Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 marzo 2018 (della Regione Siciliana)

(GU n. 17 del 2018-04-26)

 

Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro-tempore Sebastiano Musumeci, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli avvocati Maria Carmela Mineo (pec: …) e Marina Valli (pec: …) dell'Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione siciliana (fax …), elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato dalla Giunta regionale a proporre il presente ricorso, contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna, 370, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui Uffici e' elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 2017, n. 205, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 29 dicembre 2017, n. 302, S.O., con riferimento a:

- l'art. 1, comma 829, nella parte in cui, nell'escludere dal computo della spesa corrente del 3 per cento annuo, di cui all'art. 1, comma 510, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, gli oneri a carico del bilancio della Regione siciliana destinati ai liberi consorzi del relativo territorio, di almeno 70 milioni di euro annui aggiuntivi rispetto al consuntivo del 2016, ne ribadisce la prescrizione a carico del bilancio regionale 2018 in violazione dell'art. 43 dello Statuto regionale, degli articoli 5 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione dagli stessi sancito, e correlata illegittimita' sopravvenuta dell'articolo unico, commi 418 e 419, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

- l'art. 1, comma 830, primo periodo, per violazione degli articoli 20 e 43 dello Statuto regionale, degli articoli 117, comma 3, e 119, commi primo e quarto, della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, degli articoli 5 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione che deve informare tutti i rapporti fra Stato e regioni, e dell'art. 3 della Costituzione, per contrasto con il valore del legittimo affidamento nella certezza dei rapporti giuridici nonche' per violazione del principio di eguaglianza, alla luce dell'art. 116 della Costituzione.

Fatto

Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 29 dicembre 2017, n. 302, S.O., e' stata pubblicata la legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020».

L'art. 1, comma 829, cosi' dispone: «Sono esclusi dal computo della riduzione della spesa corrente del 3 per cento annuo, di cui all'art. 1, comma 510, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, gli oneri, a carico del bilancio della Regione siciliana destinati ai liberi consorzi del relativo territorio, di almeno 70 milioni di euro annui aggiuntivi rispetto al consuntivo 2016, di cui al punto 4 dell'Accordo fra il Governo e la Regione siciliana sottoscritto in data 12 luglio 2017. Sono, altresi', escluse dal predetto computo le spese sostenute dalla Regione per l'assistenza ai disabili gravi e gravissimi e in generale non autosufficienti, ad integrazione delle risorse erogate per tale finalita' dallo Stato. Sono inoltre escluse le maggiori spese per il servizio del debito sostenute nel 2017 rispetto all'anno 2016 derivanti dalla rimodulazione dei mutui effettuata nel 2015, nonche' le spese per le quote interessi delle anticipazioni di liquidita' di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64».

Tale onere da un lato non risolve la situazione di dissesto dei liberi consorzi dall'altro aggrava, pur con il pregio dell'esclusione dal vincolo del 3%, l'onere complessivo a carico del bilancio regionale - anch'esso divenuto insostenibile - del concorso al risanamento della finanza pubblica.

L'art. 1, comma 830, al primo periodo recita: «Dal 2018 al 2022 la Regione siciliana si impegna a riqualificare la propria spesa attraverso il progressivo aumento degli investimenti incrementando gli impegni complessivi per gli investimenti in misura non inferiore al 2 per cento per ciascun anno rispetto all'anno precedente.».

Cosi' disponendo, la norma, al di la' del tenore letterale della stessa (la Regione siciliana «si impegna ...»), impone unilateralmente alla Regione un obbligo, in violazione dei parametri di costituzionalita' sopra evocati.

Al riguardo, giova preliminarmente rammentare che risultano, al momento, in essere due Accordi tra Stato e Regione in materia finanziaria, sottoscritti l'uno il 20 giugno 2016 e l'altro il 12 luglio 2017, e che con nessuno di tali accordi la Regione si e' impegnata a incrementare annualmente, nella misura del 2 per cento, la spesa per investimenti.

Infatti, mentre l'Accordo del luglio 2017 non ne fa menzione, in quello del 2016, al punto 2, quella di «favorire il progressivo incremento della spesa destinata agli investimenti» figura come finalita' per la quale «la Regione siciliana si impegna, per gli anni dal 2017 al 2020, a realizzare riduzioni strutturali della spesa corrente, ...».

Risulta, cosi', palese che, con la norma censurata, lo Stato ha trasformato unilateralmente in obbligo, preciso quanto a durata e consistenza, quello che era, invece, il fine cui tendeva l'assunzione dell'impegno a diminuire la spesa corrente.

Le norma risultano, pertanto, illegittime per i seguenti motivi di

Diritto

Art. 1, comma 829. Violazione dell'art. 43 dello Satuto regionale. Violazione degli articoli 5 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione dagli stessi sancito. Correlata illegittimita' sopravvenuta dell'articolo unico, commi 418 e 419, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Il comma 829 della legge impugnata nell'escludere dal computo della riduzione della spesa corrente del 3 per cento annuo, di cui all'art. 1, comma 510, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, gli oneri, a carico del bilancio della Regione siciliana destinati ai liberi consorzi del relativo territorio, di almeno 70 milioni di euro annui aggiuntivi rispetto al consuntivo 2016, ne ribadisce la prescrizione a carico del bilancio regionale 2018 senza alcuna verifica di sostenibilita'.

Tale onere, come precisato nel corso della Conferenza unificata del 14 dicembre 2017 dal rappresentante della Regione (cfr. parere Conferenza unificata rep. atti n. 17441/CU del 14 dicembre 2017), se da un lato non risolve la situazione di dissesto dei liberi consorzi a causa dell'incremento previsto del c.d. prelievo forzoso dall'altro aggrava, pur con il pregio dell'esclusione dal vincolo del 3%, l'onere complessivo a carico del bilancio regionale - anch'esso divenuto insostenibile - del concorso al risanamento della finanza pubblica.

Si evidenzia infatti che la Regione siciliana ha condizionato il parere favorevole «all'esclusione, per il 2018, delle Province siciliane dal contributo al riequilibrio della finanza pubblica».

Per quanto attiene alla situazione finanziaria, negli anni 2016-2017, le tre Citta' metropolitana ed i sei Liberi Consorzi della Sicilia sono stati tutti coinvolti in una gravissima crisi finanziaria - dimostrata dal dato relativo allo squilibrio finanziario - che ha compromesso l'erogazione dei servizi ai cittadini siciliani - in particolare la gestione della rete stradale di competenza, i servizi per i disabili e il supporto alle scuole di secondo grado e l'edilizia scolastica - e ha messo in discussione la stessa continuita' del rapporto di lavoro dei dipendenti.

In passato, il dato relativo alla squilibrio veniva compensato attraverso l'applicazione, in sede di predisposizione del bilancio di previsione, dell'avanzo di amministrazione risultante dal riaccertamento straordinario dei residui.

Ad oggi, e tale questione e' stata inutilmente prospettata dalla Regione allo Stato, detto squilibrio non puo' piu' essere compensato per mancanza o insufficienza di avanzo di amministrazione.

Le principali cause di tale situazione sono da ricercare:

1) nella drastica riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali;

2) nel prelievo forzoso operato dallo Stato attraverso il contributo di finanza pubblica e, in particolare, nell'incremento annuale per il periodo 2015-2017 previsto dai commi 418 e 419 dell'art. 1 della legge di stabilita' n. 190/2014 (a carico di tutti gli enti area vasta: 1 miliardo di euro per il 2015, 2 per il 2016 e 3 per il 2017).

I monitoraggi eseguiti dal Dipartimento delle autonomie locali nell'anno 2016 attestano, in particolare, un aggravamento del dato relativo al disavanzo strutturale di parte corrente, causato dal differenziale tra entrate correnti in riduzione, per minori trasferimenti e uscite in aumento a causa delle introduzione di nuove voci; detto disavanzo, stimato dai responsabili dei servizi finanziari delle ex Province regionali in € 118.186.682,91 sul finire nel 2015, e' passato ad € 147.105.600,92 nel 2016 e si attesta nel 2017 in € 192.552.731, a fronte di avanzi di amministrazione disponibili complessivamente pari a ?¬ 44.194.284,00 (nel 2016 erano pari a ?¬ 90.587.457,13).

Provvedimento in formato grafico

Le manovre sul bilancio regionale hanno in qualche modo cercato di tamponare questa situazione di squilibrio ma e' evidente che non possono compensarla del tutto.

Per compensare o comunque attenuare i costi che discendono dalla riforma, la legge Delrio e ancor di piu' la successiva legge di stabilita', hanno imposto agli enti intermedi (Province e Citta' Metropolitane, sia delle Regioni ordinarie che delle Regioni a statuto speciale) l'imposizione di una rilevante riduzione della spesa corrente, progressivamente crescente negli anni compresi tra il 2015 ed il 2017, con obbligo di versamento allo Stato dei risparmi di spesa cosi' ottenuti, quantificati a regime nella misura di 3.000 milioni di euro.

Piu' in particolare, in forza delle disposizioni contenute nella legge n. 190/2014, le province, ivi compresi gli enti di area vasta siciliani, devono concorrere al contenimento della spesa pubblica, assicurando un contributo di finanza pubblica ex legge di stabilita' 2015. A tal fine l'art. 47, commi da 1 a 7, del decreto-legge n. 66/2014 dispone che le Province e le Citta' metropolitane assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a 444,5 milioni di euro per il 2014, a 576,7 milioni di curo per il 2015 ed a 585,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Nella medesima prospettiva i commi 418 e 419 dell'articolo unico della legge n. 190/2014 (legge di stabilita' 2015), novellati dalla successiva legge 27 febbraio 2015, n. 11, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. decreto Milleproroghe), quantificano il predetto contributo aggiuntivo in 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, in 2.000 milioni per l'anno 2016 e in 3.000 milioni a decorrere dall'anno 2017; quanto sopra riportato equivale ad un vero e proprio raddoppio del contributo di finanza pubblica degli enti di area vasta per l'anno 2016.

A fronte di tale c.d. prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi del comma 754 della legge n. 208/2015 assegna un contributo in favore delle province e delle citta' metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, nell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilita' e all'edilizia scolastica.

Con la scelta gia' assunta in passato da parte del Parlamento di escludere gli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale dai contributi previsti dal comma 754 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a fronte della conferma dell'obbligo per questi enti di fornire comunque il contributo per la finanza pubblica, la situazione delle ex Province siciliane si e' particolarmente aggravata.

Detto prelievo statale determina, infatti, la situazione di disavanzo strutturale di parte corrente in cui attualmente versano gli enti siciliani di area vasta, stimato gia' per il 2017 in oltre 192 milioni di euro, causato dal differenziale tra entrate correnti in riduzione e uscite in aumento, soprattutto per il contributo statale.

 

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|                     |  Contributo risanam  |                      |
|        Ente         |         2017         |      Squilibrio      |
+=====================+======================+======================+
|      Agrigento      |    17.639.241,18     |    -9.800.000,00     |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|    Caltanissetta    |    12.201.844,83     |    -15.074.418,68    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|       Catania       |    40.136.786,91     |    -44.539.671,00    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|        Enna         |    10.006.174,74     |    -11.699.431,60    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|       Messina       |    25.686.339,33     |    -17.952.481,03    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|       Palermo       |    43.734.184,02     |    -45.000.000,00    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|       Ragusa        |    13.721.912,40     |    -13.917.434,80    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|      Siracusa       |    17.665.471,92     |    -24.558.631,69    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|       Trapani       |    16.665.991,35     |    -10.010.660,90    |
+---------------------+----------------------+----------------------+
|       Totale        |    197.457.946,68    |    -192.552.729,7    |
+---------------------+----------------------+----------------------+

 

Il predetto contributo di finanza pubblica, che e' apparso altamente lesivo del livello di autonomia speciale costituzionalmente riconosciuto alla Regione siciliana, oggi viene solo apparentemente attenuato dalla previsione di un onere a carico del bilancio della Regione di 70 milioni di euro che non solo si risolve in un finanziamento a detto prelievo forzoso, e purtroppo anche insufficiente a garantire il raggiungimento degli equilibri finanziari degli enti intermedi, che per di piu' aggrava oltre ogni ragionevole sostenibilita' l'onere finanziario a carico del bilancio della Regione al contributo al risanamento della finanza pubblica che gia' ammonta ad ?¬ 1.304 milioni (piu' che raddoppiato rispetto al 2012).

In virtu' del livello di autonomia speciale, e in ossequio al principio pattizio cui improntare le relazioni tra Stato e Regione ex art. 43 dello Statuto, la disciplina di detto prelievo avrebbe dovuto essere collocata nell'ambito della riscrittura delle norme di attuazione in materia di rapporti finanziari e avrebbe dovuto essere affidata alla Commissione paritetica prevista dallo stesso art. 43.

Tale imposizione avrebbe pertanto dovuto svolgersi in piena coerenza con la disciplina statutaria con le disposizioni che regolano i rapporti finanziari con lo Stato.

Cio' ha indotto l'Amministrazione regionale ad avviare il procedimento di impugnazione dei commi 418 e 419 dell'articolo unico della legge n. 190/2014 (Legge di stabilita' 2015) con il ricorso iscritto al n. 41/2015 presso la Corte costituzionale. Tuttavia, per effetto della deliberazione della Giunta regionale n. 232 del 30 giugno 2016 - in forza dell'accordo tra Stato e Regione del 20 giugno 2016 - il Presidente della Regione siciliana ha dovuto rinunciare a tale ricorso innanzi a codesta Corte costituzionale.

Nel prosieguo, nonostante ci siano stati diversi incontri a livello politico tra componenti del Governo regionale e rappresentanti del Governo centrale, finora non e' stato istituito alcun tavolo di negoziazione per pervenire all'intesa in conformita' alla normativa statutaria.

«Il principio dell'equilibrio di bilancio comporta che le parti - anzitutto lo Stato - debbano concordare relazioni finanziarie nelle quali sia tenuto conto anche degli eventuali vulnera causati alle finanze regionali da un riparto delle risorse stesse non ponderato nelle forme costituzionalmente corrette», e gli accordi tra Stato e Regioni speciali devono consentire «di rimodulare in modo piu' appropriato le relazioni finanziarie anche con riguardo ai decorsi esercizi» dando tempestiva soluzione al problema delle sottrazioni di risorse alle regioni ad autonomia speciale prodotte da varie disposizioni di legge statale, «attraverso un comportamento leale in sede pattizia, concretamente diretto ad assicurare regole appropriate per il futuro» (cfr. sentenza n. 155/2015). Cio' in quanto «il protrarsi dell'anomala situazione pone in essere un ingiustificato sacrificio della sfera di competenza costituzionalmente attribuita alla Regione e [la] violazione, per l'effetto, del principio di leale collaborazione (sentenza n. 179 del 2012)» (sentenza n. 39 del 2013), al quale va posto immediato rimedio».(Cfr. Corte costituzionale, sentenza 155/2015).

La giurisprudenza costituzionale ha in particolare sottolineato «L'indefettibile urgenza che l'ordinamento si doti di disposizioni legislative idonee ad assicurare ... congruita' dei mezzi», poiche' «L'inerzia del legislatore statale nella ricerca di un quadro complessivo di relazioni finanziarie conforme al dettato costituzionale ed allo stesso disegno della legge n. 42 del 2009 ha determinato una situazione che puo' pregiudicare l'assetto economico-finanziario delle autonomie speciali nella misura in cui non assicuri la congruenza tra l'attribuzione di risorse fiscali successivamente alla riforma del 2011 e le funzioni effettivamente attribuite ed esercitate dalle stesse autonomie speciali» (sentenza n. 155 del 2015 e n. 23 del 2013).

Del resto, come gia' quello del 2016, anche l'Accordo del 2017 richiama in premessa la necessita' delle norme di attuazione, non potendosi, ai sensi dello Statuto, intervenire con legge ordinaria a modificare le norme in materia finanziaria.

Ciononostante lo Stato, con la norma impugnata, pretende di attuare con legge ordinaria, e percio' unilateralmente, la previsione circa la destinazione di almeno ulteriori 70 milioni di euro ai liberi consorzi da parte della Regione.

Ancora oggi non si e' provveduto alla revisione complessiva della disciplina di attuazione dell'autonomia finanziaria regionale.

Le norme di attuazione risalgono infatti al 1965 e, pur se novellate dal decreto legislativo 11 dicembre 2016, n. 251, per recepire l'Accordo del 2016, lo sono solo nella parte relativa a taluni profili tributari. Gli adattamenti intervenuti risultano del tutto insufficienti mentre gli accordi conclusi dalla Regione imponendo la rinuncia ai ricorsi di fronte a codesta ecc. Corte non hanno consentito un pronunciamento al giudice delle leggi sui prospettati profili di grave squilibrio finanziario.

Dalla giurisprudenza costituzionale si ricava l'indicazione dei criteri e delle linee guida che devono presiedere alla definizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni speciali: risarcimento degli effetti pregiudizievoli causati alla finanza regionale dai criteri di riparto con lo Stato del gettito tributario prodotto in loco, rimodulazione in modo piu' appropriato delle relazioni finanziarie anche con riguardo ai decorsi esercizi, definizione di regole appropriate per il futuro volte a rimediare agli effetti distorsivi prodotti dalle regole sul riparto del gettito tributario.

La norma che oggi si impugna prescinde, invece, da tutto cio' e non tenendo conto della situazione finanziaria degli enti siciliani di area vasta non li esclude dal contributo al riequilibrio della finanza pubblica, esclusione a cui e' stato condizionato il parere reso dalla regione sulla legge di bilancio 2018, ponendosi cosi' in contrasto col principio di leale collaborazione nei rapporti tra Stato e Regione.

Pertanto, all'art. 1, comma 829, della legge n. 205/2017, nella parte in cui conferma oneri divenuti insostenibili a carico della finanza regionale e di quella dei suddetti enti locali siciliani di area vasta, risulta correlata l'illegittimita' sopravvenuta dell'articolo unico, commi 418 e 419 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Art. 1, comma 830. Violazione degli articoli 20 e 43 dello Statuto regionale, degli articoli 117, comma 3, e 119, commi primo e quarto della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, degli articoli 5 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione dagli stessi sancito e dell'art. 3 della Costituzione, per contrasto con il valore del legittimo affidamento nella certezza dei rapporti giuridici nonche' per violazione del principio di eguaglianza, alla luce dell'art. 116 della Costituzione.

L'art. 119 della Costituzione, applicabile anche alle Regioni a Statuto speciale ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, riconosce agli enti territoriali l'autonomia finanziaria, intesa quale autonomia di entrata e di spesa.

A seguito della modifica apportata all'art. 119 con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 («Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale»), tale autonomia e' condizionata al rispetto dell'equilibrio dei rispettivi bilanci e Regioni ed enti locali sono tenuti a concorrere all'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.

La norma che oggi si impugna palesemente disconosce e pregiudica detta autonomia, allorche' impone unilateralmente alla Regione siciliana un vincolo in materia finanziaria, prescindendo del tutto dal rispetto del principio consensualistico di cui all'art. 43 dello Statuto. E' vero che codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ripetutamente sottolineato, anche in decisioni pronunciate proprio nei confronti di questa Regione, l'ampiezza degli ambiti di intervento del legislatore statale in una materia «trasversale» come il coordinamento della finanza pubblica, ma codesto Giudice ha anche precisato che neanche la situazione di emergenza finanziaria puo' alterare il riparto costituzionale delle competenze.

Ora, se e' certo che i principi del coordinamento finanziario si applicano nei confronti delle autonomie speciali (cfr. sentenza n. 64/2016), la norma censurata non puo' qualificarsi norma fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, in grado, in quanto tale, di incidere sia sull'autonomia di spesa della Regione sia su ogni altro tipo di competenza regionale, anche esclusiva.

Attingendo agli indirizzi della giurisprudenza costituzionale sul tema, si rileva che possono essere considerati principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica disposizioni statali che, intervenendo sulla spesa delle Regioni e degli enti locali, si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi anche nel senso di un transitorio contenimento complessivo, sebbene non generale, della spesa corrente e che non prevedano strumenti o modalita' concreti da utilizzare per il perseguimento dei suddetti obiettivi.

Non si comprende, pertanto, come possa riconoscersi l'esclusiva attinenza all'equilibrio di finanza pubblica ad una norma che interviene sull'autonomia di spesa della Regione non per disporre misure di contenimento della spesa corrente, ma per prescrivere quanto e per quanto tempo l'Ente debba innalzare la spesa per investimenti.

Ne' a diversa conclusione puo' giungersi sulla scorta della piu' recente concezione positiva del coordinamento della finanza pubblica, che fa perno sui criteri della virtuosita' in un'ottica finalistica di coordinamento per obiettivi.

Secondo tale impostazione - che, finito il tempo della c.d. «legislazione della crisi», si pone su una strada piu' rispettosa dell'autonomia degli enti - la funzione di coordinamento comprende, oltre gli interventi volti al contenimento (purche' transitorio) della spesa corrente, forme meno pervasive, funzionali al miglioramento complessivo del sistema economico.

Come ribadito, in ultimo, con sentenza n. 272/2015, la materia del coordinamento della finanza pubblica comprende anche le norme aventi la funzione di «riorientare» la spesa pubblica, per una complessiva maggiore efficienza del sistema.

Sennonche', la previsione impugnata non sembra avere lo scopo di incentivare una piu' corretta gestione della spesa, funzionale al miglioramento complessivo del sistema economico, in quanto - lungi dal «riorientare» la spesa pubblica, ad esempio con meccanismi incentivanti o disincentivanti che lascino alla Regione i necessari spazi di determinazione autonoma - pone un vero e proprio «diktat», senza, peraltro, fare chiarezza sulle conseguenze che deriverebbero dalla sua violazione e, quindi, esorbita dalla materia del coordinamento della finanza pubblica.

In sostanza, la norma impugnata impone alla Regione siciliana, e solo ad essa, per cinque esercizi finanziari un vero e proprio obbligo di «riqualificare la propria spesa, attraverso il progressivo aumento degli investimenti», secondo una determinata misura annua, senza che la suddetta disposizione, per l'ambito limitato di applicazione, appaia funzionale a perseguire un obiettivo di crescita di piu' ampio respiro e senza che alcun aspetto di premialita' possa, comunque, essere messo in relazione con il raggiungimento dell'obiettivo imposto.

La limitazione dell'autonomia finanziaria della Regione non appare, dunque, nel caso di specie, giustificata dalla tutela di un superiore interesse costituzionale, non avendo la norma censurata il carattere di principio fondamentale del coordinamento finanziario.

Del resto, che non si sia in presenza di un principio di tal fatta e' confermato dalla circostanza che la disposizione censurata ha quale unica destinataria questa Regione, con ulteriore profilo di illegittimita' rinvenibile nella violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, alla luce dell'art. 116 della Costituzione, che riconosce l'autonomia differenziata di tutte le Regioni a Statuto speciale, e non solo di alcune di esse.

Al riguardo, si evidenzia che dalla norma impugnata non si evincono le ragioni per cui l'obbligo introdotto abbia avuto quale unica destinataria la Regione siciliana.

Fermo restando che anche la Regione siciliana tiene in gran conto l'obiettivo di aumentare la spesa per investimenti, occorre rilevare che tale obiettivo essa deve poter perseguire nell'ambito della propria autonomia di spesa, garantita dall'art. 119 della Costituzione.

Infine, non potendosi riconoscere alla disposizione all'esame di codesta ecc.ma Corte, il carattere di principio fondamentale del coordinamento finanziario, con riferimento alla stessa emerge anche il profilo della violazione dell'art. 43 dello Statuto.

L'obbligo, per la Regione siciliana, di incrementare «gli impegni complessivi per gli investimenti in misura non inferiore al 2 per cento per ciascun anno rispetto all'anno precedente.», invero, e' stato introdotto dalla legge statale omettendo del tutto il ricorso alle procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione».

Ai sensi della predetta norma, le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' perseguiti dalla legge delega nel rispetto degli statuti speciali, secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione delle rispettive discipline statutarie, da definire con le procedure dalle stesse previste e tale regola vale anche per il rispetto del patto di stabilita' interno e dell'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario.

Come confermato dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 71/2012 e n. 141/2012), l'art. 27 della legge n. 42/2009 pone una effettiva riserva di competenza alle norme di attuazione degli Statuti per modificare la disciplina finanziaria degli enti ad autonomia differenziata, cosi' da configurarsi quale autentico presidio procedurale della specialita' finanziaria di tali enti.

Si consideri che codesto Giudice, quando ha mandato esenti da censure le norme che da tale modulo procedurale si allontanano, segnatamente pronunciandosi su ricorsi di questa Regione, lo ha fatto con riguardo alle manovre, che sotto la spinta delle urgenze determinate dalla crisi economico-finanziaria, richiedono il contributo anche delle regioni a statuto speciale e province autonome alla tenuta ed al consolidamento dei conti pubblici. E cio' senza mancare di specificare come la deroga a quanto previsto dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009 non possa validamente trasformarsi, da transitoria eccezione, in stabile allontanamento delle procedure previste da quest'ultimo articolo.

Pertanto, posto che il vincolo introdotto dalla norma censurata - che, come detto, non costituisce espressione della finzione statale di coordinamento - incide direttamente sulle modalita' di esplicazione della funzione amministrativa di spesa attribuita all'autonomia della Regione, si ritiene che nessuna deroga al principio pattizio previsto dalla norma statutaria possa essere utilmente opposta dallo Stato.

Per la diretta ricaduta della norma impugnata sull'autonomia della Regione, che risulta limitata nella propria capacita' organizzativa e finanziaria, va altresi' considerato che, poiche' all'autonomia finanziaria si correla quella sancita dall'art. 20 dello statuto regionale, in ordine allo svolgimento, da parte della Regione, delle funzioni che alla stessa fanno capo, e' da lamentare anche la violazione di tale norma statutaria, stante la limitazione che l'illegittima compressione dell'autonomia di spesa comporta sullo svolgimento delle funzioni amministrative da parte della Regione.

Senza recesso dalle doglianze in precedenza esposte, si evidenzia che, anche ove nell'art. 1, comma 830, della legge n. 205/2017 potesse rinvenirsi un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, la norma sarebbe da ritenere, comunque, costituzionalmente illegittima.

Invero, la circostanza che non sia stata preceduta da alcun accordo fra Stato e Regione, relativamente alle spese per investimenti, consente di poter rilevare un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale della stessa, per violazione degli articoli 120 e 5 della Costituzione, essendo stata introdotta in spregio del principio di leale collaborazione sancito dalle predette norme costituzionali.

Codesta ecc.ma Consulta ha riconosciuto l'Accordo quale strumento «ormai consolidato [...] per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia finanziaria - costituzionalmente rafforzata», atteso che «il contenuto dell'accordo deve essere compatibile con il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita', della cui salvaguardia anche le Regioni a statuto speciale devono farsi carico e contemporaneamente deve essere conforme e congruente con le norme statutarie della Regione» (sent. n. 99 del 2014).

Al riguardo, ha pure precisato che allo Stato e' consentito prescindere dall'accordo con la Regione e assumere determinazioni unilaterali afferenti all'assetto delle reciproche relazioni finanziarie solo quando l'indifferibilita' degli adempimenti connessi alla manovra finanziaria impone allo Stato di rispettare senza indugi i vincoli di bilancio previsti o concordati in seno all'Unione europea, realizzando comunque la successiva negoziazione di altre componenti finanziarie attive e passive, ulteriori rispetto al concorso fissato nell'ambito della manovra di stabilita' (sentenze nn. 19 del 2015 e 66 del 2016).

Ora, poiche' il previsto aumento della spesa per investimenti non costituisce adempimento coessenziale alla manovra, la norma avrebbe potuto, tutt'al piu', prevederlo come elemento di una successiva negoziazione e, quindi, la sua diretta e puntuale imposizione da parte del comma 830, su cui e' questione, risulta lesiva del principio di leale collaborazione sancito dagli articoli 5 e 120 della Costituzione e comporta, percio', illegittima invasione della competenza regionale in materia finanziaria e in materia amministrativa.

La stessa ambigua formulazione della norma, secondo cui la Regione «si impegna», sembra svelare i dubbi del legislatore statale circa la legittimita' di imporre unilateralmente l'obbligo ivi previsto.

Del resto, della necessita' della negoziazione ha dato conferma lo Stato, allorche' ha sottoscritto con la Regione gli accordi gia' in precedenza citati.

Si noti che l'accordo del 2016, al terzo Considerato delle premesse, richiama la necessita' delle norme di attuazione, non potendosi, ai sensi dello Statuto, intervenire con legge ordinaria a modificare le norme in materia finanziaria.

Peraltro, ferme restando le considerazioni svolte sulla necessita' di una riscrittura delle norme di attuazione in materia di rapporti finanziari e in disparte il valore da riconoscere ad accordi ai quali non segua, appunto, la riscrittura delle norme di attuazione, in nessuno degli Accordi attualmente in essere la Regione siciliana si e' obbligata, dal 2018 al 2022, ad incrementare gli impegni complessivi per gli investimenti in misura non inferiore al 2 per cento per ciascun anno rispetto all'anno precedente.

Nell'Accordo del 2016, la Regione siciliana e lo Stato hanno convenuto, «al fine di riqualificare la spesa regionale e favorire il progressivo incremento della spesa destinata agli investimenti», che la Regione si impegnasse, «per gli anni dal 2017 al 2020, a realizzare riduzioni strutturali della spesa corrente, ...», prevedendo, altresi', gli strumenti attraverso cui realizzarle ma e' evidente che pur se Stato e Regione hanno insieme individuato il fine, in vista del quale la Regione si e' impegnata a diminuire la spesa corrente, da tale clausola non puo' in alcun modo trarsi l'obbligo per la Regione di realizzare quel fine, nei tempi e nelle misure stabilite dalla norma che, difatti, nessun richiamo fa all'accordo.

Infine, considerato che con gli accordi richiamati e' stata regolata la materia della spesa, altro profilo di censura, che ridonda anch'esso in una lesione dell'autonomia finanziaria e organizzativa della Regione, si individua nella violazione del legittimo affidamento della Regione sulla stabilita' dell'assetto dei rapporti con lo Stato in materia finanziaria, quale risultante dagli accordi in vigore, che trova copertura nell'art. 3 della Costituzione.

P.Q.M.

Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 2017, n. 205, con riferimento a:

l'art. 1, comma 829, nella parte in cui, nell'escludere dal computo della spesa corrente del 3 per cento annuo, di cui all'art. 1, comma 510, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, gli oneri a carico del bilancio della Regione siciliana destinati ai liberi consorzi del relativo territorio, di almeno 70 milioni di euro annui aggiuntivi rispetto al consuntivo del 2016, ne ribadisce la prescrizione a carico del bilancio regionale 2018 in violazione dell'art. 43 dello Statuto regionale, degli articoli 5 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione dagli stessi sancito, e correlata illegittimita' sopravvenuta dell'articolo unico, commi 418 e 419, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

l'art. 1, comma 830, primo periodo per violazione degli articoli 20 e 43 dello Statuto regionale, degli articoli 117, comma 3, e 119, commi primo e quarto della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, degli articoli 5 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione che deve informare tutti i rapporti tra Stato e regioni e dell'art. 3 della Costituzione, per contrasto con il valore del legittimo affidamento nella certezza dei rapporti giuridici nonche' per violazione del principio di eguaglianza, alla luce dell'art. 116 della Costituzione.

Si allegano al presente atto:

delibere della Giunta regionale di autorizzazione a proporre il presente ricorso;

copia parere Conferenza unificata rep. atti n. 17441/CU del 14 dicembre 2017;

copia «Accordo tra lo Stato e la Regione siciliana in materia di finanza pubblica» del 20 giugno 2016;

copia «Accordo tra lo Stato e la Regione siciliana in materia di finanza pubblica» del 12 luglio 2017.

 

Palermo-Roma, 26 febbraio 2018

Avv. Mineo - Avv. Valli

 

 

 

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