante organiche e delle assunzioni del
personale rientra senza ombra di dubbio nella competenza residuale
delle Regioni e non puo' tollerare vincoli che non siano collegabili
al rispetto di specifiche norme costituzionali o non derivino
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Ne' la previsione contenuta nella prima parte dell'undicesimo
comma dell'art. 34, finanziaria 2003, secondo cui i decreti del
P.C.m., ivi previsti, presuppongono il previo accordo tra Governo,
Regioni ed autonomie locali in sede di Conferenza unificata, potrebbe
far ritenere costituzionalmente legittime le disposizioni qui
denunciate. L'accordo tra Governo, Regioni ed enti locali, ancorche'
raggiunto in una sede istituzionalmente qualificata come la
conferenza unificata, non puo' sovrapporsi al libero esercizio della
potesta' legislativa regionale o comunque costituirne un limite, in
quanto cio' si pone al di fuori ed anzi contro l'art. 117 Cost.. Lo
stesso ed a maggior ragione dicasi per il blocco delle assunzioni di
cui al quarto comma dell'art. 34, in attesa della emanazione dei
menzionati dd.P.C.m.
Vero e' che l'art. 34, comma 11, richiama il concorso delle
autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza
pubblica, ma una cosa e' la indicazione del principio in questione
come criterio operativo e come risultato da raggiungere per Regioni
ed enti locali, altra e' dettare regole talmente precise ed
analitiche da non lasciare alle autonomie regionali margine alcuno
per l'esercizio della potesta' legislativa loro attribuita dalla
Costituzione nella specifico settore dell'organizzazione degli uffici
e del personale e dell'ordinamento degli enti ed organismi dipendenti
e strumentali.
b) indeterminatezza del dettato normativo.
Come gia' evidenziato non e' ben chiaro il rapporto tra i commi
1, 10 e 11 dell'art. 34, in quanto il primo si riferisce
indistintamente a varie categorie di soggetti, tra cui le Regioni e
gli enti locali, mentre al comma decimo si stabilisce che alle
Regioni ed alle autonomie locali va applicata la disciplina di cui al
comma successivo.
2.1. - Art. 34, comma 22, nella parte in cui si prevede che le
"altre amministrazioni pubbliche" sono tenute all'osservanza di
quanto in esso stabilito, se ed in quanto la formula usata possa
essere comprensiva delle Regioni. Violazione dell'art. 117, comma 4
Cost.
L'obbligo di ridurre il personale si riferisce testualmente alle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle
agenzie e agli enti pubblici economici, con organico superiore a 200
unita'. Viene cosi' previsto che, dopo il completamento degli
adempimenti di rideterminazione delle piante organiche ed il
compimento delle procedure di mobilita', venga effettuata una
riduzione del personale non inferiore all'1% rispetto a quello in
servizio alla data del 31 dicembre 2003. Per "le altre
amministrazioni pubbliche" e' previsto soltanto l'obbligo
dell'adeguamento delle proprie politiche del personale al principio
di contenimento della spesa in coerenza con gli obiettivi fissati dai
documenti di finanza pubblica, con il connesso onere, a carico degli
organi competenti, di trasmettere annualmente i dati previsionali dei
fabbisogni al Ministero dell'economia e delle finanze e alla
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica, secondo le modalita' da questi determinati.
(cfr. comma 22).
L'indeterminatezza della formula "altre amministrazioni
pubbliche", se ed in quanto possa essere interpretata nel senso di
ricomprendervi le Regioni e gli enti locali, determina la
illegittimita' della disposizione in esame per gli stessi motivi
dedotti al par. 2.
3. - Art. 46, commi 2 e 4. Violazione dell'art. 117, comma 4
Cost.
Come gia' ricordato in punto di fatto, il secondo comma
dell'art. 46 attribuisce al Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e
d'intesa con la Conferenza unificata, il compito di disporre
annualmente con propri decreti la ripartizione del fondo di cui
all'art. 59, legge n. 449/1997. I decreti non devono solo assicurare
in via prioritaria "l'integrale finanziamento degli interventi che
costituiscono diritti soggettivi", ma devono destinare almeno il 10%
delle risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di
nuova costituzione, con preferenza per finanziamenti all'acquisto
della prima casa e al sostegno della natalita'.
Non e' facile comprendere come giuridicamente l'intervento possa
essere di per se' costitutivo di una posizione di diritto soggettivo,
ma se con tale espressione si e' inteso fare riferimento a
prestazioni a carico dell'I.N.P.S., cio' significa sottrarre
indebitamente a stanziamenti destinati a politiche sociali quote per
interventi di altra natura.
La materia delle politiche sociali rientra tra quelle riservate
alla competenza residuale o, se si preferisce, esclusiva delle
Regioni, salvo la potesta' riconosciuta allo Stato della
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Inoltre la disposizione in esame non si limita ad indicare degli
obiettivi generali di politica sociale, ma fissa delle priorita' ben
determinate, sovrapponendosi alla competenza in tale materia del
legislatore regionale.
Quanto sopra e' avvalorato dalla previsione di cui al terzo
comma, ove la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
da garantire su tutto il territorio nazionale e' rinviata ad un
successivo d.P.C.m., su proposta del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e d'intesa con la Conferenza unificata.
Anche la previsione della disciplina del monitoraggio
sull'utilizzo dei fondi, mediante regolamento da emanarsi ai sensi
dell'art. 17, comma 2, legge n. 400/1988, e' consequenziale alla
fissazione delle priorita' sopra evidenziate e, come tale, per gli
aspetti prima sottolineati, invasiva della potesta' legislativa
regionale.

P. Q. M.
Si chiede che l'Ecc.ma Corte voglia dichiarare la illegittimita'
costituzionale dei seguenti articoli della legge 31 dicembre 2002,
n. 289, contenente "Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - (Legge finanziaria 2003)",
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale; n. 305 del 31 dicembre 2002: -
dell'art. 24, commi 1, 2, 3 nella parte in cui gli obblighi ivi
previsti sono estesi agli "enti pubblici istituzionali" e se ed in
quanto tra questi possano essere ricomprese le Regioni, 5 e 9, per
violazione dell'art. 117, commi 1, 3 e 4 Cost., e dell'autonomia
regionale costituzionalmente riconosciuta dall'art. 114 comma 2,
Cost.; - dell'art. 34, commi 1, 2, 3, 4, 10 nella parte in cui
stabilisce che "Per le Regioni e le autonomie locali, nonche' per gli
enti del Servizio sanitario nazionale si applicano le disposizioni di
cui al comma 11", e comma 11, per violazione dell'art. 117, comma 4
Cost., e indeterminatezza del dettato normativo; - dell'art. 34,
comma 22, nella parte in cui si prevede che le "altre amministrazioni
pubbliche" sono tenute all'osservanza di quanto in esso stabilito, se
ed in quanto la formula usata possa essere comprensiva delle Regioni,
per violazione dell'art. 117, comma 4 Cost.; dell'art. art. 46, commi
2 e 4, per violazione dell'art. 117, comma 4 Cost.
Si produce copia conforme della delibera d'incarico della G.R.
n. 144 del 19 febbraio 2003.
Perugia-Roma, addi' 27 febbraio 2003
Prof. Avv. Giovanni Tarantini

Menu

Contenuti