Ricorso n. 22 del 7 marzo 2014 (Regione Puglia)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 marzo 2014 (della Regione Puglia).
(GU n. 19 del 30.4.2014)
Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente pro
tempore della giunta regionale dott. Nicola Vendola, a cio'
autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 188 del 21
febbraio 2014, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Marcello
Cecchetti (pec: ...) ed
elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma,
via Antonio Mordini n. 14, come da mandato a margine del presente
atto;
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
ministri pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013,
n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale - legge di stabilita' 2014), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, supplemento ordinario, nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino
con decorrenza a partire dal 2015, per violazione degli articoli 3,
97, 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, della
Costituzione, nonche' dei principi costituzionali di
razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione e
di certezza del diritto e chiarezza normativa.
1. - La disposizione impugnata e l'evoluzione del quadro
normativo.
1.1. - L'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147
(Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale -
Legge di stabilita' 2014), in vigore dal 1° gennaio 2014, cosi'
dispone: «Al comma 7 dell'art. 6 del decreto legislativo 6 maggio
2011, n. 68, e successive modificazioni, le parole: "a decorrere dal
2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 2015"».
Il citato art. 6 del decreto legislativo 6 maggio del 2011, n. 68
(Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a
statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei
costi e dei l'abbisogni standard nel settore sanitario), a sua volta,
contiene disposizioni sull'addizionale regionale all'IRPEF. In
particolare esso prevede, al comma 1, che «a decorrere dall'anno 2013
ciascuna regione a Statuto ordinario» possa, «con propria legge,
aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale di base»,
fissando inoltre tale aliquota di base allo 0,9 per cento sino alla
rideterminazione effettuata ai sensi dell'art. 2, comma 1, del
medesimo atto normativo. Il comma 1 dell'art. 6 fissa poi il limite
massimo della maggiorazione in 0,5 punti percentuali per l'anno 2013,
in 1,1 punti percentuali per l'anno 2014 e in 2,1 punti percentuali a
decorrere dall'anno 2015. Il comma 2, a sua volta, prevede che fino
al 31 dicembre 2012, restino ferme «le aliquote della addizionale
regionale all'IRPEF delle regioni che, alla data di entrata in vigore
del presente decreto, sono superiori alla aliquota di base», salva
comunque «la facolta' delle medesime regioni di deliberare la loro
riduzione fino alla medesima aliquota di base».
1.2. - In tale contesto si inseriscono i successivi commi 3, 4, 5
e 6, sui quali interviene la disposizione della quale in questa sede
si denunciano i profili di illegittimita' costituzionale.
In particolare, il comma 3 contiene disposizioni concernenti il
coordinamento tra la maggiorazione IRPEF e la riduzione IRAP
eventualmente prevista dalle Regioni, nonche' altre previsioni di
specificazione ed attuazione della normativa sopra richiamata. Il
comma 4 contiene disposizioni volte ad assicurare la razionalita' del
sistema tributario.
Il comma 5, invece, prevede quanto segue: «Le regioni,
nell'ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono
disporre, con propria legge, detrazioni in favore della famiglia,
maggiorando le detrazioni previste dall'art. 12 del citato decreto
del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. Le regioni adottano
altresi' con propria legge misure di erogazione di misure di sostegno
economico diretto, a favore dei soggetti IRPEF, il cui livello di
reddito e la relativa imposta netta, calcolata anche su base
familiare, non consente la fruizione delle detrazioni di cui al
presente comma».
Sempre sul medesimo tema, il comma 6 stabilisce che «le regioni,
nell'ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono
inoltre disporre, con propria legge, detrazioni dall'addizionale
stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e
altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione
regionale».
Il successivo comma 7 (oggetto dell'intervento di novellazione
che si censura in questa sede), nella sua versione originaria,
prevedeva che le disposizioni di cui ai precedenti commi 3, 4, 5 e 6
si applicassero «a decorrere dal 2013». Solo a partire da quell'anno,
dunque, le Regioni dovevano ritenersi abilitate a disporre detrazioni
in favore delle famiglie, a prevedere misure di sostegno economico
diretto in favore di soggetti svantaggiati ulteriori rispetto a
quelli presi in considerazione dalla sopra citata normativa statale,
nonche' a far uso dello strumento delle detrazioni dall'addizionale
IRPEF per perseguire varie finalita' di sostegno sociale.
Tale comma 7, tuttavia, e' stato modificato una prima volta
dall'art. 1, comma 555, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2013), che ha posticipato
l'applicazione delle norme in questione a partire dal 2014. Infine,
e' intervenuta la disposizione in questa sede contestata, che ha
ulteriormente prorogato il dies a quo della operativita' dei sopra
citati commi 3, 4, 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68
del 2011 all'anno 2015.
Ad oggi, e fino a tutto il 2014, dunque, le Regioni non
potrebbero, in base alla legislazione statale vigente, prevedere
quelle detrazioni e predisporre quelle misure di sostegno sociale che
risultano contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011.
1.3 - Considerati i contenuti e gli effetti normativi appena
illustrati, la Regione Puglia, con la deliberazione della Giunta
indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti a
questa Ecc.ma Corte l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013,
nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai
commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si
applichino con decorrenza a partire dal 2015, perche'
costituzionalmente illegittimo e lesivo dell'autonomia che la
Costituzione riconosce e garantisce alle Regioni, in riferimento agli
articoli 3, 97, 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e
secondo, della Costituzione, nonche' ai principi costituzionali di
razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione e
di chiarezza normativa.
L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con il presente
ricorso si fonda sulle seguenti ragioni di
Diritto
2. - La qualificazione dell'addizionale IRPEF, in base all'art.
119 Cost., come «compartecipazione al gettito di un tributo
erariale».
2.1 - Per illustrare i diversi profili di illegittimita'
costituzionale della disciplina in esame, e' preliminarmente
opportuno soffermarsi sulla qualificazione giuridica dell'addizionale
IRPEF, tanto alla luce delle previsioni della legge 5 maggio 2009, n.
42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuatone
dell'art. 119 della Costituzione), che costituisce il fondamento
sulla base del quale e' stato adottato il citato decreto legislativo
n. 68 del 2011, quanto alla luce dell'art. 119 Cost.
In base all'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009, le
entrate tributarie delle Regioni si dividono in due categorie. La
prima e' quella delle «compartecipazioni al gettito dei tributi
erariali» (lett. a), mentre la seconda e' la «macrocategoria» dei
«tributi delle regioni» (lett. b), all'interno della quale vengono
distintamente individuati:
1) i «tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi
statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni»;
2) le «addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali»;
3) i «tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in
relazione ai presupposti non gia' assoggettati ad imposizione
erariale».
L'addizionale IRPEF rientra evidentemente nella seconda
categoria, e deve dunque essere qualificata, ai sensi dell'art. 7,
comma 1, della legge n. 42 del 2009, come un «tributo delle Regioni»,
in relazione al quale la successiva lett. c) del medesimo comma 1
dell'art. 7 stabilisce espressamente che queste ultime possano, con
proprie leggi, «introdurre variazioni percentuali delle aliquote
delle addizionali», nonche' «disporre detrazioni entro limiti fissati
dalla legislazione nazionale».
2.2. - L'art. 119 Cost. propone, tuttavia, definizioni non
coincidenti con quelle appena illustrate. Ai sensi di tale
disposizione costituzionale, infatti, le entrate tributarie delle
Regioni si distinguono soltanto nelle seguenti due tipologie:
i «tributi propri»;
le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali».
In relazione a tale dicotomia, si puo' affermare che tertium non
datur. secondo l'art. 119 Cost., una entrata tributaria regionale
puo' essere qualificabile soltanto come «tributo proprio», ovvero
come «compartecipazione al gettito di un tributo erariale».
La qualificazione dell'entrata regionale in un senso o nell'altro
e' determinante, poiche' dalla medesima dipende l'individuazione del
relativo parametro costituzionale. I «tributi propri delle Regioni»
sono infatti disciplinati dalla seconda proposizione del secondo
comma dell'art. 119 Cost., mentre le «compartecipazioni al gettito di
tributi erariali» sono regolate dalla terza proposizione del medesimo
comma.
In base alla ormai costante giurisprudenza costituzionale, il
criterio per distinguere le due categorie di entrate tributarie delle
Regioni contemplate dall'art. 119 Cost. e' quello della legge
istitutiva: i tributi regionali sono solo quelli «istituiti dalle
Regioni con propria legge». In questo senso depone chiaramente gia'
la sent. n. 296 del 2003, nella quale, in relazione all'IRAP, si
afferma: «La circostanza che l'imposta sia stata istituita con legge
statale e che alle regioni a statuto ordinario, destinatarie del
tributo, siano espressamente attribuite competente di carattere solo
attuativo, rende palese che l'imposta stessa - nonostante la sua
denominazione - non puo' considerarsi «tributo proprio della
regione», nel senso in cui oggi tale espressione e' adoperata
dall'art. 119, secondo comma, della Costituzione, essendo indubbio il
riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti
dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei principi del
coordinamento con il sistema tributario statale» (par. 2 del
Considerato in diritto). Tali conclusioni sono state poi confermate
da molte altre decisioni di questa Ecc.ma Corte. Si vedano, ad es.,
le sentenze n. 50 e n. 99 del 2012 (rispettivamente parr. 2.1 e 4.1
del Considerato in diritto), riguardanti l'IRAP, e n. 296, n. 297 e
n. 311 del 2003 (rispettivamente parr. 2, 2 e 3.1. del Considerato in
diritto), 455 del 2005, (par. 5.1 del Considerato in diritto), e 288
del 2012 (par. 3.1 del Considerato in diritto), concernenti le tasse
automobilistiche.
Anche a dispetto della loro eventuale denominazione legislativa
(e a prescindere dalla eventuale illegittimita' costituzionale di
quest'ultima), dunque, le entrate tributarie che non siano state
istituite dalla legge regionale, non possono che qualificarsi, ai
sensi dell'art. 119, secondo comma, Cost. e al (solo) fine di
individuare il parametro costituzionale che le riguardi, come
«compartecipazioni al gettito di tributi erariali».
Pertanto, in base al criterio appena illustrato, l'addizionale
IRPEF non puo' che rientrare in tale categoria, nonostante la
qualificazione legislativa derivante dall'art. 7, comma 1, della
legge n. 42 del 2009 e come confermano, del resto, le sentenze di
questa Corte n. 381 del 2004 (par. 7 del Considerato in diritto) e n.
193 del 2007 (par. 5 del Considerato in diritto). Sulla base di
questo presupposto interpretativo sono proposte le censure di seguito
illustrate ai paragrafi 3 e 4.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina
ivi contenuta impedisce alla Regione di «disporre» della quota
dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale «compartecipazione al
gettito di un tributo erariale», in contrasto con l'autonomia di
entrata di cui alla prima disposizione costituzionale citata e in
evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda, al
contempo ledendo la potesta' legislativa regionale in materia di
entrate tributarie, con specifico riferimento al potere di disporre
detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle
Regioni.
3.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino
con decorrenza a partire dal 2015, e' incostituzionale per violazione
dell'art. 119, primo e secondo comma, Cost. e dell'autonomia di
entrata da tali disposizioni riconosciuta alla Regione, al contempo
violando la potesta' normativa regionale che l'art. 117, terzo e
quarto comma, indubbiamente riconosce in materia di entrate
tributarie.
Al riguardo, bisogna osservare, innanzi tutto, che il primo comma
dell'art. 119 sopra menzionato riconosce esplicitamente, e con una
affermazione di carattere generale, autonomia finanziaria, sia di
entrata che di spesa, alle Regioni (oltre che agli altri enti
territoriali che compongono la Repubblica). Si tratta di un
importante principio che non puo' non guidare l'interpretazione delle
disposizioni costituzionali attuative del medesimo.
La generale autonomia di entrata prevista dal primo comma
dell'art. 119, Cost. trova specificazione nel successivo comma
secondo. Gli strumenti che questa disposizione individua per rendere
concreta tale autonomia sono: a) la possibilita' di istituire ed
applicare tributi ed entrate proprie; b) la possibilita' di
«disporre» delle «compartecipazioni al gettito di tributi erariali
riferibile al loro territorio».
Qui interessa tale ultimo strumento. Con la norma appena citata,
infatti, la Costituzione riconosce alla Regione la possibilita' di
esercitare la propria autonomia di entrata anche adottando
disposizioni normative concernenti le quote di tributi erariali alla
medesima attribuite dalla legge statale, ovviamente entro il limite
di tali compartecipazioni, e dunque della quota di gettito,
riferibile al proprio territorio, che le sia stata assegnata dalla
medesima legge statale. Entro tale misura, pero', alla Regione deve
essere riconosciuta la potesta' di esercitare la propria autonomia di
entrata e perseguire le proprie politiche fiscali e sociali,
adottando disposizioni volte a ridurre le proprie entrate derivanti
dalle compartecipazioni a tributi erariali, secondo le proprie scelte
discrezionali.
3.2. - La Regione Puglia e' ben consapevole che nella
giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte sono reperibili spunti che
parrebbero, a prima vista, deporre in contrasto rispetto alla censura
appena prospettata. In particolare, ci si riferisce alle decisioni
citate nel precedente par. 2.2., dalle quali si desume
inequivocabilmente che lo Stato dispone di una competenza esclusiva
in relazione all'addizionale IRPEF in quanto annoverabile, ai sensi
dell'art. 119, tra i «tributi erariali». La ricorrente non intende
negare questa circostanza. Con la disposizione impugnata lo Stato ha
senza dubbio esercitato una propria competenza legislativa esclusiva.
La Regione Puglia, tuttavia, e' convinta che l'art. 119, secondo
comma, Cost., nella parte in cui assegna alle Regioni la possibilita'
di «disporre» di un quota dei tributi erariali, ponga una norma
sostanziale che si impone al legislatore statale quando quest'ultimo
si trovi ad esercitare la propria competenza legislativa esclusiva in
materia di tributi erariali, obbligandolo ad esercitarla in un certo
modo e nel rispetto di alcuni limiti. In particolare, la menzionata
disposizione costituzionale richiede che la legge statale,
nell'assegnare alle Regioni una compartecipazione ai tributi
erariali, lasci a queste ultime un margine di potesta' normativa
(ossia uno spazio minimo non conculcabile) entro il quale, per
l'appunto, esse possano effettivamente «disporre» di tale
compartecipazione, evidentemente nei limiti della quota che sia loro
assegnata.
Alla luce di tali considerazioni, risulta evidente che l'art. 6
del decreto legislativo n. 68 del 2011 e' rigorosamente attuativo
dell'art. 119, secondo comma, Cost., e non soltanto nella parte in
cui prevede, al comma 1, che «a decorrere dall'anno 2013 ciascuna
regione a Statuto ordinario» possa, «con propria legge, aumentare o
diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF di base».
Il citato art. 6 e' attuativo dell'art. 119, secondo comma, Cost.,
anche - per quel che qui piu' interessa - per cio' che prevede ai
successivi commi 5 e 6. Come evidenziato nel par. 1, il comma 5
prevede infatti che le Regioni, «nell'ambito della addizionale (...),
possono disporre, con propria legge, detrazioni in favore della
famiglia», nonche' che possono adottare «misure di sostegno economico
diretto» a favore di determinati soggetti IRPEF, mentre il comma 6
autorizza le Regioni, «nell'ambito della addizionale di cui al
presente articolo», a disporre «detrazioni dall'addizionale stessa»
in luogo (ossia in sostituzione) dell'erogazione di misure sociali di
vario genere e con effetto equivalente.
Risulta dunque chiaro - anche dal tenore testuale della norma,
stante la consapevole utilizzazione del verbo «disporre» - che l'art.
6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 ha, per cosi' dire, «preso
sul serio» l'art. 119, secondo comma, Cost., assegnando alle Regioni
non solo la compartecipazione al gettito di un tributo erariale, ma
anche la possibilita' di esercitare la propria autonomia di entrata
nell'ambito di tale compartecipazione, entro confini certi e
precostituiti, e dunque la possibilita' di «disporre» in senso
proprio di tale compartecipazione, tramite autonome scelte politiche
e proprie determinazioni normative, ovviamente nell'ambito di tali
confini. Da cio' risulta altrettanto chiaro, pero', che l'art. 1,
comma 509, della legge n. 147 del 2013, precludendo alle Regioni, con
l'ennesima proroga annuale del termine di decorrenza, qualunque
possibilita' di «disporre» dell'addizionale IRPEF nel senso di
applicare le detrazioni contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del
decreto legislativo n. 68 del 2011, viola inequivocabilmente l'art.
119, secondo comma, Cost.
3.3. - Ad ulteriore supporto delle ragioni appena esposte, si
consideri il caso deciso da questa Ecc.ma Corte con la sent. n. 381
del 2004. In tale pronuncia, infatti, sono state dichiarate infondate
le censure proposte dalla parte regionale nei confronti delle norme
che sospendevano gli aumenti delle addizionali IRPEF e delle aliquote
IRAP, impedendo alle Regioni «di utilizzare uno spazio di autonomia
nel prelievo tributario, che la legge statale loro riconosceva», in
considerazione del fatto che tale sospensione era: a) «temporanea e
provvisoria»; b) effettuata «in attesa di un complessivo ridisegno
dell'autonomia tributaria delle Regioni, nel quadro dell'attuazione
del nuovo art. 119 Cost.».
Ebbene, la circostanza sub a) sembrerebbe ricorrere proprio nel
caso di specie, posto che la norma impugnata posticipa al 2015 la
possibilita', per le Regioni, di disporre della loro quota di
compartecipazione IRPEF nel senso sopra accennato. Tuttavia, come si
argomentera' piu' diffusamente di seguito (cfr. sub par. 9 e ss.),
tale temporaneita' e provvisorieta' e' da considerarsi fittizia, in
ragione del fatto che una siffatta posticipazione e' intervenuta,
identica a se stessa, per ben tre volte di seguito, svelando in tal
modo il sui carattere falsamente transitorio.
Quanto alla circostanza sub b), che essa non ricorra (piu') e'
del tutto evidente, posto che l'attuazione dell'art. 119 Cost. e'
intervenuta proprio con la legge n. 42 del 2009 e (per quel che qui
interessa) con il decreto legislativo n. 68 del 2011: attuazione che
- come si e' visto - la norma qui contestata intende invece
ulteriormente sospendere.
Si osservi, infine, che nel caso deciso dalla sent. n. 381 del
2004 le censure regionali rivendicavano il potere di alimentare le
aliquote rispetto alla misura fissata dalla legislazione statale, e
dunque di disporre andando oltre il limite della quota di tributo
erariale da questa assegnata alla Regione. Nella presente
circostanza, invece, la Regione ricorrente rivendica semplicemente la
possibilita' di esercitare la propria autonomia di entrata applicando
le sole detrazioni per finalita' sociali contemplate dai commi 5 e 6
dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, rinunciando
dunque ad incassare parte del tributo a favore di soggetti variamente
svantaggiati e «disponendo» comunque entro il limite della quota di
tributo erariale alla medesima assegnata dalla legge statale, ossia
esercitando quel potere che, a norma dell'art. 119, secondo comma,
Cost., le deve essere necessariamente riconosciuto.
3.4. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, dunque,
viola l'art. 119, primo e secondo comma, Cost., poiche' - sia pure
con una disposizione temporalmente circoscritta al solo anno 2014 -
vieta alla Regione di adottare norme volte a ridurre le entrate
tributarie alla medesima spettanti a titolo di compartecipazioni al
gettito di tributi erariali, e in particolare vieta di applicare le
detrazioni di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo
68 del 2011 all'addizionale IRPEF. Il citato comma 509 impedisce
cosi' alla Regione di «disporre» di tali compartecipazioni,
determinando in tal modo una grave lesione della sua autonomia
finanziaria di entrata e, con questa, della potesta' legislativa ad
essa garantita dall'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. in materia
di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere di
disporre detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge
statale alle Regioni.
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina
ivi contenuta impedisce alla Regione di «disporre» liberamente della
quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale
«compartecipazione al gettito di un tributo erariale» (in particolare
scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa
pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a
carico del proprio bilancio e delle proprie strutture
amministrative), con cio' ponendosi in contrasto con l'autonomia di
spesa di cui alla prima disposizione costituzionale citata e in
evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda, al
contempo ledendo la potesta' legislativa regionale in materia di
entrate tributarie e di politiche sociali.
4.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino
con decorrenza a partire dal 2015, e' incostituzionale, inoltre, per
violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, Cost., e
dell'autonomia di spesa da tali disposizioni riconosciuta alla
Regione, assieme alle connesse potesta' legislative che l'art. 117,
terzo e quarto comma, Cost. attribuisce nelle materie delle entrate
tributarie spettanti alle Regioni e delle politiche sociali. La norma
censurata, infatti, proroga ulteriormente il divieto per i
legislatori regionali, gia' contemplato per gli esercizi finanziari
precedenti, di disporre detrazioni per finalita' sociali
all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni.
Anche in questo caso e' necessario innanzitutto interpretare
sistematicamente le prime due disposizioni costituzionali menzionate.
Il principio dell'autonomia di spesa trova corpo, all'interno del
secondo comma dell'art. 119 Cost., nella riconosciuta possibilita' di
«disporre» delle somme derivanti dalla compartecipazione al gettito
di tributi erariali.
4.2. - Ora, se si osserva quali sono le misure che la
disposizione in questione impedisce alle Regioni di adottare, risulta
del tutto evidente che si tratta di strumenti equivalenti e
sostitutivi di misure di spesa a finalita' sociale. In base all'art.
1, comma 509, della legge n. 147, infatti, per tutto l'esercizio
finanziario 2014 le Regioni non potranno disporre, ancorche' entro i
limiti della quota dell'addizionale IRPEF alle medesime attribuita,
alcuna detrazione in favore delle famiglie nei casi previsti dalla
legge statale, nonche' alcuna misura «di sostegno economico diretto»
a favore dei soggetti IRPEF che non possano fruire delle predette
detrazioni (art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011).
Ancora, le Regioni non potranno neppure stabilire «detrazioni
dall'addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher,
buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla
legislazione regionale» (art. 6, comma 6, del decreto legislativo n.
68 del 2011).
Ora, non vi e' chi non veda come le previsioni che sono inibite
all'autonomia regionale dalla disposizione in questa sede contestata
siano sostanzialmente equivalenti a - se non addirittura coincidenti
con - misure di spesa, in alcuni casi gia' specificamente e
dettagliatamente individuate dalla legislazione regionale (sussidi,
voucher, buoni servizi). Anche a voler ritenere che la previsione
delle detrazioni dell'addizionale IRPEF in favore di soggetti
svantaggiati contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 costituisca, a rigore, un intervento sul
versante della struttura del tributo, non ci si puo' comunque
nascondere che, in tal modo, si predispongono strumenti del tutto
equivalenti - ed anzi perfettamente sostitutivi - rispetto a misure
positive di spesa pubblica a finalita' sociale e che, d'altra parte,
rispetto a cio', la potesta' legislativa dello Stato in materia
tributaria rimane del tutto indifferente. L'aspetto meramente formale
della questione, dunque, non puo' in alcun modo nascondere che, nella
sostanza, tramite l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013,
si impedisce alla Regione di esercitare le proprie politiche sociali
scegliendo liberamente lo strumento ritenuto piu' idoneo (ossia la
detrazione alla fonte a favore del contribuente in luogo
dell'erogazione positiva del sussidio), anche evidentemente in
considerazione delle esigenze di semplificazione amministrativa e di
risparmio di spesa pubblica che lo strumento della detrazione alla
fonte consente di soddisfare, evitando i costi burocratici che
l'erogazione positiva delle misure di sostegno sociale
inevitabilmente comporta.
4.3. - Per le ragioni appena accennate, dunque, non si puo' che
concludere che il citato comma 509 - sia pure con una disposizione
temporalmente circoscritta al solo anno 2014 - vieta alla Regione di
adottare norme nelle quali si esplicano le sue politiche sociali
tramite la leva della spesa pubblica, in patente contrasto con
l'autonomia finanziaria di spesa riconosciutale dall'art. 119, commi
primo e secondo, nonche' con le potesta' legislative di cui all'art.
117, commi terzo e quarto, Cost.
5. - In subordine rispetto alle censure sub 3 e 4: la diversa
ipotesi della interpretazione dell'art. 119 Cost. alla luce della
legge n. 42 del 2009, e la qualificazione dell'addizionale IRPEF come
«tributo proprio regionale».
5.1. - Come si e' visto piu' sopra, nel par. 2.1, la
qualificazione legislativa dell'addizionale IRPEF non e' quella di
compartecipazione al gettito di un tributo erariale», poiche', in
base all'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009, essa rientra
nella «macrocategoria» dei «tributi delle regioni» (lett. b) e,
all'interno di tale ambito, nell'autonoma categoria delle
«addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali»,
espressamente distinta sia dai «tributi propri derivati» che dai
«tributi propri» istituiti dalle Regioni. In relazione alle
addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali, la successiva
lett. c) del medesimo comma 1 dell'art. 7 stabilisce espressamente
che esse possano, con proprie leggi, «introdurre variazioni
percentuali delle aliquote delle addizionali», nonche' «disporre
detrazioni entro limiti fissati dalla legislazione nazionale».
L'interpretazione delle disposizioni costituzionali (anche) alla
luce delle disposizioni legislative attuative e' una strada seguita
in piu' di una occasione dalla giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte.
Ebbene, ove si ritenesse di voler procedere in tal senso anche in
questa circostanza, e' evidente che si dovrebbe abbandonare la
conclusione piu' sopra argomentata secondo la quale l'addizionale
IRPEF, ai (soli) fini dell'applicazione dell'art. 119 Cost., deve
essere annoverata tra le «compartecipazioni al gettito dei tributi
erariali», risultando tale conclusione espressamente esclusa, come si
e' visto, dall'art. 7 della legge n. 42 del 2009.
In tale evenienza non resterebbe dunque che qualificare
l'addizionale IRPEF, nel sistema dell'art. 119, secondo comma, Cost.,
quale «tributo proprio della Regione» (ancorche', per la verita',
tale conclusione risulti anch'essa espressamente contraddetta dallo
stesso testo dell'art. 7 della legge n. 42 del 2009). Cio' nondimeno,
sulla base di questo alternativo presupposto interpretativo, la
Regione Puglia ritiene di dover sollevare le censure di seguito
illustrate ai paragrafi sub 6 e 7.
6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina
ivi contenuta limita la possibilita' per la Regione, di «stabilire»
ed «applicare» un tributo proprio secondo le determinazioni frutto
della propria autonomia di entrata; cio' per mezzo di una
disposizione di dettaglio, non qualificabile come «principio di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», e
che, percio', illegittimamente pretende di vincolare la potesta'
legislativa della Regione nella materia dei «tributi propri
regionali».
6.1. - La competenza legislativa statale, con riguardo ai tributi
propri regionali di cui all'art. 119, secondo comma, Cost., e'
espressamente limitata alla possibilita' di porre principi
fondamentali, concernenti il «coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario», che valgano a circoscrivere l'autonomia di
entrata riconosciuta alle Regioni, in via generale, dal primo comma
della medesima disposizione costituzionale. La norma in questa sede
contestata viola i menzionati parametri costituzionali, in quanto
limita l'autonomia di entrata della Regione - e la potesta'
legislativa mediante la quale quest'ultima e' destinata a trovar
espressione concreta al fine di «stabilire» ed «applicare» «tributi
ed entrate propri» - tramite norme di dettaglio e, comunque,
sicuramente non qualificabili come «principi fondamentali di
coordinamento del sistema tributario».
6.2. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, infatti,
nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai
commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si
applichino con decorrenza a partire dal 2015, non puo' in alcun modo
essere considerato un «principio fondamentale di coordinamento del
sistema tributario», in quanto pone un vincolo puntuale, concreto,
esaustivo ed autoapplicativo all'autonomia di entrata della Regione,
e per di piu' senza che cio' si riveli in una qualche misura
giustificabile dall'esigenza di garantire l'equilibrio della finanza
pubblica e del sistema tributario.
Cio' risulta del tutto evidente solo che si consideri il disposto
del comma 8 del medesimo art. 6 del decreto legislativo n. 68 del
2011. Tale norma infatti prevede che:
a) «applicazione delle detrazioni previste ai commi 5 e 6 e'
esclusivamente a carico del bilancio della regione che le dispone e
non comporta alcuna forma di compensazione da parte dello Stato»;
b) «in ogni caso deve essere garantita la previsione di cui al
comma 3, ultimo periodo».
La disposizione qui da ultimo richiamata e contenuta nel comma 3,
ultimo periodo, prevede che l'aliquota dell'addizionale all'IRPEF
stabilita dalla Regione deve assicurare un gettito che, unitamente a
quello derivante dagli altri tributi regionali di cui all'art. 12,
comma 2, non sia inferiore all'ammontare dei trasferimenti regionali
ai comuni, soppressi in attuazione del medesimo art. 12.
Quelle appena citate sono dunque due vere e proprie «clausole di
salvaguardia» degli equilibri della finanza pubblica e del sistema
tributario complessivo: gli interventi regionali sul tributo da un
lato non possono in alcun caso produrre alcun aggravio a carico del
bilancio statale, mentre dall'altro non possono comunque superare una
determinata misura massima. Cio', come e' agevole comprendere,
impedisce evidentemente di ritenere che la disposizione qui
contestata sia volta a garantire l'equilibrio della finanza pubblica,
e - dunque - rende del tutto implausibile l'ipotesi di una sua
qualificazione quale «principio fondamentale del coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario».
Da qui, dunque, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 509, della legge n. 147 del 2013, per la parte che si censura
in questa sede, sotto il profilo della violazione tanto
dell'autonomia di entrata e della potesta' tributaria riconosciuta
alle Regioni dall'art. 119, primo e secondo comma, Cost., quanto
delle competenze legislative regionali in materia di «tributi propri»
che trovano fondamento nell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost.
7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina
ivi contenuta impedisce in assoluto alla Regione di «stabilire» e
«applicare» un tributo proprio secondo le proprie libere opzioni (in
particolare scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di
spesa pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni
sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture
amministrative), con cio' ponendosi in contrasto con l'autonomia di
spesa garantita dalla Costituzione, nonche' con la potesta'
legislativa riconosciuta alla Regione in materia di tributi propri e
in materia di politiche sociali, senza che la norma statale possa in
alcun modo essere giustificata quale «principio di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario».
7.1. - Piu' sopra (sub 4 ss.) si sono illustrate le ragioni che
rendono incostituzionale l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del
2013 per violazione dell'autonomia di spesa della Regione, facendo
riferimento al disposto dei commi primo e secondo, ultimo periodo,
dell'art. 119 Cost. In quella sede si sono prese le mosse, come
evidenziato nel par. 2, dal presupposto interpretativo secondo il
quale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 119 Cost., l'addizionale
IRPEF deve essere annoverata tra le «compartecipazioni al gettito di
tributi erariali». Occorre qui riproporre il nucleo di tale censura,
partendo tuttavia dalla diversa premessa della eventuale inclusione
della citata addizionale nell'ambito di quei «tributi propri
regionali» per i quali il secondo comma dell'art. 119, al secondo
periodo, riconosce alla Regione il potere di «stabilirli» e
«applicarli» «secondo i principi di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario».
7.2. - Come si e' gia' osservato, gli strumenti inibiti
all'autonomia finanziaria regionale dalla disposizione qui contestata
sono, nella sostanza, in tutto e per tutto equivalenti a misure di
spesa, in alcuni casi gia' specificamente e dettagliatamente
individuate dalla legislazione regionale vigente (sussidi, voucher,
buoni servizi). Ed anche qualora si volesse ritenere che la
previsione delle detrazioni dell'addizionale IRPEF in favore di
soggetti svantaggiati contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del
decreto legislativo n. 68 del 2011 costituisca, a rigore, un
intervento sul versante della struttura del tributo, non ci si
potrebbe comunque nascondere che, in tal modo, si predispongono
strumenti del tutto equivalenti - ed anzi perfettamente sostitutivi -
rispetto a misure positive di spesa pubblica a finalita' sociale e
che, d'altra parte, rispetto a cio', la potesta' legislativa dello
Stato in materia di coordinamento del sistema tributario non puo' in
alcun modo venire in rilievo. Come gia' piu' sopra si e' avuto modo
di affermare, l'aspetto meramente formale della questione, dunque,
non puo' nascondere che, nella sostanza, tramite l'art. 1, comma 509,
della legge n. 147 del 2013, si impedisce alla Regione - con una
norma insuscettibile di essere qualificata come «principio di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» - di
esercitare le proprie politiche sociali scegliendo liberamente lo
strumento ritenuto piu' idoneo (ossia la detrazione alla fonte a
favore del contribuente in luogo dell'erogazione positiva del
sussidio), anche evidentemente in considerazione delle esigenze di
semplificazione amministrativa e di risparmio di spesa pubblica che
lo strumento della detrazione alla fonte consente di soddisfare,
evitando i costi burocratici che l'erogazione positiva delle misure
di sostegno sociale inevitabilmente comporta.
7.3. - Per le ragioni appena accennate, dunque, non si puo' che
concludere che il citato comma 509 - sia pure con una disposizione
temporalmente circoscritta al solo anno 2014 - vieta alla Regione di
adottare norme nelle quali si esplicano le sue politiche sociali
tramite la leva della spesa pubblica, in patente contrasto con
l'autonomia finanziaria di spesa riconosciutale dall'art. 119, commi
primo e secondo, nonche' con le potesta' legislative di cui all'art.
117, commi terzo e quarto, Cost.
8. - Questioni di legittimita' costituzionale proposte a
prescindere dalla qualificazione dell'addizionale IRPEF quale
«compartecipazione al gettito di tributi erariali» o quale «tributo
proprio regionale».
8.1. - L'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella
parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino
con decorrenza a partire dal 2015, deve peraltro ritenersi
incostituzionale per ragioni ulteriori rispetto a quelle sin qui
esposte. Tali ragioni valgono allo stesso modo sia che si prendano le
mosse dal presupposto interpretativo illustrato nel par. 2, secondo
il quale l'addizionale IRPEF deve essere annoverata, ai sensi
dell'art. 119, comma secondo, Cost., tra le «compartecipazioni al
gettito di tributi erariali», sia che si parta invece dal presupposto
interpretativo di cui al superiore par. 5, a mente del quale
l'addizionale andrebbe qualificata come un «tributo proprio» delle
Regioni.
Per tale motivo si propongono, separatamente, le due censure che
seguono, concernenti un ulteriore profilo di violazione dell'art.
119, primo e secondo comma, e dell'art. 117, terzo e quarto comma,
Cost. (sub par. 9), la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e dei
principi costituzionali di razionalita' e ragionevolezza, di buon
andamento della pubblica amministrazione, nonche' dei principi di
certezza del diritto e chiarezza normativa, in riferimento alla
compressione delle attribuzioni regionali riconosciute dai menzionati
artt. 119, primo e secondo comma, e 117, terzo e quarto comma, Cost.
(sub par. 10).
9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche'
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina
ivi contenuta, posticipando per la terza volta consecutiva il termine
iniziale di applicabilita' di una norma attuativa dell'autonomia
finanziaria e delle connesse potesta' legislative che la Costituzione
assegna alla Regione, introduce una disciplina che puo'
giustificarsi, in via eccezionale e per straordinarie esigenze di
coordinamento della finanza pubblica, soltanto ove assuma un
carattere transitorio che, nel caso di specie, risulta concretamente
negato dalla ripetuta reiterazione della misura di proroga.
9.1. - Come evidenziato in premessa, nel par. 1, la normativa di
cui all'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, limita la
propria efficacia temporale all'anno 2014, posticipando - per quanto
di interesse nella presente sede - l'applicabilita' dei commi 4 e 5
dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 a partire dal
2015. Ebbene, anche ove si dovesse ritenere che, nonostante la sua
patente lesivita' dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa
della Regione, una previsione similare sia da considerare
costituzionalmente non illegittima in relazione ai profili piu' sopra
illustrati facendo leva sul suo carattere dichiaratamente
transitorio, il disposto del citato comma 509 dovrebbe comunque
considerarsi costituzionalmente illegittimo in ragione del suo
carattere falsamente transitorio.
9.2. - La fondatezza della presente censura risulta chiaramente
ove si consideri l'evoluzione storica del quadro normativo nel cui
ambito essa si colloca.
Con una prima disposizione di carattere transitorio, infatti,
l'originario testo dell'art. 6, comma 7, del decreto legislativo n.
68 del 2011 prevedeva che l'operativita' (per quel che qui interessa)
dei precedenti commi 4 e 5 decorresse a partire dall'anno 2013.
Con una seconda diposizione di carattere formalmente transitorio,
l'art. 1, comma 555, della legge n. 228 del 2012 ha posticipato la
decorrenza di tale operativita' a partire dall'anno 2014.
Infine, con una tema disposizione dal carattere asseritamente
transitorio, il comma 509 qui contestato, ha disposto, ancora una
volta, la postergazione del dies a quo dell'operativita' dei commi 4
e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011.
Ora, la giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte ha in passato
evidenziato come speciali limitazioni all'autonomia finanziaria delle
Regioni, ordinariamente non consentite, possano essere imposte dalla
legge statale solo in via transitoria, per un singolo anno, in vista
dell'obiettivo del riequilibrio della finanza pubblica. In tema si
considerino, ad. es., le sentenze n. 36 del 2004 e n. 417 del 2005,
nonche', con specifico riguardo al caso di norme che sospendevano «il
potere delle Regioni di utilizzare uno spazio di autonomia nel
prelievo tributario, che la legge statale loro riconosceva», la gia'
menzionata sentenza n. 381 del 2004, la quale ha giustificato le
limitazioni all'autonomia regionale solo in considerazione del loro
carattere temporaneo e provvisorio, oltre che in ragione della loro
finalizzazione a regolare una fase transitoria in vista della piena
attuazione dell'art. 119 Cost.
Anche a voler ammettere che in questa circostanza possa essere
applicato tale principio di «temporaneita' delle limitazioni
all'autonomia finanziaria», non vi e' chi non veda come le condizioni
legittimanti dell'intervento statale non siano state rispettate.
L'intervento limitativo, infatti, pur originariamente transitorio, e'
ormai alla sua terza reiterazione: cio' che - come mostra chiaramente
anche la ben nota giurisprudenza costituzionale concernente la
illegittimita' costituzionale della reiterazione dei decreti-legge
(per tutte, sentenza n. 360 del 1996) - nega in radice tale carattere
di temporaneita', e mostra come la transitorieta' ostentata dalla
lettera della disposizione non possa che considerarsi, ormai,
meramente fittizia e percio' palesemente non sussistente.
Per di piu', la transitorieta' non puo' neppure essere in alcun
modo giustificata - seguendo l'iter logico della citata sent. n. 381
del 2004 - in ragione della futura e necessaria attuazione del
sistema dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Cost., posto
che tale attuazione e' stata predisposta proprio dalla legge n. 42
del 2009 e dal decreto legislativo n. 68 del 2011, del quale alcune
disposizioni sono sospese dalla norma che si impugna in questa sede.
E' dunque evidente che questa sospensione non puo' essere
giustificata in vista dell'attuazione dell'art. 119 Cost., proprio
perche' essa determina l'effetto di posticipare la piena attuazione
della norma costituzionale citata.
10. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione del combinato disposto dell'art. 3, primo comma,
Cost., e dei principi di razionalita' e ragionevolezza, dell'art. 97
Cost. e del principio di buon andamento della pubblica
amministrazione in esso contenuto, nonche' del principio di certezza
del diritto e chiarezza normativa, in riferimento alle attribuzioni
costituzionali riconosciute alla Regione dagli artt. 119, primo e
secondo comma, Cost., e 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto
la disciplina ivi contenuta, senza alcuna ragionevole
giustificazione, impedisce alla Regione di disporre della quota
dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata, al fine di perseguire
politiche di sostegno sociale a favore di soggetti svantaggiati,
tramite lo strumento della modulazione del quantum e del quomodo
della riscossione del tributo in questione mediante le apposite
detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011, mentre consente di disporre delle
medesime somme, e al fine di perseguire le medesime politiche,
tramite disposizioni di spesa e l'erogazione positiva di contributi e
sussidi a favore degli stessi beneficiari.
10.1. - Il comma 509 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2003,
nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai
commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si
applichino con decorrenza a partire dal 2015, e' inoltre
incostituzionale per una ulteriore e assorbente ragione.
Da quanto sopra esposto risulta chiaramente che la Regione non
potra' adottare misure di sostegno sociale in favore di determinate
categorie di persone svantaggiate modulando il quantum e il quomodo
della riscossione del tributo in questione mediante le apposite
detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011, pur rimanendo nel limite della quota del
gettito alla stessa assegnata dalla legislazione statale.
Risulta pero', altrettanto chiaramente, che esattamente le
medesime misure di sostegno sociale, alle medesime categorie di
persone svantaggiate, potranno essere disposte utilizzando la
legislazione regionale che si configuri (non solo sostanzialmente ma
anche) formalmente come una legislazione di spesa e che, su questa
base, contempli l'erogazione positiva di contributi e sussidi a
favore di quei beneficiari.
Tale agevole rilievo conduce a ritenere incostituzionale la norma
qui considerata per le seguenti ragioni.
10.2. - Violazione dell'art. 3 Cost., e dei principi di
razionalita-ragionevolezza.
La normativa statale impedisce alla Regione di realizzare
politiche sociali di un certo tipo mediante un determinato strumento,
ma consente di realizzarle mediante un diverso strumento, senza che
ricorra alcuna ragionevole giustificazione perche' venga escluso il
primo ma consentito il secondo. Cio' determina inequivocabilmente una
irragionevolezza - anzi una vera e propria irrazionalita' intrinseca
- della disciplina in questione, con conseguente violazione dell'art.
3, primo comma, Cost., dalla quale discende una evidente lesione
indiretta della attribuzioni costituzionali regionali, giacche'
queste ultime - ancorche', in denegata ipotesi, fossero ritenute non
direttamente violate per contrasto con le norme costituzionali sul
riparto delle competenze legislative (art. 117, terzo e quarto comma)
e sul riconoscimento dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa
(art. 119, primo e secondo comma) - risultano palesemente compresse e
ridotte nei margini di autonomia che la Regione potra' utilizzare e
che la norma censurata ha l'effetto, per l'appunto, di limitare.
10.3. - Violazione dell'art. 3 Cost., e dei principi di
razionalita-ragionevolezza, nonche' dell'art. 97 e del principio di
buon andamento dell'amministrazione.
La violazione dei sopra citati parametri costituzionali appare
ancor piu' macroscopica ove si consideri che non solo non ci sono
ragioni per inibire alla Regione l'utilizzazione dello strumento
della modulazione del quantum e del quomodo della riscossione del
tributo, mediante le apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e 5
dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011, e consentire
invece quello consistente nell'adozione di disposizioni (anche)
formalmente di spesa che contemplino l'erogazione positiva di
contributi e sussidi, ma ve ne sono di costituzionalmente fondate che
suggeriscono di privilegiare il primo strumento a scapito del
secondo.
Come gia' si e' accennato piu' sopra (sub parr. 4.2 e 7.2),
infatti, l'utilizzazione di quest'ultimo in luogo del primo determina
la necessita' di organizzare un apparato amministrativo e di compiere
attivita' amministrativa ulteriore e assolutamente non necessaria,
imponendo dunque alle strutture burocratiche di evadere numerose
pratiche il cui disbrigo potrebbe invece essere agevolmente evitato
proprio attraverso lo strumento delle detrazioni all'addizionale
IRPEF contemplate nei commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo
n. 68 del 2011 che la norma censurata impedisce alla Regione di
applicare. Cio', dunque, in evidente spregio, oltre che del principio
di razionalita-ragionevolezza, anche di quello di buon andamento
della pubblica amministrazione sancito dall'art. 97 Cost., anche in
questo caso con una palese lesione indiretta delle attribuzioni
costituzionali regionali nei termini e per le ragioni sopra
richiamate.
10.4. - Violazione del principio di certezza del diritto e
chiarezza normativa.
Infine, appare evidente che l'assetto normativo sopra ricostruito
determina un effetto di confusione normativa, poiche' induce a
ritenere che la Regione non possa perseguire determinate politiche di
sostegno sociale nei confronti di categorie di persone ritenute
svantaggiate. Cio' che in effetti non e', potendo le medesime
politiche essere comunque perseguite tramite strumenti differenti,
ancorche' senza dubbio piu' onerosi per le strutture amministrative e
per il bilancio della Regione. Per questa ragione, risulta leso anche
il principio di chiarezza normativa che la giurisprudenza di questa
Ecc.ma Corte ha piu' volte qualificato in termini di «valore
costituzionale» e, in quanto tale, da considerare senz'altro
utilizzabile come possibile parametro di costituzionalita' delle
leggi sottoposte al suo scrutinio (cfr., in particolare, le sentenze
n. 384 del 1994, par. 2 del Considerato in diritto, n. 94 del 1995,
par. 2 del Considerato in diritto, n. 303 del 2003, par. 6 del
Considerato in diritto; si vedano inoltre, piu' di recente, in
riferimento alla «certezza del diritto», nozione piu' ampia della
«chiarezza normativa» ma notoriamente comprensiva della medesima, le
sentenze n. 308 del 2013, par. 4.3.2 del Considerato in diritto; n.
103 del 2013, par. 12 del Considerato in diritto; n. 78 del 2012,
par. 12 del Considerato in diritto). Ed anche tale violazione, per il
suo riferimento immediato alla limitazione dei poteri spettanti alla
Regione in subiecta materia, determina inevitabilmente una palese
lesione indiretta delle attribuzioni costituzionali regionali nei
termini e per le ragioni sopra richiamate.
11. - Sintesi delle questioni proposte.
11.1. - In chiusura del presente ricorso, la Regione Puglia
ritiene opportuno, per maggiore chiarezza e per agevolare la
trattazione della causa, offrire una sintetica ricapitolazione delle
questioni di legittimita' costituzionale sottoposte al giudizio di
questa Ecc.ma Corte.
I) Sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba
considerarsi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 119, secondo
comma, Cost., quale «compartecipazione al gettito di un tributo
erariale».
I.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
dell'art. 119, primo e secondo comma, della Costituzione, in
quanto impedisce alla Regione di «disporre» della quota
dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata quale «compartecipazione al
gettito di un tributo erariale», in contrasto con l'autonomia di
entrata di cui alla prima disposizione costituzionale citata e in
evidente difformita' dall'esplicita previsione della seconda;
dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in
quanto comprime, fino ad azzerarla, la potesta' legislativa regionale
in materia di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere
di disporre detrazioni all'addizionale IRPEF assegnata dalla legge
statale alle Regioni.
I.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
dell'art. 119, primo e secondo comma, della Costituzione, in
quanto impedisce alla Regione di «disporre» liberamente delle somme
dell'addizionale IRPEF ad essa assegnate a titolo di
«compartecipazione al gettito di un tributo erariale» (in particolare
scegliendo di utilizzare una detrazione come strumento di spesa
pubblica in luogo della erogazione positiva di prestazioni sociali a
carico del proprio bilancio e delle proprie strutture
amministrative), in contrasto con l'autonomia di spesa di cui alla
prima disposizione costituzionale citata e in evidente difformita'
dall'esplicita previsione della seconda;
dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in
quanto comprime, fino ad azzerarla, la potesta' legislativa regionale
nelle materie delle entrate tributarie spettanti alle Regioni e delle
politiche sociali, con specifico riferimento al potere di disporre
detrazioni per finalita' sociali all'addizionale IRPEF assegnata
dalla legge statale alle Regioni.
II) Sul presupposto interpretativo che l'addizionale IRPEF debba
considerarsi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 119, secondo
comma, Cost., quale «tributo proprio regionale».
II.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117,
terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto limita la
possibilita' per la Regione, di «stabilire» ed «applicare» un tributo
proprio secondo le determinazioni frutto della propria autonomia di
entrata e della propria potesta' tributaria; cio' per mezzo di una
disposizione di dettaglio, non qualificabile come «principio di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», e
che, percio', illegittimamente pretende di vincolare la potesta'
legislativa della Regione nella materia dei «tributi propri
regionali».
II.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della
legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le
disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117,
terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto impedisce in
assoluto alla Regione di «stabilire» e «applicare» un tributo proprio
secondo le proprie libere opzioni (in particolare scegliendo di
utilizzare una detrazione come strumento di spesa pubblica in luogo
della erogazione positiva di prestazioni sociali a carico del proprio
bilancio e delle proprie strutture amministrative), con cio'
ponendosi in contrasto con l'autonomia di spesa garantita dalla
Costituzione, nonche' con la potesta' legislativa riconosciuta alla
Regione in materia di tributi propri e in materia di politiche
sociali, senza che la norma statale possa in alcun modo essere
giustificata quale «principio di coordinamento della finanza pubblica
e del sistema tributario».
III) A prescindere dalla qualificazione dell'addizionale IRPEF
quale «compartecipazione al gettito di tributi erariali» o quale
«tributo proprio regionale».
III.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,
della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che
le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
dell'art. 119, primo e secondo comma, nonche' dell'art. 117,
terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto, posticipando per
la terza volta consecutiva il termine iniziale di applicabilita' di
una norma attuativa dell'autonomia finanziaria e delle connesse
potesta' legislative che la Costituzione assegna alla Regione,
introduce una disciplina che puo' giustificarsi, in via eccezionale e
per straordinarie esigenze di coordinamento della finanza pubblica,
soltanto ove assuma un carattere transitorio che, nel caso di specie,
risulta concretamente negato dalla ripetuta reiterazione della misura
di proroga.
III.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509,
della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che
le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal
2015, per violazione:
del combinato disposto dell'art. 3, primo comma, della
Costituzione e dei principi di razionalita' e ragionevolezza,
dell'art. 97 della Costituzione e del principio di buon andamento
della pubblica amministrazione in esso contenuto, nonche' del
principio di certezza del diritto e chiarezza normativa, in ragione
della lesione indiretta che subiscono le attribuzioni costituzionali
riconosciute alla Regione dagli artt. 119, primo e secondo comma,
Cost., e 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto impedisce alla
Regione - senza alcuna ragionevole giustificazione - di disporre
della quota dell'addizionale IRPEF ad essa assegnata al fine di
perseguire politiche di sostegno sociale a favore di soggetti
svantaggiati, tramite lo strumento della modulazione del quantum e
del quomodo della riscossione del tributo in questione mediante le
apposite detrazioni contemplate dai commi 4 e 5 dell'art. 6 del
decreto legislativo n. 68 del 2011, mentre consente di disporre delle
medesime somme, e al fine di perseguire le medesime politiche,
tramite disposizioni di spesa e l'erogazione positiva di contributi e
sussidi a favore degli stessi beneficiari.
P. Q. M.
Chiede che questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento
del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale -
legge di stabilita' 2014), nei limiti e nei termini sopra esposti.
Con ossequio.
Bari-Roma, 24 febbraio 2014
Avv. prof.: Cecchetti
Si depositano i seguenti documenti:
1) deliberazione di autorizzazione al giudizio n. 188 del 21
febbraio 2014.