Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 7 marzo 2014 (della Regione Puglia).
 

(GU n. 19 del 30.4.2014)

    Ricorso della Regione  Puglia,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore  della  giunta  regionale  dott.  Nicola  Vendola,   a   cio'
autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.  188  del  21
febbraio  2014,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  prof.  Marcello
Cecchetti  (pec: ...)  ed
elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,
via Antonio Mordini n. 14, come da mandato  a  margine  del  presente
atto;
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  pro-tempore,  per  la   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre  2013,
n. 147  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale - legge di stabilita' 2014),  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 27 dicembre 2013,  n.  302,  supplemento  ordinario,  nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi  4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si  applichino
con decorrenza a partire dal 2015, per violazione degli  articoli  3,
97, 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e  secondo  comma,  della
Costituzione,    nonche'    dei    principi     costituzionali     di
razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione  e
di certezza del diritto e chiarezza normativa.
    1.  -  La  disposizione  impugnata  e  l'evoluzione  del   quadro
normativo.
    1.1. - L'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n.  147
(Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale  -
Legge di stabilita' 2014), in  vigore  dal  1°  gennaio  2014,  cosi'
dispone: «Al comma 7 dell'art. 6 del  decreto  legislativo  6  maggio
2011, n. 68, e successive modificazioni, le parole: "a decorrere  dal
2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 2015"».
    Il citato art. 6 del decreto legislativo 6 maggio del 2011, n. 68
(Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata  delle  regioni  a
statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei
costi e dei l'abbisogni standard nel settore sanitario), a sua volta,
contiene  disposizioni  sull'addizionale  regionale   all'IRPEF.   In
particolare esso prevede, al comma 1, che «a decorrere dall'anno 2013
ciascuna regione a Statuto  ordinario»  possa,  «con  propria  legge,
aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale di base»,
fissando inoltre tale aliquota di base allo 0,9 per cento  sino  alla
rideterminazione effettuata  ai  sensi  dell'art.  2,  comma  1,  del
medesimo atto normativo. Il comma 1 dell'art. 6 fissa poi  il  limite
massimo della maggiorazione in 0,5 punti percentuali per l'anno 2013,
in 1,1 punti percentuali per l'anno 2014 e in 2,1 punti percentuali a
decorrere dall'anno 2015. Il comma 2, a sua volta, prevede  che  fino
al 31 dicembre 2012, restino ferme  «le  aliquote  della  addizionale
regionale all'IRPEF delle regioni che, alla data di entrata in vigore
del presente decreto, sono superiori alla aliquota  di  base»,  salva
comunque «la facolta' delle medesime regioni di  deliberare  la  loro
riduzione fino alla medesima aliquota di base».
    1.2. - In tale contesto si inseriscono i successivi commi 3, 4, 5
e 6, sui quali interviene la disposizione della quale in questa  sede
si denunciano i profili di illegittimita' costituzionale.
    In particolare, il comma 3 contiene disposizioni  concernenti  il
coordinamento  tra  la  maggiorazione  IRPEF  e  la  riduzione   IRAP
eventualmente prevista dalle Regioni,  nonche'  altre  previsioni  di
specificazione ed attuazione della  normativa  sopra  richiamata.  Il
comma 4 contiene disposizioni volte ad assicurare la razionalita' del
sistema tributario.
    Il  comma  5,  invece,  prevede  quanto   segue:   «Le   regioni,
nell'ambito della addizionale di cui al  presente  articolo,  possono
disporre, con propria legge, detrazioni  in  favore  della  famiglia,
maggiorando le detrazioni previste dall'art. 12  del  citato  decreto
del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. Le regioni  adottano
altresi' con propria legge misure di erogazione di misure di sostegno
economico diretto, a favore dei soggetti IRPEF,  il  cui  livello  di
reddito e la relativa imposta netta, calcolata anche su base
    familiare, non consente la fruizione delle detrazioni di  cui  al
presente comma».
    Sempre sul medesimo tema, il comma 6 stabilisce che «le  regioni,
nell'ambito della addizionale di cui al  presente  articolo,  possono
inoltre disporre,  con  propria  legge,  detrazioni  dall'addizionale
stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e
altre  misure  di  sostegno  sociale  previste   dalla   legislazione
regionale».
    Il successivo comma 7 (oggetto  dell'intervento  di  novellazione
che si censura  in  questa  sede),  nella  sua  versione  originaria,
prevedeva che le disposizioni di cui ai precedenti commi 3, 4, 5 e  6
si applicassero «a decorrere dal 2013». Solo a partire da quell'anno,
dunque, le Regioni dovevano ritenersi abilitate a disporre detrazioni
in favore delle famiglie, a prevedere misure  di  sostegno  economico
diretto in favore  di  soggetti  svantaggiati  ulteriori  rispetto  a
quelli presi in considerazione dalla sopra citata normativa  statale,
nonche' a far uso dello strumento delle  detrazioni  dall'addizionale
IRPEF per perseguire varie finalita' di sostegno sociale.
    Tale comma 7, tuttavia,  e'  stato  modificato  una  prima  volta
dall'art. 1,  comma  555,  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  -  Legge  di  stabilita'  2013),  che  ha   posticipato
l'applicazione delle norme in questione a partire dal  2014.  Infine,
e' intervenuta la disposizione in  questa  sede  contestata,  che  ha
ulteriormente prorogato il dies a quo della  operativita'  dei  sopra
citati commi 3, 4, 5 e 6 dell'art. 6 del decreto  legislativo  n.  68
del 2011 all'anno 2015.
    Ad oggi,  e  fino  a  tutto  il  2014,  dunque,  le  Regioni  non
potrebbero, in base  alla  legislazione  statale  vigente,  prevedere
quelle detrazioni e predisporre quelle misure di sostegno sociale che
risultano contemplate dai  commi  5  e  6  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011.
    1.3 - Considerati i contenuti  e  gli  effetti  normativi  appena
illustrati, la Regione Puglia,  con  la  deliberazione  della  Giunta
indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti  a
questa Ecc.ma Corte l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013,
nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni  di  cui  ai
commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n.  68  del  2011  si
applichino   con   decorrenza   a   partire   dal    2015,    perche'
costituzionalmente  illegittimo  e  lesivo  dell'autonomia   che   la
Costituzione riconosce e garantisce alle Regioni, in riferimento agli
articoli 3, 97, 117, commi terzo e  quarto,  e  119,  commi  primo  e
secondo, della Costituzione, nonche' ai  principi  costituzionali  di
razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione  e
di chiarezza normativa.
    L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con  il  presente
ricorso si fonda sulle seguenti ragioni di
 
                               Diritto
 
    2. - La qualificazione dell'addizionale IRPEF, in  base  all'art.
119  Cost.,  come  «compartecipazione  al  gettito  di   un   tributo
erariale».
    2.1  -  Per  illustrare  i  diversi  profili  di   illegittimita'
costituzionale  della  disciplina  in   esame,   e'   preliminarmente
opportuno soffermarsi sulla qualificazione giuridica dell'addizionale
IRPEF, tanto alla luce delle previsioni della legge 5 maggio 2009, n.
42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuatone
dell'art. 119 della  Costituzione),  che  costituisce  il  fondamento
sulla base del quale e' stato adottato il citato decreto  legislativo
n. 68 del 2011, quanto alla luce dell'art. 119 Cost.
    In base all'art. 7, comma 1, della  legge  n.  42  del  2009,  le
entrate tributarie delle Regioni si dividono  in  due  categorie.  La
prima e' quella  delle  «compartecipazioni  al  gettito  dei  tributi
erariali» (lett. a), mentre la seconda  e'  la  «macrocategoria»  dei
«tributi delle regioni» (lett. b), all'interno  della  quale  vengono
distintamente individuati:
    1) i «tributi propri derivati,  istituiti  e  regolati  da  leggi
statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni»;
    2) le «addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali»;
    3) i «tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in
relazione  ai  presupposti  non  gia'  assoggettati  ad   imposizione
erariale».
    L'addizionale   IRPEF   rientra   evidentemente   nella   seconda
categoria, e deve dunque essere qualificata, ai  sensi  dell'art.  7,
comma 1, della legge n. 42 del 2009, come un «tributo delle Regioni»,
in relazione al quale la successiva lett. c)  del  medesimo  comma  1
dell'art. 7 stabilisce espressamente che queste ultime  possano,  con
proprie leggi,  «introdurre  variazioni  percentuali  delle  aliquote
delle addizionali», nonche' «disporre detrazioni entro limiti fissati
dalla legislazione nazionale».
    2.2. -  L'art.  119  Cost.  propone,  tuttavia,  definizioni  non
coincidenti  con  quelle  appena  illustrate.  Ai   sensi   di   tale
disposizione costituzionale, infatti,  le  entrate  tributarie  delle
Regioni si distinguono soltanto nelle seguenti due tipologie:
    i «tributi propri»;
    le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali».
    In relazione a tale dicotomia, si puo' affermare che tertium  non
datur. secondo l'art. 119 Cost.,  una  entrata  tributaria  regionale
puo' essere qualificabile soltanto  come  «tributo  proprio»,  ovvero
come «compartecipazione al gettito di un tributo erariale».
    La qualificazione dell'entrata regionale in un senso o nell'altro
e' determinante, poiche' dalla medesima dipende l'individuazione  del
relativo parametro costituzionale. I «tributi propri  delle  Regioni»
sono infatti disciplinati  dalla  seconda  proposizione  del  secondo
comma dell'art. 119 Cost., mentre le «compartecipazioni al gettito di
tributi erariali» sono regolate dalla terza proposizione del medesimo
comma.
    In base alla ormai  costante  giurisprudenza  costituzionale,  il
criterio per distinguere le due categorie di entrate tributarie delle
Regioni  contemplate  dall'art.  119  Cost.  e'  quello  della  legge
istitutiva: i tributi regionali sono  solo  quelli  «istituiti  dalle
Regioni con propria legge». In questo senso depone  chiaramente  gia'
la sent. n. 296 del 2003, nella  quale,  in  relazione  all'IRAP,  si
afferma: «La circostanza che l'imposta sia stata istituita con  legge
statale e che alle regioni  a  statuto  ordinario,  destinatarie  del
tributo, siano espressamente attribuite competente di carattere  solo
attuativo, rende palese che l'imposta  stessa  -  nonostante  la  sua
denominazione  -  non  puo'  considerarsi  «tributo   proprio   della
regione», nel  senso  in  cui  oggi  tale  espressione  e'  adoperata
dall'art. 119, secondo comma, della Costituzione, essendo indubbio il
riferimento della norma  costituzionale  ai  soli  tributi  istituiti
dalle regioni con  propria  legge,  nel  rispetto  dei  principi  del
coordinamento  con  il  sistema  tributario  statale»  (par.  2   del
Considerato in diritto). Tali conclusioni sono state  poi  confermate
da molte altre decisioni di questa Ecc.ma Corte. Si vedano,  ad  es.,
le sentenze n. 50 e n. 99 del 2012 (rispettivamente parr. 2.1  e  4.1
del Considerato in diritto), riguardanti l'IRAP, e n. 296, n.  297  e
n. 311 del 2003 (rispettivamente parr. 2, 2 e 3.1. del Considerato in
diritto), 455 del 2005, (par. 5.1 del Considerato in diritto), e  288
del 2012 (par. 3.1 del Considerato in diritto), concernenti le  tasse
automobilistiche.
    Anche a dispetto della loro eventuale  denominazione  legislativa
(e a prescindere dalla  eventuale  illegittimita'  costituzionale  di
quest'ultima), dunque, le entrate  tributarie  che  non  siano  state
istituite dalla legge regionale, non  possono  che  qualificarsi,  ai
sensi dell'art. 119,  secondo  comma,  Cost.  e  al  (solo)  fine  di
individuare  il  parametro  costituzionale  che  le  riguardi,   come
«compartecipazioni al gettito di tributi erariali».
    Pertanto, in base al criterio  appena  illustrato,  l'addizionale
IRPEF non  puo'  che  rientrare  in  tale  categoria,  nonostante  la
qualificazione legislativa derivante  dall'art.  7,  comma  1,  della
legge n. 42 del 2009 e come confermano, del  resto,  le  sentenze  di
questa Corte n. 381 del 2004 (par. 7 del Considerato in diritto) e n.
193 del 2007 (par. 5 del  Considerato  in  diritto).  Sulla  base  di
questo presupposto interpretativo sono proposte le censure di seguito
illustrate ai paragrafi 3 e 4.
    3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,  della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto  la  disciplina
ivi contenuta  impedisce  alla  Regione  di  «disporre»  della  quota
dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale «compartecipazione  al
gettito di un tributo erariale»,  in  contrasto  con  l'autonomia  di
entrata di cui alla prima disposizione  costituzionale  citata  e  in
evidente difformita'  dall'esplicita  previsione  della  seconda,  al
contempo ledendo la potesta'  legislativa  regionale  in  materia  di
entrate tributarie, con specifico riferimento al potere  di  disporre
detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge  statale  alle
Regioni.
    3.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147  del  2013,  nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi  4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si  applichino
con decorrenza a partire dal 2015, e' incostituzionale per violazione
dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  Cost.  e  dell'autonomia  di
entrata da tali disposizioni riconosciuta alla Regione,  al  contempo
violando la potesta' normativa regionale  che  l'art.  117,  terzo  e
quarto  comma,  indubbiamente  riconosce  in   materia   di   entrate
tributarie.
    Al riguardo, bisogna osservare, innanzi tutto, che il primo comma
dell'art. 119 sopra menzionato riconosce esplicitamente,  e  con  una
affermazione di carattere generale,  autonomia  finanziaria,  sia  di
entrata che di  spesa,  alle  Regioni  (oltre  che  agli  altri  enti
territoriali  che  compongono  la  Repubblica).  Si  tratta   di   un
importante principio che non puo' non guidare l'interpretazione delle
disposizioni costituzionali attuative del medesimo.
    La  generale  autonomia  di  entrata  prevista  dal  primo  comma
dell'art.  119,  Cost.  trova  specificazione  nel  successivo  comma
secondo. Gli strumenti che questa disposizione individua per  rendere
concreta tale autonomia sono: a)  la  possibilita'  di  istituire  ed
applicare  tributi  ed  entrate  proprie;  b)  la   possibilita'   di
«disporre» delle «compartecipazioni al gettito  di  tributi  erariali
riferibile al loro territorio».
    Qui interessa tale ultimo strumento. Con la norma appena  citata,
infatti, la Costituzione riconosce alla Regione  la  possibilita'  di
esercitare  la  propria  autonomia   di   entrata   anche   adottando
disposizioni normative concernenti le quote di tributi erariali  alla
medesima attribuite dalla legge statale, ovviamente entro  il  limite
di  tali  compartecipazioni,  e  dunque  della  quota   di   gettito,
riferibile al proprio territorio, che le sia  stata  assegnata  dalla
medesima legge statale. Entro tale misura, pero', alla  Regione  deve
essere riconosciuta la potesta' di esercitare la propria autonomia di
entrata  e  perseguire  le  proprie  politiche  fiscali  e   sociali,
adottando disposizioni volte a ridurre le proprie  entrate  derivanti
dalle compartecipazioni a tributi erariali, secondo le proprie scelte
discrezionali.
    3.2.  -  La  Regione  Puglia  e'  ben   consapevole   che   nella
giurisprudenza di questa Ecc.ma  Corte  sono  reperibili  spunti  che
parrebbero, a prima vista, deporre in contrasto rispetto alla censura
appena prospettata. In particolare, ci si  riferisce  alle  decisioni
citate  nel   precedente   par.   2.2.,   dalle   quali   si   desume
inequivocabilmente che lo Stato dispone di una  competenza  esclusiva
in relazione all'addizionale IRPEF in quanto annoverabile,  ai  sensi
dell'art. 119, tra i «tributi erariali». La  ricorrente  non  intende
negare questa circostanza. Con la disposizione impugnata lo Stato  ha
senza dubbio esercitato una propria competenza legislativa esclusiva.
La Regione Puglia, tuttavia, e'  convinta  che  l'art.  119,  secondo
comma, Cost., nella parte in cui assegna alle Regioni la possibilita'
di «disporre» di un quota  dei  tributi  erariali,  ponga  una  norma
sostanziale che si impone al legislatore statale quando  quest'ultimo
si trovi ad esercitare la propria competenza legislativa esclusiva in
materia di tributi erariali, obbligandolo ad esercitarla in un  certo
modo e nel rispetto di alcuni limiti. In particolare,  la  menzionata
disposizione  costituzionale   richiede   che   la   legge   statale,
nell'assegnare  alle  Regioni  una   compartecipazione   ai   tributi
erariali, lasci a queste ultime  un  margine  di  potesta'  normativa
(ossia uno spazio  minimo  non  conculcabile)  entro  il  quale,  per
l'appunto,   esse   possano   effettivamente   «disporre»   di   tale
compartecipazione, evidentemente nei limiti della quota che sia  loro
assegnata.
    Alla luce di tali considerazioni, risulta evidente che  l'art.  6
del decreto legislativo n. 68 del  2011  e'  rigorosamente  attuativo
dell'art. 119, secondo comma, Cost., e non soltanto  nella  parte  in
cui prevede, al comma 1, che «a  decorrere  dall'anno  2013  ciascuna
regione a Statuto ordinario» possa, «con propria legge,  aumentare  o
diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF  di  base».
Il citato art. 6 e' attuativo dell'art. 119,  secondo  comma,  Cost.,
anche - per quel che qui piu' interessa - per  cio'  che  prevede  ai
successivi commi 5 e 6. Come evidenziato  nel  par.  1,  il  comma  5
prevede infatti che le Regioni, «nell'ambito della addizionale (...),
possono disporre, con  propria  legge,  detrazioni  in  favore  della
famiglia», nonche' che possono adottare «misure di sostegno economico
diretto» a favore di determinati soggetti IRPEF, mentre  il  comma  6
autorizza le  Regioni,  «nell'ambito  della  addizionale  di  cui  al
presente articolo», a disporre «detrazioni  dall'addizionale  stessa»
in luogo (ossia in sostituzione) dell'erogazione di misure sociali di
vario genere e con effetto equivalente.
    Risulta dunque chiaro - anche dal tenore  testuale  della  norma,
stante la consapevole utilizzazione del verbo «disporre» - che l'art.
6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 ha, per cosi'  dire,  «preso
sul serio» l'art. 119, secondo comma, Cost., assegnando alle  Regioni
non solo la compartecipazione al gettito di un tributo  erariale,  ma
anche la possibilita' di esercitare la propria autonomia  di  entrata
nell'ambito  di  tale  compartecipazione,  entro  confini   certi   e
precostituiti, e  dunque  la  possibilita'  di  «disporre»  in  senso
proprio di tale compartecipazione, tramite autonome scelte  politiche
e proprie determinazioni normative, ovviamente  nell'ambito  di  tali
confini. Da cio' risulta altrettanto chiaro,  pero',  che  l'art.  1,
comma 509, della legge n. 147 del 2013, precludendo alle Regioni, con
l'ennesima proroga  annuale  del  termine  di  decorrenza,  qualunque
possibilita'  di  «disporre»  dell'addizionale  IRPEF  nel  senso  di
applicare le detrazioni contemplate dai commi 5 e 6 dell'art.  6  del
decreto legislativo n. 68 del 2011, viola  inequivocabilmente  l'art.
119, secondo comma, Cost.
    3.3. - Ad ulteriore supporto delle  ragioni  appena  esposte,  si
consideri il caso deciso da questa Ecc.ma Corte con la sent.  n.  381
del 2004. In tale pronuncia, infatti, sono state dichiarate infondate
le censure proposte dalla parte regionale nei confronti  delle  norme
che sospendevano gli aumenti delle addizionali IRPEF e delle aliquote
IRAP, impedendo alle Regioni «di utilizzare uno spazio  di  autonomia
nel prelievo tributario, che la legge statale loro  riconosceva»,  in
considerazione del fatto che tale sospensione era: a)  «temporanea  e
provvisoria»; b) effettuata «in attesa di  un  complessivo  ridisegno
dell'autonomia tributaria delle Regioni, nel  quadro  dell'attuazione
del nuovo art. 119 Cost.».
    Ebbene, la circostanza sub a) sembrerebbe ricorrere  proprio  nel
caso di specie, posto che la norma impugnata  posticipa  al  2015  la
possibilita', per  le  Regioni,  di  disporre  della  loro  quota  di
compartecipazione IRPEF nel senso sopra accennato. Tuttavia, come  si
argomentera' piu' diffusamente di seguito (cfr. sub par.  9  e  ss.),
tale temporaneita' e provvisorieta' e' da considerarsi  fittizia,  in
ragione del fatto che una  siffatta  posticipazione  e'  intervenuta,
identica a se stessa, per ben tre volte di seguito, svelando  in  tal
modo il sui carattere falsamente transitorio.
    Quanto alla circostanza sub b), che essa non  ricorra  (piu')  e'
del tutto evidente, posto che l'attuazione  dell'art.  119  Cost.  e'
intervenuta proprio con la legge n. 42 del 2009 e (per quel  che  qui
interessa) con il decreto legislativo n. 68 del 2011: attuazione  che
- come  si  e'  visto  -  la  norma  qui  contestata  intende  invece
ulteriormente sospendere.
    Si osservi, infine, che nel caso deciso dalla sent.  n.  381  del
2004 le censure regionali rivendicavano il potere  di  alimentare  le
aliquote rispetto alla misura fissata dalla legislazione  statale,  e
dunque di disporre andando oltre il limite  della  quota  di  tributo
erariale  da  questa   assegnata   alla   Regione.   Nella   presente
circostanza, invece, la Regione ricorrente rivendica semplicemente la
possibilita' di esercitare la propria autonomia di entrata applicando
le sole detrazioni per finalita' sociali contemplate dai commi 5 e  6
dell'art. 6 del decreto  legislativo  n.  68  del  2011,  rinunciando
dunque ad incassare parte del tributo a favore di soggetti variamente
svantaggiati e «disponendo» comunque entro il limite della  quota  di
tributo erariale alla medesima assegnata dalla legge  statale,  ossia
esercitando quel potere che, a norma dell'art.  119,  secondo  comma,
Cost., le deve essere necessariamente riconosciuto.
    3.4. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013,  dunque,
viola l'art. 119, primo e secondo comma, Cost., poiche'  -  sia  pure
con una disposizione temporalmente circoscritta al solo anno  2014  -
vieta alla Regione di adottare  norme  volte  a  ridurre  le  entrate
tributarie alla medesima spettanti a titolo di  compartecipazioni  al
gettito di tributi erariali, e in particolare vieta di  applicare  le
detrazioni di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto  legislativo
68 del 2011 all'addizionale IRPEF.  Il  citato  comma  509  impedisce
cosi'  alla  Regione  di  «disporre»   di   tali   compartecipazioni,
determinando in tal  modo  una  grave  lesione  della  sua  autonomia
finanziaria di entrata e, con questa, della potesta'  legislativa  ad
essa garantita dall'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. in  materia
di  entrate  tributarie,  con  specifico  riferimento  al  potere  di
disporre  detrazioni  all'addizionale  IRPEF  assegnata  dalla  legge
statale alle Regioni.
    4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,  della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto  la  disciplina
ivi contenuta impedisce alla Regione di «disporre» liberamente  della
quota   dell'addizionale    IRPEF    ad    essa    assegnata    quale
«compartecipazione al gettito di un tributo erariale» (in particolare
scegliendo di utilizzare  una  detrazione  come  strumento  di  spesa
pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali  a
carico   del   proprio   bilancio   e   delle    proprie    strutture
amministrative), con cio' ponendosi in contrasto con  l'autonomia  di
spesa di cui alla  prima  disposizione  costituzionale  citata  e  in
evidente difformita'  dall'esplicita  previsione  della  seconda,  al
contempo ledendo la potesta'  legislativa  regionale  in  materia  di
entrate tributarie e di politiche sociali.
    4.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147  del  2013,  nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi  4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si  applichino
con decorrenza a partire dal 2015, e' incostituzionale, inoltre,  per
violazione  dell'art.  119,  primo  e   secondo   comma,   Cost.,   e
dell'autonomia  di  spesa  da  tali  disposizioni  riconosciuta  alla
Regione, assieme alle connesse potesta' legislative che  l'art.  117,
terzo e quarto comma, Cost. attribuisce nelle materie  delle  entrate
tributarie spettanti alle Regioni e delle politiche sociali. La norma
censurata,  infatti,  proroga  ulteriormente   il   divieto   per   i
legislatori regionali, gia' contemplato per gli  esercizi  finanziari
precedenti,   di   disporre   detrazioni   per   finalita'    sociali
all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni.
    Anche in questo  caso  e'  necessario  innanzitutto  interpretare
sistematicamente le prime due disposizioni costituzionali menzionate.
Il principio dell'autonomia di spesa  trova  corpo,  all'interno  del
secondo comma dell'art. 119 Cost., nella riconosciuta possibilita' di
«disporre» delle somme derivanti dalla compartecipazione  al  gettito
di tributi erariali.
    4.2.  -  Ora,  se  si  osserva  quali  sono  le  misure  che   la
disposizione in questione impedisce alle Regioni di adottare, risulta
del  tutto  evidente  che  si  tratta  di  strumenti  equivalenti   e
sostitutivi di misure di spesa a finalita' sociale. In base  all'art.
1, comma 509, della legge n.  147,  infatti,  per  tutto  l'esercizio
finanziario 2014 le Regioni non potranno disporre, ancorche' entro  i
limiti della quota dell'addizionale IRPEF alle  medesime  attribuita,
alcuna detrazione in favore delle famiglie nei  casi  previsti  dalla
legge statale, nonche' alcuna misura «di sostegno economico  diretto»
a favore dei soggetti IRPEF che non  possano  fruire  delle  predette
detrazioni (art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011).
Ancora,  le  Regioni  non  potranno  neppure  stabilire   «detrazioni
dall'addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher,
buoni servizio e altre misure  di  sostegno  sociale  previste  dalla
legislazione regionale» (art. 6, comma 6, del decreto legislativo  n.
68 del 2011).
    Ora, non vi e' chi non veda come le previsioni che  sono  inibite
all'autonomia regionale dalla disposizione in questa sede  contestata
siano sostanzialmente equivalenti a - se non addirittura  coincidenti
con  -  misure  di  spesa,  in  alcuni  casi  gia'  specificamente  e
dettagliatamente individuate dalla legislazione  regionale  (sussidi,
voucher, buoni servizi). Anche a voler  ritenere  che  la  previsione
delle  detrazioni  dell'addizionale  IRPEF  in  favore  di   soggetti
svantaggiati contemplate dai commi 5 e  6  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 costituisca, a rigore, un  intervento  sul
versante della  struttura  del  tributo,  non  ci  si  puo'  comunque
nascondere che, in tal modo, si  predispongono  strumenti  del  tutto
equivalenti - ed anzi perfettamente sostitutivi - rispetto  a  misure
positive di spesa pubblica a finalita' sociale e che, d'altra  parte,
rispetto a cio', la  potesta'  legislativa  dello  Stato  in  materia
tributaria rimane del tutto indifferente. L'aspetto meramente formale
della questione, dunque, non puo' in alcun modo nascondere che, nella
sostanza, tramite l'art. 1, comma 509, della legge n. 147  del  2013,
si impedisce alla Regione di esercitare le proprie politiche  sociali
scegliendo liberamente lo strumento ritenuto piu'  idoneo  (ossia  la
detrazione  alla  fonte  a   favore   del   contribuente   in   luogo
dell'erogazione  positiva  del  sussidio),  anche  evidentemente   in
considerazione delle esigenze di semplificazione amministrativa e  di
risparmio di spesa pubblica che lo strumento  della  detrazione  alla
fonte consente  di  soddisfare,  evitando  i  costi  burocratici  che
l'erogazione   positiva   delle   misure    di    sostegno    sociale
inevitabilmente comporta.
    4.3. - Per le ragioni appena accennate, dunque, non si  puo'  che
concludere che il citato comma 509 - sia pure  con  una  disposizione
temporalmente circoscritta al solo anno 2014 - vieta alla Regione  di
adottare norme nelle quali si  esplicano  le  sue  politiche  sociali
tramite la leva  della  spesa  pubblica,  in  patente  contrasto  con
l'autonomia finanziaria di spesa riconosciutale dall'art. 119,  commi
primo e secondo, nonche' con le potesta' legislative di cui  all'art.
117, commi terzo e quarto, Cost.
    5. - In subordine rispetto alle censure sub 3  e  4:  la  diversa
ipotesi della interpretazione dell'art. 119  Cost.  alla  luce  della
legge n. 42 del 2009, e la qualificazione dell'addizionale IRPEF come
«tributo proprio regionale».
    5.1.  -  Come  si  e'  visto  piu'  sopra,  nel  par.   2.1,   la
qualificazione legislativa dell'addizionale IRPEF non  e'  quella  di
compartecipazione al gettito di un  tributo  erariale»,  poiche',  in
base all'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del  2009,  essa  rientra
nella «macrocategoria» dei  «tributi  delle  regioni»  (lett.  b)  e,
all'interno   di   tale   ambito,   nell'autonoma   categoria   delle
«addizionali   sulle   basi   imponibili   dei   tributi   erariali»,
espressamente distinta sia dai  «tributi  propri  derivati»  che  dai
«tributi  propri»  istituiti  dalle  Regioni.   In   relazione   alle
addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali, la successiva
lett. c) del medesimo comma 1 dell'art.  7  stabilisce  espressamente
che  esse  possano,  con  proprie   leggi,   «introdurre   variazioni
percentuali delle  aliquote  delle  addizionali»,  nonche'  «disporre
detrazioni entro limiti fissati dalla legislazione nazionale».
    L'interpretazione delle disposizioni costituzionali (anche)  alla
luce delle disposizioni legislative attuative e' una  strada  seguita
in piu' di una occasione dalla giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte.
Ebbene, ove si ritenesse di voler procedere in  tal  senso  anche  in
questa circostanza,  e'  evidente  che  si  dovrebbe  abbandonare  la
conclusione piu' sopra argomentata  secondo  la  quale  l'addizionale
IRPEF, ai (soli) fini dell'applicazione  dell'art.  119  Cost.,  deve
essere annoverata tra le «compartecipazioni al  gettito  dei  tributi
erariali», risultando tale conclusione espressamente esclusa, come si
e' visto, dall'art. 7 della legge n. 42 del 2009.
    In  tale  evenienza  non  resterebbe   dunque   che   qualificare
l'addizionale IRPEF, nel sistema dell'art. 119, secondo comma, Cost.,
quale «tributo proprio della Regione»  (ancorche',  per  la  verita',
tale conclusione risulti anch'essa espressamente  contraddetta  dallo
stesso testo dell'art. 7 della legge n. 42 del 2009). Cio' nondimeno,
sulla base  di  questo  alternativo  presupposto  interpretativo,  la
Regione Puglia ritiene di  dover  sollevare  le  censure  di  seguito
illustrate ai paragrafi sub 6 e 7.
    6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,  della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto  la  disciplina
ivi contenuta limita la possibilita' per la Regione,  di  «stabilire»
ed «applicare» un tributo proprio secondo  le  determinazioni  frutto
della  propria  autonomia  di  entrata;  cio'  per   mezzo   di   una
disposizione di  dettaglio,  non  qualificabile  come  «principio  di
coordinamento della finanza pubblica e  del  sistema  tributario»,  e
che, percio', illegittimamente  pretende  di  vincolare  la  potesta'
legislativa  della  Regione  nella  materia   dei   «tributi   propri
regionali».
    6.1. - La competenza legislativa statale, con riguardo ai tributi
propri regionali di  cui  all'art.  119,  secondo  comma,  Cost.,  e'
espressamente  limitata   alla   possibilita'   di   porre   principi
fondamentali, concernenti il «coordinamento della finanza pubblica  e
del sistema tributario», che valgano a circoscrivere  l'autonomia  di
entrata riconosciuta alle Regioni, in via generale, dal  primo  comma
della medesima disposizione costituzionale. La norma in  questa  sede
contestata viola i menzionati  parametri  costituzionali,  in  quanto
limita  l'autonomia  di  entrata  della  Regione  -  e  la   potesta'
legislativa mediante la quale  quest'ultima  e'  destinata  a  trovar
espressione concreta al fine di «stabilire» ed  «applicare»  «tributi
ed  entrate  propri»  -  tramite  norme  di  dettaglio  e,  comunque,
sicuramente  non  qualificabili  come   «principi   fondamentali   di
coordinamento del sistema tributario».
    6.2. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, infatti,
nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni  di  cui  ai
commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n.  68  del  2011  si
applichino con decorrenza a partire dal 2015, non puo' in alcun  modo
essere considerato un «principio fondamentale  di  coordinamento  del
sistema tributario», in quanto pone un  vincolo  puntuale,  concreto,
esaustivo ed autoapplicativo all'autonomia di entrata della  Regione,
e per di piu'  senza  che  cio'  si  riveli  in  una  qualche  misura
giustificabile dall'esigenza di garantire l'equilibrio della  finanza
pubblica e del sistema tributario.
    Cio' risulta del tutto evidente solo che si consideri il disposto
del comma 8 del medesimo art. 6 del decreto  legislativo  n.  68  del
2011. Tale norma infatti prevede che:
    a) «applicazione delle detrazioni previste ai  commi  5  e  6  e'
esclusivamente a carico del bilancio della regione che le  dispone  e
non comporta alcuna forma di compensazione da parte dello Stato»;
    b) «in ogni caso deve essere garantita la previsione  di  cui  al
comma 3, ultimo periodo».
    La disposizione qui da ultimo richiamata e contenuta nel comma 3,
ultimo periodo, prevede  che  l'aliquota  dell'addizionale  all'IRPEF
stabilita dalla Regione deve assicurare un gettito che, unitamente  a
quello derivante dagli altri tributi regionali di  cui  all'art.  12,
comma 2, non sia inferiore all'ammontare dei trasferimenti  regionali
ai comuni, soppressi in attuazione del medesimo art. 12.
    Quelle appena citate sono dunque due vere e proprie «clausole  di
salvaguardia» degli equilibri della finanza pubblica  e  del  sistema
tributario complessivo: gli interventi regionali sul  tributo  da  un
lato non possono in alcun caso produrre alcun aggravio a  carico  del
bilancio statale, mentre dall'altro non possono comunque superare una
determinata  misura  massima.  Cio',  come  e'  agevole  comprendere,
impedisce  evidentemente  di  ritenere  che   la   disposizione   qui
contestata sia volta a garantire l'equilibrio della finanza pubblica,
e - dunque - rende  del  tutto  implausibile  l'ipotesi  di  una  sua
qualificazione quale «principio fondamentale del coordinamento  della
finanza pubblica e del sistema tributario».
    Da qui,  dunque,  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 509, della legge n. 147 del 2013, per la parte che  si  censura
in  questa  sede,   sotto   il   profilo   della   violazione   tanto
dell'autonomia di entrata e della  potesta'  tributaria  riconosciuta
alle Regioni dall'art. 119, primo  e  secondo  comma,  Cost.,  quanto
delle competenze legislative regionali in materia di «tributi propri»
che trovano fondamento nell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost.
    7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,  della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto  la  disciplina
ivi contenuta impedisce in assoluto alla  Regione  di  «stabilire»  e
«applicare» un tributo proprio secondo le proprie libere opzioni  (in
particolare scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di
spesa pubblica in luogo  della  erogazione  positiva  di  prestazioni
sociali a carico del  proprio  bilancio  e  delle  proprie  strutture
amministrative), con cio' ponendosi in contrasto con  l'autonomia  di
spesa  garantita  dalla  Costituzione,  nonche'   con   la   potesta'
legislativa riconosciuta alla Regione in materia di tributi propri  e
in materia di politiche sociali, senza che la norma statale possa  in
alcun modo essere  giustificata  quale  «principio  di  coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario».
    7.1. - Piu' sopra (sub 4 ss.) si sono illustrate le  ragioni  che
rendono incostituzionale l'art. 1, comma 509, della legge n. 147  del
2013 per violazione dell'autonomia di spesa  della  Regione,  facendo
riferimento al disposto dei commi primo e  secondo,  ultimo  periodo,
dell'art. 119 Cost. In quella sede  si  sono  prese  le  mosse,  come
evidenziato nel par. 2, dal  presupposto  interpretativo  secondo  il
quale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 119 Cost.,  l'addizionale
IRPEF deve essere annoverata tra le «compartecipazioni al gettito  di
tributi erariali». Occorre qui riproporre il nucleo di tale  censura,
partendo tuttavia dalla diversa premessa della  eventuale  inclusione
della  citata  addizionale  nell'ambito  di  quei   «tributi   propri
regionali» per i quali il secondo comma  dell'art.  119,  al  secondo
periodo,  riconosce  alla  Regione  il  potere  di   «stabilirli»   e
«applicarli» «secondo  i  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario».
    7.2.  -  Come  si  e'  gia'  osservato,  gli  strumenti   inibiti
all'autonomia finanziaria regionale dalla disposizione qui contestata
sono, nella sostanza, in tutto e per tutto equivalenti  a  misure  di
spesa,  in  alcuni  casi  gia'  specificamente   e   dettagliatamente
individuate dalla legislazione regionale vigente  (sussidi,  voucher,
buoni  servizi).  Ed  anche  qualora  si  volesse  ritenere  che   la
previsione delle  detrazioni  dell'addizionale  IRPEF  in  favore  di
soggetti svantaggiati contemplate dai commi 5 e  6  dell'art.  6  del
decreto  legislativo  n.  68  del  2011  costituisca,  a  rigore,  un
intervento sul versante  della  struttura  del  tributo,  non  ci  si
potrebbe comunque nascondere  che,  in  tal  modo,  si  predispongono
strumenti del tutto equivalenti - ed anzi perfettamente sostitutivi -
rispetto a misure positive di spesa pubblica a  finalita'  sociale  e
che, d'altra parte, rispetto a cio', la  potesta'  legislativa  dello
Stato in materia di coordinamento del sistema tributario non puo'  in
alcun modo venire in rilievo. Come gia' piu' sopra si e'  avuto  modo
di affermare, l'aspetto meramente formale  della  questione,  dunque,
non puo' nascondere che, nella sostanza, tramite l'art. 1, comma 509,
della legge n. 147 del 2013, si impedisce  alla  Regione  -  con  una
norma  insuscettibile  di  essere  qualificata  come  «principio   di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»  -  di
esercitare le proprie politiche  sociali  scegliendo  liberamente  lo
strumento ritenuto piu' idoneo (ossia  la  detrazione  alla  fonte  a
favore  del  contribuente  in  luogo  dell'erogazione  positiva   del
sussidio), anche evidentemente in considerazione  delle  esigenze  di
semplificazione amministrativa e di risparmio di spesa  pubblica  che
lo strumento della detrazione  alla  fonte  consente  di  soddisfare,
evitando i costi burocratici che l'erogazione positiva  delle  misure
di sostegno sociale inevitabilmente comporta.
    7.3. - Per le ragioni appena accennate, dunque, non si  puo'  che
concludere che il citato comma 509 - sia pure  con  una  disposizione
temporalmente circoscritta al solo anno 2014 - vieta alla Regione  di
adottare norme nelle quali si  esplicano  le  sue  politiche  sociali
tramite la leva  della  spesa  pubblica,  in  patente  contrasto  con
l'autonomia finanziaria di spesa riconosciutale dall'art. 119,  commi
primo e secondo, nonche' con le potesta' legislative di cui  all'art.
117, commi terzo e quarto, Cost.
    8.  -  Questioni  di  legittimita'  costituzionale   proposte   a
prescindere  dalla  qualificazione   dell'addizionale   IRPEF   quale
«compartecipazione al gettito di tributi erariali» o  quale  «tributo
proprio regionale».
    8.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147  del  2013,  nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi  4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si  applichino
con  decorrenza  a  partire  dal  2015,   deve   peraltro   ritenersi
incostituzionale per ragioni ulteriori  rispetto  a  quelle  sin  qui
esposte. Tali ragioni valgono allo stesso modo sia che si prendano le
mosse dal presupposto interpretativo illustrato nel par.  2,  secondo
il  quale  l'addizionale  IRPEF  deve  essere  annoverata,  ai  sensi
dell'art. 119, comma secondo, Cost.,  tra  le  «compartecipazioni  al
gettito di tributi erariali», sia che si parta invece dal presupposto
interpretativo di  cui  al  superiore  par.  5,  a  mente  del  quale
l'addizionale andrebbe qualificata come un  «tributo  proprio»  delle
Regioni.
    Per tale motivo si propongono, separatamente, le due censure  che
seguono, concernenti un ulteriore  profilo  di  violazione  dell'art.
119, primo e secondo comma, e dell'art. 117, terzo  e  quarto  comma,
Cost. (sub par. 9), la violazione degli artt. 3  e  97  Cost.  e  dei
principi costituzionali di razionalita'  e  ragionevolezza,  di  buon
andamento della pubblica amministrazione,  nonche'  dei  principi  di
certezza del diritto  e  chiarezza  normativa,  in  riferimento  alla
compressione delle attribuzioni regionali riconosciute dai menzionati
artt. 119, primo e secondo comma, e 117, terzo e quarto comma,  Cost.
(sub par. 10).
    9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,  della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto  la  disciplina
ivi contenuta, posticipando per la terza volta consecutiva il termine
iniziale di applicabilita'  di  una  norma  attuativa  dell'autonomia
finanziaria e delle connesse potesta' legislative che la Costituzione
assegna   alla   Regione,   introduce   una   disciplina   che   puo'
giustificarsi, in via eccezionale e  per  straordinarie  esigenze  di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  soltanto  ove   assuma   un
carattere transitorio che, nel caso di specie, risulta  concretamente
negato dalla ripetuta reiterazione della misura di proroga.
    9.1. - Come evidenziato in premessa, nel par. 1, la normativa  di
cui all'art. 1, comma 509, della legge n. 147  del  2013,  limita  la
propria efficacia temporale all'anno 2014, posticipando - per  quanto
di interesse nella presente sede - l'applicabilita' dei commi 4  e  5
dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68  del  2011  a  partire  dal
2015. Ebbene, anche ove si dovesse ritenere che,  nonostante  la  sua
patente lesivita' dell'autonomia finanziaria di entrata  e  di  spesa
della  Regione,  una   previsione   similare   sia   da   considerare
costituzionalmente non illegittima in relazione ai profili piu' sopra
illustrati   facendo   leva   sul   suo   carattere   dichiaratamente
transitorio, il disposto  del  citato  comma  509  dovrebbe  comunque
considerarsi  costituzionalmente  illegittimo  in  ragione  del   suo
carattere falsamente transitorio.
    9.2. - La fondatezza della presente censura  risulta  chiaramente
ove si consideri l'evoluzione storica del quadro  normativo  nel  cui
ambito essa si colloca.
    Con una prima disposizione  di  carattere  transitorio,  infatti,
l'originario testo dell'art. 6, comma 7, del decreto  legislativo  n.
68 del 2011 prevedeva che l'operativita' (per quel che qui interessa)
dei precedenti commi 4 e 5 decorresse a partire dall'anno 2013.
    Con una seconda diposizione di carattere formalmente transitorio,
l'art. 1, comma 555, della legge n. 228 del 2012  ha  posticipato  la
decorrenza di tale operativita' a partire dall'anno 2014.
    Infine, con una tema  disposizione  dal  carattere  asseritamente
transitorio, il comma 509 qui contestato,  ha  disposto,  ancora  una
volta, la postergazione del dies a quo dell'operativita' dei commi  4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011.
    Ora, la giurisprudenza di  questa  Ecc.ma  Corte  ha  in  passato
evidenziato come speciali limitazioni all'autonomia finanziaria delle
Regioni, ordinariamente non consentite, possano essere imposte  dalla
legge statale solo in via transitoria, per un singolo anno, in  vista
dell'obiettivo del riequilibrio della finanza pubblica.  In  tema  si
considerino, ad. es., le sentenze n. 36 del 2004 e n. 417  del  2005,
nonche', con specifico riguardo al caso di norme che sospendevano «il
potere delle Regioni  di  utilizzare  uno  spazio  di  autonomia  nel
prelievo tributario, che la legge statale loro riconosceva», la  gia'
menzionata sentenza n. 381 del 2004,  la  quale  ha  giustificato  le
limitazioni all'autonomia regionale solo in considerazione  del  loro
carattere temporaneo e provvisorio, oltre che in ragione  della  loro
finalizzazione a regolare una fase transitoria in vista  della  piena
attuazione dell'art. 119 Cost.
    Anche a voler ammettere che in questa  circostanza  possa  essere
applicato  tale  principio  di   «temporaneita'   delle   limitazioni
all'autonomia finanziaria», non vi e' chi non veda come le condizioni
legittimanti dell'intervento  statale  non  siano  state  rispettate.
L'intervento limitativo, infatti, pur originariamente transitorio, e'
ormai alla sua terza reiterazione: cio' che - come mostra chiaramente
anche  la  ben  nota  giurisprudenza  costituzionale  concernente  la
illegittimita' costituzionale della  reiterazione  dei  decreti-legge
(per tutte, sentenza n. 360 del 1996) - nega in radice tale carattere
di temporaneita', e mostra come  la  transitorieta'  ostentata  dalla
lettera  della  disposizione  non  possa  che  considerarsi,   ormai,
meramente fittizia e percio' palesemente non sussistente.
    Per di piu', la transitorieta' non puo' neppure essere  in  alcun
modo giustificata - seguendo l'iter logico della citata sent. n.  381
del 2004 - in  ragione  della  futura  e  necessaria  attuazione  del
sistema dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119  Cost.,  posto
che tale attuazione e' stata predisposta proprio dalla  legge  n.  42
del 2009 e dal decreto legislativo n. 68 del 2011, del  quale  alcune
disposizioni sono sospese dalla norma che si impugna in questa  sede.
E'  dunque  evidente  che  questa   sospensione   non   puo'   essere
giustificata in vista dell'attuazione dell'art.  119  Cost.,  proprio
perche' essa determina l'effetto di posticipare la  piena  attuazione
della norma costituzionale citata.
    10. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione del combinato disposto dell'art. 3, primo comma,
Cost., e dei principi di razionalita' e ragionevolezza, dell'art.  97
Cost.  e   del   principio   di   buon   andamento   della   pubblica
amministrazione in esso contenuto, nonche' del principio di  certezza
del diritto e chiarezza normativa, in riferimento  alle  attribuzioni
costituzionali riconosciute alla Regione dagli  artt.  119,  primo  e
secondo comma, Cost., e 117, terzo e quarto comma, Cost.,  in  quanto
la   disciplina   ivi    contenuta,    senza    alcuna    ragionevole
giustificazione, impedisce  alla  Regione  di  disporre  della  quota
dell'addizionale IRPEF ad  essa  assegnata,  al  fine  di  perseguire
politiche di sostegno sociale  a  favore  di  soggetti  svantaggiati,
tramite lo strumento della modulazione  del  quantum  e  del  quomodo
della riscossione del  tributo  in  questione  mediante  le  apposite
detrazioni contemplate dai commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n.  68  del  2011,  mentre  consente  di  disporre  delle
medesime somme, e  al  fine  di  perseguire  le  medesime  politiche,
tramite disposizioni di spesa e l'erogazione positiva di contributi e
sussidi a favore degli stessi beneficiari.
    10.1. - Il comma 509 dell'art. 1 della legge  n.  147  del  2003,
nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni  di  cui  ai
commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n.  68  del  2011  si
applichino  con  decorrenza  a   partire   dal   2015,   e'   inoltre
incostituzionale per una ulteriore e assorbente ragione.
    Da quanto sopra esposto risulta chiaramente che  la  Regione  non
potra' adottare misure di sostegno sociale in favore  di  determinate
categorie di persone svantaggiate modulando il quantum e  il  quomodo
della riscossione del  tributo  in  questione  mediante  le  apposite
detrazioni contemplate dai commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011, pur rimanendo nel limite della quota  del
gettito alla stessa assegnata dalla legislazione statale.
    Risulta  pero',  altrettanto  chiaramente,  che  esattamente   le
medesime misure di  sostegno  sociale,  alle  medesime  categorie  di
persone  svantaggiate,  potranno  essere  disposte   utilizzando   la
legislazione regionale che si configuri (non solo sostanzialmente  ma
anche) formalmente come una legislazione di spesa e  che,  su  questa
base, contempli l'erogazione  positiva  di  contributi  e  sussidi  a
favore di quei beneficiari.
    Tale agevole rilievo conduce a ritenere incostituzionale la norma
qui considerata per le seguenti ragioni.
    10.2.  -  Violazione  dell'art.  3  Cost.,  e  dei  principi   di
razionalita-ragionevolezza.
    La  normativa  statale  impedisce  alla  Regione  di   realizzare
politiche sociali di un certo tipo mediante un determinato strumento,
ma consente di realizzarle mediante un diverso strumento,  senza  che
ricorra alcuna ragionevole giustificazione perche' venga  escluso  il
primo ma consentito il secondo. Cio' determina inequivocabilmente una
irragionevolezza - anzi una vera e propria irrazionalita'  intrinseca
- della disciplina in questione, con conseguente violazione dell'art.
3, primo comma, Cost., dalla  quale  discende  una  evidente  lesione
indiretta  della  attribuzioni  costituzionali  regionali,   giacche'
queste ultime - ancorche', in denegata ipotesi, fossero ritenute  non
direttamente violate per contrasto con le  norme  costituzionali  sul
riparto delle competenze legislative (art. 117, terzo e quarto comma)
e sul riconoscimento dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa
(art. 119, primo e secondo comma) - risultano palesemente compresse e
ridotte nei margini di autonomia che la Regione potra'  utilizzare  e
che la norma censurata ha l'effetto, per l'appunto, di limitare.
    10.3.  -  Violazione  dell'art.  3  Cost.,  e  dei  principi   di
razionalita-ragionevolezza, nonche' dell'art. 97 e del  principio  di
buon andamento dell'amministrazione.
    La violazione dei sopra citati  parametri  costituzionali  appare
ancor piu' macroscopica ove si consideri che non  solo  non  ci  sono
ragioni per inibire  alla  Regione  l'utilizzazione  dello  strumento
della modulazione del quantum e del  quomodo  della  riscossione  del
tributo, mediante le apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e  5
dell'art. 6 del decreto legislativo n.  68  del  2011,  e  consentire
invece  quello  consistente  nell'adozione  di  disposizioni  (anche)
formalmente  di  spesa  che  contemplino  l'erogazione  positiva   di
contributi e sussidi, ma ve ne sono di costituzionalmente fondate che
suggeriscono  di  privilegiare  il  primo  strumento  a  scapito  del
secondo.
    Come gia' si e' accennato piu'  sopra  (sub  parr.  4.2  e  7.2),
infatti, l'utilizzazione di quest'ultimo in luogo del primo determina
la necessita' di organizzare un apparato amministrativo e di compiere
attivita' amministrativa ulteriore e  assolutamente  non  necessaria,
imponendo dunque alle  strutture  burocratiche  di  evadere  numerose
pratiche il cui disbrigo potrebbe invece essere  agevolmente  evitato
proprio attraverso  lo  strumento  delle  detrazioni  all'addizionale
IRPEF contemplate nei commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo
n. 68 del 2011 che la  norma  censurata  impedisce  alla  Regione  di
applicare. Cio', dunque, in evidente spregio, oltre che del principio
di razionalita-ragionevolezza, anche  di  quello  di  buon  andamento
della pubblica amministrazione sancito dall'art. 97 Cost.,  anche  in
questo caso con  una  palese  lesione  indiretta  delle  attribuzioni
costituzionali  regionali  nei  termini  e  per  le   ragioni   sopra
richiamate.
    10.4. - Violazione  del  principio  di  certezza  del  diritto  e
chiarezza normativa.
    Infine, appare evidente che l'assetto normativo sopra ricostruito
determina un  effetto  di  confusione  normativa,  poiche'  induce  a
ritenere che la Regione non possa perseguire determinate politiche di
sostegno sociale nei  confronti  di  categorie  di  persone  ritenute
svantaggiate. Cio'  che  in  effetti  non  e',  potendo  le  medesime
politiche essere comunque perseguite  tramite  strumenti  differenti,
ancorche' senza dubbio piu' onerosi per le strutture amministrative e
per il bilancio della Regione. Per questa ragione, risulta leso anche
il principio di chiarezza normativa che la giurisprudenza  di  questa
Ecc.ma  Corte  ha  piu'  volte  qualificato  in  termini  di  «valore
costituzionale»  e,  in  quanto  tale,  da   considerare   senz'altro
utilizzabile come  possibile  parametro  di  costituzionalita'  delle
leggi sottoposte al suo scrutinio (cfr., in particolare, le  sentenze
n. 384 del 1994, par. 2 del Considerato in diritto, n. 94  del  1995,
par. 2 del Considerato in diritto,  n.  303  del  2003,  par.  6  del
Considerato in diritto;  si  vedano  inoltre,  piu'  di  recente,  in
riferimento alla «certezza del diritto»,  nozione  piu'  ampia  della
«chiarezza normativa» ma notoriamente comprensiva della medesima,  le
sentenze n. 308 del 2013, par. 4.3.2 del Considerato in  diritto;  n.
103 del 2013, par. 12 del Considerato in diritto;  n.  78  del  2012,
par. 12 del Considerato in diritto). Ed anche tale violazione, per il
suo riferimento immediato alla limitazione dei poteri spettanti  alla
Regione in subiecta materia,  determina  inevitabilmente  una  palese
lesione indiretta delle  attribuzioni  costituzionali  regionali  nei
termini e per le ragioni sopra richiamate.
    11. - Sintesi delle questioni proposte.
    11.1. - In chiusura  del  presente  ricorso,  la  Regione  Puglia
ritiene  opportuno,  per  maggiore  chiarezza  e  per  agevolare   la
trattazione della causa, offrire una sintetica ricapitolazione  delle
questioni di legittimita' costituzionale sottoposte  al  giudizio  di
questa Ecc.ma Corte.
    I) Sul presupposto interpretativo che l'addizionale  IRPEF  debba
considerarsi, ai sensi e  per  gli  effetti  dell'art.  119,  secondo
comma, Cost., quale  «compartecipazione  al  gettito  di  un  tributo
erariale».
    I.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,  della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
    dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  della  Costituzione,  in
quanto   impedisce   alla   Regione   di   «disporre»   della   quota
dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale «compartecipazione  al
gettito di un tributo erariale»,  in  contrasto  con  l'autonomia  di
entrata di cui alla prima disposizione  costituzionale  citata  e  in
evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda;
    dell'art. 117, terzo  e  quarto  comma,  della  Costituzione,  in
quanto comprime, fino ad azzerarla, la potesta' legislativa regionale
in materia di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere
di disporre detrazioni all'addizionale IRPEF  assegnata  dalla  legge
statale alle Regioni.
    I.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,  della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
    dell'art. 119, primo e  secondo  comma,  della  Costituzione,  in
quanto impedisce alla Regione di «disporre» liberamente  delle  somme
dell'addizionale   IRPEF   ad   essa   assegnate    a    titolo    di
«compartecipazione al gettito di un tributo erariale» (in particolare
scegliendo di utilizzare  una  detrazione  come  strumento  di  spesa
pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali  a
carico   del   proprio   bilancio   e   delle    proprie    strutture
amministrative), in contrasto con l'autonomia di spesa  di  cui  alla
prima disposizione costituzionale citata e  in  evidente  difformita'
dall'esplicita previsione della seconda;
    dell'art. 117, terzo  e  quarto  comma,  della  Costituzione,  in
quanto comprime, fino ad azzerarla, la potesta' legislativa regionale
nelle materie delle entrate tributarie spettanti alle Regioni e delle
politiche sociali, con specifico riferimento al  potere  di  disporre
detrazioni per  finalita'  sociali  all'addizionale  IRPEF  assegnata
dalla legge statale alle Regioni.
    II) Sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF  debba
considerarsi, ai sensi e  per  gli  effetti  dell'art.  119,  secondo
comma, Cost., quale «tributo proprio regionale».
    II.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
        dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art.  117,
terzo e  quarto  comma,  della  Costituzione,  in  quanto  limita  la
possibilita' per la Regione, di «stabilire» ed «applicare» un tributo
proprio secondo le determinazioni frutto della propria  autonomia  di
entrata e della propria potesta' tributaria; cio' per  mezzo  di  una
disposizione di  dettaglio,  non  qualificabile  come  «principio  di
coordinamento della finanza pubblica e  del  sistema  tributario»,  e
che, percio', illegittimamente  pretende  di  vincolare  la  potesta'
legislativa  della  Regione  nella  materia   dei   «tributi   propri
regionali».
    II.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce  l'effetto  che  le
disposizioni  di  cui  ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
        dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art.  117,
terzo e quarto comma, della  Costituzione,  in  quanto  impedisce  in
assoluto alla Regione di «stabilire» e «applicare» un tributo proprio
secondo le proprie  libere  opzioni  (in  particolare  scegliendo  di
utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica  in  luogo
della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio
bilancio  e  delle  proprie  strutture  amministrative),   con   cio'
ponendosi in contrasto  con  l'autonomia  di  spesa  garantita  dalla
Costituzione, nonche' con la potesta' legislativa  riconosciuta  alla
Regione in materia di  tributi  propri  e  in  materia  di  politiche
sociali, senza che la  norma  statale  possa  in  alcun  modo  essere
giustificata quale «principio di coordinamento della finanza pubblica
e del sistema tributario».
    III) A prescindere dalla  qualificazione  dell'addizionale  IRPEF
quale «compartecipazione al gettito  di  tributi  erariali»  o  quale
«tributo proprio regionale».
    III.1) Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  509,
della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che
le disposizioni di cui ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
        dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art.  117,
terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto, posticipando per
la terza volta consecutiva il termine iniziale di  applicabilita'  di
una norma  attuativa  dell'autonomia  finanziaria  e  delle  connesse
potesta'  legislative  che  la  Costituzione  assegna  alla  Regione,
introduce una disciplina che puo' giustificarsi, in via eccezionale e
per straordinarie esigenze di coordinamento della  finanza  pubblica,
soltanto ove assuma un carattere transitorio che, nel caso di specie,
risulta concretamente negato dalla ripetuta reiterazione della misura
di proroga.
    III.2) Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  509,
della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che
le disposizioni di cui ai  commi  4  e  5  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
        del  combinato  disposto  dell'art.  3,  primo  comma,  della
Costituzione  e  dei  principi  di  razionalita'  e   ragionevolezza,
dell'art. 97 della Costituzione e del  principio  di  buon  andamento
della  pubblica  amministrazione  in  esso  contenuto,  nonche'   del
principio di certezza del diritto e chiarezza normativa,  in  ragione
della lesione indiretta che subiscono le attribuzioni  costituzionali
riconosciute alla Regione dagli artt. 119,  primo  e  secondo  comma,
Cost., e 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto  impedisce  alla
Regione - senza alcuna  ragionevole  giustificazione  -  di  disporre
della quota dell'addizionale IRPEF  ad  essa  assegnata  al  fine  di
perseguire  politiche  di  sostegno  sociale  a  favore  di  soggetti
svantaggiati, tramite lo strumento della modulazione  del  quantum  e
del quomodo della riscossione del tributo in  questione  mediante  le
apposite detrazioni contemplate dai commi  4  e  5  dell'art.  6  del
decreto legislativo n. 68 del 2011, mentre consente di disporre delle
medesime somme, e  al  fine  di  perseguire  le  medesime  politiche,
tramite disposizioni di spesa e l'erogazione positiva di contributi e
sussidi a favore degli stessi beneficiari.
 
                              P. Q. M.
 
    Chiede che questa Ecc.ma Corte  costituzionale,  in  accoglimento
del  presente  ricorso,  dichiari   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1,  comma  509,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  -
legge di stabilita' 2014), nei limiti e nei termini sopra esposti.
    Con ossequio.
      Bari-Roma, 24 febbraio 2014
 
                        Avv. prof.: Cecchetti
 
    Si depositano i seguenti documenti:
        1) deliberazione di autorizzazione al giudizio n. 188 del  21
febbraio 2014.

 

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