N. 23 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 marzo 2003 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 16 del 23-4-2003)

Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
presidente della giunta provinciale Lorenzo Dellai, autorizzato con
deliberazione della giunta provinciale n. 405 del 21 febbraio 2003
(doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale rogata
dal dott. Tommaso Sussarellu, nella qualita' di ufficiale rogante
della Provincia, n. 25818 di repertorio del 25 febbraio 2003 (all. 2)
- dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma,
con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via
Confalonieri n. 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
27 dicembre 2002, n. 289, disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003),
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2001,
suppl. ordinario n. 240, con rifrimento alle seguenti disposizioni:
art. 29, comma 18, secondo periodo, per violazione
dell'autonomia finanziaria provinciale assicurata dallo statuto e
dalle relative norme di attuazione, ed in particolare del d.lgs.
n. 268 del 1992;
art. 77, comma 4, per violazione delle competenze legislative
ed amministrative provinciali in materia ambientale ai sensi
dell'art. 8, numeri 3, 5, 13, 14, 21, 24, dell'art. 9, n. 10, nonche'
dell'art. 16 dello statuto speciale e dalle relative norme di
attuazione.

F a t t o

Con legge n. 289 del 27 dicembre 2002 lo Stato ha adottato la
legge finanziaria per l'anno 2003. Tale normativa contiene
all'art. 95, comma 2, una clausola di salvaguardia per le
attribuzioni delle autonomie speciali, essendo espressamente sancito
che "le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di
Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti".
Una tale previsione solleva la Provincia di Trento dall'onere di
impugnare le singole disposizioni della legge finanziaria che, nel
dettare disposizioni applicabili genericamente a tutto il sistema
delle autonomie locali, si pongano in contrasto con la speciale
autonomia trentina costituzionalmente garantita: e' infatti la stessa
legge finanziaria, all'articolo citato, ad indicare espressamente che
nel caso di contrasto fra le proprie disposizioni e le attribuzioni
statutarie delle province autonome le prime siano destinate a non
trovare applicazione.
Tuttavia, la stessa legge finanziaria contiene all'art. 29, comma
18, una specifica disposizione che riguarda direttamente la Provincia
autonoma di Trento, in modo lesivo della sua autonomia finanziaria.
Precisamente, l'art. 29, dopo avere disciplinato il patto di
stabilita' interno per le Regioni a statuto ordinario, dispone al
comma 18 (riprendendo la formulazione gia' contenuta nel
decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347) che "le regioni a statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano,
entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell'economia e
delle finanze, per gli esercizi 2003, 2004 e 2005, il livello delle
spese correnti e dei relativi pagamenti", ma aggiunge un secondo
periodo secondo il quale "fino a quando non sia raggiunto l'accordo,
i flussi di cassa verso gli enti sono determinati, con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con gli obiettivi
di finanza pubblica per il triennio 2003-2005".
L'aggiunta di tale disposizione stravolge il significato stesso
del "concordare" previsto dal primo periodo, ed e' ad avviso della
ricorrente Provincia gravissimamente lesiva della propria autonomia
finanziaria, come si dira' nel punto 1) in diritto.
A fianco di tale impugnazione la riconente Provincia sottopone al
giudizio di codesta ecc.ma Corte costituzionale, peraltro in via
tuzioristica, anche il disposto di cui all'art. 77, comma 4, nella
parte in cui prevede che "l'autorizzazione di cui al comma 3", cioe'
l'autorizzazione integrata ambientale cui sono soggetti "tutti gli
impianti esistenti, nonche' quelli di nuova realizzazione, relativi
alle attivita' industriali di cui all'art. 1, comma 1, del decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377,
rientranti nelle categorie elencate nell'allegato I della direttiva
96/61/CE del Consiglio, del 24 ettembre 1996" e' rilasciata con
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
"sentite le regioni interessate", nei termini esposti ai punto 2) in
diritto.

D i r i t t o

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 18,
secondo periodo.
L'appartenenza alla Comunita' europea, come ben noto, impone agli
Stati membri il rispetto di determinati parametri finanziari -
formalizzati appunto nel c.d. patto di stabilita' - che, attraverso
il raggiungimento del pareggio del bilancio, consentano di conseguire
l'obiettivo della stabilita' economico-finanziaria, indispensabile
per garantire le basi di un ordinato sviluppo economico.
Come esposto in narrativa, l'art. 29 della legge n. 289 del 2002
disciplina il "Patto di stabilita' interno per gli enti
territoriali", che costituisce il riflesso a livello del nostro
ordinamento del patto di stabilita', previsto a livello comunitario.
Esso, introdotto per la prima volta dalla finanziaria per il 1999
(legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 28) consiste nella previsione
di meccanismi che garantiscono il concorso del sistema delle
autonomie locali "alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica che il Paese ha adottato con l'adesione al patto di
stabilita' e crescita", attraverso l'impegno "a ridurre
progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e
a ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il
prodotto interno lordo".
All'intento del patto di stabilita' ha sempre operato anche la
Provincia autonoma di Trento, nel quadro delle regole relative alla
propria speciale autonomia finanziaria. In particolare, essa ha
assicurato il rispetto degli obiettivi attraverso il meccanismo
appositamente previsto dall'art. 1, comma 4, del decreto-legge
18 settembre 2001, n. 347, secondo il quale le regioni a statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano "concordano
con il Ministero dell'economia e delle finanze il livello delle spese
correnti e dei relativi pagamenti per gli esercizi 2002, 2003 e
2004".
Come si vede, la partecipazione di tali enti al patto di
stabilita' era gia' disciplina sia per l'anno in corso che per il
2004, ne' in relazione al 2002 era emersa difficolta' alcuna
nell'attuazione del meccanismo di intesa cosi' configurato.
L'art. 29, comma 18, della legge n. 289 del 2002 altera
profondamente tale meccanismo, mutandone radicalmente il senso e
compremettendo gravemente l'autonomia finanziaria della Provincia.
Infatti, solo apparentemente la legge n. 289/2002 sembra a prima
vista riproporre quanto gia' stabilito con le precedenti disposizioni
sopra indicate; stabilendo che le province autonome ed il Ministero
dell'economia concordino "per gli esercizi 2003, 2004 e 2005, il
livello delle spese correnti e dei relativi pagamenti" (cosi'
all'art. 29, comma 18, prima frase), con la sola precisazione che
l'accordo debba essere raggiunto "entro il 31 marzo di ciascun anno".
In realta', lo scopo della fissazione di tale termine sta in quanto
segue, ovvero nella seguente norma secondo la quale "fino a quando
non sia raggiunto l'accordo, i flussi di cassa verso gli enti sono
determinati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,
in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio
2003-2005".
Strutturata a questo modo, la disposizione nel suo insieme non
implica piu' un vero accordo tra provincia autonoma e Stato, ma
significa soltanto che - ove le province non "concordino"
tempestivamente con quanto ritenga lo Stato, e per esso il Ministro
dell'economia, non ritenga giusto ed appropriato - sara' lo stesso
Ministro dell'economia ad indurle a concordare atraverso lo strumento
del controllo dei "flussi di cassa", ovvero della reale attribuzione
alle province delle risorse ad esse spettanti.
Ora, e' evidente ad avviso della ricorrente Provincia che lo
statuto e le norme di attuazione non consentono alcun potere statale
di decidere unilateralmente di "trattenere" le somme ad essa
spettanti.
Si noti, tra l'altro, che l'impugnata disposizione, proprio in
quanto riferita globalmente ai flussi di cassa, non si riferisce
neppure alle sole spese correnti (naturale oggetto del patto di
stabilita) ma si estende agli investimenti, i quali richiedono
ovviamente di essere effettuati mediante la piena disponibilita'
delle proprie risorse.
Ora, il versamento alla provincia delle somme ad essa spettanti
e' disciplinato puntualmente dalle norme di attuazione, ed in
particolare dall'art. 3, commi 2 e 3, nonche' dallart. 10, comma 9,
del d.lgs. n. 268 del 1992, che risultano palesemente violati.
Ma e' evidentemente l'intero sistema statutario che presuppone
che le somme spettanti alla provincia siano effettivamente
disponibili per l'esercizio delle funzioni che lo stesso statuto
affida ad esse.
La norma che stabilisce la soggezione dei flussi di cassa al
potere di determinazione statale e' dunque arbitraria e
costituzionalniente illegittima.
Solo in subordinata ipotesi si eccepisce dunque che, se pure un
simile potere potesse spettare allo Stato, esso non potrebbe essere
intestato ad un singolo Ministro. Il sistema statutario e delle norme
di attuazione suppone infatti che in generale il rapporto con lo
Stato intercorra con il Governo: si vedano, ad esempio, l'art. 10,
comma 2, e l'art. 14 delle norme di attuazione ora citate. Soltanto
la necessita' di un effettivo accordo della provincia consentiva che
la determinazione dei modi di attuazione del patto di stabilita'
fosse concordata direttamente con il Ministro dell'economia: ma e'
chiaro che cio' non signifiva affatto che sul piano istituzionale vi
possa essere - nel diverso contesto creato dalla norma in questione,
una soggezione della provincia ad un potere ministeriale di regolare
i flussi di cassa ad essa destinati.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 77, comma 4.
L'art. 77, comma 4, ultimo periodo, si riferisce alla procedura
di emanazione di un istituto, di derivazione comunitaria, costituito
dalla "autorizzazione integrata ambientale" (a.i.a.).
In particolare, per quanto rileva nella presente sede, sia
consentito ricordare come la direttiva n. 96/61/CE del 24 settembre
1996 - perseguendo la finalita' di riduzione dell'inquinamento -
abbia introdotto un approccio integrato, volto a prevenire
simultaneamente le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel terreno. In
tale prospettiva, si e' previsto che gli impianti (tanto quelli nuovi
come quelli gia' esistenti) destinati allo svolgimento di determinate
attivita' economiche potenzialmente nocive per l'ambiente (indicate
nell'allegato I della direttiva) debbano ottenere un'apposita
autorizzazione, finalizzata a garantire che gli impianti stessi siano
gestiti in modo rispettoso delle esigenze di tutela e rispetto
dell'ambiente e di prevenzione dell'inquinamento.
Tale direttiva ha trovato un primo, parziale, recepimento,
nell'ordinamento italiano con il d.lgs. 4 agosto 1999, n. 372
(recante "Attuazione della direttiva n. 96/61/CE relativa alla
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"): recepimento
solo parziale, come detto, poiche' la fonte in questione si limitava
a disciplinare "il rilascio, il rinnovo e il riesame
dell'autorizzazione integrata ambientale degli impianti esistenti,
nonche' le modalita' di esercizio degli impianti medesimi" (art. 2,
comma 1). Benche' sotto questo profilo parziale, tale normativa ha
comunque sostituito ad una logica settoriale una logica di tipo
trasversale: ed a tal fine, l'art. 4, comma 10, ha stabilito che
l'autorizzazione integrata ambientale sostituisca "ad ogni effetto
ogni altro visto, nulla osta, parere o autorizzazione in materia
ambientale, previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative
norme di attuazione".
Dopo che, al fine di completare il recepimento della direttiva
n. 96/61/CE, la legge comunitaria per il 2001 (legge 1 marzo 2002,
n. 39) aveva delegato (art. 41) il Governo ad emanare apposito
decreto finalizzato alla "estensione delle disposizioni del ...
decreto legislativo n. 372 del 1999, limitate agli impianti
industriali esistenti, anche ai nuovi impianti e a quelli
sostanzialmente modificati", nella stessa materia e' intervenuta ora
la legge finanziaria n. 289 del 2002: la quale, al comma 3
dell'art. 77, sottopone ad "autorizzazione integrata ambientale
statale" determinati impianti, tanto gia' esistenti quanto di nuova
realizzazione: si tratta in particolare "degli impianti relativi alle
attivita' industriali di cui all'art. 1, comma 1, del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377,
rientranti nelle categorie elencate nell'allegato I della direttiva
n. 96/61CE" sopra citata.
In relazione all'autorizzazione statale di cui al comma 3 ora
citata, il successivo comma 4 dell'art. 7, nella presente sede
impugnato, stabilisce all'ultimo periodo che tale autorizzazione "e'
rilasciata con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, sentite le regioni interessate".
In relazione a tali previsioni, si pone in primo luogo il
problema di verificare i rapporti fra le stesse ed i disposti del
citato d.lgs. n. 372/1999. Infatti, dato che l'art. 77 ora citato non
richiama in alcun modo il d.lgs. in parola, potrebbe ritenersi che il
legislatore abbia voluto dettare una nuova disciplina integralmente
sostitutiva della precedente.
Tuttavia, non e' possibile attribuire un reale significato ai
disposti di cui all'art. 77 della legge finanziaria, se non
presupponendone l'innesto nell'ambito del citato d.lgs.; e dunque si
deve ritenere che quando l'art. 77, comma 3, della legge finanziaria
parla di "autorizzazione integrata ambientale" si riferisca
all'istituto gia' previsto dal d.lgs. n. 372/1999.
Rispetto a questo, tuttavia l'art. 77 introduce significative
innovazioni, ed in particolare esso sembra innovare in senso
riduttivo il ruolo delle regioni.
Infatti, mentre la normativa previdente - collegando la
competenza al rilascio della autorizzazione integrata ambientale a
quella del rilascio della V.I.A. (art. 2, n. 8, d.lgs. n. 372/1999) e
comunque prevedendo la partecipazione regionale nell'ambito della
conferenza di servizi prevista dall'art. 4, commi 8 ss. - manteneva
comunque ferme le competenze regionali, la disposizione che nella
presente sede si impugna sottopone invece ad autorizzazione integrata
ambientale statale indistintamente tutti gli impianti indicati al
comma 3, sia quelli che gia' prima appartenevano alla competenza
statale, sia (a quel che sembra) quelli che l'art. 71 del d.lgs.
n. 112/1998 aveva assegnato alla competenza regionale, limitandosi a
prevedere che le regioni debbano essere solamente sentite ai fini
della decisione.
La Provincia ritiene peraltro, in via principale, che la predetta
riduzione del ruolo regionale non riguardi le autonomie speciali, per
le quali non opera - quale che ne sia il significato - la riserva
alla legislazione statale esclusiva della materia dell'ambiente.
Non solo infatti opera la clausola di salvaguardia ricordata in
narrativa, di cui all'art. 95, comma 2, della finanziaria, ai sensi
del quale "le disposizioni della presente legge sono applicabili
nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento
e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti", ma
lo stesso comma 4 dell'art. 77 parla di "regioni interessate", senza
aggiungere un riferimento alle province autonome.
Essa prospetta dunque la presente impugnazione per la denegata
ipotesi che la disciplina sopra descritta dovesse intendersi nel
senso di portare alla competenza statale autorizzazioni in materia
ambientale che gia' appartengano alla competenza provinciale, o di
ridurre il ruolo delle determinazioni provinciali nell'ambito delle
procedure di competenza statale.
Se tale fosse l'interpretazione da dare alla disposizione de qua,
ne deriverebbe la sua illegittimita' costituzionale per violazione
delle competenze legislative ed amministrative provinciali in materia
ambientale ai sensi dell'art. 8, numeri 3, 5, 13, 14, 21, 24,
dell'art. 9, n. 10, nonche' dell'art. 16 dello statuto speciale e
delle relative norme di attuazione.

P. Q. M.
La ricorrente Provincia autonoma di Trento, come sopra
rappresentata e difesa, chiede voglia l'eccellentissima Corte
costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale
dell'articolo 29, comma 18, secondo periodo;
Voglia altresi', ove fosse fondata l'interpretazione avversata
nel ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 77,
comma 4, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Padova-Roma, addi' 28 febbraio 2003
Avv. prof. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi

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