Ricorso n. 23 del 27 marzo 2009 (Regione Toscana)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 marzo 2009 , n. 23
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 marzo 2009 (della Regione Toscana).
(GU n. 19 del 13-5-2009)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 162 del 9 marzo 2009, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dall'Avv. Lucia Bora e domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avv. Pasquale Mosca, Corso d'Italia n. 102; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 4-bis, lettera a) e comma 4-sexies del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2, per violazione degli articoli 117, 118 cost. e del principio della leale cooperazione. Nella Gazzetta Ufficiale n. 22 del 28 gennaio 2009, s.o. n. 14, e' stata pubblicata la legge n. 2/2009, di conversione del decreto legge n. 185/2008, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale». Le disposizioni impugnate incidono su norme contenute nella precedente legge n. 133/2008 - e in particolare sull'art. 11 relativo al piano nazionale di edilizia abitativa e sull'art. 61 ottavo comma relativo agli oneri di progettazione - gia' oggetto di impugnazione proposta dalla Regione Toscana (Ric. n. 74/2008) e sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 4-bis, lettera a) per violazione degli articoli 117 e 118 Cost. - Violazione del principio della leale cooperazione. L'art. 11 della legge n. 133/2008 prevedeva, al primo comma, che il piano nazionale di edilizia abitativa fosse approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. L'art. 18, comma 4-bis lettera a) della legge n. 2/2009 modifica la norma, statuendo che la Conferenza unificata sia sentita, prima dell'approvazione del piano casa nazionale e, dunque, e' eliminata la previsione dell'intesa. E' evidente che la modifica e' incisiva perche' il parere puo' essere facilmente disatteso, mentre l'intesa richiede, secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, l'attuazione di trattative finalizzate a pervenire ad una determinazione condivisa e, quindi, assicura un effettivo rispetto delle competenze regionali che si intrecciano con l'esercizio delle attribuzioni statali. Come rilevato nell'impugnativa proposta avverso l'art. 11 della legge n. 133 del 2008, e' certo che il contenuto del «piano nazionale casa» interferisce in materie di competenza regionale, con particolare riferimento all'edilizia residenziale, al governo del territorio e all'edilizia sociale: il piano infatti ha ad oggetto la costruzione di nuove abitazioni, la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente, la promozione di edilizia residenziale, anche sociale. Non si ripetono, in questa sede, le censure gia' prospettate nel precedente ricorso relative alla mancanza, nel caso in esame, di titoli legittimanti l'esercizio della potesta' legislativa statale. Ma nella denegata ipotesi in cui fossero ritenute sussistenti esigenze di sussidiarieta', e' indubbio che l'interferenza della disciplina con rilevanti ambiti di attribuzione regionale avrebbe dovuto rendere necessaria almeno la previsione dell'intesa. L'originaria disposizione legislativa era gia' insufficiente a salvaguardare le competenze regionali, perche' non permetteva alle singole regioni incise di esprimersi sul contenuto, anche localizzativo, del piano casa, richiedendo solo l'intesa con la Conferenza unificata. Ora, addirittura, si elimina l'intesa con la Conferenza, e la si sostituisce con un mero parere dello stesso organismo collegiale. Cio' non e' coerente con i principi della giurisprudenza costituzionale la quale, sin dalla sentenza n. 303/2003, ha configurato l'intesa con la regione interessata quale presupposto essenziale per la compatibilita' costituzionale di una normativa statale che, in applicazione dell'art. 118 Cost., attragga in capo allo Stato potesta' legislative che l'art. 117 affida alla competenza concorrente Stato-Regioni. Non solo. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, ove la normativa statale incida in ambiti di competenza regionale, l'imprescindibile fase concertativa deve essere salvaguardata: «Appare evidente che quest'ultima va considerata come un'intesa "forte", nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.» (sentenza n. 6 del 2004). Ancora la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, ove l'intesa debba essere prevista dal legislatore statale come strumento necessario per riequilibrare le potesta' legislative regionali che sarebbero altrimenti eccessivamente compromesse, e' necessario che la stessa intesa, secondo i canoni della leale collaborazione, si sviluppi attraverso reiterate trattative, volte a superare le divergenze che ostacolano il raggiungimento di un accordo (sentenza n. 339 del 2005). In definitiva, e' necessario che quantomeno si attui una fase di dialogo fra le parti e che si realizzi un contatto tra i diversi interessi ed una dialettica leale e costruttiva fra i differenti soggetti di rilevanza costituzionale, perche' altrimenti la previsione dell'intesa si tradurrebbe in una statuizione solo formale e, quindi, inidonea al soddisfacimento degli obiettivi per cui deve essere garantita e cioe' l'equo contemperamento delle potesta' riconosciute a soggetti entrambi dotati di autonomia e rilevanza costituzionale. La norma impugnata non rispetta i suddetti principi, violando cosi' sia gli artt. 117 e 118 Cost. che il principio della leale cooperazione. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma sexies per violazione dell'art. 117 Cost. L'art. 61, ottavo comma della legge n. 133 del 2008 e' stato impugnato con il precedente gia' richiamato ricorso, in quanto incidente sull'autonomia organizzativa della regione, la' ove fosse da interpretarsi nel senso di imporre anche alle regioni di operare la riduzione dal 2% allo 0,5% della percentuale stabilita dall'art. 92, comma 5 del d.lgs n. 163/2006 in merito all'incentivo per i progettisti dipendenti dell'amministrazione. Il citato art. 61 ottavo comma e' stato abrogato dall'art. 1, comma 10-quater, lett. b) del d.l. n. 162 del 2008, convertito in legge 22 dicembre 2008, n. 201. Ora pero' l'art. 18, comma 4-sexies oggetto della presente impugnativa ripristina, in termini assolutamente identici, quanto era stato stabilito dal precedente art. 61, comma ottavo della legge n. 133/2008. Si ripropongono, pertanto le relative censure. Il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, all'art. 92, nel disciplinare i corrispettivi e gli incentivi per la progettazione, ha stabilito che: «Una somma non superiore al due per cento dell'importo posto a base di gara di un'opera o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all'articolo 93, comma 7, e' ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalita' e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata e assunti in un regolamento adottato dall'amministrazione, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonche' tra i loro collaboratori. La percentuale effettiva, nel limite massimo del due per cento, e' stabilita dal regolamento in rapporto all'entita' e alla complessita' dell'opera da realizzare. La ripartizione tiene conto delle responsabilita' professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere. Le quote parti della predetta somma corrispondenti a prestazioni che non sono svolte dai predetti dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all'organico dell'amministrazione medesima, costituiscono economie. I soggetti di cui all'articolo 32, comma 1, lettere b) e c), possono adottare con proprio provvedimento analoghi criteri». Ebbene, di tale percentuale del 2%, lo 0,5 resta destinato alle finalita' suddette, mentre il restante 1,5% e' versato ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Il successivo comma 17 dell'art. 61 individua l'ambito di operativita' soggettiva della misura suddetta, prevedendo: «Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa e le maggiori entrate di cui al presente articolo, con esclusione di quelle di cui ai commi 14 e 16, sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato»; il medesimo comma 17 precisa poi che «La disposizione di cui al primo periodo non si applica agli enti territoriali e agli altri enti di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale». L'impugnata disposizione, sulla base dell'espressa previsione del citato comma 17 dell'art. 61 della legge n. 133/2008, va dunque interpretato nel senso che essa non e' applicabile nei confronti degli enti territoriali, degli enti regionali e del servizio sanitario e dunque e' rispettata l'autonomia organizzativa delle regioni nonche' la loro potesta' legislativa in materia di organizzazione. Tuttavia e' possibile anche un'interpretazione piu' restrittiva della disposizione, volta a ritenere applicabile anche alle regioni la riduzione dal 2 allo 0,5% della percentuale prevista dall'art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006, con la sola esenzione, per le stesse, dall'obbligo di versare le maggiori entrate derivanti da tale misura ad apposito capitolo del bilancio dello Stato. Se tale interpretazione restrittiva dovesse essere quella corretta, essa sarebbe incostituzionale per violazione dell'autonomia organizzativa regionale. Infatti l'imposta riduzione dell'incentivo inciderebbe negativamente sulla progettazione interna delle stazioni appaltanti, costituendo un forte disincentivo per i tecnici degli enti territoriali che non svolgerebbero piu' attivita' tecniche impegnative, di fatto non remunerate. Questo farebbe aumentare gli oneri della progettazione che, a quel punto, dovrebbe necessariamente essere affidata all'esterno, con inevitabili maggiori costi per le amministrazioni. Invece, in questi anni, l'incentivo del 2% ha costituito un'ottima leva per la regione ricorrente per incentivare l'utilizzo delle professionalita' interne, con risparmi notevoli sia per la progettazione che per lo sviluppo del personale, perche' l'incentivo del 2% e' stato concesso quale premio di produttivita' e dunque l'amministrazione ne ha tratto vantaggi anche perche' ha risparmiato risorse sul relativo fondo di produttivita'. L'imposta riduzione scardinerebbe il sistema comportando un aumento delle spese, perche' la progettazione esterna ha un costo superiore. E' dunque evidente la lesione della competenza esclusiva regionale in materia di organizzazione, ove la disposizione impugnata debba essere interpretata nel senso che la riduzione prevista dal comma olIavo si applichi anche alle regioni, agli enti territoriali, agli enti di competenza regionale e del servizio sanitario nazionale. Da qui discendono i vizi denunciati.
P. Q. M. Si confida che l'ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 4-bis, lettera a) e comma 4-sexies del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2 per i motivi indicati nel presente ricorso. Firenze - Roma, addi' 23 marzo 2009 Avv. Lucia Bora